RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 361 - Testo della trasmissione di mercoledì 27 dicembre 2006

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“L'unico modo di glorificare Dio e di costruire la pace nel mondo consiste nell'umile e fiduciosa accoglienza del dono di Natale: l'amore”. Così il Papa oggi all’udienza generale

 

Il Papa ha ricevuto il ministro degli Esteri iraniano Mottaki che gli consegna un messaggio del presidente Ahmadinejad

 

Il dolore del Papa per le oltre 260 vittime dell’esplosione di un oleodotto, ieri a Lagos, in Nigeria

 

Il 4 gennaio Benedetto XVI visiterà la Mensa sociale della Caritas diocesana di Roma a Colle Oppio

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Saddam Hussein dopo la condanna a morte si dice pronto a diventare un "martire": ce ne parla Fouad Allam

 

Ancora polemiche per il caso dei funerali religiosi negati a Piergiorgio Welby: mons. Domenico Sigalini spiega ilno’ della Chiesa

 

Inizia domani a Zagabria l’Incontro europeo dei giovani promosso dalla Comunità di Taizé.  Con noi frère Richard

 

Da domani a Roma, al Teresianum, un convegno sul tema: Maria, testimone e serva di Dio-amore’.  Intervista con padre Ermanno Toniolo

 

CHIESA E SOCIETA’:

Lanciato ieri il primo sito Internet ufficiale della Conferenza episcopale russa

 

Si è insediato mons. Janusz Kaleta, primo vescovo del Kazakistan occidentale

 

A 2 anni dallo Tsunami nel sudest asiatico, gran parte dei fondi stanziati dalle nazioni occidentali non sono ancora stati spesi: lo rivela uno studio della BBC

 

Nelle zone costiere del Kenya, sono circa 15 mila le bambine costrette a prostituirsi: lo rivela un rapporto dell’UNICEF

 

Non si arresta, in Cina, lo sfruttamento della manodopera a basso prezzo per produrre giocattoli: lo denunciano due ONG statunitensi

24 ORE NEL MONDO:

In Somalia, ancora scontri tra milizie islamiche e forze governative appoggiate da truppe etiopi.

 

Israele annuncia raid mirati su Gaza se continuerà il lancio di razzi palestinesi contro lo Stato ebraico

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

27 dicembre 2006

 

 

''L'UNICO MODO DI COSTRUIRE LA PACE NEL MONDO CONSISTE

NELL'UMILE E FIDUCIOSA ACCOGLIENZA DEL DONO DI NATALE: L'AMORE''.

COSI’ IL PAPA, OGGI, ALL’UDIENZA GENERALE

 

Un “clima natalizio pervaso di intima gioia per la nascita del Salvatore” - secondo le parole di Benedetto XVI – ha fatto da cornice stamane all’udienza generale nell’Aula Paolo VI in Vaticano, l’ultima di questo anno 2006, la 45 ma, cui hanno partecipato circa 9 mila fedeli, giunti come sempre da numerosi Paesi per incontrare il Papa. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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Risuonano nel nostro animo – ha detto Benedetto XVI - le parole dell’Evangelista Giovanni, di cui ricorre oggi la memoria: “Et Verbum caro factum est – Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. “Gli uomini di ogni epoca possono rivivere nella fede” il “mistero di luce” celebrato nel Natale. Ma una “domanda attraversa questi duemila anni di storia cristiana”: “perché Dio si è fatto uomo?”. La risposta è nel canto degli angeli sulla grotta di Betlemme: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. “Il Gloria sta a significare – ha spiegato il Papa – la continuità esistente tra la nascita e la morte di Cristo, tra il Natale e la Pasqua, aspetti inscindibili” del “mistero di salvezza”:

 

“Ed ecco allora il messaggio del Natale: con la nascita di Gesù, Dio ha manifestato il suo buon volere verso tutti”.

 

“E’ dunque l’amore la ragione ultima dell’incarnazione di Cristo” – ha aggiunto il Santo Padre – riportando la riflessione del teologo von Balthasar: Dio “non è, in primo luogo, potenza assoluta, ma amore assoluto la cui sovranità non si manifesta nel tenere per sé ciò che gli appartiene, ma nel suo abbandono”:

 

“Il Dio che contempliamo nel Presepe è Dio-Amore”.

 

“Allora - ha osservato Benedetto XVI – l’unico modo di glorificare Dio e di costruire la pace nel mondo consiste nell’umile e fiduciosa accoglienza del dono di Natale: l’amore. Il canto degli angeli può allora diventare una preghiera da ripetere spesso, non soltanto in questo tempo natalizio”:

 

“Un inno di lode a Dio nell’alto dei cieli e una fervente invocazione di pace sulla terra, che si traduca in un concreto impegno a costruirla con la nostra vita. Questo è l’impegno che il Natale ci affida”.

 

Dopo la catechesi, i saluti nelle varie lingue e una benedizione particolare ai nuovi 55 sacerdoti della Comunità dei Legionari di Cristo, ordinati il 23 dicembre scorso.

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IL PAPA HA RICEVUTO IL MINISTRO DEGLI ESTERI IRANIANO MOTTAKI

CHE GLI CONSEGNA UN MESSAGGIO DEL PRESIDENTE AHMADINEJAD

 

Al termine dell’Udienza generale Benedetto XVI ha ricevuto, in una saletta attigua all’Aula Paolo VI, il ministro degli Esteri iraniano Mottaki, accompagnato dal vice presidente Mashai, i quali hanno consegnato al Santo Padre un messaggio del presidente Ahmadinejad. “Nel corso del colloquio – rende noto la Sala Stampa vaticana - i rappresentanti iraniani hanno espresso al Papa i lori auguri e il compiacimento per i 50 anni di relazioni diplomatiche fra Iran e Santa Sede. Per parte sua il Santo Padre ha ricambiato gli auguri e riaffermato il ruolo che la Santa Sede intende esercitare per la pace nel mondo non come autorità politica, ma religiosa e morale, facendo appello alle coscienze perché i problemi dei popoli vengano sempre risolti nel dialogo, nella mutua comprensione e nella pace”.

