RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 361 - Testo
della trasmissione di mercoledì 27 dicembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il
4 gennaio Benedetto XVI visiterà la Mensa sociale della Caritas diocesana di
Roma a Colle Oppio
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Lanciato ieri il primo sito Internet ufficiale
della Conferenza episcopale russa
Si è
insediato mons. Janusz Kaleta,
primo vescovo del Kazakistan occidentale
In Somalia, ancora scontri tra milizie islamiche e
forze governative appoggiate da truppe etiopi.
Israele
annuncia raid mirati su Gaza se continuerà il lancio di razzi palestinesi
contro lo Stato ebraico
27 dicembre 2006
''L'UNICO MODO DI COSTRUIRE LA PACE NEL MONDO
CONSISTE
NELL'UMILE
E FIDUCIOSA ACCOGLIENZA DEL DONO DI NATALE: L'AMORE''.
COSI’
IL PAPA, OGGI, ALL’UDIENZA GENERALE
Un “clima natalizio pervaso di intima gioia per la nascita
del Salvatore” - secondo le parole di Benedetto XVI – ha fatto da cornice stamane all’udienza generale nell’Aula Paolo VI in Vaticano,
l’ultima di questo anno 2006, la 45 ma, cui hanno
partecipato circa 9 mila fedeli, giunti come sempre da numerosi Paesi per
incontrare il Papa. Il servizio di Roberta Gisotti.
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Risuonano nel nostro animo – ha detto Benedetto XVI - le
parole dell’Evangelista Giovanni, di cui ricorre oggi la memoria: “Et Verbum caro factum est – Il
Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. “Gli uomini di ogni
epoca possono rivivere nella fede” il “mistero di luce” celebrato nel Natale.
Ma una “domanda attraversa questi duemila anni di storia cristiana”: “perché Dio si è fatto uomo?”. La risposta è nel canto degli
angeli sulla grotta di Betlemme: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in
terra agli uomini che egli ama”. “Il Gloria sta a significare – ha spiegato il
Papa – la continuità esistente tra la nascita e la morte di Cristo, tra il
Natale e
“Ed ecco allora il
messaggio del Natale: con la nascita di Gesù, Dio ha manifestato il suo buon
volere verso tutti”.
“E’ dunque l’amore la ragione ultima dell’incarnazione di
Cristo” – ha aggiunto il Santo Padre – riportando la riflessione del teologo von Balthasar: Dio “non è, in primo luogo, potenza assoluta, ma amore assoluto la cui sovranità non si
manifesta nel tenere per sé ciò che gli appartiene, ma nel suo abbandono”:
“Il Dio che
contempliamo nel Presepe è Dio-Amore”.
“Allora - ha osservato Benedetto XVI – l’unico modo di
glorificare Dio e di costruire la pace nel mondo consiste nell’umile e
fiduciosa accoglienza del dono di Natale: l’amore. Il canto degli angeli può
allora diventare una preghiera da ripetere spesso, non soltanto in questo tempo
natalizio”:
“Un inno di lode a
Dio nell’alto dei cieli e una fervente invocazione di pace sulla terra, che si
traduca in un concreto impegno a costruirla con la nostra vita. Questo è
l’impegno che il Natale ci affida”.
Dopo la catechesi, i saluti nelle varie lingue e una
benedizione particolare ai nuovi 55 sacerdoti della Comunità dei Legionari di
Cristo, ordinati il 23 dicembre scorso.
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IL PAPA HA RICEVUTO IL MINISTRO DEGLI ESTERI
IRANIANO MOTTAKI
CHE
GLI CONSEGNA UN MESSAGGIO DEL PRESIDENTE AHMADINEJAD
Al termine
dell’Udienza generale Benedetto XVI ha ricevuto, in una saletta attigua
all’Aula Paolo VI, il ministro degli Esteri iraniano Mottaki,
accompagnato dal vice presidente Mashai, i quali
hanno consegnato al Santo Padre un messaggio del presidente Ahmadinejad. “Nel
corso del colloquio – rende noto
IL
DOLORE DEL PAPA PER LE OLTRE 260 VITTIME DELL’ESPLOSIONE
DI UN OLEODOTTO, IERI A LAGOS, IN NIGERIA.
MIGLIAIA
DI PERSONE HANNO PARTECIPATO OGGI AI FUNERALI
Il Papa ha espresso il proprio profondo cordoglio per le
vittime dell’esplosione di un oleodotto, avvenuta ieri in un popoloso quartiere
di Lagos, in Nigeria. Si parla di oltre 260 morti e numerose case distrutte. In
un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone,
inviato all’arcivescovo di Lagos, il cardinale Anthony
Olubunmi Okogie, Benedetto
XVI assicura la sua “profonda solidarietà” e le sue “ferventi preghiere” perché
Dio possa “donare la pace eterna a quanti sono morti e consolazione e forza ai senzatetto
e ai feriti”. Invoca quindi “i doni divini di saggezza, forza e pace sulle
autorità civili e su quanti sono impegnati nell’opera di soccorso e di
ricostruzione”.
