RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 354 - Testo della trasmissione di mercoledì 20 dicembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nell’udienza generale prima del Natale, Benedetto XVI afferma che solo in Gesù che nasce c’è la vera gioia per l’uomo, anche oggi tentato dalle illusioni di “falsi profeti”

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Terra Santa abbiamo bisogno di essere liberati dalla morte, dalla paura e dall’oppressione: è l’appello lanciato oggi dal patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah nel suo tradizionale messaggio natalizio: ai nostri microfoni il patriarca

 

La Caritas russa chiede assistenza pastorale per i suoi collaboratori di fede ortodossa: con noi mons. Tadeusz Kondrusiewicz

 

Ieri al Palazzo di Vetro di New York l’ultima conferenza stampa di Kofi Annan come segretario generale dell’ONU: intervista con Antonio Papisca

 

Si celebra oggi la prima Giornata internazionale della solidarietà umana: ce ne parla Marina Ponti

 

Presentato in Campidoglio il cartellone 2007 del Teatro dell’Opera di Roma: con noi Francesco Ernani, Mauro Trombetta e Gianluigi Gelmetti

 

CHIESA E SOCIETA’:

Tre intensi giorni di piogge monsoniche hanno provocato in Malaysia gravi inondazioni

 

I vescovi venezuelani scrivono al presidente Hugo Chavez perché la nuova legge sull’educazione si ispiri ai valori democratici della Costituzione

 

Le problematiche sociali della regione sudafricana di Umlazi al centro delle riflessioni proposte per la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, in programma dal 18 al 25 gennaio

 

Forse nel Natale 2007 l’inaugurazione della prima Chiesa “ecologica” al mondo che sarà costruita nelle Filippine, tra le baracche di Smokey Mountain, discarica di Manila

 

24 ORE NEL MONDO:

Al Qaeda contro il voto anticipato palestinese: a Gaza vacilla la tregua tra Hamas e Fatah

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

20 dicembre 2006

 

 

NELL’UDIENZA GENERALE PRIMA DEL NATALE, BENEDETTO XVI AFFERMA CHE SOLO

IN GESU’ CHE NASCE E’ LA VERA GIOIA PER L’UOMO,

ANCHE OGGI TENTATO DALLE ILLUSIONI DI “FALSI PROFETI”

 

Accogliere la nascita di Gesù con un atteggiamento improntato alla gioia e alla gratitudine e non condizionata dalla salvezza “a basso prezzo” proposta da “falsi profeti”. E’ stato questo uno dei passaggi forti della catechesi di Benedetto XVI all’udienza generale di questa mattina, in Aula Paolo VI. Il Papa ha messo in guardia anche i credenti a non vivere l’ultimo tratto di Avvento badando solo agli allestimenti esteriori del Natale, ma ad abbellire l’animo nel segno della fede. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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La vera felicità per gli uomini arriva con il messaggio d’amore portato duemila anni fa da un Bambino, in una notte di Betlemme. Tutte le altre sono “scorciatoie” verso l’illusione e la delusione, gioie artificiali proposte da “falsi profeti”. Benedetto XVI ha ribadito con forza e calore l’essenza del messaggio del Natale. “Questo sublime mistero di grazia e di misericordia”, ha affermato davanti alla folla stipata in Aula Paolo VI, rinnova nel cuore di chi crede “sentimenti di gioia e di gratitudine”. L’umanità del nostro tempo, invece, non sembra attendere il Salvatore. “Si ha la sensazione – ha osservato il Papa - che molti considerino Dio come estraneo ai propri interessi:

 

“Apparentemente non hanno bisogno di Lui; vivono come se non esistesse e, peggio, come se fosse unostacolo’ da rimuovere per realizzare se stessi. Anche fra i credenti alcuni si lasciano attrarre da allettanti chimere e distrarre da fuorvianti dottrine che propongono illusorie scorciatoie per ottenere la felicità (...) Falsi profeti continuano a proporre una salvezza a ‘basso prezzo’, che finisce per generare cocenti delusioni”.

 

“Eppure, pur con le sue contraddizioni, le sue angustie e i suoi drammi, e forse proprio per questi, l’umanità oggi – è stata la considerazione di Benedetto XVI - cerca un Salvatore e attende, talora inconsapevolmente, l’avvento di Cristo, l’unico vero Redentore dell’uomo e di tutto l’uomo”:

 

“E’ compito di noi cristiani diffondere, con la testimonianza della vita, la verità del Natale, che Cristo reca a ogni uomo e donna di buona volontà. Nascendo nella povertà del presepe, Gesù viene ad offrire a tutti quella gioia e quella pace che possono colmare l’attesa dell’animo umano”.

