RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 358 - Testo
della trasmissione di domenica 24 dicembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
L’evangelizzazione al centro del piano pastorale 2007 dei
vescovi coreani
Dopo il primo incontro, ieri, tra il premier
israeliano e il presidente palestinese, Israele scongela i fondi per l’Autorità
nazionale palestinese
L’Iran annuncia di non voler rinunciare alle
proprie attività nucleari, all’indomani delle sanzioni decise dall’ONU
In Somalia, attacco aereo dell’aviazione etiope
contro postazioni delle Corti islamiche
Almeno 67
morti e 200 mila evacuati per le piogge monsoniche in Indonesia e Malaysia
24 dicembre 2006
NELLA
VIGILIA DEL NATALE, IL MONITO DI BENEDETTO XVI ALL’ANGELUS
A NON
DIMENTICARE CHE IL PROTAGONISTA DELLA FESTA E’ IL CRISTO SALVATORE.
IL
PENSIERO PARTICOLARE DEL PAPA
PER
QUANTI SOFFRONO IN OGNI PARTE DEL MONDO
Non dimentichiamo che il protagonista della festa è
proprio Lui, il Cristo:
l’invito rivolto stamani dal Papa all’Angelus, in questa quarta
domenica di Avvento, Vigilia del Natale. Il servizio di Roberta Gisotti:
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“Il dono sorprendente del Natale è
proprio questo: Gesù è venuto per ciascuno di noi”: lo ha ricordato con parole
semplici Benedetto XVI rivolto al cuore di ogni uomo.
“L’impegno corrispondente
è quello di superare sempre più i preconcetti e i pregiudizi, abbattere le
barriere ed eliminare i contrasti che dividono, o peggio, contrappongono gli
individui e i popoli, per costruire insieme un mondo di giustizia e di pace”.
Nel “divino Neonato” – ha spiegato il Papa - “si rende
manifesta la nostra salvezza”; nel “Dio che si fa uomo per noi, ci sentiamo
tutti amati ed accolti, scopriamo di essere preziosi ed unici
agli occhi del Creatore”.
“Il Natale di Cristo
ci aiuta a prendere coscienza di quanto valga la vita umana, la vita di ogni
essere umano, dal suo primo istante al suo naturale tramonto”.
Gesù nato nella povertà di Betlemme vuole farsi compagno
di viaggio di ciascun, ha aggiunto il Santo Padre.
“In questo mondo, da
quando Lui stesso ha voluto porvi la sua “tenda”, nessuno è straniero”.
“Nel cuore della notte, Egli verrà per noi”,
ma “è suo desiderio però anche venire in noi, ad abitare cioè nel cuore di ognuno
di noi”, ha sottolineato il Papa. E “perché ciò avvenga, è indispensabile che
siamo disponibili e ci apprestiamo a riceverlo, pronti a fargli spazio dentro
di noi, nelle nostre famiglie, nelle nostre città.
“Che la sua nascita
non ci colga impegnati a festeggiare il Natale, dimenticando che il
protagonista della festa è proprio Lui!”
L’ultimo pensiero di Benedetto XVI per quanti si
apprestano “a trascorrere il Natale nella tristezza e nella solitudine, nella
malattia e nella sofferenza”, invocando
Dopo la preghiera mariana, il saluto particolare del Santo
Padre al personale dell’“Osservatore Romano”, presente in Piazza san Pietro,
lodando l’iniziativa di destinare parte del ricavato della vendita
straordinaria del giornale nelle festività natalizie a favore dei bambini
ricoverati nei reparti pediatrici del Policlinico “Gemelli”.
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IL
MONDO IN ATTESA DI RICEVERE IL DONO DEL NATALE,
PERCHE’
-
Intervista con il cardinale Angelo Scola -
L’umanità oggi in attesa di
ricevere il dono del Natale, perché la morte non sia l’ultima parola della
nostra vita. In questa Vigilia natalizia ci si interroga come cristiani su come
trasmettere l’annuncio della venuta di Cristo, soprattutto a chi vive nella
sofferenza e a chi vive lontano dalla fede. Ascoltiamo in proposito la
testimonianza del cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, intervistato da
Fabio Colagrande:
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R. – Io credo che anzitutto si debba dare a tutti loro una
testimonianza e ricordare ciò che la liturgia ci richiama in continuazione,
ogni giorno, in questo tempo, cioè che noi viviamo la memoria di Gesù che è
venuto nella carne per accompagnarci progressivamente alla vittoria finale
sulla morte, la memoria della nascita e l’attesa del ritorno di Gesù a compiere
la nostra umanità. Questo ritorno noi lo vediamo tutti i giorni nell’esperienza
dell’amore, quando è autentico, nell’esperienza dell’amore che l’eucaristia ci
ricorda e che la Chiesa con la fraternità e la comunione che genera suscita
continuamente in noi e tra di noi. Quindi, direi a chi
è nella prova, a chi è nel dolore, che bisogna ricordare che l’amore di Dio si
è fatto crocifiggere, perchè il dolore non sia più l’ultima parola nella nostra
vita, perché la croce non sia l’ultima parola nella nostra vita, ma l’ultima
parola nella nostra vita sia la resurrezione. E’ l’amore che vince la morte, ma
questo lo si deve dire a partire dalla verità di noi
stessi.
