RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 358 - Testo della trasmissione di domenica 24  dicembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nella vigilia del Natale, il monito di Benedetto XVI all’Angelus a non dimenticare che il protagonista della festa è il Cristo Salvatore. Il pensiero particolare del Papa per quanti soffrono in ogni parte del mondo

 

Il mondo in attesa di accogliere Gesù, perché la morte non sia l’ultima parola della nostra vita: ai nostri microfoni il cardinale Angelo Scola

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il mondo cristiano festeggia l’arrivo sulla Terra del Redentore: interviste con l’arcivescovo Rowan Williams, il pastore Samuel Kobia e il metropolita Gennadios Zervos

 

Non dimenticate i bambini di Betlemme: l’appello è delle Suore francescane elisabettine del Caritas Baby Hospital di Betlemme: con noi suor Silvia Melato

 

Domani il 25.mo “Pranzo di Natale” per i più poveri ed emarginati, offerto dalla Comunità di Sant’Egidio a Roma e nelle altre sedi dell’Associazione nel mondo: ai nostri microfoni Claudio Betti

 

Dopo complicate trattative diplomatiche il governo bielorusso ha negato ai bambini ospitati negli Istituti la possibilità di passare le vacane natalizie in Bielorussia: intervista con Antonio Bianchi

 

CHIESA E SOCIETA’:

“Contemplare il mistero del Presepe e scoprire nel Dio Bambino una luce di speranza per i tempi futuri”: è l’invito dei vescovi cileni nel loro messaggio natalizio

 

L’evangelizzazione al centro del piano pastorale 2007 dei vescovi coreani

 

Giorno dopo giorno, accompagnati dai pensieri di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II: è quanto propongono per il 2007 le raccolte di scritti dei due Pontefici, pubblicate dalle Edizioni San Paolo e Rizzoli

 

Il mondo del volontariato si mobilita in soccorso della popolazione palestinese. Raccolti oltre 10 mila euro in una campagna promossa da FOCSIV e CIPAX,

 

Il 23 per cento della popolazione de Guatemala è fortemente denutrito: lo rivela  uno studio del Centro internazionale di ricerche sui diritti umani

 

24 ORE NEL MONDO:

Dopo il primo incontro, ieri, tra il premier israeliano e il presidente palestinese, Israele scongela i fondi per l’Autorità nazionale palestinese

L’Iran annuncia di non voler rinunciare alle proprie attività nucleari, all’indomani delle sanzioni decise dall’ONU

 

In Somalia, attacco aereo dell’aviazione etiope contro postazioni delle Corti islamiche

 

      Almeno 67 morti e 200 mila evacuati per le piogge monsoniche in Indonesia e Malaysia

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 dicembre 2006

 

NELLA VIGILIA DEL NATALE, IL MONITO DI BENEDETTO XVI ALL’ANGELUS

A NON DIMENTICARE CHE IL PROTAGONISTA DELLA FESTA E’ IL CRISTO SALVATORE.

IL PENSIERO PARTICOLARE DEL PAPA

PER QUANTI SOFFRONO IN OGNI PARTE DEL MONDO

 

Non dimentichiamo che il protagonista della festa è proprio Lui, il Cristo:  l’invito rivolto stamani dal Papa all’Angelus, in questa quarta domenica di Avvento, Vigilia del Natale. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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 “Il dono sorprendente del Natale è proprio questo: Gesù è venuto per ciascuno di noi”: lo ha ricordato con parole semplici Benedetto XVI rivolto al cuore di ogni uomo.

 

“L’impegno corrispondente è quello di superare sempre più i preconcetti e i pregiudizi, abbattere le barriere ed eliminare i contrasti che dividono, o peggio, contrappongono gli individui e i popoli, per costruire insieme un mondo di giustizia e di pace”.

 

Nel “divino Neonato” – ha spiegato il Papa - “si rende manifesta la nostra salvezza”; nel “Dio che si fa uomo per noi, ci sentiamo tutti amati ed accolti, scopriamo di essere preziosi ed unici agli occhi del Creatore”.

 

“Il Natale di Cristo ci aiuta a prendere coscienza di quanto valga la vita umana, la vita di ogni essere umano, dal suo primo istante al suo naturale tramonto”.

        

Gesù nato nella povertà di Betlemme vuole farsi compagno di viaggio di ciascun, ha aggiunto il Santo Padre.

 

 “In questo mondo, da quando Lui stesso ha voluto porvi la sua “tenda”, nessuno è straniero”.

 

 “Nel cuore della notte, Egli verrà per noi”, ma “è suo desiderio però anche venire in noi, ad abitare cioè nel cuore di ognuno di noi”, ha sottolineato il Papa. E “perché ciò avvenga, è indispensabile che siamo disponibili e ci apprestiamo a riceverlo, pronti a fargli spazio dentro di noi, nelle nostre famiglie, nelle nostre città.

 

 “Che la sua nascita non ci colga impegnati a festeggiare il Natale, dimenticando che il protagonista della festa è proprio Lui!”

 

L’ultimo pensiero di Benedetto XVI per quanti si apprestano “a trascorrere il Natale nella tristezza e nella solitudine, nella malattia e nella sofferenza”, invocando la Madonna di arrecare loro “conforto e consolazione”

 

Dopo la preghiera mariana, il saluto particolare del Santo Padre al personale dell’“Osservatore Romano”, presente in Piazza san Pietro, lodando l’iniziativa di destinare parte del ricavato della vendita straordinaria del giornale nelle festività natalizie a favore dei bambini ricoverati nei reparti pediatrici del Policlinico “Gemelli”.

