RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 352 - Testo della trasmissione di lunedì 18 dicembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ebrei e cristiani siano testimoni convincenti di pace e di concordia, in dialogo fra loro e con i musulmani: così Benedetto XVI ai membri di un’associazione ebraica statunitense. Appello del Papa per la pace in Terra Santa

 

Presentato il programma delle celebrazioni natalizie: il 24 aprirà il presepe in Piazza San Pietro

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Speranza per la fine delle violenze nella Striscia di Gaza: accordo ieri sera tra Hamas e Fatah per il cessate-il-fuoco. Il commento di Guido Olimpio

 

Celebrata oggi la VI Giornata internazionale dei migranti: l’importanza di una legislazione che favorisca la riunificazione familiare sottolineata da mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU. Ce ne parla don Bruno Mioli

 

In India, assegnato a padre Cedric Prakash  il “Premio per i diritti delle minoranze 2006”:  con noi  il religioso Gesuita    

 

Calcio italiano in lutto per la tragica morte di due giovanissimi calciatori della Juventus: il cordoglio del cardinale arcivescovo di Torino, Severino Poletto

 

Nove concerti per aiutare bambini in territori di guerra: parliamo del VI Festival itinerante “Venite Pastores”. Ai nostri microfoni, il maestro Flavio Colusso e Rosa Emilia Deidda

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il presidente della Conferenza episcopale colombiana lancia un appello alle istituzioni e ai gruppi armati perché s’impegnino nella costruzione della pace, nel rispetto della legalità e della giustizia

 

“Per Natale, fermiamo il gioco d’azzardo”: i vescovi filippini fanno appello ai cristiani del Paese a tener conto dello spirito natalizio, senza sprecare il proprio denaro

 

Quattro morti, tra cui un bambino, nel terremoto che ha colpito l’isola indonesiana di Sumatra

 

La Comunità di Sant’Egidio promuove il prossimo 1° gennaio, in 70 Paesi, la marcia “Pace in tutte le terre” 2007

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iran, pare confermata la sconfitta degli ultraconservatori nelle elezioni per il Consiglio degli Esperti e i comuni

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 dicembre 2006

 

 

EBREI E CRISTIANI SIANO TESTIMONI CONVINCENTI DI PACE E DI CONCORDIA

PER IL MONDO, IN DIALOGO FRA LORO E CON I MUSULMANI: COSI’ BENEDETTO XVI

AI MEMBRI DI UN’ASSOCIAZIONE EBRAICA STATUNITENSE.

APPELLO DEL PAPA PER LA PACE IN TERRA SANTA

 

La pace è un valore la cui costruzione riguarda allo stesso modo i credenti cristiani, ebrei e musulmani, all’interno di una collaborazione pacifica e rispettosa. E’ il pensiero centrale espresso da Benedetto XVI ai rappresentanti di un antico organismo ebreo-americano, la “B’nai B’rith International”, ricevuti in udienza questa mattina. Una circostanza che ha permesso al Papa di implorare ancora una volta la pace in Terra Santa. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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La strada è tracciata da quella “ricca eredità di fede”, sorta all’indomani del Vaticano II, in particolare della sua Dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che ha prodotto nel tempo una “notevole trasformazione” del concetto di dialogo e di mutuo rispetto: è questo lo stato dei rapporti attuali tra cristianesimo ed ebraismo, secondo quanto asserito da Benedetto XVI davanti alla dozzina di membri della B’nai B’rith International, un’associazione fraterna ebraica, sorta negli Stati Uniti nel 1843 allo scopo di mantenere vive la tradizione e la cultura ebraiche e di lottare contro l’antisemitismo.

 

“Molto è stato realizzato in 40 anni di rapporti ebreo-cattolici”, ha riconosciuto il Papa, che ha voluto riaffermare la propria speranza, e rinnovare la preghiera, per la pace in Terra Santa:

 

“PEACE CAN ONLY COME ABOUT IF IT IS THE CONCERN…

 La pace può realizzarsi soltanto se essa interessa allo stesso modo ebrei, cristiani e musulmani”, ed è “espressa in un genuino dialogo interreligioso e in concreti gesti di riconciliazione”.

 

La sfida per “tutti i credenti”, ha osservato Benedetto XVI, è quella di dimostrare “che non sono l’odio né la violenza, ma la comprensione e la pacifica cooperazione ad aprire la porta a quel futuro di giustizia e di pace che è promessa e dono di Dio”.

 

Gli ebrei ed i cristiani in particolare, ha sottolineato il Papa, “sono chiamati a lavorare insieme per guarire il mondo promuovendo i valori spirituali e morali che sono basilari per le nostre convinzioni di fede:

 

 

“IF WE GIVE A CLEAR EXAMPLE OF FRUITFUL COOPERATION…

Se diamo un chiaro esempio di fruttuosa cooperazione, la nostra voce in risposta ai bisogni della famiglia umana sarà più convincente”.

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NOMINA

 

Benedetto XVI ha nominato uditore generale della Camera Apostolica mons. Bruno Bertagna, vescovo titolare di Drivasto.

