RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 359 - Testo della trasmissione di lunedì 25  dicembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

E’ il Cristo-Bambino, portatore di un immortale messaggio di pace e di speranza, il Salvatore di tutti gli uomini e la risposta ai drammi del mondo: così Benedetto XVI nel Messaggio Urbi et Orbi del giorno di Natale

 

La solenne Messa della Notte Santa nella Basilica di San Pietro. Benedetto XVI: il segno di Dio è un bambino, che ci invita ad essere solidali con l’infanzia, specie se sofferente

 

Nel messaggio natalizio ai cattolici del Medio Oriente, l’auspicio del Papa per un suo pellegrinaggio nei Luoghi della Salvezza

 

La Grotta di Betlemme, il segno di un Dio umile, più forte del potere umano: inaugurato alla presenza di mons. Angelo Comastri il Presepe di Piazza San Pietro, con l’accensione del Lume della Pace del Papa

 

Telegramma di cordoglio del Santo Padre per la tragedia di San Benedetto al Querceto

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il Natale nel mondo: in Terra Santa, giunti migliaia di pellegrini per il Santo Natale e accorato appello per la cessazione delle violenze levato del Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Sabbah

 

Natale in Asia fra luci ed ombre, occasioni di testimonianza e anche di persecuzione

 

Il Natale in Europa, tra il pluralismo religioso e le spinte secolarizzatici. Ai nostri microfoni, il segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, mons. Aldo Giordano

 

Sul Natale in Africa, Continente scosso da venti di guerra in Somalia, la testimonianza di un missionario in Mali, padre Aldo Giannasi

 

Le celebrazioni natalizie dei Francescani in Australia incentrate sul rispetto della vita

 

In America Latina, preghiera e condivisione della gioia per la nascita del Signore

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’urgenza dell’impegno nella difesa e nella promozione della vita al centro del Messaggio di Natale dei vescovi brasiliani

 

Il Natale può ravvivare la luce della speranza in un Perú migliore: lo scrive il presidente della Conferenza episcopale peruviana, mons. Cabrejos Vidarte, nel suo messaggio natalizio

Nepal: la recente laicizzazione dello Stato permette quest’anno alla comunità cristiana locale di celebrare pubblicamente il Natale

 

L’Irlanda crede ancora nei simboli e nei loro contenuti e quest’anno, per Natale, ospita nella Pro-Cathedral di Dublino il presepio artistico di Caltagirone, costruito da cinque maestri siciliani

 

Al via, il prossimo 29 dicembre, in Germania, la 49.ma campagna dei “Cantori della Stella” dell’infanzia missionaria tedesca. Tema di quest’anno: “I bambini dicono sì al Creato”

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

25 dicembre 2006

 

 

E’ IL CRISTO-BAMBINO, PORTATORE DI UN IMMORTALE MESSAGGIO DI PACE

E DI SPERANZA, IL SALVATORE DI TUTTI GLI UOMINI

E LA RISPOSTA AI DRAMMI DEL MONDO:

COSI’ BENEDETTO XVI NEL MESSAGGIO URBI ET ORBI DEL GIORNO DI NATALE

 

 

(canto natalizio)

 

E’ il Bambino di Betlemme il Salvatore del mondo, il Salvatore “nato per tutti”, anche per l’umanità di oggi: un’umanità in parte ricca e all’apparenza felice, ma in parte ancora più ampia popolata di miseria, in cerca di pace, bisognosa di solidarietà. Per questo mondo arriva, con il mistero di Betlemme, il segno della gioia e della speranza che, duemila anni dopo, “conserva inalterata la sua freschezza”. Riecheggiando lo spirito del Messaggio Urbi et Orbi pronunciato questa mattina da Benedetto XVI - accompagnato dagli auguri in 62 lingue - apriamo l’edizione odierna del Radiogiornale, che sarà interamente dedicata alla solennità del Natale, così come vissuta e celebrata sia nel centro della Chiesa universale, sia nelle Chiese dei cinque continenti.

 

Dopo la Santa Messa della Notte di Natale, presieduta la notte scorsa nella Basilica Vaticana – della quale riferiremo tra poco - Benedetto XVI ha rivolto, a mezzogiorno di oggi, il tradizionale Messaggio alla città di Roma e al mondo: una riflessione attenta e allo stesso tempo accorata sulle vicende drammatiche e sui segni di distensione riscontrabili nell’attuale panorama internazionale, dal Medio Oriente all’Africa, dall’Asia all’America Latina. Ascoltiamo allora la sintesi del Messaggio papale, nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Che bisogno ha di un “Salvatore” l’uomo che assomma tre millenni di storia, cultura e progresso? Ha ancora un valore questa idea, questa persona, per persone capaci di sondare l’infinitamente grande dello spazio o l’infinitamente piccolo di un filamento genetico? E soprattutto: quest’uomo, forte del suo straordinario sapere, sa rispondere all’“invocazione straziante di aiuto” che amplifica i mille drammi irrisolti che pesano ancora oggi su milioni di esseri umani? Scuote come una provocazione l’avvio del Messaggio Urbi et Orbi di Benedetto XVI che a mezzogiorno, dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana - davanti ad una folla di migliaia di persone - rimbalza ai quattro angoli del pianeta, ripreso dalle telecamere di 102 televisioni di 63 nazioni. Le Chiese di tutto il mondo, ha ricordato il Papa, hanno fatto eco, nella notte appena trascorsa, agli angeli della notte di Betlemme, annunciando la nascita del Salvatore. Eppure, si è domandato il Pontefice:

“E’ ancora necessario un “Salvatore” per l’uomo che ha raggiunto la Luna e Marte e si dispone a conquistare l’universo; per l’uomo che esplora senza limiti i segreti della natura e riesce a decifrare persino i codici meravigliosi del genoma umano? Ha bisogno di un Salvatore l’uomo che ha inventato la comunicazione interattiva, che naviga nell’oceano virtuale di internet e, grazie alle più moderne ed avanzate tecnologie massmediali, ha ormai reso la Terra, questa grande casa comune, un piccolo villaggio globale?”.

