RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 351 - Testo
della trasmissione di domenica 17 dicembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Raccolti record
in Niger, che lo scorso anno era
stato colpito da una gravissima crisi alimentare
Elezioni amministrative in Iran: in vantaggio i
moderati. Perde consensi la coalizione degli ultraconservatori del presidente Ahmadinejad
17 dicembre 2006
NELLA
DOMENICA DELLA GIOIA, IL PAPA INVITA CHI E’ NELLA PROVA, QUANTI VIVONO
IL
DRAMMA DELLA GUERRA E I MALATI CHE SI SENTONO ABBANDONATI,
AD
AFFIDARSI AL SIGNORE CHE CONOSCE E AMA OGNUNO DI NOI.
APPELLO
ALLA SOLIDARIETA’ PER I PROFUGHI IRACHENI. AL TERMINE DELL’ANGELUS,
LA
TRADIZIONALE BENEDIZIONE DEI “BAMBINELLI” DEL PRESEPE
-
Intervista con mons. Diego Coletti -
Riscoprire “il segreto autentico del Natale” significa
accogliere la promessa del Cristo che viene a portarci la “vera gioia”. E’
quanto in sintesi ha detto oggi il Papa all’Angelus in una
Piazza San Pietro affollata di pellegrini nonostante la giornata
piovosa. Benedetto XVI si è rivolto in particolare a quanti sono nella prova, a
coloro che vivono il dramma della guerra, specialmente in Medio Oriente e in
Africa, e a tutti i malati che si sentono abbandonati, invitandoli ad affidarsi
“con coraggio e umiltà” al Signore che “è vicino”. Quindi lancia un appello
alla solidarietà per le centinaia di migliaia di profughi iracheni costretti a
lasciare il proprio Paese sconvolto dalle violenze. Il servizio di Sergio Centofanti.
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Il Natale è ormai alle porte. Il Papa ripete l’esortazione
di San Paolo che risuona nella terza Domenica di Avvento: “Rallegratevi nel
Signore sempre … il Signore è vicino”. “E’ Lui che ci porta salvezza … conosce
e ama ognuno di noi”. E’ un invito alla gioia – sottolinea
Benedetto XVI – che non è riservato solo ai cristiani: “E’ un annuncio
profetico destinato all’umanità intera, in modo particolare ai più poveri, in
questo caso ai più poveri di gioia!”:
“Pensiamo ai nostri
fratelli e sorelle che, specialmente in Medio Oriente, in alcune zone
dell’Africa ed in altre parti del mondo vivono il dramma della guerra: quale
gioia possono vivere? Come sarà il loro Natale? Pensiamo a tanti ammalati e persone
sole che, oltre ad essere provati nel fisico, lo sono anche nell’animo, perché
non di rado si sentono abbandonati: come condividere con loro la gioia senza
mancare di rispetto alla loro sofferenza?”
Il Pontefice rivolge il suo pensiero anche “alle centinaia
di migliaia di profughi irakeni in Siria, costretti a lasciare il loro Paese a
causa della drammatica situazione che vi si sta vivendo”:
“In loro favore si
sta già impegnando a fondo
Il Papa pensa poi “a coloro – specialmente ai giovani –
che hanno smarrito il senso della vera gioia, e la cercano invano là dove è
impossibile trovarla: nell’esasperata corsa verso l’autoaffermazione e il
successo, nei falsi divertimenti, nel consumismo, nei momenti di ebbrezza, nei
paradisi artificiali della droga e di ogni forma di alienazione. Non possiamo
non mettere a confronto la liturgia di oggi e il suo ‘Rallegratevi!’ – rileva
il Pontefice - con queste drammatiche realtà”:
“E’ proprio a chi è nella prova, ai ‘feriti
della vita ed orfani della gioia’ che si rivolge in
modo privilegiato
“Per trasformare il mondo – ha proseguito il Papa – Dio ha
scelto un’umile fanciulla di un villaggio della Galilea, Maria di Nazareth, e
l’ha interpellata con questo saluto: ‘Rallégrati,
piena di grazia, il Signore è con te’”:
“In quelle parole
sta il segreto dell’autentico Natale. Dio le ripete alla Chiesa, a ciascuno di
noi: Rallegratevi, il Signore è vicino! Con l’aiuto di Maria, offriamo noi
stessi, con umiltà e coraggio, perché il mondo accolga Cristo, che è la
sorgente della vera gioia”.