 

 

PRESENTATO IL PROGRAMMA DELLE CELEBRAZIONI NATALIZIE.

IL 24 L’INAUGURAZIONE DEL PRESEPE IN PIAZZA SAN PIETRO

 

Benedetto XVI, come già lo scorso anno, celebrerà nella Basilica Vaticana la Santa Messa di mezzanotte del 24 dicembre, Solennità della Natività del Signore. Il giorno di Natale il Papa si affaccerà dalla Loggia Centrale della Basilica Vaticana a mezzogiorno e rivolgerà il suo messaggio natalizio al mondo, impartendo la Benedizione Urbi et Orbi. Il 31 dicembre, il Santo Padre presiederà alle 18.00, sempre nella Basilica Vaticana, i Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, al termine dei quali verrà cantato il tradizionale inno Te Deum, e l’1 gennaio, alle 10.00, la Messa nel giorno in cui ricorre anche la  40.ma giornata della Pace sul tema: Persona umana: cuore della pace”. La celebrazione per la Solennità della Epifania del Signore, il 6 gennaio, sarà presieduta da Benedetto XVI nella Basilica Vaticana alle 10.00. Infine, il 7 gennaio, festa del Battesimo del Signore, il Papa presiederà, ancora alle 10.00, nella Cappella Sistina, una solenne celebrazione eucaristica nel corso della quale amministrerà il Sacramento del Battesimo ad alcuni bambini.

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - All'Angelus l'appello di Benedetto XVI affinché si facciano ulteriori sforzi per i bisogni più urgenti delle centinaia di migliaia di profughi iracheni in Siria.

 

Servizio estero - Medio Oriente: regge la fragile tregua fra Hamas ed Al Fatah dopo una giornata di sangue nei Territori palestinesi.  

 

Servizio culturale - Un articolo di Gian Filippo Belardo dal titolo "Radici cristiane nella pop-art": in margine alla mostra di Andy Warhol al Chiostro di Bramante.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 dicembre 2006

 

 

SPERANZA PER LA FINE DELLE VIOLENZE NELLA STRISCIA DI GAZA:

ACCORDO IERI SERA TRA HAMAS E FATAH PER IL CESSATE IL FUOCO

- Intervista con Guido Olimpio -

 

C’è speranza per un accordo che spezzi la spirale di violenze nella Striscia di Gaza. Hamas e al Fatah hanno, infatti, raggiunto nella serata di ieri un accordo per il cessate-il-fuoco al termine di una giornata di duri scontri, nella quale hanno perso la vita tre persone e altre 30 sono rimaste ferite. La mattinata di oggi è stata sostanzialmente tranquilla, a parte sporadici episodi. A rendere precaria la situazione, resta tuttavia il legame finanziario che Hamas ha stretto con i movimenti fondamentalisti del Pakistan e dell’Egitto. A riguardo, Stefano Leszscynski ha intervistato Guido Olimpio, esperto dell’area mediorientale del Corriere della Sera:

 

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R. – Sappiamo che Hamas ha grandi problemi di finanziamento e di denaro  per  alimentare la sua base sociale  ma anche per la guida del governo. E, quindi, da circa sei-sette mesi ha sviluppato rapporti con le organizzazioni radicali pakistane. Hamas ha raccolto svariate decine e decine di migliaia di dollari in Pakistan: soldi provenienti da due gruppi radicali.

 

D. – Soldi che vengono utilizzati a quali scopi?

 

R. – Evidentemente, la maggior parte di questo denaro, come sempre è stato per  Hamas, viene usato per sostenere l’apparato – chiamiamolo – sociale ed umanitario. Ma, certamente poi, visto che c’è in corso una guerra, quasi una guerra civile, parte del denaro viene anche usato per acquistare armi e munizioni, soprattutto in Egitto.

 

D. – I movimenti che finanziano Hamas sono spesso considerati legati da al Qaeda. Tuttavia Hamas non è proprio intenzionato a farsi coinvolgere nel movimento di al Qaeda…

 

R. – Sono sempre rapporti tattici. Ci sono piccoli gruppi qaedisti anche nei Territori occupati, che non riescono però a sfondare proprio per la presenza forte di Hamas. Hamas è ben attenta a conservare questa caratteristica: è vero, è islamica, ma anche e soprattutto nazionale. Non vuole  mescolarsi  a forme di terrorismo pure e semplici, anche se in certe occasioni usa il terrorismo. Se la crisi dovesse inasprirsi, non escludo che i rapporti con gruppi radicali  possano incrementarsi ed ampliarsi.

 

D. – Il flusso di questi finanziamenti, se dovesse venire interrotto, potrebbe provocare una crisi politica di Hamas e cioè far perdere ad Hamas i consensi che ha acquistato con le sue opere sociali?