 

Quest’uomo, ha obiettato Benedetto XVI, “si presenta come sicuro ed autosufficiente artefice del proprio destino, fabbricatore entusiasta di indiscussi successi quest’uomo del secolo ventunesimo”. “Sembra” dunque non aver bisogno di salvezza, “ma - ha affermato il Papa - così non è”. Altri angoli del pianeta raccontano una storia diversa:

 

 “Si muore ancora di fame e di sete, di malattia e di povertà in questo tempo di abbondanza e di consumismo sfrenato. C’è ancora chi è schiavo, sfruttato e offeso nella sua dignità; chi è vittima dell’odio razziale e religioso, ed è impedito da intolleranze e discriminazioni, da ingerenze politiche e coercizioni fisiche o morali, nella libera professione della propria fede. C’è chi vede il proprio corpo e quello dei propri cari, specialmente bambini, martoriato dall’uso delle armi, dal terrorismo e da ogni genere di violenza in un’epoca in cui tutti invocano e proclamano il progresso, la solidarietà e la pace per tutti”.

 

“Come non sentire che proprio dal fondo di questa umanità gaudente e disperata si leva un’invocazione straziante di aiuto”? Un aiuto invocato, ha ricordato Benedetto XVI, anche da chi è stato costretto a espatriare, è stato “ingannato dai facili profeti di felicità”, ha annegato nella droga o nell’alcol la propria solitudine? Questo accade, ha detto il Pontefice, perché l’essere umano “è rimasto quello di sempre: una libertà tesa tra bene e male, tra vita e morte”. Ed è l’attuale epoca postmoderna, ha proseguito, ad aver “forse ancora più bisogno di un Salvatore, perchè più complessa è diventata la società in cui vive e più insidiose si sono fatte le minacce per la sua integrità personale e morale”. Cristo è dunque quel Salvatore, perché per amore dell’uomo è nato in una stalla ed è morto sulla Croce. Solo Lui, ha insistito Benedetto XVI, può difendere la dignità umana, e può indurre a “ragionevolezza e moderazione” chi detiene responsabilità politiche e sociali nello scacchiere del mondo:

 

“Con viva apprensione penso, in questo giorno di festa, alla regione del Medio Oriente, segnata da innumerevoli e gravi crisi e conflitti, ed auspico che si apra a prospettive di pace giusta e duratura, nel rispetto degli inalienabili diritti dei popoli che la compongono. Metto nelle mani del divino Bambino di Betlemme i segnali di ripresa del dialogo tra israeliani e palestinesi, di cui siamo stati testimoni in questi giorni, e la speranza di ulteriori confortanti sviluppi”.

 

Benedetto XVI ha pregato anche per la democrazia in Libano, per l’“avvenire di fraternità e di solidarietà” nello Sri Lanka, per la fine dei “conflitti fratricidi” in Africa, specie nel Darfur, per il consolidamento dei “processi di riconciliazione, di democrazia e di sviluppo” a fronte dei “focolai di tensione” che, ha osservato, “rendono incerto il futuro di altre parti del mondo, in Europa come in America Latina”.

 

In questo scenario, che vede la Chiesa testimone dell’annuncio del Natale, Gesù Bambino - ha concluso Benedetto XVI - è e resta il Salvator noster, il nostro Salvatore, la speranza di ogni persona, perché “nato per tutti”:

 

“Cari fratelli e sorelle, dovunque voi siate, vi giunga questo messaggio di gioia e di speranza: Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo, è nato da Maria Vergine e rinasce oggi nella Chiesa. E’ Lui a portare a tutti l’amore del Padre celeste. E’ Lui il Salvatore del mondo! Non temete, apritegli il cuore, accoglietelo, perché il suo Regno di amore e di pace diventi comune eredità di tutti. Buon Natale!”.

 

(auguri in varie lingue)

 

Al termine del Messaggio Urbi et Orbi, come da tradizione, il Papa ha pronunciato gli auguri di Natale in oltre 60 idiomi. “La gioia che Cristo ci reca con la sua nascita”, ha detto, fra l’altro in lingua italiana, sia “divina carezza” per i bambini, conforto per i malati, energia per i deboli, “presenza rasserenante per coloro che attraversano il deserto della tristezza e della solitudine”. Quindi, dall’inglese e francese fino al samoano e all’esperanto, tante cadenze per annunciare la Buona Notizia:

 

“Salvator noster natus est nel mundo. Buon Natale”.

 

 (applausi)

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LA SOLENNE MESSA DELLA NOTTE DI NATALE NELLA BASILICA DI SAN PIETRO.