 

 

IL DOLORE DEL PAPA PER LE OLTRE 260 VITTIME DELL’ESPLOSIONE

 DI UN OLEODOTTO, IERI A LAGOS, IN NIGERIA.

MIGLIAIA DI PERSONE HANNO PARTECIPATO OGGI AI FUNERALI

 

Il Papa ha espresso il proprio profondo cordoglio per le vittime dell’esplosione di un oleodotto, avvenuta ieri in un popoloso quartiere di Lagos, in Nigeria. Si parla di oltre 260 morti e numerose case distrutte. In un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato all’arcivescovo di Lagos, il cardinale Anthony Olubunmi Okogie, Benedetto XVI assicura la sua “profonda solidarietà” e le sue “ferventi preghiere” perché Dio possa “donare la pace eterna a quanti sono morti e consolazione e forza ai senzatetto e ai feriti”. Invoca quindi “i doni divini di saggezza, forza e pace sulle autorità civili e su quanti sono impegnati nell’opera di soccorso e di ricostruzione”.

 

Oggi migliaia di persone hanno assistito alle esequie delle vittime dell’incidente. La sciagura è stata provocata da un incendio scoppiato in una condotta, dove alcuni ladri avevano praticato dei fori per rubare il petrolio. Episodi di questo genere sono purtroppo frequenti nello Stato africano. Malgrado la Nigeria, sia il quinto produttore di greggio dell’OPEC, soffre di una cronica penuria di carburante. Secondo stime governative, circa il 5 per cento del petrolio estratto ogni anno viene trafugato e commercializzato illegalmente.

 

 

IL 4 GENNAIO 2007 BENEDETTO XVI SI RECHERÀ IN VISITA PRESSO LA MENSA SOCIALE DELLA CARITAS DIOCESANA DI ROMA A COLLE OPPIO

 

Il prossimo 4 gennaio, Benedetto XVI si recherà in visita presso la Mensa sociale della Caritas diocesana di Roma a Colle Oppio.  Durante la visita pastorale, che avrà inizio alle ore 11.00, il Papa intitolerà la Mensa alla memoria di Giovanni Paolo II scoprendo una targa commemorativa e visiterà il presepe artistico allestito dai volontari della Caritas.

 

Il Santo Padre, accompagnato dal cardinale vicario Camillo Ruini, dal vescovo ausiliare del Settore Centro, mons. Ernesto Mandara, e da mons. Guerino Di Tora, direttore della Caritas, saluterà gli ospiti della Mensa, incontrerà i volontari, gli operatori della Caritas ed i giovani del Centro giovanile “Il Centro” che ha sede presso il medesimo edificio.

 

La Mensa di Colle Oppio, aperta nel 1983, è la prima struttura di accoglienza per senza dimora fondata a Roma ed è convenzionata con il Comune di Roma; in questi 23 anni ha ospitato migliaia di disagiati italiani e stranieri, distribuendo oltre nove milioni di pasti.  Il 20 dicembre 1992 la Mensa venne visitata da Giovanni Paolo II che, durante la visita, pronunciò la frase “L’uomo che soffre ci appartiene” ora riportata nella targa commemorativa che verrà scoperta da Benedetto XVI.

 

 

NOMINE

        

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Concepción, in Cile, presentata da mons. Antonio Moreno Casamitjana, per raggiunti limiti di età. Il Papa ha nominato nuovo arcivescovo metropolita di Concepción, mons. Ricardo Ezzati Andrello, Salesiano, finora vescovo titolare di La Imperial e ausiliare di Santiago del Cile. Mons. Ezzati è nato in Italia, a Campiglia dei Berici, in provincia di Vicenza, il 7 gennaio 1942. Giunto in Cile nel 1959, per il noviziato tra i Salesiani in Quilpué, Valparaíso, ha compiuto gli studi di filosofia presso l’Università Cattolica di Valparaíso e quelli di teologia presso la Pontificia Università Salesiana di Roma, dove ha conseguito la licenza. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 18 marzo 1970. Ha quindi conseguito la licenza in Scienze Religiose presso l’«Institut de Pastorale Catéchetique» di Strasburgo e il titolo di insegnante di Religione e Filosofia presso l’Università Cattolica di Valparaíso.  Mons. Ezzati ha insegnato anche nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Cattolica del Cile ed è stato vice-presidente della Conferenza dei Religiosi del Cile. Nel 1991 è stato nominato officiale della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

 

Nominato vescovo di Valdivia il 28 giugno 1996, ha ricevuto l’ordinazione episcopale l’8 settembre successivo. Il 10 luglio 2001 è stato nominato vescovo titolare di La Imperial e ausiliare di Santiago del Cile.

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Natale 2006. La benedizione Urbi et Orbi di Benedetto XVI.

Un messaggio di freschezza, di gioia e di speranza all'umanità gaudente e disperata di oggi.

 

Servizio estero - Iraq: confermata la condanna a morte di Saddam Hussein.

 

Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Degli Agosti dal titolo "Uno sguardo di compassione sugli umili presi a simbolo di un'epoca di eroismi": a Tortona la mostra "Domenico e Gerolamo Induno. La storia e la cronaca scritte con il pennello".

 

Servizio italiano - In rilievo il tema delle pensioni.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

27 dicembre 2006

 

 

 

MORTE ANCHE OGGI IN IRAQ  DOPO LA SANGUINOSA GIORNATA DI IERI,

 IN CUI E’ STATA CONFERMATA LA CONDANNA CAPITALE A SADDAM HUSSEIN

- Intervista con Fouad Allam -

 