 

Ma in che modo devono prepararsi i cristiani per non smarrire il senso del “prodigio” del Natale? Mantenendo un atteggiamento di “attesa vigile e orante”: lo stesso che fu di Zaccaria ed Elisabetta, i pastori e i Magi, Maria e Giuseppe:

 

“La liturgia dell’Avvento esorta anche noi ad essere sobri e vigilanti, per non lasciarci appesantire dal peccato e dalle eccessive preoccupazioni del mondo (... )Nascendo fra noi, Gesù Bambino non ci trovi distratti o impegnati semplicemente ad abbellire con le luminarie le nostre case. Allestiamo piuttosto nel nostro animo e nelle nostre famiglie una degna dimora dove Egli si senta accolto con fede e amore (…) Con questi sentimenti desidero formulare i più fervidi auguri per un santo e felice Natale a tutti voi, qui presenti, e ai vostri familiari, con un ricordo particolare per quanti sono in difficoltà o soffrono nel corpo e nello spirito. Buon Natale!”. (applausi)

 

Al termine delle catechesi in sintesi nelle altre lingue, il Pontefice ha avuto parole di saluto e di gratitudine per i calabresi e le autorità regionali per il dono dell’albero in Piazza S. Pietro. Un simbolo delle prossime feste che ha offerto a Benedetto XVI lo spunto per parlare dell’altra “suggestiva rappresentazione della Natività”, il presepe:

 

“Auspico che un elemento così importante, non solo della nostra spiritualità, ma anche della nostra cultura e dell’arte, continui ad essere un semplice ed eloquente modo per ricordare Colui che è venuto 'ad abitare in mezzo a noi'”.

 

A margine dell’udienza generale, Benedetto XVI è stato insignito del “Premio della carità”, istituito quest'anno dalla Fondazione Banco Alimentare onlus presieduta da don Mauro Inzoli. Nella motivazione del Premio si sottolinea come il Papa all’inizio del suo Pontificato ha abbia voluto porre la carità a “dimensione naturale dell’esistenza cristiana”, come “dono di sé all’altro”. Il premio del Banco Alimentare, che ammonta a 200 mila euro, è ispirato all’attività del cavaliere Danilo Fossati e del fondatore di Comunione e Liberazione, mons. Luigi Giussani.

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RINUNCIA

        

Negli Stati Uniti, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Shreveport presentata da mons. William Benedict Friend, per raggiunti limiti di età.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca dell’udienza generale.

 

Servizio estero - Medio Oriente: appesa ad un filo la nuova tregua tra Hamas ed Al Fatah.

 

Servizio culturale - Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo “Inverno 1942-‘43: finiti ‘per caso’ nel mattatoio di Stalingrado”: Alfio Caruso racconta la sconosciuta tragedia dei 77 italiani intrappolati nell’assedio.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema della finanziaria.

 

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

20 dicembre 2006

 

IL MESSAGGIO NATALIZIO DEL PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME SABBAH:

LIBERIAMO LA TERRA SANTA DALLA MORTE, DALL’OPPRESSIONE E DALLA PAURA

- Intervista con il patriarca Michel Sabbah -

 

In Terra Santa abbiamo bisogno di essere liberati dalla morte e dalla paura, abbiamo bisogno di pace e giustizia. E’ l’appello che ha lanciato oggi il patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah nel suo tradizionale messaggio natalizio. Ce ne parla Giancarlo La Vella.

 

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Il patriarca Michel Sabbah rivolge il suo augurio natalizio ai fratelli che si trovano in Palestina, Israele, Giordania e Cipro, nonostante anche quest’anno a Betlemme il Natale arrivi con la morte, la frustrazione, i muri di divisione, gli sbarramenti sul terreno e nei cuori. La privazione della libertà – dice il patriarca – genera insicurezza e paura, soprattutto dopo gli attuali conflitti interpalestinesi che fanno ancor più di Gaza un luogo di morte. La situazione non consente di guardare con serenità al futuro del Medio Oriente come conferma ai nostri microfoni lo stesso mons. Sabbah:

 

“La paura dell’avvenire si estende a tutta la regione: Iraq, Libano, Siria, Egitto e Giordania. L’avvenire sta per essere messo in gioco per tutti e con tutto questo il terrorismo mondiale trova di che ben alimentarsi, ha tutte le piaghe aperte”.

 

Tuttavia, dice il patriarca latino di Gerusalemme, il Natale continua a portare con sé un messaggio di vita e di pace e di giustizia, Citando, Geremia, Isaia e San Paolo, il presule intravede un futuro di serenità per la regione, ma solo se prevarranno l’amore reciproco e la solidarietà, soprattutto da parte della comunità internazionale:

 

“Sì, abbiamo proprio bisogno di solidarietà e siamo riconoscenti per tutti i messaggi di fraternità che riceviamo da ogni parte del mondo. Eppure, il nostro bisogno fondamentale è la pace, la giustizia, la libertà e la fine dell’occupazione”.

 

Il patriarca Sabbah lancia poi un appello ai potenti della Terra, affinché mettano in moto il potenziale d’amore, di vita e di pace insito in ogni persona umana, per esprimere il quale occorre però operare una conversione sincera dalla morte alla vita, dalla visione dell’altro come nemico alla visione dell’altro come fratello, favorendo il dialogo tra le popolazioni di Terra Santa:

 

“La salvezza sta nell’avvicinamento dei due popoli non nella loro separazione, salvezza per i palestinesi e gli israeliani come per tutta la regione. I due popoli sono capaci di vivere insieme in pace e in tranquillità”.

 

Di certo – dice ancora il patriarca – non dovranno più prevalere l’oppressione, l’occupazione, la povertà e l’umiliazione. Andiamo a Betlemme in questo Natale – esorta infine – per vedere quel che è accaduto 2000 anni fa e che accade ancor oggi e per sentire gli angeli annunciare la pace su tutta la Terra:

 

“Chiedo a Dio che possiate intendere e vivere il messaggio di Natale che è un messaggio di pace, di gioia e di vita nuova. Buon Natale a tutti!”

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LA CARITAS RUSSA CHIEDE ASSISTENZA PASTORALE

PER I SUOI COLLABORATORI DI FEDE ORTODOSSA.

