RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 365 - Testo
della trasmissione di domenica 31 dicembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Saddam Hussein sepolto
nel suo villaggio natale nei pressi di Tikrit
31dicembre 2006
ALL’ULTIMO
ANGELUS DELL’ANNO, BENEDETTO XVI PREGA PERCHE’ OGNI
FAMIGLIA UMANA SIA MODELLATA SUL PROTOTIPO DI QUELLA DI NAZARETH, RESISTENDO
ALLE FORZE DISGREGATRICI
CHE VORREBBERO MINARNE LA SACRALITA’
La Famiglia
di Nazareth è e resta il “prototipo” di una famiglia socialmente e spiritualmente
viva, nonostante una certa “mentalità contemporanea” cerchi di disgregarne
l’immagine e la struttura. E’ questo l’insegnamento che Benedetto XVI affida al
cuore dei fedeli nell’ultimo Angelus del 2006, giorno in cui la Chiesa fa
memoria della Sacra Famiglia. Al termine della preghiera mariana, il Papa ha
rivolto alle migliaia di persone che affollavano Piazza San Pietro gli auguri
per una “serena fine d’anno”. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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“Invochiamo ora insieme la
protezione di Maria Santissima e di san Giuseppe per ogni famiglia,
specialmente per quelle in difficoltà. Le sostengano perchè sappiano resistere
alle spinte disgregatrici di una certa cultura contemporanea, che mina le basi
stesse dell’istituto familiare. Aiutino le famiglie cristiane ad essere, in
ogni parte del mondo, immagine viva dell’amore di Dio”.
Le ultime parole dell’Angelus, con
le quali Benedetto XVI affida con una preghiera al cielo la consapevolezza di
una preoccupante deriva terrena, calano su una scena che la decorazione
natalizia di Piazza San Pietro rende particolarmente efficace: mentre il Papa
indica e ribadisce la compiuta bellezza della Famiglia di Nazareth, la folla
che lo ascolta circonda il monumentale presepe della piazza, quasi a far
risaltare il concetto centrale con il quale Benedetto XVI si rivolge alle
mamme, ai papà e ai figli di ogni parte del mondo: lì, nel presepe, da duemila
anni vive un modello che non passa di moda:
“La santa Famiglia
di Nazaret è veramente il ‘prototipo’
di ogni famiglia cristiana che, unita nel Sacramento del matrimonio e nutrita
dalla Parola e dall’Eucaristia, è chiamata a realizzare la stupenda vocazione e
missione di essere cellula viva non solo della società, ma della Chiesa, segno
e strumento di unità per tutto il genere umano”.
L’eccellenza del prototipo è di tipo concreto. La storia
che da Betlemme si dipana per tutto l’arco della sua infanzia e della sua
giovinezza mostra Gesù sottomesso ai genitori, che lo educano – ha sottolineato
il Pontefice - prima di tutto “con il loro esempio”. Da loro, ha affermato
Benedetto XVI, Gesù impara “che in primo luogo occorre fare la volontà di Dio,
e che il legame spirituale vale più di quello del sangue”. Del resto nel Vangelo,
ha osservato il Papa, “non troviamo discorsi sulla famiglia, ma un avvenimento che vale più di ogni
parola”:
“Dio ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana.
In questo modo l’ha consacrata come prima e ordinaria via del suo incontro con
l’umanità. Nella vita trascorsa a Nazaret, Gesù ha
onorato
Nei saluti in cinque lingue al termine dell’Angelus,
Benedetto XVI ha ringraziato Dio per l’anno appena trascorso, ricordando tra
l’altro, parlando in polacco ai pellegrini nella Piazza, il suo viaggio in
Polonia “sulle orme del Servo di Dio Giovanni Paolo II”. E a tutti, infine, un
saluto e un augurio:
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E la fine dell’anno e l’inizio del nuovo vedranno come di
consueto il Papa impegnato nella celebrazione dei riti tradizionali, a partire
dai primi Vespri della solennità di Maria Madre di Dio e la successiva recita
del Te Deum
di ringraziamento. La cerimonia sarà seguita in radiocronaca diretta dalla
nostra emittente a partire dalle 18, con commenti in italiano per la zona di
Roma, sull’onda media di 585 kHz
e la modulazione di frequenza di 105 MHz. Al termine,
Benedetto XVI si recherà in Piazza San Pietro per la visita al grande presepe
inaugurato alla vigila di Natale.
LA PERSONA UMANA,
CHIAVE PER LA CONCORDIA AD OGNI LIVELLO:
ALLA VIGILIA DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE, IL
PENSIERO DI ALCUNE
PERSONALITA’ SUL MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI PER IL
PRIMO GENNAIO 2007
- Con noi il cardinale Renato
Martino, Olimpia Tarsia,
Riccardo Cascioli e Enzo Bianchi -
Nelle
prossime ore, dunque, la Chiesa si prepara a vivere con grande partecipazione
la giornata di domani, festa di Maria Madre di Dio e Giornata mondiale della
pace. Nel suo Messaggio per questo evento, intitolato “Persona umana, cuore
della pace”, Benedetto
XVI scrive tra l’altro: “Sono convinto che rispettando la persona si promuove
la pace e costruendo la pace si pongono le premesse per un autentico umanesimo
integrale. È così che si prepara un futuro sereno per le nuove generazioni”.