Morte anche oggi in Iraq. Un'autobomba ha ucciso otto persone e ne ha ferite altre dieci oggi a Talbiya, un distretto di Baghdad, vicino alla roccaforte sciita di Sadr City. Sostenitori del leader radicale sciita iracheno Moqtada Sadr accusano l'esercito  americano di aver ucciso la notte scorsa a Najaf un dirigente  politico locale del movimento, ma un portavoce del contingente USA smentisce le accuse. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Ritrovati  nelle ultime 24 ore almeno 40 cadaveri abbandonati nelle strade o nelle discariche di diversi quartieri della città. Della situazione generale nel Paese va detto che almeno 70 mila famiglie irachene  hanno abbandonato la propria casa e si sono spostate in altre zone, alla ricerca di una maggiore sicurezza, mentre ogni giorno non meno di 3 mila persone lasciano l'Iraq per stabilirsi nei Paesi vicini. Il presidente degli Stati Uniti, Bush, dopo che il numero di morti americani in Iraq ha superato quello delle vittime dell’11 settembre, ha fatto sapere di “piangere” ciascuno dei quasi 3.000  soldati uccisi, aggiungendo che vigilerà affinché “il loro sacrificio non sia stato vano”. Guardando alla giornata di ieri, una serie di autobomba hanno seminato morte e distruzione a Baghdad, nei quartieri sciiti come in quelli sunniti, dopo che la Corte d'appello aveva confermato la  condanna a morte inflitta a Saddam Hussein il 5 novembre scorso. L'ex dittatore sarà con ogni probabilità impiccato entro 30  giorni - come prevede lo statuto del Tribunale speciale che lo ha processato - nonostante sia ancora lontana la sentenza di un  altro processo, quello per genocidio, che si è aperto ad agosto. Oggi il ministro iracheno della Giustizia fa sapere che occorrerà ancora un po’ di  tempo” perché Saddam Hussein venga  giustiziato. Numerosi esponenti politici si sono affrettati a chiedere l'applicazione immediata della condanna, mentre il governo non  ha ancora rilasciato alcun commento, così come il presidente Jalal Talabani che, nonostante la sua aperta opposizione alla  pena capitale, dovrebbe ora controfirmare la sentenza, per  renderla esecutiva.

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Sui possibili effetti che la condanna a morte di Saddam Hussein potrebbe avere in Iraq e nei Paesi del mondo arabo Stefano Leszczynski ha intervistato Fouad Allam, giornalista iracheno, editorialista del quotidiano La Repubblica:

 

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R. – E’ certamente un aspetto inedito nella storia dei governanti dei Paesi arabi islamici ed è anche vero che è la prima volta che un presidente, per anni al potere, venga condannato a morte. Questo può, quindi, avere un effetto generale per quanto riguarda il rapporto tra società e potere nel mondo arabo islamico. Il secondo effetto è che, purtroppo, questo processo e questa condanna sono avvenuti in un contesto di guerra e, quindi, mi sembra abbastanza evidente che gli effetti all’interno dell’Iraq e nella componente sunnita siano quelli di enfatizzare il rapporto tra sunniti e sciiti, sciiti e curdi, etc.

 

D. – E’ possibile che la morte di Saddam Hussein impedisca di avere un simbolo, una speranza di rivincita?

 

R. – Anche prima della condanna a morte, il fatto stesso che gran parte della dirigenza del Partito Baath iracheno fosse stato messo in prigione aveva fatto capire che non potevano un domani riprendere loro le redini del potere. In realtà il problema vero è che, con questa condanna, l’inizio di un qualcosa di nuovo e di diverso diventerà sempre più difficile.

 

D. – Si è discusso molto anche della natura di questo Tribunale speciale…

 

R. – Non si tratta tanto della struttura giuridica, non si tratta tanto della scelta dei giudici, perché su questo ognuno di noi può esprimere la propria opinione, ma la cosa rilevante è che si tratta di un processo che si è tenuto in una situazione di guerra o,  se non di guerra dichiarata, certamente di conflitto permanente. E’ ovvio che questo rende il processo stesso diverso da quello altrettanto famoso di Norimberga dopo la II Guerra Mondiale.

 

D. –  Non sembrano essersi levate molte voci nei confronti di questa sentenza da parte dei leader arabi…

 

R. – E’ possibile che si abbia paura che il caso iracheno faccia scuola e che possa essere, quindi, esportabile anche in altri contesti. Questo pezzo di sistema che muore in Iraq si ha paura che possa morire definitivamente anche nel resto dei Paesi arabi, di fronte al ruolo e alla nascita di una potenza, a maggioranza sciita, circondata da elementi sciiti che vanno oggi dal Libano fino all’Iran.

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ANCORA POLEMICHE PER IL CASO DEI FUNERALI RELIGIOSI NEGATI

A PIERGIORGIO WELBY: MONS. DOMENICO SIGALINI SPIEGA IL “NO” DELLA CHIESA

 

Soltanto l’esito dell’autopsia sul corpo di Piegiorgio Welby farà stabilire alla Procura di Roma se archiviare il caso o piuttosto iscrivere sul registro degli indagati gli eventuali responsabili tra cui Mario Riccio, il medico che ha sedato Welby prima di procedere al distacco del respiratore. Non si spengono intanto le polemiche sulla negazione dei funerali religiosi da parte del Vicariato di Roma. Ascoltiamo in proposito il commento di mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, al microfono di Fabio Colagrande:

 

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R. - Io sono convinto che il funerale è un gesto di preghiera che si fa verso Dio nei confronti di una persona che è deceduta. Quindi credo che nessuno abbia messo in dubbio che per questa persona si debba pregare perché il Signore lo accolga. Il problema è stato che questo funerale è stato fatto diventare una bandiera. Credo che il Vicariato si sia trovato di fronte a questa situazione, di fronte ad un gesto liturgico che è stato fatto diventare una bandiera per affermare dei principi contrari alla vita cristiana. Non ha fatto questo gesto nei confronti di una persona:  giudicandolo, mettendosi davanti e al di sopra di Dio nel giudicare la sua salvezza.  Allora se questo è vero, se il funerale è un gesto che tiene conto di tutta un’esperienza di comunità, allora non è privatizzabile e assolutamente non è strumentalizzabile da una ideologia che vuol far passare con casi dolorosi tutto un suo modo di concepire la vita. Tanto più che hanno chiesto i funerali soprattutto quelli che non hanno niente a che fare con la fede e non la vogliono nemmeno, oltre che, evidentemente, la famiglia. Mi pare che nella Bibbia già Gesù Cristo stigmatizzava il fatto che c’era gente che faceva morire le persone e poi gli creava dei monumenti. A me pare che a volte, se non stiamo attenti, rischiamo questo e anche in questo caso c’è gente che ha voluto a tutti i costi la sua morte e poi gli hanno voluto fare un monumento. Ciò non toglie, evidentemente, che nelle chiese si sia pregato per lui e io pure ho pregato per lui.