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IL MONDO IN ATTESA DI RICEVERE IL DONO DEL NATALE,

PERCHE’ LA MORTE NON SIA L’ULTIMA PAROLA DELLA NOSTRA VITA

- Intervista con il cardinale Angelo Scola -

        

L’umanità oggi in attesa di ricevere il dono del Natale, perché la morte non sia l’ultima parola della nostra vita. In questa Vigilia natalizia ci si interroga come cristiani su come trasmettere l’annuncio della venuta di Cristo, soprattutto a chi vive nella sofferenza e a chi vive lontano dalla fede. Ascoltiamo in proposito la testimonianza del cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, intervistato da Fabio Colagrande:

 

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R. – Io credo che anzitutto si debba dare a tutti loro una testimonianza e ricordare ciò che la liturgia ci richiama in continuazione, ogni giorno, in questo tempo, cioè che noi viviamo la memoria di Gesù che è venuto nella carne per accompagnarci progressivamente alla vittoria finale sulla morte, la memoria della nascita e l’attesa del ritorno di Gesù a compiere la nostra umanità. Questo ritorno noi lo vediamo tutti i giorni nell’esperienza dell’amore, quando è autentico, nell’esperienza dell’amore che l’eucaristia ci ricorda e che la Chiesa con la fraternità e la comunione che genera suscita continuamente in noi e tra di noi. Quindi, direi a chi è nella prova, a chi è nel dolore, che bisogna ricordare che l’amore di Dio si è fatto crocifiggere, perchè il dolore non sia più l’ultima parola nella nostra vita, perché la croce non sia l’ultima parola nella nostra vita, ma l’ultima parola nella nostra vita sia la resurrezione. E’ l’amore che vince la morte, ma questo lo si deve dire a partire dalla verità di noi stessi.

 

D. – Nell’udienza del mercoledì, Benedetto XVI si è chiesto se l’umanità del nostro tempo aspetta ancora il Salvatore. Le giro questa domanda, cardinale Scola…

 

R. – Io penso che il Santo Padre abbia voluto ricordarci questo, per dirci che anche se questa domanda del Salvatore è come nascosta da tutti i detriti che le nostre fragilità personali e comunitarie vi hanno messo sopra, succede un poco come in quei terreni abbandonati, in quei cortili di cantieri che, a primavera, quando uno meno se lo aspetta, hanno qualche filo d’erba che spunta dai detriti. Credo che la domanda di salvezza sia insopprimibile, perchè ogni uomo, anche chi se l’è dimenticato, non può non portarsi nel cuore questioni come: “Io chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Qualcuno, alla fine, mi ama? Chi mi assicura? Chi mi tiene nella tenerezza di un abbraccio d’amore che non mi faccia finire nel nulla?” Questa è la domanda prorompente di salvezza che sta dentro l’azione anche più meccanica e più dimentica di Dio che l’uomo possa porre. Il Santo Padre ci richiama in maniera straordinaria questa notizia stupefacente che Dio si fa come noi, si fa bambino perché la meraviglia carica di tenerezza che viene in noi da questo fatto riapra la responsabilità della domanda di salvezza.

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Ricordiamo gli appuntamenti del Natale. Questa sera il Papa presiederà nella Basilica di San Pietro la Messa di mezzanotte e domani a mezzogiorno rivolgerà il tradizionale Messaggio natalizio e la Benedizione Urbi er Orbi. Eventi che saranno trasmessi in mondovisione: la Messa di mezzanotte da 82 televisioni di 45 Paesi; il Messaggio e la Benedizione da oltre 100 emittenti di 61 Nazioni.

        

Riguardo la nostra Radio seguiremo in diretta la Santa Messa in San Pietro, a partire dalle 23.50, con commenti in italiano, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, inglese e cinese, in onda media, onda corta e modulazione di frequenza, e via satellite;  e domani mattina, a partire dalle 11.50 trasmetteremo in diretta il Messaggio e la Benedizione Urbi er Orbi sulle stesse frequenze, con commenti nelle stesse lingue, ad eccezione del cinese.

        

Ricordiamo inoltre che questo pomeriggio alle ore 17 sarà inaugurato il Presepe allestito in Piazza San Pietro, cui seguirà alle 17.30 l’inizio della Veglia di preghiera, presieduta dall’arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale del Santo Padre per la Città del vaticano. Al termine della preghiera, intorno alle ore 18, Benedetto XVI accenderà il lume della Pace posto sul davanzale della finestra dello Studio privato. L’incontro sarà animato dal Coro della Rai.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 dicembre 2006

 

 

IL MONDO CRISTIANO FESTEGGIA IL NATALE

- Interviste con l’arcivescovo Rowan Williams, il pastore Samuel Kobia

e il metropolita Gennadios Zervos -

 

Il mondo cristiano si ritrova unito oggi nella celebrazione del Santo Natale. Solo alcune Chiese orientali, che segue il calendario giuliano, come la Chiesa ortodossa russa, festeggeranno la solennità il prossimo 7 gennaio. Oggi vi proponiamo le testimonianze di alcuni rappresentanti delle varie confessioni cristiane che si apprestano a celebrare la nascita di Gesù. Iniziamo col Primate della Comunione Anglicana, l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, intervistato da Emer McCarthy:

 

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R. – This year for the first time …