Oggi migliaia di persone hanno assistito alle esequie
delle vittime dell’incidente. La sciagura è stata provocata da un incendio
scoppiato in una condotta, dove alcuni ladri avevano praticato dei fori per
rubare il petrolio. Episodi di questo genere sono purtroppo frequenti nello
Stato africano. Malgrado
IL 4
GENNAIO 2007 BENEDETTO XVI SI RECHERÀ IN VISITA PRESSO
Il prossimo 4 gennaio, Benedetto XVI si recherà in visita
presso
Il Santo Padre, accompagnato dal cardinale vicario Camillo
Ruini, dal vescovo ausiliare del Settore Centro,
mons. Ernesto Mandara, e da mons. Guerino Di Tora, direttore della Caritas, saluterà gli ospiti della
Mensa, incontrerà i volontari, gli operatori della Caritas ed i giovani del
Centro giovanile “Il Centro” che ha sede presso il medesimo edificio.
NOMINE
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo
pastorale dell’arcidiocesi di Concepción, in Cile,
presentata da mons. Antonio Moreno Casamitjana, per raggiunti limiti di età. Il Papa
ha nominato nuovo arcivescovo metropolita di Concepción,
mons. Ricardo Ezzati Andrello,
Salesiano, finora vescovo titolare di
Nominato vescovo di Valdivia il
28 giugno
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Natale 2006. La benedizione Urbi et Orbi di
Benedetto XVI.
Un messaggio di freschezza, di gioia e di speranza
all'umanità gaudente e disperata di oggi.
Servizio estero - Iraq: confermata la condanna a
morte di Saddam Hussein.
Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Degli
Agosti dal titolo "Uno sguardo di compassione sugli umili presi a simbolo
di un'epoca di eroismi": a Tortona la mostra "Domenico e Gerolamo Induno. La storia e la cronaca scritte con il pennello".
Servizio italiano - In rilievo il tema delle
pensioni.
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27 dicembre 2006
MORTE
ANCHE OGGI IN IRAQ DOPO LA SANGUINOSA GIORNATA DI IERI,
IN CUI E’ STATA CONFERMATA LA CONDANNA
CAPITALE A SADDAM HUSSEIN
-
Intervista con Fouad Allam
-
Morte anche oggi in Iraq. Un'autobomba ha ucciso otto
persone e ne ha ferite altre dieci oggi a Talbiya, un distretto di Baghdad, vicino alla roccaforte
sciita di Sadr City. Sostenitori del leader radicale
sciita iracheno Moqtada Sadr
accusano l'esercito americano
di aver ucciso la notte scorsa a Najaf un
dirigente politico locale del movimento,
ma un portavoce del contingente USA smentisce le accuse. Il servizio di Fausta
Speranza:
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Ritrovati nelle ultime 24 ore almeno 40 cadaveri
abbandonati nelle strade o nelle discariche di diversi quartieri della città.
Della situazione generale nel Paese va detto che almeno 70 mila famiglie
irachene hanno
abbandonato la propria casa e si sono spostate in altre zone, alla ricerca di
una maggiore sicurezza, mentre ogni giorno non meno di 3 mila persone lasciano
l'Iraq per stabilirsi nei Paesi vicini. Il presidente degli Stati Uniti, Bush, dopo che il numero di morti americani in Iraq ha superato
quello delle vittime dell’11 settembre, ha fatto sapere di “piangere” ciascuno
dei quasi 3.000 soldati
uccisi, aggiungendo che vigilerà affinché “il loro sacrificio non sia stato
vano”. Guardando alla giornata di ieri, una serie di autobomba hanno seminato morte e distruzione a Baghdad, nei quartieri sciiti come in
quelli sunniti, dopo che la Corte d'appello aveva confermato la condanna a morte inflitta a Saddam Hussein il
5 novembre scorso. L'ex dittatore sarà con ogni probabilità
impiccato entro 30 giorni - come
prevede lo statuto del Tribunale speciale che lo ha processato - nonostante sia
ancora lontana la sentenza di un altro
processo, quello per genocidio, che si è aperto ad agosto. Oggi il ministro
iracheno della Giustizia fa sapere che occorrerà ancora un po’ di tempo” perché Saddam
Hussein venga giustiziato. Numerosi
esponenti politici si sono affrettati a chiedere l'applicazione immediata della
condanna, mentre il governo non ha ancora rilasciato alcun commento,
così come il presidente Jalal Talabani che,
nonostante la sua aperta opposizione alla
pena capitale, dovrebbe ora controfirmare la sentenza, per renderla esecutiva.
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Sui possibili effetti che la condanna a morte di Saddam
Hussein potrebbe avere in Iraq e nei Paesi del mondo arabo Stefano Leszczynski
ha intervistato Fouad Allam,
giornalista iracheno, editorialista del quotidiano La Repubblica:
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R. – E’ certamente un aspetto inedito nella storia dei
governanti dei Paesi arabi islamici ed è anche vero che è la prima volta che un
presidente, per anni al potere, venga condannato a
morte. Questo può, quindi, avere un effetto generale per quanto riguarda il
rapporto tra società e potere nel mondo arabo islamico. Il secondo effetto è
che, purtroppo, questo processo e questa condanna sono avvenuti in un contesto
di guerra e, quindi, mi sembra abbastanza evidente che gli effetti all’interno
dell’Iraq e nella componente sunnita siano quelli di enfatizzare il rapporto
tra sunniti e sciiti, sciiti e curdi, etc.