 

D. – Mons. Sigalini, secondo lei, perché molti, talvolta anche tra i credenti, non hanno capito le motivazioni di questa scelta?

 

R. – Perché lentamente noi stiamo mettendo la “sordina” a tutto. Va bene tutto e  va bene il contrario di tutto. Io mi sarei aspettato, se avessero fatto i funerali in chiesa, che avrebbero detto sicuramente: “Vedete, la Chiesa fa tanto baccano sul problema dell’eutanasia e poi alla fine le va bene anche quella, basta che le danno i soldi del funerale”. Questo sarebbe stato ancora peggio. Purtroppo l’esperienza della Chiesa è vista sempre come una sorta di commercio di cose sacre. Invece è un dialogo con Dio profondo e il dialogo con Dio non può essere soggetto a nessuna di queste strumentalizzazioni. Io ho dovuto rispondere via e-mail, anche sotto Natale, a dei miei amici che giustamente si interrogavano e mi dicevano: “Ma io devo dare la stura a tutte queste lamentele oppure accetto senza ragionare?” No, io dico che bisogna ragionarci sopra, bisogna vedere veramente che cosa significa questo esasperare un problema e voler continuamente portare la Chiesa su alcune posizioni per poi poterla infilzare. Questo mi pare che sia lo stratagemma che stanno usando tutti quelli che vogliono l’eutanasia, così come lo hanno usato quando c’era l’aborto. “Ci sono milioni di aborti clandestini”, dicevano, solo perché non volevano far ragionare la gente, spingendola così a prendere una decisione soltanto in base alla commozione.

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INIZIA DOMANI A ZAGABRIA L’INCONTRO EUROPEO DEI GIOVANI

PROMOSSO DALLA COMUNITA’ DI TAIZÉ. IL MESSAGGIO DEL PAPA:

SIETE IL SEGNO DELLA SPERANZA IN UNA “UMANITA’ NUOVA,

 FONDATA SUL RICONOSCIMENTO DI OGNI PERSONA,

INDIPENDENTEMENTE DALLA NAZIONALITA’ O DALLA RELIGIONE”

- Intervista con fratel Richard -

 

Inizia domani a Zagabria il XXIX Incontro europeo dei giovani promosso dalla Comunità ecumenica di Taizé. Sono attesi in 40 mila nella capitale croata per quel “pellegrinaggio di fiducia sulla terra” inaugurato da Frère Roger nel 1978 per rilanciare nel mondo la fraternità universale in Cristo. E’ il secondo appuntamento di fine anno della Comunità a svolgersi in assenza del suo fondatore, assassinato nell’agosto dell’anno scorso da una squilibrata. Benedetto XVI, in un messaggio, si dice sicuro che i giovani di Taizé porteranno il loro “contributo per stabilire delle relazioni più fraterne, affinché su tutto il pianeta si realizzi concretamente la famiglia umana, dove ciascuno è accolto e amato per se stesso, riconosciuto e rispettato come figlio di Dio”. “In questa terra croata, segnata nel corso degli anni passati da conflitti – scrive il Papa -  voi siete un segno eloquente di speranza e mostrate che voi, i giovani, volete un’umanità nuova, fondata sul riconoscimento di ogni persona, indipendentemente dalla nazionalità o dalla religione”. E proprio sul significato di questo pellegrinaggio a Zagabria ascoltiamo la riflessione di fratel Richard, della Comunità di Taizé, al microfono di Aldo Sinkovic:

 

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R. – E’ un segno di speranza. I croati sono venuti agli incontri europei fin dall’inizio, al tempo della guerra, e adesso è il tempo di incontrarsi proprio qui e di mostrare questa vita della Chiesa croata, il suo bel viso, per permettere ai giovani dei Paesi dell’Europa occidentale, e di tutta Europa, di conoscere una Chiesa che ha sofferto, ma che ha sempre mantenuto una vitalità sorprendente.

 

D. – Ha detto un “bel viso”. In che cosa consiste questo bel viso della Chiesa in Croazia oggi?

 

R. – Prima di tutto, c’è una grande spontaneità nell’accoglienza. E’ bello poi vedere molti giovani nelle chiese. Poi, una cosa interiore, che forse non si vede subito, di cui rimango stupito a volte, è il sentire delle esperienze di persone che a causa della fede in Cristo hanno perdonato o sono pronti a perdonare cose difficilissime che hanno vissuto. Questo forse non lo mostrano subito. Non si può dimenticare tutto ciò che è successo, ma si può andare avanti, con questo desiderio di costruire un futuro di fiducia.

 

D. – I giovani specialmente sono aperti ad un dialogo ecumenico e interreligioso, che in questa zona è sentito da secoli…

 

R. – Qua vi sono delle ferite e c’è un passo molto personale da fare per qualcuno, forse di riconciliazione con il fatto che ci siano dei vicini ortodossi e dei vicini musulmani. Qui a Zagabria la grande maggioranza è croata, ma ci sono anche serbi e musulmani. E’ bello vedere come siano amici tra loro, come, nella vita quotidiana, vogliano vivere insieme e andare avanti.

 

D. – Purtroppo, il Frère Roger non è più presente in questa occasione. Qual è il messaggio di questo incontro che pensate di lanciare?

 

R. – Frère Alois è stato ad un incontro di giovani a Calcutta e lì ha scritto una lettera per i giovani, dal titolo “Lettera da Calcutta”. All’inizio della lettera parla dell’attenzione quasi naturale portata a Dio da questa società indiana e fa la riflessione che oggi, nelle nostre società secolarizzate, dobbiamo capire com’era vivere quest’attenzione così semplice e quasi naturale a Dio. Poi, continua dicendo che tutti gli uomini compongono una sola famiglia di Dio. Questo è stato un tema affrontato anche da Frère Roger e che Papa Benedetto XVI ha ripreso nella sua visita in Turchia. Poi Frère Alois ha parlato di due cose: l’attenzione a Dio e il rispetto per ogni essere umano. Quando si risveglia quest’attenzione spontanea e semplice a Dio siamo anche più pronti a rispettare l’altro e a rispettare ciò che è sacro per ogni persona. Vorremmo, dunque, che crescesse la fiducia, attraverso questo incontro, sottolineando questa necessità di oggi di riflettere sull’implicazione dell’unità di tutta la famiglia umana.