Quest’anno per la prima volta ho avuto l’opportunità di andare a Betlemme per una breve visita prima di Natale. Mi ha fatto pensare al cammino, un cammino per prepararsi al Natale, che è qualcosa a cui non pensiamo spesso. “Il Natale sta arrivando”, diciamo, come se stesse venendo verso di noi, ma noi non ci muoviamo. Maria e Giuseppe viaggiano verso Betlemme. E’ un viaggio difficile; il tempo è brutto; la folla è impaziente e frustrata, come succede sempre quando si lavora. I pastori si spostano dai loro campi. Non è un lungo viaggio, penso, ma la gente lo riteneva sconveniente. Quindi, non si sarebbero sentiti a loro agio nel chiedere in giro per la città dove potevano trovare il bambino. E naturalmente gli uomini saggi viaggiarono da molto lontano, cercando l’indirizzo attraverso le stelle, cercando di apprendere poche parole di un’altra lingua, completamente estranei alla situazione in cui si trovavano. Tutta la conoscenza appresa nel loro Paese natio non contava nulla. Avvicinandoci al Natale, una delle cose che la Bibbia ci ricorda è che dobbiamo uscire dal nostro ambiente confortevole, se vogliamo incontrare Dio. E’ come se dovessimo lasciarci indietro le persone con le quali ci sentiamo bene, l’immagine rassicurante di noi stessi, ed essere pronti a trovarci in mezzo a questa folla estranea che viaggia verso la verità, che viaggia verso il miracolo dell’amore di Dio. Incontreremo quell’amore e lo lasceremo entrare nella nostra vita solo quando ci lasceremo dietro di noi tutto quello che ci protegge dal rischio della sofferenza nella vita quotidiana, tutto quello che ci rende sicuri nelle nostre preferenze e idee. Il Natale non è altro che Dio  che  viene  a  sovvertire  le  idee su di noi e su di Lui. Il suo

 

amore è la cosa più sorprendente di tutte,  l’inizio di un nuovo mondo e abbiamo bisogno di cambiare per averne parte.

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Il pastore metodista Samuel Kobia, keniano, è il Segretario Generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, un organismo  a cui aderiscono ben 342 Chiese delle diverse tradizioni cristiane. Per lui la Buona Novella del Natale è che Dio è con noi: l’uomo non deve avere più paura, come dice l’Angelo ai pastori di Betlemme. Ascoltiamo la sua riflessione, sempre al microfono di Emer McCarthy:

 

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R. – Do not be afraid …

“Non abbiate paura, perchè vi porto la buona novella di una grande gioia per tutti”. Ho scelto di non avere paura, anche se nel mondo, oggi, la paura colpisce tante persone. Mentre aspettiamo l’arrivo del Principe della pace ci sono molte persone che hanno paura. I bambini del Darfur oggi hanno paura in ogni momento della loro vita e così le loro madri. I bambini in Palestina hanno paura. I bambini in Iraq hanno paura e così i loro genitori. Quindi, in un tempo in cui c’è così tanta paura nella mente e nella testa di molte persone, queste parole parlano straordinariamente alla gente comune, i pastori, e vogliono essere un messaggio per la gente comune, un messaggio che dice loro di non avere paura, per questa buona novella di grande gioia, e che la pace è una promessa per tutti noi.

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Domani festeggiano il Natale anche i fedeli ortodossi del Patriarcato ecumenico.  Abbiamo con noi il metropolita Gennadios Zervos, arcivescovo ortodosso del Patriarcato ecumenico per l’Italia e Malta. Giovanni Peduto gli ha chiesto a cosa sono chiamati i cristiani per testimoniare con più efficacia al mondo che Dio si è fatto uomo per la salvezza di tutti:

 

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R. – Cristo è venuto per salvare l’umanità. Cristo è il nostro Salvatore. Credo che noi tutti cristiani siamo chiamati a vivere insieme l’unità, come la Santissima Trinità, a vivere tutti insieme questa gloria di Dio di essere uniti, perchè siamo figli dello stesso Dio e siamo fratelli tra noi. I capi delle nostre Chiese, Sua Santità il Papa di Roma Benedetto XVI e Sua Santità il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, pochi giorni fa hanno dimostrato a tutto il mondo, non soltanto cristiano, ma anche a quelli che non sono cristiani, che tutti dobbiamo vivere l’unità, essere pacifici, essere fratelli, essere uomini di Dio. Questi sono i grandi messaggi di quel meraviglioso, bellissimo abbraccio, l’incontro a Costantinopoli, dove i due nostri santi capi hanno detto a noi quale via dobbiamo perseguire: la via dell’unità, la via della pace e la via della fratellanza.

 

D. – Eminenza, lei è d’accordo sul fatto che questo Natale vede i cristiani un poco più uniti, considerando gli incontri di questo ultimo periodo, quello tra il Papa e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, che lei ha citato, ma anche quello tra il Papa e l’arcivescovo di Atene, Christodoulos…

 

R. – Sono veramente due grandi incontri, in particolare quello tra Sua Santità Benedetto XVI e il Patriarca ecumenico Sua Santità Bartolomeo I. E’ un incontro meraviglioso. Io ho avuto questa grande grazia, la benedizione di Dio di essere presente. Nel protocollo, ricevere Sua Santità il Papa è stata per me la più grande gioia della vita. Accompagnare Sua Santità dal Patriarca Bartolomeo, nella cattedrale patriarcale di San Giorgio, è stata per me la più grande benedizione. Con questo incontro abbiamo visto quanto Sua Santità il Papa sia stato umile, buono, semplice, disponibile, un vero fratello, molto vicino a noi. Tutti noi, che abbiamo vissuto questo grande avvenimento, siamo stati pieni di gioia, pieni di grazia di Dio. Per me sarà per sempre l’avvenimento più grande della mia vita. Anche l’incontro con Sua Beatitudine, l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, è stato un avvenimento storico, anche perché, per la prima volta, un primate della Chiesa greca è venuto in Vaticano, alla Santa Sede, per incontrare il Papa di Roma. Credo che questa grande apertura rassomigli al primo incontro di Paolo VI con il Patriarca Athenagoras. Questi due nostri grandi capi di gloriosa memoria hanno fatto di tutto per far uscire le nostre Chiese dai loro confini, dalle loro sedi, perché fossero vicine e dimostrassero a tutti che abbiamo una grande responsabilità, la divisione dei cristiani. Dobbiamo realizzare la volontà di Dio, che tutti siano una cosa sola. Questo incontro di Sua Santità Benedetto XVI con il Patriarca ecumenico Sua Santità Bartolomeo I credo sia il più grande avvenimento degli ultimi anni.

