RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 352 - Testo
della trasmissione di lunedì 18 dicembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Presentato il programma delle celebrazioni
natalizie: il 24 aprirà il presepe in Piazza San Pietro
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Quattro morti, tra cui un bambino, nel terremoto che ha colpito
l’isola indonesiana di Sumatra
In Iran, pare confermata la sconfitta degli
ultraconservatori nelle elezioni per il Consiglio degli Esperti e i comuni
18 dicembre 2006
EBREI E CRISTIANI SIANO TESTIMONI CONVINCENTI DI
PACE E DI CONCORDIA
PER IL
MONDO, IN DIALOGO FRA LORO E CON I MUSULMANI: COSI’ BENEDETTO XVI
AI
MEMBRI DI UN’ASSOCIAZIONE EBRAICA STATUNITENSE.
APPELLO
DEL PAPA PER LA PACE IN TERRA SANTA
La pace è un valore la cui costruzione riguarda allo
stesso modo i credenti cristiani, ebrei e musulmani, all’interno di una
collaborazione pacifica e rispettosa. E’ il pensiero centrale espresso da
Benedetto XVI ai rappresentanti di un antico organismo ebreo-americano, la “B’nai B’rith International”,
ricevuti in udienza questa mattina. Una circostanza che ha permesso al Papa di
implorare ancora una volta la pace in Terra Santa. Il servizio di Alessandro De
Carolis:
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La strada è tracciata da quella “ricca eredità di fede”,
sorta all’indomani del Vaticano II, in particolare della sua Dichiarazione
conciliare Nostra Aetate,
che ha prodotto nel tempo una “notevole trasformazione” del concetto di dialogo
e di mutuo rispetto: è questo lo stato dei rapporti attuali tra cristianesimo
ed ebraismo, secondo quanto asserito da Benedetto XVI davanti alla dozzina di
membri della B’nai B’rith
International, un’associazione fraterna ebraica, sorta negli Stati Uniti nel
1843 allo scopo di mantenere vive la tradizione e la cultura ebraiche e di
lottare contro l’antisemitismo.
“Molto è stato realizzato in 40 anni di
rapporti ebreo-cattolici”, ha riconosciuto il Papa, che ha voluto riaffermare
la propria speranza, e rinnovare la preghiera, per la pace in Terra Santa:
“PEACE CAN ONLY COME ABOUT IF
IT IS THE CONCERN…
La pace può realizzarsi soltanto se essa interessa allo stesso modo ebrei, cristiani e musulmani”, ed è
“espressa in un genuino dialogo interreligioso e in concreti gesti di riconciliazione”.
La sfida per “tutti i credenti”, ha osservato Benedetto
XVI, è quella di dimostrare “che non sono l’odio né la violenza, ma la
comprensione e la pacifica cooperazione ad aprire la porta a quel futuro di
giustizia e di pace che è promessa e dono di Dio”.
Gli ebrei ed i cristiani in particolare, ha sottolineato
il Papa, “sono chiamati a lavorare insieme per guarire il mondo promuovendo i
valori spirituali e morali che sono basilari per le nostre convinzioni di fede:
“IF WE GIVE A CLEAR EXAMPLE
OF FRUITFUL COOPERATION…
Se diamo un chiaro esempio di fruttuosa cooperazione, la
nostra voce in risposta ai bisogni della famiglia
umana sarà più convincente”.
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NOMINA
Benedetto
XVI ha nominato uditore generale della Camera Apostolica mons. Bruno Bertagna, vescovo titolare di Drivasto.
PRESENTATO
IL PROGRAMMA DELLE CELEBRAZIONI NATALIZIE.
IL 24 L’INAUGURAZIONE DEL PRESEPE IN PIAZZA SAN PIETRO
Benedetto XVI, come già lo scorso anno, celebrerà nella
Basilica Vaticana
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - All'Angelus l'appello di
Benedetto XVI affinché si facciano ulteriori sforzi per i bisogni più urgenti
delle centinaia di migliaia di profughi iracheni in Siria.
Servizio estero - Medio Oriente: regge la fragile
tregua fra Hamas ed Al Fatah dopo una giornata
di sangue nei Territori palestinesi.
Servizio culturale - Un articolo di Gian Filippo
Belardo dal titolo "Radici cristiane nella pop-art":
in margine alla mostra di Andy Warhol
al Chiostro di Bramante.
Servizio italiano - In rilievo il tema della
finanziaria.