D. – E’ possibile che la morte di Saddam Hussein impedisca
di avere un simbolo, una speranza di rivincita?
R. – Anche prima della condanna a morte, il fatto stesso
che gran parte della dirigenza del Partito Baath
iracheno fosse stato messo in prigione aveva fatto capire che non potevano un
domani riprendere loro le redini del potere. In realtà il problema vero è che,
con questa condanna, l’inizio di un qualcosa di nuovo e di diverso diventerà
sempre più difficile.
D. – Si è discusso molto anche della natura di questo
Tribunale speciale…
R. – Non si tratta tanto della struttura giuridica, non si
tratta tanto della scelta dei giudici, perché su questo ognuno di noi può
esprimere la propria opinione, ma la cosa rilevante è che si tratta di un
processo che si è tenuto in una situazione di guerra o, se non di guerra dichiarata,
certamente di conflitto permanente. E’ ovvio che questo rende il processo
stesso diverso da quello altrettanto famoso di Norimberga dopo la II Guerra Mondiale.
D. –
Non sembrano essersi levate molte voci nei confronti di questa
sentenza da parte dei leader arabi…
R. – E’ possibile che si abbia paura che il caso iracheno
faccia scuola e che possa essere, quindi, esportabile anche in altri contesti.
Questo pezzo di sistema che muore in Iraq si ha paura che possa morire
definitivamente anche nel resto dei Paesi arabi, di fronte al ruolo e alla
nascita di una potenza, a maggioranza sciita, circondata da elementi sciiti che
vanno oggi dal Libano fino all’Iran.
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ANCORA POLEMICHE PER IL
CASO DEI FUNERALI RELIGIOSI NEGATI
A
PIERGIORGIO WELBY: MONS. DOMENICO SIGALINI SPIEGA IL “NO” DELLA CHIESA
Soltanto l’esito dell’autopsia sul
corpo di Piegiorgio Welby
farà stabilire alla Procura di Roma se archiviare il caso o piuttosto iscrivere
sul registro degli indagati gli eventuali responsabili tra cui Mario Riccio, il
medico che ha sedato Welby prima di procedere al distacco
del respiratore. Non si spengono intanto le polemiche sulla negazione dei funerali
religiosi da parte del Vicariato di Roma. Ascoltiamo in proposito il commento
di mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, al microfono di Fabio Colagrande:
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R. - Io sono convinto che il funerale è un gesto di
preghiera che si fa verso Dio nei confronti di una persona che è deceduta.
Quindi credo che nessuno abbia messo in dubbio che per questa persona si debba
pregare perché il Signore lo accolga. Il problema è stato che questo funerale è
stato fatto diventare una bandiera. Credo che il Vicariato si sia trovato di
fronte a questa situazione, di fronte ad un gesto liturgico che è stato fatto
diventare una bandiera per affermare dei principi contrari alla vita cristiana.
Non ha fatto questo gesto nei confronti di una persona: giudicandolo, mettendosi davanti e al
di sopra di Dio nel giudicare la sua salvezza.
Allora se questo è vero, se il funerale è un gesto che tiene conto di
tutta un’esperienza di comunità, allora non è privatizzabile e assolutamente
non è strumentalizzabile da una ideologia che vuol far
passare con casi dolorosi tutto un suo modo di concepire la vita. Tanto più che
hanno chiesto i funerali soprattutto quelli che non hanno niente a che fare con
la fede e non la vogliono nemmeno, oltre che, evidentemente, la famiglia. Mi
pare che nella Bibbia già Gesù Cristo stigmatizzava il
fatto che c’era gente che faceva morire le persone e poi gli creava dei
monumenti. A me pare che a volte, se non stiamo attenti, rischiamo questo e
anche in questo caso c’è gente che ha voluto a tutti i costi la sua morte e poi
gli hanno voluto fare un monumento. Ciò non toglie, evidentemente, che nelle
chiese si sia pregato per lui e io pure ho pregato per
lui.
D. – Mons. Sigalini, secondo
lei, perché molti, talvolta anche tra i credenti, non hanno capito le
motivazioni di questa scelta?
R. – Perché lentamente noi stiamo mettendo la “sordina” a
tutto. Va bene tutto e
va bene il contrario di tutto. Io mi sarei aspettato, se avessero
fatto i funerali in chiesa, che avrebbero detto sicuramente: “Vedete, la Chiesa
fa tanto baccano sul problema dell’eutanasia e poi alla fine le va bene anche
quella, basta che le danno i soldi del funerale”. Questo sarebbe stato ancora
peggio. Purtroppo l’esperienza della Chiesa è vista sempre come una sorta di
commercio di cose sacre. Invece è un dialogo con Dio profondo e il dialogo con
Dio non può essere soggetto a nessuna di queste strumentalizzazioni. Io ho
dovuto rispondere via e-mail, anche sotto Natale, a dei miei amici che
giustamente si interrogavano e mi dicevano: “Ma io devo dare la stura a tutte
queste lamentele oppure accetto senza ragionare?” No, io dico che bisogna
ragionarci sopra, bisogna vedere veramente che cosa significa questo esasperare
un problema e voler continuamente portare la Chiesa su alcune posizioni per poi
poterla infilzare. Questo mi pare che sia lo stratagemma che stanno usando
tutti quelli che vogliono l’eutanasia, così come lo hanno
usato quando c’era l’aborto. “Ci sono milioni di aborti clandestini”,
dicevano, solo perché non volevano far ragionare la gente, spingendola così a
prendere una decisione soltanto in base alla commozione.