D. – Nell’udienza del mercoledì, Benedetto XVI si è
chiesto se l’umanità del nostro tempo aspetta ancora
il Salvatore. Le giro questa domanda, cardinale Scola…
R. – Io penso che il Santo Padre abbia voluto ricordarci
questo, per dirci che anche se questa domanda del Salvatore è
come nascosta da tutti i detriti che le nostre fragilità personali e
comunitarie vi hanno messo sopra, succede un poco come in quei terreni abbandonati,
in quei cortili di cantieri che, a primavera, quando uno meno se lo aspetta,
hanno qualche filo d’erba che spunta dai detriti. Credo che la domanda di salvezza
sia insopprimibile, perchè ogni uomo, anche chi se l’è dimenticato, non può non
portarsi nel cuore questioni come: “Io chi sono? Da dove vengo? Dove vado?
Qualcuno, alla fine, mi ama? Chi mi assicura? Chi mi tiene nella tenerezza di
un abbraccio d’amore che non mi faccia finire nel nulla?” Questa è la domanda
prorompente di salvezza che sta dentro l’azione anche più meccanica e più
dimentica di Dio che l’uomo possa porre. Il Santo Padre ci richiama in maniera
straordinaria questa notizia stupefacente che Dio si fa come noi, si fa bambino
perché la meraviglia carica di tenerezza che viene in noi da questo fatto
riapra la responsabilità della domanda di salvezza.
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Ricordiamo gli appuntamenti del Natale. Questa sera il
Papa presiederà nella Basilica di San Pietro
Riguardo la nostra Radio
seguiremo in diretta
Ricordiamo inoltre che questo pomeriggio alle ore 17 sarà
inaugurato il Presepe allestito in Piazza San Pietro, cui seguirà alle 17.30
l’inizio della Veglia di preghiera, presieduta dall’arcivescovo Angelo
Comastri, vicario generale del Santo Padre per
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24 dicembre 2006
IL
MONDO CRISTIANO FESTEGGIA IL NATALE
-
Interviste con l’arcivescovo Rowan Williams, il
pastore Samuel Kobia
e il
metropolita Gennadios Zervos
-
Il mondo cristiano si ritrova unito oggi nella
celebrazione del Santo Natale. Solo alcune Chiese orientali,
che segue il calendario giuliano, come
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R. – This year for the first time …
Quest’anno per la prima volta ho avuto l’opportunità di
andare a Betlemme per una breve visita prima di Natale. Mi ha fatto pensare al
cammino, un cammino per prepararsi al Natale, che è qualcosa a
cui non pensiamo spesso. “Il Natale sta arrivando”, diciamo, come se
stesse venendo verso di noi, ma noi non ci muoviamo. Maria e Giuseppe viaggiano
verso Betlemme. E’ un viaggio difficile; il tempo è brutto; la folla è
impaziente e frustrata, come succede sempre quando si
lavora. I pastori si spostano dai loro campi. Non è un lungo viaggio, penso, ma
la gente lo riteneva sconveniente. Quindi, non si sarebbero sentiti a loro agio
nel chiedere in giro per la città dove potevano trovare il bambino. E naturalmente
gli uomini saggi viaggiarono da molto lontano, cercando l’indirizzo attraverso
le stelle, cercando di apprendere poche parole di un’altra lingua,
completamente estranei alla situazione in cui si trovavano. Tutta la conoscenza
appresa nel loro Paese natio non contava nulla. Avvicinandoci al Natale, una
delle cose che
amore è la cosa più sorprendente di
tutte, l’inizio di un nuovo mondo e abbiamo
bisogno di cambiare per averne parte.
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Il pastore metodista Samuel Kobia,
keniano, è il Segretario Generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, un
organismo a cui
aderiscono ben 342 Chiese delle diverse tradizioni cristiane. Per lui
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R. – Do not be afraid …
“Non abbiate paura, perchè vi porto la buona novella di
una grande gioia per tutti”. Ho scelto di non avere paura, anche se nel mondo,
oggi, la paura colpisce tante persone. Mentre aspettiamo l’arrivo del Principe
della pace ci sono molte persone che hanno paura. I bambini del Darfur oggi
hanno paura in ogni momento della loro vita e così le loro madri. I bambini in
Palestina hanno paura. I bambini in Iraq hanno paura e così i loro genitori.