 

R. – Non c’è dubbio che la strategia di contenimento - possiamo dire – finanziario sia iniziata proprio dopo la vittoria politica di Hamas. E’ stata una strategia – direi – pianificata e non casuale. Hamas è, infatti, costretta a queste missioni all’estero. E accade che quando il ministro torna letteralmente con i soldi nella valigia, viene bloccato,  e nascono e crisi e problemi. La pressione economica serve proprio a questo, a cercare di tagliare il supporto sociale.

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CELEBRATA OGGI LA VI GIORNATA INTERNAZIONALE DEI MIGRANTI:

 L’IMPORTANZA DI UNA LEGISLAZIONE CHE FAVORISCA LA RIUNIFICAZIONE

FAMILIARE SOTTOLINEATA DA MONS. TOMASI,

OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L’ONU

- Con noi don Bruno Mioli -

 

Si celebra oggi la VI Giornata internazionale dei Migranti, voluta dalle Nazioni Unite ogni 18 dicembre, per sostenere i diritti umani di chi deve lasciare il proprio Paese. Intervenendo a Ginevra presso l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, mons. Silvano Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU, ha sottolineato di recente  l’importanza di una legislazione che nei vari Paesi favorisca la riunificazione familiare dei migranti. Appellandosi poi agli Stati e alle organizzazioni internazionali di cui essi fanno parte ha auspicato la creazione di un sistema normativo internazionale, che abbia al centro la persona umana e che renda le migrazioni più una scelta che una necessità. In tutto il mondo continuano ad essere moltissime le vittime dei flussi migratori: l’ultima tragedia proprio in questi giorni al largo delle isole Canarie, dove 127 migranti senegalesi sono affondati. Stefano Lezczynski ha sentito don Bruno Mioli, della fondazione Migrantes della Caritas:

 

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R. – E’ il solito dramma. Ciò che li spinge è l’istinto di sopravvivenza, dovuto a squilibri economici, a disordini sociali, alla fuga da persecuzioni, da lotte civili e addirittura da guerre: 200 milioni di persone, il 3 per cento della popolazione mondiale, è soggetto purtroppo non a una libera scelta, ma a questa fatalità.

 

D. - Gli Stati più ricchi, che generalmente accolgono i migranti, puntano sempre di più su una rappresentazione economica del migrante per farlo accettare all’opinione pubblica…

 

R. – Certo, è estremamente limitativa, perché si guarda alle braccia, ma dietro le braccia ci sono volti umani, ci sono persone.

 

D. – La società civile ha, comunque, accolto con grande entusiasmo alcuni strumenti normativi internazionale, come la Convenzione per la protezione dei lavoratori migranti. Tuttavia si trova sempre un certo ostacolo da parte degli Stati al momento di ratificare e di adottare queste norme…

 

R. – E’ interessante notare che anche l’ultimo Messaggio sulle migrazioni, quello che da poche settimane è stato emanato dalla Santa Sede a firma di Benedetto XVI, vede una particolare insistenza circa la ratifica della Convenzione dell’ONU del 18 dicembre del 1990. Ci si rivolge in modo particolare alla nostra Unione Europea. E’ una specie di vergogna – vorrei dire proprio così – che dei 24-25 Stati che hanno già ratificato, non figura nessuno, nessuno degli Stati che collochiamo sul piano del benessere. All’ONU, quella volta, la totalità degli Stati, anche quelli del benessere, eccetto gli Stati Uniti, hanno approvato questa Convenzione. Ma ora per renderla esecutiva, attraverso la ratifica, si stenta.

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ASSEGNATO A PADRE CEDRIC PRAKASH, DIRETTORE DI “PRASHANT”,

IL CENTRO PER I DIRITTI UMANI,

 LA GIUSTIZIA E LA PACE DEI GESUITI DI AHMEDABAD,

IN INDIA, IL “PREMIO PER I DIRITTI DELLE MINORANZE 2006”

- Intervista con  il religioso - -

 

E’ andato a padre Cedric Prakash, direttore di “Prashant”, il Centro per i diritti umani, la giustizia e la pace dei gesuiti di Ahmedabad, in India, il “Premio per i diritti delle minoranze 2006”, attribuito annualmente dalla Commissione nazionale per le minoranze del governo indiano. Stamani, a New Delhi, la cerimonia di consegna. Nell’intervista di Roberta Moretti, ascoltiamo lo stesso padre Prakash, che quest’anno ha ricevuto anche la Legione d’Onore francese:

 

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R. – I think the situation of minorities …

Penso che la situazione delle minoranze in India, in particolare in alcuni Stati, come il Gujarat, sia ancora brutta. E per minoranza intendo sostanzialmente i musulmani e i cristiani. Ricordiamo tutti il massacro del 2002 nel Gujarat, in cui più di 2 mila musulmani persero la vita. I cristiani vivono un’esistenza fortemente emarginata, senza che siano loro riconosciuti i diritti fondamentali riconosciuti ai cittadini in qualsiasi Paese. Ancora oggi nel sud dell’India, a Bangalore, l’arcivescovo della diocesi è stato letteralmente posto agli arresti domiciliari da fondamentalisti indù. Nel Gujarat, lo Stato dal quale io provengo, i cristiani sono ancora soggetti alle pene corporali, e questo rappresenta una forma di pressione sottile e sofisticata, sostanzialmente da parte dei fondamentalisti indù. Nell’insieme, sappiamo che il governo indiano, a livello centrale, fa del suo meglio per tutelare gli interessi delle minoranze: i problemi nascono nei governi dei singoli Stati, alcuni dei quali osservano un atteggiamento fortemente ostile nei riguardi delle minoranze.