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INIZIA
DOMANI A ZAGABRIA L’INCONTRO EUROPEO DEI GIOVANI
PROMOSSO
DALLA COMUNITA’ DI TAIZÉ. IL MESSAGGIO DEL PAPA:
SIETE
IL SEGNO DELLA SPERANZA IN UNA “UMANITA’ NUOVA,
FONDATA SUL RICONOSCIMENTO DI OGNI PERSONA,
INDIPENDENTEMENTE
DALLA NAZIONALITA’ O DALLA RELIGIONE”
-
Intervista con fratel Richard
-
Inizia domani a Zagabria il XXIX
Incontro europeo dei giovani promosso dalla Comunità ecumenica di Taizé. Sono
attesi in 40 mila nella capitale croata per quel “pellegrinaggio di fiducia
sulla terra” inaugurato da Frère Roger nel 1978 per rilanciare nel mondo la
fraternità universale in Cristo. E’ il secondo appuntamento di fine anno della
Comunità a svolgersi in assenza del suo fondatore, assassinato nell’agosto
dell’anno scorso da una squilibrata. Benedetto XVI, in un messaggio, si dice
sicuro che i giovani di Taizé porteranno il loro “contributo per stabilire
delle relazioni più fraterne, affinché su tutto il pianeta si realizzi
concretamente la famiglia umana, dove ciascuno è accolto e amato per se stesso,
riconosciuto e rispettato come figlio di Dio”. “In questa terra croata, segnata
nel corso degli anni passati da conflitti – scrive il Papa - voi siete un segno eloquente di speranza
e mostrate che voi, i giovani, volete un’umanità nuova, fondata sul riconoscimento
di ogni persona, indipendentemente dalla nazionalità o dalla religione”. E
proprio sul significato di questo pellegrinaggio a Zagabria ascoltiamo la
riflessione di fratel Richard,
della Comunità di Taizé, al microfono di Aldo Sinkovic:
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R. – E’ un segno di speranza. I croati sono venuti agli
incontri europei fin dall’inizio, al tempo della guerra, e adesso è il tempo di
incontrarsi proprio qui e di mostrare questa vita della Chiesa croata, il suo
bel viso, per permettere ai giovani dei Paesi dell’Europa occidentale, e di
tutta Europa, di conoscere una Chiesa che ha sofferto, ma che ha sempre
mantenuto una vitalità sorprendente.
D. – Ha detto un “bel viso”. In che cosa consiste questo
bel viso della Chiesa in Croazia oggi?
R. – Prima di tutto, c’è una grande spontaneità
nell’accoglienza. E’ bello poi vedere molti giovani nelle chiese. Poi, una cosa
interiore, che forse non si vede subito, di cui rimango stupito a volte, è il
sentire delle esperienze di persone che a causa della fede in Cristo hanno
perdonato o sono pronti a perdonare cose difficilissime che hanno vissuto.
Questo forse non lo mostrano subito. Non si può dimenticare tutto ciò che è
successo, ma si può andare avanti, con questo desiderio di costruire un futuro
di fiducia.
D. – I giovani specialmente sono aperti ad un dialogo
ecumenico e interreligioso, che in questa zona è sentito da secoli…
R. – Qua vi sono delle ferite e c’è un passo molto
personale da fare per qualcuno, forse di riconciliazione con il fatto che ci
siano dei vicini ortodossi e dei vicini musulmani. Qui a Zagabria la grande
maggioranza è croata, ma ci sono anche serbi e musulmani. E’ bello vedere come siano amici tra loro, come, nella vita quotidiana, vogliano
vivere insieme e andare avanti.
D. – Purtroppo, il Frère Roger non è più presente in
questa occasione. Qual è il messaggio di questo incontro che pensate di
lanciare?
R. – Frère Alois è stato ad un
incontro di giovani a Calcutta e lì ha scritto una lettera per i giovani, dal
titolo “Lettera da Calcutta”. All’inizio della lettera parla dell’attenzione
quasi naturale portata a Dio da questa società indiana e fa la riflessione che
oggi, nelle nostre società secolarizzate, dobbiamo capire com’era vivere
quest’attenzione così semplice e quasi naturale a Dio. Poi, continua dicendo
che tutti gli uomini compongono una sola famiglia di Dio. Questo è stato un
tema affrontato anche da Frère Roger e che Papa Benedetto XVI ha ripreso nella
sua visita in Turchia. Poi Frère Alois ha parlato di
due cose: l’attenzione a Dio e il rispetto per ogni essere umano. Quando si
risveglia quest’attenzione spontanea e semplice a Dio siamo anche più pronti a
rispettare l’altro e a rispettare ciò che è sacro per ogni persona. Vorremmo,
dunque, che crescesse la fiducia, attraverso questo incontro, sottolineando
questa necessità di oggi di riflettere sull’implicazione dell’unità di tutta la
famiglia umana.
