RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 354 - Testo
della trasmissione di mercoledì 20 dicembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Si
celebra oggi la prima Giornata internazionale della solidarietà umana: ce ne
parla Marina Ponti
CHIESA E SOCIETA’:
Tre intensi giorni di piogge monsoniche
hanno provocato in Malaysia gravi inondazioni
Al Qaeda contro il voto
anticipato palestinese: a Gaza vacilla la tregua tra Hamas e Fatah
20 dicembre 2006
NELL’UDIENZA GENERALE PRIMA DEL NATALE, BENEDETTO
XVI AFFERMA CHE SOLO
IN GESU’ CHE NASCE E’ LA VERA GIOIA PER L’UOMO,
ANCHE
OGGI TENTATO DALLE ILLUSIONI DI “FALSI PROFETI”
Accogliere la nascita di Gesù
con un atteggiamento improntato alla gioia e alla gratitudine e non
condizionata dalla salvezza “a basso prezzo” proposta da “falsi profeti”. E’ stato
questo uno dei passaggi forti della catechesi di Benedetto XVI all’udienza
generale di questa mattina, in Aula Paolo VI. Il Papa ha messo in guardia anche
i credenti a non vivere l’ultimo tratto di Avvento badando solo agli
allestimenti esteriori del Natale, ma ad abbellire l’animo nel segno della
fede. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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La vera felicità per gli uomini arriva con il messaggio
d’amore portato duemila anni fa da un Bambino, in una notte di Betlemme. Tutte
le altre sono “scorciatoie” verso l’illusione e la delusione, gioie artificiali
proposte da “falsi profeti”. Benedetto XVI ha ribadito con forza e calore
l’essenza del messaggio del Natale. “Questo sublime mistero di grazia e di misericordia”,
ha affermato davanti alla folla stipata in Aula Paolo VI, rinnova nel cuore di
chi crede “sentimenti di gioia e di gratitudine”. L’umanità del nostro tempo,
invece, non sembra attendere il Salvatore. “Si ha la sensazione – ha osservato il Papa - che molti considerino
Dio come estraneo ai propri interessi:
“Apparentemente non hanno bisogno di Lui; vivono come se non esistesse e,
peggio, come se fosse un ‘ostacolo’ da rimuovere per
realizzare se stessi. Anche fra i credenti alcuni si lasciano attrarre da
allettanti chimere e distrarre da fuorvianti dottrine che propongono illusorie
scorciatoie per ottenere la felicità (...) Falsi profeti continuano a proporre
una salvezza a ‘basso prezzo’, che finisce per
generare cocenti delusioni”.
“Eppure, pur con le sue
contraddizioni, le sue angustie e i suoi drammi, e forse proprio per questi,
l’umanità oggi – è stata la considerazione di Benedetto XVI - cerca un Salvatore
e attende, talora inconsapevolmente, l’avvento di Cristo, l’unico vero Redentore
dell’uomo e di tutto l’uomo”:
“E’ compito di noi cristiani diffondere, con la testimonianza della vita,
la verità del Natale, che Cristo reca a ogni uomo e donna di buona volontà.
Nascendo nella povertà del presepe, Gesù viene ad offrire a
tutti quella gioia e quella pace che possono colmare l’attesa dell’animo
umano”.
Ma in che modo devono prepararsi i cristiani per non
smarrire il senso del “prodigio” del Natale? Mantenendo un
atteggiamento di “attesa vigile e orante”: lo stesso che fu di Zaccaria ed
Elisabetta, i pastori e i Magi, Maria e Giuseppe:
“La liturgia dell’Avvento esorta anche noi ad essere
sobri e vigilanti, per non lasciarci appesantire dal peccato e dalle
eccessive preoccupazioni del mondo (... )Nascendo fra noi,
Gesù Bambino non ci trovi distratti o impegnati semplicemente ad abbellire con
le luminarie le nostre case. Allestiamo piuttosto nel nostro animo e nelle
nostre famiglie una degna dimora dove Egli si senta
accolto con fede e amore (…) Con questi sentimenti desidero formulare i più
fervidi auguri per un santo e felice Natale a tutti voi, qui presenti, e ai
vostri familiari, con un ricordo particolare per quanti sono in difficoltà o
soffrono nel corpo e nello spirito. Buon Natale!”. (applausi)
Al termine delle catechesi in sintesi nelle altre lingue,
il Pontefice ha avuto parole di saluto e di gratitudine per i calabresi e le
autorità regionali per il dono dell’albero in Piazza S. Pietro. Un simbolo
delle prossime feste che ha offerto a Benedetto XVI lo spunto per parlare
dell’altra “suggestiva rappresentazione della Natività”, il presepe:
“Auspico che un
elemento così importante, non solo della nostra spiritualità, ma anche della
nostra cultura e dell’arte, continui ad essere un semplice ed eloquente modo
per ricordare Colui che è venuto 'ad abitare in mezzo a noi'”.
