RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 360 - Testo
della trasmissione di martedì 26 dicembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Tragedia in Nigeria, esploso stamane un oleodotto, centinaia i morti
In Somalia, il governo somalo offre
l’amnistia ai guerriglieri islamici che si sono ritirati, mentre le truppe
etiopi avanzano verso Mogadiscio
Triplice attentato Baghdad: almeno 15 le
vittime. Le vittime tra i soldati americani nel Paese arabo superano ormai le
vittime dell’11 settembre
26 dicembre 2006
NELLA FESTA DI SANTO STEFANO, PRIMO MARTIRE, IL
PENSIERO DEL PAPA ALL’ANGELUS VERSO I CATTOLICI CHE SOFFRONO GRAVI TRIBOLAZIONI
E “SENZA COMPROMESSI” RESTANO
FEDELI ALLA SEDE DI PIETRO
Nell’odierna ricorrenza di Santo
Stefano, diacono e primo martire, il pensiero particolare del Papa all’Angelus
è andato verso quei cattolici che pure soffrendo gravi tribolazioni, restano
“senza cedere a compromessi” fermamente fedeli al loro Credo. Il servizio di
Roberta Gisotti:
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“Colpisce” – ha detto Benedetto XVI – nel
celebrare oggi la festa di Santo Stefano, dopo la solennità del Natale, “il
contrasto tra la pace e la gioia di Betlemme ed il dramma di Stefano, lapidato
a Gerusalemme nella prima persecuzione contro
“In realtà, l’apparente stridore viene
superato se consideriamo più in profondità il mistero del Natale. Il Bambino
Gesù, che giace nella grotta, è l’Unigenito Figlio di Dio fattosi uomo. Egli
salverà l’umanità morendo in croce”.
“Non caso – ha spiegato il Santo
Padre - l’iconografia natalizia rappresentava talvolta il divino Neonato
adagiato in un piccolo sarcofago, ad indicare che il Redentore nasce per morire, nasce per dare la vita
in riscatto per tutti.”
E “Santo Stefano fu il primo
martire a seguire le orme di Cristo con il martirio; morì, come il divino
Maestro, perdonando e pregando per i suoi uccisori”. E dopo di lui ‘la candida
schiera dei martiri’, lo stuolo innumerevole di tutti
i santi venerati dalla Chiesa nei primi quattro secoli del Cristianesimo.
“La loro morte non incuteva paura e tristezza, ma
entusiasmo spirituale che suscitava sempre nuovi cristiani”.
Dunque “per i credenti, - ha
sottolineato il Papa - il giorno della morte, ed ancor più il giorno del
martirio, non è la fine di tutto, bensì il ‘transito’
verso la vita immortale, è il giorno della nascita definitiva.
“Si comprende allora il legame che esiste tra il ‘dies natalis’
di Cristo e il dies natalis di
Santo Stefano. Se Gesù non fosse nato sulla terra, gli uomini non avrebbero potuto nascere al Cielo. Proprio perchè Cristo è
nato, noi possiamo ‘rinascere’!”.
Poi il richiamo a Maria che
“soffrì anche Lei un martirio interiore”. “ A questa Madre che ha conosciuto la
gioia della nascita e lo strazio della morte del suo divin
Figlio”, Benedetto XVI ha affidato “quanti sono perseguitati e soffrono, in
vario modo, per testimoniare il Vangelo”.
“Con speciale vicinanza spirituale, penso anche a quei cattolici che
mantengono la propria fedeltà alla Sede di Pietro senza cedere a compromessi, a
volte anche a prezzo di gravi sofferenze. Tutta
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NATALE, IL GRANDE DONO DI
DIO ALL’UMANITA’, CHE DEVE FARNE TESORO
- Intervista con il padre Raniero Cantalamessa -
Le feste natalizie, un’occasione
per riflettere – al di là delle tradizioni esteriori – sul significato della
nostra vita, soprattutto per i cristiani la consapevolezza di ricevere dentro
di noi il dono di Gesù, e di esprimere la nostra gratitudine a Dio e al mondo.
Ascoltiamo in proposito la riflessione di padre Raniero Cantalamessa,
predicatore della Casa Pontificia, raccolta da Luca Collodi.
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R. - Io credo che aldilà di
quello che avviene intorno a noi l’importante è che il Natale sia vero per i
cristiani e fare il Natale fa parte del mistero, nel senso che significa far
nascere di nuovo Gesù, non solo all’esterno nei Presepi e nei simboli,
significa farlo nascere nel proprio cuore, fargli spazio nel proprio cuore non
è un’idea, una suggestione, un’idea poetica, è la realtà, fa parte del mistero
cristiano di credere che Gesù nasce per fede nel cuore di chiunque lo accoglie
e crede in lui. Quindi prepararsi al Natale significa prima di tutto fare un
certo spazio e silenzio. Gesù nacque nel silenzio,
D. - Questo percorso può essere
aiutato da momenti di spiritualità, lei lo ha ricordato all’interno delle
Chiese ma anche a casa, in famiglia, per esempio davanti al presepio...
