RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 353 - Testo della trasmissione di martedì 19  dicembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Pace, democrazia, sviluppo economico e promozione umana: è quanto chiede il Papa per la regione dei Grandi Laghi

 

Il Papa nomina mons. Paolo Romeo nuovo arcivescovo di Palermo. Il nunzio in Italia e San Marino succede al cardinale Salvatore De Giorgi, che lascia dopo 10 anni di servizio pastorale

 

Il cardinale Ignace Moussa I Daoud ha presieduto la celebrazione eucaristica, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, per significare pubblicamente la “Communio ecclesiastica” concessa al nuovo patriarca della Chiesa di Alessandria dei copti Antonios Naguib

 

Chiesa e sport: nostra intervista al cardinale Bertone che smentisce l’ipotesi della creazione di una squadra di calcio del Vaticano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nuovi massacri in Ciad. Ce ne parla Gigliola Pantera

 

I martiri cattolici in Cina sotto il regime maoista: in un libro, il racconto delle persecuzioni perpetrate da Mao Tse Tong. Intervista con l’autore, Gerolamo Fazzini

 

Polemiche sul presepe: ma i musulmani non sono contrari. Il commento di padre Raniero Cantalamessa

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aggredito in India l’arcivescovo di Bangalore, Bernard Blasius Moras

 

In Libano, i vescovi maroniti invitano i leader politici cristiani alla riconciliazione

 

Al via, domani in Terra Santa, il pellegrinaggio dei leader cristiani di Inghilterra e Galles

 

Restituite il presepe, fatelo per i bambini: è l’appello del parroco della chiesa napoletana di San Nicola della Carità, all’indomani del furto di 300 statuette avvenuto nella sua parrocchia

 

Il Parlamento europeo ha approvato il programma che prevede il finanziamento alla ricerca scientifica anche sulle cellule staminali estratte da embrioni umani

 

Bhailpevaco”, l’opera rock del maestro Antonio Pappalardo sul dialogo interreligioso, presentata ieri al Teatro Colosseo di Roma

 

24 ORE NEL MONDO:

Ancora scontri nelle ultime ore a Gaza tra miliziani di Hamas e di Fatah, nonostante la tregua annunciata domenica scorsa

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 dicembre 2006

 

PACE, DEMOCRAZIA, SVILUPPO ECONOMICO E PROMOZIONE UMANA:

E’ QUANTO CHIEDE

IL PAPA PER LA REGIONE DEI GRANDI LAGHI IN UN MESSAGGIO

ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA MARTORIATA REGIONE AFRICANA,

 SVOLTASI IN QUESTI GIORNI IN KENYA

 

Il negoziato e il dialogo sono l’unica “alternativa umana alla guerra”: è quanto sottolinea Benedetto XVI in un messaggio inviato, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, al presidente del Kenya, Mwai Kibaki, in occasione del secondo vertice della Conferenza internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi, svoltasi in questi giorni a Nairobi. La Santa Sede ha partecipato all’evento con una delegazione guidata dall’Inviato speciale, mons. Luigi Travaglino, e dal nunzio in Kenya, mons. Alain Paul Lebeaupin. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Innumerevoli persone della regione dei Grandi Laghi hanno sofferto troppo e per troppo tempo”: è il richiamo di Benedetto XVI, che invita i leader politici della martoriata regione africana a mettere in pratica l’impegno preso due anni fa a Dar-es-Salaam. E’ in tale occasione, si ricorda, che è stata firmata una Dichiarazione centrata su 4 aspetti fondamentali: pace, democrazia, sviluppo economico e promozione umana e sociale. Nel messaggio pontificio, si ribadisce che questi quattro elementi devono sostenersi l’uno con l’altro. Per raggiungere tali obiettivi, si legge ancora nel documento, servono “generosità, coraggio e perseveranza” da parte delle autorità come da parte dei cittadini.

 

Il Papa assicura che la Chiesa cattolica continuerà a impegnarsi per la pace cooperando “assieme ai fedeli delle altre religioni e alle donne e agli uomini di buona volontà”. E aggiunge: “Impegnandosi responsabilmente nella vita pubblica”, i cattolici “offriranno una chiara manifestazione” di carità fraterna. Benedetto XVI auspica, quindi, che i responsabili politici possano mettere in atto le misure atte a scoraggiare il ricorso alla violenza. Rileva, infatti, che nella Regione dei Grandi Laghi “tempo prezioso, energie e risorse sono state investite in conflitti armati che hanno seminato devastazione”. Il Papa si dice, infine, convinto che “sulla base di una pace stabile e genuina, la regione dei Grandi Laghi con le sue risorse umane e naturali”, e con “il sostegno della comunità internazionale, potrà superare le sue difficoltà presenti e offrire alla propria gente la speranza di un futuro dignitoso”.

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Il messaggio per la Regione dei Grandi Laghi è solo l’ultimo di una serie di interventi che il Papa ha dedicato, in questi ultimi giorni, al continente africano. All’Angelus di domenica scorsa, Benedetto XVI ha chiesto ai fedeli di riflettere sul modo in cui il Natale verrà celebrato dagli africani, che spesso vivono il dramma della guerra. D’altro canto, nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace per il primo gennaio 2007, il Pontefice dedica una parte importante ai problemi dell’Africa. Un’attenzione, quella del Papa per il continente africano, sulla quale riflette il padre comboniano, Fabrizio Colombo, per anni missionario in Ciad e collaboratore della rivista Nigrizia, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Il Papa ha centrato l’essenza di questo Natale che dev’essere un Natale di gioia. Purtroppo, però, in tante parti del Sud del mondo questo Natale sarà ancora un Natale di guerra. Il Papa ci indica allora una strada per non dimenticare e mette l’accento sul discorso della gioia. Secondo me, è molto importante in questo momento in cui viviamo la speranza del Natale, di questo Bambino che nasce, che riporta la vita, che riporta la speranza. E il fatto di aver scritto anche questo messaggio come contributo alla pace per la Regione dei Grandi Laghi è di un’importanza vitale proprio per dare una visione di speranza.

 

D. – Anche nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, del 1° gennaio 2007, il Papa dedica particolare attenzione all’Africa e sottolinea come molte popolazioni, specialmente nel continente africano, soffrano per le tremende ferite inferte alla pace ...

 

R. – Il cuore della pace sta nel cuore dell’uomo. Se ogni uomo è visto come fratello, come sorella, con uguale dignità, con uguale libertà di espressione ma anche libertà religiosa, come il Papa sottolinea molto bene, ecco, allora la pace è possibile!

 

D. – Benedetto XVI, come peraltro già Giovanni Paolo II – lo ricordiamo – nella Centesimus Annus, chiede coraggio nel cambiare stili di vita. In questo senso, il Natale può dire molto ...

