RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 355 - Testo
della trasmissione di giovedì 21 dicembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
“Famiglia Cristiana” festeggia i
suoi 75 anni con un numero speciale
Consenso
politico e sindacale per la riforma dell’ente pubblico radiotelevisivo in
Spagna
Speciale
Natale di Rai.it dedicato a bambini e ragazzi
E’ stato inaugurato il
secondo “Ponte dell’amicizia” che collega Thailandia
e Laos
Il presidente palestinese Abu
Mazen chiede ad al Fatah di rilanciare il dialogo con Hamas
21 dicembre 2006
IL NATALE CI INVITA A RICONOSCERE IL BAMBINO GESU’ IN TUTTI I BAMBINI,
GIOIA
DELLA CHIESA E SPERANZA DEL MONDO: COSI’, BENEDETTO XVI
NELL’UDIENZA DI STAMANI AI GIOVANI DELL’AZIONE
CATTOLICA RAGAZZI
A Natale, siamo invitati a riconoscere il Bambino Gesù in
tutti i bambini del mondo: è la riflessione offerta da Benedetto XVI ai giovani
dell’ACR, l’Azione Cattolica Ragazzi, ricevuti stamani in udienza in Vaticano.
Il Papa ha sottolineato che il Natale è il grande “mistero della Verità e della
Bellezza di Dio che viene in mezzo a noi”. Ad accompagnare i giovani di ACR
c’erano l’assistente generale, mons. Francesco Lambiasi,
ed il presidente dell’associazione, il prof. Luigi Alici. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
**********
Testimoniate che Gesù non toglie nulla alla vostra gioia,
ma vi rende più umani, più veri e più belli: è l’esortazione di Benedetto XVI
ai giovani dell’ACR, l’Azione Cattolica Ragazzi, invitati dal Papa ad essere
“amici di Gesù”, a farlo conoscere sempre più “nelle città, nelle parrocchie e
nelle famiglie”. La nascita di Gesù, ha sottolineato, “non è una fiaba”, ma
“una storia realmente accaduta, avvenuta a Betlemme duemila anni fa”. E’ “il
mistero della Verità e della Bellezza di Dio che viene in mezzo a noi per la
salvezza di tutti”. Si è così soffermato sul significato più profondo del
Natale:
“Insieme a tanti
papà e mamme che si affaticano ogni giorno affrontando continui sacrifici,
assieme ai piccoli, ai malati, ai poveri facciamo festa, perché con la nascita
di Gesù il Padre celeste ha risposto al desiderio di verità, di perdono e di
pace del nostro cuore. E ha risposto con un amore così grande da sorprenderci:
nessuno avrebbe mai potuto immaginarlo, se Gesù non ce lo
avesse rivelato!”
Proprio “nel volto del piccolo Gesù”, è stata la
riflessione del Papa, “contempliamo il volto di Dio che non si rivela nella
forza o nella potenza, ma nella debolezza e nella fragile costituzione di un
bambino”. Avvolto in fasce e posto nella mangiatoia “con materna attenzione
dalla Madre”, ha proseguito il Pontefice, questo Bambino divino “rivela tutta
la bontà e l’infinita bellezza di Dio”. Mostra la fedeltà e la tenerezza
dell’amore sconfinato con cui Dio circonda ciascuno di noi. Per questo facciamo
festa a Natale”. Benedetto XVI ha così rivolto il pensiero allo stupore che si
prova di fronte alla nascita di ogni bambino:
“Lo stupore che
proviamo davanti all’incanto del Natale si riflette in qualche misura nella
meraviglia di ogni nascita e ci invita a riconoscere il Bambino Gesù in tutti i
bambini, che sono la gioia della Chiesa e la speranza del mondo”.
Il Neonato che viene al mondo a Betlemme, ha detto ancora,
“è lo stesso Gesù che camminava per le strade della Galilea e che ha donato la
vita per noi sulla Croce” e che, dopo la sua ascesa al Cielo, “continua a
guidare
(Cori)
L’udienza si è svolta in un clima particolarmente festoso.
Prima del discorso del Santo Padre, una bambina ha manifestato i propositi dei
giovani dell’ACR per questo Natale:
“Vorremmo dire a
tutti che essere artefici di pace è il dono più bello, che sogniamo per questo
Natale. Ti chiediamo di benedire questi nostri propositi e di accompagnarci con
il tuo sorriso, la tua benedizione ed il tuo affetto. Padre Santo noi ragazzi
dell’ACR, ti diciamo con forza Buon Natale, Benedetto!”
(Applausi)
**********
IERI
POMERIGGIO,
- Con
noi l’arcivescovo Giovanni Lajolo e Agazio Loiero -
“Evviva il Papa! Evviva
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(Musica)
Canti e danze della tradizione folkloristica
calabrese hanno allietato la cerimonia ai piedi dell’abete, il più alto tra gli
alberi di Natale mai donati al Vaticano, come ha precisato l’arcivescovo Lajolo:
“E’ significativo che questo splendido abete, proveniente
dalla Calabria, parli di essa al mondo proprio a
fianco del presepe di Piazza San Pietro. Valga esso come testimonianza della vocazione
della Calabria ad essere, nel contesto globalizzato
del mondo di oggi, un elemento attivo di civiltà contrassegnata dalla grande
tradizione ellenica e bizantina e dalla linfa forte sempre di nuova vita del
Cristianesimo”.