R. - Non solo davanti al
Presepio, guardando gli effetti tecnici del Presepio e magari le statuine che
si muovono, la neve che cade. Naturalmente questa è una delizia per i bambini
che non bisogna assolutamente togliere, però i grandi bisognerebbe che
sostassero un momento davanti ad una bella e sobria rappresentazione del
presepio e pensassero qualche frase della Bibbia, per esempio San Giovanni: Dio
ha tanto amato il mondo da dare a noi suo figlio unigenito. Quindi riflettere
su cosa significa questo paradosso che è solo dei cristiani, che sconvolge la
mente: che Dio, l’Infinito, l’Eccelso, quello che è tre volte Santo, ha voluto venire in mezzo a noi, ha voluto parlarci di
persona, facendosi bambino come noi.
Quanto fa bene questo pensiero, che ci sottrae un po’ all’invadenza del
consumismo e alle cose che passano poi, perché tutti noi facciamo il chiasso,
le feste, per stordirci e non pensare che il tempo scorre.
D. - Padre Cantalamessa,
il Natale è anche il momento in cui ci scambiamo i regali, è il momento in cui
la famiglia si ritrova davanti all’albero di Natale e il presepio. Ecco, questo
fatto di scambiarci i regali non può essere anche un elemento positivo di
attenzione all’altro?
R. - Certamente lo è, perché è
un modo per ricordare il dono supremo che Dio ha fatto al mondo dando il suo
Figlio, perché il Natale è il grande regalo di Dio all’umanità. Forse dove
bisognerebbe cambiare è la qualità dei regali. Il dono non è tanto il valore in
sé commerciale, è l’affetto, è la circostanza, l’atmosfera in cui si fa il
dono, per cui una piccola cosa fatta con semplicità,
fatta con amore, accompagnata da un bigliettino, in cui si dicono delle parole
belle, delle parole di pace, può significare molto di più che una pelliccia.
Certamente i regali vanno mantenuti, però bisogna ripensare un certo modo dei
regali.
D. - Per concludere, padre
Cantalalmessa, il Natale può essere veramente una occasione
per l’uomo per riflettere non solo su se stesso, ma sul proprio percorso
spirituale...
R. – Sì, speriamo solo che il
Natale di quest’anno porti qualcosa di questa atmosfera di pace. Ricordiamo che
il Natale è un annuncio di pace: pace tra il Cielo e
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26 dicembre 2006
NELLA RICORRENZA DEL PRIMO MARTIRE DELLA CHIESA,
LA MEMORIA DEI TANTI TESTIMONI DELLA
FEDE, CHE AI NOSTRI GIORNI
HANNO PERSO LA VITA, IN NUMEROSI PAESI DI TUTTO IL
MONDO
- Servizio di Roberta Gisotti -
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Una Chiesa che annuncia e che
testimonia il Vangelo fino a versare il sangue dei martiri, ieri come oggi. Ed
anche questo anno
R. – Le due grandi correnti di
persecuzione dei cristiani in Asia derivano da una parte dal fondamentalismo
islamico, e qualche volta anche dal fondamentalismo indù, in India, e
dall’altra invece da una statolatria, cioè da un controllo da parte dello Stato
nei confronti delle religioni e dei cristiani in particolare. Mi riferisco
soprattutto alla Cina e alla Nord Corea. Dal punto di vista del fondamentalismo
islamico bisogna ricordare appunto il martirio di don Andrea Santoro in
Turchia, che è stato un fatto molto fecondo, perché ha permesso a tutta la
comunità internazionale di verificare di più il cammino della Turchia e poi ha
dato un segno di cambiamento, almeno iniziale, con l’accoglienza del Papa,
quando il Papa ha fatto questo viaggio. Non possiamo dimenticarci, però, dei
grandi problemi che ci sono per i cristiani, sia come libertà di espressione,
sia anche come persecuzione in Pakistan, in particolare, dove ci sono studenti
cristiani che vengono costretti a diventare musulmani, donne che vengono rapite
e imprigionate per costringerle a diventare musulmane e violenze varie, come
bruciature di chiese, distruzioni di scuole e così via.
D. – Sicuramente ai nostri
giorni stiamo assistendo ad una progressiva politicizzazione della religione…
R. – Sì, certo. L’integralismo
islamico vuole affermare un regno, un sultanato islamico, una “colonizzazione”,
un regime islamico un po’ ovunque nel mondo o per lo meno nell’Asia centrale,
nell’Asia del sud est asiatico e in Medio Oriente. Quindi, questo crea tantissimi
problemi. E’ un’utilizzazione dell’islam dal punto di vista politico. E’ anche
vero che però molti Stati, anche moderati, dal punto di vista islamico, di
fronte alla pressione del fondamentalismo, non riescono a fare il passaggio di
una difesa delle minoranze. Questo per esempio in Iran, ma anche in Giordania,
crea tanti problemi. Non dimentichiamo poi la grande piaga dell’Arabia Saudita,
dove per i cristiani non c’è possibilità di avere nemmeno una chiesa, nemmeno
un luogo privato di incontro, perchè è proibito assolutamente tutto questo.