BENEDETTO XVI: IL SEGNO DI DIO E’ UN BAMBINO,

 CHE CI INVITA AD ESSERE SOLIDALI CON L’INFANZIA, SPECIE SE SOFFERENTE

 

“Dio si è fatto piccolo affinché noi potessimo comprenderLo, accoglierLo, amarLo”: è il cuore dell’omelia pronunciata da Benedetto XVI nella Santa Messa della notte di Natale nella Basilica Vaticana. “Il Bambino di Betlemme – ha sottolineato, tra l’altro, il Papa – dirige il nostro sguardo verso tutti i bambini sofferenti ed abusati nel mondo, i nati come i non nati”. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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“Il segno di Dio è la semplicità, il segno di Dio è il bambino. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo per noi”: l’omelia di Benedetto XVI ruota tutta attorno al bambino che nasce. In Lui si realizza la Parola del profeta Isaia: “Dio ha reso breve la Sua Parola, l’ha abbreviata”:

 

“Egli non viene con potenza e grandiosità esterne. Egli viene come bambino - inerme e bisognoso del nostro aiuto. Non vuole sopraffarci con la forza. Ci toglie la paura della sua grandezza. Egli chiede il nostro amore: perciò si fa bambino. Nient'altro vuole da noi se non il nostro amore, mediante il quale impariamo spontaneamente ad entrare nei suoi sentimenti, nel suo pensiero e nella sua volontà – impariamo a vivere con Lui e a praticare con Lui anche l'umiltà della rinuncia che fa parte dell'essenza dell'amore”.

 

La Parola eterna “si è fatta bambino affinché (…) diventi per noi afferrabile”. “Dio si è fatto piccolo affinché noi potessimo comprenderLo, accoglierLo, amarLo”:

 

“Così Dio ci insegna ad amare i piccoli. Ci insegna così ad amare i deboli. Ci insegna in questo modo il rispetto di fronte ai bambini. Il bambino di Betlemme dirige il nostro sguardo verso tutti i bambini sofferenti ed abusati nel mondo, i nati come i non nati. Verso i bambini che, come soldati, vengono introdotti in un mondo di violenza; verso i bambini che devono mendicare; verso i bambini che soffrono la miseria e la fame; verso i bambini che non sperimentano nessun amore”.

 

“Chiediamo a Dio - invita il Papa - di aiutarci a fare la nostra parte perché sia rispettata la dignità dei bambini; che per tutti sorga la luce dell’amore, di cui l’uomo ha più bisogno che non delle cose materiali necessarie per vivere”. E’ nel dono semplice dell’amore, infatti, che si “risolve” l’intera fede e l’intera Parola. “Natale - afferma Benedetto XVI - è diventato la festa dei doni per imitare Dio che ha donato se stesso a noi”:

 

“Tra i tanti doni che compriamo e riceviamo non dimentichiamo il vero dono: di donarci a vicenda qualcosa di noi stessi! Di donarci a vicenda il nostro tempo. Di aprire il nostro tempo per Dio. Così si scioglie l'agitazione. Così nasce la gioia, così si crea la festa”.

 

Quindi, l’esortazione a vivere il Natale, seguendo l’insegnamento del Signore:

 

“Quando tu per Natale fai dei regali, non regalare qualcosa solo a quelli che, a loro volta, ti fanno regali, ma dona a coloro che non ricevono da nessuno e che non possono darti niente in cambio. Così ha agito Dio stesso: Egli ci invita al suo banchetto di nozze che non possiamo ricambiare, che possiamo solo con gioia ricevere. Imitiamolo! Amiamo Dio e, a partire da Lui, anche l’uomo, per riscoprire poi, a partire dagli uomini, Dio in modo nuovo!”

 

E’, infine, nell’Eucaristia che la Parola di Dio si fa “breve” e “piccola”. “Così - afferma Benedetto XVI - la mangiatoia degli animali è diventata il simbolo dell’altare, sul quale giace il Pane che è Cristo stesso: il vero cibo per i nostri cuori. E vediamo ancora una volta, conclude, come Egli si sia fatto piccolo: nell’umile apparenza dell’ostia, di un pezzettino di pane, Egli ci dona se stesso”.

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NEL MESSAGGIO PER IL NATALE AI VESCOVI, SACERDOTI E LAICI DEL MEDIO ORIENTE, IL PAPA ESORTA ALLA FIDUCIA E AL DIALOGO

 E AUSPICA DI POTERSI RECARE IN PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

         “Alle comunità cattoliche dei vostri Paesi penso costantemente ed anche con più acuta preoccupazione nel periodo natalizio”. E’ quanto scrive Benedetto XVI nel messaggio per il Natale rivolto ai vescovi, ai sacerdoti e ai laici del Medio Oriente.

 

         Il Papa sottolinea, in particolare, l’importanza di “un dialogo paziente e umile” e di una “maggiore fiducia nell’umanità dell’altro, soprattutto se sofferente”. “Le notizie quotidiane che giungono dal Medio Oriente - scrive il Santo Padre - non fanno che mostrare un crescendo di situazioni drammatiche, quasi senza via di uscita”. Ma “nelle difficoltà anche più dolorose - ricorda - la speranza cristiana attesta che la rassegnazione passiva e il pessimismo sono il vero grande pericolo che insidia la risposta alla vocazione che scaturisce dal Battesimo. Ne possono derivare sfiducia, paura, autocommiserazione, fatalismo e fuga”. “Non sarebbe davvero saggio, soprattutto in questo momento - fa quindi notare Benedetto XVI - spendere tempo ad interrogarsi su chi abbia sofferto di più o voler presentare il conto dei torti ricevuti, elencando le ragioni che militano a favore della propria tesi”.

 

         “La sofferenza – spiega il Santo Padre - in fondo accomuna tutti, e quando uno soffre deve sentire anzitutto il desiderio di capire quanto possa soffrire l’altro che si trova in una situazione analoga”. In queste difficili circostanze, segnate da poche luci e molte ombre, è comunque motivo di consolazione per il Santo Padre sapere che le comunità cristiane del Medio Oriente “continuano ad essere comunità viventi e attive, decise a testimoniare la loro fede con la loro specifica identità nelle società che le circondano”. Il Papa esprime, inoltre, l’auspicio di potersi recare in Terra Santa: “La Provvidenza – si legge nel messaggio - faccia sì che le circostanze permettano un mio pellegrinaggio nella terra resa Santa dagli avvenimenti della Storia della Salvezza”.