Nel suo servizio, Adriana Masotti ha raccolto sul tema il pensiero di alcune
personalità.
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Afferma la Sacra Scrittura: “Dio creò l'uomo a sua
immagine…. Perché creato ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la dignità di
persona; non è qualche cosa, ma qualcuno chiamato ad un'alleanza con il suo
Creatore. Dono e compito, due concetti che ritornano spesso nel messaggio del
Papa: la vita è dono e compito, così come dono e compito è la pace. Ma che cosa
s’intende per pace? Sentiamo il cardinale Renato
Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace:
“La pace non è assenza di guerra, è molto di più
dell’assenza di guerra. La pace è dialogo, la pace è sviluppo, quando la
persona può costruire un proprio futuro, quando può contribuire al progresso
della comunità in cui vive, questa è pace”.
Una pace vera e stabile presuppone il rispetto dei diritti
umani. Diritto all’uguaglianza, anche tra uomo e donna, diritto al cibo,
all’acqua, alla casa, alla salute, diritto di esprimere la propria fede. Della
persona non si può disporre a piacimento e nessuno può farsi padrone della
vita. Eppure nella nostra società accanto alle vittime dei conflitti armati,
del terrorismo e di varie forme di violenza, scrive il Papa, ci sono altre
morti, silenziose, provocate dalla fame, dall'aborto, dalla sperimentazione
sugli embrioni e dall'eutanasia. Come non vedere in tutto questo un attentato
alla pace? Olimpia Tarzia, vicepresidente nazionale
della Confederazione italiana consultori cristiani e tra i fondatori del Movimento per la vita italiano:
“Io ricordo che Madre Teresa, quando fu insignita del
premio Nobel per la pace, a tutti i governanti del mondo ebbe il coraggio di
dire: “L’aborto è la più grande minaccia alla pace nel mondo perché se
permettiamo ad una madre di uccidere il proprio figlio, chi può impedire a me o
a te dal farlo?”
Ma perché spesso tra la gente si trova un’alta sensibilità
su temi quali la fame e la guerra e non altrettanto su questioni come aborto e
eutanasia? Ancora Olimpia Tarzia:
“Non sono convinta che tra la gente non ci sia questa
sensibilità. Io credo che su questi temi ci sia una forte manipolazione
ideologica. Credo vi sia un piccolo gruppo che porta avanti una cultura contro
la vita, noi lo stiamo vedendo anche sulla questione dell’eutanasia: si prende
un caso drammatico per farne una bandiera ideologica e per cominciare a
preparare l’opinione pubblica all’esigenza di una legge, di regolamentare, eccetra. Ma qui c’è un diritto naturale, prima del diritto
della giurisprudenza, che è il diritto alla vita”.
E c’è un altro elemento che ha a che fare con la pace e
che sta a cuore al Papa: è l’atteggiamento verso il
Creato. “L'esperienza dimostra, si legge nel messaggio, che ogni atteggiamento
irrispettoso verso l'ambiente reca danni alla convivenza umana, e viceversa. E
Benedetto XVI cita la corsa alle fonti di energia causa di disuguaglianze e
antagonismi. Riccardo Cascioli,
presidente del CESPAS, Centro europeo di studi su Popolazione, ambiente e
sviluppo:
“Da una parte, abbiamo dei Paesi che sono attualmente in
crescita tumultuosa: Cina, India, Brasile ad esempio, che ovviamente hanno un
grande fabbisogno energetico da soddisfare. Dall’altra parte, abbiamo altri
Paesi - praticamente quasi in toto nell’Africa Subsahariana - che invece trovano difficoltà a poter
accedere a fonti di energia a costi ovviamente limitati e questa mappa della
mancanza di energia si può tranquillamente sovrapporre alla mappa della fame”.
Che ogni cristiano si senta impegnato ad essere
infaticabile operatore di pace e strenuo difensore della dignità della persona
umana è l’appello finale del Papa. Sentiamo Enzo Bianchi,
priore della Comunità di Bose:
R. - Noi quando pensiamo alla pace siamo indotti a credere
che la pace sia un evento sociale, frutto eventualmente di accordi, di
riconciliazioni sociali. Questo è vero: però, per una vera pace, bisogna che la
persona, ciascuno, cominci ad essere un operatore di pace nel quotidiano.
Ognuno di noi può essere un uomo che semina guerra, che semina violenza o che
fabbrica e che porta la pace. La pace è dono di Dio ma
è anche un compito nostro, un compito personale di ogni uomo, di ogni
cristiano.