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IL DRAMMA DEI PICCOLI RICOVERATI NELL’OSPEDALE PEDIATRICO DI BETLEMME,

 CHE MANCANO DELLE CURE NECESSARIE, A CAUSA DEL CONFLITTO

ISRAELO-PALESTINESE E DELLA CRITICA SITUAZIONE ECONOMICA NEI TERRITORI

- La testimonianza di suor Silvia Melato - 

 

Non dimenticate i bambini di Betlemme: l’appello è delle suore francescane elisabettine del Caritas Baby Hospital di Betlemme, unico ospedale pediatrico della zona che, oltre a fare i conti con una difficile situazione economica, deve confrontarsi con la crescente richiesta di ricoveri e di assistenza soprattutto a causa della chiusura dei Territori. I bambini  sono a grave rischio di malattie per le difficilissime condizioni di vita. Molto spesso, quando si rende necessario il ricovero negli ospedali d’Israele, i piccoli restano per ore nelle ambulanze bloccate ai check point. La situazione è gravissima, lo conferma da Betlemme suor Silvia Melato, del Caritas Baby Hospital, intervistata da Francesca Sabatinelli:

 

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R. – C’è un deterioramento della situazione sanitaria a livello generale e ci sono poi i continui scioperi da parte dell’Autorità Palestinese che impediscono qualsiasi servizio, tante volte anche di emergenza. Abbiamo quindi un aumento continuo di richieste di aiuto, un numero enorme di bambini che arrivano da noi. Abbiamo, a volte, veramente difficoltà a rispondere a tutti i bisogni dei bambini; abbiamo casi gravissimi anche di bambini che vengono spesso rifiutati da altri ospedali: tanti bambini, in questi giorni, purtroppo, vengono a morire qui da noi.

 

D. – Da cosa sono affetti questi bambini?

R. – Ci sono tante malattie a livello genetico, nelle quali influisce molto la tradizione di questi matrimoni tra consanguinei. Ci sono condizioni molto peggiorate a livello salute e condizioni d’igiene molto deteriorate in questi ultimi anni.

 

D. – Si parla anche di sindromi da stress per il conflitto?

 

R. – Esattamente. Le mamme sono stanche, sono sfinite. Molto dipende da questa chiusura, da questa atmosfera di prigione in cui vivono. Una donna che si trova, purtroppo, a gestire tutto in famiglia. Un marito che non lavora e quando il marito non lavora come si può andare avanti? C’è certamente la difficoltà e lo stress di vivere in una prigione. La gente cerca di andare avanti, cerca di accettare, ma ha paura per i propri figli, per il loro futuro. Questa è una situazione che non dà alcuna garanzia, una situazione soffocante.

 

D. – Che cosa volete chiedere per questo Santo Natale 2006?

 

R. – Noi vogliamo chiedere, anzitutto, la giustizia perché la pace si fonda sulla giustizia. Noi vorremmo che si parlasse di Betlemme un po’ di più, che si pensasse a questa popolazione, che il mondo cristiano fosse più sensibile e non soltanto a Natale. C’è molta indifferenza su questa popolazione. Noi ci si rende conto della complessità dei problemi qui a Betlemme, ma vorremmo che la gente potesse vedere rispettati i propri diritti come esseri umani. Questo noi lo diciamo proprio in nome di Gesù Bambino, che si è fatto uomo e che ha quindi preso su di sé la sofferenza e la debolezza della persona umana. Non possiamo negare i diritti umani a questa popolazione. Buona Natale a tutti, proprio da questo luogo, dove è nato Gesù Bambino, che sia un Natale di pace, di gioia e di serenità.

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DOMANI IL 25 MO “PRANZO DI NATALE” PER I PIU’ POVERI ED EMARGINATI,

OFFERTO DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO A ROMA

E NELLE ALTRE SEDI DELL’ASSOCIAZIONE NEL MONDO

- Intervista con Claudio Betti -

 

Una tradizione all’insegna della solidarietà che quest’anno compie 25 anni. Si tratta del Pranzo di Natale organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Nella basilica romana di Santa Maria in Trastevere e nelle altre sedi dell’organizzazione saranno ospitate persone emarginate dalla società per far vivere anche ai meno fortunati il calore ed il significato della nascita di Gesù. Ma quale significato ha quest’anno il Pranzo di Natale? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Claudio Betti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio:

 

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R. – Certamente ha il significato di una fedeltà che dura ormai da tempo con i nostri amici più cari, che sono i poveri. Sono 25 anni di storia, 25 anni di amicizia, 25 anni in cui il Natale ha rappresentato per tanti un momento di gioia e non solo un momento di abbandono. Sappiamo bene, infatti, che durante queste feste chi soffre di più la solitudine sono proprio i poveri. Proprio per questo 25 anni fa la Comunità ha voluto raccogliere i poveri, cominciando proprio nella chiesa di Santa Maria in Trastevere. Da quel piccolo gruppo di persone di 25 anni fa, il pranzo è ormai diventato una ‘cosa’ grossa. Lo scorso hanno ci sono stati in tutto il mondo circa 70 mila persone a pranzo.