 

R. – Ma certo! Credo che il Papa abbia ripetuto quello che tanti documenti, ma tanti missionari, tanti uomini di buona volontà stanno dicendo negli ultimi anni: che se non cambia lo stile di vita del mondo, non solo uno stile di vita nella piccola vita familiare, ma proprio anche lo stile di vita in campo economico, politico, nel modo di organizzare il mondo, la politica del mondo, se non cambia non c’è futuro per questo mondo. Quindi, il cambiamento di questo stile di vita è diventato un imperativo: non possiamo considerare l’Africa o il Sud del mondo da un punto di vista solo paternalistico, dicendo la solita frase: “Poverini!”. Io sono un missionario di una congregazione il cui fondatore diceva: “Bisogna salvare l’Africa con l’Africa”, e credo che il Sud del mondo abbia le capacità di salvarsi, di uscire dalla povertà, dall’ingiustizia, con le proprie forze, se gli diamo la libertà.

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IL PAPA NOMINA MONS. PAOLO ROMEO NUOVO ARCIVESCOVO METROPOLITA

DI PALERMO. IL NUNZIO IN ITALIA E SAN MARINO SUCCEDE

AL CARDINALE SALVATORE DE GIORGI,

CHE LASCIA DOPO 10 ANNI DI SERVIZIO PASTORALE

 

Palermo ha da oggi un nuovo arcivescovo metropolita: è mons. Paolo Romeo, finora arcivescovo titolare di Vulturia e nunzio apostolico in Italia e Repubblica di San Marino, nominato da Benedetto XVI a succedere al cardinale Salvatore De Giorgi che lascia l’incarico per raggiunti limiti d’età e dopo 10 anni di servizio pastorale. Sulle prime reazioni alla notizia, il servizio da Palermo di Alessandra Zaffiro:

 

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Un lungo applauso ha accolto la notizia della nomina del nunzio apostolico in Italia, mons. Paolo Romeo, a nuovo arcivescovo di Palermo. Davanti alla Sala riunioni dell’Oasi di Baida, in cui è stato invitato il clero di Palermo, il cardinale Salvatore De Giorgi ha annunciato il nome del suo successore, indicato da Papa Benedetto XVI: “mons. Romeo – ha detto il cardinale De Giorgi – porta alla Chiesa di Palermo la ricchezza delle sue doti di mente e di cuore e una molteplice esperienza pastorale vissuta e maturata in vari continenti”. “A te, amatissima Palermo – ha concluso il cardinale De Giorgi, con la voce rotta dalla commozione – rinnovo sincero il mio grazie. Ti porterò sempre nel cuore”.

 

 “Il successore di Pietro – ha detto mons. Romeo, in un messaggio al cardinale De Giorgi – serve un popolo, quello di Palermo, ricco di talenti, anche se travagliato da gravi e complesse problematiche”. Poi, l’invito ai sacerdoti della città: “dobbiamo puntare alla predicazione, all’Eucaristia, al Sacramento della riconciliazione, all’educazione dei fedeli, alla preghiera, alla formazione degli operatori pastorali”. Il cardinale De Giorgi, con molta probabilità, saluterà la Chiesa di Palermo il prossimo 5 febbraio. Per l’insediamento di mons. Romeo bisognerà attendere, come previsto dal Diritto canonico, due mesi.

 

Da Palermo, per la Radio Vaticana, Alessandra Zaffiro.

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L’arcivescovo Paolo Romeo, finora nunzio apostolico in Italia e Repubblica di San Marino, è nato ad Acireale, in provincia di Catania, 68 anni fa. Inviato a Roma nel 1959 come alunno dell’Almo Collegio Capranica, ha completato gli studi accademici conseguendo la licenza in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e la laurea in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense. Ordinato sacerdote a 23 anni è stato assistente del Gruppo Scouts Roma IX nel Collegio San Giuseppe in Piazza di Spagna e assistente diocesano dell’asso-ciazione “Silenziosi Operai della Croce”. Ha iniziato la sua lunga carriera diplomatica nel 1967, collaborando nelle rappresentanze pontificie nelle Filippine, Belgio-Lussemburgo e Comunità Europee, Venezuela, Ruanda e Burundi. Nel 1983 è stato nominato nunzio apostolico ad Haiti e consacrato vescovo da Giovanni Paolo II. E’ poi stato rappresentante del Papa in Colombia e nunzio in Canada. Nel 2001 è stato nominato nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino. Mons. Romeo ha partecipato alla Quarta Conferenza dell’episcopato latino-smericano ed è stato Inviato speciale del Santo Padre per l’insediamento dei presidenti della Repubblica nel Salvador, in Honduras ed in Ecuador.

 

 

IL PAPA NOMINA IL NUOVO VESCOVO DI MONTEREY IN CALIFORNIA

 

Negli Stati Uniti, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Monterey, in California, presentata da mons. Sylvester D. Ryan, per raggiunti limiti di età. Il Santo Padre ha nominato nuovo vescovo di Monterey mons. Richard J. Garcia, finora vescovo titolare di Bapara ed ausiliare della diocesi di Sacramento. Nato a San Francisco il 24 aprile 1947 da genitori emigrati dal Messico, ha compiuto gli studi di preparazione al sacerdozio nel “Saint Joseph College” in Mountain View e nel “St. Patrick Seminary” a Menlo Park. Ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di San Francisco il 13 maggio 1973, ha prestato il suo servizio per sette anni come vice-parroco e coordinatore dell’apostolato ispano; dal 1980 al 1984 ha studiato teologia alla Pontificia Università di San Tommaso a Roma. Rientrato da Roma, ha svolto il ministero pastorale in parrocchia mentre era insegnante nel Seminario di Menlo Park ed in quello di Mountain View. Dal 1992, è stato direttore diocesano per le vocazioni e, dal 1995, parroco di San  Leone nella città di San José. Eletto vescovo titolare di Bapara il 25 novembre 1997, è stato consacrato il 28 gennaio 1998 come vescovo ausiliare e vicario generale di Sacramento.

 

 

 

IL CARDINALE IGNACE MOUSSA I DAOUD HA PRESIEDUTO

 LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA, NELLA BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA,

PER SIGNIFICARE PUBBLICAMENTE LA “COMMUNIO ECCLESIASTICA” CONCESSA

 AL NUOVO PATRIARCA DELLA CHIESA DI ALESSANDRIA DEI COPTI ANTONIOS NAGUIB

 

Domenica scorsa ha avuto luogo nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, a Roma, la solenne Eucaristia presieduta dal cardinale Ignace Moussa I Daoud, patriarca emerito di Antiochia dei Siri e prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, delegato dal Papa per significare pubblicamente la “communio ecclesiastica” concessa da Benedetto XVI nell’aprile scorso a Sua Beatitudine Antonios Naguib, patriarca della Chiesa di Alessandria dei Copti.