Insieme al maestoso abete,
“La nostra regione infatti sta
vivendo un particolare momento di travaglio ma i calabresi di buona volontà
sono tanti. Hanno raggiunto la consapevolezza della necessità di reagire e di costruire
giorno dopo giorno un futuro diverso sulla base dei nobili valori che vogliamo
si radichino sempre di più nei nostri giovani, speranza
del domani”.
Un sussulto di meraviglia ha sottolineato l’accensione
dell’abete da parte di un bimbo della Calabria. Venti mila luci bianche e
gialle, un luccichio di sfere d’oro e d’argento e in cima una grande stella,
simbolo della luce che avvolge il mondo con la nascita del Salvatore.
(musica)
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NOTE
DI SOLIDARIETA’ DELLA SALA STAMPA VATICANA E
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE POLACCA AL NUOVO
ARCIVESCOVO DI VARSAVIA,
CIRCA LE ACCUSE RIVOLTEGLI DALLA STAMPA DI AVER
COLLABORATO
CON I SERVIZI SEGRETI DEL PASSATO REGIME COMUNISTA
Il nuovo arcivescovo di Varsavia, mons. Stanisław Wielgus, respinge
con decisione l’addebito di aver collaborato con i Servizi segreti comunisti,
dalla fine degli anni Sessanta al 1990, rivoltogli dal settimanale“Gazeta Polska”. Mons. Wielgus considera tali
accuse un “attacco pianificato”, programmato forse “in previsione
dell’assunzione del nuovo incarico”.
In relazione a tali accuse la presidenza della
Conferenza episcopale polacca “richiama l’attenzione sul pubblico nocumento
reso al buon nome della persona”. La situazione creatasi – si legge in una nota
pubblicata ieri - è “particolarmente offensiva nei confronti di un
ecclesiastico”, laddove “il semplice verificarsi di una conversazione tra un
sacerdote ed esponenti dei Servizi del regime comunista non può in sé attestare
una collaborazione immorale, dato che non di rado tale
conversazione aveva carattere di ufficio o doveva esser svolta per
ragioni pastorali o per compiere studi, con il consenso del vescovo”. Da qui la richiesta - espressa
nella nota - di rispettare la decisione del Papa che “ha riposto fiducia nella
persona dell’arcivescovo designato conferendogli l’ufficio di arcivescovo
metropolita di Varsavia”. “Esprimendo solidarietà a mons. Wielgus,
mons. Józef Michalik, mons.
Stanisław Gądecki
e mons. Piotr Libera, rispettivamente presidente,
vice presidente e segretario generale della Conferenza episcopale polacca,
affidano “a Dio la sua persona nonché il servizio a Lui affidato” e restano
“fiduciosi che la confusione mediatica creatasi non
disturberà l’atmosfera religiosa e familiare” del Santo Natale.
In merito alla vicenda,
Da rilevare che da tempo in Polonia si
dibatte sulla necessità di fare chiarezza sulle possibili ‘infiltrazioni’ dei
Servizi segreti comunisti nei vari ambienti sociali del Paese, senza avere
finora raccolto riscontri adeguati. A fronte di ciò si sono creati degli
‘eventi mediatici’ sulla presunta collaborazione di
preti. Senza escludere alcuni fatti reali, per la massima parte tali incontri
tra esponenti del clero e dei Servizi segreti riguardavano contatti di routine
propri dei tempi del socialismo reale, imposti dal regime comunista alla Chiesa
che cercava di realizzare la sua missione pastorale pure nelle condizioni
esistenti.
AL
PONTIFICIO CONSIGLIO “COR UNUM” IL PREMIO
“OSWALD
VON NELL-BREUNING 2007”.
LA CONSEGNA AL SUO PRESIDENTE, L’ARCIVESCOVO
PAUL JOSEF CORDES,
AVVERRA’ IL 16 MARZO PROSSIMO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Importante riconoscimento per il dicastero vaticano “Cor
Unum”. La città tedesca di Treviri ha, infatti,
conferito al Pontificio Consiglio, rappresentato dal suo presidente,
l'arcivescovo tedesco Paul Josef
Cordes, il premio “Oswald von Nell-Breuning 2007”. Con tale
premio, la città natale del padre gesuita grande studioso di etica sociale -
riconosciuto come “mentore della Dottrina sociale della Chiesa” e scomparso nel
1991 all'età di 101 anni - ha voluto onorare Cor Unum quale
“istituzione, che si impegna in modo convincente a rinsaldare i legami tra la
dottrina sociale e la carità della Chiesa”.
Nella motivazione del premio, si sottolinea che mons. Cordes, presidente di “Cor Unum” dal 1995, è
“rappresentante solerte, avveduto ed attivo della carità cristiana”. I membri
della giuria scrivono, inoltre, che “l'arcivescovo Cordes
ha saputo mediare tra la preoccupazione per una giusta struttura sociale e la
permanente necessità di opere caritative”. La consegna ufficiale del premio,
con dotazione di 10.000 Euro, avverrà venerdì 16 marzo 2007, alle ore 17.00,
nell’aula delle promozioni del seminario vescovile. In questo luogo, all’età di 18 anni, Oswald von Nell-Breuning
superò l’esame di maturità come allievo del “Friedrich-Wilhelm-Gymnasium”.
A partire dal 2003, il premio “Oswald
von Nell-Breuning” viene assegnato ogni due anni come segno dell’attaccamento
della città al suo compianto cittadino onorario. Il premio vuole, inoltre,
ricordare l’opera epocale realizzata dal padre gesuita e contribuire alla
diffusione della sua eredità culturale. Finora sono stati insigniti del premio
il giudice emerito della corte costituzionale tedesca, professor Paul Kirchhof (2003), e l’ex
cancelliere tedesco, Helmut Schmidt
(2005).