A margine dell’udienza generale, Benedetto
XVI è stato insignito del “Premio della carità”, istituito quest'anno dalla
Fondazione Banco Alimentare onlus presieduta da don
Mauro Inzoli. Nella motivazione del Premio si
sottolinea come il Papa all’inizio del suo Pontificato ha abbia
voluto porre la carità a “dimensione naturale dell’esistenza cristiana”,
come “dono di sé all’altro”. Il premio del Banco Alimentare, che ammonta a 200
mila euro, è ispirato all’attività del cavaliere Danilo Fossati e del fondatore
di Comunione e Liberazione, mons. Luigi Giussani.
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RINUNCIA
Negli Stati Uniti, il Santo Padre
ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Shreveport presentata da mons. William Benedict
Friend, per raggiunti limiti di età.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La
catechesi e la cronaca dell’udienza generale.
Servizio estero - Medio
Oriente: appesa ad un filo la nuova tregua tra Hamas ed Al Fatah.
Servizio
culturale - Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo
“Inverno 1942-‘43: finiti ‘per caso’ nel mattatoio di
Stalingrado”: Alfio Caruso racconta la sconosciuta tragedia dei 77 italiani
intrappolati nell’assedio.
Servizio italiano - In primo
piano il tema della finanziaria.
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20 dicembre 2006
IL
MESSAGGIO NATALIZIO DEL PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME SABBAH:
LIBERIAMO
-
Intervista con il patriarca Michel Sabbah -
In Terra Santa abbiamo bisogno di essere liberati dalla
morte e dalla paura, abbiamo bisogno di pace e giustizia. E’ l’appello che ha
lanciato oggi il patriarca latino di Gerusalemme Michel
Sabbah nel suo tradizionale messaggio natalizio. Ce
ne parla Giancarlo
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Il patriarca Michel Sabbah rivolge il suo augurio natalizio ai fratelli che si
trovano in Palestina, Israele, Giordania e Cipro, nonostante anche quest’anno a
Betlemme il Natale arrivi con la morte, la frustrazione, i muri di divisione,
gli sbarramenti sul terreno e nei cuori. La privazione della libertà – dice il
patriarca – genera insicurezza e paura, soprattutto dopo gli attuali conflitti
interpalestinesi che fanno ancor più di Gaza un luogo di morte. La situazione
non consente di guardare con serenità al futuro del Medio Oriente come conferma
ai nostri microfoni lo stesso mons. Sabbah:
“La paura dell’avvenire si estende a tutta la regione:
Iraq, Libano, Siria, Egitto e Giordania. L’avvenire sta per essere messo in
gioco per tutti e con tutto questo il terrorismo mondiale trova di che ben
alimentarsi, ha tutte le piaghe aperte”.
Tuttavia, dice il patriarca latino di Gerusalemme, il
Natale continua a portare con sé un messaggio di vita e di pace e di giustizia,
Citando, Geremia, Isaia e San Paolo, il presule intravede un futuro di serenità
per la regione, ma solo se prevarranno l’amore reciproco e la solidarietà,
soprattutto da parte della comunità internazionale:
“Sì, abbiamo proprio bisogno di solidarietà e siamo
riconoscenti per tutti i messaggi di fraternità che riceviamo da ogni parte del
mondo. Eppure, il nostro bisogno fondamentale è la pace, la giustizia, la
libertà e la fine dell’occupazione”.
Il patriarca Sabbah lancia poi
un appello ai potenti della Terra, affinché mettano in moto il potenziale
d’amore, di vita e di pace insito in ogni persona umana, per esprimere il quale
occorre però operare una conversione sincera dalla morte alla vita, dalla
visione dell’altro come nemico alla visione dell’altro come fratello, favorendo
il dialogo tra le popolazioni di Terra Santa:
“La salvezza sta nell’avvicinamento dei due popoli non
nella loro separazione, salvezza per i palestinesi e gli israeliani come per
tutta la regione. I due popoli sono capaci di vivere insieme in pace e in
tranquillità”.
Di certo – dice ancora il patriarca – non dovranno più
prevalere l’oppressione, l’occupazione, la povertà e l’umiliazione. Andiamo a Betlemme
in questo Natale – esorta infine – per vedere quel che è accaduto 2000 anni fa
e che accade ancor oggi e per sentire gli angeli annunciare la pace su tutta
“Chiedo a Dio che possiate intendere e vivere il messaggio
di Natale che è un messaggio di pace, di gioia e di vita nuova. Buon Natale a
tutti!”
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LA CARITAS RUSSA CHIEDE ASSISTENZA PASTORALE
PER I
SUOI COLLABORATORI DI FEDE ORTODOSSA.