Altro Continente dove il
martirio è quotidiano, l’Africa, come ci spiega padre Carmine Cucci, direttore
della rivista “Nigrizia”
R. – Stiamo sempre più notando
che stanno crescendo le aree di crisi, quindi le aree a rischio. Pensiamo in
modo particolare al Darfur, in Sudan, alla Repubblica Centrafricana,
alla Somalia, alla Costa d’Avorio, anche al nord del Congo, alla parte di Chivu, alla Nigeria, nel Delta Niger e al Nord Uganda. Sono
tutti luoghi dove i missionari e la Chiesa cattolica è presente. La
caratteristica importante della presenza della Chiesa è che nonostante gli
inviti delle organizzazioni non governative e dei governi di lasciare quei
posti, perchè a rischio, restano. A volte la domanda che ci si pone è: “Queste
persone che restano e che muoiono possono essere considerati martiri?” Il
martirio ha oggi questo significato: condividere con la gente fino alla fine
l’opzione cristiana e la testimonianza radicale.
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DUE ANNI FA
DALLE MACERIE I FRUTTI DELLA
FRATERNITA’
- Intervista con mons. Anicetus
Sinaga -
Il 26 dicembre del 2004 la
tragedia dello Tsunami nel Sud Est asiatico. Dopo due anni esatti un terremoto
di 7,2 gradi della Scala Richter ha investito stamane
Taiwan, generando un’onda anomala alta circa un metro, che si starebbe
dirigendo verso le Filippine. Al momento non si hanno notizie di vittime. E
sempre nel Sud Est asiatico, le piogge monsoniche hanno provocato nei giorni
scorsi gravi inondazioni, soprattutto in
Indonesia e in Malaysia, dove gli ultimi bilanci parlano di almeno 67 morti e
circa 200 mila dispersi. Drammi, questi, che riaprono la profonda ferita del
2004, quando il maremoto raggiunse India, Indonesia, Malaysia, Maldive, Myanmar,
Somalia, Sri Lanka e
Thailandia. Il Paese più colpito fu l’Indonesia, con oltre 200 mila morti. In
molte zone l’emergenza rimane tuttora, nonostante tanto sia stato fatto grazie
agli aiuti internazionali. Proprio in Indonesia, al momento dell’emergenza, in
prima linea nei soccorsi si schierarono - a fianco dei musulmani - anche tante
comunità cristiane. Da allora la collaborazione è cresciuta di molto. Ce ne
parla mons. Anicetus Sinaga, vescovo
coadiutore di Mèdan, in Indonesia, intervistato da
Giada Aquilino:
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R. –
Le condizioni stanno migliorando. Possiamo vivere in maniera più umana. Anche
le relazioni tra le persone nella comunità, la fraternità, migliora. Per
riabilitare la situazione occorreranno ancora credo cinque anni. Possiamo fare
bene.
D. –
Intorno a lei cosa vede? Cosa sta cambiando?
R. –
La situazione sta cambiando anche per i musulmani. Adesso noi viviamo insieme,
non ci sono più difficoltà tra i cristiani e tra i musulmani…
D. –
Quindi, sono nate delle collaborazioni?
R. –
Sì, adesso c’è un certo senso di fraternità, un certo senso di umanità. Stiamo
pensando di fare un piccolo ospedale ad Aceh. Coloro
che vogliono e che cercano di realizzarlo dicono: “Siete, soprattutto adesso,
nostri fratelli”.
D. –
Negli occhi di tutti rimane l’immagine di quei bambini cui la violenza delle
acque aveva strappato i genitori. Che azioni sono state intraprese?
R. –
Abbiamo aiutato gli asili nido dei bambini. Continuano a mandarci i bambini…
D. –
Quindi, stanno venendo anche dei bambini musulmani nelle vostre scuole?
R. –
Sì, all’asilo, alle elementari, alle medie… I cattolici sono solo il 4 per
cento. Gli altri sono musulmani.
D. –
Come state vivendo questi giorni di festa del Natale, di Santo Stefano, della
fine dell’anno, con alle spalle, due anni fa, la
tragedia dello Tsunami?
R. –
La situazione in tutto il Paese sta migliorando, abbiamo, però, ancora paura
del terrorismo. Vorrei dire allora che la religione è pace. Lo Tsunami per me
non rappresenta solo il pericolo, ma anche la grazia, che è l’altra parte della
medaglia.
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MENTRE SI APRONO SPERANZE PER
UNA SOLUZIONE POLITICA
ALL’ANNOSA
GUERRIGLIA MAOISTA, CONTRAPPOSTA ALL’ESERCITO DI KATHMANDU
- Intervista con Aldo Daghetta
-
In Nepal mancano aiuti e strutture
per combattere la mortalità infantile e delle madri, ma anche per fare fronte a
eventuali disastri naturali. È la denuncia della Federazione internazionale
della Croce Rossa, che in un recente rapporto spiega come nel Paese - in 10
anni di guerriglia maoista - siano morti oltre 30mila neonati e 5mila madri per
cause non legate agli scontri tra ribelli ed Esercito di Kathmandu.