Quindi, in un tempo in cui c’è così tanta paura nella mente e nella testa di
molte persone, queste parole parlano straordinariamente alla gente comune, i
pastori, e vogliono essere un messaggio per la gente comune, un messaggio che
dice loro di non avere paura, per questa buona novella di grande gioia, e che
la pace è una promessa per tutti noi.
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Domani festeggiano il Natale anche i fedeli ortodossi del
Patriarcato ecumenico. Abbiamo con noi
il metropolita Gennadios Zervos,
arcivescovo ortodosso del Patriarcato ecumenico per l’Italia e Malta. Giovanni
Peduto gli ha chiesto a cosa sono chiamati i cristiani per testimoniare con più
efficacia al mondo che Dio si è fatto uomo per la salvezza di tutti:
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R. – Cristo è venuto per salvare l’umanità. Cristo è il
nostro Salvatore. Credo che noi tutti cristiani siamo chiamati a vivere insieme
l’unità, come
D. – Eminenza, lei è d’accordo sul fatto che questo Natale
vede i cristiani un poco più uniti, considerando gli incontri di questo ultimo
periodo, quello tra il Papa e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, che lei
ha citato, ma anche quello tra il Papa e l’arcivescovo di Atene, Christodoulos…
R. – Sono veramente due grandi incontri, in particolare
quello tra Sua Santità Benedetto XVI e il Patriarca ecumenico Sua Santità
Bartolomeo I. E’ un incontro meraviglioso. Io ho avuto questa grande grazia, la
benedizione di Dio di essere presente. Nel protocollo, ricevere Sua Santità il
Papa è stata per me la più grande gioia della vita. Accompagnare Sua Santità
dal Patriarca Bartolomeo, nella cattedrale patriarcale di San Giorgio, è stata
per me la più grande benedizione. Con questo incontro abbiamo visto quanto Sua
Santità il Papa sia stato umile, buono, semplice, disponibile, un vero
fratello, molto vicino a noi. Tutti noi, che abbiamo vissuto questo grande
avvenimento, siamo stati pieni di gioia, pieni di
grazia di Dio. Per me sarà per sempre l’avvenimento più grande della mia vita.
Anche l’incontro con Sua Beatitudine, l’arcivescovo di Atene e di tutta
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IL
DRAMMA DEI PICCOLI RICOVERATI NELL’OSPEDALE PEDIATRICO DI
BETLEMME,
CHE MANCANO DELLE CURE NECESSARIE, A CAUSA DEL
CONFLITTO
ISRAELO-PALESTINESE
E DELLA CRITICA SITUAZIONE ECONOMICA NEI TERRITORI
- La
testimonianza di suor Silvia Melato -
Non dimenticate i bambini di Betlemme: l’appello è delle
suore francescane elisabettine del Caritas Baby Hospital di Betlemme, unico
ospedale pediatrico della zona che, oltre a fare i conti con una difficile
situazione economica, deve confrontarsi con la crescente richiesta di ricoveri
e di assistenza soprattutto a causa della chiusura dei Territori. I bambini sono a grave rischio
di malattie per le difficilissime condizioni di vita. Molto spesso, quando si
rende necessario il ricovero negli ospedali d’Israele, i piccoli restano per
ore nelle ambulanze bloccate ai check point. La situazione è gravissima, lo conferma da Betlemme
suor Silvia Melato, del Caritas Baby Hospital, intervistata da Francesca Sabatinelli:
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R. – C’è un deterioramento della situazione sanitaria a
livello generale e ci sono poi i continui scioperi da parte dell’Autorità
Palestinese che impediscono qualsiasi servizio, tante volte anche di emergenza.
Abbiamo quindi un aumento continuo di richieste di aiuto, un numero enorme di
bambini che arrivano da noi. Abbiamo, a volte, veramente difficoltà a
rispondere a tutti i bisogni dei bambini; abbiamo casi gravissimi anche di
bambini che vengono spesso rifiutati da altri
ospedali: tanti bambini, in questi giorni, purtroppo, vengono a morire qui da
noi.
D. – Da cosa sono affetti questi bambini?
R. – Ci sono tante malattie a livello genetico, nelle
quali influisce molto la tradizione di questi matrimoni tra consanguinei. Ci
sono condizioni molto peggiorate a livello salute e condizioni d’igiene molto
deteriorate in questi ultimi anni.
D. – Si parla anche di sindromi da stress per il
conflitto?
R. – Esattamente. Le mamme sono stanche, sono sfinite.
Molto dipende da questa chiusura, da questa atmosfera di prigione in cui
vivono. Una donna che si trova, purtroppo, a gestire tutto in famiglia. Un
marito che non lavora e quando il marito non lavora come si può andare avanti?
C’è certamente la difficoltà e lo stress di vivere in una prigione. La gente
cerca di andare avanti, cerca di accettare, ma ha paura per i propri figli, per
il loro futuro. Questa è una situazione che non dà alcuna garanzia, una
situazione soffocante.