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18 dicembre 2006
SPERANZA PER LA FINE DELLE VIOLENZE NELLA STRISCIA
DI GAZA:
ACCORDO IERI SERA TRA HAMAS E FATAH
PER IL CESSATE IL FUOCO
- Intervista con Guido Olimpio -
C’è speranza per un accordo che
spezzi la spirale di violenze nella Striscia di Gaza. Hamas e al Fatah hanno, infatti, raggiunto nella serata di ieri un
accordo per il cessate-il-fuoco al termine di una
giornata di duri scontri, nella quale hanno perso la vita tre persone e altre
30 sono rimaste ferite. La mattinata di oggi è stata sostanzialmente
tranquilla, a parte sporadici episodi. A rendere precaria la situazione, resta
tuttavia il legame finanziario che Hamas ha stretto con i movimenti
fondamentalisti del Pakistan e dell’Egitto. A riguardo, Stefano Leszscynski ha intervistato Guido Olimpio, esperto
dell’area mediorientale del Corriere della Sera:
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R. – Sappiamo che Hamas ha
grandi problemi di finanziamento e di denaro per
alimentare la sua base sociale ma
anche per la guida del governo. E, quindi, da circa sei-sette
mesi ha sviluppato rapporti con le organizzazioni radicali pakistane. Hamas ha
raccolto svariate decine e decine di migliaia di dollari in Pakistan: soldi
provenienti da due gruppi radicali.
D. – Soldi che vengono utilizzati a quali scopi?
R. – Evidentemente, la maggior
parte di questo denaro, come sempre è stato per Hamas, viene usato per sostenere
l’apparato – chiamiamolo – sociale ed umanitario. Ma, certamente poi, visto che
c’è in corso una guerra, quasi una guerra civile, parte del denaro viene anche
usato per acquistare armi e munizioni, soprattutto in Egitto.
D. – I movimenti che finanziano
Hamas sono spesso considerati legati da al Qaeda.
Tuttavia Hamas non è proprio intenzionato a farsi coinvolgere nel movimento di al Qaeda…
R. – Sono sempre rapporti
tattici. Ci sono piccoli gruppi qaedisti anche nei
Territori occupati, che non riescono però a sfondare proprio per la presenza
forte di Hamas. Hamas è ben attenta a conservare questa caratteristica: è vero,
è islamica, ma anche e soprattutto nazionale. Non vuole mescolarsi a forme di terrorismo pure e semplici, anche
se in certe occasioni usa il terrorismo. Se la crisi dovesse
inasprirsi, non escludo che i rapporti con gruppi radicali possano incrementarsi ed ampliarsi.
D. – Il flusso di questi
finanziamenti, se dovesse venire interrotto, potrebbe
provocare una crisi politica di Hamas e cioè far perdere ad Hamas i consensi
che ha acquistato con le sue opere sociali?
R. – Non c’è dubbio che la
strategia di contenimento - possiamo dire – finanziario sia iniziata proprio
dopo la vittoria politica di Hamas. E’ stata una strategia – direi –
pianificata e non casuale. Hamas è, infatti, costretta a queste missioni
all’estero. E accade che quando il ministro torna letteralmente con i soldi
nella valigia, viene bloccato, e nascono e crisi e problemi. La pressione
economica serve proprio a questo, a cercare di tagliare il supporto sociale.
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CELEBRATA OGGI LA VI GIORNATA
INTERNAZIONALE DEI MIGRANTI:
L’IMPORTANZA DI UNA LEGISLAZIONE CHE FAVORISCA
LA RIUNIFICAZIONE
FAMILIARE SOTTOLINEATA DA MONS. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE
DELLA SANTA SEDE PRESSO L’ONU
- Con noi don Bruno Mioli -
Si celebra oggi la VI Giornata
internazionale dei Migranti, voluta dalle Nazioni
Unite ogni 18 dicembre, per sostenere i diritti umani di chi deve lasciare il
proprio Paese. Intervenendo a Ginevra presso l’Organizzazione internazionale
per le migrazioni, mons. Silvano Tomasi, Osservatore permanente della Santa
Sede presso l’ONU, ha sottolineato di recente l’importanza di una legislazione che
nei vari Paesi favorisca la riunificazione familiare dei migranti. Appellandosi
poi agli Stati e alle organizzazioni internazionali di cui essi fanno parte ha
auspicato la creazione di un sistema normativo internazionale, che abbia al centro la persona umana e che renda le
migrazioni più una scelta che una necessità. In tutto il mondo continuano ad
essere moltissime le vittime dei flussi migratori: l’ultima tragedia proprio in
questi giorni al largo delle isole Canarie, dove 127 migranti senegalesi sono
affondati. Stefano Lezczynski ha sentito don Bruno Mioli, della fondazione Migrantes
della Caritas:
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R. – E’ il solito dramma. Ciò
che li spinge è l’istinto di sopravvivenza, dovuto a squilibri economici, a
disordini sociali, alla fuga da persecuzioni, da lotte civili e addirittura da
guerre: 200 milioni di persone, il 3 per cento della popolazione mondiale, è
soggetto purtroppo non a una libera scelta, ma a questa fatalità.