Sul fronte politico, nelle ultime settimane, si sono registrati sviluppi positivi:
maoisti e autorità hanno infatti raggiunto un'intesa
su una Costituzione provvisoria che include un cambio al vertice dello Stato,
occupato fino ad oggi dal re Gyanendra. Ma qual è
l’attuale situazione sociale del Nepal? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Aldo Daghetta, responsabile comunicazione di Pangea,
Fondazione che ha progetti di sviluppo in Nepal:
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R. –
E’ un sistema basato sulle caste. E’ un sistema in cui ogni bambino, appena
esce, nasce Dalit, piuttosto che Paria, piuttosto che
Brahmino. Inoltre, una grande divisione sociale è
quella tra uomo e donna. Vige di fatto una tradizione patriarcale fortissima,
che vede la donna messa all’ultimo posto, nel senso che la funzione femminile è
essenzialmente una funzione di procreazione, di assistenza e cura dei figli e
di impegno in tutti quelli che sono i lavori più pesanti. L’agricoltura viene
portata avanti in buona parte dalle donne.
D. –
Un rapporto della Croce Rossa ha rivelato che il Paese non ha adeguati aiuti e
strutture per combattere per esempio la mortalità infantile o quella delle
madri oppure i disastri naturali…
R. –
E’ vero e lo si è visto anche recentemente, durante le alluvioni che ci sono
state in un’area sudorientale. Rispecchia quello che è il sistema politico e
l’organizzazione dello Stato del Nepal, che essendo diviso in diverse aree del
Paese, vive una situazione di enorme disagio, di disorganizzazione e di
insicurezza. L’organizzazione sanitaria, nelle città un poco più avanzate - in
realtà l’80 per cento del Paese è su un territorio agricolo o montuoso - è
molto, molto più difficile che avvenga. Teniamo presente che per esempio nel
distretto di Jang, dove lavora la fondazione Pangea Onlus, con un progetto che mette proprio al centro
le donne come elemento di sviluppo, il dottore più vicino al villaggio in cui
noi lavoriamo è a sei ore di macchina. Quindi, diciamo che serve un grosso
intervento da parte della comunità internazionale, un intervento di sviluppo,
però, non di semplice assistenza.
D. –
Molti Paesi asiatici stanno rinascendo grazie a progetti di microcredito. C’è
stato il premio Nobel per la pace di quest’anno. A che punto è il Nepal in
questa prospettiva?
R. –
Da questo punto di vista è abbastanza avanzato – relativamente - rispetto ad
altri Paesi come l’Afghanistan, il Pakistan, anche se è ad un livello molto
basilare.
D. –
Il Nepal è stato percorso da oltre dieci anni di ribellione maoista. Ora
governo e ribelli si sono accordati per una Costituzione provvisoria, che
porterà ad un cambio al vertice dello Stato. Che prospettive ci sono per il
Paese?
R. –
Da un punto di vista politico e sociale ed anche economico per il Nepal sono
buone, nel senso che è il miglior momento, negli ultimi tre anni. Quindi,
adesso, il prossimo mese, dovrebbero iniziare i lavori della Costituente. C’è
un’enorme speranza, concrete basi per avere una certezza, che si possa
veramente cominciare un processo di pace, anche se ci sono ancora dei problemi
da risolvere, come per esempio il disarmo da parte delle forze maoiste, che dovrebbe
essere garantito dalle forze delle Nazioni Unite. Al momento, però, non si sono
ancora pronunciate sull’invio di una forza di interposizione.
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E’ IN LIBRERIA DA QUALCHE GIORNO “MARIA. NUOVISSIMO
DIZIONARIO”.
L’OPERA, DUE VOLUMI DEL MARIOLOGO
STEFANO DE FIORES,
PUBBLICATA DAI DEHONIANI, SI RIVOLGE ANCHE AD EBREI E
MUSULMANI
ED OFFRE UN’AMPIA ANALISI SULLA FIGURA DELLA VERGINE
- Intervista con padre Stefano De Fiores -
Trent’anni di
studio e di lavoro: tanti ne ha dedicati il mariologo
monfortano padre Stefano De Fiores
a “Maria. Nuovissimo Dizionario”, una pubblicazione delle Edizioni Dehoniane in due volumi che fa conoscere la figura della
Madre di Dio sotto diversi aspetti. L’opera, che conta circa 2 mila pagine,
raccoglie 51 voci e fra quelle tradizionali si aggiungono l’impegno sociale, le
apparizioni, la pace, i giovani. Tiziana Campisi ha
chiesto all’autore quali novità offre questo dizionario sulla Vergine:
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R. - Questo dizionario offre la
novità di vedere e presentare Maria sia in relazione alla Bibbia, che in
relazione alla vita e alla cultura di oggi.
D. – Che cosa non conosciamo
ancora di Maria e che cosa ci rivelano gli studi più recenti di Lei?