 

D. – Quindi, concretamente, come si possono difendere i diritti umani delle minoranze in India? Qual è il ruolo delPrashant”, in questo senso?

 

R. – We have been doing a lot in Prashant, to help the situation of the …

Abbiamo lavorato molto, come Prashant, per sostenere le minoranze, dal 2002, e già prima di quella data. Abbiamo scelto di difendere i diritti di ciascun cittadino, specialmente di quelli delle minoranze, perché proprio nel Gujarat tali diritti sono calpestati. Siamo coinvolti in processi giudiziari, presentiamo appelli alla Corte Suprema, vogliamo sradicare il pregiudizio nella mente della gente, vogliamo creare un’atmosfera di armonia, e lavoriamo anche molto nei media, perché vogliamo ottenere che dai media escano l’immagine e la realtà vera, corretta delle minoranze, in particolare dei musulmani e dei cristiani, dello Stato del Gujarat.

 

D. – Cosa ci può dire del ruolo della Chiesa in generale, in India?

 

R. – The Church as a whole has been very active, it has always been taking …

La Chiesa nel suo insieme è molto attiva: ha sempre preso le parti delle minoranze, dei poveri, degli emarginati, dei vulnerabili e in alcune situazioni che conosco, per esempio, la Chiesa in Gujarat è stata fortemente visibile nella questione dei diritti umani. Come sacerdote e gesuita, auspico fortemente che la Chiesa in India, ad ogni livello, si ponga con energia in difesa di chiunque, ma in particolare delle minoranze dell’India.

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IL DOLORE DEL MONDO CALCISTICO ITALIANO,

DOPO LA TRAGICA MORTE DI DUE GIOCATORI

 DELLE SQUADRE GIOVANILI DELLA JUVENTUS

- Intervista con il cardinale Severino Poletto -

 

Ieri, su tutti i campi della Serie A e B del Campionato di Calcio italiano è stato osservato un minuto di raccoglimento per Alessio Ferramosca, torinese, e Riccardo Neri, di Firenze, i due calciatori diciassettenni della Juventus scomparsi tragicamente venerdì scorso, annegati nel laghetto artificiale del centro sportivo di Vinovo (Torino). Ieri, oltre mille persone hanno partecipato alla recita del Rosario nella parrocchia dei domenicani a Vinovo, dove il giovane Neri, viveva. Al microfono di Luca Collodi, la riflessione del cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino:

 

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Non è opportuno partire da una terribile disgrazia, capitata a due ragazzi delle squadre giovanili della Juventus, per fare delle riflessioni di tipo moralistico su quelli che possono essere i sogni che i giovani possono avere quando si avviano a praticare sport così popolari come quello del calcio. Credo che questo sia il momento della riflessione e della preghiera. Il momento in cui, come arcivescovo di Torino, desidero esprimere ai genitori di questi due giovani la mia vicinanza, la mia partecipazione di preghiera e di affetto, perché il dolore in questo momento merita la nostra solidarietà. Indubbiamente, poi, dobbiamo riconoscere che lo sport è una cosa positiva. Io preferisco vedere i giovani che dedicano il loro tempo libero allo sport, senza sogni di onnipotenza o di successo, ma semplicemente come gioia di vivere, come divertimento e come possibilità di socializzazione con gli amici e coetanei ed anche come divertimento. Credo che ai ragazzi piaccia giocare al pallone, perché questo li diverte e rende bella ed affascinante la loro adolescenza e la loro giovinezza. Questo non deve essere sottolineato come una demonizzazione dello sport, che resta, comunque, una caso fra le più nobili e fra le più belli nella vita delle persone ed anche nella vita dei giovani. Quanti ragazzi nei nostri oratori giocano al pallone? Quanti giovani campioni di squadre maggiori della nostra nazione provengono proprio dagli ambienti parrocchiali, dagli oratori delle nostre parrocchie e delle nostre comunità? Questo va certamente incoraggiato. Purtroppo questa disgrazia ci trova allibiti e solidali con chi soffre, solidali anche con i responsabili delle squadre giovanili della Juventus che si vedono coinvolti e si trovano a dover giustificare e spiegare questi fatti. Ma come arcivescovo – lo ripeto - sento che questo è il momento della riflessioni, della preghiera e della vicinanza a chi soffre.

