RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 360 - Testo della trasmissione di martedì 26  dicembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nell’odierna Festa di Santo Stefano, il pensiero del Papa all’Angelus verso i cattolici che soffrono gravi tribolazioni e “senza compromessi” restano fedeli alla Sede di Pietro.

 

Natale, il grande dono di Dio all’umanità, che deve farne tesoro: la riflessione di padre Raniero Cantalalmessa

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nella ricorrenza del primo martire della Chiesa, la memoria dei tanti testimoni della fede, che ai nostri giorni hanno perso la vita, in numerosi Paesi di tutto il mondo: ai nostri microfoni padre Bernardo Cervellera e padre Carmine Curci

 

Due anni fa la tragedia dello Tsunami nel Sud Est Asiatico: dalle macerie i frutti della fraternità: intervista con mons. Anicetus Sinaga

 

La critica situazione del Nepal, afflitto da gravi carenze sociali, mentre si aprono speranze per una soluzione politica all’annosa guerriglia maoista, contrapposta all’esercito di Kathmandu: l’analisi di Aldo Daghetta

 

E’ in libreria “Maria. Nuovissimo Dizionario”, pubblicato dai Devoniani, rivolto anche ad ebrei e musulmani: con noi l’autore, il mariologo Stefano De Fiores

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’Unione Europa condanna l’escalation del conflitto in Somalia. Per la Croce Rossa internazionale sarebbero migliaia i profughi

 

Continuare a sostenere i Paesi colpiti dallo Tsunami nel Sud Est Asiatico: la Caritas italiana promuove il progetto “Riannodiamo la speranza – Maremoto Oceano Indiano 2004”

 

Rispettare il commercio equo e la manodopera locale: è il tema della campagna nazionale lanciata dai vescovi dello Zambia. Sotto accusa le imprese straniere che non garantiscono il giusto salario e la necessaria sicurezza ai lavoratori locali

 

In Egitto, l’influenza aviaria continua a colpire: morta una giovane di 15 anni. Si tratta della nona vittima nel Paese nordafricano

 

Appuntamento il 31 dicembre in Piazza San Pietro a Roma per il “Capodanno Alternativo” organizzato dall’Opera Don Orione. Prevista la partecipazione di 500 ragazzi da varie zone d’Italia e Paesi d’Europa

 

Costruire un centro per l’educazione scolastica dei bambini e l’informazione igienico-sanitaria degli adulti: è il progetto dei missionari agostiniani impegnati ad Abuja, in Nigeria

 

24 ORE NEL MONDO:

        Tragedia in Nigeria, esploso stamane un oleodotto, centinaia i morti

 

        In Somalia, il governo somalo offre l’amnistia ai guerriglieri islamici che si sono ritirati, mentre le truppe etiopi avanzano verso Mogadiscio

 

        Triplice attentato Baghdad: almeno 15 le vittime. Le vittime tra i soldati americani nel Paese arabo superano ormai le vittime dell’11 settembre

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 dicembre 2006

 

NELLA FESTA DI SANTO STEFANO, PRIMO MARTIRE, IL PENSIERO DEL PAPA ALL’ANGELUS VERSO I CATTOLICI CHE SOFFRONO GRAVI TRIBOLAZIONI

E “SENZA COMPROMESSI” RESTANO FEDELI ALLA SEDE DI PIETRO

 

Nell’odierna ricorrenza di Santo Stefano, diacono e primo martire, il pensiero particolare del Papa all’Angelus è andato verso quei cattolici che pure soffrendo gravi tribolazioni, restano “senza cedere a compromessi” fermamente fedeli al loro Credo. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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 “Colpisce” – ha detto Benedetto XVI – nel celebrare oggi la festa di Santo Stefano, dopo la solennità del Natale, “il contrasto tra la pace e la gioia di Betlemme ed il dramma di Stefano, lapidato a Gerusalemme nella prima persecuzione contro la Chiesa nascente”.

 

“In realtà, l’apparente stridore viene superato se consideriamo più in profondità il mistero del Natale. Il Bambino Gesù, che giace nella grotta, è l’Unigenito Figlio di Dio fattosi uomo. Egli salverà l’umanità morendo in croce”.

 

“Non caso – ha spiegato il Santo Padre - l’iconografia natalizia rappresentava talvolta il divino Neonato adagiato in un piccolo sarcofago, ad indicare che il Redentore nasce per morire, nasce per dare la vita in riscatto per tutti.

 

E “Santo Stefano fu il primo martire a seguire le orme di Cristo con il martirio; morì, come il divino Maestro, perdonando e pregando per i suoi uccisori”. E dopo di lui ‘la candida schiera dei martiri’, lo stuolo innumerevole di tutti i santi venerati dalla Chiesa nei primi quattro secoli del Cristianesimo.

 

“La loro morte non incuteva paura e tristezza, ma entusiasmo spirituale che suscitava sempre nuovi cristiani”.

 

Dunque “per i credenti, - ha sottolineato il Papa - il giorno della morte, ed ancor più il giorno del martirio, non è la fine di tutto, bensì iltransito’ verso la vita immortale, è il giorno della nascita definitiva.

 

“Si comprende allora il legame che esiste tra ildies natalis’ di Cristo e il dies natalis di Santo Stefano. Se Gesù non fosse nato sulla terra, gli uomini non avrebbero potuto nascere al Cielo. Proprio perchè Cristo è nato, noi possiamo ‘rinascere’!”.