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - L'udienza di Benedetto XVI all'Azione Cattolica
Italiana Ragazzi.
Servizio estero - Medio Oriente: ancora possibile un Governo unitario
con Hamas.
Servizio culturale - Un articolo di Paolo Miccoli
dal titolo "Alle soglie del Mistero": in cammino verso Natale.
Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.
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21 dicembre 2006
IL
MEDICO HA STACCATO LA SPINA DEL RESPIRATORE ARTIFICIALE.
I COMMENTI
DI MONS. ELIO SGRECCIA E DEL PROF.
FRANCESCO D’AGOSTINO
Piergiorgio Welby è morto ieri
sera poco prima della mezzanotte. Un medico-anestesista dell’ospedale di
Cremona, Mario Riccio, dopo averlo sedato ha staccato la spina del respiratore
artificiale che dal 1977 teneva in vita Welby,
affetto da distrofia muscolare progressiva. L’annuncio della morte è stato dato
questa mattina ai microfoni di Radio Radicale da Marco Pannella.
In conferenza stampa il medico ha dichiarato di “aver rispettato la volontà di
morire dell’uomo”. Piergiorgio Welby, 61 anni, che al
momento del decesso aveva accanto la moglie, la sorella
e alcuni esponenti del partito radicale, nel settembre scorso si era rivolto al presidente della repubblica
Napolitano chiedendo “di poter morire con dignità”. Il caso aveva suscitato
numerosi interventi e polemiche, arrivando fino al tribunale di Roma al quale Welby si era rivolto per ottenere l’interruzione delle
cure, un ricorso ritenuto però inammissibile. Di ieri, infine, il parere del
Consiglio Superiore di Sanità per il quale le cure che
lo tenevano in vita non erano da configurarsi come accanimento terapeutico.
Paolo Ondarza ha raccolto il commento di mons. Elio Sgreccia,
presidente dell’istituto di bioetica dell’Università cattolica del Sacro cuore:
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R. – La vicenda ha avuto una lunga polemica di carattere
politico ed è stata anche caratterizzata da momenti giuridici. Dal punto di
vista etico non si tratta – è stato detto – di accanimento terapeutico. Questo
va ripetuto, perché lo ha stabilito una commissione medica pienamente
competente su questo fatto. Si è, piuttosto, trattato di una richiesta di
interruzione di cure. Quel trattamento lì viene
abitualmente somministrato ai malati di quel tipo di malattia, la gran parte di
essi lo sopportano e lo desiderano, mentre in questo caso c’è stata una richiesta
esplicita di rifiuto delle cure. Il rifiuto delle cure giuridicamente è ammesso
dalla Costituzione italiana, però, manca la legge applicativa. Dal punto di
vista etico, rifiutare le cure, se le cure sono proporzionate, è una richiesta
illecita; però se il paziente insiste e rifiuta queste cure non lo si può costringere. Il medico che stacca la spina, si espone
al giudizio della legge. In questo caso è difficile capire: noi non possiamo
sapere se il paziente ne ha fatto richiesta perché rifiutava questo trattamento
per lui insopportabile, e in qual caso la richiesta poteva essere moralmente
lecita, oppure il paziente ne ha fatto richiesta per farne una battaglia
politica e, quindi, per ottenere una legge che spiani la strada all’eutanasia.
Questo fatto di aver “politicizzato” il paziente, di averlo messo nelle
condizioni di agganciare la sua richiesta ad una campagna pro-eutanasia, ha
reso impossibile sapere se la sua richiesta era fondata sul suo bene o sul bene
del suo partito.
D. – A questo punto, mons. Sgreccia,
il dibattito sull’eutanasia come ne verrà influenzato,
secondo lei?
R. – Certamente di fronte alle prese di posizioni
ideologiche, è necessario stabilire dei criteri chiari sia per quanto riguarda
l’accanimento terapeutico, sul quale in un primo tempo si era impostato tutta
la discussione, sia per quanto riguarda il rifiuto delle cure. Devono essere
dei percorsi non solo etici, ma anche giuridici, perché eticamente
si deve sapere quando è lecito rifiutare le cure e
quando è lecito per il medico accettare questo rifiuto. Si deve poi sapere da
parte della legge cosa si deve fare quando il paziente
rifiuta delle cure, anche in modo illecito e non motivato.
**********
Attonito il mondo politico italiano. Il centrodestra parla di
strumentalizzazione da parte dei radicali e chiede “l’arresto dei colpevoli
dell’omicidio”. La maggioranza sollecita un confronto in parlamento sul tema
eutanasia e il confine tra vita e morte. Il radicale Marco Cappato
sottolinea come Welby abbia ottenuto ciò che aveva chiesto. In proposito il commento di Francesco
D’Agostino, presidente dell’Unione dei Giuristi Cattolici:
*********
R. – Le dichiarazioni sulla fine di Piergiorgio Welby sono connotate da una certa intenzionale ambiguità ed
è, quindi, difficile valutare quello che sia successo: se si sia trattato di
eutanasia vera e propria o di altro tipo di intervento. Credo, però, che a
poche ore dalla morte di quest’uomo, che ha sicuramente sofferto moltissimo,
sarebbe molto bello che ci fosse un certo rilassamento sul piano mediatico e che questa vicenda inducesse tutti ad una
riflessione profonda sul senso della morte, del dolore e della sofferenza.
D. – La morte di Welby può
creare un precedente, secondo lei, da un punto di vista legislativo?