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NOVE CONCERTI IN TEMPO DI AVVENTO PER AIUTARE I BAMBINI

IN TERRITORI DI GUERRA E NELLE AREE DI CRISI:

È L’OBIETTIVO DEL  VI FESTIVAL ITINERANTE “VENITE PASTORES”,

PROMOSSO DAI  TEATINI A ROMA, MILANO E NAPOLI

- Con noi, il maestro Flavio Colusso e Rosa Emilia Deidda -

 

Un festival in tempo di Avvento che si fa iniziativa di missione per i bambini “in territori di guerra e nelle aree di crisi”: si tratta del VI Festival itinerante “Venite Pastores”, promosso fino al 3 gennaio a Roma, Milano e Napoli dall’Ordine dei Chierici Regolari Teatini e dalla Fondazione “Le Colonne del Decumano”, in collaborazione con la Croce Rossa Italiana. Ce ne parla Roberta Moretti:

 

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Nove concerti che scandiscono il tempo di Avvento e invitano a fermarsi ad adorare il Bambino che nasce. Il cuore di “Venite Pastores” risiede nel carisma stesso dell’Ordine dei Chierici Regolari Teatini, fondato da San Gaetano Thiene nel 1524. Ne è convinto Flavio Colusso, direttore artistico del Festival:

 

“Il corpo di San Gaetano riposa nella Basilica di San Paolo Maggiore, a Napoli, proprio nell’area di San Gregorio Armeno, e quindi la zona dei presepi. Spesso, però, ci si dimentica perché quella è la zona dei presepi. Proprio San Gaetano, infatti, ha favorito nella città di Napoli la tradizione del Presepe e, dunque, una tradizione di missione. I Teatini hanno portano sia in Italia sia all’estero, per primi, il senso del cammino e della ricerca intorno al Bambino”.

 

E proprio ai bambini saranno destinati i proventi dell’iniziativa. Rosa Emilia Deidda, vice presidente del Comitato Provinciale romano della Croce Rossa Italiana:

 

“Saranno rivolti, da una parte, ai bambini di strada della nostra città, Roma, e quindi delle nostre borgate, e dall’altra – questo è l’altro obiettivo che ha un carattere internazionale - cercheremo un luogo dove ci siano bambini che abbiano particolare bisogno di noi. Potrebbero essere bambini malati, sofferenti, feriti dalla guerra nel corpo e nell’anima; bambini che hanno bisogno magari anche soltanto di un sorriso o di una parola”.

 

Ad appassionare il pubblico, tra i diversi appuntamenti del Festival, l’oratorio “The Messiah” di Händel a Roma; l’oratorio “Il Natale degli innocenti” di Rota a Napoli e un incontro-concerto dedicato a Mozart a Milano. Ma perché fare una rassegna itinerante? Ancora Flavio Colusso:

 

“Torniamo sempre a Gaetano. Gaetano si spoglia dei suoi beni e dà l’annuncio del suo nuovo Ordine di Chierici Regolari nella Basilica e nell’Ospedale di San Giacomo degli incurabili di Roma. Questo è un segno importante, perché Giacomo è il protettore dei pellegrini, dei viandanti e, dunque, il cammino è assolutamente prioritario nel carisma teatino e, naturalmente, anche di quello di “Venite Pastores”.

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CHIESA E SOCIETA’

18 dicembre 2006

 

 

IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE COLOMBIANA LANCIA UN APPELLO

 ALLE ISTITUZIONI E AI GRUPPI ARMATI PERCHÉ S’IMPEGNINO NELLA COSTRUZIONE

DELLA PACE, NEL RISPETTO DELLA LEGALITÀ E DELLA GIUSTIZIA

- A cura di Luis Badilla -

 

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BOGOTÀ. = In una recente dichiarazione, il presidente della Conferenza episcopale della Colombia, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, ha voluto lanciare un messaggio a fronte della difficile situazione che sta attraversando il Paese. Dinanzi alle “diverse manifestazioni di violenza”, alle “difficoltà politiche e istituzionali”, alle “deplorevoli condizioni umanitarie” (legate soprattutto ai conflitti armati in corso), alla “povertà e” alle “ingiustizie sociali che patiscono milioni di colombiani”, l’arcivescovo di Tunja afferma che la Chiesa cattolica è disposta ad accompagnare i processi che possono portare alla costruzione di una Colombia riconciliata, capace di vivere nella pace. Per tale motivo, la Chiesa vuole impegnarsi perché vengano superate le “difficoltà, i pregiudizi e gli interessi che generalmente costituiscono un ostacolo per l’edificazione della pace con giustizia sociale”. “La verità – ha detto il presule – rappresenta una condizione per guarire le ferite della violenza e per restituire dignità alle vittime, agli stessi autori di tali atti e alla società in generale; e ciò – ha proseguito – serve anche per rinforzare uno scenario democratico trasparente, con istituzioni giudiziarie efficaci nelle sue indagini, imparziali nel loro giudizio e libere da ogni pressione”. Mons. Castro Quiroga ha osservato che “la corruzione politica è una delle più gravi deformazioni del sistema democratico, poiché tradisce i principi morali e le norme della giustizia sociale. “Per questa ragione – ha affermato – è nostro dovere, come pastori, rifiutare qualsiasi forma di illegalità e di corruzione all’interno dello Stato”. La Commissione per la Pace della Conferenza episcopale sta attualmente sostenendo ed animando gli sforzi che si stanno compiendo al fine garantire la legittimità delle istituzioni democratiche della Colombia. Per il presule occorre trasparenza e volontà politica, da qui l’esortazione al governo nazionale e all’Esercito di liberazione nazionale (ELN) a continuare, senza tentennamenti, il cammino del dialogo. Un appello particolare è stato rivolto da mons. Castro Quiroga anche ai gruppi di autodifesa, ai suoi membri già smobilitati e a quanti ancora non vogliono deporre le armi. L’arcivescovo di Tunja chiede in particolare che venga rispettato il diritto alla vita e che non venga sprecata quest’opportunità storica per la verità e per riparare ad errori del passato, passi indispensabili per la pace e la riconciliazione nazionale. Infine, mons. Castro Quiroga ha rivolto un appello al governo nazionale, alle Forze Armate rivoluzionarie della Colombia e all’Esercito popolare perché, come segno di una chiara volontà di pace, ristabiliscano i canali che possono portare ad un accordo umanitario.