 

Poi il richiamo a Maria che “soffrì anche Lei un martirio interiore”. “ A questa Madre che ha conosciuto la gioia della nascita e lo strazio della morte del suo divin Figlio”, Benedetto XVI ha affidato “quanti sono perseguitati e soffrono, in vario modo, per testimoniare il Vangelo”.

 

“Con speciale vicinanza spirituale, penso anche a quei cattolici che mantengono la propria fedeltà alla Sede di Pietro senza cedere a compromessi, a volte anche a prezzo di gravi sofferenze. Tutta la Chiesa ne ammira l’esempio e prega perché essi abbiano la forza di perseverare, sapendo che le loro tribolazioni sono fonte di vittoria, anche se al momento possono sembrare un fallimento”.

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NATALE, IL GRANDE DONO DI DIO ALL’UMANITA’, CHE DEVE FARNE TESORO

- Intervista con il padre Raniero Cantalamessa -

 

Le feste natalizie, un’occasione per riflettere – al di là delle tradizioni esteriori – sul significato della nostra vita, soprattutto per i cristiani la consapevolezza di ricevere dentro di noi il dono di Gesù, e di esprimere la nostra gratitudine a Dio e al mondo. Ascoltiamo in proposito la riflessione di padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, raccolta da Luca Collodi.

 

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R. - Io credo che aldilà di quello che avviene intorno a noi l’importante è che il Natale sia vero per i cristiani e fare il Natale fa parte del mistero, nel senso che significa far nascere di nuovo Gesù, non solo all’esterno nei Presepi e nei simboli, significa farlo nascere nel proprio cuore, fargli spazio nel proprio cuore non è un’idea, una suggestione, un’idea poetica, è la realtà, fa parte del mistero cristiano di credere che Gesù nasce per fede nel cuore di chiunque lo accoglie e crede in lui. Quindi prepararsi al Natale significa prima di tutto fare un certo spazio e silenzio. Gesù nacque nel silenzio, la Bibbia dice che la parola di Dio scese mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, quindi un po’ di silenzio in qualche modo, trovare qualche spazio andando in Chiesa perché in Chiesa, c’è un sottrarsi alle preoccupazioni, al chiasso e poi soprattutto siamo ricondotti al punto di riuscire a trovarsi solo sotto lo sguardo di Dio e dare realtà dentro di sé all’atto di fede. Una mistica diceva una ricetta molto bella, molto semplice: raccogliersi in unità e inabissarsi nell’infinito che è Dio. In questo caso l’infinito è il mistero di Dio che nasce tra noi.

 

D. - Questo percorso può essere aiutato da momenti di spiritualità, lei lo ha ricordato all’interno delle Chiese ma anche a casa, in famiglia, per esempio davanti al presepio...

 

R. - Non solo davanti al Presepio, guardando gli effetti tecnici del Presepio e magari le statuine che si muovono, la neve che cade. Naturalmente questa è una delizia per i bambini che non bisogna assolutamente togliere, però i grandi bisognerebbe che sostassero un momento davanti ad una bella e sobria rappresentazione del presepio e pensassero qualche frase della Bibbia, per esempio San Giovanni: Dio ha tanto amato il mondo da dare a noi suo figlio unigenito. Quindi riflettere su cosa significa questo paradosso che è solo dei cristiani, che sconvolge la mente: che Dio, l’Infinito, l’Eccelso, quello che è tre volte Santo, ha voluto venire in mezzo a noi, ha voluto parlarci di persona, facendosi bambino come noi.  Quanto fa bene questo pensiero, che ci sottrae un po’ all’invadenza del consumismo e alle cose che passano poi, perché tutti noi facciamo il chiasso, le feste, per stordirci e non pensare che il tempo scorre.

D. - Padre Cantalamessa, il Natale è anche il momento in cui ci scambiamo i regali, è il momento in cui la famiglia si ritrova davanti all’albero di Natale e il presepio. Ecco, questo fatto di scambiarci i regali non può essere anche un elemento positivo di attenzione all’altro?

 

R. - Certamente lo è, perché è un modo per ricordare il dono supremo che Dio ha fatto al mondo dando il suo Figlio, perché il Natale è il grande regalo di Dio all’umanità. Forse dove bisognerebbe cambiare è la qualità dei regali. Il dono non è tanto il valore in sé commerciale, è l’affetto, è la circostanza, l’atmosfera in cui si fa il dono, per cui una piccola cosa fatta con semplicità, fatta con amore, accompagnata da un bigliettino, in cui si dicono delle parole belle, delle parole di pace, può significare molto di più che una pelliccia. Certamente i regali vanno mantenuti, però bisogna ripensare un certo modo dei regali.

 

D. - Per concludere, padre Cantalalmessa, il Natale può essere veramente una occasione per l’uomo per riflettere non solo su se stesso, ma sul proprio percorso spirituale...

 

R. – Sì, speriamo solo che il Natale di quest’anno porti qualcosa di questa atmosfera di pace. Ricordiamo che il Natale è un annuncio di pace: pace tra il Cielo e la Terra, pace tra gli uomini, ne abbiamo tanto bisogno. Quindi mi auguro proprio che la pace scenda dal Cielo.