 

Il suggestivo rito si è tenuto all’Altare Papale nel corso della Divina Liturgia, secondo il rito copto e in lingua araba, celebrata dal nuovo patriarca, attorniato dai presuli copti che lo hanno accompagnato nella prima visita ad Limina e da trenta sacerdoti appartenenti a quella Chiesa patriarcale. Alla folta delegazione di religiosi, religiose e fedeli laici provenienti dall’Egitto si sono uniti i figli della Chiesa copta presenti a Roma e in altre località. L’assemblea ha partecipato con grande commozione alle liturgia, festeggiando con gioia il nuovo capo del Patriarcato di Alessandria, che vanta le sue origini nella predicazione dell’evangelista Marco.

 

Ad accogliere il cardinale Daoud e il nuovo patriarca c’erano l’arciprete della Basilica di San Paolo, il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, e l’abate, padre Edmund Power con la comunità monastica benedettina. Al sacro rito hanno preso parte lo stesso cardinale arciprete, il patriarca emerito cardinale Stefano Ghattas, l’arcivescovo segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, mons. Antonio Maria Vegliò, che ha dato lettura della Lettera pontificia autografa per la nomina del Rappresentante del Santo Padre, l’arcivescovo Marco Brogi, già nunzio apostolico in Egitto, il sotto-segretario mons. Krzysztof Nitkiewicz e atri collaboratori del dicastero per le Chiese Orientali.

 

All’omelia, intervenendo in lingua araba e in lingua italiana, il cardinale Daoud ha sottolineato il significato simbolico dello scambio dei Divini Misteri tra il rappresentante del Vescovo di Roma e il nuovo capo e padre della Chiesa copta cattolica. Il rito sostituisce opportunamente la consegna del Pallio, in passato prevista anche per i patriarchi, ed intende pubblicamente esprimere “che il nuovo patriarca è in piena comunione con il Successore di Pietro e vuole attestare la sua fedeltà per essere in piena comunione con il Signore Gesù e la Santa Chiesa”.

 

Il cardinale Daoud ha pure insistito sul tema dell’unità, riprendendo il principale auspicio formulato da Benedetto XVI nell’udienza al nuovo patriarca. Unità nella dimensione interna alla comunità cattolica e in quella ecumenica, ma anche come base per quel cammino interreligioso che impegna dal vivo tutte le Chiese Orientali Cattoliche. Dopo la Comunione ha preso la parola il nuovo patriarca che ha ringraziato il Signore e invocato la divina assistenza nella guida della Chiesa copta, aggiungendo la sua gratitudine verso il Santo Padre.

 

 

CHIESA E SPORT: NOSTRA INTERVISTA AL CARDINALE BERTONE CHE SMENTISCE L’IPOTESI DELLA CREAZIONE DI UNA SQUADRA DI CALCIO DEL VATICANO

 

Chiesa e sport, un rapporto sempre stretto e fecondo, volto allo sviluppo fisico e morale della persona in un contesto agonistico fatto di amicizia e lealtà. Ne ha parlato ieri sera il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, intervenendo, presso l’Oratorio di San Pietro, a Roma, al “Triangolare di calcio” tra dipendenti vaticani, indetto per il V centenario della Basilica di San Pietro, della Guardia Svizzera e dei Musei Vaticani. Nell’occasione il porporato ha bonariamente smentito le recenti notizie sulla prossima costituzione di una squadra di calcio di professionisti nella Città del Vaticano, che – secondo i giornali – avrebbe dovuto essere allenata addirittura da Giovanni Trapattoni. Ascoltiamo il cardinale Bertone nell’intervista realizzata da Luca Collodi:

 

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R. – E’ vero che Trapattoni adesso è un po’ disoccupato, ma ci sono anche altri allenatori che sono disoccupati e che potremmo prendere come allenatori della famosa, fantomatica squadra di calcio vaticana. In realtà, Trapattoni non ha firmato nessun contratto e credo che nessun allenatore firmerà un contratto per allenare squadre di calcio vaticane, perché è di là da venire ...

 

D. – Eminenza, i giornali hanno scritto anche che l’UEFA è interessata a far partecipare una ideale squadra vaticana alle competizioni internazionali ...

 

R. – Questa ipotesi, questa eventualità non è stata per ora considerata da parte della Santa Sede e della Chiesa e l’UEFA – direi, anche per cortesia – si è interessata di questa ipotesi, ne hanno esaminato la fattibilità. E quindi, ringrazio l’UEFA anche di questa attenzione. Però, a conti fatti, nessuno ha questa intenzione. E’ impossibile, e io ho ben altro da fare che prendermi cura di una squadra di calcio del Vaticano; è irrealizzabile questa ipotesi che è stata così enfatizzata ieri sui giornali, su quasi tutti i quotidiani. E’ vero che, ricordando il mio passato sportivo, anche la CNN o una televisione turca, anche, che è venuta ad intervistarmi dopo il viaggio del Papa in Turchia, ha voluto farmi la domanda sulla quadra del cuore o su queste ipotesi. E quindi sono, direi, dei divertimenti di fantasia che possono anche rallegrare, magari riempire qualche mezza pagina dei giornali. Però, la verità è questa.

 

D. – La Chiesa non ha nessuna intenzione di fare un passo indietro nel calcio, ma soprattutto fa pastorale all’interno del calcio: basti pensare alle parrocchie, agli oratori ... Quindi, c’è molto da fare, ma sempre con una ottica amatoriale ...

 

R. – La Chiesa, come si sa – pensiamo solo ai campi sportivi degli oratori, parrocchiali, salesiani, dei centri giovanili di tutto il mondo, in modo speciale qui, in Italia – la Chiesa fa pastorale dello sport, anche pastorale e formazione dei giocatori delle associazioni sportive – pensiamo al Centro Sportivo Italiano – dei giocatori di ogni squadra, di ogni pratica sportiva, di ogni specialità dello sport e vuole formare i giovani soprattutto all’autodisciplina, a crescere in umanità, a crescere anche sani nella propria personalità fisica, spirituale e morale. Ieri sera sono stato al campo dell’Oratorio San Pietro a premiare le squadre che hanno partecipato al “triangolare” e anche tutte le squadre che hanno partecipato alla prima fase dei tornei; sono squadre dilettantistiche, composte da personale dei Musei Vaticani, della Fabbrica di San Pietro e delle Guardie Svizzere, e da tutti gli altri dipendenti vaticani. Un bel numero di squadre che si confrontano, che occupano così, lietamente e fraternamente il tempo libero, che divertono anche i loro figli, i loro bambini o i loro parenti ... Quindi, questo è un po’ il clima sportivo che si respira nella Città del Vaticano e che vorremmo continuasse.

 

D. – La squadre per cui lei, diciamo, in qualche modo ha attenzione, la Juventus, vive un momento difficile, con due giovani calciatori che sono tragicamente scomparsi ...