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DA
DOMANI A ROMA, AL TERESIANUM, UN CONVEGNO
SUL TEMA:
‘MARIA, TESTIMONE E SERVA DI DIO-AMORE’
-
Intervista con
padre Ermanno Toniolo -
La figura
di Maria fa da sfondo al mistero del Natale dalla natività fino all’Epifania,
trovando il suo culmine nella solennità del 1° gennaio dedicata alla sua divina
maternità. Allo scopo di approfondire la conoscenza di Maria alla luce dei
Testi Scritturistici e del Magistero della Chiesa, da
27 anni il Centro di Cultura Mariana, in via del Corso a Roma, diretto da padre
Ermanno Toniolo, in collaborazione con le Suore
Figlie della Chiesa, promuove tra Natale e Capodanno un convegno di tre giorni
presso
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R. –
D. – Maria ci guida a Dio, perché
Gesù ha voluto affidarci in particolare a Sua Madre: come?
R. – Maria ci guida a Dio,
anzitutto, con la sua stessa vita. Lei è il modello fondamentale che attira a
sé e verso Dio. Chi guarda Maria, guarda quello che può essere l’amore di Dio
realizzato in Lei, in pienezza assoluta e nella perfezione più bella, ma guarda
anche l’amore umano, che si ridona a Dio, un amore accolto, un amore
restituito, un amore donato in totalità, senza guardare nessun sacrificio, pur
di fare contento l’amato.
D. – Padre Ermanno, Maria - lungo
la storia - si è avvicinata a noi attraverso il fenomeno delle apparizioni o
attraverso altri segni, come quelli delle lacrimazioni come nel caso di
Siracusa. Perché?
R. – Io penso che queste siano
manifestazioni molto piccole.
D. – I fedeli venerano Maria,
soprattutto con il Rosario. Qual è l’importanza di questa preghiera?
R. – Il Rosario fa parte di quella
preghiera, possiamo dire, ripetitiva e quindi di quella preghiera continua che
il Signore chiede e che l’Oriente ed i monaci in particolare hanno espresso.
Una preghiera cioè costante per mantenere una costante comunione con il Soprannaturale.
Maria è quasi la scala che ci porta a Dio, perché il centro del Rosario è fatto
dei Misteri del Figlio Suo e dei Suoi personali Misteri (l’Assunta e
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27 dicembre 2006
LANCIATO IERI IL PRIMO SITO INTERNET UFFICIALE DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE RUSSA, WWW.RUSCATHOLIC.RU. PER L’ARCIVESCOVO DELLA MADRE DI DIO A MOSCA, MONS. KONDRUSIEWICZ, SERVIRÀ A VINCERE LA BATTAGLIA CONTRO IL RELATIVISMO
ED AIUTERA’ I RAPPORTI CON LE ALTRE RELIGIONI
MOSCA. = “Un sogno che dopo molto
tempo diviene realtà”: così, l’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, ha
definito il primo sito internet ufficiale della Conferenza episcopale russa
(CCBR), lanciato ieri. Digitando www.ruscatholic.ru,
è possibile conoscere le attività della CCBR e quelle della
rappresentanza della Santa Sede in Russia, oltre alle informazioni sulle
diocesi e le istituzioni educative. Come riferisce AsiaNews, documenti
ufficiali dei vescovi saranno pubblicati in seguito, mentre è già prevista una
sezione per i bollettini vaticani e per i trattati di teologia. Il segretario
generale della CCBR, p. Igor Kovalevsky, è stato
nominato editore responsabile. “Spero che questa ottima novità porti frutti abbondanti
ed aiuti ad affermare i valori morali, che devono vincere contro il
secolarismo, il relativismo e l’ignoranza religiosa”, ha affermato mons. Kondrusiewicz. Secondo l’arcivescovo, “il nuovo sito
aiuterà a migliorare i rapporti con le altre confessioni cristiane e con le altre religioni, prima fra tutte la Chiesa russo-ortodossa”.
(R.M.)
MONS.
JANUSZ KALETA E’ IL PRIMO VESCOVO DEL KAZAKISTAN OCCIDENTALE.
NEI
GIORNI SCORSI, LA CERIMONIA DI INSEDIAMENTO AD ATYRAU,
LA PIÙ
PICCOLA DELLE GIURISDIZIONI DELLA CHIESA,
DOVE I
CATTOLICI SONO CIRCA L’1 PER MILLE DELLA POPOLAZIONE
ATYRAU. = Si è insediato lo scorso 17 dicembre mons. Janusz Kaleta, il primo vescovo
del Kazakistan occidentale. Con la sua nomina per
l’amministrazione apostolica di Atyrau, importante
porto sul Mar Caspio, hanno ora un
vescovo tutte le quattro le giurisdizioni cattoliche del Paese. Mons. Kaleta, che ha svolto il
ruolo di amministratore apostolico di Atyrau sin
dalla sua istituzione, nel 1999, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 23
novembre scorso a Roma dal cardinale Angelo Sodano, già segretario di Stato
Vaticano. Nel corso della cerimonia di insediamento, svoltasi ad Atyrau davanti a circa 200 persone nella chiesa della
Trasfigurazione di Nostro Signore, il nuovo vescovo ha ringraziato i cattolici
ed osservato che “se non ci fossero fedeli, non sarebbero qui necessari né parrocchie né vescovi”. L’amministrazione
apostolica di Atyrau ha ora sette sacerdoti e tre suore
che si occupano dei 2.600 cattolici presenti in sette parrocchie, su una
popolazione di 2,2 milioni di persone. Come popolazione cattolica, è la più
piccola delle giurisdizioni della Chiesa, che in Kazakistan
conta 250 mila fedeli. (R.M.)