AI
NOSTRI MICROFONI, LA RIFLESSIONE DEL PROMOTORE DI QUESTA INIZIATIVA
ECUMENICA,
L’ARCIVESCOVO METROPOLITA DELL'ARCIDIOCESI
DELLA
MADRE DI DIO A MOSCA, MONS. TADEUSZ KONDRUSIEWICZ
Un passo significativo sul cammino ecumenico:
la Chiesa cattolica in Russia ha chiesto a quella ortodossa di inviare un
sacerdote che si occupi della cura pastorale dei fedeli ortodossi che lavorano
con la Caritas a Nizhniy Novgorod,
ad est di Mosca. Ad avanzare la proposta è stato l’arcivescovo metropolita dell'arcidiocesi
della Madre di Dio a Mosca, mons. Tadeusz
Kondrusiewicz, che – raggiunto telefonicamente nella
capitale russa da Alessandro Gisotti – sottolinea l’importanza dell’iniziativa:
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R. – Lunedì c’è stato questo
incontro, molto cordiale; abbiamo parlato di varie cose, abbiamo parlato anche
delle sfide del mondo contemporaneo, abbiamo parlato della testimonianza
comune; abbiamo ricordato che tra quelli che aiutano la nostra Caritas ci sono
molti ortodossi, e che sarebbe positivo che venisse anche qualche sacerdote
ortodosso per incontrare le persone ...
D. – Come è stata accolta questa proposta dell’arcivescovo
ortodosso locale, Georgiy?
R. – Lui ha capito molto bene e penso che verrà qualche
sacerdote per assolvere a questo compito.
L’arcivescovo ha compreso l’importanza non solo
dell’aiutare i fedeli ortodossi ma anche l’importanza della nostra testimonianza
comune. Il Santo Padre spesso parla di questa testimonianza comune. Dobbiamo
fare ogni cosa possibile per avvicinarci, ed uno di questi modi è la Caritas.
D. – Eccellenza, lei ha fatto un regalo al vescovo Georgiy che è molto particolare, ovvero l’edizione in russo
del libro dell’allora teologo Joseph Ratzinger, “Introduzione al Cristianesimo” ...
R. – Questo libro è stato stampato con una
introduzione del metropolita Kyrill. Questo è
importante. Kyrill raccomanda ai fedeli ortodossi di
leggere questo libro, e questo è – a mio avviso – un segno molto, molto
importante. L’arcivescovo Georgiy mi ha regalato una
bellissima icona della Madonna.
D. – E anche Maria, sicuramente, è un elemento
fondamentale per questo cammino ecumenico, vero?
R. – Sì, veramente. Dopo l’incontro, ho celebrato la Santa
Messa e ho mostrato alla gente l’icona. I nostri fedeli, presenti nella chiesa,
volevano venerare questa icona, in ginocchio ... Veramente,
un segno di testimonianza, per tutti noi!
D. – Ecco, anche questo avvenimento mostra quanto i fedeli
vogliano questa intensificazione di dialogo ...
R. – Sì, i cattolici parlano con gli ortodossi, ne incontro tanti! Molti dicono: “Noi vogliamo questa
testimonianza comune, vogliamo vedere insieme come possiamo resistere a queste
sfide del secolarismo e del relativismo morale, e quindi come possiamo aiutare
la gente”. Per esempio, qualche giorno fa, il 13 dicembre c’è stato un grande
incontro nel Comitato per i contatti con organismi religiosi, di varie
religioni, presso la presidenza. Tale incontro è stato dedicato alla carità,
come possiamo aiutare la gente. Abbiamo parlato tutti: cattolici, ortodossi, musulmani,
ebrei, protestanti, buddisti ... Tutti abbiamo convenuto
che siamo pronti per aiutare la nostra gente, la gente russa, nel campo della
carità.
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IERI
AL PALAZZO DI VETRO DI NEW YORK L’ULTIMA CONFERENZA STAMPA
DI
KOFI ANNAN COME SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU
-
Intervista con Antonio Papisca -
Il segretario generale dell’ONU Kofi
Annan ha tenuto ieri la sua ultima conferenza stampa
al Palazzo di Vetro di New York tracciando un bilancio dei suoi 10 anni alla
guida delle Nazioni Unite. Annan, 68 anni, ghanese, è sempre stato un forte
sostenitore del multilateralismo: perciò ha ricordato
la guerra in Iraq come il momento peggiore vissuto durante il suo mandato.
Molti i dossier scottanti che passerà al suo successore, il sudcoreano
Ban Ki Moon,
che gli succederà ufficialmente il 1° gennaio 2007: il Darfur,
il Medio Oriente, la questione nucleare, la sfida al terrorismo. Ma Kofi Annan ha ricordato anche l’ONU
che ha guidato gli aiuti alle popolazioni colpite dallo tsunami
e dal terremoto nel Kashmir e che si batte per l’attuazione degli otto
obiettivi del millennio per dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015. Per un bilancio del
mandato del segretario generale uscente, Stefano Leszczynski
ha intervistato il professor Antonio Papisca,
direttore del Centro interdipartimentale diritti umani dell’Università di Padova:
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R. – Kofi Annan
ha svolto due mandati e proprio nel periodo in cui Kofi
Annan è stato segretario generale, abbiamo rivisto il
ripetersi delle guerre, della violenza diffusa, anche in maniera brutale, in molte
parti del mondo. Kofi Annan
è stato, quindi, il vaso di coccio classico in mezzo ad attori potenti, che
hanno fatto ricorso più ai disvalori della realpolitik che
non ai principi di diritto internazionale che si radica nella Carta delle
Nazioni Uniti e nella Dichiarazione universale. Ci sono, però, anche degli aspetti
positivi: lo sforzo di Kofi Annan
per tenere alta la bandiera del multilateralismo. A
fine mandato qualche speranza è legata all’intervento delle Nazioni Unite in
Libano, che è un intervento – diciamo – nel segno della legalità.