Al termine dell’Angelus il Papa ha salutato tra gli altri
i lavoratori delle aziende del Gruppo Telecom Italia,
la società “Pallacanestro Cantù” che ricorda i 70
anni di attività, il corteo storico-folcloristico organizzato dall’Accademia
“Nuova Ellade Italia” e l’associazione culturale “Per
una speranza in più”, di Verona. Quindi ha benedetto le statuette di Gesù
Bambino portate in Piazza San Pietro da tanti ragazzi e dalle loro famiglie e
che poi verranno poste nel presepe
“Cari ragazzi,
davanti al presepe, pregate Gesù anche per le intenzioni del Papa! Vi ringrazio
e vi auguro un buon Natale!”
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Oggi il presepe e in genere i tanti segni che ci
richiamano alla gioia del Natale sono talvolta messi in discussione proprio
nelle società tradizionalmente cristiane. Ma come riscoprire il valore del
presepe e di questi segni? Luca Collodi lo ha chiesto a mons. Diego Coletti, vescovo di Livorno e presidente della Commissione
della Conferenza episcopale italiana per l’educazione cattolica, la scuola e
l’università:
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R. – Io credo che il valore del presepe, come gesto di
descrizione simbolica di un evento come quello dell’Incarnazione del Figlio di
Dio, sia un’occasione da non perdere sia a livello pubblico – nelle chiese,
nelle parrocchie e, non ci vedrei niente di male, anche nelle scuole – sia a
livello a familiare. Ricordo una famiglia che aveva inventato di costruire il
presepe un pezzetto per sera durante tutta la novena di preparazione del
Natale: ogni sera c’era qualcosa di bello, qualcosa di nuovo. E’ come una forma
di grande catechesi.
D. – Mons. Coletti,
ci sono stati alcuni episodi di cronaca e la decisione di alcuni grandi centri
commerciali italiani di non mettere in vendita le statuine del presepe. E si è
aperta la polemica: alcune grandi catene hanno detto che era una decisione solo
commerciale, perché le statuine non si vendevano; altri rispondevano invece che
era per paura di offendere gli islamici …
R. – Io credo che se i motivi sono commerciali, mi domando
allora come mai su questo tipo di prodotti ci si arrende, mentre su altri tipi
di prodotti - quando si vogliono promuovere - si riesce invece benissimo a
promuoverli. Non sono così sicuro che la motivazione puramente commerciale sia
quella valida. Se io devo invitare un amico giapponese a pranzo e magari
insieme a lui viene anche un suo collega tunisino ed
un altro dell’Alaska, io cosa devo fare? Siccome appartengono a culture
diverse, do a tutti gallette e cose assolutamente
neutre? Non sarà, forse, bello per loro, venendo a casa mia, che si trovino davanti un menù che è quello tipico della mia
cultura, con tutto il suo significato positivo, di accoglienza, di dono, di
apertura? Questa è la cosa che a me sembra venga a mancare ad una cultura
cristiana che, anche nella letteratura e nell’arte, ha donato e continua a
donare delle cose fantastiche, bellissime per la qualità della vita dell’uomo,
nei confronti della quale si dice “no” è meglio censurarsi!
D. – Il presepe può essere anche elemento di dialogo con
le altre religioni?
R. – Basta riflettere sul significato della parola
dialogo. La parola dialogo vuol dire uno scambio verbale tra due soggetti. Ma
se i due soggetti per poter dialogare devono rinunciare ciascuno alla propria
identità – e qui siamo addirittura al paradosso che ci rinunciamo solo noi – il
dialogo sparisce. Non saremo più accoglienti e più capaci di dialogo, quanto
meno saremo cristiani. Ma al contrario: più siamo cristiani, più siamo anche sanamente appassionati della verità che abbiamo incontrato
nel Vangelo e nella persona di Gesù, tanto più saremo aperti al dialogo,
all’accoglienza, al confronto ed anche all’umiltà di imparare dall’incontro con
altre culture e con altre persone.