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Ricordiamo che, domattina, a partire dalle 9.50, la nostra
emittente seguirà in radiocronaca diretta la celebrazione eucaristica
presieduta da Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro in occasione della
Giornata Mondiale della pace. I commenti, sulle consuete lunghezze d’onda,
saranno in lingua italiana, inglese, tedesca, francese, spagnola e araba.
DOMANI,
SOLENNITA’ DI MARIA MADRE DI DIO
-
Intervista con padre Stefano De Fiores -
Nell’ottava del Natale, il primo gennaio, la Chiesa
propone alla contemplazione dei fedeli il mistero di Maria, Madre di Dio: un
titolo riconosciuto alla Vergine con il Concilio di Efeso del 431, ma già in
precedenza la venerazione dei cristiani verso la Madonna li aveva indotti a
definirla in questo modo, come dimostrano i documenti storici in almeno 70 occasioni.
Ma dietro la decisione del Concilio di Efeso vi fu la necessità di combatterie il pericolo delle eresie del tempo, Alcune
delle quali volevano negare teologicamente la maternità divina di Maria. Padre
Stefano De Fiores, monfortano, docente di mariologia alla Pontificia Università Gregoriana e alla
Pontificia Facoltà teologica Marianum, ne parla al microfono
di Giovanni Peduto:
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R. - Negare la
maternità divina di Maria voleva dire negare l’unità della persona in Cristo,
in cui convergono la natura divina e la natura umana.
Era incorso in questo pericolo il patriarca Nestorio:
sdoppiare il Cristo e farne una persona umana e una persona divina. Nel
Concilio di Efeso, i Padri hanno reagito contro questa presa di posizione di Nestorio, sottolineando l’unità della persona divina del
Verbo incarnato. Maria può dirsi veramente Madre di Dio, perché Madre della
persona del Verbo incarnato, da lei generato secondo la natura umana.
D. - Maria sapeva di essere Madre di Dio?
R. - Doveva
senz’altro sapere che il Figlio che le veniva
annunciato non era come tutti gli altri. Nel caso che Dio, mediante il
messaggio dell’angelo Gabriele, non le avesse fatto almeno balenare la vera
personalità di Gesù, come Figlio di Dio, ci sarebbe stato un inganno da parte
sua. Questo non lo possiamo assolutamente ammettere.
D. - Cosa significa per noi avere come Madre la Madre di
Dio?
R. - E’ un sentimento di grande consolazione, espresso da
Sant’Anselmo di Aosta, quando esclama: “O beata fiducia e sicuro rifugio! La
Madre di Dio è Madre nostra”.
D. - Maria Madre di Dio e Madre della Chiesa: come
spiegare questa duplice maternità di Maria?
R. - Bisogna distinguere. Maria è Madre di Gesù, perché ha
generato il Figlio di Dio secondo la natura umana. Mentre è madre nostra perché
collabora con la Trinità affinché noi siamo fatti partecipi della natura
divina. Quindi, da una parte si ha l’umanizzazione di Dio, dall’altra il grande
compito della divinizzazione degli esseri umani.
D. - E come possiamo noi vivere questa figliolanza?
R. - Dobbiamo sintonizzarci con quanto ha compiuto il
discepolo amato. Una volta che ha appreso da Cristo crocifisso che Maria nella
sua identità più profonda è Madre nell’ordine della grazia, ha aperto a lei la
sua casa e il suo cuore: “E da quell’ora il discepolo
la accolse tra i propri beni” (Gv 19,27). In pratica,
la accolse tra i doni preziosi comunicatigli da Gesù e che costituiscono
la sua comunione con lui. Potremmo dire che sulla scia del discepolo amato
dobbiamo fare spazio a Maria
nella nostra vita spirituale, lasciandoci plasmare da lei secondo
l’immagine di Cristo.
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IL PRIMO GENNAIO 2007
COMPIE 50 ANNI IL RADIOGIORNALE DELLA RADIO VATICANA:
MEZZO
SECOLO SU CARTA E NELL’ETERE, PER DIFFONDERE LA VOCE DEL PAPA, DEL SUO
MAGISTERO, E LEGGERE I FATTI NEL MONDO IN UN’OTTICA DI FEDE. AD OTTOBRE,
SARANNO
50 ANNI ANCHE PER IL CENTRO TRASMITTENTE DI SANTA MARIA DI GALERIA
- Nota
del direttore generale, padre Federico Lombardi -
Il passaggio dal 2006 al 2007 segna una ricorrenza
significativa per la Radio Vaticana: il primo gennaio del 1957 nasceva infatti il Radiogiornale della nostra emittente. Dieci mesi
dopo, era la volta del Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria. Entrambi, strumenti innovativi di informazione e
di diffusione al servizio del Papa e della Chiesa. Sulla loro importanza,
ascoltiamo la nota del direttore generale della Radio Vaticana, padre Federico
Lombardi:
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Mentre l’anno del 75° anniversario della fondazione della
Radio Vaticana volge al termine, se ne apre un altro in cui pure abbiamo da
commemorare date importanti della nostra vita di famiglia.