R. – Io ritengo che non ci sia alcuna ragione per parlare
di precedenti. La legislazione italiana in materia è assolutamente chiara e
completa e cioè “no” all’eutanasia, ‘no’
all’accanimento terapeutico e ‘sì’ – anche se si tratta di un ‘sì’ tragico – al
rifiuto di cure da parte dei pazienti. Quelli che auspicano nuovi interventi
legislativi non si rendono conto - o purtroppo se ne rendono conto benissimo a seconda dei casi - che ciò che realmente stanno auspicando
è la legalizzazione dell’eutanasia nel nostro Paese. E allora questo è un
discorso che va fatto in modo esplicito e pubblico, senza partire da casi
pietosi e tragici e soprattutto facendo riflettere il popolo italiano sulle
conseguenze di immensa portata, a livello di tutela dei malati più deboli, che
una legislazione sull’eutanasia potrebbe avere.
**********
SEMPRE
PIU’ DIFFICILE LA SITUAZIONE IN SOMALIA:
DOPO
MESI DI FORTI TENSIONI SI TEME UN CONFLITTO APERTO
-
Intervista con Irene Panozzo -
Rischia di precipitare la
situazione in Somalia. Oggi Hassan Dahir Aweys,
leader delle corti islamiche che controllano gran parte del Paese, ha
detto che
**********
R. – C’è questo rischio ed è stato ripetutamente
sottolineato sia dai responsabili delle Corti islamiche, che da giugno
controllano la capitale somala Mogadiscio e vaste aree del sud del Paese, sia
dallo stesso governo di Meles Zenawi, il premier dell’Etiopia, che ha
di fatto confermato nei mesi scorsi di dare ampio appoggio alle
istituzioni transitorie somale. Quindi, questo pericolo effettivamente c’è e
gli scontri di ieri sono nati alla scadenza dell’ultimatum lanciato dalle Corti
islamiche all’Etiopia, in cui si davano sette giorni per lasciare il Paese,
ritirare le proprie truppe da Baidoa. E’ il segno che
lo scontro aperto è non soltanto un rischio, ma potrebbe diventare anche molto
velocemente una realtà.
D. – Gli analisti temono che un conflitto tra Somalia ed
Etiopia possa creare un pericoloso effetto domino, riaccendendo vecchie guerre
in quell’area africana. Secondo lei è prospettabile
una situazione del genere?
R. - Secondo quello che dicono alcuni rapporti
internazionali - in particolare un rapporto delle Nazioni Unite, presentato a
metà novembre - a fianco delle Corti islamiche ci sarebbero truppe e
finanziamenti dell’Eritrea. Quindi, ci sarebbe il rischio che uno scontro tra
Corti islamiche e istituzioni transitorie diventi di fatto
una guerra per procura, se non addirittura una guerra frontale diretta tra
Eritrea ed Etiopia.
D. – Una situazione dunque molto delicata. Ma quali
potrebbero essere a questo punto le mosse della comunità internazionale per
evitare il peggio?
R. – Le mosse essenzialmente potrebbero essere quelle di
cercare di convincere entrambe le parti a riaprire i negoziati, cosa che però è estremamente difficile, perché finora la comunità internazionale, a
mio parere, ha sbagliato strategia. La risoluzione che il Consiglio di
sicurezza ha adottato ad inizio dicembre sulla questione somala è una
risoluzione adottata all’unanimità, che permette l’intervento di una forza
militare dell’Igad, che è l’organizzazione regionale
del Corno d’Africa, a fianco e a sostegno delle istituzioni transitorie somale,
appunto rifugiate a Baidoa. E’ stata una mossa che,
di fatto, nega la possibilità di una riapertura del dialogo, perché schiera la
comunità internazionale, attraverso appunto il Consiglio di Sicurezza, a fianco
delle istituzioni transitorie che sono estremamente deboli e che non
rappresentano più – se mai hanno rappresentato - il popolo somalo. Questo mette
le Corti islamiche dalla parte del torto ed impedisce quindi una ripresa del
dialogo. Questa risoluzione può soltanto far peggiore la situazione, tanto più
che permette ai Paesi che parteciperanno all’eventuale forza di interposizione
dell’Igad di non sottostare all’embargo sulle armi.
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E’ MORTO IN TURKMENISTAN IL PRESIDENTE SAPARMOURAT
NIAZOV
CHE
GUIDAVA L’EX REPUBBLICA SOVIETICA DA 21 ANNI
-
Intervista con Mohammad-Reza Djalili
-
E' morto questa mattina il presidente del
Turkmenistan, Saparmourat Niazov,
che dirigeva l'ex Repubblica Sovietica
da più di 21 anni. Aveva 66 anni. Ma per saperne di più della sua figura, del
suo ruolo nella storia recente del Paese e delle possibili ripercussioni alla
sua scomparsa, Geremy Crossard
ha intervistato Mohammad-Reza Djalili, professore
all’Istituto universitario di Alti Studi internazionali e dello sviluppo a
Ginevra:
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R. – IL ETAIT AU POUVOIR DEPUIS…
Era al potere, in effetti, fin da 1985, quando è divenuto
segretario generale del Partito Comunista del Turkmenistan.
Successivamente, dopo l’indipen-denza dall’ex Unione Sovietica, è divenuto
presidente e quindi dal 1991 è stato al potere come presidente fino alla sua
morte, avvenuta ieri sera. Tra i dirigenti che caratterizzano la classe
politica del centro Asia ce sono generalmente anche di
autoritari, ma credo che Niyazov occupasse il primo
posto, se facciamo una sorta di piccola scala riguardo ai regime locali.