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 dicembre 2006

 

NELLA RICORRENZA DEL PRIMO MARTIRE DELLA CHIESA,

LA MEMORIA DEI TANTI TESTIMONI DELLA FEDE, CHE AI NOSTRI GIORNI

HANNO PERSO LA VITA, IN NUMEROSI PAESI DI TUTTO IL MONDO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Una Chiesa che annuncia e che testimonia il Vangelo fino a versare il sangue dei martiri, ieri come oggi. Ed anche questo anno 2006 ha visto il sacrificio estremo di alcuni testimoni della fede, in diverse parti del mondo. Particolarmente critica la situazione in Asia, dove in molti Paesi, numerosi conflitti interetnici e interreligiosi, e scontri armati tra governi e ribelli, e tra fazioni politiche mettono ogni giorno a dura prova la vita delle popolazioni e con loro dei missionari e dei cristiani. Ma da dove arrivano le minacce più gravi in Asia? Lo abbiamo chiesto a padre Bernardo Cervellera, direttore dell’Agenzia “AsiaNews”.

 

R. – Le due grandi correnti di persecuzione dei cristiani in Asia derivano da una parte dal fondamentalismo islamico, e qualche volta anche dal fondamentalismo indù, in India, e dall’altra invece da una statolatria, cioè da un controllo da parte dello Stato nei confronti delle religioni e dei cristiani in particolare. Mi riferisco soprattutto alla Cina e alla Nord Corea. Dal punto di vista del fondamentalismo islamico bisogna ricordare appunto il martirio di don Andrea Santoro in Turchia, che è stato un fatto molto fecondo, perché ha permesso a tutta la comunità internazionale di verificare di più il cammino della Turchia e poi ha dato un segno di cambiamento, almeno iniziale, con l’accoglienza del Papa, quando il Papa ha fatto questo viaggio. Non possiamo dimenticarci, però, dei grandi problemi che ci sono per i cristiani, sia come libertà di espressione, sia anche come persecuzione in Pakistan, in particolare, dove ci sono studenti cristiani che vengono costretti a diventare musulmani, donne che vengono rapite e imprigionate per costringerle a diventare musulmane e violenze varie, come bruciature di chiese, distruzioni di scuole e così via.

 

D. – Sicuramente ai nostri giorni stiamo assistendo ad una progressiva politicizzazione della religione…

 

R. – Sì, certo. L’integralismo islamico vuole affermare un regno, un sultanato islamico, una “colonizzazione”, un regime islamico un po’ ovunque nel mondo o per lo meno nell’Asia centrale, nell’Asia del sud est asiatico e in Medio Oriente. Quindi, questo crea tantissimi problemi. E’ un’utilizzazione dell’islam dal punto di vista politico. E’ anche vero che però molti Stati, anche moderati, dal punto di vista islamico, di fronte alla pressione del fondamentalismo, non riescono a fare il passaggio di una difesa delle minoranze. Questo per esempio in Iran, ma anche in Giordania, crea tanti problemi. Non dimentichiamo poi la grande piaga dell’Arabia Saudita, dove per i cristiani non c’è possibilità di avere nemmeno una chiesa, nemmeno un luogo privato di incontro, perchè è proibito assolutamente tutto questo.

 

Altro Continente dove il martirio è quotidiano, l’Africa, come ci spiega padre Carmine Cucci, direttore della rivista “Nigrizia”

 

R. – Stiamo sempre più notando che stanno crescendo le aree di crisi, quindi le aree a rischio. Pensiamo in modo particolare al Darfur, in Sudan, alla Repubblica Centrafricana, alla Somalia, alla Costa d’Avorio, anche al nord del Congo, alla parte di Chivu, alla Nigeria, nel Delta Niger e al Nord Uganda. Sono tutti luoghi dove i missionari e la Chiesa cattolica è presente. La caratteristica importante della presenza della Chiesa è che nonostante gli inviti delle organizzazioni non governative e dei governi di lasciare quei posti, perchè a rischio, restano. A volte la domanda che ci si pone è: “Queste persone che restano e che muoiono possono essere considerati martiri?” Il martirio ha oggi questo significato: condividere con la gente fino alla fine l’opzione cristiana e la testimonianza radicale.

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DUE ANNI FA LA TRAGEDIA DELLO TSUNAMI NEL SUD EST ASIATICO:

DALLE MACERIE I FRUTTI DELLA FRATERNITA’

- Intervista con mons. Anicetus Sinaga -

 

Il 26 dicembre del 2004 la tragedia dello Tsunami nel Sud Est asiatico. Dopo due anni esatti un terremoto di 7,2 gradi della Scala Richter ha investito stamane Taiwan, generando un’onda anomala alta circa un metro, che si starebbe dirigendo verso le Filippine. Al momento non si hanno notizie di vittime. E sempre nel Sud Est asiatico, le piogge monsoniche hanno provocato nei giorni scorsi  gravi inondazioni, soprattutto in Indonesia e in Malaysia, dove gli ultimi bilanci parlano di almeno 67 morti e circa 200 mila dispersi. Drammi, questi, che riaprono la profonda ferita del 2004, quando il maremoto raggiunse India, Indonesia, Malaysia, Maldive, Myanmar, Somalia, Sri Lanka e Thailandia. Il Paese più colpito fu l’Indonesia, con oltre 200 mila morti. In molte zone l’emergenza rimane tuttora, nonostante tanto sia stato fatto grazie agli aiuti internazionali. Proprio in Indonesia, al momento dell’emergenza, in prima linea nei soccorsi si schierarono - a fianco dei musulmani - anche tante comunità cristiane. Da allora la collaborazione è cresciuta di molto. Ce ne parla mons. Anicetus Sinaga, vescovo coadiutore di Mèdan, in Indonesia, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – Le condizioni stanno migliorando. Possiamo vivere in maniera più umana. Anche le relazioni tra le persone nella comunità, la fraternità, migliora. Per riabilitare la situazione occorreranno ancora credo cinque anni. Possiamo fare bene.