R. – Non possiamo mai conoscere
totalmente Maria perché Maria è un mistero, tanto più che in Maria c’è l’azione
grande di Dio: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”. C’è la concezione
verginale, poi senz’altro anche la fede di Maria che è una grande opera che Dio
ha compiuto in Lei. E, poi, la pienezza di grazia e tutto il cammino di Maria,
la sua perseveranza fino alla croce e fino alla Pentecoste, sono tutte opere di
Dio che dobbiamo progressivamente scoprire. Tuttavia, ogni epoca è capace di
dare una definizione di Maria; ultimamente è stata data questa definizione: “Maria:
una sintesi di valori”, in quanto in ogni cultura Maria riassume i valori di
quella cultura. Per valori intendiamo delle realtà che hanno un’incidenza nella
nostra vita personale, esistenziale, quindi non solamente delle verità ma delle
verità vitali.
D. – Lei indirizza questo
dizionario anche a musulmani ed ebrei?
R. – Sì perché è giusto che loro
sappiano che cosa pensa veramente la fede cristiana e in questo dizionario c’è
la fedeltà a tutta la tradizione della Chiesa, però non una tradizione fossilizzata
ma una tradizione vivificata dall’incontro con le culture. Quindi una fedeltà
‘dinamica’ alla tradizione della Chiesa, che poi fa appunto riferimento alla
Parola di Dio. Quindi questo è per loro una specie di catechismo vivente. Maria
è il catechismo vivente, ma qui c’è proprio questa illustrazione in modo che
leggendo questo testo sanno quello che la Chiesa cattolica pensa e che ha
pensato lungo il corso di tutti questi secoli cristiani.
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26 dicembre 2006
L’UNIONE
EUROPEA CONDANNA L’ESCALATION DEL CONFLITTO IN SOMALIA.
PER LA
CROCE ROSSA INTERNAZIONALE, SAREBBERO MIGLIAIA I PROFUGHI
NAIROBI.
= Il moltiplicarsi degli scontri in Somalia preoccupa anche l’Unione Europea:
“Condanno con la maggior fermezza possibile l’escalation del conflitto somalo
che sembra sfociare in una guerra totale”, ha dichiarato ieri il commissario
europeo responsabile per lo sviluppo e gli aiuti umanitari Louis
Michel. Riferendosi, inoltre, alla formalizzazione della
presenza etiopica in Somalia a difesa del governo di transizione locale, Michel ha espresso “la più profonda preoccupazione per
l’intervento di forze internazionali” sul territorio ed ha chiesto a tutte le
diplomazie di intervenire affinché siano evitati ulteriori
allargamenti del conflitto. Anche la Finlandia, Paese presidente di turno
dell’Unione Europea, ha condannato i bombardamenti effettuati nei giorni scorsi
dai ‘caccia’ etiopici e gli scambi di artiglieria pesante “che possono
coinvolgere la popolazione civile”. Intanto, secondo i dati riferiti dal
Comitato Internazionale della Croce Rossa, sarebbero migliaia i profughi che si
sono già riversati sulle strade. Per questo, il CICR cercherà di inviare il 28
dicembre in Somalia un aereo con aiuti medici a bordo. (I.P.)
CONTINUARE
A SOSTENERE I PAESI CHE IL 26 DICEMBRE DI DUE ANNI FA
SONO STATI COLPITI DALLO TSUNAMI NEL SUDEST
ASIATICO:
CON QUESTO INTENTO, LA CARITAS ITALIANA PROMUOVE
IL
PROGETTO “RIANNODIAMO LA SPERANZA – MAREMOTO OCEANO INDIANO 2004”
ROMA.= Il progetto si chiama
“Riannodiamo la speranza – Maremoto Oceano Indiano 2004” ed è stato promosso
dalla Caritas italiana con la collaborazione della Protezione civile. Lo scopo
è continuare a sostenere i Paesi che il 26 dicembre del 2004 sono stati colpiti
dallo Tsunami nel Sud Est asiatico. Per il 2007, l’organi-zzazione lancia una
nuova sfida: definire e rafforzare strategie di prevenzione per evitare il
ripetersi di catastrofi simili, attraverso programmi di difesa e gestione dei
disastri naturali. Sono circa 300 mila le persone morte nel maremoto di due
anni fa: da allora, la Caritas è impegnata costantemente nel portare avanti programmi
di ricostruzione, assistenza e sviluppo, investendo quasi 32 milioni di euro
raccolti grazie all’aiuto di 47 mila donatori e di 10 operatori presenti sul
posto. “Molte ferite si stanno rimarginando, anche se i problemi rimangono numerosi”,
osserva Paolo Beccegato, responsabile del settore
internazionale della Caritas italiana. In questi due anni,
grazie alle attività della Caritas, sono stati allestiti in Indonesia, Sri lanka, India, Thailandia,
Myanmar, Maldive, Somalia e Kenya ben 11.500 alloggi temporanei; ricostruite 19
mila abitazioni; promossi programmi di formazione professionale per 15 mila
giovani. (A.D.F.)
RISPETTARE
IL COMMERCIO EQUO E LA MANODOPERA LOCALE:
È IL TEMA DELLA CAMPAGNA NAZIONALE LANCIATA
DAI VESCOVI DELLO ZAMBIA.