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DA DOMANI A ROMA, AL TERESIANUM, UN CONVEGNO SUL TEMA:

 ‘MARIA, TESTIMONE E SERVA DI DIO-AMORE’

- Intervista  con padre Ermanno Toniolo -

 

          La figura di Maria fa da sfondo al mistero del Natale dalla natività fino all’Epifania, trovando il suo culmine nella solennità del 1° gennaio dedicata alla sua divina maternità. Allo scopo di approfondire  la conoscenza di Maria alla luce dei Testi Scritturistici e del Magistero della Chiesa, da 27 anni il Centro di Cultura Mariana, in via del Corso a Roma, diretto da padre Ermanno Toniolo, in collaborazione con le Suore Figlie della Chiesa, promuove tra Natale e Capodanno un convegno di tre giorni presso la Pontificia Facoltà Teologia ‘Teresianum’, quest’anno sul tema ‘Maria, testimone e serva di Dio-Amore’. L’incontro, da domani al 30 dicembre, si colloca sulla scia dell’Enciclica Deus caritas Est di Benedetto XVI. Con noi a parlarcene lo stesso padre Toniolo, dei Servi di Maria, professore alla Pontificia Facoltà Teologica ‘Marianum’, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – La Vergine Maria ci è stata proposta in tante prospettive, ma possiamo individuare la figura evangelica di Maria in alcune caratteristiche che sono legate alle grandi virtù teologiche. Maria è, anzitutto, una donna di speranza che spera, che si apre a Dio, che ha nel cuore il mondo, che non dubita mai dell’amore di Dio e sarà sempre pronta a fare tutto per tutti nell’amore di Dio e per amore di Dio, Lei che è la Madre del Vero Dio, il Verbo fatto carne, ed è la Madre nostra anche per testamento del Signore. La seconda virtù è quella della fede: è una donna di fede, che conosce la Parola di Dio e, come dice il Papa, il suo Magnificat è quasi un tessuto di fili della Sacra Scrittura, fili della Parola di Dio e che questa Parola di Dio diventa come la casa stessa di Maria, nella quale Ella può entrare ed uscire con libertà assoluta, essendone la conoscitrice di tutti gli angoli, di tutte le sfumature – ed aggiungo di più – di tutte le profondità  sapienziali che la Parola di Dio conosce, trasmette e conserva. La terza virtù: è soprattutto una donna che ama, una donna che ama e che perciò si fa vicina a tutti coloro che hanno bisogno di amore; una donna che ama anzitutto Dio, con il totale verginale amore con il quale si offre a Lui, ma che ama anche gli uomini con quella tenerezza materna e con le tenerezze divine delle quali Lei è la manifestatrice, volto soave di Dio che si china su questa povera umanità. Una donna che ama e che tutti esperimentano sempre accanto, vicina ad ogni loro tribolazione e alla quale si rivolgono, con fiducia, con istanza, a volte quasi con una nostalgia di amore, per poter stabilire con Lei quella comunione che dà significato alla vita e dà anche speranza nel nostro esistere quotidiano.

 

D. – Maria ci guida a Dio, perché Gesù ha voluto affidarci in particolare a Sua Madre: come?

 

R. – Maria ci guida a Dio, anzitutto, con la sua stessa vita. Lei è il modello fondamentale che attira a sé e verso Dio. Chi guarda Maria, guarda quello che può essere l’amore di Dio realizzato in Lei, in pienezza assoluta e nella perfezione più bella, ma guarda anche l’amore umano, che si ridona a Dio, un amore accolto, un amore restituito, un amore donato in totalità, senza guardare nessun sacrificio, pur di fare contento l’amato. La Vergine è la Vergine dell’amore, della gioia e del sì dell’Annunciazione, ma è anche la Vergine dell’amore della Croce, del sacrificio consumato con il Figlio, nello strazio del cuore, senza dubitare mai della fedeltà di Dio e del suo amore.

 

D. – Padre Ermanno, Maria - lungo la storia - si è avvicinata a noi attraverso il fenomeno delle apparizioni o attraverso altri segni, come quelli delle lacrimazioni come nel caso di Siracusa. Perché?

 

R. – Io penso che queste siano manifestazioni molto piccole. La Madonna è sempre accanto a noi, anche se non la vediamo. Il grande Germano di Costantinopoli ci dice che Lei vive accanto a noi, perché è Madre e di conseguenza queste esterne manifestazioni sono ben piccole cose, che hanno sì il loro significato, ma il significato profondo è l’impatto costante, quella comunione intima che lo Spirito Santo suscita nei cuori, per cui tutto il mondo si rivolge a Maria, in ogni istante, quotidianamente, sia guardandoLa ed onorandoLa come Madre di Dio - Le diciamo: ‘Ave Maria, Benedetta Tu fra le donne e benedetto il frutto del Tuo grembo; Santa Madre di Dio’ – e sia supplicandola, sapendo che Lei è accanto a noi, sempre. Perciò le apparizioni sono come dei segni convalidanti di questa quotidiana esperienza, che ciascuno di noi porta nel cuore e di cui non può dire – forse – esattamente i contorni.

 

D. – I fedeli venerano Maria, soprattutto con il Rosario. Qual è l’importanza di questa preghiera?

 

R. – Il Rosario fa parte di quella preghiera, possiamo dire, ripetitiva e quindi di quella preghiera continua che il Signore chiede e che l’Oriente ed i monaci in particolare hanno espresso. Una preghiera cioè costante per mantenere una costante comunione con il Soprannaturale. Maria è quasi la scala che ci porta a Dio, perché il centro del Rosario è fatto dei Misteri del Figlio Suo e dei Suoi personali Misteri (l’Assunta e la Regalità). Sono al centro del Rosario, soprattutto, le tematiche di fondo del cristianesimo. E’ Gesù il cuore del Rosario e perciò il contemplare il volto di Gesù -  sia quello umano, sia quello trasfigurato della Resurrezione, sia quello ultimo della escatologia del suo ultimo ritorno – è contemplare, quindi, Gesù con gli occhi di Maria: quindi non solo alla scuola di Maria, ma con gli occhi di Maria, quasi immedesimati in Lei. Chi mai ha potuto contemplare il volto di Dio che nasce con gli occhi di questa Madre che non è solo la Madre, ma è la credente nel vero Dio, che si è fatto carne delle sue carni e sognava di vedere come si sarebbe manifestato Dio in mezzo agli uomini, facendosi uomo, perché l’uomo diventasse Dio. Contemplare, dunque, attraverso il Rosario il volto del Signore, i suoi misteri e salire nella conoscenza, salire nell’amore ed immedesimarsi nella comunione.