D. - Gli Stati più ricchi, che
generalmente accolgono i migranti, puntano sempre di più su una
rappresentazione economica del migrante per farlo accettare all’opinione
pubblica…
R. – Certo, è estremamente
limitativa, perché si guarda alle braccia, ma dietro le braccia ci sono volti
umani, ci sono persone.
D. – La società civile ha,
comunque, accolto con grande entusiasmo alcuni strumenti normativi
internazionale, come
R. – E’ interessante notare che
anche l’ultimo Messaggio sulle migrazioni, quello che da poche settimane è
stato emanato dalla Santa Sede a firma di Benedetto XVI, vede una particolare
insistenza circa la ratifica della Convenzione dell’ONU del 18 dicembre del
1990. Ci si rivolge in modo particolare alla nostra Unione Europea. E’ una
specie di vergogna – vorrei dire proprio così – che dei 24-25 Stati che hanno
già ratificato, non figura nessuno, nessuno degli Stati che collochiamo sul
piano del benessere. All’ONU, quella volta, la totalità degli Stati, anche
quelli del benessere, eccetto gli Stati Uniti, hanno approvato questa
Convenzione. Ma ora per renderla esecutiva, attraverso la ratifica, si stenta.
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ASSEGNATO A PADRE CEDRIC PRAKASH, DIRETTORE DI
“PRASHANT”,
IL CENTRO PER I DIRITTI UMANI,
LA GIUSTIZIA E LA PACE DEI GESUITI DI
AHMEDABAD,
IN INDIA, IL “PREMIO PER I
DIRITTI DELLE MINORANZE 2006”
- Intervista con il religioso - -
E’
andato a padre Cedric Prakash,
direttore di “Prashant”, il Centro per i diritti umani, la giustizia e la pace dei gesuiti di
Ahmedabad, in India, il “Premio per i diritti delle minoranze 2006”,
attribuito annualmente dalla Commissione nazionale per le minoranze del governo
indiano. Stamani, a New Delhi, la cerimonia di consegna. Nell’intervista
di Roberta Moretti, ascoltiamo lo stesso padre Prakash,
che quest’anno ha ricevuto anche la Legione d’Onore francese:
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R. – I think the situation of
minorities …
Penso che la situazione delle
minoranze in India, in particolare in alcuni Stati, come il Gujarat,
sia ancora brutta. E per minoranza intendo sostanzialmente i musulmani e i
cristiani. Ricordiamo tutti il massacro del 2002 nel Gujarat, in cui più di 2 mila musulmani persero la vita. I
cristiani vivono un’esistenza fortemente emarginata,
senza che siano loro riconosciuti i diritti fondamentali riconosciuti ai
cittadini in qualsiasi Paese. Ancora oggi nel sud dell’India, a Bangalore, l’arcivescovo della diocesi è stato
letteralmente posto agli arresti domiciliari da fondamentalisti indù. Nel Gujarat, lo Stato dal quale io provengo, i cristiani sono
ancora soggetti alle pene corporali, e questo rappresenta una forma di
pressione sottile e sofisticata, sostanzialmente da parte dei fondamentalisti
indù. Nell’insieme, sappiamo che il governo indiano, a livello centrale, fa del
suo meglio per tutelare gli interessi delle minoranze: i problemi nascono nei
governi dei singoli Stati, alcuni dei quali osservano un atteggiamento fortemente ostile nei riguardi delle minoranze.
D. – Quindi, concretamente, come
si possono difendere i diritti umani delle minoranze in India? Qual è il
ruolo
R. – We have been doing a lot
in Prashant, to help the situation of the …
Abbiamo lavorato molto, come Prashant, per sostenere le minoranze, dal 2002, e già prima
di quella data. Abbiamo scelto di difendere i diritti di ciascun cittadino,
specialmente di quelli delle minoranze, perché proprio nel Gujarat
tali diritti sono calpestati. Siamo coinvolti in processi giudiziari,
presentiamo appelli alla Corte Suprema, vogliamo sradicare il pregiudizio nella
mente della gente, vogliamo creare un’atmosfera di armonia, e lavoriamo anche
molto nei media, perché vogliamo ottenere che dai
media escano l’immagine e la realtà vera, corretta delle minoranze, in
particolare dei musulmani e dei cristiani, dello Stato del Gujarat.
D. – Cosa ci può dire del ruolo
della Chiesa in generale, in India?