 

D. – Intorno a lei cosa vede? Cosa sta cambiando?

 

R. – La situazione sta cambiando anche per i musulmani. Adesso noi viviamo insieme, non ci sono più difficoltà tra i cristiani e tra i musulmani…

 

D. – Quindi, sono nate delle collaborazioni?

 

R. – Sì, adesso c’è un certo senso di fraternità, un certo senso di umanità. Stiamo pensando di fare un piccolo ospedale ad Aceh. Coloro che vogliono e che cercano di realizzarlo dicono: “Siete, soprattutto adesso, nostri fratelli”.

 

D. – Negli occhi di tutti rimane l’immagine di quei bambini cui la violenza delle acque aveva strappato i genitori. Che azioni sono state intraprese?

 

R. – Abbiamo aiutato gli asili nido dei bambini. Continuano a mandarci i bambini…

 

D. – Quindi, stanno venendo anche dei bambini musulmani nelle vostre scuole?

 

R. – Sì, all’asilo, alle elementari, alle medie… I cattolici sono solo il 4 per cento. Gli altri sono musulmani.

 

D. – Come state vivendo questi giorni di festa del Natale, di Santo Stefano, della fine dell’anno, con alle spalle, due anni fa, la tragedia dello Tsunami?

 

R. – La situazione in tutto il Paese sta migliorando, abbiamo, però, ancora paura del terrorismo. Vorrei dire allora che la religione è pace. Lo Tsunami per me non rappresenta solo il pericolo, ma anche la grazia, che è l’altra parte della medaglia.

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LA CRITICA SITUAZIONE DEL NEPAL, AFFLITTO DA GRAVI CARENZE SOCIALI,

MENTRE SI APRONO SPERANZE PER UNA SOLUZIONE POLITICA

 ALL’ANNOSA GUERRIGLIA MAOISTA, CONTRAPPOSTA ALL’ESERCITO DI KATHMANDU

- Intervista con Aldo Daghetta -

 

In Nepal mancano aiuti e strutture per combattere la mortalità infantile e delle madri, ma anche per fare fronte a eventuali disastri naturali. È la denuncia della Federazione internazionale della Croce Rossa, che in un recente rapporto spiega come nel Paese - in 10 anni di guerriglia maoista - siano morti oltre 30mila neonati e 5mila madri per cause non legate agli scontri tra ribelli ed Esercito di Kathmandu. Sul fronte politico, nelle ultime settimane, si sono registrati sviluppi positivi: maoisti e autorità hanno infatti raggiunto un'intesa su una Costituzione provvisoria che include un cambio al vertice dello Stato, occupato fino ad oggi dal re Gyanendra. Ma qual è l’attuale situazione sociale del Nepal? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Aldo Daghetta, responsabile comunicazione di Pangea, Fondazione che ha progetti di sviluppo in Nepal:

 

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R. – E’ un sistema basato sulle caste. E’ un sistema in cui ogni bambino, appena esce, nasce Dalit, piuttosto che Paria, piuttosto che Brahmino. Inoltre, una grande divisione sociale è quella tra uomo e donna. Vige di fatto una tradizione patriarcale fortissima, che vede la donna messa all’ultimo posto, nel senso che la funzione femminile è essenzialmente una funzione di procreazione, di assistenza e cura dei figli e di impegno in tutti quelli che sono i lavori più pesanti. L’agricoltura viene portata avanti in buona parte dalle donne.

 

D. – Un rapporto della Croce Rossa ha rivelato che il Paese non ha adeguati aiuti e strutture per combattere per esempio la mortalità infantile o quella delle madri oppure i disastri naturali…

 

R. – E’ vero e lo si è visto anche recentemente, durante le alluvioni che ci sono state in un’area sudorientale. Rispecchia quello che è il sistema politico e l’organizzazione dello Stato del Nepal, che essendo diviso in diverse aree del Paese, vive una situazione di enorme disagio, di disorganizzazione e di insicurezza. L’organizzazione sanitaria, nelle città un poco più avanzate - in realtà l’80 per cento del Paese è su un territorio agricolo o montuoso - è molto, molto più difficile che avvenga. Teniamo presente che per esempio nel distretto di Jang, dove lavora la fondazione Pangea Onlus, con un progetto che mette proprio al centro le donne come elemento di sviluppo, il dottore più vicino al villaggio in cui noi lavoriamo è a sei ore di macchina. Quindi, diciamo che serve un grosso intervento da parte della comunità internazionale, un intervento di sviluppo, però, non di semplice assistenza.

 

D. – Molti Paesi asiatici stanno rinascendo grazie a progetti di microcredito. C’è stato il premio Nobel per la pace di quest’anno. A che punto è il Nepal in questa prospettiva?

 

R. – Da questo punto di vista è abbastanza avanzato – relativamente - rispetto ad altri Paesi come l’Afghanistan, il Pakistan, anche se è ad un livello molto basilare.

 

D. – Il Nepal è stato percorso da oltre dieci anni di ribellione maoista. Ora governo e ribelli si sono accordati per una Costituzione provvisoria, che porterà ad un cambio al vertice dello Stato. Che prospettive ci sono per il Paese?

 

R. – Da un punto di vista politico e sociale ed anche economico per il Nepal sono buone, nel senso che è il miglior momento, negli ultimi tre anni. Quindi, adesso, il prossimo mese, dovrebbero iniziare i lavori della Costituente. C’è un’enorme speranza, concrete basi per avere una certezza, che si possa veramente cominciare un processo di pace, anche se ci sono ancora dei problemi da risolvere, come per esempio il disarmo da parte delle forze maoiste, che dovrebbe essere garantito dalle forze delle Nazioni Unite. Al momento, però, non si sono ancora pronunciate sull’invio di una forza di interposizione.