SOTTO
ACCUSA LE IMPRESE STRANIERE OPERANTI NEL PAESE
CHE
NON GARANTISCONO IL GIUSTO SALARIO
E LA
NECESSARIA SICUREZZA AI LAVORATORI LOCALI
LUSAKA. = Occorre rispettare i
principi del commercio equo e i diritti elementari della manodopera locale: è
quanto chiedono i vescovi dello Zambia, che hanno lanciato una campagna
nazionale sull’argomento. Sotto accusa le numerose imprese straniere operanti
nel Paese che non garantiscono ai lavoratori zambiani salari e standard minimi
di sicurezza. Insieme al Consiglio ecumenico delle Chiese e alla Chiesa evangelica,
i vescovi hanno sottoscritto un appello al governo del Presidente Levy Mwanawasa perché vengano stipulati accordi commerciali “che non danneggino la
produzione e l’occupazione nello Zambia”. “Un commercio giusto implica che le
regole del commercio antepongano le persone e il rispetto dell’ambiente al
profitto”, si
legge nel testo che sollecita leggi più severe per la trasparenza e
responsabilità negli scambi commerciali. La recente cancellazione di 2,7
miliardi di dollari di debito concessa dalla Banca
Mondiale allo Zambia, proseguono i leader religiosi, “potrà produrre effetti duraturi
sugli allarmanti livelli di povertà nel Paese solo a condizione che sia
associata ad una riforma delle attuali regole del commercio locale e
internazionale”. Di qui anche l’appello ai Paesi industrializzati a rimuovere
quelle barriere che continuano a ostacolare, nei fatti, l’accesso al mercato
internazionale dei prodotti dei Paesi poveri. Padre Joe
Komakoma, segretario generale della Conferenza episcopale
dello Zambia, ha confermato all’agenzia Cns la
necessità di un maggiore controllo sulle attività delle compagnie straniere a
tutela dei salari e della sicurezza dei lavoratori locali. Il sacerdote
sottolinea, in particolare, il problema del licenziamento
prima della scadenza di sei mesi di attività, “quando scatta
automaticamente il diritto all’assistenza medica, all’alloggio e al trasporto”.
(I.P.-L.Z.)
IN
EGITTO, L’INFLUENZA AVIARIA CONTINUA A COLPIRE :
MORTA
UNA GIOVANE DI 15 ANNI. SI TRATTA DELLA NONA VITTIMA NEL PAESE
IL CAIRO. = Il virus H5N1,
responsabile dell’influenza aviaria, non arresta la sua corsa e fa registrare
un’altra vittima. Si tratta di una giovane egiziana di 15 anni, morta ieri in
un ospedale del Cairo. Lo ha annunciato il ministero della Sanità egiziano,
spiegando che la ragazza era stata ricoverata il 20 dicembre a Gharbiya, nel delta del Nilo. Tre giorni dopo, era stata
trasferita nella capitale, dove è spirata per arresto cardiaco. Con la sua
morte, sale a nove il numero di persone uccise in Egitto dal virus H5N1. Almeno
147, invece, le
vittime in tutto il mondo dal 20003, anno del primo decesso umano per influenza
aviaria, avvenuto in Cina. (I.P.)
APPUNTAMENTO
IL 31 DICEMBRE IN PIAZZA SAN PIETRO, A ROMA,
PER IL
“CAPODANNO ALTERNATIVO”, ORGANIZZATO DALL’OPERA DON ORIONE.
PREVISTA
LA PARTECIPAZIONE DI 500 RAGAZZI
PROVENIENTI
DA VARIE ZONE D’ITALIA E D’EUROPA
ROMA.= Sono 500 i ragazzi,
provenienti dall’Italia e da molti Paesi europei, che si sono dati appuntamento
a Roma per trascorrere un “capodanno alternativo”, dedicato a Benedetto XVI.
L'iniziativa, promossa dall’Opera Don Orione e giunta quest’anno alla sua XIV
edizione, prenderà il via il 29 dicembre e si concluderà il 1° gennaio 2007.
“Il programma delle giornate - spiega don Silvestro Sowizdrzal,
consigliere generale con delega alla pastorale giovanile, citato dall’agenzia Sir - è denso di appuntamenti”. Si parte
il 29 dicembre pomeriggio con l’accoglienza dei partecipanti; il 30 dicembre,
giornata dedicata a un percorso ideale “Sulle orme di Pietro e Paolo”, tra
arte, storia e fede alla scoperta delle nostre radici; il 31 dicembre, la
veglia della sera; chiusura il 1° gennaio con la Messa celebrata nella Chiesa
di Santo Spirito in Sassia, che sarà presieduta dal
direttore generale dell’Opera Don Orione, don Flavio Peloso. “Quest'anno
- conclude don Sowizdrzal - abbiamo adesioni anche dalla Polonia, dall'Irlanda, dalla Spagna e dall'Olanda. È
il segno della necessità da parte delle giovani generazioni di riappropriarsi
delle tradizioni, di quei valori autentici, che la nostra società consumistica
ha nascosto dietro il business". (A.D.F.)