Potremmo, tra l’altro, dire che il regime del Turkmenistan,
se vogliamo compararlo ad altri, credo che somigli molto a quello che esiste in
Corea del Nord. Niyazov
aveva un culto della sua persona, portato quasi all’estremo ed era solo lui che
controllava tutti gli aspetti politici, economici e sociali del suo Paese.
D. – Come procederà ora la transizione politica?
R. –
VOUS SAVEZ QUE TOUTES …
Voi sapete che tutti i tipi di opposizione sono stati
eliminati e tutti gli oppositori sono stati esiliati. E’ probabile che alcuni
di questi esiliati si trovino ora a Mosca e cercheranno di rientrare nel Paese.
In questo delicato momento, ognuno cercherà di assicurarsi una parte del
potere. Questo Paese non ha alcuna tradizione di tipo democratica, ancora meno
dei Paesi vicini. In questa prospettiva, io credo che la transizione rischia di essere difficile e caratterizzata anche da avvenimenti
imprevisti. In ogni modo, qualsiasi cosa succeda, io credo che, nelle prossime
settimane, assisteremo ad una prima apertura, tanto più che il
Turkmenistan è un Paese fortemente chiuso e estremamente lontano dalla
scena internazionale. Niazov aveva proclamato il Turkmenistan uno Stato neutro, ma neutralità significava – secondo lui - la chiusura totale di questo Stato in se stesso.
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VEDERE,
AL DI LA’ DELLE OMBRE DEL MONDO DI OGGI,
I SEGNI DELLA SALVEZZA PORTATA DA CRISTO CHE
NASCE:
IL RUOLO DELLA RADIO VATICANA TRA I MEDIA RICORDATO
DURANTE LA TRADIZIONALE FESTA DI AUGURI NATALIZI
DELL’EMITTENTE PONTIFICIA
Una Radio che, dopo aver servito per 75 anni, guarda al
futuro consapevole di continuare ad essere il centro multiculturale
a servizio della diffusione mondiale del messaggio del Papa. Con queste parole,
il direttore generale della Radio Vaticana, e direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha ricordato il ruolo
della Radio Vaticana nel mondo attuale delle comunicazioni, parlando durante la
tradizionale festa per gli auguri natalizi dell’emittente. A seguirla per noi
c’era Alessandro De Carolis:
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(canto)
Lavorare come se il racconto degli eventi della Chiesa e
del mondo fosse un pellegrinaggio verso Betlemme. E, dunque, cogliere nella
filigrana, spesso drammatica, della cronaca i segni della salvezza annunciata a
Maria e al mondo duemila anni fa. E’ stato questo l’augurio che la Radio
Vaticana ha, per così dire, fatto a se stessa, questa mattina, durante la Messa
con la quale responsabili e dipendenti dell’emittente pontificia celebrano
tradizionalmente il “loro” Natale, qualche giorno prima
del 25 dicembre. Alla presenza, tra gli altri concelebranti,
del direttore generale, padre Federico Lombardi, e del cardinale Roberto Tucci, p. José Maria Pacheco Goncalves, del nostro
Programma portoghese, si è ispirato alla lettura del Vangelo che mostra Maria
in viaggio verso la cugina Elisabetta. Mi piace immaginarla, ha detto p. José Maria all’omelia della Messa, mentre cammina e canta
verso la sua meta:
“Da giornalisti e da gente che lavora qui alla Radio, io
penso che siano due le caratteristiche che ci devono distinguere: da una parte,
vivere in questo ‘cantare e camminare’ il nostro lavoro
di ogni giorno, raccogliere nel cuore, cercare di vedere al di là delle ombre,
gli spiragli di luce e l’attesa della salvezza che viene malgrado tutto e in
mezzo a tutto. Un’altra caratteristica
poi, in un mondo ogni volta più globalizzato
e interculturale, è quella di vivere, di integrare in una visione ogni
volta più aperta le diversità e cercare non soltanto di “tollerarle”, neanche
soltanto di rispettarle, ma coglierle e promuoverle nella certezza che questo
fa parte del Regno di Dio in crescita”.
Alla Messa è seguito il consueto scambio di auguri
personale e collettivo, tra volti che hanno fatto la storia della Radio
Vaticana e giovani che la stanno scrivendo. Storia aperta quest’anno, nel 75.mo della Radio del Papa, dalla visita di Benedetto XVI
alla sede di Palazzo Pio e chiusa da una rinnovata
consapevolezza, espressa da padre Lombardi:
“Anche se abbiamo 75 anni, ci sentiamo molto giovani, ci
sentiamo assolutamente convinti dell’importanza della nostra missione, che
riteniamo assolutamente attuale e siamo anche convinti - non per vantarci, ma
si tratta di un fatto oggettivo – di costituire un po’ il nucleo multiculturale e multilinguistico
a disposizione della Santa Sede per la comunicazione del messaggio del Vangelo
e del Papa in tutte le direzioni. Questa è una grande responsabilità ed una
ricchezza assolutamente unica, diretta verso tutte le parti del mondo e verso
tutte le culture, in un modo straordinario”.
Un contesto multiculturale non
poteva non avere un momento di auguri di ampio respiro. Attraverso le parole
del collega del Programma arabo, Antoine Layek, l’augurio è diventato poesia e preghiera:
“La pace non nasce all’ombra dei generali, non nasce nelle
firme dei Trattati, non nasce dalle strette di mano dei potenti, ma nasce
sempre da un cuore libero, da un cuore rinnovato, da un cuore aperto all’amore.