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E’ IN LIBRERIA DA QUALCHE GIORNO “MARIA. NUOVISSIMO DIZIONARIO”.

L’OPERA, DUE VOLUMI DEL MARIOLOGO STEFANO DE FIORES,

PUBBLICATA DAI DEHONIANI, SI RIVOLGE ANCHE AD EBREI E MUSULMANI

ED OFFRE UN’AMPIA ANALISI SULLA FIGURA DELLA VERGINE

- Intervista con padre Stefano De Fiores -

 

Trent’anni di studio e di lavoro: tanti ne ha dedicati il mariologo monfortano padre Stefano De Fiores a “Maria. Nuovissimo Dizionario”, una pubblicazione delle Edizioni Dehoniane in due volumi che fa conoscere la figura della Madre di Dio sotto diversi aspetti. L’opera, che conta circa 2 mila pagine, raccoglie 51 voci e fra quelle tradizionali si aggiungono l’impegno sociale, le apparizioni, la pace, i giovani. Tiziana Campisi ha chiesto all’autore quali novità offre questo dizionario sulla Vergine:

 

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R. - Questo dizionario offre la novità di vedere e presentare Maria sia in relazione alla Bibbia, che in relazione alla vita e alla cultura di oggi.

 

D. – Che cosa non conosciamo ancora di Maria e che cosa ci rivelano gli studi più recenti di Lei?

 

R. – Non possiamo mai conoscere totalmente Maria perché Maria è un mistero, tanto più che in Maria c’è l’azione grande di Dio: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”. C’è la concezione verginale, poi senz’altro anche la fede di Maria che è una grande opera che Dio ha compiuto in Lei. E, poi, la pienezza di grazia e tutto il cammino di Maria, la sua perseveranza fino alla croce e fino alla Pentecoste, sono tutte opere di Dio che dobbiamo progressivamente scoprire. Tuttavia, ogni epoca è capace di dare una definizione di Maria; ultimamente è stata data questa definizione: “Maria: una sintesi di valori”, in quanto in ogni cultura Maria riassume i valori di quella cultura. Per valori intendiamo delle realtà che hanno un’incidenza nella nostra vita personale, esistenziale, quindi non solamente delle verità ma delle verità vitali.

 

D. – Lei indirizza questo dizionario anche a musulmani ed ebrei?

 

R. – Sì perché è giusto che loro sappiano che cosa pensa veramente la fede cristiana e in questo dizionario c’è la fedeltà a tutta la tradizione della Chiesa, però non una tradizione fossilizzata ma una tradizione vivificata dall’incontro con le culture. Quindi una fedeltà ‘dinamica’ alla tradizione della Chiesa, che poi fa appunto riferimento alla Parola di Dio. Quindi questo è per loro una specie di catechismo vivente. Maria è il catechismo vivente, ma qui c’è proprio questa illustrazione in modo che leggendo questo testo sanno quello che la Chiesa cattolica pensa e che ha pensato lungo il corso di tutti questi secoli cristiani.

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CHIESA E SOCIETA’

26 dicembre 2006

 

L’UNIONE EUROPEA CONDANNA L’ESCALATION DEL CONFLITTO IN SOMALIA.

PER LA CROCE ROSSA INTERNAZIONALE, SAREBBERO MIGLIAIA I PROFUGHI

 

NAIROBI. = Il moltiplicarsi degli scontri in Somalia preoccupa anche l’Unione Europea: “Condanno con la maggior fermezza possibile l’escalation del conflitto somalo che sembra sfociare in una guerra totale”, ha dichiarato ieri il commissario europeo responsabile per lo sviluppo e gli aiuti umanitari Louis Michel. Riferendosi, inoltre, alla formalizzazione della presenza etiopica in Somalia a difesa del governo di transizione locale, Michel ha espresso “la più profonda preoccupazione per l’intervento di forze internazionali” sul territorio ed ha chiesto a tutte le diplomazie di intervenire affinché siano evitati ulteriori allargamenti del conflitto. Anche la Finlandia, Paese presidente di turno dell’Unione Europea, ha condannato i bombardamenti effettuati nei giorni scorsi dai ‘caccia’ etiopici e gli scambi di artiglieria pesante “che possono coinvolgere la popolazione civile”. Intanto, secondo i dati riferiti dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, sarebbero migliaia i profughi che si sono già riversati sulle strade. Per questo, il CICR cercherà di inviare il 28 dicembre in Somalia un aereo con aiuti medici a bordo. (I.P.)