COSTRUIRE
UN CENTRO DI FORMAZIONE PER OFFRIRE EDUCAZIONE SCOLASTICA
AI
BAMBINI E INFORMAZIONE IGIENICO-SANITARIA AGLI ADULTI: È IL
PROGETTO
DEI MISSIONARI AGOSTINIANI IMPEGNATI AD ABUJA,
IN NIGERIA
ABUJA. = Educazione per i bambini,
formazione per i docenti, informazione per gli adulti sui temi
igienico-sanitari, in particolare sui pericoli dell’Aids: con questo triplice
obiettivo, i missionari Agostiniani impegnati ad Abuja,
capitale della Nigeria, ristruttureranno il St. Augustine’s Nursey & Primary School. Attualmente l’edificio, situato nel sobborgo di Maraba-Gurku, si presenta come una struttura fatiscente in
legno, suddivisa in tanti piccoli ambienti che ospitano 500 studenti, assistiti
da 50 insegnanti. Il progetto viene portato avanti
grazie al sostegno dell’associazione Apurimac e
prevede anche la costruzione, sempre a Maraba-Gurku,
di una scuola residenziale che ospiterà 600 ragazzi. Infine, nella città di Jos, nel centro del Paese, sorgerà un centro di assistenza
per donne e bambini che vivono in condizioni malsane e di povertà assoluta. (I.P.)
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26 dicembre 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco e Isabella Piro -
Drammatico incidente in Nigeria, dove stamani è esploso un oleodotto. Secondo un bilancio provvisorio, le vittime sarebbero centinaia. Il nostro servizio:
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Teatro della tragedia, la città di Lagos, capitale economica del Paese, e precisamente il rione settentrionale di Abule Egba. A causare l’esplosione sarebbe stato un incidente: le vittime si erano precipitate per raccogliere fusti di carburante da una conduttura nella quale durante la notte i ladri avevano aperto una falla. Secondo un primo bilancio, fornito dal direttore della Croce Rossa, le vittime accertate sarebbero circa 40, ma il numero è destinato drammaticamente a crescere. Si pensa infatti a 500 morti, anche perché i soccorsi sono ostacolati da una densa cappa di fumo che si sprigiona con le fiamme. Negli ultimi anni, sarebbero almeno 2000 i nigeriani morti in episodi analoghi: l’ultimo di essi risale a maggio e ha provocato 150 vittime. Per prevenire nuove tragedie, il governo locale aveva annunciato nuove misure di protezione delle rete per il trasporto del greggio. La Nigeria, lo ricordiamo, è uno dei primi Paesi al mondo produttore di petrolio, anche se il 75% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
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Restiamo in Nigeria, dove i tre ostaggi italiani in mano
ad un gruppo di ribelli hanno avuto un colloquio telefonico con i loro
familiari, rassicurandoli sul loro stato di salute. Lo ha riferito il ministero
degli Esteri italiano, la cui unità di crisi mantiene
stretti contatti con i parenti dei tre dipendenti della compagnia petrolifera Agip, rapiti in Nigeria lo scorso 7 dicembre.
In Somalia continuano a
soffiare venti di guerra: truppe etiopi, inviate nel Paese per sostenere il
governo somalo, avanzano verso Mogadiscio. Sull’altro fronte, le milizie islamiche,
che accusano l’Etiopia di aver invaso la Somalia, si
sono ritirate da diverse postazioni. Sul versante politico, il primo ministro
etiope ha reso noto poco fa che i morti causati dagli scontri sono più di mille
e i feriti oltre tremila. Il fragile governo somalo cerca, intanto, di evitare
l’acuirsi del conflitto. Il nostro servizio:
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Il governo somalo ha chiesto alle
forze islamiche di arrendersi offrendo, in cambio, l’amnistia. L’esecutivo
somalo ha precisato che i guerriglieri islamici non saranno perseguitati per il
loro credo religioso se deporranno le armi e se non si opporranno al governo
riconosciuto come legittimo dalla comunità internazionale. Un portavoce
dell’esecutivo ha reso noto, inoltre, che truppe dell’Etiopia stanno avanzando
verso Mogadiscio e potrebbero conquistarla entro 24 - 48 ore. La situazione sul
terreno resta, dunque, molto tesa: secondo diverse
fonti, l’Eritrea avrebbe allertato infatti circa
2.000 soldati per sostenere i guerriglieri islamici. Il vicepresidente
dell’Unione Africana ha dichiarato che l’Etiopia può intervenire militarmente
in Somalia, perché “è diritto di ogni Paese prendere le misure necessarie per
difendersi contro quanti arrechino minacce alla sua
sovranità”. Sulla crisi somala, che potrebbe scatenare
drammatiche ripercussioni in tutta la regione del Corno d’Africa, l’Unione
Africana ha fissato un incontro per domani. Mercoledì prossimo è previsto poi, ad Addis Abeba, una riunione della Lega Araba. Sulle
cause che hanno spinto il governo etiope ad intervenire in Somalia, ascoltiamo
padre Gaetano Cazzola, missionario dei Padri Bianchi
in Etiopia, raggiunto telefonicamente ad Addis Abeba:
R. – Il governo etiope teme i movimenti islamici, che
potrebbero influenzare anche i gruppi islamici presenti in Etiopia. Il governo
ha dichiarato che sta intervenendo per proteggere la sua frontiera.