 

         Benedetto XVI non cela infine la speranza di poter pregare a Gerusalemme, “patria del cuore di tutti i discendenti spirituali di Abramo, che la sentono immensamente cara”.

 

 

LA GROTTA DI BETLEMME, IL SEGNO DI UN DIO UMILE,

PIU’ FORTE DEL POTERE UMANO:

 INAUGURATO ALLA PRESENZA DI MONS. ANGELO COMASTRI

 IL PRESEPE IN PIAZZA SAN PIETRO,

CON PERSONAGGI DONATI DALLA PROVINCIA DI TRENTO

 

Davanti a numerosi fedeli raccolti in preghiera, è stato inaugurato ieri pomeriggio il presepe di Piazza San Pietro. Una tradizione iniziata nel 1982 con Giovanni Paolo II e che presenta un allestimento di 400 metri quadrati. Dei tanti personaggi raffigurati, nove risalgono al 1842 e appartengono alla natività allestita da San Vincenzo Pallotti nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, mentre altri 13 sono un omaggio della Provincia di Trento. Al termine della veglia di preghiera, il Santo Padre ha acceso il lume della Pace e ha impartito la sua benedizione ai presenti. Il servizio di Isabella Piro.

 

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(canto: Astro del Ciel)

 

 “In una società secolarizzata come la nostra, in cui anche l’innocente presepe crea imbarazzo nelle scuole pubbliche, diventa difficile trovare la strada Betlemme”. Così si è espresso l’arcivescovo Angelo Comastri, arciprete della Basilica Vaticana e vicario del Papa per la Città del Vaticano, durante la veglia di preghiera per l’inaugurazione del presepe in Piazza San Pietro. “Per questo - ha aggiunto - oggi è giusto ribadire che il Natale non è una semplice festa, ma è la nascita di Gesù, una nascita che ci commuove e riaccende la nostra speranza, perché a Betlemme Dio si è fatto uomo”:

 

“Dio è venuto nella storia con il passo dell’umiltà e subito gli orgogliosi hanno avuto paura. Dio è entrato nella storia con il passo della povertà e subito i ricchi hanno tremato. Dio è entrato nella storia con il passo della mitezza disarmata, e subito i violenti si sono risentiti. Erode ha deciso di combattere il Bambino della stalla, ma ha vinto il Bambino della stalla perché lì c’è Dio e Dio non può essere sconfitto”.

 

         La difesa della vita parte da Betlemme, ha aggiunto mons. Comastri, così come i diritti dell’uomo e il ricordo della dignità inalienabile della donna. Perché è grazie a Gesù Bambino che l’amore è diventato la forza della storia:

 

“Aveva ragione Immanuel Kant quando disse: “Il Vangelo è la fonte della nostra civiltà” e Thomas Eliot ha aggiunto: “Se se ne va il cristianesimo, se ne va tutta la cultura, tutta la civiltà e sparisce anche il nostro volto umano”. Per questo noi ci accostiamo al Bambino di Betlemme, lo riconosciamo come Dio fattosi vicino a ciascuno di noi”.

 

         Al termine della veglia di preghiera, Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio ed ha acceso il Lume della Pace. “Una luce che - ha sottolineato mons. Comastri - è portatrice di un messaggio per tutti noi:

 

“È un’indicazione per tutti, potremmo dire una predica per tutti: ognuno di noi deve diventare una stella accesa nel buio della notte, ognuno di noi deve prendere una scintilla da Betlemme e portarla sulle strade del mondo”.

 

(canto)

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TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DI BENEDETTO XVI PER LA TRAGEDIA

DI SAN BENEDETTO AL QUERCETO

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

La vigilia di Natale è stata anche il momento del cordoglio e della solidarietà che Benedetto XVI ha voluto esprimere per le vittime del crollo di una palazzina, avvenuto venerdì scorso a San Benedetto del Querceto, a una trentina di chilometri da Bologna. In suffragio delle cinque vittime il Papa - si legge nel testo a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone – leva “fervide preghiere”, invocando da Dio “conforto per coloro che soffrono per la drammatica perdita delle persone care”.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

25 dicembre 2006

 

 

NATALE NEL MONDO

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

Cominciamo il nostro viaggio nei cinque Continenti dedicato al Santo Natale andando nella “culla” del cristianesimo, la Terra Santa: a Betlemme sono arrivati per il Natale circa 20 mila pellegrini, agevolati dalle autorità israeliane a varcare il valico tra Gerusalemme e Betlemme. Nella notte, il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, ha presieduto la Santa Messa nella chiesa della Natività. Hanno assistito alla celebrazione anche il presidente palestinese, Abu Mazen, e diversi politici israeliani. Sulla Messa di Natale a Betlemme, ascoltiamo il servizio di Graziano Motta:

 