Lascia, fratello mio, che la pace ti tocchi con una piuma delle sue ali. Il
mondo intorno a te avrà i colori più semplici e più belli. La pace, se la vuoi
e se ci credi, nasce anche oggi, in ogni bimbo che nasce, che vede il primo
raggio di luce. Ma oggi nasce il Principe della pace, in una terra sempre in
guerra. Apri, dunque, il cuore a questo piccolo uomo, portatore di una speranza
per ogni uomo, grande e piccolo”.
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21 dicembre 2006
“FAMIGLIA
CRISTIANA” FESTEGGIA I SUOI 75 ANNI CON UN NUMERO SPECIALE.
IL
CARDINALE BERTONE PARLA DI “PROFUMO DI VANGELO NELLE CASE”
MILANO.
= Compie 75 anni il settimanale
“Famiglia Cristiana” e, da oggi, è in edicola un numero con il quale si
festeggia la ricorrenza e che presenta articoli del direttore don Antonio Sciortino, dal padre generale dei Paolini,
don Silvio Sassi, e dal superiore dei Paolini
italiani, don Ampelio Crema. Tra gli interventi, pubblicati anche on line, sul sito www.famigliacristiana.it, – riferisce
l’agenzia SIR – vi sono anche quelli di Ferruccio De Bortoli,
Susanna Tamaro, Alberto Monticone, Igor Man, del
vescovo di Alba, mons. Sebastiano Dho, e
dell’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi.
Riferendosi al settimanale, il cardinale Tarcisio Bertone,
segretario di Stato, sottolinea che “Famiglia cristiana offre, con il suo
stesso esserci, il buon sapore del Vangelo”. In tutti questi anni, per il
cardinale Bertone la rivista non ha fatto altro che
“tentare di farci udire la voce di Dio”: “Che cosa dovrebbe fare questo
settimanale che abbiamo tra le mani – si è domandato Bertone
– se non farci sentire che la sua voce è adatta al nostro tempo e risponde
pienamente alle attese dell’intelligenza e del cuore umano?”. Di qui l’augurio
che il cardinale Bertone rivolge a Famiglia
Cristiana: “Che sia sempre capace di portare nelle case di tutti gli italiani
il buon profumo del Vangelo, così che la ragione sia illuminata, che la vita si
apra alla libertà, che tutti sperimentino, proprio a partire da questo Natale,
la gioia di un incontro che rinnova e salva e rende la vita bella e degna di essere
vissuta”. (A.D.F.)
CONSENSO
POLITICO E SINDACALE PER LA RIFORMA
DELL’ENTE
PUBBLICO RADIOTELEVISIVO IN SPAGNA
- A cura di padre Ignacio
Arregui -
MADRID. = Con un ampio consenso politico e sindacale, è
stata approvata in Spagna una nuova riforma dell’intero Servizio pubblico di
Radio e Televisione. In mancanza di alcuni requisiti formali, ormai si può
assicurare che il prossimo 2 gennaio entrerà in carica il nuovo Consiglio di
Amministrazione, eletto democraticamente e quasi all’unanimità dal Parlamento.
La riforma comporta, tra l’altro una riduzione del personale di circa un 50%,
che vuol dire che 4.150 impiegati lasceranno l’impresa e che d’ora in poi il
totale degli impiegati sarà di 6.400 persone. L’ente denominato
Radiotelevisione spagnola aveva accumulato un deficit di 7.800 milioni di euro,
che per ora assume il Governo. Ma per la nuova società c’è il divieto di fare
altri debiti. D’altra parte, la creazione delle emittenti radiotelevisive
pubbliche nelle diverse regioni aveva ridotto sensibilmente l’ascolto dell’Ente
centrale che in passato aveva sfruttato una situazione di monopolio. Di conseguenza,
la riduzione dell’ascolto per la radiotelevisione centrale ha richiesto un
forte ridimensionamento secondo la nuova realtà dei mezzi pubblici.
ALLARME
DEMOGRAFICO IN GIAPPONE: TRA 100 ANNI
DA
OLTRE 125 MILIONI SCENDERA’ SOTTO I 45 MILIONI.
PREOCCUPAZIONE
NEL GOVERNO PER I RISVOLTI SOCIO-PREVIDENZIALI
TOKYO. = Allarme demografico in Giappone, dove nei
prossimi cento anni la propria popolazione calerà di un terzo rispetto a quella
attuale. Lo riportano oggi a Tokyo tutti i principali
quotidiani, che, sotto titoli cubitali, riferiscono i dettagli dell'ultimo
rapporto demografico nazionale. Lo
studio, condotto dal ministero della Salute, proietta le stime della
popolazione nei prossimi decenni in base ai dati più recenti relativi alla
fertilità femminile: con l'attuale rapporto di 1,26
bambini per donna, la popolazione nipponica è destinata a scendere, dagli
odierni 127,8 milioni di persone, a 100 nel
SPECIALE
NATALE DI RAI.IT DEDICATO A BAMBINI E RAGAZZI. SUL
SITO INTERNET
DEL
SERVIZIO PUBLICO IL CALENDARIO DELL’AVVENTO E TANTI ALTRI CONTENUTI
PER
GIOCARE, IMPARARE E TRASCORRERE GIOIOSAMENTE LE FESTIVITA’ NATALIZIE
ROMA. = Anche quest'anno Rai.it
dedica ai bambini e ai ragazzi uno speciale Natale all'interno dell'offerta
dell'area Junior (www.junior.rai.it/natale2006).