Il 27 ottobre saranno 50 anni dall’inaugurazione del
Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria da
parte di Papa Pio XII; ma anche domani, 1° gennaio, ricorre un 50°, meno vistoso ma ben degno anch’esso di venire ricordato. Il 1°
gennaio 1957 nasceva infatti il Radiogiornale della
Radio Vaticana. Naturalmente non è che le trasmissioni informative della nostra
Emittente siano nate solo allora: oltre a programmi informativi e formativi in
diverse lingue, già da oltre dieci anni – almeno dal 1946 – esisteva una
trasmissione quotidiana pomeridiana di un notiziario informativo sull’attività
della Santa Sede e della Chiesa nel mondo. Si chiamava IRVAT – cioè
“Informazioni Radio Vaticana” – era tradotto in sette lingue, trasmesse
successivamente l’una all’altra: italiano, francese, inglese, spagnolo,
portoghese, tedesco e polacco.
Il passaggio al “Radiogiornale”, sotto la guida del
dinamico gesuita, padre Francesco Farusi, poté
sembrare a prima vista solo un cambiamento di nome della testata, una
modernizzazione superficiale: in realtà indica una svolta, una direzione di
sviluppo che dà all’attività informativa quotidiana di attualità un ruolo più
centrale nell’intera attività della Radio Vaticana e ne fa gradualmente un punto
di riferimento sempre più autorevole sia per gli ascoltatori, sia – all’interno
- per i redattori dei diversi programmi linguistici. Questo ruolo è
sottolineato dal fatto che si tratta dell’unica trasmissione i cui testi
vengono anche diffusi per iscritto – seppure nella forma semplice del
ciclostilato – sia nei diversi uffici vaticani, sia nelle altre redazioni
dell’emittente. L’esistenza dell’edizione scritta testimonia la cura
particolare richiesta ai redattori nella formulazione dei testi, dal momento
che verba volant, scripta manent. E’ così che la redazione del Radiogiornale
costituisce il luogo della Radio Vaticana dove si vive l’esperienza professionale
giornalistica nella sua forma più propria e impegnativa, dove si impara e si coltiva il rigore e l’attendibilità della
informazione tempestiva, anzitutto per quanto riguarda i discorsi e l’attività
del Papa, sui quali - in particolare in tempi in cui fax e internet erano
ancora di là da venire -
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31 dicembre 2006
IN
CORSO, NELLA CITTADINA UMBRA DI NORCIA, LA 39.MA
MARCIA
DELLA
PACE PROMOSSA DA
PAX CHRISTI. TEMA DI QUEST’ANNO:
“PERSONA
UMANA: CUORE DELLA PACE”
-
Intervista con don Fabio Corazzina -
“Persona Umana: cuore della pace”: è questo il tema della
Giornata mondiale della pace di domani, primo gennaio, che fa da filo
conduttore anche della 39.ma Marcia della Pace, in corso oggi
a Norcia. L’iniziativa, promossa da Pax Christi
Italia, insieme alla Caritas Italiana e all’Ufficio CEI per i problemi sociali
e il lavoro, la giustizia e la pace, si concluderà stanotte nella cattedrale
della cittadina umbra, con la Santa Messa presieduta dal
cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace. Roberta Moretti ha intervistato il coordinatore nazionale di
Pax Christi Italia, don Fabio Corazzina:
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R. - Mettere la persona al cuore della pace significa dire
con chiarezza che prima di ogni interesse, prima di ogni progetto politico,
prima di ogni democrazia, di ogni cultura, di ogni religione, prima di ogni
ideologia e di ogni progetto sociale, c’è la persona che va tutelata nella sua
dignità, nella sua grandezza, in quanto abitata da Dio e in quanto nostro
fratello o nostra sorella. In particolare, nel nostro cammino, mettere al
centro la persona significa dare la priorità alle vittime, ai piccoli, ai
poveri, agli ultimi, come luogo teologico da cui
ricominciare a raccontare il futuro, la storia, ricominciare a parlare di Dio,
di religione e di ogni possibilità di progetto futuro e di speranza.
D. - Qual è il senso di mettersi in cammino, di marciare
insieme verso la pace?
R. - Vuol dire rendere quel luogo e quel cammino
un’occasione per fare il punto di ciò che noi siamo, di quello che desideriamo.
Soprattutto, nel cammino non possiamo sempre sceglierci i compagni di strada.
Non ci sono solo quelli che vanno bene a noi, ma ci sono tutti, soprattutto
quegli incontri assolutamente non organizzati che magari ci provocano, ci
arricchiscono, ci danno delle possibilità nuove: essere pellegrini sulle strade
della storia con gli ultimi e con i piccoli per cercare insieme una prospettiva
di pace.
D. - Cosa può dirci del vostro impegno come associazione
sui fronti di guerra più caldi?