D. – I giornali locali parlano di questa situazione oppure
viene ignorata?
R. – Ne parlano moltissimo; anche il primo ministro, ieri,
ha parlato pubblicamente alla televisione e alla radio, dicendo che “stanno
intervenendo per difendersi”.
D. – C’è il rischio di estendere il conflitto e di
renderlo ancora più drammatico?
R. – Certo, c’è questo rischio. Quello che si è appreso è
che coloro che sostengono i movimenti islamici sono, in realtà, molti
stranieri; sono molti soldati venuti dal Sudan, dall’Arabia Saudita e da tante
altre parti. L’Etiopia è il Paese più grande, più forte e più armato della zona
ed è sostenuto anche da potenze straniere e questo gli fa fare un po’ come il ‘guardiano’ del Corno dell’Africa.
D. – La grande paura non è, dunque, solo quella di una
guerra tra Etiopia e milizie islamiche, ma anche tra Etiopia ed Eritrea?
R. – Sì, c’è questa paura che poi ci sia qualche
influenza. Già i rapporti con l’Eritrea sono chiusi, non ci sono né rapporti né
relazioni, e c’è quindi la paura che attraverso la Somalia
possa scoppiare di nuovo una guerra C’è questo rischio, sì.
D. – La comunità cristiana etiopica, come vive questo
momento purtroppo di tensione?
R. – Preghiamo. Natale è il momento della pace e
dell’amore e quindi speriamo che si avveri l’augurio di pace e che si trovi una
soluzione pacifica, senza arrivare ad una guerra. La guerra non risolve nessun
problema!
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E’ di
almeno 15 morti e 40 feriti il bilancio del triplice attentato avvenuto questa
mattina in Iraq, nel quartiere al Bayya di Baghdad.
L’attacco è stato compiuto con tre autobomba fatte esplodere contemporaneamente
in una zona molto trafficata. Altri 3 bambini di 12 anni sono morti e 6 sono
rimasti feriti a Kirkuk, nel nord del Paese, quando
un ordigno è esploso accanto ad una scolaresca. Intanto, secondo dati dell’Associated Press, il numero dei militari americani uccisi
nel Paese del Golfo ha superato quello delle vittime dell’11 settembre 2001. In
Iraq, infatti, sono caduti 2.974 soldati, mentre negli attentati di 5 anni fa
sono scomparse 2.973 persone.
Un
morto e due feriti. E’ il bilancio dell’attentato avvenuto, questa mattina,
all’aeroporto di Peshawar, nel Pakistan
nord-occidentale. Fonti locali hanno riferito che un’autobomba è esplosa questa
mattina vicino all'entrata dello scalo, affollato per l’arrivo di un volo
proveniente da Dubai. Al momento, l’attacco non
è stato ancora rivendicato. Il governo di Islamabad
ha annunciato, intanto che il Pakistan erigerà una barriera alla frontiera con
l'Afghanistan, creando anche dei campi minati per impedire infiltrazioni di
ribelli.
Dopo
dieci anni, Israele ricomincerà a costruire colonie in Cisgiordania. Il ministero
della Difesa ha dato via libera, infatti, ad un piano per la costruzione di 30
abitazioni, destinate agli sfollati dalla Striscia di Gaza. L’ultima volta che
le autorità israeliane avevano autorizzato la costruzione di insediamenti in
Cisgiordania era stato nel 1992. Da allora, avevano autorizzato solo
l’ampliamento di colonie già esistenti.
A febbraio, l’Iran lancerà la prima fase di produzione di
combustibile nucleare per il fabbisogno industriale. Lo ha annunciato il viceministro iraniano degli Esteri, Mehdi
Mostafavi. Intanto, dopo l’approvazione delle
sanzioni da parte dell’Onu, il ministro del Petrolio Kazem Vaziri-Hameneh ha affermato
che, per il momento, Teheran non ha intenzione di
bloccare le esportazioni di greggio, ma che il Paese “utilizzerà tutte le armi
per difendersi, se necessario”. Attualmente, l’Iran è il quarto produttore
mondiale di petrolio e il secondo, nell’Opec, dopo
l’Arabia Saudita.
E’
stata fissata per l’11 febbraio 2007 la data delle elezioni presidenziali in Turkmenistan,
dopo la scomparsa dell’ex presidente a vita Sapurmarat
Niazov, morto il 21 dicembre scorso senza designare
alcun successore. Lo rende noto l’agenzia Interfax, attribuendo la decisione al
Consiglio popolare del Turkmenistan, Assemblea
composta da responsabili politici e capo clan.
Comincia
dal Cile la missione in America Latina del ministro degli
Esteri italiano, Massimo D’Alema, che visiterà
anche Brasile e Perù. Obiettivo del viaggio: ribadire che l’Italia ambisce ad
essere un punto di riferimento degli interessi dei Paesi latinoamericani in
Europa. Il responsabile della Farnesina incontrerà i
presidenti dei tre Paesi, Bachelet, Lula Da Silva e Garcia. In
particolare, in Brasile rivedrà lo stato dei rapporti bilaterali, mentre a Lima
firmerà un’intesa sulla riconversione del debito peruviano.
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