 

 

CONTINUARE A SOSTENERE I PAESI CHE IL 26 DICEMBRE DI DUE ANNI FA

 SONO STATI COLPITI DALLO TSUNAMI NEL SUDEST ASIATICO:

 CON QUESTO INTENTO, LA  CARITAS ITALIANA PROMUOVE

IL PROGETTO “RIANNODIAMO LA SPERANZA – MAREMOTO OCEANO INDIANO 2004”

 

ROMA.= Il progetto si chiama “Riannodiamo la speranza – Maremoto Oceano Indiano 2004” ed è stato promosso dalla Caritas italiana con la collaborazione della Protezione civile. Lo scopo è continuare a sostenere i Paesi che il 26 dicembre del 2004 sono stati colpiti dallo Tsunami nel Sud Est asiatico. Per il 2007, l’organi-zzazione lancia una nuova sfida: definire e rafforzare strategie di prevenzione per evitare il ripetersi di catastrofi simili, attraverso programmi di difesa e gestione dei disastri naturali. Sono circa 300 mila le persone morte nel maremoto di due anni fa: da allora, la Caritas è impegnata costantemente nel portare avanti programmi di ricostruzione, assistenza e sviluppo, investendo quasi 32 milioni di euro raccolti grazie all’aiuto di 47 mila donatori e di 10 operatori presenti sul posto. “Molte ferite si stanno rimarginando, anche se i problemi rimangono numerosi”, osserva Paolo Beccegato, responsabile del settore internazionale della Caritas italiana. In questi due anni, grazie alle attività della Caritas, sono stati allestiti in Indonesia, Sri lanka, India, Thailandia, Myanmar, Maldive, Somalia e Kenya ben 11.500 alloggi temporanei; ricostruite 19 mila abitazioni; promossi programmi di formazione professionale per 15 mila giovani. (A.D.F.)

 

 

RISPETTARE IL COMMERCIO EQUO E LA MANODOPERA LOCALE:

 È IL TEMA DELLA CAMPAGNA NAZIONALE LANCIATA DAI VESCOVI DELLO ZAMBIA.

SOTTO ACCUSA LE IMPRESE STRANIERE OPERANTI NEL PAESE

CHE NON GARANTISCONO IL GIUSTO SALARIO

E LA NECESSARIA SICUREZZA AI LAVORATORI LOCALI

 

LUSAKA. = Occorre rispettare i principi del commercio equo e i diritti elementari della manodopera locale: è quanto chiedono i vescovi dello Zambia, che hanno lanciato una campagna nazionale sull’argomento. Sotto accusa le numerose imprese straniere operanti nel Paese che non garantiscono ai lavoratori zambiani salari e standard minimi di sicurezza. Insieme al Consiglio ecumenico delle Chiese e alla Chiesa evangelica, i vescovi hanno sottoscritto un appello al governo del Presidente Levy Mwanawasa perché vengano stipulati accordi commerciali “che non danneggino la produzione e l’occupazione nello Zambia”. “Un commercio giusto implica che le regole del commercio antepongano le persone e il rispetto dell’ambiente al profitto”,  si legge nel testo che sollecita leggi più severe per la trasparenza e responsabilità negli scambi commerciali. La recente cancellazione di 2,7 miliardi di dollari di debito concessa dalla Banca Mondiale allo Zambia, proseguono i leader religiosi, “potrà produrre effetti duraturi sugli allarmanti livelli di povertà nel Paese solo a condizione che sia associata ad una riforma delle attuali regole del commercio locale e internazionale”. Di qui anche l’appello ai Paesi industrializzati a rimuovere quelle barriere che continuano a ostacolare, nei fatti, l’accesso al mercato internazionale dei prodotti dei Paesi poveri. Padre Joe Komakoma, segretario generale della Conferenza episcopale dello Zambia, ha confermato all’agenzia Cns la necessità di un maggiore controllo sulle attività delle compagnie straniere a tutela dei salari e della sicurezza dei lavoratori locali. Il sacerdote sottolinea, in particolare, il problema del licenziamento prima della scadenza di sei mesi di attività, “quando scatta automaticamente il diritto all’assistenza medica, all’alloggio e al trasporto”. (I.P.-L.Z.)

 

 

IN EGITTO, L’INFLUENZA AVIARIA CONTINUA A COLPIRE :

MORTA UNA GIOVANE DI 15 ANNI. SI TRATTA DELLA NONA VITTIMA NEL PAESE

 

IL CAIRO. = Il virus H5N1, responsabile dell’influenza aviaria, non arresta la sua corsa e fa registrare un’altra vittima. Si tratta di una giovane egiziana di 15 anni, morta ieri in un ospedale del Cairo. Lo ha annunciato il ministero della Sanità egiziano, spiegando che la ragazza era stata ricoverata il 20 dicembre a Gharbiya, nel delta del Nilo. Tre giorni dopo, era stata trasferita nella capitale, dove è spirata per arresto cardiaco. Con la sua morte, sale a nove il numero di persone uccise in Egitto dal virus H5N1. Almeno 147, invece,  le vittime in tutto il mondo dal 20003, anno del primo decesso umano per influenza aviaria, avvenuto in Cina. (I.P.)

 

 

APPUNTAMENTO IL 31 DICEMBRE IN PIAZZA SAN PIETRO, A ROMA,

PER IL “CAPODANNO ALTERNATIVO”, ORGANIZZATO DALL’OPERA DON ORIONE.

PREVISTA LA PARTECIPAZIONE DI 500 RAGAZZI

PROVENIENTI DA VARIE ZONE D’ITALIA E D’EUROPA

 

ROMA.= Sono 500 i ragazzi, provenienti dall’Italia e da molti Paesi europei, che si sono dati appuntamento a Roma per trascorrere un “capodanno alternativo”, dedicato a Benedetto XVI. L'iniziativa, promossa dall’Opera Don Orione e giunta quest’anno alla sua XIV edizione, prenderà il via il 29 dicembre e si concluderà il 1° gennaio 2007. “Il programma delle giornate - spiega don Silvestro Sowizdrzal, consigliere generale con delega alla pastorale giovanile, citato dall’agenzia Sir - è denso di appuntamenti”. Si parte il 29 dicembre pomeriggio con l’accoglienza dei partecipanti; il 30 dicembre, giornata dedicata a un percorso ideale “Sulle orme di Pietro e Paolo”, tra arte, storia e fede alla scoperta delle nostre radici; il 31 dicembre, la veglia della sera; chiusura il 1° gennaio con la Messa celebrata nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia, che sarà presieduta dal direttore generale dell’Opera Don Orione, don Flavio Peloso. “Quest'anno - conclude don Sowizdrzal - abbiamo adesioni anche dalla Polonia, dall'Irlanda, dalla Spagna e dall'Olanda. È il segno della necessità da parte delle giovani generazioni di riappropriarsi delle tradizioni, di quei valori autentici, che la nostra società consumistica ha nascosto dietro il business". (A.D.F.)