R. - C’è un sistema di guerra che confonde la guerra con
la democrazia. Di fronte a questo, noi, con molta chiarezza, proponiamo tre
linee. Prima linea: la scelta della non violenza. Seconda linea: il rifiuto
della soluzione militare ai conflitti e, quindi, apertura all’invio dei
cosiddetti corpi civili di pace, sufficientemente preparati e con gli strumenti
adatti per poter fare soprattutto interventi di prevenzione e di interposizione
non violenta in situazioni di conflitto. Terza linea: essere estremamente
attenti a non confondere l’umanitario e la cooperazione internazionale con gli
interventi militari all’estero. Dunque, vorremmo fare della cooperazione e
dell’umanitario uno spazio sicuramente più legato al lavoro dei rapporti nella società civile e meno legato a queste istituzioni
grandi, che si tutelano con la presenza degli eserciti.
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BULGARIA E ROMANIA ALLA VIGILIA DEL LORO INGRESSO
NELL’UNIONE
EUROPEA, CHE AVVERRA’ UFFICIALMENTE DOMANI
-
Intervista con la prof.ssa Federiga Bindi -
Tra poche ore, alla mezzanotte del primo gennaio 2007,
Romania e Bulgaria faranno il loro ingresso ufficiale nell’Unione Europea.
L’allargamento porterà a 27 gli Stati membri della comunità. I due Paesi
dell’Europa orientale si preparano da tempo all’avvenimento, rafforzando le
istituzioni democratiche, dopo anni di dittatura comunista di Ceausescu in Romania e di influenza sovietica in Bulgaria.
Ce ne parla la professoressa Federiga Bindi, titolare
della cattedra Jean Monnet
all’Università Tor Vergata di Roma, intervistata da
Giada Aquilino:
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R. - Per quanto riguarda l’Unione ed i processi che ci
sono nell’Unione, in realtà il cambiamento non sarà grande da 25 a 27: il
cambiamento grande è stato quello da 15 a 25. Per quanto riguarda, invece, la
libera circolazione delle persone, che è la cosa più importante e più
rilevante, in realtà anche qui cambia abbastanza poco, perché - come sappiamo -
ci sono dei periodi di deroga che, a differenza di quanto è stato fatto in
alcuni casi rispetto ai primi 25, queste deroghe non sono state denunciate da
nessuno e quindi saranno attive a tutti gli effetti.
D. - Con alle spalle anni di
dittatura comunista di Ceausescu in Romania e di
influenza sovietica in Bulgaria, come si presentano i due Paesi?
R. - Il problema delle dittature di sinistra è lo stesso
che hanno avuto gli altri Paesi dell’est. Direi che, in generale, ci sono stati
due tipi di reazione. Una reazione di tipo nazionalista, ad esempio quella della Polonia, comprensibile certo per il passato, ma che va
a cozzare con quella che è l’Unione Europea - che è una entità alla quale
bisogna per forza delegare una parte di sovranità e ci si entra se si vuole
farlo - ed altri che hanno, invece, di buon gioco annunciato le regole comunitarie.
Direi che Romania e Bulgaria si presentano con le carte abbastanza in regola,
forse anche il fatto che siano entrate per ultime le ha rese molto ansiose e
molto desiderose di entrare nel club.
D. - Bruxelles ha chiesto sforzi importanti in particolare
in materia di economia, di giustizia e di corruzione. Perché?
R. - Perché, purtroppo, il sistema giudiziario di questi
Paesi è molto arretrato, anche più di quello economico, e quindi preoccupa
maggiormente. Ci sono poi i problemi inerenti alla corruzione, all’illegalità
ed alla criminalità.
D. - Il traffico di clandestini dall’Europa dell’est è una
piaga dei nostri giorni. Qual è l’impegno dei due Paesi?
R. - Si sono impegnati a collaborare con l’Unione Europea,
con le autorità nazionali per bloccarlo. Il traffico dei
clandestini passo soltanto in parte da Romania e Bulgaria: passa
attraverso l’Albania, attraverso anche altri Paesi e quindi, in un certo senso,
la loro entrata ci servirà ad arginare quel fronte.
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31 dicembre 2006
LA
SPAGNA, DI FRONTE ALLA GRAVITÀ DELL’ATTENTATO DI IERI A MADRID RIVENDICATO
DALL’ETA, SI INTERROGA SULLE POSSIBILITÀ REALI DI RIPRENDERE LA VIA DEL DIALOGO
PER LA RICONCILIAZIONE. INTANTO, IL GOVERNO SPAGNOLO HA SOSPESO IL PROCESSO DI
PACE E LE AUTORITÀ LOCALI HANNO RESO NOTO CHE ALMENO DUE PERSONE RISULTANO
ANCORA DISPERSE
- A
cura di padre Ignacio Arregui
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SAN SEBASTIAN. = La Spagna intera ha subito un vero trauma
collettivo dopo l’attentato di ieri, all’aeroporto di Madrid, che ha mobilitato
tutti i mezzi di comunicazione. Alla reazione di sdegno e orrore dei primi
momenti è seguito lo stupore delle massime cariche del governo: si pensava,
infatti, che il processo di pace potesse continuare. Oltre alle dichiarazioni
dei leader politici, anche la Chiesa ha voluto far sentire la propria voce. La
Conferenza episcopale esprime condoglianza e solidarietà alle vittime
dell’attentato e afferma, con un comunicato, che “il terrorismo è
intrinsecamente perverso, incompatibile con una visione morale della vita,
giusta e ragionevole, poiché non solo attenta gravemente al diritto alla vita e
alla libertà, ma costituisce anche una prova di intolleranza e totalitarismo”.