 

R. – Questo è stato un evento gravemente luttuoso che ha sconvolto tutti, non solo gli amici di questi splendidi giovani, gli sportivi della Juventus, ma tutti gli sportivi d’Italia e forse del mondo. Infatti, io ricordo quando in una palestra di un centro sportivo di Roma è morto un ragazzo, un giocatore di pallacanestro per una fatalità. Anche adesso non sappiamo ancora le cause precise della morte di questi due giovani. Ma io direi, io stesso ho informato il Santo Padre, ho mandato all’arcivescovo di Torino un telegramma di condoglianze a nome del Santo Padre che vuole essere molto vicino alla famiglia, vicino anche agli sportivi in questo momento di lutto. Affido al Signore questi due giovani e vorrei però auspicare ed augurare che tutti gli operatori dello sport, i responsabili di quel centro, di nuovo continuino ad operare in mezzo ai giovani, a formare i giovani in modo che possano, anche attraverso lo sport, educarsi ad una vita splendida, coerente, moralmente ineccepibile, ad una vita anche di fraternità, di solidarietà, di amicizia. Ecco: educare tutti – come dicevo prima – a fare un vero gioco di squadra. Mi dispiace che questo fatto sia accaduto proprio in un momento in cui anche la squadra della Juventus manda in campo i più giovani: questo è un segno bello, di valorizzare i più giovani, valorizzare i talenti. E’ un insegnamento del Vangelo, di sfruttare tutti i talenti, di cui il Signore ha dotato specialmente i più giovani. E questo mi sembra che sia anche un insegnamento da portare avanti, da realizzare anche nelle grandi squadre, nelle competizioni sportive.

 

D. – Eminenza, si sta avvicinando il Natale ...

 

R. – Volentieri porgo i miei auguri di buon Natale, di buone feste, di buon anno nuovo a tutti gli sportivi italiani, a tutti i giocatori, allenatori delle grandi squadre di serie A, di serie B o C o delle più piccole squadre dei nostri oratori. Per tutti, l’auspicio della benedizione del Signore, l’auspicio di un anno nuovo sereno e pacifico.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - L'intervento del cardinale Tarcisio Bertone in occasione dell'inaugurazione del nuovo Anno di studi della Scuola di polizia tributaria della Guardia di Finanza, ad Ostia.

 

Servizio estero - Medio Oriente: scontri armati divampano a Gaza; a rischio la tregua tra Hamas e Al Fatah.

 

Servizio culturale - Un articolo di Angelo Mundula dal titolo "Quando la parola è specchio e medicina": riflessioni sulla scrittura.

Per l' "Osservatore libri" un articolo di Armando Genovese dal titolo "Il profeta chiamato a mediare la volontà di Dio": un volume di Giovanni Filoramo sulla nascita dell'identità cristiana.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema dei conti pubblici.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 dicembre 2006

 

 

NUOVI MASSACRI IN CIAD:

IL PAESE E’ DEVASTATO DA UNA RIBELLIONE ARMATA INTERNA

E DALLE SCORRIBANDE DELLE MILIZIE  FILOSUDANESI DEL DARFUR

- Intervista con Gigliola Pantera -

 

Situazione esplosiva in Ciad che, oltre ad una ribellione armata interna, deve far fronte alle tensioni esistenti sulle frontiere: nuovi massacri si registrano nell’est del Paese al confine con la regione sudanese del Darfur. In questi giorni una quarantina di persone hanno perso la vita in scontri tra esercito ciadiano e milizie arabe janjaweed, sostenute dal governo di Khartoum, dopo che queste ultime avevano attaccato due villaggi. Coinvolti anche i campi profughi che si trovano nell’area. Secondo alcune testimonianze sarebbero state compiute vere e proprie atrocità. Sono almeno 400 i morti in un mese di violenze in Ciad. Sulla situazione Lucas Dùran ha raggiunto telefonicamente Gigliola Pantera, capomissione del COOPI, un’associazione presente da tempo in Ciad dove, tra l’altro, sostiene l’ospedale di Goz Beida, un villaggio di 3 mila abitanti, ma “invaso” 15 mila rifugiati sudanesi e 10 sfollati ciadiani:

 

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R. – C’è una situazione di crisi della sicurezza e della stabilità politica, che riguar

da tutto il Paese. La parte est del Paese risente della crisi del Darfur, quindi delle tensioni che ci sono tra il governo ciadiano e il governo sudanese.

 

D. – COOPI sostiene in particolare l’ospedale nel distretto di Goz Beida. Ce ne parla?

 

D. – Quello che era un progetto di sviluppo del distretto nell’est del Ciad, è diventato un progetto di aiuto, di emergenza, per le popolazioni vittime delle incursioni sia dei ribelli, sia delle popolazioni arabe. L’ospedale, quindi, lavora a pieno ritmo e lavora con decine e decine di feriti che arrivano quotidianamente. Sono persone della popolazione ciadiana, che subisce gli attacchi dei janjaweed e delle popolazioni arabe nei villaggi vicino alla frontiera. La popolazione ciadiana civile sta veramente ritirando dalla frontiera a causa di questi continui attacchi nei villaggi, che vengono bruciati. Noi riceviamo quotidianamente una grandissima quantità di feriti e oltre a questo ci sono decine di migliaia di sfollati. Le popolazioni scappano dalle regioni di frontiera e si avvicinano alla parte centrale del Paese. Noi a Goz Beida, che comunque è distante dal confine più di 100 km, abbiamo quasi tutte le popolazioni dei villaggi, che prima erano proprio in questa fascia prossima alla frontiera.

 

D. – In questo quadro, qual è la situazione per gli espatriati?

 

R. – Noi ci atteniamo alle procedure di emergenza delle Nazioni Unite, che sono quelle che regolamentano tutto il personale umanitario presente nel Paese. Quindi, in questo momento siamo nella fase 4, che prevede l’evacuazione di tutto lo staff non essenziale. In realtà, trattandosi per noi di progetti sanitari, tutto lo staff è considerato staff essenziale. I medici, gli infermieri, ed anche la logistica, quindi il personale di supporto, in queste situazioni è essenziale che restino. Per il momento, quindi, non abbiamo proceduto a nessuna evacuazione. Ma le procedure di evacuazione sono pronte ad essere messe in atto, se ci fosse un peggioramento della situazione.