A 2 ANNI DALLO TSUNAMI NEL SUDEST ASIATICO, GRAN
PARTE DEI FONDI
STANZIATI DALLE NAZIONI OCCIDENTALI NON SONO ANCORA STATI SPESI:
LO RIVELA UNO
STUDIO DELLA BBC, SECONDO CUI DUE TERZI DELLE PERSONE
COLPITE
ASPETTANO ANCORA UN ALLOGGIO PERMANENTE
LONDRA. = Nel secondo anniversario dello Tsunami che il 26
dicembre del 2004 ha devastato le coste del sudest asiatico, miliardi di
dollari donati da governi, privati ed organizzazioni internazionali devono
ancora essere spesi. Lo rivela un recente studio della BBC, citato da
AsiaNews, che sottolinea come due terzi delle persone colpite dallo Tsunami aspettino
ancora un alloggio permanente. L’inviato ONU per lo
Tsunami, l’ex presidente USA Bill Clinton,
ha ammesso che “solo il 30 o il 35 per cento delle vittime è tornata a vivere
in case permanenti” ed ha definito la situazione “frustrante”. Secondo le stime
ottenute dalla BBC, i database del Dipartimento ONU per l’Aiuto e lo Sviluppo registrano
6,7 miliardi di dollari promessi. Metà di questi - 3,3 miliardi - devono ancora
essere stanziati. La Croce Rossa ha ricevuto da tutto il mondo più di 2,2
miliardi di dollari. Secondo le sue stesse cifre, almeno 1,3 miliardi sono
ancora fermi in banca. La Croce Rossa ha promesso di costruire 50 mila case
permanenti in Indonesia, Sri Lanka
e Maldive, ma al momento solo 8 mila risultano completate. La sezione
britannica dell’organizzazione ha stretto contratti per costruire oltre 2 mila
abitazioni: finora, solo 16 sono terminate. Da parte sua, Johan
Scharr, che guida le
operazioni relative allo tsunami per conto della Federazione internazionale
della Croce Rossa sottolinea che l’organizzazione ha “valutato il danno
riparabile in 5 anni: prevedere tempi più corti non è realistico”. Nel frattempo,
la ricerca della BBC evidenzia che Spagna e Francia hanno promesso
rispettivamente 60 e 79 milioni di sterline ma ne hanno spesi solo 1. Pechino
ne aveva garantiti 301, ma ne ha trasferito sempre 1. Gli Stati Uniti hanno
investito 70 milioni, ma subito dopo la tragedia ne avevano raccolti 400. E proprio Washington, insieme ad altre 6 Nazioni europee, ha
chiesto alla Thailandia di investigare sul furto delle donazioni destinate alle
vittime dello Tsunami. Una lettera firmata dagli ambasciatori di Stati Uniti,
Gran Bretagna, Finlandia, Francia, Germania, Svezia e Paesi Bassi chiede al
capo della polizia thai, il generale Kowit Wattana, di “fare luce
sull’uso dei fondi inviati dalle Nazioni occidentali nel Paese”. (R.M.)
NELLE ZONE COSTIERE DEL KENYA, SONO CIRCA 15 MILA LE BAMBINE COSTRETTE
A PROSTITUIRSI: LO RIVELA UN RAPPORTO DELL’UNICEF, NELL’AMBITO
DI UN PROGRAMMA GOVERNATIVO DI PREVENZIONE DEL TURISMO SESSUALE
NAIROBI. = Lo sfruttamento sessuale di bambini
e bambine ha raggiunto livelli “terribili” ed è in aumento nelle zone costiere
del Kenya: a lanciare l’allarme è l’Unicef, che ieri
ha pubblicato un Rapporto sulla prostituzione minorile nel Paese, condotto in
collaborazione con il governo kenyota, nell’ambito di
un vasto programma di prevenzione e recupero degli abusi e del turismo
sessuale. Secondo il Rapporto, sono circa 15 mila le bambine e ragazzine tra i
12 e i 18 anni che saltuariamente si prostituiscono nei quattro distretti costieri
del Kenya (Mombasa, Kilifi,
Malindi e Kwale): in
pratica, il 30% della popolazione della zona in quella fascia d’età. Si stima,
inoltre, che altri 2-3 mila bambini e bambine si prostituiscano a tempo pieno,
anche nelle stagioni non “turistiche”. Oltre il 10% di loro ha iniziato prima
dei 12 anni, il 45% intorno ai 12. Un capitolo dello studio è poi dedicato ai
clienti e mostra come il turismo sessuale coinvolga persone di tutte le
nazionalità che frequentano il Kenya per turismo. Il 38% di loro sono uomini kenyoti, mentre più della metà sono stranieri: il 18%
italiani, il 14% tedeschi, il 12% svizzeri. Seguono ugandesi,
tanzaniani, inglesi e arabi sauditi. “E’ duro dover ammettere la realtà di
questi fatti di fronte all’opinione pubblica”, ha sottolineato il
vicepresidente kenyota, Moody
Awori, presentando lo studio congiunto, “ma dobbiamo
dire la verità se vogliamo salvare i nostri bambini”. (R.M.)