AI NOSTRI MICROFONI, LA RIFLESSIONE DEL PROMOTORE DI QUESTA INIZIATIVA

ECUMENICA, L’ARCIVESCOVO METROPOLITA DELL'ARCIDIOCESI

DELLA MADRE DI DIO A MOSCA, MONS. TADEUSZ KONDRUSIEWICZ

 

Un passo significativo sul cammino ecumenico: la Chiesa cattolica in Russia ha chiesto a quella ortodossa di inviare un sacerdote che si occupi della cura pastorale dei fedeli ortodossi che lavorano con la Caritas a Nizhniy Novgorod, ad est di Mosca. Ad avanzare la proposta è stato l’arcivescovo metropolita dell'arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, che – raggiunto telefonicamente nella capitale russa da Alessandro Gisotti – sottolinea l’importanza dell’iniziativa:

 

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R. – Lunedì c’è stato questo incontro, molto cordiale; abbiamo parlato di varie cose, abbiamo parlato anche delle sfide del mondo contemporaneo, abbiamo parlato della testimonianza comune; abbiamo ricordato che tra quelli che aiutano la nostra Caritas ci sono molti ortodossi, e che sarebbe positivo che venisse anche qualche sacerdote ortodosso per incontrare le persone ...

 

D. – Come è stata accolta questa proposta dell’arcivescovo ortodosso locale,   Georgiy?

 

R. – Lui ha capito molto bene e penso che verrà qualche sacerdote per assolvere a questo compito. L’arcivescovo ha compreso l’importanza non solo dell’aiutare i fedeli ortodossi ma anche l’importanza della nostra testimonianza comune. Il Santo Padre spesso parla di questa testimonianza comune. Dobbiamo fare ogni cosa possibile per avvicinarci, ed uno di questi modi è la Caritas.

 

D. – Eccellenza, lei ha fatto un regalo al vescovo Georgiy che è molto particolare, ovvero l’edizione in russo del libro dell’allora teologo Joseph Ratzinger, “Introduzione al Cristianesimo” ...

 

R. – Questo libro è stato stampato con una introduzione del metropolita Kyrill. Questo è importante. Kyrill raccomanda ai fedeli ortodossi di leggere questo libro, e questo è – a mio avviso – un segno molto, molto importante. L’arcivescovo Georgiy mi ha regalato una bellissima icona della Madonna.

 

D. – E anche Maria, sicuramente, è un elemento fondamentale per questo cammino ecumenico, vero?

 

R. – Sì, veramente. Dopo l’incontro, ho celebrato la Santa Messa e ho mostrato alla gente l’icona. I nostri fedeli, presenti nella chiesa, volevano venerare questa icona, in ginocchio ... Veramente, un segno di testimonianza, per tutti noi!

 

D. – Ecco, anche questo avvenimento mostra quanto i fedeli vogliano questa intensificazione di dialogo ...

 

R. – Sì, i cattolici parlano con gli ortodossi, ne incontro tanti! Molti dicono: “Noi vogliamo questa testimonianza comune, vogliamo vedere insieme come possiamo resistere a queste sfide del secolarismo e del relativismo morale, e quindi come possiamo aiutare la gente”. Per esempio, qualche giorno fa, il 13 dicembre c’è stato un grande incontro nel Comitato per i contatti con organismi religiosi, di varie religioni, presso la presidenza. Tale incontro è stato dedicato alla carità, come possiamo aiutare la gente. Abbiamo parlato tutti: cattolici, ortodossi, musulmani, ebrei, protestanti, buddisti ... Tutti abbiamo convenuto che siamo pronti per aiutare la nostra gente, la gente russa, nel campo della carità.

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IERI AL PALAZZO DI VETRO DI NEW YORK L’ULTIMA CONFERENZA STAMPA

DI KOFI ANNAN COME SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU

- Intervista con Antonio Papisca -

 

Il segretario generale dell’ONU Kofi Annan ha tenuto ieri la sua ultima conferenza stampa al Palazzo di Vetro di New York tracciando un bilancio dei suoi 10 anni alla guida delle Nazioni Unite. Annan, 68 anni, ghanese, è sempre stato un forte sostenitore del multilateralismo: perciò ha ricordato la guerra in Iraq come il momento peggiore vissuto durante il suo mandato. Molti i dossier scottanti che passerà al suo successore, il sudcoreano Ban Ki Moon, che gli succederà ufficialmente il 1° gennaio 2007: il Darfur, il Medio Oriente, la questione nucleare, la sfida al terrorismo. Ma Kofi Annan ha ricordato anche l’ONU che ha guidato gli aiuti alle popolazioni colpite dallo tsunami e dal terremoto nel Kashmir e che si batte per l’attuazione degli otto obiettivi del millennio per dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015.  Per un bilancio del mandato del segretario generale uscente, Stefano Leszczynski ha intervistato il professor Antonio Papisca, direttore del Centro interdipartimentale diritti umani dell’Università di Padova:

 

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R. – Kofi Annan ha svolto due mandati e proprio nel periodo in cui Kofi Annan è stato segretario generale, abbiamo rivisto il ripetersi delle guerre, della violenza diffusa, anche in maniera brutale, in molte parti del mondo. Kofi Annan è stato, quindi, il vaso di coccio classico in mezzo ad attori potenti, che hanno fatto ricorso più ai disvalori della realpolitik che non ai principi di diritto internazionale che si radica nella Carta delle Nazioni Uniti e nella Dichiarazione universale. Ci sono, però, anche degli aspetti positivi: lo sforzo di Kofi Annan per tenere alta la bandiera del multilateralismo. A fine mandato qualche speranza è legata all’intervento delle Nazioni Unite in Libano, che è un intervento – diciamo – nel segno della legalità.