D. – Che cosa volete chiedere per questo
Santo Natale 2006?
R. – Noi vogliamo chiedere, anzitutto, la giustizia perché
la pace si fonda sulla giustizia. Noi vorremmo che si parlasse di Betlemme un
po’ di più, che si pensasse a questa popolazione, che il mondo cristiano fosse
più sensibile e non soltanto a Natale. C’è molta indifferenza su questa
popolazione. Noi ci si rende conto della complessità dei problemi qui a
Betlemme, ma vorremmo che la gente potesse vedere rispettati i propri diritti
come esseri umani. Questo noi lo diciamo proprio in nome di Gesù Bambino, che
si è fatto uomo e che ha quindi preso su di sé la sofferenza e la debolezza
della persona umana. Non possiamo negare i diritti umani a questa popolazione.
Buona Natale a tutti, proprio da questo luogo, dove è nato Gesù Bambino, che
sia un Natale di pace, di gioia e di serenità.
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DOMANI
IL 25 MO “PRANZO DI NATALE” PER I PIU’
POVERI ED EMARGINATI,
OFFERTO
DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO A ROMA
E
NELLE ALTRE SEDI DELL’ASSOCIAZIONE NEL MONDO
-
Intervista con Claudio Betti -
Una tradizione all’insegna della solidarietà che
quest’anno compie 25 anni. Si tratta del Pranzo di Natale organizzato dalla
Comunità di Sant’Egidio. Nella basilica romana di Santa Maria in Trastevere e nelle altre sedi dell’organizzazione saranno
ospitate persone emarginate dalla società per far vivere anche ai meno
fortunati il calore ed il significato della nascita di Gesù. Ma quale
significato ha quest’anno il Pranzo di Natale? Giancarlo
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R. – Certamente ha il significato di una fedeltà che dura
ormai da tempo con i nostri amici più cari, che sono i poveri. Sono 25 anni di
storia, 25 anni di amicizia, 25 anni in cui il Natale ha rappresentato per
tanti un momento di gioia e non solo un momento di abbandono. Sappiamo bene,
infatti, che durante queste feste chi soffre di più la solitudine sono proprio
i poveri. Proprio per questo 25 anni fa
D. – Che cosa rappresenta l’emarginato?
R. – Io penso che viviamo in un mondo dove ormai ci si
aspetta ben poco. Io credo che il periodo di Avvento e il Natale rappresentino
la possibilità di dirci che davvero qualcosa di nuovo può accadere e che
davvero qualcuno può entrare nella nostra vita. Più che un discorso sociale, io
penso che è il Vangelo stesso che ci chiama ad essere vicini
ai poveri e ci chiama a fare un banchetto. Il Vangelo ci dice anche che quando
si fa un banchetto non deve invitare quelli che hanno qualcosa da darti in
contraccambio, ma si devono invitare gli zoppi, i poveri, i ciechi e cioè
proprio coloro che non hanno da darti nulla in cambio. Credo che questo sia il
significato principale del nostro pranzo.
D. – Come è cambiata la povertà in questi 25 anni?
R. – Mi ricordo, quando abbiamo iniziato qui a Trastevere, che il primo gruppo erano tanti anziani di Trastevere che si trovavano a vivere in un quartiere che
stava cambiando radicalmente. Da questi 25 anni fa, la povertà si è fatta direi
più insidiosa, quasi più nascosta. Sono scomparse le grandi baraccopoli di Roma
e sono cresciute quelle povertà che si nascondono nelle pieghe della città. Se
pensate al problema dell’immigrazione, che è una forma di povertà, che tocca
quasi i nervi scoperti della nostra società, quasi esistessero degli anticorpi
della nostra società contro chi è diverso, contro chi
viene da lontano. Noi abbiamo bisogno di gesti di solidarietà in un mondo,
invece, che di solidarietà ormai non parla più.
D. – Vedere Cristo nel povero o nell’emarginato è solo uno
slogan o una frase fatta o tu sei riuscito a sperimentarlo e se sì in che
occasione?
R. – Non è ovviamente uno slogan. Noi dobbiamo anche
imparare ad avere il coraggio di prendere il Vangelo seriamente. Personalmente
io vivo questo pranzo un po’ come un miracolo. E’ il miracolo di vedere dei
volti sorridenti di persone che normalmente sono oppresse dalla vita e che si
ritrovano al pranzo e che vedi trasfigurate. Non mi scorderò mai il volto di
una signora che, dopo aver ricevuto il regalo, perché alla fine del pranzo ciascuno
riceve un regalo con il proprio nome scritto, ha visto il regalo con il suo
nome e ha detto questo deve essere un regalo di Dio, perché nessuno conosce il
mio nome, se non Dio. Credo che questo sia un dono per me, un dono per la mia
vita, ma anche un dono per ricordarsi a Natale che dobbiamo essere anche quelli
che danno il dono di Dio a chi soffre, è un qualcosa di importante!