D. – Lei diceva “luci ed ombre”. Tuttavia sotto la guida
di Kofi Annan, la fiducia
dell’opinione pubblica nei confronti delle Nazioni Unite non è stata proprio esaltante
…
R. – Intanto distinguiamo quello che è la percezione e
quindi l’immagine delle Nazioni Unite che viene data e
profusa dai mass media e quella che è la percezione della identità vera e
genuina delle Nazioni Unite che si ha nell’ambito delle Organizzazioni della
società civile, dei movimenti transnazionali di solidarietà. Gli ideali delle
Nazioni Unite sono fortemente sentiti in questi ambienti.
E’ chiaro che ci sono poi grandi aspettative per il ruolo delle Nazioni Unite.
In tutti gli ambiti della società civile si guarda al futuro, anche immediato,
delle Nazioni Unite in termini di potenziamento e democratizzazione.
D. – Che dire dello scandalo del programma Oil for Food, Petrolio contro Cibo, avviato per alleviare le sofferenze del
popolo iracheno sotto embargo, ma contaminato da gravi episodi di corruzione?
R. – Quella è una pagina che rientra ovviamente nelle
“ombre”. Prima di portare, però, tutto ad un capro espiatorio, Kofi Annan, bisogna in prima
istanza chiamare in causa le responsabilità degli Stati: l’ONU è fatta dagli
Stati. Sicuramente Kofi Annan
non ha avuto una personalità con attribuiti carismatici particolari. Diciamo
che alla fine Kofi Annan come
segretario generale nell’insieme ha correttamente svolto il suo mandato ed ora
speriamo nel successore.
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SI
CELEBRA OGGI
DELLA
SOLIDARIETÀ UMANA
-
Intervista con Marina Ponti -
Si celebra oggi la prima “Giornata internazionale della
solidarietà umana” indetta dall’ONU per sottolineare l’importanza della solidarietà
soprattutto per l’eliminazione della povertà. L’iniziativa, lanciata dall’ex
presidente polacco Lech Walesa, fondatore di Solidarnosc, intende incoraggiare un dibattito fruttuoso
sul raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. La solidarietà – ha detto
Walesa – è “l’unica possibilità logica per affrontare con successo le sfide
dell’oggi”, quali la fame, le epidemie, l’inadeguata distribuzione delle risorse
ed il terrorismo. Ma come procede, in un mondo minacciato da così grandi
insidie, la battaglia della solidarietà contro la povertà? Amedeo Lomonaco lo
ha chiesto alla coordinatrice per l’Europa della
Campagna delle Nazioni Unite per
gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, Marina Ponti, raggiunta
telefonicamente a New York:
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R. – E’ una battaglia difficile ma procede con molta forza. Ci sono molti Paesi -
Paesi tra i più poveri come il Mozambico - che stanno facendo molto per vincere
la povertà e soprattutto per frenare alcune delle epidemie più gravi quali
l’AIDS. Poi ci sono alcuni Paesi ricchi che sono oggi in prima linea nella lotta
alla povertà fornendo più risorse alla cooperazione e chiarendo in maniera
molto forte che queste risorse devono essere veramente utilizzate per sconfiggere
la povertà. Gli otto obiettivi, che sono stati sottoscritti dai 189 capi di
Stato nel 2000, potranno essere raggiunti solo se ognuno fa la sua parte.
D. – Quali tra questi otto
obiettivi, sono quelli che la solidarietà può concretamente far centrare?
R. – La bellezza di questi
obiettivi è che sono tutti collegati tra loro e cioè non si può parlare di
povertà senza parlare di parità tra uomo e donna, non si può parlare di sradicamento
delle malattie senza parlare anche dell’importanza dell’acqua potabile, di un ambiente
pulito, per cui tutti questi obiettivi devono essere
raggiunti insieme. Il mondo della solidarietà e il mondo dei volontari è un
mondo molto importante perchè in molti Paesi ci sono persone che offrono un
contributo fondamentale per risolvere questi problemi. Un altro ruolo
fondamentale che ha il mondo della solidarietà, soprattutto nei Paesi più ricchi,
è proprio il ruolo di far parlare di questi temi.
D. – Cosa possono fare in
concreto, gli Stati, i governi e cosa la società civile, i singoli cittadini?
R. – I governi devono
cominciare con rigore e serietà a rispettare gli impegni che si sono presi e
nei Paesi ricchi ciò significa destinare lo 0,7 per cento del prodotto interno
lordo alla cooperazione e fare in modo che queste risorse vengano
veramente utilizzate per sconfiggere la povertà. Poi i cittadini devono
partecipare - molti lo fanno già – a tantissime azioni di solidarietà promosse
dalle organizzazioni della società civile che operano sul loro territorio per
offrire il loro contributo e allo stesso tempo facciano
ben presente che per loro il tema della lotta alla povertà è un tema importante
anche nel momento in cui voteranno.
D. – Quali sono i problemi
principali che ancora attendono risposta?