 

D. – Lei diceva “luci ed ombre”. Tuttavia sotto la guida di Kofi Annan, la fiducia dell’opinione pubblica nei confronti delle Nazioni Unite non è stata proprio esaltante …

 

R. – Intanto distinguiamo quello che è la percezione e quindi l’immagine delle Nazioni Unite che viene data e profusa dai mass media e quella che è la percezione della identità vera e genuina delle Nazioni Unite che si ha nell’ambito delle Organizzazioni della società civile, dei movimenti transnazionali di solidarietà. Gli ideali delle Nazioni Unite sono fortemente sentiti in questi ambienti. E’ chiaro che ci sono poi grandi aspettative per il ruolo delle Nazioni Unite. In tutti gli ambiti della società civile si guarda al futuro, anche immediato, delle Nazioni Unite in termini di potenziamento e democratizzazione.

 

D. – Che dire dello scandalo del programma Oil for Food, Petrolio contro Cibo, avviato per alleviare le sofferenze del popolo iracheno sotto embargo, ma contaminato da gravi episodi di corruzione?

 

R. – Quella è una pagina che rientra ovviamente nelle “ombre”. Prima di portare, però, tutto ad un capro espiatorio, Kofi Annan, bisogna in prima istanza chiamare in causa le responsabilità degli Stati: l’ONU è fatta dagli Stati. Sicuramente Kofi Annan non ha avuto una personalità con attribuiti carismatici particolari. Diciamo che alla fine Kofi Annan come segretario generale nell’insieme ha correttamente svolto il suo mandato ed ora speriamo nel successore.

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SI CELEBRA OGGI LA PRIMA GIORNATA INTERNAZIONALE

DELLA SOLIDARIETÀ UMANA

- Intervista con Marina Ponti -

 

Si celebra oggi la prima “Giornata internazionale della solidarietà umana” indetta dall’ONU per sottolineare l’importanza della solidarietà soprattutto per l’eliminazione della povertà. L’iniziativa, lanciata dall’ex presidente polacco Lech Walesa, fondatore di Solidarnosc, intende incoraggiare un dibattito fruttuoso sul raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. La solidarietà – ha detto Walesa – è “l’unica possibilità logica per affrontare con successo le sfide dell’oggi”, quali la fame, le epidemie, l’inadeguata distribuzione delle risorse ed il terrorismo. Ma come procede, in un mondo minacciato da così grandi insidie, la battaglia della solidarietà contro la povertà? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto alla coordinatrice per l’Europa della Campagna delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, Marina Ponti, raggiunta telefonicamente a New York:

 

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R. – E’ una battaglia difficile ma procede con molta forza. Ci sono molti Paesi - Paesi tra i più poveri come il Mozambico - che stanno facendo molto per vincere la povertà e soprattutto per frenare alcune delle epidemie più gravi quali l’AIDS. Poi ci sono alcuni Paesi ricchi che sono oggi in prima linea nella lotta alla povertà fornendo più risorse alla cooperazione e chiarendo in maniera molto forte che queste risorse devono essere veramente utilizzate per sconfiggere la povertà. Gli otto obiettivi, che sono stati sottoscritti dai 189 capi di Stato nel 2000, potranno essere raggiunti solo se ognuno fa la sua parte.

 

D. – Quali tra questi otto obiettivi, sono quelli che la solidarietà può concretamente far centrare?

 

R. – La bellezza di questi obiettivi è che sono tutti collegati tra loro e cioè non si può parlare di povertà senza parlare di parità tra uomo e donna, non si può parlare di sradicamento delle malattie senza parlare anche dell’importanza dell’acqua potabile, di un ambiente pulito, per cui tutti questi obiettivi devono essere raggiunti insieme. Il mondo della solidarietà e il mondo dei volontari è un mondo molto importante perchè in molti Paesi ci sono persone che offrono un contributo fondamentale per risolvere questi problemi. Un altro ruolo fondamentale che ha il mondo della solidarietà, soprattutto nei Paesi più ricchi, è proprio il ruolo di far parlare di questi temi.

 

D. – Cosa possono fare in concreto, gli Stati, i governi e cosa la società civile, i singoli cittadini?

 

R. – I governi devono cominciare con rigore e serietà a rispettare gli impegni che si sono presi e nei Paesi ricchi ciò significa destinare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo alla cooperazione e fare in modo che queste risorse vengano veramente utilizzate per sconfiggere la povertà. Poi i cittadini devono partecipare - molti lo fanno già – a tantissime azioni di solidarietà promosse dalle organizzazioni della società civile che operano sul loro territorio per offrire il loro contributo e allo stesso tempo facciano ben presente che per loro il tema della lotta alla povertà è un tema importante anche nel momento in cui voteranno.

 

D. – Quali sono i problemi principali che ancora attendono risposta?

 

R. – Sono molti. C’è il tema della povertà e c’è il tema della fame, c’è il tema dell’ambiente, c’è il tema dei cambiamenti climatici, ci sono i temi drammatici delle malattie. Ciò che manca ancora è la volontà politica ed ecco perché è fondamentale anche il ruolo che le organizzazioni della società civile svolgono nel continuare a far pressione sui governi affinché gli impegni vengano mantenuti e affinché si costruisca tutti insieme un mondo migliore.