Lo speciale è molto ricco di contenuti divertenti e originali. Una navigazione chiara e sicura consente ai bambini di giocare ed
imparare on line con decorazioni 'fai da te’ da
stampare, colorare e ritagliare; golose ricette; video per scoprire l'arte e la
scienza fin da piccoli; le canzoni per l’infanzia; speciali dedicati ai film
per bambini; giochi e cartoni. In particolare il Calendario dell’Avvento
ogni giorno sorprenderà i bambini con un nuovo regalo. Ovviamente le sorprese
sono 24: i cartoni del simpatico Orso Balosso, le storie
animate dell'Albero Azzurro, le divertenti manualità di Fusako,
le nuove canzoni dell'Albero Azzurro e 10 storie originali di Roberto Piumini,
narrate dalla calda voce del famoso autore. Nello speciale viene
data ampia visibilità anche a tutta la programmazione delle tre reti Rai
dedicata ai ragazzi per il periodo delle Feste. (R.G.)
E’
STATO INAUGURATO IL SECONDO “PONTE DELL’AMICIZIA” CHE COLLEGA THAILANDIA
E
LAOS. LA NUOVA STRUTTURA PERMETTERA’ AI DUE PAESI ASIATICI
DI
SVILUPPARE LE ATTIVITA’ COMMERCIALI E PROMUOVERE IL TURISMO
BANGKOK. = In migliaia si sono raccolti lungo le rive del
fiume Mekong per festeggiare l’inaugurazione del
secondo ‘ponte dell’amicizia’ tra Thailandia e Laos.
La struttura, ampia 12 metri e lunga 1600, collega la provincia nord-orientale thailandese Mukdahan alla
provincia meridionale laotiana Savannakhet. La targa
- riferisce l’agenzia MISNA - con inciso il nome del ponte, è stata scoperta,
alla presenza dei primi ministri e di 250 delegati dei rispettivi Paesi. Alla cerimonia
hanno partecipato anche la principessa thailandese Maha Chakri Sirindhorn
e il vicepresidente del Laos, Boungnang Vorachit. “Questo ponte è di particolare importanza per un
Paese senza sbocco sul mare come il Laos, in quanto può promuovere i servizi di
trasporto e l’espansione di commercio e turismo”, ha affermato il primo
ministro laotiano Bouasone Bouphavanh.
Anche per il suo omologo thailandese Surayad Chulanont, il
collegamento “incoraggerà lo sviluppo, il commercio e gli investimenti nella
regione”. Gli scambi transnazionali attraverso il ponte non saranno tuttavia
autorizzati sino al prossimo mese: i due Paesi devono prima siglare un accordo
bilaterale per stabilirne le regole, tra cui i pedaggi per i diversi tipi di
veicoli. Per costruire la struttura ampia, ci sono voluti oltre tre anni e
circa 53 milioni di euro, stanziati in buona parte dalla Banca per lo sviluppo asiatico.
Il primo ponte dell’amicizia – aperto nel 1994 grazie a finanziamenti australiani
– collega invece la provincia nord-orientale Nong Khai, in Thailandia, con la
capitale del Laos, Vientiane.(A.D.F.)
VIENE
CONSEGNATO IN QUESTI GIORNI ALLE 26 MILA PARROCCHIE ITALIANE
IL KIT
ILLUSTRATIVO DEL PROGETTO AGORA’: DURERA’ TRE ANNI
ED E’
DEDICATO AI GIOVANI ITALIANI
ROMA.= E’ stato redatto ed è in distribuzione il kit di
presentazione del progetto Agorà dei giovani italiani, promosso dal
coordinamento della Pastorale giovanile ed approvato dal Consiglio permanente
della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Oltre ad un opuscolo illustrativo
il kit dell’Agorà contiene anche un espositore per tutti i materiali promozionali,
150 volantini e 150 depliant relativi al progetto, in consegna questi giorni
alle 26 mila parrocchie italiane. Il progetto prevede un percorso triennale
(2006 – 2009) che, su proposta di Benedetto XVI, ha lo
scopo di avvicinare la Chiesa alle nuove generazioni per stabilire relazioni
propositive e nuove aperture verso la vita missionaria. Il tema che verrà affrontato nell’arco dei tre anni riguarda lo Spirito
Santo e la missione. A fare da collante nel triennio dedicato ai giovani, due
importanti appuntamenti con il Papa: uno previsto per
l’1 e il 2 settembre 2007 a Loreto e l’altro fissato per luglio del 2008 a
Sidney. Nell'opuscolo dal titolo "Tre anni giovani nella Chiesa
italiana"- come riferisce l’agenzia SIR - si legge: "L'obiettivo è
quello di promuovere un nuovo slancio della pastorale giovanile, una sempre
maggiore soggettività delle nuove generazioni nella missione della Chiesa ed un
crescente coinvolgimento dei giovani nel cammino della Chiesa". Tra i depliant
anche il progetto "Sms08: Save Money for Sydney", che ha l'obiettivo di favorire la più
ampia partecipazione italiana alla prossima Gmg di Sydney 2008, incoraggiando a risparmiare la
cifra necessaria per iscrizione e viaggio. (A.D.F.)
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21 dicembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Nei Territori Palestinesi il presidente Abu
Mazen ha chiesto ai sostenitori del suo partito, al Fatah, di “non opporsi” a rilanciare il dialogo con Hamas
per la formazione di un governo di unità nazionale. Abu
Mazen, che nei giorni scorsi aveva annunciato
elezioni anticipate, ha poi diramato un appello ai concittadini affinché diano “prova di responsabilità” per consolidare la fragile
tregua nei Territori.