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DOPO
COMPLICATE TRATTATTIVE DIPLOMATICHE IL GOVERNO BIELORUSSO
HA
NEGATO AI BAMBINI OSPITATI NEGLI ISTITUTI
DI
PASSARE LE VACANZE NATALIZIE IN ITALIA
- Intervista con Antonio Bianchi -
Non ci saranno vacanze natalizie in Italia, quest’anno,
per i bambini della Bielorussia: il ministro italiano della solidarietà
sociale, Paolo Ferrero, ha infatti
rifiutato la decisione del governo bielorusso di
permettere l’arrivo in Italia solo di bambini provenienti da famiglie e non
quelli residenti in Istituti. Una decisione che, secondo Ferrero,
comporterebbe un’ingiusta discriminazione tra i piccoli stessi. Forte rammarico per il mancato arrivo dei
bambini è stato espresso dall’AVIB,
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R. – Noi ci abbiamo sperato - ci
abbiamo creduto ed abbiamo lavorato perché questo avvenisse - fino in fondo.
Purtroppo è stato proprio all’ultimo momento che questo non è successo.
D. – C’è quindi un irrigidimento da parte della
Bielorussia. Che cosa pensate di fare ora?
R. – Sicuramente di rilanciare l’appello al dialogo, sia
al governo italiano che al governo bielorusso. Le
prime risposte informali ci dicono di sì, che il dialogo sarà riaperto e contiamo
che questo sia vero. La politica,
soprattutto la politica internazionale, ha delle regole che sono dure e
spietate e per chi fa solidarietà e volontariato è difficile capirlo.
D. – Quali sono secondo lei i motivi di questa frenata del
governo bielorusso nei riguardi dei soggiorni dei
loro bambini in Italia?
R. – Già da prima si volevano capire meglio le garanzie
che potevano essere date dall’Italia o comunque da tutti i Paesi ospitanti.
Purtroppo il caso di Cogoleto è stata una miccia che
ha fatto detonare un esplosivo che invece è puramente politico.
D. - Però è anche vero che ripensare la forma dei
soggiorni temporanei è in qualche modo necessario...
R. - Questo è vero e lo condivido appieno.
D. - Quindi si continuerà a discutere su queste formule di
soggiorno...
R. - Assolutamente sì, questo sarà un Natale un po’ duro ma sotto l’albero speriamo di vedere le nuove regole dell’accoglienza
per riprendere l’arrivo di questi piccoli nostri amici. Però le adozioni sono
finite. La Bielorussia ha chiuso le adozioni. Umanamente questa decisione non
riesco a condividerla e a capirla, politicamente sì, perchè se io mando in
adozione internazionale i miei figli è perché io ammetto di non essere in grado
di garantire un futuro a questi bambini…
D. – Un’ammissione che la Bielorussia non può fare...
R. – Esatto. E’ stata fatta una legge dove entro la fine del 2007 e 2008, tutti gli istituti saranno chiusi e
tutti i bambini saranno in adozione, ma in Bielorussia.
D. - Quindi il vostro intento rimarrà quello di poter fare
in modo che siano realizzabili ancora almeno i soggiorni...
R. – Assolutamente. Perché noi comunque ci occupiamo di
accoglienza, noi partiamo da un motivo sanitario che è quello di superare le
radiazioni. Poi si è creato anche un progetto di tipo sociale che si è
allargato agli orfanotrofi. Forse era per questo che bisognava cambiare le
regole e formare meglio le famiglie, perché forse troppe famiglie, troppe associazioni,
facevano commistione delle due cose, accoglienza uguale adozioni.
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24 dicembre 2006
“CONTEMPLARE
IL MISTERO DEL PRESEPE E SCOPRIRE NEL DIO BAMBINO
UNA
LUCE DI SPERANZA PER I TEMPI FUTURI”:
E’
L’INVITO DEI VESCOVI CILENI NEL LORO MESSAGGIO NATALIZIO
SANTIAGO.= “Natale: invito a
vivere il dono della pace”: è il titolo del messaggio diffuso dal Comitato
permanente della Conferenza episcopale del Cile in occasione delle festività
natalizie.
Come riporta l’agenzia Fides, i presuli esortano la popolazione a contemplare
il mistero del Presepe e a scoprire in Gesù Bambino il dono dell’amore, della
riconciliazione e della pace. “Il Dio Bambino entra nella storia concreta del
suo tempo – affermano – epoca di conflitti sociali e di morte, di ingiustizie e
di pianto, ma anche tempo di speranze”. Anche oggi la nascita di questo Bambino
“illumina le nostre attuali circostanze storiche”. I vescovi ricordano quindi gli
avvenimenti lieti e dolorosi che il Cile ha vissuto nel 2006, molti dei quali
“denotano malattie del tessuto sociale”. Tra i fatti negativi, sottolineano “i
comportamenti che non sono nobili, situazioni di violenza ed aggressione inqualificabile
che ingrandiscono ferite ancora non cicatrizzate”. Ma insieme a questi aspetti,
constatano “la saggezza, la sensatezza, l’apertura al dialogo e la grandezza di
molte autorità, dirigenti, istituzioni civili e militari, e cittadini di tutti
i settori, che anelano soltanto ad un Paese migliore per le nuove generazioni”.