Nella nota dei vescovi si legge poi che tutti sono obbligati, con i mezzi legittimi
necessari, a lavorare insieme per la fine del terrorismo, al di là di ogni legittima
discrepanza politica o strategica. I vescovi sottolineano inoltre come una
società, che voglia essere libera e giusta, non possa riconoscere in modo
esplicito, ne implicito, un’organizzazione
terroristica come legittimo rappresentante politico di nessun settore della
popolazione”; “neppure può considerarlo come interlocutore politico”. Da parte
sua, mons. Juan Maria Uriarte,
vescovo di San Sebastian nei Paesi Baschi, afferma in una nota pastorale letta
oggi nelle chiese della diocesi: “Nessuno ha il diritto di attentare contro la
speranza di un popolo che desidera con forza la pace e della quale ha bisogno
senza ritardi. Chi agisce in quel modo non rispetta la volontà immensamente
maggioritaria di questa comunità che in mille modi chiede ed esige, quasi ogni
giorno, la fine della violenza”. Il vescovo, dopo aver condannato l’attentato e
aver manifestato la solidarietà alle vittime, conclude la nota dicendo:
“Vogliamo pensare che questo episodio non chiuderà del tutto il lungo cammino
verso la pace”.
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IL PRIMO GENNAIO 2007, 40.MA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE,
LA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO PROMUOVE IN
350 CITTÀ DEL MONDO
LA QUINTA MARCIA PER
ROMA. = Sono quasi 60 le associazioni del
mondo cattolico che hanno accolto l’invito della Comunità di Sant’Egidio a
partecipare domani, nella 40.ma Giornata mondiale
della pace, alla quinta Marcia per
PER
CAPODANNO, L’ARCIVESCOVO DI TARBES E LOURDES, JACQUES PERRIER,
INVITA
I GIOVANI A UN CONCERTO ROCK DAVANTI ALLA GROTTA DI BERNADETTE. L’INIZIATIVA,
DENOMINATA “DISCOTECA DI DIO”,
VUOLE
ESSERE “UN’ALTERNATIVA ALLA MORTE SULLE STRADE”
LOURDES. = Il nome in codice è 3D,
ovvero, “Discoteca Di Dio”: così è stata denominata la festa di capodanno in
programma a Lourdes, davanti alla grotta dove nel 1858 alla pastorella
Bernadette apparve
LA NOTTE DI CAPODANNO, DAVANTI AL PRESEPE DI
PIAZZA SAN PIETRO, IL MOVIMENTO DELL’AMORE FAMILIARE PROMUOVE UNA VEGLIA DI
PREGHIERA
“PER
L’UNITÀ E L’AMORE IN TUTTE LE FAMIGLIE DEL MONDO”
ROMA. = “La famiglia ha bisogno di luce e di amore per
ritrovare l’unità e il senso di se stessa” e “questa luce e questa tenerezza di
pace e di affetto si diffondono dal mistero del Natale e del Santo Presepe”:
per questo motivo, il Movimento dell’amore familiare promuove, la notte di
capodanno, una Veglia di preghiera in Piazza San Pietro, a Roma, davanti al Presepe,
“per l’unità e l’amore in tutte le famiglie del mondo”. Dopo un canto d’inizio
alle 23.30 e una breve introduzione di mons. Giovanni Coppa, prenderà il via la veglia che si
protrarrà fino alle 7.00 di domani, lunedì primo gennaio. Ai presenti, come a
chi parteciperà anche solo per qualche minuto a qualsiasi ora della notte, verrà consegnato un cero che potrà essere deposto davanti al
Presepe come segno di luce e di speranza, presentando al Signore e alla santa
Famiglia le sofferenze e le gioie di ogni famiglia. (R.M.)
IL GOVERNO DEL
MADAGASCAR CHIEDE AIUTO ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER FRONTEGGIARE
ANTANANARIVO.