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CHIESA E SOCIETA’

27 dicembre 2006

 

 

LANCIATO IERI IL PRIMO SITO INTERNET UFFICIALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE RUSSA, WWW.RUSCATHOLIC.RU. PER L’ARCIVESCOVO DELLA MADRE DI DIO A MOSCA, MONS. KONDRUSIEWICZ, SERVIRÀ A VINCERE LA BATTAGLIA CONTRO IL RELATIVISMO

ED AIUTERA’ I RAPPORTI CON LE ALTRE RELIGIONI

MOSCA. = “Un sogno che dopo molto tempo diviene realtà”: così, l’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, ha definito il primo sito internet ufficiale della Conferenza episcopale russa (CCBR), lanciato ieri. Digitando www.ruscatholic.ru, è possibile conoscere le attività della CCBR e quelle della rappresentanza della Santa Sede in Russia, oltre alle informazioni sulle diocesi e le istituzioni educative. Come riferisce AsiaNews, documenti ufficiali dei vescovi saranno pubblicati in seguito, mentre è già prevista una sezione per i bollettini vaticani e per i trattati di teologia. Il segretario generale della CCBR, p. Igor Kovalevsky, è stato nominato editore responsabile. “Spero che questa ottima novità porti frutti abbondanti ed aiuti ad affermare i valori morali, che devono vincere contro il secolarismo, il relativismo e l’ignoranza religiosa”, ha affermato mons. Kondrusiewicz. Secondo l’arcivescovo, “il nuovo sito aiuterà a migliorare i rapporti con le altre confessioni cristiane e con le altre religioni, prima fra tutte la Chiesa russo-ortodossa”. (R.M.)

 

 

MONS. JANUSZ KALETA E’ IL PRIMO VESCOVO DEL KAZAKISTAN OCCIDENTALE.

NEI GIORNI SCORSI, LA CERIMONIA DI INSEDIAMENTO AD ATYRAU,

LA PIÙ PICCOLA DELLE GIURISDIZIONI DELLA CHIESA,

DOVE I CATTOLICI SONO CIRCA L’1 PER MILLE DELLA POPOLAZIONE

 

ATYRAU. = Si è insediato lo scorso 17 dicembre mons. Janusz Kaleta, il primo vescovo del Kazakistan occidentale. Con la sua nomina per l’amministrazione apostolica di Atyrau, importante porto sul Mar Caspio, hanno ora un vescovo tutte le quattro le giurisdizioni cattoliche del Paese. Mons. Kaleta, che ha svolto il ruolo di amministratore apostolico di Atyrau sin dalla sua istituzione, nel 1999, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 23 novembre scorso a Roma dal cardinale Angelo Sodano, già segretario di Stato Vaticano. Nel corso della cerimonia di insediamento, svoltasi ad Atyrau davanti a circa 200 persone nella chiesa della Trasfigurazione di Nostro Signore, il nuovo vescovo ha ringraziato i cattolici ed osservato che “se non ci fossero fedeli, non sarebbero qui necessari né parrocchie né vescovi”. L’amministrazione apostolica di Atyrau ha ora sette sacerdoti e tre suore che si occupano dei 2.600 cattolici presenti in sette parrocchie, su una popolazione di 2,2 milioni di persone. Come popolazione cattolica, è la più piccola delle giurisdizioni della Chiesa, che in Kazakistan conta 250 mila fedeli. (R.M.)

 

 

A 2 ANNI DALLO TSUNAMI NEL SUDEST ASIATICO, GRAN PARTE DEI FONDI

STANZIATI DALLE NAZIONI OCCIDENTALI NON SONO ANCORA STATI SPESI:

LO RIVELA UNO STUDIO DELLA BBC, SECONDO CUI DUE TERZI DELLE PERSONE

COLPITE ASPETTANO ANCORA UN ALLOGGIO PERMANENTE

 

LONDRA. = Nel secondo anniversario dello Tsunami che il 26 dicembre del 2004 ha devastato le coste del sudest asiatico, miliardi di dollari donati da governi, privati ed organizzazioni internazionali devono ancora essere spesi. Lo rivela un  recente studio della BBC, citato da AsiaNews, che sottolinea come due terzi delle persone colpite dallo Tsunami aspettino ancora un alloggio permanente. L’inviato ONU per lo Tsunami, l’ex presidente USA Bill Clinton, ha ammesso che “solo il 30 o il 35 per cento delle vittime è tornata a vivere in case permanenti” ed ha definito la situazione “frustrante”. Secondo le stime ottenute dalla BBC, i database del Dipartimento ONU per l’Aiuto e lo Sviluppo registrano 6,7 miliardi di dollari promessi. Metà di questi - 3,3 miliardi - devono ancora essere stanziati. La Croce Rossa ha ricevuto da tutto il mondo più di 2,2 miliardi di dollari. Secondo le sue stesse cifre, almeno 1,3 miliardi sono ancora fermi in banca. La Croce Rossa ha promesso di costruire 50 mila case permanenti in Indonesia, Sri Lanka e Maldive, ma al momento solo 8 mila risultano completate. La sezione britannica dell’organizzazione ha stretto contratti per costruire oltre 2 mila abitazioni: finora, solo 16 sono terminate. Da parte sua, Johan Scharr, che guida le operazioni relative allo tsunami per conto della Federazione internazionale della Croce Rossa sottolinea che l’organizzazione ha “valutato il danno riparabile in 5 anni: prevedere tempi più corti non è realistico”. Nel frattempo, la ricerca della BBC evidenzia che Spagna e Francia hanno promesso rispettivamente 60 e 79 milioni di sterline ma ne hanno spesi solo 1. Pechino ne aveva garantiti 301, ma ne ha trasferito sempre 1. Gli Stati Uniti hanno investito 70 milioni, ma subito dopo la tragedia ne avevano raccolti 400. E proprio Washington, insieme ad altre 6 Nazioni europee, ha chiesto alla Thailandia di investigare sul furto delle donazioni destinate alle vittime dello Tsunami. Una lettera firmata dagli ambasciatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Finlandia, Francia, Germania, Svezia e Paesi Bassi chiede al capo della polizia thai, il generale Kowit Wattana, di “fare luce sull’uso dei fondi inviati dalle Nazioni occidentali nel Paese”. (R.M.)