 

D. – Che cosa rappresenta l’emarginato?

 

R. – Io penso che viviamo in un mondo dove ormai ci si aspetta ben poco. Io credo che il periodo di Avvento e il Natale rappresentino la possibilità di dirci che davvero qualcosa di nuovo può accadere e che davvero qualcuno può entrare nella nostra vita. Più che un discorso sociale, io penso che è il Vangelo stesso che ci chiama ad essere vicini ai poveri e ci chiama a fare un banchetto. Il Vangelo ci dice anche che quando si fa un banchetto non deve invitare quelli che hanno qualcosa da darti in contraccambio, ma si devono invitare gli zoppi, i poveri, i ciechi e cioè proprio coloro che non hanno da darti nulla in cambio. Credo che questo sia il significato principale del nostro pranzo.

 

D. – Come è cambiata la povertà in questi 25 anni?

 

R. – Mi ricordo, quando abbiamo iniziato qui a Trastevere, che il primo gruppo erano tanti anziani di Trastevere che si trovavano a vivere in un quartiere che stava cambiando radicalmente. Da questi 25 anni fa, la povertà si è fatta direi più insidiosa, quasi più nascosta. Sono scomparse le grandi baraccopoli di Roma e sono cresciute quelle povertà che si nascondono nelle pieghe della città. Se pensate al problema dell’immigrazione, che è una forma di povertà, che tocca quasi i nervi scoperti della nostra società, quasi esistessero degli anticorpi della nostra società contro chi è diverso, contro chi viene da lontano. Noi abbiamo bisogno di gesti di solidarietà in un mondo, invece, che di solidarietà ormai non parla più.

 

D. – Vedere Cristo nel povero o nell’emarginato è solo uno slogan o una frase fatta o tu sei riuscito a sperimentarlo e se sì in che occasione?

 

R. – Non è ovviamente uno slogan. Noi dobbiamo anche imparare ad avere il coraggio di prendere il Vangelo seriamente. Personalmente io vivo questo pranzo un po’ come un miracolo. E’ il miracolo di vedere dei volti sorridenti di persone che normalmente sono oppresse dalla vita e che si ritrovano al pranzo e che vedi trasfigurate. Non mi scorderò mai il volto di una signora che, dopo aver ricevuto il regalo, perché alla fine del pranzo ciascuno riceve un regalo con il proprio nome scritto, ha visto il regalo con il suo nome e ha detto questo deve essere un regalo di Dio, perché nessuno conosce il mio nome, se non Dio. Credo che questo sia un dono per me, un dono per la mia vita, ma anche un dono per ricordarsi a Natale che dobbiamo essere anche quelli che danno il dono di Dio a chi soffre, è un qualcosa di importante!

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DOPO COMPLICATE TRATTATTIVE DIPLOMATICHE IL GOVERNO BIELORUSSO

HA NEGATO AI BAMBINI OSPITATI NEGLI ISTITUTI LA POSSIBILITA

DI PASSARE LE VACANZE NATALIZIE IN ITALIA

- Intervista con Antonio Bianchi -

 

Non ci saranno vacanze natalizie in Italia, quest’anno, per i bambini della Bielorussia: il ministro italiano della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha infatti rifiutato la decisione del governo bielorusso di permettere l’arrivo in Italia solo di bambini provenienti da famiglie e non quelli residenti in Istituti. Una decisione che, secondo Ferrero, comporterebbe un’ingiusta discriminazione tra i piccoli stessi.  Forte rammarico per il mancato arrivo dei bambini è stato espresso dall’AVIB, la Federazione che riunisce 85 Associazioni italiane che fanno volontariato a favore della Bielorussia, insieme alla speranza che il dialogo interrotto possa essere ripreso nel rispetto dei diritti di tutti i minori. Adriana Masotti ha sentito Antonio Bianchi, presidente dell’AVIB.

 

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R. – Noi ci abbiamo sperato - ci abbiamo creduto ed abbiamo lavorato perché questo avvenisse - fino in fondo. Purtroppo è stato proprio all’ultimo momento che questo non è successo.

 

D. – C’è quindi un irrigidimento da parte della Bielorussia. Che cosa pensate di fare ora?

 

R. – Sicuramente di rilanciare l’appello al dialogo, sia al governo italiano che al governo bielorusso. Le prime risposte informali ci dicono di sì, che il dialogo sarà riaperto e contiamo che questo sia vero.  La politica, soprattutto la politica internazionale, ha delle regole che sono dure e spietate e per chi fa solidarietà e volontariato è difficile capirlo.

 

D. – Quali sono secondo lei i motivi di questa frenata del governo bielorusso nei riguardi dei soggiorni dei loro bambini in Italia?

 

R. – Già da prima si volevano capire meglio le garanzie che potevano essere date dall’Italia o comunque da tutti i Paesi ospitanti. Purtroppo il caso di Cogoleto è stata una miccia che ha fatto detonare un esplosivo che invece è puramente politico.