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I MARTIRI CATTOLICI IN CINA SOTTO IL REGIME MAOISTA:

IN UN LIBRO IL RACCONTO DELLE PERSECUZIONI PERPETRATE DA MAO TSE TONG

E DELLE SCELLERATEZZE DEL SUO GOVERNO

 

“Il libro rosso dei martiri cinesi”, è il titolo del volume curato da Gerolamo Fazzini, condirettore della rivista “Mondo e Missione”, mensile del Pontificio Istituto Missioni Estere. Un volume che raccoglie le storie e le testimonianze dei cattolici perseguitati in Cina durante il regime comunista di Mao Tse Tong, arricchita da una prefazione del cardinale Joseph Zen Ze-kiun, arcivescovo di Hong Kong. Roberta Gisotti ha intervistato l’autore del libro:

 

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D. – Il tema delle persecuzioni perpetrate in Cina nella seconda metà del ‘900 è stato a lungo un tabù e a tutt’oggi è stata fatta poca luce su questo periodo per tanti versi ‘buio’ della storia cinese. Lei, Gerolamo Fazzini, sostiene che la dittatura maoista è addirittura responsabile di crimini pari o forse superiori a quelli di Stalin e Hitler: su quali elementi basa questa convinzione?

 

R. – Io faccio riferimento a degli studi che sono stati fatti negli anni scorsi, in particolare un libro che si intitola “La rivoluzione della fame”, all’interno del quale sono citate fonti interne al Partito comunista cinese che quantificano, nell’ordine di alcune decine di milioni di persone, le vittime del maoismo; laddove, quando parliamo di vittime del maoismo, bisogna intendere sia quelli che sono morti, che sono stati uccisi in quanto elementi controrivoluzionari, sia coloro che sono morti a causa delle decisioni scellerate del maoismo dal punto di vista della politica economica, agricola e quant’altro. Quindi, alcune carestie – mega-carestie – provocate dall’insipienza di Mao, hanno causato milioni e milioni di morti.

 

D. – E’ importante ricostruire la storia recente di questo immenso Paese che, uscito dall’isolamento culturale ed economico di quegli anni, oggi si affaccia sulla scena internazionale con grandi piani di modernizzazione, ma è guardato da molti con sospetto e pregiudizio: a torto o a ragione – secondo lei – alla luce dell’attuale situazione socio-politica della Cina?

 

R. – E’ vero che la Cina esce da un isolamento diciamo anche in chiave di autarchia, voluta dal maoismo, eccetera; però, non dimentichiamo che la storia della Cina è una storia plurimillenaria e quindi se è vero che la Cina – come dire – deve avere il coraggio di aprirsi all’Occidente, è vero anche il contrario: è una conoscenza che noi occidentali dobbiamo ancora fare, lo abbiamo fatto solo in minima parte. Quindi, c’è un problema di conoscenza dell’altro da risolvere alla radice, eliminando i sospetti e le diffidenze reciproche.

 

D. – Però, è necessario che la Cina faccia i conti anche con il suo recente passato per favorire, appunto, questo processo di integrazione anche economica e culturale con il resto del mondo ...

 

R. – Sì, sicuramente a tutt’oggi in Cina Mao è una figura che da parte del potere non è messa in discussione se non in minima parte, come se queste scelte politiche assolutamente ‘allucinanti’ fossero – come dire – degli effetti collaterali delle sue decisioni, e basta. Quindi, da un certo punto di vista c’è sicuramente una de-mitizzazione di Mao che è stata avviata ma è ancora lungi dall’essere compiuta. Questa de-mitizzazione in parte sta avvenendo anche in Occidente e credo che quando la Cina saprà rileggere il suo passato in chiave più serena e meno ideologizzata, questo sicuramente darà un contributo unico al rapporto con il resto del mondo.

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POLEMICHE SUL PRESEPE: MA I MUSULMANI NON SONO CONTRARI

- Intervista con  padre Raniero Cantalamessa -

 

Canti natalizi vietati in una scuola di Bolzano, discussione sull’allestimento del presepe nei luoghi pubblici ed esposizione di simboli natalizi tutt’altro che ispirati al significato di una festa che ricorda la nascita di Gesù. Continuano a far discutere in Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti gli interventi anti-natalizi di autorità scolastiche, politiche e giuridiche, giustificati con l’intenzione di non urtare la suscettibilità degli appartenenti alle altre religioni.

 

Sulla vicenda è intervenuto ieri il vice-direttore del Corriere della Sera, Magdi Allam, di religione islamica,  il quale in un lungo articolo sulle pagine del suo giornale afferma: “Noi musulmani diciamo sì al presepe. Il Natale unisce cristiani e musulmani. Per l’Islam – scrive Magdi Allam – la figura di Gesù e quella di Maria sono importantissime e più volte ricordate dal Corano stesso. Quindi non vedo perché i bimbi musulmani non possano cantare i canti natalizi. Non strumentalizziamo perciò la presenza islamica in Italia per una battaglia laicista, che non ci riguarda e ci danneggia”. Ne è convinto anche il padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, al microfono di Luca Collodi:

 

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R. – Io credo che sia chiaro che si tratti di un pretesto. Si dice che è per non offendere gli islamici, ma in realtà è perché un certo laicismo non vuole questi segni. I musulmani sono i primi a protestare contro questo che danneggia la loro causa, perché nel Corano c’è una pagina bellissima e poetica sulla nascita di Gesù. Per fortuna, però, se la cronaca riporta questi fatti contrari al presepe e ai simboli religiosi, riporta anche le reazioni a questi episodi che sta, ormai, raggiungendo anche punte di ridicolo. Proprio sul Corriere della Sera, c’è l’articolo del suo vice direttore, musulmano, che arriva a dire che non è musulmano chi non crede nella nascita miracolosa di Gesù di Nazareth e che anzi molti di loro vogliono proprio un presepe in casa. E’ ovvio che tutto questo è strumentale ed è una campagna che non muove certo da loro.

 

D. – E questo è certamente un punto importante, padre Cantalamessa, perché possiamo ben dire che non sono gli islamici che non vogliono che i cristiani facciano i presepi a casa e nei luoghi pubblici. Questo è un punto molto importante…

 

R. – Ma questo ormai salta agli occhi di tutti. Anche nel suo articolo, Magdi Allam, che è uno scrittore molto noto, dice che lui stesso vuole un presepe in casa e che bisogna finirla con questa deformazione dei fatti che non fa che danneggiare effettivamente la convivenza pacifica fra le religioni.