= Appello del governo del Madagascar alla comunità internazionale per far fronte
alla grave emergenza alimentare nel sud della grande isola dell’Oceano Indiano,
che minaccia 300 mila persone. In particolare, ha detto il direttore del Centro
nutrizionale del Ministero della salute malgascio,
parlando con l’agenzia informativa dell’ONU, IRIN, “abbiamo inviato un
messaggio alla comunità internazionale perché ci aiuti a coordinare i
soccorsi”. Secondo l’ultimo rapporto stilato dal coordinatore locale delle
Nazioni Unite, citato dall’agenzia MISNA, l’emergenza alimentare è particolarmente
grave nella provincia meridionale di Tulear. Secondo
l’UNICEF, 28 comuni di tre regioni - Anosy, Androy e Sud-Ouest - sono alle
prese con la scarsità di cibo legata alle scarse precipitazioni cadute sulla
zona sud del Madagascar nel corso del 2006. “Come sempre quando c’è
un’emergenza nutrizionale, sono le fasce più vulnerabili ad essere le più
colpite: in questo caso i bambini”, ha detto un portavoce dell’ufficio malgascio dell’UNICEF, precisando che al momento le stime
parlano di oltre cinque mila bambini sotto i cinque anni in stato di
malnutrizione, 534 dei quali in “gravi condizioni”. (R.M.)
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31 dicembre 2006
- A cura di Amedeo
Lomonaco -
In Iraq, Saddam Hussein è
stato sepolto nella notte nel villaggio natale di Awija,
vicino alla città di Tikrit, nel nord del Paese. Al
rito funebre hanno assistito centinaia di persone. A Baghdad, intanto,
l’esplosione di una bomba ha provocato la morte di una persona. Il servizio di
Amedeo Lomonaco:
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Saddam Hussein è stato sepolto
nella notte nella tomba di famiglia, nel suo villaggio natale nei pressi della
città di Tikrit. La salma dell’ex rais è stata
tumulata accanto ai resti dei due figli, Uday e Qusay, uccisi dai militari americani nel 2003. Hanno
assistito al rito funebre, durato circa 25 minuti, diverse centinaia di
persone. L’emittente araba al Arabiya ha mostrato le
immagini della sepoltura: la bara è stata avvolta nella bandiera irachena con
la scritta “Allah è grande”. Vicino alla tomba sorge una moschea, fatta da
costruire proprio da Saddam Hussein negli anni ’80. La salma dell’ex rais è
stata consegnata nella notte dalle autorità irachene al capo clan della tribù
degli Albu Nasir, di cui
faceva parte lo stesso Saddam. Il vicegovernatore della provincia ha rivelato,
poi, che il corpo
dell’ex dittatore è stato “trattato con rispetto e lavato in base alle regole
islamiche, da un religioso sunnita”. Fonti locali hanno anche
riferito che molti iracheni hanno raggiunto il villaggio per rendere omaggio
all’ex presidente.
Nel Paese, intanto, continuano
gli attentati: almeno un civile è morto per l’esplosione di una bomba nel
centro di Baghdad. E’ salito poi a 73 il numero dei morti causati da una serie
di attacchi compiuti ieri, dopo la notizia dell’esecuzione di Saddam Hussein.
In Irlanda, un aereo di una compagnia greca con a
bordo 195 persone è stato costretto infine ad un atterraggio di emergenza. La
compagnia ha reso noto che, poco prima, una persona aveva annunciato, in
inglese e con marcato accento arabo, di aver piazzato un ordigno sull’aereo per
vendicare la morte di Saddam.
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Sull’esecuzione di Saddam
Hussein, ascoltiamo un commento dell’arcivescovo di Pescara-Penne
e presidente di Pax Christi, Tommaso Valentinetti,
al microfono di Fabio Colagrande:
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R. - Ogni condanna a morte, quando accade, è una sconfitta
per l’umanità, una sconfitta per la persona umana. C’è da chiedersi se per un
personaggio così oscuro
come Saddam Hussein, che resta indubbiamente una persona che ha commesso tanti
crimini, potesse essere giusta una soluzione del tipo che si è trovata o forse
non si dovessero fare altri processi per, probabilmente, dare il tempo a
quest’uomo, anche con un lungo tempo di carcerazione, di ripensare a tutti i
crimini che purtroppo ha commesso e dunque avere, forse, questa attenzione che
non è solamente umanitaria ma che ha anche un risvolto politico. Oggettivamente
parlando, uccidere è sempre sbagliato, anche quando si uccide a nome dello Stato. Come credenti, poi, non possiamo essere
a favore della pena di morte, non possiamo essere a favore di questa pena nemmeno quando si tratta di un criminale come Saddam
Hussein. Sicuramente, questo fatto avrà una ripercussione, purtroppo negativa,
sulla realtà dell’Iraq e purtroppo tanti innocenti continueranno a morire.
Dobbiamo sempre ricordare che la violenza chiama la violenza, che l’odio chiama
l’odio e la distruzione chiama la distruzione.
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Il numero due di Al Qaeda, il medico egiziano al Zawahiri,
ha pesantemente criticato, in un nuovo messaggio audio diffuso oggi, il
presidente palestinese, Abu Mazen,
chiedendo ai palestinesi di non riconoscerne la legittimità. Nel messaggio, il
numero due di Osama Bin Laden attacca anche al Fatah, il
partito di Abu Mazen, ed il
governo dell’Arabia Saudita.