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PRESENTANTO IN CAMPIDOGLIO

IL CARTELLONE 2007 DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA

- Con noi, Francesco Ernani, Mauro Trombetta e Gianluigi Gelmetti -

 

Con la ‘Salome’ di Richard Strauss, diretta da Alain Lombard, si inaugura il 16 gennaio il cartellone 2007 dell’Opera di Roma. Regista, un decano del teatro, Giorgio Albertazzi, interprete anche di un prologo teatrale dall’omonimo lavoro di Oscar Wilde.  Positivo il bilancio della stagione in corso, che ha visto aumentare il numero degli spettatori e un notevole sviluppo della qualità artistica. E per la prossima, aumenta anche il numero delle recite, differenziando l’offerta artistica. Il servizio è di A.V.:

 

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Nuovo corso per il Teatro dell’Opera di Roma, che presenta un cartellone fortemente innovativo e bilanciato tra melodramma e balletto, con l’incursione inaugurale nella prosa che lo fa ambire nuovamente a spettacoli di “arte totale”. Il Sovrintendente Francesco Ernani:

 

“Io penso che nella società d’oggi sia dovere di un’istituzione che ha un grande finanziamento pubblico, di erogare nel modo migliore il servizio culturale, in questo caso nel campo della musica e della danza. Tutto il progetto artistico, tutto è stato finalizzato alla ricerca dell’equilibrio fra opera e arte che ci porta a quel risultato che mi auguro possa essere apprezzato dal pubblico. Il teatro è un patrimonio della comunità”.

 

Il direttore artistico Mauro Trombetta illustra il cartellone:

 

“La stagione si basa moltissimo, quasi tutta, dal fine Ottocento e l’opera contemporanea. Perché il balletto ricorda tantissimo Debussy, Strawinski, Saty, De Falla, Ravel, oltre a qualche classico, naturalmente, come Ciaikowski, Adam, Puny e l’opera lirica, dalla ‘Salome’ di Strass e ilWojcek’ di Berg, del Novecento o della fine Ottocento, come la ‘Manon Lescaut’, come la ‘Turandot”’, come ‘I Pagliacci’ di Leoncavallo. Con le opere contemporanee di Guarnieri, di Taralli è una stagione che guarda avanti”.

 

Il regista Franco Zeffirelli, reduce dal successo alla Scala di Milano, firma due titoli anche a Roma:

 

“La Traviata è un’opera che lui farà apposta per il Teatro dell’Opera di Roma; la Figlia del Reggimento è un vecchio allestimento, una delle prime cose che Franco Zeffirelli fece come scenografo e costumista: per il Teatro Massimo di Palermo venne fatta, e noi la riproponiamo a Roma”.

 

Uno sguardo alla storia del teatro anche ricordando Toscanini. Sul podio il direttore musicale Gianluigi Gelmetti:

 

“E’ un omaggio a Toscanini con un programma, devo dire, anche piuttosto divertente: è un omaggio doveroso e molto importante; sono orgoglioso che siamo i primi quest’anno a farlo”.

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CHIESA E SOCIETA’

20 dicembre 2006

 

TRE INTENSI GIORNI DI PIOGGE MONSONICHE HANNO PROVOCATO

IN MALAYSIA INONDAZIONI, ALLAGAMENTI E L’INTERRUZIONE DI COLLEGAMENTI

 

KUALA LUMPUR. = Violenti alluvioni hanno colpito lo Stato di Johor, in Malaysia, e le autorità hanno fatto evacuare migliaia di persone. Sono bloccate le strade principali ed interrotti i collegamenti ferroviari verso Singapore. Oltre 26 mila persone in 8 distretti dello Stato sarebbero state spostate in 163 centri di accoglienza allestiti in scuole e spazi pubblici. Squadre di forze dell’ordine, vigili del fuoco e volontari sono alla ricerca dei superstiti rimasti intrappolati nelle loro case. Due giorni di intense piogge monsoniche hanno causato lo straripamento dei fiumi maggiori che hanno inondato città e villaggi, compresa la capitale Johor Bahru. Secondo i dati del Dipartimento per il drenaggio e l’irrigazione - riportati dal quotidiano New Straits Times - precipitazioni di tale portata non si verificavano nella zona da 100 anni. Ieri la compagnia ferroviaria malaysiana KTM Berhad ha sospeso a tempo indeterminato le corse dirette a Singapore, dopo che su tratti della linea si sono abbattute piccole frane e alcune stazioni hanno subito inondazioni. Stamattina le piogge sono diminuite, ma i metereologi prevedono che precipitazioni più lievi si alterneranno ad altre più forti fino a venerdì. (T.C.)