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“PER NATALE, FERMIAMO IL GIOCO D’AZZARDO”: COSÌ I VESCOVI FILIPPINI,

CHE FANNO APPELLO AI CRISTIANI DEL PAESE A TENER CONTO

DELLO SPIRITO DELLE FESTIVITÀ NATALIZIE, SENZA BUTTARE VIA I PROPRI SOLDI

DAGUPAN. = Con un appello letto in tutte le chiese delle Filippine, cui hanno aderito anche le autorità politiche nazionali, i vescovi filippini hanno lanciato una dura campagna contro il gioco d’azzardo illegale e statale, invitando i cattolici a tener conto dello spirito del Natale senza buttare via i propri soldi. I presuli si sono così uniti all’arcivescovo di Lingayen-Dagupan, Oscar V. Cruz, che da quasi 5 anni è impegnato in una lotta senza quartiere, in particolare contro lo jueteng, il più comune gioco d’azzardo delle Filippine, che muove un giro d’affari di oltre 13 miliardi di pesos l’anno (oltre 185 milioni di euro). Il denaro è gestito da una quindicina di “signori del gioco”, che si sono spartiti le 24 province del Paese e che fanno di tutto per proteggere i loro interessi. Il presule spiega ad AsiaNews che “di questi soldi, l’85% diventano tangenti che garantiscono protezione per i ‘signori del gioco’ dal governo, dalla polizia, dall’esercito e addirittura dai media. Chi non è d’accordo con la situazione non è il benvenuto nel Paese”. Per questo, l’arcivescovo Cruz è oggetto di continue intimidazioni e minacce di morte. Il fenomeno, spiega il presule, “è così diffuso nel Paese perché i filippini hanno la cultura del gioco. La base della nostra economia – continua – è agricola e gli agricoltori hanno spesso lunghi periodi di tempo libero. In questo modo, il racket attecchisce, dando la speranza di grosse vincite, mentre si passa il tempo in modo divertente”. (R.M.)

 

 

QUATTRO MORTI, TRA CUI UN BAMBINO, NEL TERREMOTO CHE HA COLPITO L’ISOLA

INDONESIANA DI SUMATRA

 

BANDA ACEH. = Quattro persone, tra cui un bambino, sono morte a causa di tre scosse di terremoto che hanno colpito l’isola indonesiana di Sumatra. La prima scossa è avvenuta alle 4.10 ora locale, le 22.10 in Italia, con una magnitudo di 5,8 gradi. L’epicentro è stato individuato in mare, 128 chilometri a sudovest di Banda Aceh. Circa 30 minuti dopo, un’altra scossa di 5,7 gradi di magnitudo è stata rilevata ad una profondità di 53 chilometri in un’area è nordovest della città di Padang. La terza ha colpito alle 8.24 la parte settentrionale dell’isola. Secondo un portavoce della provincia settentrionale di Sumatra, anche diverse persone sono rimaste ferite e una ventina di case sono state distrutte nella città di Muarasipongi, 1.100 chilometri a nordovest di Giakarta. Temendo altre scosse, un migliaio di persone ha lasciato le proprie abitazioni rifugiandosi in tendoni eretti in zone aperte della città. Oltre alle tre scosse maggiori, sono state registrate 26 scosse di assestamento. Gli esperti non hanno rilevato rischi di tsunami per il terremoto, che è stato avvertito anche a Singapore. (R.M.)