R. – Sono molti. C’è il tema
della povertà e c’è il tema della fame, c’è il tema dell’ambiente, c’è il tema
dei cambiamenti climatici, ci sono i temi drammatici delle malattie. Ciò che
manca ancora è la volontà politica ed ecco perché è fondamentale anche il ruolo
che le organizzazioni della società civile svolgono nel continuare a far pressione
sui governi affinché gli impegni vengano mantenuti e
affinché si costruisca tutti insieme un mondo migliore.
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IL
CARTELLONE 2007 DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
- Con
noi, Francesco Ernani, Mauro Trombetta e Gianluigi Gelmetti
-
Con la ‘Salome’ di Richard Strauss, diretta da Alain Lombard, si inaugura il 16
gennaio il cartellone 2007 dell’Opera di Roma. Regista, un decano del teatro,
Giorgio Albertazzi, interprete anche di un prologo
teatrale dall’omonimo lavoro di Oscar Wilde. Positivo il bilancio della stagione in corso,
che ha visto aumentare il numero degli spettatori e un notevole sviluppo della
qualità artistica. E per la prossima, aumenta anche il numero delle recite,
differenziando l’offerta artistica. Il servizio è di A.V.:
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Nuovo corso per il Teatro dell’Opera di Roma, che presenta
un cartellone fortemente innovativo e bilanciato tra
melodramma e balletto, con l’incursione inaugurale nella prosa che lo fa ambire
nuovamente a spettacoli di “arte totale”. Il Sovrintendente Francesco Ernani:
“Io penso che nella società d’oggi sia dovere di
un’istituzione che ha un grande finanziamento pubblico, di erogare nel modo
migliore il servizio culturale, in questo caso nel campo della musica e della
danza. Tutto il progetto artistico, tutto è stato finalizzato alla ricerca
dell’equilibrio fra opera e arte che ci porta a quel risultato che mi auguro
possa essere apprezzato dal pubblico. Il teatro è un patrimonio della
comunità”.
Il direttore artistico Mauro Trombetta illustra il
cartellone:
“La stagione si basa moltissimo, quasi tutta, dal fine Ottocento e l’opera contemporanea. Perché il
balletto ricorda tantissimo Debussy, Strawinski, Saty, De Falla, Ravel, oltre a qualche classico, naturalmente, come Ciaikowski, Adam, Puny e l’opera
lirica, dalla ‘Salome’ di Strass e il ‘Wojcek’ di Berg,
del Novecento o della fine Ottocento, come la ‘Manon Lescaut’,
come la ‘Turandot”’, come ‘I Pagliacci’
di Leoncavallo. Con le opere contemporanee di
Guarnieri, di Taralli è una stagione che guarda avanti”.
Il regista Franco Zeffirelli,
reduce dal successo alla Scala di Milano, firma due titoli anche a Roma:
“La Traviata è un’opera che lui farà apposta per il Teatro
dell’Opera di Roma; la Figlia del Reggimento è un vecchio allestimento, una
delle prime cose che Franco Zeffirelli fece come
scenografo e costumista: per il Teatro Massimo di Palermo venne
fatta, e noi la riproponiamo a Roma”.
Uno sguardo alla storia del teatro anche ricordando Toscanini. Sul podio il direttore musicale Gianluigi Gelmetti:
“E’ un omaggio a Toscanini con
un programma, devo dire, anche piuttosto divertente: è un omaggio doveroso e
molto importante; sono orgoglioso che siamo i primi
quest’anno a farlo”.
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20 dicembre 2006
TRE INTENSI GIORNI DI PIOGGE
MONSONICHE HANNO PROVOCATO
IN MALAYSIA INONDAZIONI, ALLAGAMENTI E
L’INTERRUZIONE DI COLLEGAMENTI
KUALA
LUMPUR. = Violenti alluvioni hanno colpito lo Stato di Johor,
in Malaysia, e le autorità hanno fatto evacuare migliaia di persone. Sono
bloccate le strade principali ed interrotti i collegamenti ferroviari verso
Singapore. Oltre 26 mila persone in 8 distretti dello Stato sarebbero state
spostate in 163 centri di accoglienza allestiti in scuole e spazi pubblici.
Squadre di forze dell’ordine, vigili del fuoco e volontari sono alla ricerca
dei superstiti rimasti intrappolati nelle loro case. Due giorni di intense
piogge monsoniche hanno causato lo straripamento dei fiumi maggiori che hanno
inondato città e villaggi, compresa la capitale Johor Bahru. Secondo i dati del
Dipartimento per il drenaggio e l’irrigazione - riportati dal quotidiano New
Straits Times -
precipitazioni di tale portata non si verificavano nella zona da 100 anni. Ieri
la compagnia ferroviaria malaysiana KTM Berhad ha sospeso
a tempo indeterminato le corse dirette a Singapore, dopo che su tratti della
linea si sono abbattute piccole frane e alcune stazioni hanno subito inondazioni.
Stamattina le piogge sono diminuite, ma i metereologi
prevedono che precipitazioni più lievi si alterneranno ad altre più forti fino
a venerdì. (T.C.)