 

 

I VESCOVI VENEZUELANI SCRIVONO AL PRESIDENTE HUGO CHAVEZ PERCHÉ

LA NUOVA LEGGE SULL’EDUCAZIONE SI ISPIRI AI VALORI DEMOCRATICI DELLA

COSTITUZIONE, PERCHÉ VENGANO RISPETTATI I DIRITTI UMANI E LE MINORANZE

 

CARACAS. = La nuova Legge organica sul sistema nazionale educativo deve “rispondere alla natura democratica che ispira la Carta costituzionale” e, dunque, non può esprimere una “visione statalista e politicizzata” che “escluda la religione” dai programmi scolastici e, più in generale, dalla vita quotidiana dei venezuelani. Così scrivono i vescovi del Venezuela al presidente della Repubblica Hugo Chavez, in una lettera consegnata pochi giorni fa e alla vigilia del terzo insediamento presidenziale, dopo la vittoria del 3 dicembre scorso. L’arcivescovo di Caracas, il cardinale Jorge Urosa Sabino, secondo vice presidente della Conferenza episcopale, e il segretario della stessa, mons. Ramón Viloria, hanno illustrato alla stampa nazionale i principali contenuti del documento nel quale viene chiesto il “rispetto delle minoranze nonché dell’insegnamento religioso, sia nelle scuole pubbliche sia in quelle private”. Il cardinale Jorge Urosa ha ricordato che, storicamente, in Venezuela, un sano carattere laico dello Stato, ha sempre garantito - con beneficio per tutti - la convivenza dell’insegnamento della religione in tutte le scuole. Inoltre, ha specificato l’arcivescovo di Caracas, “sarebbe un gravissimo errore” far passare, nel Congresso, la proposta che vorrebbe che l’insegnamento religioso fosse optativo, da impartire al di fuori delle ore scolastiche che lo Stato riconosce. I presuli hanno chiesto al presidente una ferma e costante difesa “dei diritti umani inalienabili consacrati nella Costituzione”, invitandolo al tempo stesso a rifiutare sia il “capitalismo selvaggio” sia “l’ideologia marxista e statalista, i cui frutti sono stati sempre negativi nei Paesi in cui questa è stata applicata”. In merito alla proposta del presidente Hugo Chavez, più volte ribadita negli ultimi mesi, che prospetta per il Venezuela “un socialismo del XXI secolo”, l’episcopato si augura “che sia una via per la trasformazione del Paese aperta alla trascendenza e alla religione, un modello capace di includere tutti i venezuelani in una medesima e fraterna comunità e, infine, un modello basato sul dialogo”. I vescovi si congedano dal presidente spiegando che “le inquietudini” espresse nella lettera vanno inserite nel quadro del “dialogo nazionale” voluto da tutti: dalla Chiesa, dall’opinione pubblica e dallo stesso presidente che, durante la recente campagna elettorale, a più riprese, ha sottolineato questa disponibilità (L.B. – T.C.)

 

 

LE PROBLEMATICHE SOCIALI DELLA REGIONE SUDAFRICANA DI UMLAZI AL CENTRO

DELLE RIFLESSIONI PROPOSTE PER LA SETTIMANA DI PREGHIERA

PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI, PREVISTA DAL 18 AL 25 GENNAIO

 

ROMA.= Sarà celebrata dal 18 al 25 gennaio la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sul tema “Fa sentire i sordi e fa parlare i muti”, promossa congiuntamente dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e dal Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. Quest’anno, scrive il presidente del Segretariato della Cei per l’Ecumenismo e il Dialogo mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia, l’iniziativa vuol far capire che più ci avviciniamo alla croce di Cristo, più ci avviciniamo gli uni agli altri e che la solidarietà nella sofferenza ci porta ad una comunione più profonda con la passione di Cristo. “Il tema – si legge in un comunicato del Consiglio mondiale delle Chiese (WCC) – invita i cristiani ad esprimere l’unità crescente, sia rompendo il silenzio, sia dando risposte alle sofferenze umane”. Il testo che farà da sussidio alla settimana di preghiera è stato preparato da un gruppo ecumenico sudafricano della regione di Umlazi, vicino Durban, nominato dalla Commissione Fede e costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese e del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Il capitolo dedicato al contesto ecumenico locale comprende una riflessione sulle relazioni ecumeniche in Sud Africa; una seconda parte in cui si presenta Umlazi, con le molteplici sfide cha gli abitanti devono affrontare; infine, una valutazione sulla cooperazione e sulla vitalità ecumenica della città. La regione di Umlazi è caratterizzata da un elevato tasso di disoccupazione e povertà e da un altissimo numero di malati di Aids, pari al 50 per cento della popolazione residente. Emarginazione, mutismo e vergogna sono le reazioni più comuni di fronte alla diffusione dell’Aids e per questo “rompere il silenzio – scrive il WCC – vuol dire sfidare le norme culturali che prevedono di non parlare di sessualità”. Il Consiglio mondiale delle Chiese scrive che, in tali condizioni, ad Umlazi, per le Chiese è importante rendere visibile l’unità e dare a questo concetto un’impronta non solo teologica. “Le Chiese e i cristiani – si legge ancora nel documento del WCC – possono rompere il silenzio parlando ad una sola voce e agendo con misericordia e unità”. (A.D.F.)