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Un’omelia di Natale che è tutto un programma di impegno: in un esame di coscienza, i nuovi comportamenti di vita e di azione. Esame che tocca in primo luogo la società palestinese, nelle difficili circostanze attuali aggravate dai dissidi interni. Ma anche un esame ispirato ed alimentato dalla stessa esortazione che San Paolo rivolse ai Filippesi: “Non angustiatevi per nulla”. E’ Natale ogni giorno, nella vita di ogni credente - afferma mons. Sabbah - per restare forti e vincere il male con la bontà che Dio ha collocato in ciascuno. Per provocare “vita e non morte, produrre giustizia e non il mantenimento dell’oppressione, cercare la fine dell’occupazione invece di lasciare che continui a pesare su noi tutti”. “L’appello accorato è, anzitutto, perché cessino le lotte fratricide. Il Patriarca invita, dunque, ciascuno a vedere nel fratello la dignità che Dio gli ha donato: prendere posizione contro ogni fratello – ammonisce – “è prendere posizione contro Dio. Non deponendo le armi la strada porta ad una nuova schiavitù”. Volgendo poi lo sguardo al conflitto israelo-palestinese, durato troppo a lungo, il Patriarca dice: “E’ tempo che i responsabili dei due popoli e che la comunità internazionale intraprendano un’azione che ci introduca in una fase nuova nella storia della storia della Terra Santa. Ecco quello di cui abbiamo bisogno”. L’invocazione finale è di pace per tutti, di saggezza e di capacità di vedere in ogni persona umana l’amore che Dio ha per essa.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Restiamo in Medio Oriente, spostandoci in Iraq, Paese scosso dal lungo calvario della popolazione, inerme di fronte al dilagare della violenza di gruppi estremisti, o costretta ad emigrare per cercare maggiore sicurezza. Anche di fronte al rischio di attentati o di sequestri, la Chiesa caldea ha deciso comunque di tenere aperte le chiese per le funzioni del Natale. E la festa per la nascita del Signore si avverte anche nel vicino Iran, dove la comunità cristiana partecipa attivamente alle celebrazioni natalizie. Ascoltiamo il giornalista iraniano, Bijian Zarmandili:

 

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R. - La comunità cristiana in Iran ha sempre goduto, soprattutto tra la popolazione civile, di una altissima simpatia. L’Iran, tra l’altro, ha tradizionalmente festeggiato la nascita del Cristo. Anche le famiglie islamiche, musulmane, hanno aderito a questa festa. Qualcosa, naturalmente, è cambiato con l’avvento della Repubblica islamica: in questi ultimi anni, anche se nel grande rispetto, si sono attenuati - diciamo così – gli aspetti festosi di questo avvenimento. Probabilmente, si proseguirà su questa strada e questo perché la popolazione è solidale con i cristiani iraniani. Probabilmente, il governo - soprattutto ora con la leadership di un conservatore come Ahmadinejad - cercherà di non dare particolare peso al Natale.

 

D. - Ci sono comunque segni per le strade, nelle case? Le famiglie festeggiano? Ci sono segni tangibili del Natale?

 

R. - Sì, certo. La comunità cristiana e quella armena hanno dei loro rappresentanti anche nel Parlamento iraniano: sono quindi delle minoranze, ma ufficialmente riconosciute. Le loro chiese vivono ovviamente un momento di fermento religioso, con grandi festeggiamenti per la nascita del Cristo.

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Con l’Iran abbiamo aperto la pagina dedicata al Natale in Asia, dove il timore per attentati terroristici e le forti tensioni in diversi Paesi non scoraggiano i cristiani - in minoranza in quasi tutti gli Stati asiatici - dal festeggiare la nascita di Gesù. Sul Natale in Asia, il servizio del direttore di AsiaNews, padre Bernardo Cervellera:

 

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Natale in Asia fra luci ed ombre, occasioni di testimonianza e anche di persecuzione. Così in Pakistan si vive il Natale nella festa, incontrando anche i capi religiosi musulmani, ma nel timore di attentati. A Lahore, nel nord del Paese, 1700 poliziotti hanno vigilato perché le chiese a rischio terrorismo non subissero attacchi. Lo stesso è avvenuto in Indonesia, dove la comunità cristiana è ancora prostrata per la condanna a morte di tre cattolici e per la decapitazione di tre ragazze. Per le feste di Natale oltre 18 mila poliziotti vigilano gli edifici cristiani a Jakarta, ma anche nelle Isole Sulawesi e nelle Molucche.

 

Qualche segno positivo in Vietnam: il Paese, entrato ormai nell’Organizzazione mondiale del commercio, allarga le maglie della libertà religiosa. La Chiesa, nel periodo natalizio ha organizzato molte attività per i poveri, i portatori di handicap, i giovani. Queste attività sono ufficialmente proibite, ma ormai tacitamente permesse dal regime. In Nepal, dopo la fine della monarchia assoluta di Gyanendra, l’induismo non è più religione di Stato. Quest’anno, per la prima volta, i cristiani possono festeggiare il Natale pubblicamente con decorazioni e processioni.

 

Per la Radio Vaticana, Bernardo Cervellera.

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E’ il momento dell’Europa, continente caratterizzato da un ricco pluralismo religioso e culturale, ma anche da spinte secolarizzatici. Sul Natale nel Vecchio Continente, ascoltiamo al nostro microfono il segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, mons. Aldo Giordano:

 

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R. - L’Europa naturalmente è molto varia. Ci sono cristiani che vivono in Paesi dove sono la maggioranza, per esempio nel sud Europa, come Spagna e Italia. Ci sono poi dei Paesi dove i cristiani sono una piccola minoranza, come in Bosnia Erzegovina o in Turchia: qui, la situazione è molto diversa perché dove i cristiani sono una minoranza rispetto ad un Paese in prevalenza musulmano, ci tengono, dove è possibile, nelle loro case nelle chiese, a far risaltare chi sono, la loro identità.

 

D. - A proposito di identità cristiana, Giovanni Paolo II, riferendosi ai Santi Cirillo e  Metodio, patroni d’Europa, ha più volte sottolineato la loro straordinaria opera per far respirare l’Europa cristiana con “due polmoni”. Questa sinergia, eccellenza, si riempie di speranza soprattutto adesso nel periodo di Natale...

 

R. – Io credo che sia una grande ricchezza per l’Europa riuscire a respirare con due polmoni perché, se noi riuscissimo veramente a vivere insieme questo, potrebbe essere molto utile; sarebbe molto utile perché la secolarizzazione entra anche nei Paesi dell’est e noi possiamo allora donare a loro la nostra esperienza, anche i nostri fallimenti; d’altra parte possiamo riapprendere dall’est europeo tutta la loro tradizione spirituale.