R. – The Church as a whole
has been very active, it has always been taking …
La Chiesa nel suo insieme è
molto attiva: ha sempre preso le parti delle minoranze, dei poveri, degli
emarginati, dei vulnerabili e in alcune situazioni che conosco, per esempio, la
Chiesa in Gujarat è stata fortemente
visibile nella questione dei diritti umani. Come sacerdote e gesuita, auspico
fortemente che la Chiesa in India, ad ogni livello, si ponga con energia in
difesa di chiunque, ma in particolare delle minoranze dell’India.
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IL DOLORE DEL MONDO
CALCISTICO ITALIANO,
DOPO LA TRAGICA MORTE DI DUE GIOCATORI
DELLE
SQUADRE GIOVANILI DELLA JUVENTUS
- Intervista con il cardinale Severino Poletto -
Ieri, su tutti i campi della
Serie A e B del Campionato di Calcio italiano è stato osservato un minuto di
raccoglimento per Alessio Ferramosca, torinese, e
Riccardo Neri, di Firenze, i due calciatori diciassettenni della Juventus
scomparsi tragicamente venerdì scorso, annegati nel laghetto artificiale del
centro sportivo di Vinovo (Torino). Ieri, oltre mille
persone hanno partecipato alla recita del Rosario nella parrocchia dei
domenicani a Vinovo, dove il giovane Neri, viveva. Al
microfono di Luca Collodi, la riflessione del cardinale Severino Poletto,
arcivescovo di Torino:
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Non è opportuno partire da una
terribile disgrazia, capitata a due ragazzi delle squadre giovanili della
Juventus, per fare delle riflessioni di tipo moralistico su quelli che possono
essere i sogni che i giovani possono avere quando si
avviano a praticare sport così popolari come quello del calcio. Credo che
questo sia il momento della riflessione e della preghiera. Il momento in cui,
come arcivescovo di Torino, desidero esprimere ai genitori di questi due
giovani la mia vicinanza, la mia partecipazione di preghiera e di affetto,
perché il dolore in questo momento merita la nostra solidarietà. Indubbiamente,
poi, dobbiamo riconoscere che lo sport è una cosa positiva. Io preferisco
vedere i giovani che dedicano il loro tempo libero allo sport, senza sogni di
onnipotenza o di successo, ma semplicemente come gioia di vivere, come
divertimento e come possibilità di socializzazione con gli amici e coetanei ed
anche come divertimento. Credo che ai ragazzi piaccia giocare al pallone,
perché questo li diverte e rende bella ed affascinante la loro adolescenza e la
loro giovinezza. Questo non deve essere sottolineato come una demonizzazione
dello sport, che resta, comunque, una caso fra le più
nobili e fra le più belli nella vita delle persone ed anche nella vita dei
giovani. Quanti ragazzi nei nostri oratori giocano al pallone? Quanti giovani
campioni di squadre maggiori della nostra nazione provengono proprio dagli
ambienti parrocchiali, dagli oratori delle nostre parrocchie e delle nostre
comunità? Questo va certamente incoraggiato. Purtroppo questa disgrazia ci
trova allibiti e solidali con chi soffre, solidali anche con i responsabili
delle squadre giovanili della Juventus che si vedono coinvolti e si trovano a
dover giustificare e spiegare questi fatti. Ma come arcivescovo – lo ripeto -
sento che questo è il momento della riflessioni, della
preghiera e della vicinanza a chi soffre.
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NOVE CONCERTI IN TEMPO DI AVVENTO PER AIUTARE I
BAMBINI
IN TERRITORI DI GUERRA E NELLE
AREE DI CRISI:
È L’OBIETTIVO DEL VI FESTIVAL ITINERANTE “VENITE
PASTORES”,
PROMOSSO DAI TEATINI A ROMA, MILANO E NAPOLI
- Con noi, il maestro Flavio Colusso
e Rosa Emilia Deidda -
Un festival in
tempo di Avvento che si fa iniziativa di missione per i bambini “in territori
di guerra e nelle aree di crisi”: si tratta del VI Festival itinerante “Venite Pastores”, promosso fino al 3 gennaio a Roma, Milano e
Napoli dall’Ordine dei Chierici Regolari Teatini e dalla Fondazione “Le Colonne
del Decumano”, in collaborazione con la Croce Rossa Italiana. Ce ne parla Roberta Moretti:
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Nove concerti
che scandiscono il tempo di Avvento e invitano a fermarsi ad
adorare il Bambino che nasce. Il cuore di “Venite Pastores”
risiede nel carisma stesso dell’Ordine dei Chierici Regolari Teatini, fondato
da San Gaetano Thiene nel 1524. Ne è convinto Flavio Colusso, direttore artistico del Festival:
“Il corpo di
San Gaetano riposa nella Basilica di San Paolo Maggiore, a Napoli, proprio
nell’area di San Gregorio Armeno, e quindi la zona dei presepi. Spesso, però,
ci si dimentica perché quella è la zona dei presepi. Proprio San Gaetano,
infatti, ha favorito nella città di Napoli la tradizione del Presepe e, dunque,
una tradizione di missione. I Teatini hanno portano sia in Italia sia
all’estero, per primi, il senso del cammino e della ricerca intorno al
Bambino”.