 

 

FORSE NEL NATALE 2007 L’INAUGURAZIONE DELLA PRIMA CHIESA ECOLOGICA AL MONDO NELLE FILIPPINE, TRA LE BARACCHE DI SMOKEY MOUNTAIN,

DISCARICA DI MANILA

 

MANILA. = Sarà realizzata con 200 mila blocchi di cavi mischiati con parti di vecchi computer e di altri materiali di scarto e il suo tetto potrà essere trasformato in una serra per coltivare vegetali. È la prima chiesa ecologica del mondo, che verrà costruita nelle Filippine, a Smokey Mountain, nel distretto di Tondo, zona dove vengono scaricati i rifiuti di Manila, e che potrebbe essere inaugurata già per la Novena di Natale del 2007. La struttura, riferisce l’agenzia AsiaNews, sarà dotata di pannelli solari, di un sistema di raccolta delle acque piovane e di servizi igienici speciali per trasformare i rifiuti organici in concime. Ed è allo studio dei progettisti anche l’uso di olio di cocco per i generatori della chiesa. “La chiesa della speranza”, così sarà chiamata, dovrebbe essere costruita su cinque piani; vuole essere un luogo di devozione, ma anche, come sottolinea padre Benigno Beltran della parrocchia del Cristo Risorto, costituire un progetto pilota per “creare mezzi di sussistenza per la popolazione”. Il seminterrato della chiesa potrebbe essere utilizzato ad esempio per la produzione di sapone da bagno e per il bucato. Sarà anche sede del centro per l’assistenza quotidiana e per l’insegnamento delle nozioni base di informatica per giovani non scolarizzati. “Sarà anche la prima chiesa ‘digitale’ – prosegue padre Beltran – perché in grado di connessioni a internet senza fili”. Per il progetto è stato raccolto fino ad ora solo il 20 per cento dei 50 milioni di pesos (1,01 milioni di dollari Usa) necessari. La zona in cui sorgerà ‘la chiesa della speranza’, nel nord ovest di Manila, raccoglie i rifiuti della città e vi abitano i più poveri, spesso in baracche. Dagli anni ‘90 si studia come recuperare i 21,1 ettari della discarica e migliorare le condizioni di vita di chi ci abita. (T.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

20 dicembre 2006

 

- A cura di Roberta Gisotti -

 

Medio Oriente anche oggi in primo piano. La nuova tregua annunciata la scorsa notte nella Striscia di Gaza è appesa ad un filo. Il nostro servizio:

 

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Stamani altre due vittime a seguire i sei morti, ieri, negli scontri tra sostenitori di Hamas e di al-Fatah, dopo che il presidente palestinese Abu Mazen, leader di al-Fatah, aveva indetto sabato scorso elezioni generali anticipate, e per questo era stato accusato dal premier Ismail Haniyeh, alla guida di Hamas, di un colpo di Stato. A proclamare la sospensione delle ostilità è stato il presidente, dopo l'intervento televisivo ieri sera del premier ed un incontro tra le due fazioni presso l'ambasciata egiziana. Ma ad aggravare la crisi tra palestinesi, il numero due di Al Qaeda, l’egiziano Ayman Al Zawahri, ha dichiarato oggi alla Tv araba Al Jazeera che “le elezioni non libereranno i territori palestinesi” e che solo la ‘guerra santa’ contro Israele è necessaria. Il leader di Al Qaeda ha inoltre minacciato altri attacchi contro i Paesi occidentali. Intanto, in Cisgiordania sarebbero rimasti uccisi due miliziani della Jihad islamica durante scontri con l’esercito israeliano.

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Quali sono ora le possibili conseguenze alle rinnovate minacce del vice di Bin Laden? Giada Aquilino lo ha chiesto a Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:

        

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R. – C’è l’evidente tentativo di Al Qaeda di inserirsi all’interno dello scontro in atto tra al Fatah e Hamas e di spingere Hamas in direzione della scelta terroristica e non di quella parlamentare. E’ un tentativo minaccioso anche se va detto che Hamas, fino ad oggi, ha sempre respinto decisamente tentativi di infiltrazione di Al Qaeda ed è probabile che lo faccia anche in questa occasione. E, tuttavia, lo scontro in atto rischia di schiacciare Hamas in direzione sia di Al Qaeda e soprattutto di schiacciarlo sulle posizioni iraniane di Ahmadinejad.

 

D. – Quindi la linea di Hamas quale sarà?

 

R. – Diciamo che ha cercato di arrivare al governo di unità nazionale senza fare troppe concessioni. Di fatto, tuttavia, la scelta di Abu Mazen di arrivare a questo show-down, annunciando lo scioglimento anticipato del Consiglio legislativo e le elezioni anticipate, su cui hanno spinto sia gli Stati Uniti sia Israele, ha un esito incerto.

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Ancora in Medio Oriente, è giunto stamani a Beirut il ministro italiano degli Esteri, Massimo D’Alema, sostenendo la mediazione della Lega Araba perché si ricostituisca in Libano “un governo pienamente rappresentativo attorno al premier Fouad Siniora”. In giornata, D’Alema avrà anche un colloquio telefonico con il segretario di Stato USA, Condoleezza Rice, mentre domani è atteso nei Territori occupati dove incontrerà a Ramallah il presidente palestinese Abu Mazen.

        

A Baghdad è arrivato, invece, questa mattina Robert Gates, il nuovo capo del Pentagono, insediato due giorni fa al posto di Donald Ramsfeld, per incontrare i vertici militari americani, in un momento di massima violenza in Iraq, dove le vittime statunitensi hanno raggiunto quota tremila.  Due attentati dinamitardi stamane nella capitale hanno ucciso 16 persone e ferito altre 42.

 

Infine, sulla scena mediorientale, il presidente iraniano Ahmadinejad è tornato a tuonare contro l’Occidente, in un discorso pronunciato a Javanrud, nell’ovest della Repubblica islamica, affermando che Stati Uniti, Gran Bretagna ed Israele sono condannati a sparire. Intanto la Russia si è detta contraria all'inserimento di “elementi punitivi” nella bozza di risoluzione dell’ONU per inibire il programma nucleare iraniano, come  ha riferito oggi il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov.