NON SI
ARRESTA, IN CINA, LO SFRUTTAMENTO DELLA MANODOPERA A BASSO PREZZO PER PRODURRE
I GIOCATTOLI DI TUTTO IL MONDO: LO DENUNCIANO
DUE
ONG STATUNITENSI, CHE PARLANO DI NUMEROSE VIOLAZIONI DELLA LEGGE,
SPECIE
IN OCCASIONE DEL NATALE
PECHINO. = Per mantenere costi di produzione competitivi, la Cina deve continuare a disconoscere i diritti primari dei
lavoratori: lo denunciano le ONG statunitensi, China Labor
Watch
e National Labor Committee, che parlano di numerose violazioni
della legge, specie in occasione del Natale e dei periodi di maggiore richiesta
di giocattoli. Le bambole Bratz, ad esempio, sono
costruite in una fabbrica nella Cina meridionale che
costringe gli operai a lavorare 94 ore la settimana. Come riferisce AsiaNews,
la ditta statunitense MGA Entertainment Inc.,
che produce le bambole, risponde che non conosce il sub fornitore indicato nel
rapporto. Secondo la Camera di Commercio cinese, il Paese produce il 75% dei
giocattoli del mondo. Nel solo Guandong ci sono
5 mila delle 8 mila fabbriche di giochi, che nei momenti di grande richiesta
occupano 1,5 milioni di operai. Nel 2005, la provincia ha coperto il 78% dei 15,2
miliardi di dollari USA di giocattoli esportati dalla Cina,
con un aumento del 10% rispetto al 2004. La Cina è
preferita ad altri Paesi, dove il costo del lavoro è inferiore, perché, osserva
Tom Debrowski, vice
presidente esecutivo per le operazioni globali della Mattel,
offre “infrastrutture molto sviluppate, ingegneri preparati, un eccellente
sistema di trasporti e un governo favorevole agli investimenti”. Ma
l’aumento dei salari e i black out energetici, nonché la minore disponibilità
di mano d’opera nella zona, rendono sempre meno conveniente mantenere lì la
produzione. Lo scorso luglio, migliaia di operai della Merton Co., nel Guandong meridionale, che
fabbrica giochi in plastica per Disney, Mattel, McDonalds e altre ditte
USA, hanno organizzato una protesta. Secondo China Labor
Watch, erano pagati 72 dollari al mese per 11 ore di lavoro per 6 giorni settimanali, senza
compenso per il lavoro straordinario. La paga minima è aumentata del 20% a
settembre ed è ora pari a 88 dollari mensili per 8 ore lavorative e 21 giorni
mensili. (R.M.)
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27 dicembre 2006
- A cura di Amedeo
Lomonaco -
In Somalia, violenti combattimenti sono
ripresi stamani, a nord di Mogadiscio, tra milizie delle Corti islamiche e
truppe governative somale appoggiate da soldati dell’Etiopia. A causa degli
scontri, il Programma alimentare mondiale (PAM) ha sospeso le proprie operazioni
nel Paese. Intanto, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, riunito martedì per
esaminare la situazione in Somalia, non ha trovato un accordo sul testo,
proposto dal Qatar, per il ritiro di tutte le forze straniere dallo Stato
africano. Sulla situazione in Somalia, ascoltiamo al microfono di Chris Altieri, il vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, mons.
Giorgio Bertin:
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La situazione è purtroppo precipitata in
questi ultimi giorni con l’intervento delle forze etiopiche. I soldati
dell’Etiopia, soprattutto in questo ultimo anno, erano già presenti in Somalia.
Erano presenti, ufficialmente, come istruttori per l’esercito somalo che si
stava riformando. La situazione è precipitata perché da entrambe le parti non
si è voluto cercare una vera mediazione. Ognuno ha voluto tutto il potere per
sé stesso e, quindi, non ci si poteva aspettare altro che l’attuale situazione.
Ora la comunità internazionale può sempre giocare un certo ruolo ed è quello di
convincere le parti ad incontrarsi veramente e a discutere avendo come ‘agenda’ il bene della popolazione somala. Purtroppo, quelli
che hanno il potere o quelli che cercano il potere sia in nome personale, del
clan o di un’ideologia, hanno proprio il potere come primo loro obiettivo.
Dovrebbero invece mettere questo potere a servizio della ricostruzione del
Paese e della pace. Penso che la comunità internazionale può cercare di
spingere ulteriormente le parti in conflitto a sedersi intorno ad un tavolo e a
discutere con un chiaro obiettivo: la pace in Somalia.