E proprio ai
bambini saranno destinati i proventi dell’iniziativa. Rosa
Emilia Deidda, vice presidente del Comitato
Provinciale romano della Croce Rossa Italiana:
“Saranno
rivolti, da una parte, ai bambini di strada della nostra città, Roma, e quindi
delle nostre borgate, e dall’altra – questo è l’altro obiettivo che ha un
carattere internazionale - cercheremo un luogo dove ci siano
bambini che abbiano particolare bisogno di noi. Potrebbero essere bambini
malati, sofferenti, feriti dalla guerra nel corpo e nell’anima; bambini che
hanno bisogno magari anche soltanto di un sorriso o di una parola”.
Ad appassionare il pubblico, tra
i diversi appuntamenti del Festival, l’oratorio “The Messiah”
di Händel a Roma; l’oratorio “Il Natale degli innocenti” di Rota a Napoli e un incontro-concerto dedicato a Mozart a Milano. Ma perché fare una rassegna itinerante? Ancora Flavio Colusso:
“Torniamo sempre a Gaetano.
Gaetano si spoglia dei suoi beni e dà l’annuncio del suo nuovo Ordine di
Chierici Regolari nella Basilica e nell’Ospedale di San Giacomo degli
incurabili di Roma. Questo è un segno importante, perché Giacomo è il
protettore dei pellegrini, dei viandanti e, dunque, il cammino è assolutamente
prioritario nel carisma teatino e, naturalmente, anche di quello di “Venite Pastores”.
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18 dicembre 2006
IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE COLOMBIANA LANCIA
UN APPELLO
ALLE ISTITUZIONI E
AI GRUPPI ARMATI PERCHÉ S’IMPEGNINO NELLA COSTRUZIONE
DELLA PACE, NEL RISPETTO DELLA LEGALITÀ E DELLA GIUSTIZIA
- A cura di Luis Badilla -
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BOGOTÀ. = In una recente dichiarazione, il presidente della Conferenza episcopale della Colombia, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, ha
voluto lanciare un messaggio a fronte della difficile situazione che sta
attraversando il Paese. Dinanzi alle “diverse manifestazioni di violenza”, alle
“difficoltà politiche e istituzionali”, alle “deplorevoli condizioni
umanitarie” (legate soprattutto ai conflitti armati in corso), alla “povertà e”
alle “ingiustizie sociali che patiscono milioni di colombiani”, l’arcivescovo
di Tunja afferma che la Chiesa cattolica è disposta
ad accompagnare i processi che possono portare alla costruzione di una Colombia
riconciliata, capace di vivere nella pace. Per tale motivo, la Chiesa vuole
impegnarsi perché vengano superate le “difficoltà, i
pregiudizi e gli interessi che generalmente costituiscono un ostacolo per
l’edificazione della pace con giustizia sociale”. “La verità – ha
detto il presule – rappresenta una condizione per guarire le ferite della
violenza e per restituire dignità alle vittime, agli stessi autori di tali atti
e alla società in generale; e ciò – ha proseguito – serve anche per rinforzare
uno scenario democratico trasparente, con istituzioni giudiziarie efficaci
nelle sue indagini, imparziali nel loro giudizio e libere da ogni pressione”. Mons.
Castro Quiroga ha osservato che “la corruzione
politica è una delle più gravi deformazioni del sistema democratico, poiché
tradisce i principi morali e le norme della giustizia sociale. “Per questa
ragione – ha affermato – è nostro dovere, come pastori, rifiutare qualsiasi
forma di illegalità e di corruzione all’interno dello Stato”. La Commissione
per la Pace della Conferenza episcopale sta attualmente sostenendo ed animando
gli sforzi che si stanno compiendo al fine garantire la legittimità delle
istituzioni democratiche della Colombia. Per il presule occorre trasparenza e
volontà politica, da qui l’esortazione al governo nazionale e all’Esercito di
liberazione nazionale (ELN) a continuare, senza tentennamenti, il cammino del
dialogo. Un appello particolare è stato rivolto da mons. Castro Quiroga anche ai gruppi di autodifesa, ai suoi membri già
smobilitati e a quanti ancora non vogliono deporre le armi. L’arcivescovo di Tunja chiede in particolare che venga
rispettato il diritto alla vita e che non venga sprecata quest’opportunità
storica per la verità e per riparare ad errori del passato, passi
indispensabili per la pace e la riconciliazione nazionale. Infine, mons. Castro
Quiroga ha rivolto un appello al governo nazionale,
alle Forze
Armate rivoluzionarie della Colombia e all’Esercito popolare perché, come segno di una chiara volontà di pace, ristabiliscano i
canali che possono portare ad un accordo umanitario.