 

 

NELLE ZONE COSTIERE DEL KENYA, SONO CIRCA 15 MILA LE BAMBINE COSTRETTE

A PROSTITUIRSI: LO RIVELA UN RAPPORTO DELL’UNICEF, NELL’AMBITO

DI UN PROGRAMMA GOVERNATIVO DI PREVENZIONE DEL TURISMO SESSUALE

 

NAIROBI. = Lo sfruttamento sessuale di bambini e bambine ha raggiunto livelli “terribili” ed è in aumento nelle zone costiere del Kenya: a lanciare l’allarme è l’Unicef, che ieri ha pubblicato un Rapporto sulla prostituzione minorile nel Paese, condotto in collaborazione con il governo kenyota, nell’ambito di un vasto programma di prevenzione e recupero degli abusi e del turismo sessuale. Secondo il Rapporto, sono circa 15 mila le bambine e ragazzine tra i 12 e i 18 anni che saltuariamente si prostituiscono nei quattro distretti costieri del Kenya (Mombasa, Kilifi, Malindi e Kwale): in pratica, il 30% della popolazione della zona in quella fascia d’età. Si stima, inoltre, che altri 2-3 mila bambini e bambine si prostituiscano a tempo pieno, anche nelle stagioni non “turistiche”. Oltre il 10% di loro ha iniziato prima dei 12 anni, il 45% intorno ai 12. Un capitolo dello studio è poi dedicato ai clienti e mostra come il turismo sessuale coinvolga persone di tutte le nazionalità che frequentano il Kenya per turismo. Il 38% di loro sono uomini kenyoti, mentre più della metà sono stranieri: il 18% italiani, il 14% tedeschi, il 12% svizzeri. Seguono ugandesi, tanzaniani, inglesi e arabi sauditi. “E’ duro dover ammettere la realtà di questi fatti di fronte all’opinione pubblica”, ha sottolineato il vicepresidente kenyota, Moody Awori, presentando lo studio congiunto, “ma dobbiamo dire la verità se vogliamo salvare i nostri bambini”. (R.M.)

 

 

NON SI ARRESTA, IN CINA, LO SFRUTTAMENTO DELLA MANODOPERA A BASSO PREZZO PER PRODURRE I GIOCATTOLI DI TUTTO IL MONDO: LO DENUNCIANO

DUE ONG STATUNITENSI, CHE PARLANO DI NUMEROSE VIOLAZIONI DELLA LEGGE,

SPECIE IN OCCASIONE DEL NATALE

 

PECHINO. = Per mantenere costi di produzione competitivi, la Cina deve continuare a disconoscere i diritti primari dei lavoratori: lo denunciano le ONG statunitensi, China Labor Watch e National Labor Committee, che parlano di numerose violazioni della legge, specie in occasione del Natale e dei periodi di maggiore richiesta di giocattoli. Le bambole Bratz, ad esempio, sono costruite in una fabbrica nella Cina meridionale che costringe gli operai a lavorare 94 ore la settimana. Come riferisce AsiaNews, la ditta statunitense MGA Entertainment Inc., che produce le bambole, risponde che non conosce il sub fornitore indicato nel rapporto. Secondo la Camera di Commercio cinese, il Paese produce il 75% dei giocattoli del mondo. Nel solo Guandong ci sono 5 mila delle 8 mila fabbriche di giochi, che nei momenti di grande richiesta occupano 1,5 milioni di operai. Nel 2005, la provincia ha coperto il 78% dei 15,2 miliardi di dollari USA di giocattoli esportati dalla Cina, con un aumento del 10% rispetto al 2004. La Cina è preferita ad altri Paesi, dove il costo del lavoro è inferiore, perché, osserva Tom Debrowski, vice presidente esecutivo per le operazioni globali della Mattel, offre “infrastrutture molto sviluppate, ingegneri preparati, un eccellente sistema di trasporti e un governo favorevole agli investimenti”. Ma l’aumento dei salari e i black out energetici, nonché la minore disponibilità di mano d’opera nella zona, rendono sempre meno conveniente mantenere lì la produzione. Lo scorso luglio, migliaia di operai della Merton Co., nel Guandong meridionale, che fabbrica giochi in plastica per Disney, Mattel, McDonalds e altre ditte USA, hanno organizzato una protesta. Secondo China Labor Watch, erano pagati 72 dollari al mese per 11 ore di lavoro per 6 giorni settimanali, senza compenso per il lavoro straordinario. La paga minima è aumentata del 20% a settembre ed è ora pari a 88 dollari mensili per 8 ore lavorative e 21 giorni mensili. (R.M.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

27 dicembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

In Somalia, violenti combattimenti sono ripresi stamani, a nord di Mogadiscio, tra milizie delle Corti islamiche e truppe governative somale appoggiate da soldati dell’Etiopia. A causa degli scontri, il Programma alimentare mondiale (PAM) ha sospeso le proprie operazioni nel Paese. Intanto, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, riunito martedì per esaminare la situazione in Somalia, non ha trovato un accordo sul testo, proposto dal Qatar, per il ritiro di tutte le forze straniere dallo Stato africano. Sulla situazione in Somalia, ascoltiamo al microfono di Chris Altieri, il vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, mons. Giorgio Bertin:

 