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CHIESA E SOCIETA’

19 dicembre 2006

 

 

Aggredito in india l’arcivescovo di Bangalore. L’episodio è avvenuto

sotto gli occhi della polizia che non è intervenuta

 

BANGALORE. = Mons. Bernard Moras, arcivescovo di Bangalore, Stato indiano del Karnataka, e alcuni sacerdoti Clarettiani della sua diocesi sono stati aggrediti da una folla di fondamentalisti indù. L’episodio – riportato dall’agenzia AsiaNews – è avvenuto ieri mattina quando il presule si è recato in una scuola gestita dai Clarettiani, che il giorno prima aveva subito un attacco da parte di estremisti. E’ stato lo stesso mons. Moras attraverso il sito internet della Conferenza episcopale indiana (CBCI) a raccontare la dinamica dell’aggressione. “Una volta davanti all’ingresso della scuola - racconta – hanno attaccato l’auto su cui viaggiavamo: hanno provato a colpirmi, ma non sono riusciti a ferirmi”. Con l’arcivescovo viaggiava anche il suo segretario, padre Anthony Samy, che aggiunge: “La polizia era lì davanti a noi ed è rimasta a guardare in silenzio, nonostante ci fosse un numero sufficiente di agenti per intervenire o almeno avvertirci di non arrivare fino al cancello della scuola”. L’attacco è stato fortemente condannato dal segretario generale della CBCI, mons. Stanislaus Fernandes, dall’arcivescovo di Mumbai, mons. Oswald Gracias e da quello di New Delhi, mons. Vincent Concessao. Tutti e tre hanno chiesto al governo del Karnataka di garantire la debita sicurezza e protezione ai suoi cittadini, specialmente alle minoranze. (E.B)

 

 

IN LIBANO i vescovi maroniti invitano i leader politici cristiani

alla riconciliazione. Prevista una commissione e diversi incontri

 

BEIRUT. = La Chiesa libanese offre il suo aiuto ai leader politici cristiani, divisi tra governo ed opposizione, per avviare un processo di conciliazione. Fonti ecclesiastiche hanno confermato all’agenzia AsiaNews la formazione di una commissione tripartita, nel seno del Sinodo dei vescovi maroniti, che sarà incaricata di cominciare le riunioni con i leader cristiani. Composta da mons Samir Mazloum, vicario generale del Patriarcato maronita, mons Yousef Bechara, arcivescovo di Antelias dei maroniti e mons Paul Matar, arcivescovo maronita di Beirut, la commissione avrà incontri con i vari responsabili maroniti, a cominciare dal generale Aoun, dal dirigente delle Forze libanesi, Samir Geagea e dal leader del partito El Marada, l'ex-ministro Souleiman Frangieh. I vescovi si sforzeranno di realizzare una prima conciliazione tra Geagea e Frangieh, prima di convocare tutti ad una riunione che sarà presieduto dal patriarca maronita il cardinale Nasrallah Sfeir, alla presenza di tutti i vescovi maroniti e dei superiori generali degli Ordini religiosi. (E. B.)

 

 

Al via domani in terra santa il pellegrinaggio dei leader cristiani

di inghilterra e galles. Il viaggio è una dimostrazione di solidarietà

verso i cristiani della regione

 

GERUSALEMME. = Un pellegrinaggio di solidarietà con le Chiese della Terra Santa. E’ l’obiettivo della visita pastorale a Betlemme e a Gerusalemme dei leader cristiani di Inghilterra e Galles, che inizierà domani. Guida delle loro rispettive Chiese locali, i pellegrini sono il cardinale Cormac Murphy-O'Connor – arcivescovo cattolico di Westminster –, il reverendo dr. Rowan Williams – arcivescovo di Canterbury, alla guida della Comunione anglicana mondiale –, il reverendo David Coffey – ministro battista, moderatore delle “Free Churches” – e il vescovo Nathan Hovhannisian – primate della Chiesa Armena di Gran Bretagna. L’arrivo del gruppo in Terra Santa è previsto per domani. I pellegrini – conferma l’ufficio per i rapporti con i media della Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles - si dirigeranno subito a Gerusalemme per unirsi ai leader ecclesiali locali, mentre il giorno dopo – secondo le informazioni diffuse dall’agezia Zenit - si recheranno a Betlemme, dove visiteranno la Grotta della Natività e celebreranno un servizio ecumenico. Il rientro nel Regno Unito è previsto per il 23 dicembre. Le basi del pellegrinaggio saranno quindi la preghiera e la riflessione sulle Scritture, così come le opportunità di culto condiviso con membri delle comunità cristiane locali. (E. B.)

 

 

Restituite il presepe, Fatelo per i bambini: E’ l’appello del parroco

della chiesa napoletana di san nicola della carità,

all’indomani del furto di 300 statuette avvenuto nella sua parrocchia

 

NAPOLI. = Restituite il presepe, non tanto per il valore che ha, ma per i bambini della parrocchia che sono affezionati a quelle statuine. E’ l’appello di don Mario Rega, parroco della chiesa di San Nicola alla Carità, nel centro di Napoli, che ieri mattina ha scoperto il furto di 300 statuine dell’antico presepe. Il valore commerciale delle statuette dovrebbe aggirarsi attorno al milione di euro, visto che si tratta vere e proprie opere d’arte, fatte con preziosissimi tessuti e risalenti al 17esimo e al 18esimo secolo. Ma non esiste un valore commerciale – ha affermato dispiaciuto il parroco – “perché con questo furto sono stati rovinati dei valori ben più grandi, come la gioia dei bambini che da sempre venivano a vedere i pastori”. I ladri sono entrati nella chiesa da un ingresso laterale dopo aver rimosso la serratura con la fiamma ossidrica. Meta di fedeli e turisti, il presepe è realizzato in sei scene, ricavate in altrettante nicchie, coperte da un vetro e chiuse nella parte alta da una rete. Ancora da stabilire perché non sia entrato in funzione l’antifurto. Sull’accaduto proseguono le indagini dei carabinieri. (E. B.)

 

 

Il parlamento europeo ha approvato il programma di ricerca scientifica dell’Unione per i prossimi 7 anni: stanziati 54 miliardi di euro anche

per ricerche che fanno uso di cellule staminali tratte da embrioni

 

BRUXELLES. = Approvato ieri in via definitiva a Bruxelles il settimo programma quadro per la ricerca europea, con la firma del presidente del Parlamento europeo, Josep Borrel. Il principale strumento dell’Unione per finanziare la ricerca scientifica, prevede lo stanziamento di 54 miliardi di euro per un periodo di sette anni. All’interno del programma si trovano anche le norme che consentono il finanziamento a ricerche che facciano uso di cellule staminali tratte da embrioni umani. Sebbene le UE si sia impegnata a non finanziare direttamente la distruzione degli embrioni, la mancata apposizione di una data limite successivamente alla quale non si possano più estrarre staminali dagli embrioni, rappresenta di fatto una incentivazione a distruggere nuovi embrioni a fine di ricerca.  Proprio contro questa possibilità nei mesi scorsi al Parlamento europeo si era svolto un intenso dibattito, ma alla fine non c’è stata la possibilità di sbarrare il passo ad un utilizzo degli embrioni come materia prima per la ricerca. (E. B).