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“PER NATALE, FERMIAMO IL GIOCO D’AZZARDO”: COSÌ I VESCOVI FILIPPINI,
CHE FANNO APPELLO AI CRISTIANI DEL PAESE A TENER CONTO
DELLO SPIRITO DELLE FESTIVITÀ NATALIZIE, SENZA BUTTARE VIA I
PROPRI SOLDI
DAGUPAN. = Con un
appello letto in tutte le chiese delle Filippine, cui hanno
aderito anche le autorità politiche nazionali, i vescovi filippini hanno
lanciato una dura campagna contro il gioco d’azzardo illegale e statale,
invitando i cattolici a tener conto dello spirito del Natale senza buttare via
i propri soldi. I presuli si sono così uniti all’arcivescovo
di Lingayen-Dagupan, Oscar V. Cruz, che da quasi 5 anni è impegnato in una lotta senza
quartiere, in particolare contro lo jueteng, il più comune gioco d’azzardo delle Filippine, che
muove un giro d’affari di oltre 13 miliardi di pesos l’anno (oltre 185 milioni
di euro). Il denaro è gestito da una quindicina di “signori del gioco”, che si
sono spartiti le 24 province del Paese e che fanno di tutto per proteggere i
loro interessi. Il presule spiega ad AsiaNews che “di questi soldi, l’85% diventano
tangenti che garantiscono protezione per i ‘signori del gioco’
dal governo, dalla polizia, dall’esercito e addirittura dai
media. Chi non è d’accordo con la situazione non è il benvenuto nel
Paese”. Per questo, l’arcivescovo Cruz è oggetto di
continue intimidazioni e minacce di morte. Il fenomeno, spiega il presule, “è
così diffuso nel Paese perché i filippini hanno la cultura del gioco. La base
della nostra economia – continua – è agricola e gli agricoltori hanno spesso
lunghi periodi di tempo libero. In questo modo, il racket attecchisce, dando la
speranza di grosse vincite, mentre si passa il tempo in modo divertente”.
(R.M.)
QUATTRO MORTI, TRA CUI UN BAMBINO, NEL TERREMOTO CHE HA COLPITO
L’ISOLA
INDONESIANA DI SUMATRA
BANDA ACEH. = Quattro persone, tra cui un
bambino, sono morte a causa di tre scosse di terremoto che hanno colpito
l’isola indonesiana di Sumatra. La prima scossa è
avvenuta alle 4.10 ora locale, le 22.10 in Italia, con una magnitudo di 5,8
gradi. L’epicentro è stato individuato in mare, 128 chilometri a sudovest di
Banda Aceh. Circa 30 minuti dopo, un’altra scossa di
5,7 gradi di magnitudo è stata rilevata ad una profondità di 53 chilometri in
un’area è nordovest della città di Padang. La terza
ha colpito alle 8.24 la parte settentrionale dell’isola. Secondo un portavoce
della provincia settentrionale di Sumatra, anche
diverse persone sono rimaste ferite e una ventina di case sono state distrutte
nella città di Muarasipongi, 1.100 chilometri a
nordovest di Giakarta. Temendo altre scosse, un migliaio di persone ha lasciato
le proprie abitazioni rifugiandosi in tendoni eretti in zone aperte della
città. Oltre alle tre scosse maggiori, sono state registrate 26 scosse di assestamento.
Gli esperti non hanno rilevato rischi di tsunami per il terremoto, che è stato avvertito anche a Singapore. (R.M.)
MANIFESTARE CHE “LA PACE È
POSSIBILE E CHE LA GUERRA NON È INEVITABILE”:
CON QUESTO INTENTO, LA
COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO PROMUOVE IL PROSSIMO PRIMO GENNAIO,
IN 70 PAESI, LA MARCIA “PACE IN TUTTE LE TERRE” 2007
ROMA. = Ricordare tutti i Paesi che attendono la
fine della guerra, “fonte di sofferenza per tanti popoli” e “madre” di tutte le
povertà, e la fine del terrorismo: è questo lo spirito della marcia “Pace in
tutte le terre” 2007, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio il prossimo primo
gennaio, Giornata mondiale della pace. Come riferisce l’agenzia SIR,
l’iniziativa coinvolgerà oltre 250 città di 70 Paesi nei diversi continenti. A
Roma, partirà alle ore 10.30 da Piazza della Chiesa Nuova per arrivare alle
12.00 in Piazza San Pietro, per ascoltare il messaggio “Urbi
et Orbi” di Benedetto XVI. Oltre alla marcia, cui
hanno aderito molti movimenti e associazioni, sono previste nei cinque
continenti anche fiaccolate, veglie di preghiera, liturgie ecumeniche,
processioni e appelli. La comunità di Sant’Egidio invita i cristiani e i
credenti di tutte le religioni a unirsi per manifestare che “la pace è
possibile e che la guerra non è inevitabile”. (R.M.)