I
VESCOVI VENEZUELANI SCRIVONO AL PRESIDENTE HUGO CHAVEZ PERCHÉ
LA
NUOVA LEGGE SULL’EDUCAZIONE SI ISPIRI AI VALORI DEMOCRATICI DELLA
COSTITUZIONE,
PERCHÉ VENGANO RISPETTATI I DIRITTI UMANI E LE MINORANZE
CARACAS. = La nuova Legge organica sul sistema nazionale
educativo deve “rispondere alla natura democratica che ispira la Carta
costituzionale” e, dunque, non può esprimere una “visione statalista e politicizzata”
che “escluda la religione” dai programmi scolastici e, più in generale, dalla
vita quotidiana dei venezuelani. Così scrivono i vescovi del Venezuela al
presidente della Repubblica Hugo Chavez,
in una lettera consegnata pochi giorni fa e alla vigilia del terzo insediamento
presidenziale, dopo la vittoria del 3 dicembre scorso. L’arcivescovo di Caracas,
il cardinale Jorge Urosa
Sabino, secondo vice presidente della Conferenza episcopale, e il segretario
della stessa, mons. Ramón Viloria,
hanno illustrato alla stampa nazionale i principali contenuti del documento nel
quale viene chiesto il “rispetto delle minoranze
nonché dell’insegnamento religioso, sia nelle scuole pubbliche sia in quelle
private”. Il cardinale Jorge Urosa
ha ricordato che, storicamente, in Venezuela, un sano carattere laico dello
Stato, ha sempre garantito - con beneficio per tutti - la convivenza
dell’insegnamento della religione in tutte le scuole. Inoltre, ha specificato
l’arcivescovo di Caracas, “sarebbe un gravissimo errore” far passare, nel
Congresso, la proposta che vorrebbe che l’insegnamento religioso fosse optativo, da impartire al di fuori delle ore scolastiche
che lo Stato riconosce. I presuli hanno chiesto al presidente una ferma e
costante difesa “dei diritti umani inalienabili consacrati nella Costituzione”,
invitandolo al tempo stesso a rifiutare sia il “capitalismo selvaggio” sia
“l’ideologia marxista e statalista, i cui frutti sono stati sempre negativi nei
Paesi in cui questa è stata applicata”. In merito alla proposta del presidente Hugo Chavez,
più volte ribadita negli ultimi mesi, che prospetta per il Venezuela “un
socialismo del XXI secolo”, l’episcopato si augura “che sia una via per la
trasformazione del Paese aperta alla trascendenza e alla religione, un modello
capace di includere tutti i venezuelani in una medesima e fraterna comunità e,
infine, un modello basato sul dialogo”. I vescovi si congedano dal presidente
spiegando che “le inquietudini” espresse nella lettera vanno inserite nel
quadro del “dialogo nazionale” voluto da tutti: dalla Chiesa, dall’opinione
pubblica e dallo stesso presidente che, durante la recente campagna elettorale,
a più riprese, ha sottolineato questa disponibilità (L.B.
– T.C.)
LE PROBLEMATICHE
SOCIALI DELLA REGIONE SUDAFRICANA DI UMLAZI AL CENTRO
DELLE
RIFLESSIONI PROPOSTE PER LA SETTIMANA DI PREGHIERA
PER
L’UNITÀ DEI CRISTIANI, PREVISTA DAL 18 AL 25 GENNAIO
ROMA.= Sarà celebrata dal 18
al 25 gennaio la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sul tema “Fa
sentire i sordi e fa parlare i muti”, promossa congiuntamente dal Consiglio
ecumenico delle chiese (CEC) e dal Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani.
Quest’anno, scrive il presidente del Segretariato della Cei
per l’Ecumenismo e il
Dialogo mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia,
l’iniziativa vuol far capire che più ci avviciniamo alla croce di Cristo, più ci avviciniamo
gli uni agli altri e che la solidarietà nella sofferenza ci porta ad una comunione
più profonda con la passione di Cristo. “Il tema – si legge in un
comunicato del Consiglio mondiale delle Chiese (WCC) – invita i cristiani ad
esprimere l’unità crescente, sia rompendo il silenzio, sia dando risposte alle
sofferenze umane”. Il
testo che farà da sussidio alla settimana di preghiera è stato
preparato da un gruppo ecumenico sudafricano della regione di Umlazi, vicino Durban, nominato dalla Commissione Fede e
costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese e del Pontificio Consiglio
per l’unità dei cristiani. Il capitolo dedicato al contesto
ecumenico locale comprende una riflessione sulle relazioni ecumeniche in Sud
Africa; una seconda parte in cui si presenta Umlazi,
con le molteplici sfide cha gli abitanti devono affrontare; infine, una
valutazione sulla cooperazione e sulla vitalità ecumenica della città. La
regione di Umlazi è caratterizzata da un elevato
tasso di disoccupazione e povertà e da un altissimo numero di malati di Aids,
pari al 50 per cento della popolazione residente. Emarginazione, mutismo e
vergogna sono le reazioni più comuni di fronte alla diffusione dell’Aids e per
questo “rompere il silenzio – scrive il WCC – vuol dire sfidare le norme
culturali che prevedono di non parlare di sessualità”. Il Consiglio
mondiale delle Chiese scrive
che, in tali condizioni, ad Umlazi, per le Chiese è
importante rendere visibile l’unità e dare a questo concetto un’impronta non
solo teologica. “Le Chiese e i cristiani – si legge ancora nel documento del
WCC – possono rompere il silenzio parlando ad una sola voce e agendo con
misericordia e unità”. (A.D.F.)