 

 

COSTRUIRE UN CENTRO DI FORMAZIONE PER OFFRIRE EDUCAZIONE SCOLASTICA

AI BAMBINI E INFORMAZIONE IGIENICO-SANITARIA AGLI ADULTI: È IL PROGETTO

 DEI MISSIONARI AGOSTINIANI IMPEGNATI AD ABUJA, IN NIGERIA

 

ABUJA. = Educazione per i bambini, formazione per i docenti, informazione per gli adulti sui temi igienico-sanitari, in particolare sui pericoli dell’Aids: con questo triplice obiettivo, i missionari Agostiniani impegnati ad Abuja, capitale della Nigeria, ristruttureranno il St. Augustine’s Nursey & Primary School. Attualmente l’edificio, situato nel sobborgo di Maraba-Gurku, si presenta come una struttura fatiscente in legno, suddivisa in tanti piccoli ambienti che ospitano 500 studenti, assistiti da 50 insegnanti. Il progetto viene portato avanti grazie al sostegno dell’associazione Apurimac e prevede anche la costruzione, sempre a Maraba-Gurku, di una scuola residenziale che ospiterà 600 ragazzi. Infine, nella città di Jos, nel centro del Paese, sorgerà un centro di assistenza per donne e bambini che vivono in condizioni malsane e di povertà assoluta. (I.P.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

26 dicembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Isabella Piro -

 

Drammatico incidente in Nigeria, dove stamani è esploso un oleodotto. Secondo un bilancio provvisorio, le vittime sarebbero centinaia. Il nostro servizio: 
 
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Teatro della tragedia, la città di Lagos, capitale economica del Paese, e precisamente il rione settentrionale di Abule Egba. A causare l’esplosione sarebbe stato un incidente: le vittime si erano precipitate per raccogliere fusti di carburante da una conduttura nella quale durante la notte i ladri avevano aperto una falla. Secondo un primo bilancio, fornito dal direttore della Croce Rossa, le vittime accertate sarebbero circa 40, ma il numero è destinato drammaticamente a crescere. Si pensa infatti a 500 morti, anche perché i soccorsi sono ostacolati da una densa cappa di fumo che si sprigiona con le fiamme. Negli ultimi anni, sarebbero almeno 2000 i nigeriani morti in episodi analoghi: l’ultimo di essi risale a maggio e ha provocato 150 vittime. Per prevenire nuove tragedie, il governo locale aveva annunciato nuove misure di protezione delle rete per il trasporto del greggio. La Nigeria, lo ricordiamo, è uno dei primi Paesi al mondo produttore di petrolio, anche se il 75% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
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Restiamo in Nigeria, dove i tre ostaggi italiani in mano ad un gruppo di ribelli hanno avuto un colloquio telefonico con i loro familiari, rassicurandoli sul loro stato di salute. Lo ha riferito il ministero degli Esteri italiano, la cui unità di crisi mantiene stretti contatti con i parenti dei tre dipendenti della compagnia petrolifera Agip, rapiti in Nigeria lo scorso 7 dicembre.

 

In Somalia continuano a soffiare venti di guerra: truppe etiopi, inviate nel Paese per sostenere il governo somalo, avanzano verso Mogadiscio. Sull’altro fronte, le milizie islamiche, che accusano l’Etiopia di aver invaso la Somalia, si sono ritirate da diverse postazioni. Sul versante politico, il primo ministro etiope ha reso noto poco fa che i morti causati dagli scontri sono più di mille e i feriti oltre tremila. Il fragile governo somalo cerca, intanto, di evitare l’acuirsi del conflitto. Il nostro servizio:

 

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Il governo somalo ha chiesto alle forze islamiche di arrendersi offrendo, in cambio, l’amnistia. L’esecutivo somalo ha precisato che i guerriglieri islamici non saranno perseguitati per il loro credo religioso se deporranno le armi e se non si opporranno al governo riconosciuto come legittimo dalla comunità internazionale. Un portavoce dell’esecutivo ha reso noto, inoltre, che truppe dell’Etiopia stanno avanzando verso Mogadiscio e potrebbero conquistarla entro 24 - 48 ore. La situazione sul terreno resta, dunque, molto tesa: secondo diverse fonti, l’Eritrea avrebbe allertato infatti circa 2.000 soldati per sostenere i guerriglieri islamici. Il vicepresidente dell’Unione Africana ha dichiarato che l’Etiopia può intervenire militarmente in Somalia, perché “è diritto di ogni Paese prendere le misure necessarie per difendersi contro quanti arrechino minacce alla sua sovranità”. Sulla crisi somala, che potrebbe scatenare drammatiche ripercussioni in tutta la regione del Corno d’Africa, l’Unione Africana ha fissato un incontro per domani. Mercoledì prossimo è previsto poi, ad Addis Abeba, una riunione della Lega Araba. Sulle cause che hanno spinto il governo etiope ad intervenire in Somalia, ascoltiamo padre Gaetano Cazzola, missionario dei Padri Bianchi in Etiopia, raggiunto telefonicamente ad Addis Abeba:

 

R. – Il governo etiope teme i movimenti islamici, che potrebbero influenzare anche i gruppi islamici presenti in Etiopia. Il governo ha dichiarato che sta intervenendo per proteggere la sua frontiera.