 

D. – Il Papa ha invitato i fedeli a prepararsi al Natale con la preghiera e l’impegno dell’amore. Come è stato accolto questo invito nei diversi Paesi europei?

 

R. - Mi viene in mente l’opera di Beckett, “Aspettando Godot”, dove ci sono due disgraziati che vanno ad aspettare Godot sotto l’albero, per giorni, settimane mesi, anni interi, fino alla morte. Questo sembra un po’ un’icona anche della nostra vita. Spesso sprechiamo i giorni e gli anni aspettando qualcosa dalla vita, affidandoci - come dice il Papa - a falsi profeti e, d’altra parte, dobbiamo assolutamente ritrovare chi attendiamo. Noi non aspettiamo un Godot, non abbiamo un sogno, un’utopia o falsi profeti. Noi aspettiamo il Salvatore. Quindi, si tratta di riparlare di Gesù Cristo, di chi è il cuore del cristianesimo.

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E nel giorno di Natale non mancano, purtroppo, notizie dolenti: in Somalia, aerei etiopici hanno bombardato questa mattina l’aeroporto di Mogadiscio, sede del Consiglio delle Corti islamiche, che controllano il centro e il sud del Paese. Il governo etiopico ha anche ammesso ufficialmente che propri soldati sono stati inviati in Somalia per combattere contro le milizie islamiche e sostenere il fragile governo ad interim somalo, riconosciuto dalla comunità internazionale. Ma l’angoscia per nuove, gravi tensioni non spegne comunque la gioia per il Natale anche in Paesi molto poveri come il Mali, uno Stato a maggioranza musulmana, dove i cristiani cattolici sono circa il 2 per cento. Proprio nella capitale del Paese, Bamako, vive da 36 anni padre Aldo Giannasi, missionario della Società apostolica dei Padri Bianchi ed insegnante in un centro studi per giovani africani. Isabella Piro lo ha raggiunto telefonicamente e gli ha chiesto come viene vissuto il Natale in terra d’Africa:

 

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R. - Il Natale è vissuto non soltanto dai cristiani, ma è vissuto da tutto il Paese. Innanzitutto, è una festa riconosciuta dallo Stato come una festa in cui non si lavora ed è stata data a questa piccola comunità cattolica, che gode di prestigio in tutto il Paese. Forse, il mistero del Natale, con la semplicità che esso rappresenta - un bambino che nasce - è qualcosa che viene capito da tutti e vissuto.

 

D. - La Chiesa locale come celebra la solennità del Natale?

 

R. - L’arcivescovo di Bamako rivolge ogni anno un messaggio alla nazione. Tutti lo ascoltano. Una volta mi sono fermato tra un gruppetto di persone che ascoltavano questo messaggio alla televisione, in un negozio, e sentivo i loro commenti in lingua locale, che dicevano: “Le sue parole - quelle dell’arcivescovo – sono per noi tutti, indistintamente”.

 

D. - Padre Aldo, qual è allora il suo augurio per l’Africa e il mondo intero?

 

R. – Il Natale è la venuta di Cristo in Terra, il Principe della pace: allora, l’augurio che io faccio agli abitanti del Mali, e che vorrei fare al mondo intero, è proprio questa pace, questo incontro di persone che sanno ancora guardarsi negli occhi, parlarsi e camminare insieme.

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Trasferiamoci in Oceania, dove i Francescani conventuali di Sydney hanno celebrato il Natale ricordando i bambini non nati e hanno pregato per sensibilizzare le coscienze dei cittadini australiani al rispetto della vita e a combattere la diffusione dell’aborto. Sul Natale nel continente, il servizio di Maurizio Pascucci:

 

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Mai come quest’anno l’Australia avrebbe voluto un Natale bianco e freddino. Invece, quattro dei sei Stati e due territori australiani lottano da tre settimane contro incendi di proporzioni ormai epiche. Alte temperature e venti forti hanno reso titanico lo sforzo dei servizi antincendio locali, coadiuvati da Vigili del fuoco giunti dalla Nuova Zelanda e dagli Stati Uniti. Un Natale di “fuoco”, dunque, quello di quest’anno, ma non per chi vive lontano dai boschi inariditi da una siccità ormai permanente e prede inermi delle fiamme. In città, si rinnovano invece i consueti dubbi amletici sulle tradizioni da adottare per Natale. Quella del tacchino, più adatta ai climi europei, o quella più spregiudicata dei frutti di mare scottati sul barbecue. E mentre le celebrazioni si snodano tra le tentazioni del consumo e protezioni solari in colorazioni sempre più sgargianti, l’arcivescovo anglicano di Sydney, Peter Jensen, respinge la tendenza all’evasione e si interroga sulla morte di un senzatetto, ucciso nei giorni scorsi senza motivo sugli scalini della cattedrale di St. Andrew. Luci ed ombre di una società agiata e pronta a celebrare ma non necessariamente ricettiva al messaggio del Natale.