 

D. - Però è anche vero che ripensare la forma dei soggiorni temporanei è in qualche modo necessario...

 

R. - Questo è vero e lo condivido appieno.

 

D. - Quindi si continuerà a discutere su queste formule di soggiorno...

 

R. - Assolutamente sì, questo sarà un Natale un po’ duro ma sotto l’albero speriamo di vedere le nuove regole dell’accoglienza per riprendere l’arrivo di questi piccoli nostri amici. Però le adozioni sono finite. La Bielorussia ha chiuso le adozioni. Umanamente questa decisione non riesco a condividerla e a capirla, politicamente sì, perchè se io mando in adozione internazionale i miei figli è perché io ammetto di non essere in grado di garantire un futuro a questi bambini…

 

D. – Un’ammissione che la Bielorussia non può fare...

 

R. – Esatto. E’ stata fatta una legge dove entro la fine del 2007 e 2008, tutti gli istituti saranno chiusi e tutti i bambini saranno in adozione, ma in Bielorussia.

 

D. - Quindi il vostro intento rimarrà quello di poter fare in modo che siano realizzabili ancora almeno i soggiorni...

 

R. – Assolutamente. Perché noi comunque ci occupiamo di accoglienza, noi partiamo da un motivo sanitario che è quello di superare le radiazioni. Poi si è creato anche un progetto di tipo sociale che si è allargato agli orfanotrofi. Forse era per questo che bisognava cambiare le regole e formare meglio le famiglie, perché forse troppe famiglie, troppe associazioni, facevano commistione delle due cose, accoglienza uguale adozioni.

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CHIESA E SOCIETA’

24 dicembre 2006

 

 

“CONTEMPLARE IL MISTERO DEL PRESEPE E SCOPRIRE NEL DIO BAMBINO

UNA LUCE DI SPERANZA PER I TEMPI FUTURI”:

E’ L’INVITO DEI VESCOVI CILENI NEL LORO MESSAGGIO NATALIZIO

 

SANTIAGO.= “Natale: invito a vivere il dono della pace”: è il titolo del messaggio diffuso dal Comitato permanente della Conferenza episcopale del Cile in occasione delle festività natalizie. Come riporta l’agenzia Fides, i presuli esortano la popolazione a contemplare il mistero del Presepe e a scoprire in Gesù Bambino il dono dell’amore, della riconciliazione e della pace. “Il Dio Bambino entra nella storia concreta del suo tempo – affermano – epoca di conflitti sociali e di morte, di ingiustizie e di pianto, ma anche tempo di speranze”. Anche oggi la nascita di questo Bambino “illumina le nostre attuali circostanze storiche”. I vescovi ricordano quindi gli avvenimenti lieti e dolorosi che il Cile ha vissuto nel 2006, molti dei quali “denotano malattie del tessuto sociale”. Tra i fatti negativi, sottolineano “i comportamenti che non sono nobili, situazioni di violenza ed aggressione inqualificabile che ingrandiscono ferite ancora non cicatrizzate”. Ma insieme a questi aspetti, constatano “la saggezza, la sensatezza, l’apertura al dialogo e la grandezza di molte autorità, dirigenti, istituzioni civili e militari, e cittadini di tutti i settori, che anelano soltanto ad un Paese migliore per le nuove generazioni”. Di fronte a questa situazione, i Vescovi invitano a contemplare il Dio Bambino e a scoprire in Lui “una luce di speranza per i tempi futuri". “Un Paese che cresce economicamente, ma diminuisce in felicità – continua il Messaggio – è un Paese che non sa dove siano le fonti della propria gioia o che non dirige verso di esse i suoi passi”. Infine, l’esortazione “a vivere questa vigilia di Natale come suggeriva Sant’Alberto Hurtado: “Accompagnare Gesù Bambino (…), guardarlo con amore e chiedergli qualcosa del suo spirito, dello spirito delle Beatitudini, del Buon Pastore, del buon Samaritano”. (A.D.F.)

 

 

L’EVANGELIZZAZIONE AL CENTRO DEL PIANO PASTORALE 2007 DEI VESCOVI COREANI

 

SEUL.= Nel 2007, sarà l’evangelizzazione l’impegno prioritario dei vescovi coreani. Nelle Lettere Pastorali inviate da ciascun presule alla propria diocesi, infatti, il tema dell’annuncio di Cristo è stato adattato ai diversi contesti territoriali. I vescovi hanno chiesto la collaborazione di sacerdoti e religiosi, ma anche di laici, famiglie, giovani e bambini ad evangelizzare coloro che hanno vicino, per essere autentici testimoni di Cristo nel mondo. In particolare, il cardinale Nicholas Cheong Jinsuk, arcivescovo di Seul, afferma che “il valore della vita è quello più prezioso” e che “la Chiesa è chiamata a proteggerlo da ogni minaccia”. “Proclamiamo la vita con l’immagine di Gesù – aggiunge – che ha aiutato i poveri e i malati, e con l’immagine di Maria, che rispetta la vita”. Mons. Paul Ri Moun-hi, arcivescovo di Daegu, definisce il 2007 “Anno dell’evangelizzazione per gli anziani” e spiega che “l’anzianità non è un’età solo buona per la pensione, ma è utile per vivere una parte del viaggio della vita che ci consegna una speranza futura”. Il presule esorta i fedeli a praticare la cura pastorale degli anziani, rendendoli partecipi della vita della Chiesa. (A.D.F.)