 

 

“BHAILPEVACO”, L’OPERA ROCK DEL MAESTRO ANTONIO PAPPALARDO

SUL DIALOGO INTERRELIGIOSO, PRESENTATA IERI

AL TEATRO COLOSSEO DI ROMA

 

ROMA. = Musica, canto, recitazione e ballo per rappresentare sul palcoscenico l’obiettivo di chiunque aspiri ad un mondo di pace e di fratellanza: il dialogo sincero tra religioni, culture ed etnie diverse. Il titolo del lavoro, definito, dallo stesso autore, “un’opera rock”, ma che percorre esperienze musicali variegate ed impegnative, è costituito da un acronimo formato dalle prime cinque sillabe di cinque testi sacri e tradizionali a cui l’opera musicale si ispira: il Bhagavadgita della religione indù, l’Iliade della tradizione omerica, il Pentateuco della religione ebraica, il Vangelo, di quella cristiana, ed il Corano dei musulmani. “Il mondo sta vivendo momenti di particolare tensione – afferma il maestro Pappalardo – e, mai come adesso, è indispensabile dialogare, superando le divisioni politiche, etniche e religiose”. L’opera Bhailpevaco, promossa dalla Provincia di Roma, in collaborazione con il Comune della capitale e con la Regione Lazio, è stata realizzata in memoria di Giovanni Paolo II, che tanto intensamente spese il suo ministero petrino proprio a favore del dialogo interreligioso. Il lavoro si conclude con alcuni momenti di particolare ed emozionante intensità: il brano “Iddio sia con voi”, tratto dalla “Vita Nova” composta da Pappalardo in occasione della beatificazione di Madre Teresa di Calcutta, ed il “Padre Nostro”, cantato in varie lingue, la preghiera per eccellenza di invocazione al Creatore. (G.L.V.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 dicembre 2006

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Ancora scontri nelle ultime ore a Gaza tra miliziani di Hamas e di Fatah, nonostante la tregua annunciata domenica scorsa. Intanto a Nablus, in Cisgiordania, un attivista palestinese delle Brigate dei martiri di Al Aqsa, un gruppo legato al partito  Fatah del presidente Abu Mazen, è stato ucciso da soldati  israeliani. Il nostro servizio:

 

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Un palestinese ucciso e altri otto feriti in scontri armati tra miliziani di Hamas e di Fatah nel centro della città di Gaza, vicino all’ospedale Shifa. Scontri a fuoco di fronte alla sede dell’intelligence generale di Gaza, uno dei punti di forza delle unità che dipendono dal presidente Abu Mazen. Colpi d’arma da fuoco di carattere intimidatorio contro l’abitazione di Khaled Abu Hillal, portavoce del ministero degli Interni. Disordini anche nei pressi della residenza del presidente Abu  Mazen.  E’ il bilancio delle ultime ore, che sembra far vacillare la tregua. Sabato scorso Abu Mazen (Mahmud Abbas) ha indetto elezioni politiche e presidenziali e Hamas ha risposto accusando il presidente di un colpo di Stato. Poi domenica le due fazioni si sono impegnate per una tregua, allarmate dal rischio di una guerra civile. Ieri sera sono stati liberati gli ostaggi catturati poche ore prima da entrambe le fazioni. Resta da dire che Hamas ha indetto una manifestazione per oggi a Gaza al termine delle preghiere del primo pomeriggio, mentre il premier palestinese, Ismail Haniyeh (Hamas), parlerà stasera alla nazione. Il discorso dovrebbe iniziare alle ore 18 locali, le 17 in Italia.

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L’organismo umanitario Mezzaluna Rossa ha chiuso i battenti in Iraq per motivi di sicurezza, dopo il sequestro a Baghdad di 42 membri. In mattinata ne sono stati rilasciati dieci, mentre 16 erano stati rilasciati fra domenica e ieri. E per quanto riguarda l’Iraq, il presidente russo Putin ha detto che la situazione in Iraq “resta difficile e non dà segni di miglioramento”. Ricevendo al Cremlino il collega siriano Assad, Putin ha parlato anche di Medio Oriente, dicendosi “preoccupato” per la “tensione continua, che passa da un conflitto all’altro”. Assad per parte sua si è detto “pronto a sviluppare i rapporti con Mosca e a trasformare gli accordi in progetti concreti”. Quanto al Medio Oriente, “la Siria ha un ruolo importante nella regione, e ci adopereremo al massimo per garantire stabilità. Vogliamo anche incentivare le altre parti perché si muovano nella stessa direzione”.

 

La giustizia libica ha condannato a morte le cinque infermiere bulgare e il medico palestinese accusati di aver inoculato nel 1998 il virus dell’AIDS a centinaia di bambini libici nell’ospedale Al Fateh di Bengasi, 52 dei quali sono poi morti. Sono in carcere da sette anni a Tripoli, accusati in pratica di aver usato i bambini come cavie per sperimentare su di loro il virus dell’AIDS prodotto in laboratorio. Le perizie di esperti hanno dimostrato che le infezioni sono solo la conseguenza delle pessime condizioni igienico-sanitarie della struttura. Sulla vicenda sono intervenuti famosi scienziati, che dalle pagine delle più prestigiose riviste hanno spiegato che si tratta piuttosto di un errore giudiziario e che il virus HIV in quell’ospedale era già diffuso prima dell’epidemia del 1998. Il servizio di Amina Belkassem:

 

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Mentre per le strade di Tripoli continuano i festeggiamenti delle famiglie delle vittime per la condanna a morte delle cinque infermiere bulgare e del medico palestinese accusati di aver contagiato volontariamente con il virus dell’AIDS, 426 bambini dell’ospedale pediatrico di Bengasi, cresce lo sdegno nella comunità internazionale per la decisione presa dalla giustizia libica. “Sono molto deluso e shoccato”, ha detto il vice presidente della Commissione Europea, Franco Frattini, invitando le autorità libiche a rivedere la loro decisione. “Questa sentenza sarebbe un ostacolo alla nostra cooperazione - ha sottolineato Frattini – perché con una condanna a morte non c’è mai possibilità di praticare il dialogo”. Le infermiere e il medico, in carcere dal 1999, sono già stati condannati a morte nel 2004, ma la Corte Suprema aveva annullato la sentenza, ordinando un nuovo processo, iniziato nel maggio del 2006. Gli avvocati della Difesa hanno già annunciato che ricorreranno in appello. Bisognerà vedere se le autorità libiche decideranno di rivedere anche la condanna capitale di oggi, un verdetto che rischia di compromettere gli sforzi compiuti dal colonnello Gheddafi per trasformare l’immagine della Libia sul panorama internazionale.

 

Amina Belkassem, per la Radio Vaticana.