Di fronte a questa situazione, i Vescovi invitano a contemplare il Dio Bambino
e a scoprire in Lui “una luce di speranza per i tempi futuri". “Un Paese
che cresce economicamente, ma diminuisce in felicità – continua il Messaggio –
è un Paese che non sa dove siano le fonti della propria gioia o che non dirige
verso di esse i suoi passi”. Infine, l’esortazione “a
vivere questa vigilia di Natale come suggeriva Sant’Alberto Hurtado:
“Accompagnare Gesù Bambino (…), guardarlo con amore e chiedergli qualcosa del
suo spirito, dello spirito delle Beatitudini, del Buon Pastore, del buon
Samaritano”. (A.D.F.)
L’EVANGELIZZAZIONE AL CENTRO DEL PIANO PASTORALE 2007 DEI VESCOVI COREANI
SEUL.= Nel 2007, sarà l’evangelizzazione
l’impegno prioritario dei vescovi coreani. Nelle Lettere Pastorali inviate da
ciascun presule alla propria diocesi, infatti, il tema dell’annuncio di Cristo
è stato adattato ai diversi contesti territoriali. I vescovi hanno chiesto la
collaborazione di sacerdoti e religiosi, ma anche di laici,
famiglie, giovani e bambini ad evangelizzare coloro che hanno vicino,
per essere autentici testimoni di Cristo nel mondo. In particolare, il
cardinale Nicholas Cheong Jinsuk, arcivescovo di Seul, afferma che “il valore della
vita è quello più prezioso” e che “la Chiesa è chiamata a proteggerlo da ogni
minaccia”. “Proclamiamo la vita con l’immagine di Gesù – aggiunge – che ha
aiutato i poveri e i malati, e con l’immagine di Maria, che rispetta la vita”. Mons. Paul Ri
Moun-hi, arcivescovo di Daegu,
definisce il 2007 “Anno dell’evangelizzazione per gli anziani” e spiega che
“l’anzianità non è un’età solo buona per la pensione, ma è utile per vivere una
parte del viaggio della vita che ci consegna una speranza futura”. Il presule
esorta i fedeli a praticare la cura pastorale degli anziani, rendendoli partecipi
della vita della Chiesa. (A.D.F.)
GIORNO
DOPO GIORNO, ACCOMPAGNATI DAI PENSIERI
DI BENEDETTO XVI E GIOVANNI PAOLO II:
E’ QUANTO PROPONGONO PER IL 2007 DUE RACCOLTE
DI SCRITTI DEI DUE PONTEFICI, PUBBLICATE DALLE EDIZIONI SAN PAOLO E RIZZOLI
ROMA.= Accompagnare ogni giorno
del 2007 con una meditazione di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. E’ quanto si
propongono due libri di ultima uscita che raccolgono pensieri e riflessioni di
Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger.
“365 giorni con il Papa. Collaboratori della verità”: questo, il titolo del
volume edito dalla San Paolo (546 pagine, Euro 12,50).
Si tratta di un vero e proprio breviario, già pubblicato in tedesco nel 1990,
che contiene brani tratti da prediche e discorsi pronunciati dall’allora
arcivescovo di Monaco e Frisinga, Jospeh
Ratzinger. La selezione dei testi è stata curata da
suor Irene Grassl. “Un anno con Giovanni Paolo II.
Meditazioni e preghiere per 365 giorni” è, invece, la proposta editoriale per
il 2007 della Rizzoli (418 pagine, Euro 18,00). Si
tratta di un’antologia di pensieri tutti tratti dal magistero petrino di Papa
Wojtyla, nell’arco dei suoi quasi 27 anni di Pontificato. “Quando ricevetti la
notizia della morte di Karol Wojtyla – scrive il curatore della raccolta, padre
Jerome-Michael Vereb – mi
interrogai su quale sarebbe stata l'eredità dei suoi insegnamenti e della sua
azione. La mia esperienza romana durante il suo Pontificato mi spinge a
riassumerla in due sole parole: umiltà e grazia. Pertanto ho selezionato questa
raccolta nel tentativo di mostrare la sua tranquillità e pressante profondità”.
(A.G.)