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18 dicembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq, è ripreso stamani, a Baghdad, il
processo contro Saddam Hussein e suoi sette ex stretti collaboratori accusati
dello sterminio di 180 mila curdi alla fine degli anni ’80. Sempre nella
capitale irachena, sono stati rilasciati 6 dei 25 impiegati della Mezzaluna
Rossa, sequestrati ieri da ribelli. Il nostro servizio:
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In Iraq, continuano ad intrecciarsi orrori del
passato, drammi attuali e gravi incertezze sul futuro. Riaprendo vecchie ma
ancora profonde ferite, sono stati presentati stamani a Baghdad, nell’ambito
del secondo processo contro il deposto presidente Saddam Hussein, documenti
sullo sterminio di 180 mila curdi, perpetrato nel 1987 e nel 1988 dal regime
dell’ex rais. Le prove dimostrano le responsabilità di Saddam Hussein nella decisione
di utilizzare gas chimici contro la popolazione curda.
L’ex presidente iracheno è stato già condannato a morte al termine del primo
processo per l’uccisione, nel 1982, di 148 sciiti nel villaggio di Dujail. E le violenze continuano a devastare anche
l’odierno Iraq: almeno 4 persone sono morte per l’esplosione di una bomba in un
mercato della capitale. L’esercito americano ha riferito, inoltre, che due
soldati statunitensi sono morti in seguito ad attacchi, compiuti nei giorni
scorsi, nella turbolenta provincia di Al Anbar. In uno scenario così fosco non mancano, comunque, le
buone notizie: a Baghdad sono stati liberati 6 dei 25 impiegati della Mezzaluna
Rossa rapiti ieri da uomini armati. Sul Paese si è nuovamente espresso poi l’ex
segretario di stato americano Colin Powell. Secondo Powell, un
aumento delle truppe non potrà risolvere in futuro la drammatica situazione in
Iraq, per la quale il generale non esita a parlare di “guerra civile”.
“L’esercito – ha aggiunto – è allo stremo delle forze e la situazione nel Paese arabo è
“grave e si sta deteriorando rapidamente”.
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In Iran, i risultati ufficiali delle elezioni di venerdì
scorso per il Consiglio degli esperti e i comuni arrivano con il contagocce,
l’opposizione riformista si lamenta per la lentezza dello scrutinio, ma ormai
sembra certa la sconfitta degli ultra-conservatori del presidente, Mahmoud Ahmadinejad, e la vittoria dei moderati guidati da Akbar Rafsanjani. Sul ruolo che
potrebbe avere il partito vincitore di queste elezioni in Iran, ascoltiamo al
microfono di Giancarlo La Vella il corrispondente dell’ANSA a Teheran, Alberto Zanconato:
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R. – Rafsanjani è un
conservatore moderato molto pragmatico che lo scorso anno, durante la campagna
per le elezioni presidenziali, ha anche annunciato che, se eletto, avrebbe
cercato di riprendere le relazioni con gli Stati Uniti. Negli ultimi mesi ha
più volte criticato lo stesso Ahmadinejad, chiedendo una politica più moderata
nei confronti dell’Occidente.
D. – I tempi delle prossime consultazioni che potrebbero
confermare questo spostamento d’asse?
R. – Per le prossime consultazioni c’è bisogno ancora di
oltre un anno, quando ci saranno le elezioni parlamentari e poi, nel 2009, le
elezioni presidenziali. Si è parlato molto in questo ultimo periodo e il
Parlamento che, pur essendo dominato da una maggioranza conservatrice, non ama
molto il presidente Ahmadinejad, ha fatto una proposta per accorciare il
mandato presidenziale. Ha avanzato tale proposta per fare coincidere le elezioni
presidenziali e parlamentari. Il Consiglio dei Guardiani, però, che è
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La Corea del Nord è
disposta a tornare al tavolo dei negoziati sul suo programma nucleare solo dopo
che le sanzioni internazionali a Pyongyang saranno
rimosse. E’ quanto emerso a margine dei colloqui a sei in corso a Pechino, i
primi da quando il regime di Kim
Jong-Il ha eseguito il suo primo esperimento nucleare.