 

 

GIORNO DOPO GIORNO, ACCOMPAGNATI DAI PENSIERI

 DI BENEDETTO XVI E GIOVANNI PAOLO II:

 E’ QUANTO PROPONGONO PER IL 2007 DUE RACCOLTE DI SCRITTI DEI DUE PONTEFICI, PUBBLICATE DALLE EDIZIONI SAN PAOLO E RIZZOLI

 

ROMA.= Accompagnare ogni giorno del 2007 con una meditazione di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. E’ quanto si propongono due libri di ultima uscita che raccolgono pensieri e riflessioni di Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger. “365 giorni con il Papa. Collaboratori della verità”: questo, il titolo del volume edito dalla San Paolo (546 pagine, Euro 12,50). Si tratta di un vero e proprio breviario, già pubblicato in tedesco nel 1990, che contiene brani tratti da prediche e discorsi pronunciati dall’allora arcivescovo di Monaco e Frisinga, Jospeh Ratzinger. La selezione dei testi è stata curata da suor Irene Grassl. “Un anno con Giovanni Paolo II. Meditazioni e preghiere per 365 giorni” è, invece, la proposta editoriale per il 2007 della Rizzoli (418 pagine, Euro 18,00). Si tratta di un’antologia di pensieri tutti tratti dal magistero petrino di Papa Wojtyla, nell’arco dei suoi quasi 27 anni di Pontificato. “Quando ricevetti la notizia della morte di Karol Wojtyla – scrive il curatore della raccolta, padre Jerome-Michael Vereb – mi interrogai su quale sarebbe stata l'eredità dei suoi insegnamenti e della sua azione. La mia esperienza romana durante il suo Pontificato mi spinge a riassumerla in due sole parole: umiltà e grazia. Pertanto ho selezionato questa raccolta nel tentativo di mostrare la sua tranquillità e pressante profondità”. (A.G.)

 

 

IL MONDO DEL VOLONTARIATO SI MOBILITA IN SOCCORSO

DELLA POPOLAZIONE PALESTINESE. RACCOLTI OLTRE 10 MILA EURO

IN UNA CAMPAGNA PROMOSSA DA FOCSIV E CIPAX,

DAL TITOLO: “UN ANELLO…DI UNA CATENA PER GAZA”

 

ROMA. = 10 mila e 700 euro è la somma raccolta da “Un anello…di una catena per Gaza”, la campagna di solidarietà con il popolo palestinese, promossa dalla FOCSIV, Federazione degli organismi cristiani del servizio internazionale volontario, in collaborazione con il Centro interconfessionale per la pace (CIPAX). L’iniziativa di raccolta fondi – precisa l’agenzia SIR – fa parte della più ampia campagna “La Palestina ha bisogno di noi. Noi abbiamo bisogno della Palestina”, promossa dalla ONGAction for pace’ e da numerose testate giornalistiche. “Abbiamo promosso questa campagna - ha dichiarato Umberto Dal Maso, presidente dalla FOCSIV - per rispondere alle drammatiche condizioni in cui versa ormai da mesi la popolazione palestinese”. L’obiettivo – ha concluso il presidente – è quello di “far sentire ancora una volta la voce di tutti quelli che vogliono che la pace sia fatta dalla cooperazione tra i popoli, in nome del rispetto dei diritti umani”. (E. B.)

 

 

IL 23 PER CENTO DELLA POPOLAZIONE DE GUATEMALA È FORTEMENTE DENUTRITO:

 LO RIVELA UNO STUDIO DEL CENTRO INTERNAZIONALE

DI RICERCHE SUI DIRITTI UMANI

 

CITTA’ DEL GUATEMALA. = Quasi un quarto della popolazione del Guatemala è denutrita: è quanto denuncia una recente indagine del Centro internazionale di ricerche sui diritti umani, dalla quale emerge che il 23 per cento dei guatemaltechi dispone di poco cibo. Il dato, già preoccupante, è in drammatico aumento e interessa soprattutto i bambini e le etnie indigene dei Chorti, Chuj, Ixil, Mam e Tektiteko. Secondo la ricerca, citata dall’agenzia Sir, il tasso di denutrizione è aumentato del 16-26% negli ultimi dieci anni, periodo che è seguito agli accordi di pace firmati dopo 36 anni di conflitti civili, che hanno sconvolto lo Stato dell’America centrale provocando più di 200 mila morti. Lo studio rileva inoltre che, su 380.578 minori della scuola primaria, soltanto il 51,2 per cento indossa una taglia consona alla sua età; il 48,8 per cento dei bambini è invece in forte o fortissimo ritardo di crescita. “La commemorazione dei dieci anni della firma della pace – si legge nello studio – è un momento propizio per riflettere sui passi in avanti nell’ambito di un diritto tanto fondamentale come quello del diritto al cibo”. (A.D.F.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 dicembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

Spiragli di pace in Medio Oriente dopo l’incontro a sorpresa ieri, a Gerusalemme, tra il premier israeliano, Ehud Olmert, ed il presidente palestinese, Abu Mazen. In un comunicato congiunto si legge che i due leader “hanno espresso la volontà di cooperare come veri partner nello sforzo di far progredire il processo di pace tra Israele e Autorità nazionale palestinese”. Il nostro servizio:

 