 

Sul fronte del disarmo atomico permane il braccio di ferro tra la Nord Corea e le 5 potenze sedute al tavolo negoziale. Pyongyang ha chiesto in cambio della rinuncia al proprio programma nucleare la contestuale rinuncia di Washington ai suoi armamenti. Il servizio di Chiaretta Zucconi:

 

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Una posizione che ha irritato non solo la delegazione USA ma anche gli altri negoziatori al punto che persino l’alleata storica di Pyongyang, la Cina, di solito piuttosto ottimista, ha espresso qualche dubbio sulla possibilità di trovare un compromesso nel corso di questi colloqui, colloqui riapertisi dopo oltre un anno e a poco più di due mesi dal test atomico nord-coreano del 9 ottobre scorso. Che cosa succederà adesso? La Nord Corea potrebbe fare un’ultima offerta proponendo ad esempio lo smantellamento, ma solo parziale, dei suoi programmi atomici, in cambio delle garanzie sulla sicurezza da parte degli USA, una mossa che alcuni analisti interpretano come strategica per non irritare i vicini cinesi e rischiare il blocco delle forniture alimentari.

 

Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

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Cresce lo sdegno della comunità internazionale, dopo che la giustizia libica ha condannato a morte le cinque infermiere bulgare e il medico palestinese accusati di aver inoculato nel ’98 il virus dell’AIDS a 426 bambini dell’ospedale di Bengasi, 52 dei quali sono poi morti. Perizie di esperti internazionali hanno dimostrato che le infezioni furono conseguenza delle pessime condizioni igienico-sanitarie della struttura ospedaliera. Intanto alla notizia della sentenza emessa dal tribunale di Tripoli, la Bulgaria ha respinto la condanna. Una doccia fredda per Sofia, che il 1° gennaio entrerà ufficialmente nell’Unione Europea. Stefano Leszczynski ha intervistato Riccardo Noury, portavoce in Italia di Amnesty International:

 

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R. – Noi ci aspettiamo che l’Unione Europea prenda una posizione ferma – lo ha già fatto ieri nelle parole di Frattini – ma che la prenda in maniera duratura e che faccia l’impossibile perché queste condanne a morte non vengano eseguite. Dopodiché rimane un problema che Amnesty constata con preoccupazione, cioè il desiderio quasi bramoso da parte dell’Unione Europea di individuare la Libia come partner politico per fermare i flussi di migranti. E aggiungo anche una cosa: che la Bulgaria sta per entrare nell’Unione Europea. Ci troveremmo nella paradossale e spiacevole situazione per cui i cittadini dell’Unione Europea vengono condannati a morte ...

 

D. – In ambito internazionale, sembrava che la Libia avesse molto ammorbidito i propri atteggiamenti negativi nei confronti dell’estero. Quello che sta succedendo oggi indica un passo indietro?

 

R. – Certamente è un sistema giudiziario che presenta numerose imperfezioni; sono stati fatti dei passi avanti nel corso degli ultimi anni, con la scarcerazione di alcuni prigionieri politici. Però, il punto è che sui diritti umani c’è ancora molta strada da fare e il pieno rispetto dei diritti umani è la precondizione che l’Unione Europea e altri soggetti dovrebbero instaurare per proseguire i rapporti con Tripoli.

 

D. – Come mai tanto accanimento sull’accusa nei confronti di questi infermieri e invece nessuna autocritica verso il proprio sistema sanitario?

 

R. – Evidentemente, mettere in luce le imperfezioni del sistema sanitario sarebbe stata una forma di ammissione della propria colpevolezza: è molto più semplice, più rapido e più sbrigativo accusare cittadini stranieri di avere causato una strage di bambini.

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Scontri armati nel Ciad orientale fra le milizie Janjaweed e le forze governative. Fonti ufficiali riferiscono un bilancio di almeno 40 morti. Sul piano politico, il presidente Idris Deby ha accusato il governo sudanese di sostenere le milizie responsabili degli attacchi nella regione.

 

Violenze anche nella Somalia centrale, tra Forze governative e combattenti delle Corti islamiche su diversi fronti, nei pressi della città di Baidoa, sede del governo di transizione, dove stamane è arrivato il commissario europeo alla Sviluppo e agli Aiuti Economici, Louis Michel, nel tentativo di riavviare colloqui di pace.

        

Secondo quanto riportato oggi dal giornale basco “El Correo”, il governo spagnolo ed il movimento ETA avrebbero avuto giovedì scorso il primo incontro ufficiale in un Paese europeo. L’evento avrebbe permesso di superare la crisi del processo di pace che molti osservatori temevano avrebbe potuto spingere l’ETA a rompere la tregua

 

Nello Sri Lanka, i vescovi cattolici hanno incontrato il ministro dell’Agricoltura, Maithripala, incaricato anche della Difesa per chiedere la pace nelle martoriate regioni nordorientali del Paese asiatico, e aiuti alimentari per la popolazione affamata, specie nella penisola di Jaffna. Una nota a firma del presidente della Conferenza episcopale, mons. Vianney Fernando, riferisce la promessa del governo per arrivare a negoziati con i ribelli Tamil. La Chiesa cingalese ha inoltre sollecitato un’indagine approfondita sulla scomparsa, lo scorso agosto, di padre Jim Brown e del suo assistente.

 

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