Più di cento dispersi, venticinque
immigrati salvati. E’ il bilancio dell’ultima tragedia in mare avvenuta ieri a
causa di una tempesta al
largo delle coste marocchine. Il servizio di padre Ignacio
Arregui:
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Erano 127 quando sono partiti dal
Senegal verso le Isole Canarie in cerca di migliori condizioni di vita in
Europa. Hanno trascorso due settimane in alto mare lottando contro le avverse
condizioni del tempo. Alcuni pescatori sono riusciti a salvare 25 persone.
Tutti gli altri sono annegati oppure sono morti di fame o di sete. I 25
superstiti sono stati ricoverati in un ospedale della città di Saint Louis del Senegal. Era la seconda volta che questo gruppo
tentava di arrivare nelle Isole Canarie. Il primo tentativo, lo scorso 3
dicembre, era fallito a causa delle condizioni meteorologiche. Sono circa 25
mila gli immigrati sbarcati quest’ anno nelle Isole
Canarie. La maggior parte provenivano dal Senegal, Gambia, Guinea-Bissau,
Capo Verde, Mauritania e Marocco. Dopo diversi negoziati tra i governi della Spagna
e del Senegal, sono stati circa 5.000 i senegalesi rimpatriati. Con l’aiuto
dell’Agenzia europea di
protezione delle frontiere FRONEX si è incrementato il servizio di sorveglianza nella zona
contro l’immigrazione proveniente dai Paesi del continente africano. E’ stato
possibile schedare tutti gli immigrati, con tutti i particolari sui loro Paesi
d’origine, l’itinerario e l’organizzazione dei viaggi. Questo incremento di
sorveglianza ha ridotto il numero degli emigrati verso la Spagna, ma ha reso anche più
complicate e rischiose le spedizioni con le quali i clandestini tentano di
raggiungere a tutti i costi l’Europa.
Per la Radio Vaticana, Ignacio Arregui.
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In Bhutan, nel suo primo discorso ufficiale come nuovo
sovrano, il re Jigme Khesar
Namgyel Wangchuck ha invitato
la popolazione a contribuire al rafforzamento della nazione e alla transizione
del Paese da monarchia a democrazia parlamentare. Si tratta della prima
apparizione pubblica del nuovo sovrano dopo l’abdicazione, lo scorso 9 dicembre,
di re Jigme Singye Wangchuck in favore del figlio maggiore. Nel 2004, il
Bhutan ha approvato una nuova Costituzione che deve però ancora essere
ratificata.
Proseguiranno oggi e domani le
operazioni di voto negli Emirati Arabi Uniti. Si tratta delle prime elezioni
della storia del Paese. La consultazione, iniziata sabato scorso, è limitata però a soli circa 7 mila
aventi diritto, tra cui il 18 per cento donne. Gli elettori sono chiamati ad
eleggere 20 dei 40 membri del Consiglio federale nazionale, organismo soltanto
consultivo. Dopo lo scrutinio dei risultati parziali, anche una
donna è stata eletta membro del Consiglio nazionale federale. Negli Emirati Arabi Uniti, uno dei Paesi più ricchi al
mondo, gli abitanti sono oltre 4 milioni ma sono poco
più di 825 mila le persone che hanno la cittadinanza.
Elezioni legislative in Gabon.
Le operazioni si sono svolte senza incidenti. Lo scrutinio a turno unico non
dovrebbe riservare grandi sorprese e rafforzare il partito del presidente, Omar
Bongo Ondimba.
Il ministro della Giustizia
sudanese ha dichiarato di essere pronto a cooperare con il team investigativo
dell’ONU incaricato di accertare le violazioni dei diritti umani in Darfur. Secondo fonti locali, il ministro Mohammed
Ali al-Mardhi ha affermato che Sudan intende
rimuovere qualsiasi tipo di ostacolo per consentire al team di esperti delle
Nazioni Unite di far luce sui crimini commessi nella regione occidentale
sudanese. Secondo stime fornite dall’ONU, i morti
provocati dal conflitto in Darfur sono circa 300 mila e gli sfollati più di due
milioni.
Il governo del Botswana ha
annunciato che non farà ricorso contro la sentenza dell'Alta Corte che, la
scorsa settimana, ha riconosciuto agli indigeni Boscimani
il diritto a ritornare ai terreni di caccia del deserto del Kalahari,
dai quali erano stati sfrattati. L’area dei Boscimani
nel Kalahari equivale alla superficie del Belgio e su
di essa il governo ha creato una riserva turistica.
Secondo il procuratore generale del Botswana, la
sentenza dell'Alta Corte non obbliga però il governo a ripristinare i servizi
essenziali, sospesi dal 2002.
E’ stato arrestato stamani in Gran Bretagna un
uomo sospettato di aver ucciso cinque prostitute a Ipswich.
Il sospettato ha 37 anni, è dipendente in un supermercato e nei giorni scorsi
era stato interrogato quattro volte. All’indagine partecipa una task force
composta da 500 uomini.
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