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         L’incontro e la stretta di mano tra il premier israeliano ed il presiedente palestinese riempiono di nuove speranze il difficile processo di pace tra israeliani e palestinesi, congelato dalla fine del 2000. Durante il colloquio, sono stati toccati temi focali quali l’estensione del cessate il fuoco alla Cisgiordania e la creazione di una “commissione mista” per la liberazione dei prigionieri. I due leader hanno parlato di Israele e Autorità nazionale palestinese come di due “autentici partner”. E i primi effetti di questo nuovo corso verso la riconciliazione non si sono fatti attendere: Israele ha infatti approvato stamani, ad unanimità, il versamento alla presidenza palestinese di 100 milioni di dollari, fondi finora congelati e provenienti da dazi doganali e tasse in favore dell'Autorità nazionale palestinese. Il provvedimento segue la decisione, annunciata ieri dal Quartetto per il processo di pace in Medio Oriente composto da Stati Uniti, Russia, ONU e Unione Europea, di tornare a versare, per almeno 3 mesi, aiuti finanziari per sostenere la popolazione palestinese. Al chiaro appoggio della comunità internazionale verso il presidente Abu Mazen si aggiunge, poi, una meno prevedibile apertura da parte di Hamas, formazione al governo, nei confronti dello stesso. Il primo ministro e leader del gruppo radicale, Ismail Haniyeh, ha risposto all’appello del presidente palestinese dicendosi disponibile a riprendere i negoziati con il suo partito di al Fatah per un governo di unità nazionale. Gli spiragli di pace, riaperti con l’incontro di ieri tra Olmert e Abu Mazen, e questa nuova schiarita nella difficile situazione politica interna palestinese, fanno dunque sperare in una autentica riconciliazione non solo tra israeliani e palestinesi ma anche tra sostenitori di Hamas e di al Fatah.

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In Iran il Parlamento ha deciso, a maggioranza, di avviare l’iter di una legge che, se approvata, richiederà al governo di “riconsiderare la sua cooperazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA)”. La decisione arriva all’indomani del voto, ad unanimità, del Consiglio di sicurezza dell’ONU sulla risoluzione che prevede sanzioni economiche contro l’Iran. La Repubblica islamica, ritenuta rea di non aver sospeso i processi per l’arricchimento dell’uranio, ha annunciato di voler continuare le attività nell’ambito del proprio programma nucleare. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha anche definito “carta straccia” la risoluzione delle Nazioni Unite.

 

Nuovo attentato in Iraq: l’esplosione di un ordigno ha investito una stazione di polizia di una cittadina a nord di Baghdad. La polizia irachena è regolarmente l’obiettivo dei ribelli sunniti. La provincia di Diyala, dove ha avuto luogo l’esplosione, è una delle principali roccaforti della guerriglia. Un attacco contro forze di polizia si registra poi anche nel sud del Paese, dove almeno cinque poliziotti agenti sono morti in seguito ad un conflitto a fuoco con ribelli. 

 

Le piogge monsoniche hanno provocato gravi inondazioni in tutto il sud-est asiatico: almeno 60 persone sono morte e centinaia sono disperse sull’isola indonesiana di Sumatra. Più di 70 mila persone hanno dovuto essere evacuate. Grave la situazione anche nella vicina  Malaysia, dove i morti al momento sono 7 e le persone evacuate sono più di 130 mila. In Indonesia, dove alcune regioni sono state ricoperte da tre metri di acqua, il vice presidente Yusuf Kalla ha indicato nella deforestazione selvaggia le causa delle inondazioni e ha promesso un’accelerazione del programma di rimboschimento con uno stanziamento di 440 milioni di dollari. 

 

Si aggrava la crisi in Somalia: l’aviazione etiope ha lanciato un “contrattacco” contro le milizie islamiche, in guerra da alcuni mesi contro il governo di transizione somalo. Lo ha reso noto un portavoce del governo etiope precisando che l’Etiopia ha deciso di utilizzare il suo “diritto di legittima difesa”. Fonti delle Corti islamiche, che da giugno controllano la capitale e quasi metà del Paese, hanno confermato raid aerei contro proprie roccaforti nella regione centrale della Somalia. Ma non sono solo le Corti islamiche e l’esercito etiope ad essere coinvolti in questo scenario così allarmante. Secondo alcuni analisti militari, L’Eritrea avrebbe impegnato infatti circa 2.000 uomini per sostenere i guerriglieri islamici. Secondo diverse fonti, il governo etiope ha già schierato circa 20.000 soldati nella provincia di Baidoa in difesa del fragile governo somalo, riconosciuto come legittimo dalla comunità internazionale.

 

Il Sudan ha annunciato di aver risposto “favorevolmente” alla richiesta del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, per un’operazione di pace in Darfur, martoriata regione occidentale del Paese. Le autorità sudanesi hanno accettato un aiuto logistico di caschi blu dell’ONU alla forza africana ‘AMIS’, composta da settemila uomini, giudicata inefficace perché mal equipaggiata e sotto-finanziata.

 

 “Il governo italiano e l’AGIP devono darsi una mossa”. E’ l’accorato appello rivolto in una telefonata alla redazione del quotidiano “Il Manifesto” dai tre ostaggi italiani e uno libanese, da 18 giorni nelle mani dei ribelli del Delta del Niger. Tutti e quattro hanno voluto rassicurare le proprie famiglie: “Ci trattano al meglio – hanno detto - e non ci manca niente, ma non sappiamo dove ci troviamo”.

 

Solenni esequie oggi per il presidente turkmeno, Saparmurat Nyazov, morto giovedì scorso per infarto a 66 anni, dopo aver governato  per 21 anni. Un corteo composto da blindati militari ha lasciato la capitale accompagnando il feretro del defunto capo di Stato verso il suo Paese natale, Kitshak, ad una quindicina di chilometri di distanza dalla capitale Ashabad, dove Nyazov sarà sepolto nel mausoleo di famiglia. Questa mattina migliaia di turkmeni hanno reso omaggio alla salma. Alle esequie, sono presenti una trentina di delegazioni straniere, tra cui quella russa presieduta dal primo ministro, Mikhail Fradkov, e quella afghana, guidata dal presidente Hamid Karzai.

 

 

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