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In particolare, è forte la condanna alla sentenza da parte di Sofia. Iva Michailova:

 

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Molto preoccupate le reazioni dei politici bulgari, dopo la sentenza di morte per le cinque infermiere. “Esprimiamo il nostro sdegno”, dicono in una dichiarazione comune il presidente della Repubblica, Georgi Parvanov, e il primo ministro, Sergej Stanisev. “Condanniamo severamente ed assolutamente rigettiamo questa sentenza”. Purtroppo non sono state prese in considerazione – aggiungono il presidente e il primo ministro – le prove incontestabili della comunità scientifica mondiale. E’ stato un processo viziato, che nasconde le vere cause dell’epidemia dell’AIDS”: è la conclusione del presidente bulgaro e del primo ministro. “Auspichiamo che le autorità libiche intervengano immediatamente per liberare le infermiere bulgare”. Alla fine si leva un appello alla comunità internazionale, affinché prema sul governo libico per arrivare ad una sentenza veloce e giusta. “Siamo sconvolti – dice il presidente del Parlamento, Geor-gi Pirinski – perché la decisione della Corte è assurda e il processo è stato fortemente politicizzato”. Il ministro degli Esteri, Ivailo Georgiev Kalfin, definisce invece “la sentenza deludente e scandalosa”. “Il governo di Sofia – ha detto il ministro - continuerà gli sforzi per liberare le bulgare. Dopo otto anni di prigione, i medici bulgari meritano giustizia”.

 

Per la Radio Vaticana, da Sofia, Iva Michailova.

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Sono complessivamente 593 i clandestini giunti a Licata con un barcone, intercettato nella serata di ieri a largo del litorale agrigentino. Tra di loro anche 21 donne, una delle quali incinta, e sette bambini. Si tratta di uno degli sbarchi numericamente più consistenti mai registrati sulle coste siciliane. La “carretta”, un vecchio peschereccio in ferro di circa 30 metri, è stata  trainata in porto da un rimorchiatore sotto la scorta di nove motovedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza.  Gran parte degli extracomunitari, a parte le donne e i bambini ospitati nel piccolo centro di accoglienza di Licata, è stata trasferita con numerosi pullman nel CPT di Pian del Lago a Caltanissetta.

 

Il segretario generale uscente dell’ONU, Kofi Annan, invia a Khartoum un suo consigliere speciale per discutere con il presidente sudanese Omar el Bashir il possibile dispiegamento nel Darfur di una Forza mista ONU-UA (Unione Africana). Lo ha annunciato il suo portavoce. L’emissario consegnerà domani un messaggio di Annan e cercherà di “avere più indicazioni possibili” sulla posizione di Khartoum riguardo alla possibilità e ai modi di una integrazione della Forza africana in una congiunta con l'’ONU.    

 

Il Partito del popolo di tutta la Nigeria (ANPP), principale formazione dell’opposizione, ha scelto Muhammadu Buhari, che governò il Paese alla guida di  una giunta militare tra il 1983 e il 1985, come suo candidato alle elezioni presidenziali del 2007, dopo che gli altri sei concorrenti si erano ritirati. La sua designazione, in un congresso del partito svoltosi ieri nella capitale Abuja, è avvenuta all’indomani delle primarie del Partito Democratico del Popolo (PDP), la formazione al potere, che ha scelto come proprio candidato Umaru Yar'Adua, governatore dello Stato di Katsina. Nelle elezioni del 2003 Buhari era stato sconfitto dall’attuale presidente Obasanjo, in una consultazione elettorale caratterizzata da violenze e accuse di brogli. Il suo ricorso contro il risultato del voto era stato definitivamente respinto dalla Corte suprema l’anno scorso. Obasanjo deve lasciare il potere nel 2007, non essendo riuscito a riformare la Costituzione in modo tale da poter concorrere per un terzo mandato. Buhari governò con pugno di ferro la Nigeria dal 1983 al 1985, imponendo misure di austerità economica, incarcerando politici accusati di corruzione e mettendo a morte trafficanti di droga.  

 

I militari dell’ISAF hanno compiuto un nuovo attacco aereo poco prima dell’alba contro una presunta postazione di comando della guerriglia talebana nella provincia di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan, causando un “numero imprecisato” di vittime. Lo annuncia un portavoce della forza NATO, precisando che si è trattato del secondo “attacco chirurgico” contro i ribelli negli ultimi cinque giorni nel distretto di Panjwayi, dove è in corso una vasta operazione nel tentativo di sradicare la resistenza dei Taleban. Domenica il governatore della provincia di Kandahar aveva affermato che l’ultimo raid della NATO nel distretto di Panjwayi, il 13 dicembre scorso, aveva ucciso una trentina di persone fra i ribelli, fra cui un comandante. Un bilancio non confermato dall’ISAF.

 

Gli Stati Uniti e la Corea del Nord hanno cominciato oggi a Pechino gli incontri bilaterali sulle sanzioni finanziarie, che si svolgono contemporaneamente  ai colloqui a sei sul disarmo nucleare di Pyongyang. Alle trattative a sei, in corso da ieri, partecipano le due Coree, gli USA, la Cina, il Giappone e la Russia. Le sanzioni finanziarie sono state imposte unilateralmente dagli USA alla Corea del Nord più di un anno fa: accusando il governo di Pyongyang di usare la Banca Delta Asia di Macao per riciclare denaro ottenuto col contrabbando e per diffondere i dollari falsi chiamati “supernotes”, Washington ha imposto il congelamento dei conti del governo nordcoreano per un totale di 24 milioni di dollari. In seguito alle pressioni degli USA, nessun’altra banca internazionale ha voluto sostituire la Banca Delta Asia come gestore delle operazioni finanziarie del governo nordico-reano le cui operazioni finanziarie internazionali sono bloccate. Ai colloqui di Pechino gli USA sono rappresentati dal vicesegretario al Tesoro, Daniel Glaser, e la Corea del Nord dal banchiere Oh Gwang-chul, ritenuto vicino al leader supremo Kim Jong-il.

 

Un ex mercenario è stato condannato in Svezia per crimini contro l’umanità commessi nel 1993 in Bosnia-Erzegovina, nel primo caso del genere nella storia del Paese scandinavo. Jackie Arklov, già condannato in Svezia all’ergastolo per l’uccisione di due poliziotti nel 1999, è stato ieri riconosciuto colpevole, dal tribunale distrettuale di Stoccolma, di aver torturato a aggredito undici musulmani bosniaci quando combatteva come mercenario in una milizia   croata.

 

Un sociologo cinese accusato di aver rivelato segreti di Stato è stato condannato a 20 anni di carcere, secondo un gruppo umanitario di Hong Kong. Il “Centro d’informazione sulla democrazia e i diritti umani” afferma che Lu Jianhua, un sociologo di 46 anni, è stato processato nella Corte Intermedia del Popolo n. 2 di Pechino. Lu è accusato di aver aiutato il giornalista Ching Cheong, cittadino di Hong Kong e reporter per un giornale di Singapore, nel suo tentativo di ottenere una copia degli scritti inediti di Zhao Ziyang, il leader riformista caduto in disgrazia nel 1989. Cheong è stato condannato a cinque anni di prigione. 

 

 

 

 

 

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