FORSE
NEL NATALE 2007 L’INAUGURAZIONE DELLA PRIMA CHIESA ECOLOGICA AL MONDO NELLE
FILIPPINE, TRA LE BARACCHE DI SMOKEY MOUNTAIN,
DISCARICA
DI MANILA
MANILA.
= Sarà realizzata con 200 mila blocchi di cavi mischiati con parti di vecchi computer
e di altri materiali di scarto e il suo tetto potrà essere trasformato in una
serra per coltivare vegetali. È la prima chiesa ecologica del mondo, che verrà costruita nelle Filippine, a Smokey
Mountain, nel distretto di Tondo, zona dove vengono scaricati i rifiuti di
Manila, e che potrebbe essere inaugurata già per la Novena di Natale del 2007.
La struttura, riferisce l’agenzia AsiaNews, sarà dotata
di pannelli solari, di un sistema di raccolta delle acque piovane e di servizi igienici
speciali per trasformare i rifiuti organici in concime. Ed è allo studio dei
progettisti anche l’uso di olio di cocco per i generatori della chiesa. “La
chiesa della speranza”, così sarà chiamata, dovrebbe essere costruita su cinque
piani; vuole essere un luogo di devozione, ma anche, come sottolinea padre Benigno Beltran
della parrocchia del Cristo Risorto,
costituire un progetto pilota per “creare mezzi di sussistenza per la
popolazione”. Il seminterrato della chiesa potrebbe essere utilizzato ad
esempio per la produzione di sapone da bagno e per il bucato. Sarà anche sede
del centro per l’assistenza quotidiana e per l’insegnamento delle nozioni base
di informatica per giovani non scolarizzati. “Sarà
anche la prima chiesa ‘digitale’ – prosegue padre Beltran
– perché in grado di connessioni a internet senza fili”. Per il progetto è
stato raccolto fino ad ora solo il 20 per cento dei 50 milioni di pesos (1,01
milioni di dollari Usa) necessari. La zona in cui sorgerà ‘la chiesa della speranza’, nel nord ovest di Manila, raccoglie i rifiuti
della città e vi abitano i più poveri, spesso in baracche. Dagli anni ‘90 si
studia come recuperare i 21,1 ettari della discarica e migliorare le condizioni
di vita di chi ci abita. (T.C.)
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20 dicembre 2006
- A cura di Roberta Gisotti -
Medio Oriente anche oggi in primo piano. La nuova tregua
annunciata la scorsa notte nella Striscia di Gaza è appesa ad un filo. Il
nostro servizio:
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Stamani altre due vittime a seguire i
sei morti, ieri, negli scontri tra sostenitori di Hamas e di al-Fatah, dopo che il presidente palestinese
Abu Mazen, leader di al-Fatah, aveva indetto sabato scorso elezioni generali
anticipate, e per questo era stato accusato dal premier Ismail
Haniyeh, alla guida di Hamas, di un colpo di Stato. A
proclamare la sospensione delle ostilità è stato il presidente, dopo l'intervento
televisivo ieri sera del premier ed un incontro tra le due fazioni presso l'ambasciata
egiziana. Ma ad aggravare la crisi tra palestinesi, il numero due di Al Qaeda, l’egiziano Ayman Al Zawahri, ha dichiarato
oggi alla Tv araba Al Jazeera che “le elezioni non
libereranno i territori palestinesi” e che solo la ‘guerra santa’
contro Israele è necessaria. Il leader di Al Qaeda ha inoltre minacciato altri attacchi contro i Paesi
occidentali. Intanto, in Cisgiordania sarebbero rimasti uccisi due miliziani
della Jihad islamica durante scontri con l’esercito israeliano.
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Quali sono ora le possibili
conseguenze alle rinnovate minacce del vice di Bin Laden? Giada Aquilino lo ha chiesto a Janiki
Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio
Oriente:
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R. – C’è l’evidente tentativo di Al
Qaeda di inserirsi all’interno dello scontro in atto
tra al Fatah e Hamas e di spingere Hamas in direzione
della scelta terroristica e non di quella parlamentare. E’ un tentativo minaccioso anche se va detto che Hamas, fino ad oggi, ha sempre
respinto decisamente tentativi di infiltrazione di Al Qaeda
ed è probabile che lo faccia anche in questa occasione. E, tuttavia, lo scontro
in atto rischia di schiacciare Hamas in direzione sia di Al
Qaeda e soprattutto di schiacciarlo sulle posizioni
iraniane di Ahmadinejad.