 

Da Melbourne, Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana

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Dall’altra parte dell’Oceano, in America Latina, il Natale è scandito soprattutto dalla preghiera e dalla condivisione, in famiglia, della gioia per la nascita del Signore. Per una panoramica sul Natale nei Paesi latinoamericani, il servizio di Luis Badilla:

 

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Seppure immersi in numerose difficoltà sociali ed economiche, e con non poche incertezze sull’orizzonte politico, i popoli latinoamericani celebrano il Natale con il solito coinvolgimento religioso e in un clima di raccoglimento familiare. Non è solo una questione di tradizione: la famiglia latinoamericana, assediata da molte proposte che vorrebbero relativizzare la sua natura e la sua struttura, resta l’istituzione più solida degli affetti e dell’educazione alla fede e alla vita civica e perciò, come ogni anno, attorno ai simboli più cari dell’Incarnazione ci si s’incontra per fare festa, scambiarsi auguri e darsi coraggio. Come sempre, si prevede un’altissima partecipazione nelle chiese o nelle “Case di preghiera”. Il regalo più ricorrente è il cibo, i dolci “fatti in casa dalla mamma”. Anche negli angoli più poveri ci sono i presepi, usanza privilegiata fra i gruppi sociali meno benestanti che, invece, preferiscono l’albero di Natale. Non manca, ovviamente, una certa frenesia consumistica che però, escluse le grandi metropoli, non riesce ad oscurare il senso squisitamente religioso della festa, la più importante dell’anno. In molti Paesi della regione, si ricordano poi molte persone, soprattutto in Colombia, che passeranno un altro Natale in ostaggio di gruppi armati e della delinquenza comune. In altri, come in Messico e Cuba, Venezuela ed Ecuador si prega per la riconciliazione nazionale. Molti pregheranno il Dio Incarnato affinchè illumini i governanti chiamati a trovare soluzioni più efficaci ed eque per tirare fuori dalla povertà e dall’emarginazione milioni di latinoamericani.  

 

Dall’America Latina, Luis Badilla

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Concludiamo questo viaggio dedicato al Natale nel mondo, andando in Italia dove la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato, anche quest’anno, il tradizionale pranzo di Natale con i poveri. Mentre in tutto il mondo le famiglie si riuniscono intorno alla tavola, la Comunità fa festa con i meno abbienti, che diventano parenti e amici. Perché il Natale - sottolinea la Comunità di Sant’Egidio - è anche il miracolo dei volti sorridenti di tante persone oppresse dalla fatica della vita, è il miracolo di scoprirsi utili di tanti ai quali non manca nulla, ma che hanno perso il senso profondo della festa.

 

 

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CHIESA E SOCIETA’

25 dicembre 2006

 

 

l’urgenza dell’impegno nella difesa e nella promozione della vita

 AL CENTRO Del messaggio di natale dei vescovi brasiliani

 

BRASILIA. = Il Natale “ci esorta all’impegno concreto nella difesa e nella promozione della vita, superando ogni violenza, approfondendo la giustizia e la solidarietà e costruendo la vera pace”: è quanto afferma la Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (CNBB), in un messaggio diffuso in occasione del Natale. Come riporta l’agenzia Zenit, i presuli brasiliani si rivolgono “al Popolo di Dio e a tutti gli uomini e alle donne di buona volontà”, manifestando affetto e augurando ai fedeli la gioia più grande, segno “della presenza del Bambino Gesù tra di noi”. I vescovi affidano poi “all’intercessione della Vergine Maria tutte le lotte, i sogni e le speranze” del popolo  brasiliano “nel nuovo anno che si avvicina”. Nella prospettiva della prossima Campagna di fraternità, che si svolge nel periodo di Quaresima, i presuli tornano “con la mente e con il cuore all’Amazzonia”, esortando “ogni popolo a impegnarsi, con generosa solidarietà, nella difesa della vita in pienezza per tutti i fratelli e le sorelle che vivono in questa immensa regione brasiliana”. Nel desiderio di pace tra popolazioni, chiese e religioni, i vescovi estendono il loro sguardo a tutta l’umanità. “Il mistero dell’Incarnazione - concludono - ci esorta a portare l’annuncio di pace ai cuori tutti i giorni dell’anno nuovo”. (E. B.)

 

 

IL NATALE PUÒ RAVVIVARE LA LUCE DELLA SPERANZA IN UN PERÙ MIGLIORE:

LO SCRIVE IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE PERUVIANA,

MONS. CABREJOS VIDARTE, NEL SUO MESSAGGIO NATALIZIO

 

LIMA. = “Natale è dare senza aspettare niente in cambio, è capacità di perdonare e di essere perdonati”: è quanto afferma, nel suo messaggio natalizio, il presidente della Conferenza episcopale peruviana e arcivescovo di Trujillo, Héctor Miguel Cabrejos Vidarte. Questo periodo, spiega il presule, “è un’occasione per riflettere e godere del grande amore che Dio ci ha dato e che si è manifestato in modo eccelso quando si è incarnato in Gesù Cristo”. Un momento propizio in particolare per il Perù, che sembra avvolto da una “spirale di violenza, di sfiducia, di insicurezza, di mancanza di amore fraterno”. Solo la presenza del Bambino di Betlemme, afferma, “può ravvivare la luce della speranza, per insegnarci che la vera pace germoglia dal cuore di Dio e si trasmette al cuore dell’uomo che lo vuole accogliere”. Il presidente dell’episcopato peruviano ricorda poi che la pace di Dio “non può essere separata della giustizia, perché finché cresce la disuguaglianza tra esseri umani, tra quelli che hanno accesso alla giustizia e quelli che non lo hanno, tra quelli che hanno delle opportunità e quelli che non hanno niente, non ci potrà essere pace duratura”. Infine, l’invocazione affinché “il Dio Bambino ci conceda la gioia perfetta, frutto della pace interna e dell’amore fraterno, e che il nuovo anno sia per tutti portatore di grande speranza in un Perù migliore”. (A.D.F.)