In Iraq, un kamikaze ha provocato la morte di almeno
undici aspiranti poliziotti in un centro di reclutamento nella zona orientale
di Baghdad. Lo riferiscono fonti di polizia precisando che l’attentatore
suicida si è fatto esplodere mentre era in fila
davanti ad un posto di controllo. Tre militari statunitensi sono rimasti
uccisi, poi, in seguito a nuovi attacchi perpetrati da ribelli. E’ così salito
ad oltre 70 il numero delle vittime americane nel Paese del Golfo dall’inizio
di dicembre. Negli Stati Uniti, intanto, il
presidente americano Bush ha ammesso ieri, nella
conferenza stampa di fine anno, che gli Stati Uniti in Iraq non stanno vincendo.
Ancora un attentato
in Afghanistan: una bomba piazzata sul ciglio di una strada, nei pressi
dell’aeroporto di Herat, nella parte occidentale del
Paese, è esplosa uccidendo almeno 4 civili. Poco prima, era passato il
comandante della polizia locale, Mohammad Ayub.
Nulla fermerà il governo di Teheran nel proseguire il proprio programma nucleare. Sono
le ultime dichiarazioni del presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, alla vigilia della riunione, fissata per
domani, del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il Consiglio delle Nazioni Unite
potrebbe anche decidere di imporre sanzioni alla Repubblica islamica.
E’ forte la polemica tra
Europa e Libia dopo la condanna a morte emessa dal tribunale di Tripoli a
carico di cinque infermiere bulgare e un medico palestinese ritenuti colpevoli
di aver inoculato volontariamente il virus dell’aids ad oltre 400 bambini
dell’ospedale di Bengasi, 52 dei quali successivamente morti. Una posizione
durissima contro la sentenza è stata espressa dall’Unione Europea che sta portando avanti un negoziato
politico con
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R. – E’ un atto grave questa sentenza di condanna a morte
che colpisce l’Europa, perchè la Bulgaria è membro dell’Unione Europea; lo sarà
formalmente tra alcuni giorni. La condanna a morte è sempre da respingere e in
questo caso c’è una doppia aggravante: non vi sono motivazioni persuasive e da
molto tempo si sta lavorando su questo caso. Quindi, ci sarebbe stato tutto il
tempo per chiuderlo positivamente.
D. – Lei ha però ribadito come, nonostante tutto questo,
il negoziato con la Libia debba continuare…
R. – Il negoziato comprende molti argomenti: le politiche
migratorie, la necessità di garantire maggiormente i diritti umani in Libia,
temi che ci interessano moltissimo. Questo io l’ho detto proprio nella
convinzione che la sentenza di ieri non sia definitiva. Il fatto di continuare
un negoziato, però, non vuol dire concludere il negoziato. E’ una valutazione,
quindi, di incoraggiamento alla Libia, affinché questa sentenza sia cancellata nel
più breve tempo possibile.
D. – Quindi, c’è dell’ottimismo. Lei ritiene che alla fine
la Libia ritornerà sulla decisione?
R. – La mia conoscenza, che è piuttosto buona, mi porta a
dire che il pragmatismo libico alla fine porterà ad un cambiamento della
decisione. Se così non fosse, la reazione europea sarebbe una reazione ancor
più severa. Non solo noi non accettiamo il principio della pena di morte, ma,
meno che meno, la pena di morte comminata in un caso in cui i dubbi sono
estremamente consistenti.
D. – Che ci dice sui dubbi della colpevolezza di queste
persone?
R. – La mia personale convinzione è che gli infermieri
bulgari siano totalmente estranei a questa vicenda. Confido che la Corte di
grado superiore della Libia voglia cancellare rapidamente tutto questo.
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La crescita economica è solida ma
è anche forte il pericolo di inflazione. E’ quanto ha detto il presidente della
banca Centrale europea, Jean Claude Trichet,
nell’audizione davanti alla Commissione economica e monetaria del Parlamento
europeo. Unione Europea e Russia hanno siglato, intanto, un
accordo per evitare, dal primo gennaio 2007, l’embargo sulle esportazioni di
prodotti europei di origine animale verso la Federazione. L’ipotesi di un
embargo era stata ventilata dopo l’ingresso, nell’Unione Europea, di Bulgaria e
Romania. A rischio c’erano esportazioni per un valore complessivo di 2,8 miliardi di
euro. Sempre a Bruxelles, è stata siglata un’altra importante intesa: i
ministri della Pesca dell’Unione Europea hanno raggiunto a Bruxelles un
accordo, ad unanimità, sulla fissazione dei quantitativi autorizzati di pesca
per il 2007.
In Nigeria, i ribelli hanno attaccato un impianto
petrolifero della compagnia Total, uccidendo tre guardie della sicurezza. La
compagnia Shell ha iniziato, inoltre, a far partire i
dipendenti stranieri dal Paese africano. La decisione è stata presa in seguito
allo scoppio di una bomba contro una struttura residenziale nella zona del
Delta del Niger. Ieri sono stati minacciati di morte, inoltre, i tre tecnici
italiani rapiti lo scorso 7 dicembre.
Due militari senegalesi sono stati uccisi e dieci feriti
nel sud del Paese in seguito ad un attacco condotto da ribelli contro un
convoglio militare senegalese. Lo hanno riferito, stamani, agenzie di stampa
precisando che l’agguato è avvenuto ieri nella regione di Casamance.
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