D. – Quindi la linea di Hamas quale sarà?
R. – Diciamo che ha cercato di arrivare al governo di
unità nazionale senza fare troppe concessioni. Di fatto, tuttavia, la scelta di
Abu Mazen di arrivare a
questo show-down, annunciando lo
scioglimento anticipato del Consiglio legislativo e le elezioni anticipate, su
cui hanno spinto sia gli Stati Uniti sia Israele, ha un esito incerto.
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Ancora in Medio Oriente, è giunto stamani a Beirut il
ministro italiano degli Esteri, Massimo D’Alema,
sostenendo la mediazione della Lega Araba perché si ricostituisca in Libano “un
governo pienamente rappresentativo attorno al premier Fouad
Siniora”. In giornata, D’Alema avrà anche un colloquio telefonico con il segretario
di Stato USA, Condoleezza Rice,
mentre domani è atteso nei Territori occupati dove incontrerà a Ramallah il presidente palestinese Abu
Mazen.
A Baghdad è arrivato, invece, questa mattina Robert Gates, il nuovo capo del
Pentagono, insediato due giorni fa al posto di Donald
Ramsfeld, per incontrare i vertici militari americani,
in un momento di massima violenza in Iraq, dove le vittime statunitensi hanno
raggiunto quota tremila. Due attentati
dinamitardi stamane nella capitale hanno ucciso 16
persone e ferito altre 42.
Infine, sulla scena mediorientale,
il presidente iraniano Ahmadinejad è tornato a
tuonare contro l’Occidente, in un discorso pronunciato a Javanrud,
nell’ovest della Repubblica islamica, affermando che
Stati Uniti, Gran Bretagna ed Israele sono condannati a sparire. Intanto
Sul fronte del disarmo
atomico permane il
braccio di ferro tra
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Una posizione che ha irritato non solo la delegazione USA
ma anche gli altri negoziatori al punto che persino l’alleata storica di Pyongyang,
Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.
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Cresce lo sdegno della comunità internazionale, dopo che
la giustizia libica ha condannato a morte le cinque infermiere bulgare e il
medico palestinese accusati di aver inoculato nel ’98 il virus dell’AIDS a 426 bambini dell’ospedale di Bengasi, 52 dei quali sono
poi morti. Perizie di esperti internazionali hanno dimostrato che le
infezioni furono conseguenza delle pessime condizioni igienico-sanitarie della struttura ospedaliera. Intanto alla notizia della sentenza emessa dal tribunale di Tripoli,
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R. – Noi ci aspettiamo che l’Unione Europea prenda una
posizione ferma – lo ha già fatto ieri nelle parole di Frattini
– ma che la prenda in maniera duratura e che faccia
l’impossibile perché queste condanne a morte non vengano eseguite. Dopodiché rimane
un problema che Amnesty constata con preoccupazione,
cioè il desiderio quasi bramoso da parte dell’Unione Europea di individuare
D. – In ambito internazionale, sembrava che
R. – Certamente è un sistema giudiziario che presenta
numerose imperfezioni; sono stati fatti dei passi avanti nel corso degli ultimi
anni, con la scarcerazione di alcuni prigionieri politici. Però, il punto è che
sui diritti umani c’è ancora molta strada da fare e il pieno rispetto dei
diritti umani è la precondizione che l’Unione Europea
e altri soggetti dovrebbero instaurare per proseguire i rapporti con Tripoli.
D. – Come mai tanto accanimento sull’accusa nei confronti
di questi infermieri e invece nessuna autocritica verso il proprio sistema
sanitario?
R. – Evidentemente, mettere in luce le imperfezioni del
sistema sanitario sarebbe stata una forma di ammissione della propria
colpevolezza: è molto più semplice, più rapido e più sbrigativo accusare
cittadini stranieri di avere causato una strage di bambini.
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Scontri armati nel Ciad orientale fra le milizie Janjaweed e le forze governative. Fonti ufficiali riferiscono
un bilancio di almeno 40 morti. Sul piano politico, il presidente Idris Deby ha accusato il governo
sudanese di sostenere le milizie responsabili degli attacchi nella regione.
Violenze anche nella Somalia
centrale, tra Forze governative e combattenti delle Corti islamiche su
diversi fronti, nei pressi della città di Baidoa,
sede del governo di transizione, dove stamane è
arrivato il commissario europeo alla Sviluppo e agli Aiuti Economici, Louis Michel, nel tentativo di
riavviare colloqui di pace.
Secondo quanto riportato oggi dal giornale basco “El Correo”, il governo spagnolo ed il movimento ETA
avrebbero avuto giovedì scorso il primo incontro ufficiale in un Paese europeo.
L’evento avrebbe permesso di superare la crisi del processo di pace che molti osservatori
temevano avrebbe potuto spingere l’ETA a rompere la tregua
Nello Sri Lanka, i vescovi
cattolici hanno incontrato il ministro dell’Agricoltura, Maithripala,
incaricato anche della Difesa per chiedere la pace nelle martoriate regioni nordorientali del Paese asiatico, e aiuti alimentari per la
popolazione affamata, specie nella penisola di Jaffna.
Una nota a firma del presidente della Conferenza episcopale, mons. Vianney Fernando, riferisce la promessa del governo per
arrivare a negoziati con i ribelli Tamil.
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