E’ vivo e sta bene Ghilad Shalit, il caporale
israeliano rapito il 25 giugno a sud di Gaza da miliziani legati ad Hamas. Lo sostiene un giornale degli Emirati Arabi
precisando che il soldato dello Stato ebraico compare in un video, consegnato
al padre dell’ostaggio. Negli ultimi giorni, si sono moltiplicate le voci di una imminente liberazione di detenuti palestinesi in cambio
del rilascio del caporale israeliano.
In
Indonesia, sono stati recuperati 66 corpi di persone morte nel naufragio del
traghetto avvenuto nel mare di Giava tra venerdì e
sabato. Restano ancora disperse oltre 460 persone. I superstiti, finora, sono
177. Resta incerto il
numero dei passeggeri a bordo. Al momento del disastro c’era una
forte tempesta e la nave - secondo le prime testimonianze - ha iniziato
ad imbarcare acqua prima di affondare lentamente. Le ricerche, ostacolate dalle
cattive condizioni meteorologiche, continueranno per 7 giorni.
Sembra lontana la possibilità di un accordo
sul gas tra Russia e Bielorussia. Ad un giorno della scadenza dell’ultimatum di
Gazprom - la società russa che fornisce gas alla Bielorussia
e all’Europa - non emergono ancora risultati dalle trattative in corso a Mosca
sulle forniture per il 2007. Se l’intesa non sarà raggiunta entro domattina, Gazprom taglierà le esportazioni di gas verso la Bielorussia.
Una decisione, questa, che potrebbe creare gravi problemi a quei Paesi europei
che ricevono il gas russo attraverso le condotte bielorusse.
Sarà, il prossimo,
il semestre in cui il futuro dell’Europa dovrà delinearsi con chiarezza. Lo ha
detto il cancelliere tedesco, Angela Merkel, alla
vigilia del suo insediamento alla presidenza di turno dell’Unione Europea. Tra
i punti in agenda, il rilancio del ruolo dell’Unione in Medio Oriente, il
processo di allargamento, l’inizio della fase operativa della forza di pronto
intervento europea e la ricerca di un'intesa sull'energia con Mosca.
Il
62.enne sudcoreano, Ban Ki Moon,
assumerà domani l’incarico di segretario generale delle Nazioni Unite. Subentra
a Kofi Annan, 68.enne originario del Ghana rimasto
in carica per 10 anni. L’ex ministro
degli Esteri sudcoreano ha giurato lo scorso 15 dicembre.
In quell’occasione, si è impegnato a “non cercare o accettare
istruzioni da alcun governo o altra autorità esterna all'Organizzazione”
nell’esercizio del suo mandato. Ban Ki Moon è l’ottavo segretario
generale dell'ONU.
In
Somalia, l’esercito somalo e i soldati etiopi continuano ad avanzare verso Chisimaio, ultima roccaforte delle milizie islamiche, dove
i civili hanno cominciato a lasciare le loro nel timore di scontri. La tensione
resta alta anche a Mogadiscio dove ieri due civili, tra cui una bambina di dodici anni,
sono morti per l’esplosione di un ordigno. Secondo il vicepremier
somalo si trovano nella capitale, presidiata da forze governative e truppe etiopi,
ancora duemila miliziani islamici.
In
Nigeria, sono stati trasferiti i quattro ostaggi rapiti lo scorso 7 dicembre da
ribelli appartenenti al sedicente “Movimento per
l’emancipazione del Delta del Niger” E’ quanto si legge in un comunicato
inviato dai sequestratori nel quale si precisa che ai quattro - tre dipendenti
italiani dell’ENI e un libanese - non sarà permesso di comunicare con il
mondo esterno fino all’eventuale rilascio. Il gruppo ribelle ha chiesto alle
autorità nigeriane non un riscatto ma il rilascio dell’ex governatore dello
Stato di Bayelsa, in carcere per corruzione, e di un
leader separatista.
Con un messaggio
radiofonico per il nuovo anno e per il 48.mo
anniversario della rivoluzione, il leader cubano Fidel
Castro è tornato a parlare ai connazionali. “La mia ripresa richiede tempi
lunghi - ha detto il presidente cubano- ma è ben
lontana dall'essere una battaglia persa”. Fidel
Castro, sottoposto ad un intervento chirurgico lo scorso mese di agosto per una grave emorragia addominale, ha quindi espresso l’auspicio
che “il 2007 possa costituire l’alba di una speranza per tutto il popolo
cubano”.
In Brasile, sei persone sono morte in uno scontro a fuoco
tra agenti di polizia e presunti criminali, a Rio de Janeiro. Il dispiegamento
delle forze dell'ordine - oltre 21 mila i poliziotti coinvolti - è iniziato
dopo la campagna di attentati lanciata da alcune bande criminali contro
commissariati, centri commerciali ed edifici pubblici.
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