 

 

MANIFESTARE CHE “LA PACE È POSSIBILE E CHE LA GUERRA NON È INEVITABILE”:

CON QUESTO INTENTO, LA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO PROMUOVE IL PROSSIMO PRIMO GENNAIO, IN 70 PAESI, LA MARCIA “PACE IN TUTTE LE TERRE” 2007

 

ROMA. = Ricordare tutti i Paesi che attendono la fine della guerra, “fonte di sofferenza per tanti popoli” e “madre” di tutte le povertà, e la fine del terrorismo: è questo lo spirito della marcia “Pace in tutte le terre” 2007, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio il prossimo primo gennaio, Giornata mondiale della pace. Come riferisce l’agenzia SIR, l’iniziativa coinvolgerà oltre 250 città di 70 Paesi nei diversi continenti. A Roma, partirà alle ore 10.30 da Piazza della Chiesa Nuova per arrivare alle 12.00 in Piazza San Pietro, per ascoltare il messaggio “Urbi et Orbi” di Benedetto XVI. Oltre alla marcia, cui hanno aderito molti movimenti e associazioni, sono previste nei cinque continenti anche fiaccolate, veglie di preghiera, liturgie ecumeniche, processioni e appelli. La comunità di Sant’Egidio invita i cristiani e i credenti di tutte le religioni a unirsi per manifestare che “la pace è possibile e che la guerra non è inevitabile”. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

18 dicembre 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

 

In Iraq, è ripreso stamani, a Baghdad, il processo contro Saddam Hussein e suoi sette ex stretti collaboratori accusati dello sterminio di 180 mila curdi alla fine degli anni ’80. Sempre nella capitale irachena, sono stati rilasciati 6 dei 25 impiegati della Mezzaluna Rossa, sequestrati ieri da ribelli. Il nostro servizio:

 

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In Iraq, continuano ad intrecciarsi orrori del passato, drammi attuali e gravi incertezze sul futuro. Riaprendo vecchie ma ancora profonde ferite, sono stati presentati stamani a Baghdad, nell’ambito del secondo processo contro il deposto presidente Saddam Hussein, documenti sullo sterminio di 180 mila curdi, perpetrato nel 1987 e nel 1988 dal regime dell’ex rais. Le prove dimostrano le responsabilità di Saddam Hussein nella decisione di utilizzare gas chimici contro la popolazione curda. L’ex presidente iracheno è stato già condannato a morte al termine del primo processo per l’uccisione, nel 1982, di 148 sciiti nel villaggio di Dujail. E le violenze continuano a devastare anche l’odierno Iraq: almeno 4 persone sono morte per l’esplosione di una bomba in un mercato della capitale. L’esercito americano ha riferito, inoltre, che due soldati statunitensi sono morti in seguito ad attacchi, compiuti nei giorni scorsi, nella turbolenta provincia di Al Anbar. In uno scenario così fosco non mancano, comunque, le buone notizie: a Baghdad sono stati liberati 6 dei 25 impiegati della Mezzaluna Rossa rapiti ieri da uomini armati. Sul Paese si è nuovamente espresso poi l’ex segretario di stato americano Colin Powell. Secondo Powell, un aumento delle truppe non potrà risolvere in futuro la drammatica situazione in Iraq, per la quale il generale non esita a parlare di “guerra civile”. “L’esercito – ha aggiunto – è allo stremo delle forze e la situazione nel Paese arabo è “grave e si sta deteriorando rapidamente”.

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In Iran, i risultati ufficiali delle elezioni di venerdì scorso per il Consiglio degli esperti e i comuni arrivano con il contagocce, l’opposizione riformista si lamenta per la lentezza dello scrutinio, ma ormai sembra certa la sconfitta degli ultra-conservatori del presidente, Mahmoud Ahmadinejad, e la vittoria dei moderati guidati da Akbar Rafsanjani. Sul ruolo che potrebbe avere il partito vincitore di queste elezioni in Iran, ascoltiamo al microfono di Giancarlo La Vella il corrispondente dell’ANSA a Teheran, Alberto Zanconato:

 

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R. – Rafsanjani è un conservatore moderato molto pragmatico che lo scorso anno, durante la campagna per le elezioni presidenziali, ha anche annunciato che, se eletto, avrebbe cercato di riprendere le relazioni con gli Stati Uniti. Negli ultimi mesi ha più volte criticato lo stesso Ahmadinejad, chiedendo una politica più moderata nei confronti dell’Occidente.

 

D. – I tempi delle prossime consultazioni che potrebbero confermare questo spostamento d’asse?

 

R. – Per le prossime consultazioni c’è bisogno ancora di oltre un anno, quando ci saranno le elezioni parlamentari e poi, nel 2009, le elezioni presidenziali. Si è parlato molto in questo ultimo periodo e il Parlamento che, pur essendo dominato da una maggioranza conservatrice, non ama molto il presidente Ahmadinejad, ha fatto una proposta per accorciare il mandato presidenziale. Ha avanzato tale proposta per fare coincidere le elezioni presidenziali e parlamentari. Il Consiglio dei Guardiani, però, che è la Corte costituzionale iraniana, ha già detto che non accetterà questa proposta. Si tratta di vedere se a Rafsanjani e ai suoi uomini conviene di più una riduzione del mandato del presidente Ahmadinejad oppure lasciare che egli continui nel suo mandato: bisogna considerare che fino a questo momento, dopo 17 mesi di presidenza, Ahmadinejad sembra essere già in difficoltà.