 

D. – I giornali locali parlano di questa situazione oppure viene ignorata?

 

R. – Ne parlano moltissimo; anche il primo ministro, ieri, ha parlato pubblicamente alla televisione e alla radio, dicendo che “stanno intervenendo per difendersi”.

 

D. – C’è il rischio di estendere il conflitto e di renderlo ancora più drammatico?

 

R. – Certo, c’è questo rischio. Quello che si è appreso è che coloro che sostengono i movimenti islamici sono, in realtà, molti stranieri; sono molti soldati venuti dal Sudan, dall’Arabia Saudita e da tante altre parti. L’Etiopia è il Paese più grande, più forte e più armato della zona ed è sostenuto anche da potenze straniere e questo gli fa fare un po’ come ilguardiano’ del Corno dell’Africa.

 

D. – La grande paura non è, dunque, solo quella di una guerra tra Etiopia e milizie islamiche, ma anche tra Etiopia ed Eritrea?

 

R. – Sì, c’è questa paura che poi ci sia qualche influenza. Già i rapporti con l’Eritrea sono chiusi, non ci sono né rapporti né relazioni, e c’è quindi la paura che attraverso la Somalia possa scoppiare di nuovo una guerra C’è questo rischio, sì.

 

D. – La comunità cristiana etiopica, come vive questo momento purtroppo di tensione?

 

R. – Preghiamo. Natale è il momento della pace e dell’amore e quindi speriamo che si avveri l’augurio di pace e che si trovi una soluzione pacifica, senza arrivare ad una guerra. La guerra non risolve nessun problema!

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E’ di almeno 15 morti e 40 feriti il bilancio del triplice attentato avvenuto questa mattina in Iraq, nel quartiere al Bayya di Baghdad. L’attacco è stato compiuto con tre autobomba fatte esplodere contemporaneamente in una zona molto trafficata. Altri 3 bambini di 12 anni sono morti e 6 sono rimasti feriti a Kirkuk, nel nord del Paese, quando un ordigno è esploso accanto ad una scolaresca. Intanto, secondo dati dell’Associated Press, il numero dei militari americani uccisi nel Paese del Golfo ha superato quello delle vittime dell’11 settembre 2001. In Iraq, infatti, sono caduti 2.974 soldati, mentre negli attentati di 5 anni fa sono scomparse 2.973 persone.

 

Un morto e due feriti. E’ il bilancio dell’attentato avvenuto, questa mattina, all’aeroporto di Peshawar, nel Pakistan nord-occidentale. Fonti locali hanno riferito che un’autobomba è esplosa questa mattina vicino all'entrata dello scalo, affollato per l’arrivo di un volo proveniente da Dubai. Al momento, l’attacco non è stato ancora rivendicato. Il governo di Islamabad ha annunciato, intanto che il Pakistan erigerà una barriera alla frontiera con l'Afghanistan, creando anche dei campi minati per impedire infiltrazioni di ribelli.

 

Dopo dieci anni, Israele ricomincerà a costruire colonie in Cisgiordania. Il ministero della Difesa ha dato via libera, infatti, ad un piano per la costruzione di 30 abitazioni, destinate agli sfollati dalla Striscia di Gaza. L’ultima volta che le autorità israeliane avevano autorizzato la costruzione di insediamenti in Cisgiordania era stato nel 1992. Da allora, avevano autorizzato solo l’ampliamento di colonie già esistenti.

 

A febbraio, l’Iran lancerà la prima fase di produzione di combustibile nucleare per il fabbisogno industriale. Lo ha annunciato il viceministro iraniano degli Esteri, Mehdi Mostafavi. Intanto, dopo l’approvazione delle sanzioni da parte dell’Onu, il ministro del Petrolio Kazem Vaziri-Hameneh ha affermato che, per il momento, Teheran non ha intenzione di bloccare le esportazioni di greggio, ma che il Paese “utilizzerà tutte le armi per difendersi, se necessario”. Attualmente, l’Iran è il quarto produttore mondiale di petrolio e il secondo, nell’Opec, dopo l’Arabia Saudita.

 

E’ stata fissata per l’11 febbraio 2007 la data delle elezioni presidenziali in Turkmenistan, dopo la scomparsa dell’ex presidente a vita Sapurmarat Niazov, morto il 21 dicembre scorso senza designare alcun successore. Lo rende noto l’agenzia Interfax, attribuendo la decisione al Consiglio popolare del Turkmenistan, Assemblea composta da responsabili politici e capo clan.

 

Comincia dal Cile la missione in America Latina del ministro degli Esteri italiano, Massimo D’Alema, che visiterà anche Brasile e Perù. Obiettivo del viaggio: ribadire che l’Italia ambisce ad essere un punto di riferimento degli interessi dei Paesi latinoamericani in Europa. Il responsabile della Farnesina incontrerà i presidenti dei tre Paesi, Bachelet, Lula Da Silva e Garcia. In particolare, in Brasile rivedrà lo stato dei rapporti bilaterali, mentre a Lima firmerà un’intesa sulla riconversione del debito peruviano.

 

 

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