IL
MONDO DEL VOLONTARIATO SI MOBILITA IN SOCCORSO
DELLA
POPOLAZIONE PALESTINESE. RACCOLTI OLTRE 10 MILA EURO
IN UNA
CAMPAGNA PROMOSSA DA FOCSIV E CIPAX,
DAL
TITOLO: “UN ANELLO…DI UNA CATENA PER GAZA”
ROMA. = 10 mila e 700 euro è la
somma raccolta da “Un anello…di una catena per Gaza”, la campagna di
solidarietà con il popolo palestinese, promossa dalla FOCSIV, Federazione degli
organismi cristiani del servizio internazionale volontario, in collaborazione
con il Centro interconfessionale per la pace (CIPAX). L’iniziativa di raccolta
fondi – precisa l’agenzia SIR – fa parte della più ampia campagna “La Palestina
ha bisogno di noi. Noi abbiamo bisogno della Palestina”, promossa dalla ONG ‘Action for pace’
e da numerose testate giornalistiche. “Abbiamo promosso questa campagna - ha
dichiarato Umberto Dal Maso, presidente dalla FOCSIV - per rispondere alle
drammatiche condizioni in cui versa ormai da mesi la popolazione palestinese”.
L’obiettivo – ha concluso il presidente – è quello di “far sentire ancora una
volta la voce di tutti quelli che vogliono che la pace sia fatta dalla
cooperazione tra i popoli, in nome del rispetto dei diritti umani”. (E. B.)
IL 23
PER CENTO DELLA POPOLAZIONE DE GUATEMALA È FORTEMENTE DENUTRITO:
LO RIVELA UNO STUDIO DEL CENTRO INTERNAZIONALE
DI
RICERCHE SUI DIRITTI UMANI
CITTA’ DEL GUATEMALA. = Quasi un
quarto della popolazione del Guatemala è denutrita: è quanto denuncia una
recente indagine del Centro internazionale di ricerche sui diritti umani, dalla
quale emerge che il 23 per cento dei guatemaltechi dispone di poco cibo. Il
dato, già preoccupante, è in drammatico aumento e interessa soprattutto i
bambini e le etnie indigene dei Chorti, Chuj, Ixil, Mam
e Tektiteko. Secondo la ricerca, citata dall’agenzia Sir, il tasso di denutrizione è aumentato del 16-26% negli
ultimi dieci anni, periodo che è seguito agli accordi di pace firmati dopo 36
anni di conflitti civili, che hanno sconvolto lo Stato dell’America centrale
provocando più di 200 mila morti. Lo studio rileva inoltre che, su 380.578
minori della scuola primaria, soltanto il 51,2 per cento indossa una taglia
consona alla sua età; il 48,8 per cento dei bambini è invece in forte o fortissimo
ritardo di crescita. “La commemorazione dei dieci anni della firma della pace –
si legge nello studio – è un momento propizio per riflettere sui passi in
avanti nell’ambito di un diritto tanto fondamentale come
quello del diritto al cibo”. (A.D.F.)
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24 dicembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Spiragli di pace in Medio Oriente dopo l’incontro a
sorpresa ieri, a Gerusalemme, tra il premier israeliano, Ehud
Olmert, ed il presidente palestinese, Abu Mazen. In un comunicato
congiunto si legge che i due leader “hanno espresso la volontà di
cooperare come veri partner nello sforzo di far progredire il processo di pace
tra Israele e Autorità nazionale palestinese”. Il nostro servizio:
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L’incontro e
la stretta di mano tra il premier israeliano ed il presiedente palestinese
riempiono di nuove speranze il difficile processo di pace tra israeliani e palestinesi,
congelato dalla fine del 2000. Durante il colloquio, sono stati toccati temi
focali quali l’estensione del cessate il fuoco alla Cisgiordania e la creazione
di una “commissione mista” per la liberazione dei prigionieri. I due leader
hanno parlato di Israele e Autorità nazionale palestinese come di due “autentici
partner”. E i primi effetti di questo nuovo corso verso la riconciliazione non
si sono fatti attendere: Israele ha infatti approvato
stamani, ad unanimità, il versamento alla presidenza palestinese di 100 milioni
di dollari, fondi finora congelati e provenienti da dazi doganali e tasse in
favore dell'Autorità nazionale palestinese. Il provvedimento segue la decisione,
annunciata ieri dal Quartetto per il processo di pace in Medio Oriente composto
da Stati Uniti, Russia, ONU e Unione Europea, di
tornare a versare, per almeno 3 mesi, aiuti finanziari per sostenere la
popolazione palestinese. Al chiaro appoggio della comunità internazionale verso
il presidente Abu Mazen si
aggiunge, poi, una meno prevedibile apertura da parte di Hamas, formazione al
governo, nei confronti dello stesso. Il primo
ministro e leader del gruppo radicale, Ismail Haniyeh, ha risposto all’appello del presidente palestinese
dicendosi disponibile a riprendere i negoziati con il suo partito di al Fatah per un governo di
unità nazionale. Gli spiragli di pace, riaperti con l’incontro di ieri tra Olmert e Abu Mazen,
e questa nuova schiarita nella difficile situazione politica interna palestinese,
fanno dunque sperare in una autentica riconciliazione non
solo tra israeliani e palestinesi ma anche tra sostenitori di Hamas e di
al Fatah.