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La situazione è purtroppo precipitata in questi ultimi giorni con l’intervento delle forze etiopiche. I soldati dell’Etiopia, soprattutto in questo ultimo anno, erano già presenti in Somalia. Erano presenti, ufficialmente, come istruttori per l’esercito somalo che si stava riformando. La situazione è precipitata perché da entrambe le parti non si è voluto cercare una vera mediazione. Ognuno ha voluto tutto il potere per sé stesso e, quindi, non ci si poteva aspettare altro che l’attuale situazione. Ora la comunità internazionale può sempre giocare un certo ruolo ed è quello di convincere le parti ad incontrarsi veramente e a discutere avendo come ‘agenda’ il bene della popolazione somala. Purtroppo, quelli che hanno il potere o quelli che cercano il potere sia in nome personale, del clan o di un’ideologia, hanno proprio il potere come primo loro obiettivo. Dovrebbero invece mettere questo potere a servizio della ricostruzione del Paese e della pace. Penso che la comunità internazionale può cercare di spingere ulteriormente le parti in conflitto a sedersi intorno ad un tavolo e a discutere con un chiaro obiettivo: la pace in Somalia.

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In Burkina Faso, sono cessati gli scontri che hanno opposto per più di una settimana polizia ed esercito a Ouagadougou. I tumulti, che hanno provocato la morte di almeno 5 persone, sono scoppiati dopo l’uccisione di un soldato da parte di alcuni agenti. A causa degli scontri, è stato anche annullato, nei giorni scorsi, il summit della Comunità economica dell’Africa occidentale.

 

Il premier israeliano, Ehud Olmert, ha annunciato che l’esercito dello Stato  ebraico  risponderà “solo con azioni mirate” al lancio di razzi da parte di estremisti palestinesi contro il territorio israeliano. Il primo ministro ha anche precisato che Israele non infrangerà il cessate il fuoco. Eventuali reazioni – ha aggiunto – saranno molto limitate. La decisione arriva dopo il lancio di un razzo, la scorsa notte, contro la città di Sderot. L’attacco, rivendicato dalla Jihad islamica, ha provocato il ferimento di due adolescenti israeliani. Nei Territori palestinesi, intanto, il Ministero per le questioni dei prigionieri ha rivelato che sono almeno 11 mila i palestinesi detenuti in Israele. Tra questi, sono reclusi anche 368 minorenni e 120 donne.

 

Timidi colloqui sono ripresi ieri a Beirut, in Libano, tra i leader della maggioranza e quelli dell'opposizione. L’obiettivo è di trovare una soluzione alla crisi politica tra l'opposizione, guidata dal movimento sciita Hezbollah e sostenuta da Siria e Iran, e la maggioranza al governo, appoggiata da Stati Uniti e Unione Europea. Nel Paese dei cedri, intanto, si attende di sapere se il segretario della Lega araba, Amr Moussa, tornerà a Beirut nei prossimi giorni per riprendere la sua missione diplomatica interrotta prima di Natale.

 

Il Parlamento iraniano ha votato stamani una legge che obbliga il governo a rivedere la cooperazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA). La decisione arriva dopo la recente approvazione, da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU, di una risoluzione che prevede sanzioni economiche contro la Repubblica islamica.

 

In Afghanistan, fonti talebane hanno confermato l’uccisione, in un raid aereo americano, di Mohammed Osmani, ritenuto uno stretto collaboratore del capo di Al Qaeda. Le fonti hanno precisato che Osmani è morto il 19 dicembre nella turbolenta provincia meridionale di Helmand, roccaforte talebana. Il mullah Omar aveva indicato Osmani come suo “delfino” nel 2001.

 

Negli Stati Uniti è morto nella notte, all’età di 93 anni, l’ex presidente statunitense, Gerald  Ford, unico capo di Stato americano ad assumere l’incarico senza essere eletto. Ford subentrò, nel 1974, a Richard Nixon, che si era dimesso dopo lo scandalo ‘Watergate’. Un mese dopo la nomina come presidente, concesse ilperdono presidenziale’ a Nixon. Ford è stato anche l’unico vicepresidente non eletto: nel 1973 subentrò al dimissionario Spiro Agnew, che aveva rinunciato alla carica in seguito ad uno scandalo finanziario.

 

Un aereo della ‘British Airways’ con a bordo 343 persone, tra cui il primo ministro britannico Tony Blair, è finito fuori pista all’aeroporto di Miami, in Florida: nessun ferito ma molta paura tra i passeggeri. I servizi segreti statunitensi hanno confermato che il premier britannico e alcuni suoi familiari erano a bordo del jumbo.

 

In Indonesia, due anni dopo lo tsunami che ha devastato il Sud Est asiatico, la parte settentrionale del Paese continua ad essere colpita da piogge torrenziali: fonti locali hanno riferito che è salito ad almeno 109 il numero dei morti provocati, in questi giorni, dalle alluvioni. Le fonti hanno aggiunto che gli sfollati sono oltre 400 mila. La situazione è preoccupante anche in Malaysia, dove le vittime sono 7 e le persone rimaste senza casa più di 90 mila.

 

Nella Polinesia francese Gaston Tong Sang, 57 anni, è stato eletto presidente dal Parlamento. La votazione è stata contestata dal candidato indipendentista, il presidente uscente Oscar Temaru, che ha parlato di “colpo di Stato”. Tong Sang, un polinesiano di origine cinese, ha ottenuto ieri, al secondo turno, 31 voti dei deputati contro 26 preferenze per Temaru. Contro il capo di Stato uscente, era stata votata una mozione di sfiducia lo scorso 13 dicembre.

 

In Italia, il Consiglio dei Ministri varerà, nel pomeriggio, il decreto correttivo del comma 1346, l’emendamento contestato dalla maggioranza, che accorcia i tempi per le prescrizioni dei reati contabili contro la pubblica amministrazione. “E’ chiaro – ha detto il premier Romano Prodi - che noi abbiamo una politica diversa rispetto a quanto contenuto nella norma”. Una politica – ha aggiunto - fondata sulla “responsabilità di fronte al Paese di chi deve amministrare la cosa pubblica”. Il senatore Pietro Fuda, autore della modifica alla finanziaria sui reati contabili, che sarà sottoposta oggi al voto, ha detto che l’emendamento è stato male interpretato.

 

 

 

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