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La Corea del Nord è disposta a tornare al tavolo dei negoziati sul suo programma nucleare solo dopo che le sanzioni internazionali a Pyongyang saranno rimosse. E’ quanto emerso a margine dei colloqui a sei in corso a Pechino, i primi da quando il regime di Kim Jong-Il ha eseguito il suo primo esperimento nucleare.

 

Più di cento dispersi, venticinque immigrati salvati. E’ il bilancio dell’ultima tragedia in mare avvenuta ieri a causa di una tempesta al largo delle coste marocchine. Il servizio di padre Ignacio Arregui:

 

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Erano 127 quando sono partiti dal Senegal verso le Isole Canarie in cerca di migliori condizioni di vita in Europa. Hanno trascorso due settimane in alto mare lottando contro le avverse condizioni del tempo. Alcuni pescatori sono riusciti a salvare 25 persone. Tutti gli altri sono annegati oppure sono morti di fame o di sete. I 25 superstiti sono stati ricoverati in un ospedale della città di Saint Louis del Senegal. Era la seconda volta che questo gruppo tentava di arrivare nelle Isole Canarie. Il primo tentativo, lo scorso 3 dicembre, era fallito a causa delle condizioni meteorologiche. Sono circa 25 mila gli immigrati sbarcati quest’ anno nelle Isole Canarie. La maggior parte provenivano dal Senegal, Gambia, Guinea-Bissau, Capo Verde, Mauritania e Marocco. Dopo diversi negoziati tra i governi della Spagna e del Senegal, sono stati circa 5.000 i senegalesi rimpatriati. Con l’aiuto dell’Agenzia europea di protezione delle frontiere FRONEX si è incrementato il servizio di sorveglianza nella zona contro l’immigrazione proveniente dai Paesi del continente africano. E’ stato possibile schedare tutti gli immigrati, con tutti i particolari sui loro Paesi d’origine, l’itinerario e l’organizzazione dei viaggi. Questo incremento di sorveglianza ha ridotto il numero degli emigrati verso la Spagna, ma  ha reso anche più complicate e rischiose le spedizioni con le quali i clandestini tentano di raggiungere a tutti i costi l’Europa.

 

Per la Radio Vaticana, Ignacio Arregui.

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In Bhutan, nel suo primo discorso ufficiale come nuovo sovrano, il re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck ha invitato la popolazione a contribuire al rafforzamento della nazione e alla transizione del Paese da monarchia a democrazia parlamentare. Si tratta della prima apparizione pubblica del nuovo sovrano dopo l’abdicazione, lo scorso 9 dicembre, di re Jigme Singye Wangchuck in favore del figlio maggiore. Nel 2004, il Bhutan ha approvato una nuova Costituzione che deve però ancora essere ratificata.

 

Proseguiranno oggi e domani le operazioni di voto negli Emirati Arabi Uniti. Si tratta delle prime elezioni della storia del Paese. La consultazione, iniziata sabato scorso, è limitata però a soli circa 7 mila aventi diritto, tra cui il 18 per cento donne. Gli elettori sono chiamati ad eleggere 20 dei 40 membri del Consiglio federale nazionale, organismo soltanto consultivo. Dopo lo scrutinio dei risultati parziali, anche una donna è stata eletta membro del Consiglio nazionale federale.  Negli Emirati Arabi Uniti, uno dei Paesi più ricchi al mondo, gli abitanti sono oltre 4 milioni ma sono poco più di 825 mila le persone che hanno la cittadinanza.

 

Elezioni legislative in Gabon. Le operazioni si sono svolte senza incidenti. Lo scrutinio a turno unico non dovrebbe riservare grandi sorprese e rafforzare il partito del presidente, Omar Bongo Ondimba.

 

Il ministro della Giustizia sudanese ha dichiarato di essere pronto a cooperare con il team investigativo dell’ONU incaricato di accertare le violazioni dei diritti umani in Darfur. Secondo fonti locali, il ministro Mohammed Ali al-Mardhi ha affermato che Sudan intende rimuovere qualsiasi tipo di ostacolo per consentire al team di esperti delle Nazioni Unite di far luce sui crimini commessi nella regione occidentale sudanese. Secondo stime fornite dall’ONU, i morti provocati dal conflitto in Darfur sono circa 300 mila e gli sfollati più di due milioni.

 

Il governo del Botswana ha annunciato che non farà ricorso contro la sentenza dell'Alta Corte che, la scorsa settimana, ha riconosciuto agli indigeni Boscimani il diritto a ritornare ai terreni di caccia del deserto del Kalahari, dai quali erano stati sfrattati. L’area dei Boscimani nel Kalahari equivale alla superficie del Belgio e su di essa il governo ha creato una riserva turistica. Secondo il procuratore generale del Botswana, la sentenza dell'Alta Corte non obbliga però il governo a ripristinare i servizi essenziali, sospesi dal 2002.

 

E’ stato arrestato stamani in Gran Bretagna un uomo sospettato di aver ucciso cinque prostitute a Ipswich. Il sospettato ha 37 anni, è dipendente in un supermercato e nei giorni scorsi era stato interrogato quattro volte. All’indagine partecipa una task force composta da 500 uomini.

 

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