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In Iran il Parlamento ha deciso, a maggioranza, di avviare
l’iter di una legge che, se approvata, richiederà al governo di “riconsiderare
la sua cooperazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA)”.
La decisione arriva all’indomani del voto, ad unanimità, del Consiglio di
sicurezza dell’ONU sulla risoluzione che prevede sanzioni economiche contro
l’Iran. La Repubblica islamica, ritenuta rea di non aver sospeso i processi per
l’arricchimento dell’uranio, ha annunciato di voler continuare le attività
nell’ambito del proprio programma nucleare. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha anche definito “carta straccia” la
risoluzione delle Nazioni Unite.
Nuovo attentato in Iraq: l’esplosione
di un ordigno ha investito una stazione di polizia di una cittadina a nord di
Baghdad. La polizia irachena è regolarmente l’obiettivo dei ribelli
sunniti. La provincia di Diyala, dove ha avuto luogo
l’esplosione, è una delle principali roccaforti della guerriglia. Un
attacco contro forze di polizia si registra poi anche nel sud del Paese, dove almeno
cinque poliziotti agenti sono morti in seguito ad un conflitto a fuoco con ribelli.
Le piogge monsoniche hanno
provocato gravi inondazioni in tutto il sud-est asiatico: almeno 60 persone
sono morte e centinaia sono disperse sull’isola indonesiana di Sumatra. Più di 70 mila persone hanno
dovuto essere evacuate. Grave la situazione anche nella vicina
Malaysia, dove i morti al momento sono 7 e le persone evacuate sono più di 130
mila. In Indonesia, dove alcune regioni sono state ricoperte da tre metri di acqua,
il vice presidente Yusuf Kalla
ha indicato nella deforestazione selvaggia le causa delle inondazioni e ha
promesso un’accelerazione del programma di rimboschimento con uno stanziamento
di 440 milioni di dollari.
Si aggrava la crisi in Somalia: l’aviazione
etiope ha lanciato un “contrattacco”
contro le milizie islamiche, in guerra da alcuni mesi contro il governo
di transizione somalo. Lo ha reso noto un portavoce del governo etiope
precisando che l’Etiopia ha deciso di utilizzare il suo “diritto di legittima
difesa”. Fonti delle Corti islamiche, che da giugno controllano la capitale e
quasi metà del Paese, hanno confermato raid aerei contro proprie roccaforti
nella regione centrale della Somalia. Ma non sono solo
le Corti islamiche e l’esercito etiope ad essere coinvolti in questo scenario
così allarmante. Secondo alcuni analisti militari, L’Eritrea avrebbe impegnato infatti circa 2.000 uomini per sostenere i guerriglieri
islamici. Secondo diverse fonti, il governo etiope ha già schierato circa
20.000 soldati nella provincia di Baidoa in difesa
del fragile governo somalo, riconosciuto come legittimo dalla comunità
internazionale.
Il
Sudan ha annunciato di aver risposto “favorevolmente” alla richiesta del segretario
generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, per un’operazione di pace in Darfur, martoriata
regione occidentale del Paese. Le autorità sudanesi hanno accettato un aiuto
logistico di caschi blu dell’ONU alla forza africana ‘AMIS’, composta da settemila uomini, giudicata inefficace perché mal
equipaggiata e sotto-finanziata.
“Il governo italiano e l’AGIP devono darsi una
mossa”. E’ l’accorato appello rivolto in una telefonata alla redazione del
quotidiano “Il Manifesto” dai tre ostaggi italiani e uno
libanese, da 18 giorni nelle mani dei ribelli del Delta del Niger. Tutti e quattro
hanno voluto rassicurare le proprie famiglie: “Ci trattano al meglio – hanno
detto - e non ci manca niente, ma non sappiamo dove ci troviamo”.
Solenni esequie oggi per il
presidente turkmeno, Saparmurat
Nyazov, morto giovedì scorso per infarto a 66 anni,
dopo aver governato per
21 anni. Un corteo composto da blindati militari ha
lasciato la capitale accompagnando il feretro del defunto capo di Stato verso
il suo Paese natale, Kitshak, ad una quindicina di chilometri
di distanza dalla capitale Ashabad, dove Nyazov sarà sepolto nel mausoleo di famiglia. Questa
mattina migliaia di turkmeni hanno reso omaggio alla
salma. Alle esequie, sono presenti una trentina di delegazioni straniere, tra
cui quella russa presieduta dal primo ministro, Mikhail
Fradkov, e quella afghana, guidata dal presidente Hamid Karzai.
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