 

 

NEPAL: LA RECENTE LAICIZZAZIONE DELLO STATO PERMETTE QUEST’ANNO

ALLA COMUNITA’ CRISTIANA LOCALE DI CELEBRARE PUBBLICAMENTE IL NATALE

 

KATHMANDU. = Quest’anno, per la prima volta, i cristiani in Nepal possono celebrare pubblicamente il Natale e la speranza è quella che, nel 2007, venga riconosciuto ufficialmente come festività pubblica. Una novità resa possibile dalla recente laicizzazione dello Stato, decisa il 18 maggio scorso dal nuovo Parlamento nepalese, convocato dal re Gyanendra Shah. Fino ad allora, il Nepal era l’unica nazione al mondo a riconoscere l’induismo come religione di Stato e a limitare fortemente l’esercizio pubblico delle altre religioni. Anche la comunità cristiana nepalese comincia dunque a subire i primi effetti positivi del nuovo corso politico nel Paese ormai aperto ad espressioni di democrazia e di pace, dopo la cessione dei poteri al Parlamento da parte del re Gyanendra e la recente firma del trattato di pace tra il governo e i ribelli maoisti. “Questo sarà un Natale speciale, perché è il primo nel nuovo Nepal”, ha confermato all’agenzia Ucan padre Silas Bagati, direttore della Caritas nepalese. Per le festività natalizie, le comunità cristiane locali hanno organizzato numerosi incontri e manifestazioni, pubblicizzati anche dal nuovo programma religioso cristiano che da poco va in onda sulla tv nazionale. Lo scopo - spiegano i promotori - è di condividere anche con i non cristiani la gioia del Natale. Un modo per fare conoscere la fede cristiana, sempre nel rispetto delle tradizioni e della sensibilità religiosa locale, per non creare malintesi e false accuse di conversioni forzate, come accaduto nella vicina India. Secondo i dati più recenti riportati dall’Annuario della Chiesa cattolica, su una popolazione di 28 milioni di abitanti in maggioranza indù, i cristiani in Nepal sono circa un milione, 7.500 dei quali cattolici. (L.Z.)

 

 

L’IRLANDA CREDE ANCORA NEI SIMBOLI E NEI LORO CONTENUTI E QUEST’ANNO,

PER NATALE, OSPITA NELLA PRO-CATHEDRAL DI DUBLINO

IL PRESEPIO ARTISTICO DI CALTAGIRONE,

COSTRUITO DA CINQUE ESPERTI MAESTRI SICILIANI

- A cura di Enzo Farinella -

 

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DUBLINO. = Il gesto dell’arcivescovo di Dublino, mons. Martin Diarmuid, che prende il Bambino Gesù dalla culla e, dopo la venerazione dei fedeli, lo ripone nel Presepio, quest’anno ha un doppio significato. In Irlanda, nonostante il processo di modernizzazione e secolarizzazione che il consumismo comporta, i simboli contano ancora e quelli religiosi hanno una particolare importanza. Ammirare il presepio in questi giorni, sentirsi piccoli dinanzi al mistero dell’Incarnazione e trasformare sentimenti di tenerezza in solidarietà per e con chi soffre, o è meno fortunato di noi, è un ritorno alle profonde radici cristiane che ci hanno nutrito nel tempo e che ci danno il senso profondo di appartenere a una tradizione intellettuale e spirituale comune, di condividere una comune sorgente di rispetto per i valori e i simboli che li rappresentano, uniti nel desiderio comune di difendere e diffondere gli ideali di libertà, democrazia e solidarietà. L’Incarnazione è al centro della più grande rivoluzione storica. Quest’anno, il presepio allestito presso la Pro-Cathedral di Dublino è quello artistico di Caltagirone, in Sicilia, e anche questo è, insieme, un simbolo e un anello di quella antica catena di amicizia che accomuna le due isole d’Irlanda e di Sicilia. Esso ricrea perfettamente l’atmosfera sacra del Natale, nel rispetto della tradizione, da vera opera d’arte nata dalla sapienza dei maestri artigiani siciliani: vuole essere un dono della Provincia regionale di Catania alla città di Dublino e alla gente d’Irlanda, per un futuro comune di pace e solidarietà, all’interno delle due isole e nel mondo intero.

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AL VIA, IL PROSSIMO 29 DICEMBRE IN GERMANIA, LA 49.MA CAMPAGNA

DEI “CANTORI DELLA STELLA” DELL’INFANZIA MISSIONARIA TEDESCA.

TEMA DI QUEST’ANNO: “I BAMBINI DICONO SÌ AL CREATO”

 

BAMBERG. = “I bambini dicono sì al creato - Tianay ny Haritanan’Atra”: questo, lo slogan, in idioma malgascio, della 49.ma Campagna dei “Cantori della Stella” (Sternsinger) dell’Infanzia missionaria tedesca, che verrà lanciata il prossimo 29 dicembre a Bamberg, in Baviera, alla presenza dell’arcivescovo della città, Ludwig Schick. Un’iniziativa incentrata quest’anno sui pericoli che minacciano l’ambiente e, in particolare, il Madagascar, scelto come Paese simbolo. Circa mezzo milione di bambini nelle 12.500 parrocchie cattoliche della Germania porteranno alle famiglie la benedizione C+M+B (“Christus mansionem benedicat - Cristo benedica questa casa”), raccogliendo offerte per i loro coetanei che soffrono in tutto il mondo e chiedendo, in particolare, nuove misure di tutela della natura per i bambini del Madagascar. (R.M.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

25 dicembre 2006

 

       

L’EDIZIONE ODIERNA DEL RADIOGIORNALE DELLE 14.00

 NON PREVEDE LA CONSUETA PAGINA “24 ORE NEL MONDO”,

DEDICATA ALL’ATTUALITÀ INTERNAZIONALE,

SOSTITUITA DALLA RASSEGNA “NATALE NEL MONDO”.