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In Burkina Faso, sono cessati gli scontri che hanno opposto per più di
una settimana polizia ed esercito a Ouagadougou. I
tumulti, che hanno provocato la morte di almeno 5 persone, sono scoppiati dopo
l’uccisione di un soldato da parte di alcuni agenti. A causa degli scontri, è
stato anche annullato, nei giorni scorsi, il summit della Comunità economica
dell’Africa occidentale.
Il premier israeliano, Ehud
Olmert, ha annunciato che l’esercito dello Stato ebraico risponderà “solo con azioni mirate” al lancio
di razzi da parte di estremisti palestinesi contro il territorio israeliano. Il
primo ministro ha anche precisato che Israele non infrangerà il cessate il
fuoco. Eventuali reazioni – ha aggiunto – saranno molto limitate. La decisione
arriva dopo il lancio di un razzo, la scorsa notte, contro la città di Sderot. L’attacco, rivendicato dalla Jihad
islamica, ha provocato il ferimento di due adolescenti israeliani. Nei
Territori palestinesi, intanto, il Ministero per le
questioni dei prigionieri ha rivelato che sono almeno 11 mila i palestinesi
detenuti in Israele. Tra questi, sono reclusi anche 368 minorenni e 120 donne.
Timidi colloqui sono ripresi ieri a
Beirut, in Libano, tra i leader della maggioranza e quelli dell'opposizione.
L’obiettivo è di trovare una soluzione alla crisi politica tra l'opposizione,
guidata dal movimento sciita Hezbollah e sostenuta da Siria e Iran, e la maggioranza
al governo, appoggiata da Stati Uniti e Unione Europea. Nel Paese dei cedri,
intanto, si attende di sapere se il segretario della Lega araba, Amr Moussa, tornerà a Beirut nei
prossimi giorni per riprendere la sua missione diplomatica interrotta prima di
Natale.
Il Parlamento iraniano ha votato stamani una
legge che obbliga il governo a rivedere la cooperazione con l’Agenzia
internazionale per l’energia atomica (AIEA). La decisione arriva dopo la
recente approvazione, da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU, di una risoluzione
che prevede sanzioni economiche contro la Repubblica islamica.
In Afghanistan, fonti talebane
hanno confermato l’uccisione, in un raid aereo americano, di Mohammed Osmani, ritenuto uno
stretto collaboratore del capo di Al Qaeda. Le fonti
hanno precisato che Osmani è morto il 19 dicembre
nella turbolenta provincia meridionale di Helmand,
roccaforte talebana. Il mullah Omar aveva indicato Osmani come suo “delfino” nel 2001.
Negli Stati Uniti è morto nella notte, all’età di 93 anni, l’ex
presidente statunitense, Gerald Ford, unico
capo di Stato americano ad assumere l’incarico senza essere eletto. Ford subentrò, nel 1974, a Richard
Nixon, che si era dimesso dopo lo scandalo ‘Watergate’. Un mese dopo la nomina come presidente,
concesse il ‘perdono presidenziale’
a Nixon. Ford è stato anche
l’unico vicepresidente non eletto: nel 1973 subentrò al dimissionario Spiro Agnew, che aveva rinunciato alla carica in seguito ad uno
scandalo finanziario.
Un aereo della ‘British
Airways’ con a bordo 343
persone, tra cui il primo ministro britannico Tony Blair,
è finito fuori pista all’aeroporto di Miami, in Florida: nessun ferito ma molta
paura tra i passeggeri. I servizi segreti statunitensi hanno confermato che il
premier britannico e alcuni suoi familiari erano a bordo del jumbo.
In Indonesia, due anni dopo lo tsunami che ha
devastato il Sud Est asiatico, la parte settentrionale del Paese continua ad
essere colpita da piogge torrenziali: fonti locali hanno riferito che è salito
ad almeno 109 il numero dei morti provocati, in questi giorni, dalle alluvioni.
Le fonti hanno aggiunto che gli sfollati sono oltre 400 mila. La situazione è
preoccupante anche in Malaysia, dove le vittime sono 7 e le persone rimaste
senza casa più di 90 mila.
Nella Polinesia francese Gaston Tong Sang,
57 anni, è stato eletto presidente dal Parlamento. La votazione è stata
contestata dal candidato indipendentista, il presidente uscente Oscar Temaru, che ha parlato di “colpo di Stato”. Tong Sang, un polinesiano di origine
cinese, ha ottenuto ieri, al secondo turno, 31 voti dei deputati contro 26
preferenze per Temaru. Contro il capo di Stato uscente,
era stata votata una mozione di sfiducia lo scorso 13 dicembre.
In Italia, il Consiglio dei Ministri varerà,
nel pomeriggio, il decreto correttivo del comma 1346,
l’emendamento contestato dalla maggioranza, che accorcia i tempi per le prescrizioni
dei reati contabili contro la pubblica amministrazione. “E’ chiaro – ha detto il premier Romano Prodi - che noi abbiamo una politica diversa
rispetto a quanto contenuto nella norma”. Una politica – ha aggiunto - fondata
sulla “responsabilità di fronte al Paese di chi deve amministrare la cosa
pubblica”. Il senatore Pietro Fuda, autore della modifica alla finanziaria sui reati contabili, che
sarà sottoposta oggi al voto, ha detto che l’emendamento è
stato male interpretato.
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