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PASSARE
DA UN ASSISTENZIALISMO DEI BISOGNI AD UNA PASTORALE
CHE
PUNTI ALL’INCONTRO CON
SVOLTASI
IN QUESTI GIORNI A ROMA
-
Intervista con mons. Pietro Gabella -
Curare i rapporti con le popolazioni nomadi e promuovere
una pastorale che non sfoci soltanto in un semplice assistenzialismo: sono gli
obiettivi che i direttori nazionali della pastorale per gli Zingari si
propongono al fine di favorire l’integrazione delle minoranze. Di questi
argomenti si è discusso nei giorni scorsi a Roma all’incontro promosso dal Pontificio
Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Un’occasione che ha
consentito pure di approfondire lo studio del documento “Orientamenti per una
pastorale degli Zingari”. Giovanni Peduto ha chiesto
a mons. Pietro Gabella, direttore dell’Ufficio nazionale della Conferenza
episcopale italiana per la pastorale dei Rom e dei Sinti, qual è la realtà, oggi, degli Zingari:
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R. – È una minoranza che, oltre a non essere capita, ha
una storia di sofferenza enorme, che viene un po’ misconosciuta. Se non si
parte da una presa di coscienza di queste sofferenze che ci sono state, e che
continuano da quando queste persone sono in mezzo a
noi, non si possono nemmeno capire tutte le loro condizioni, il loro modo di
vivere e quelle cose che a noi sembrano gravi, certi loro sbagli. Nel corso
dell’incontro si è chiarito un pò come il
“sopravvivere” ha delle regole differenti dal “vivere”: il “vivere” segue un determinato
tipo di regole, mentre il “sopravvivere” fa emergere di più la furbizia. Ma non
è colpa di chi sopravvive, se per sopravvivere deve usare la furbizia.
Riuscendo a capire questo,
D. – Lei, come direttore nazionale della pastorale per gli
zingari in Italia, avrà ben presente il quadro della situazione, appunto,
italiana. Ce la può descrivere?
R. – Siamo abbastanza pochi noi che ci dedichiamo a questo
tipo di pastorale. L’impegno della Chiesa italiana è più sul campo
dell’assistenza. Noi veniamo colpiti più dai bisogni che non dalle persone. Ma
non è bello fermarci sui bisogni, bisogna incontrare le persone, perché proprio
incontrandole scopriamo che hanno anche dei bisogni; come del resto noi
riveliamo i nostri bisogni quando gli altri ci
incontrano. Se uno viene incontro a me, non per i miei limiti, non per i miei
peccati, non per i miei bisogni, ma perché io sono una persona, allora con questa
persona posso colloquiare, posso anche confidare i miei limiti e possiamo
aiutarci anche a portarli insieme. Ecco, questa è la filosofia di fondo che stiamo
tentando di raccomandare a tutte le diocesi quando
devono affrontare le problematiche che riguardano gli Zingari.
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17 dicembre 2006
A
BAGHDAD RAPITE 20 PERSONE NELLA SEDE DELLA MEZZALUNA ROSSA.
INTANTO,
IL PATRIARCA DI BABILONIA DEI CALDEI, EMMANUEL III DELLY,
HA
CHIESTO DI OSSERVARE DUE GIORNI DI DIGIUNO E DI PREGHIERA
PER
CHIEDERE AL SIGNORE IL BENE DELLA PACE IN IRAQ
-
Intervista con mons. Philip Najim -
In Iraq, un commando di uomini armati ha fatto irruzione,
a Baghdad, negli uffici della Mezzaluna Rossa, sequestrando almeno venti persone,
funzionari e semplici visitatori. Nella capitale irachena è arrivato intanto il
premier britannico, Tony Blair, per sostenere il
governo iracheno. Sempre a Baghdad si chiude oggi la Conferenza
di riconciliazione nazionale, aperta ieri dal premier Nouri
al Maliki, con l’obiettivo di arginare la violenza
nel Paese. Il
patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly, ha chiesto poi a tutti i cristiani di osservare
domani e dopodomani un digiuno per la pace, la sicurezza e la stabilità in
Iraq. Sul significato
di questo invito al raccoglimento e al sacrificio per il martoriato Paese del
Golfo, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di
mons. Philip Najim, procuratore
apostolico per i caldei in Italia:
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R. – Questa è una cosa che noi ripetiamo ogni anno secondo
il calendario liturgico. Quest’anno sua Beatitudine, il patriarca Delly, ha preso questa iniziativa di invitare tutti i
cristiani, specialmente quelli che sono di rito caldeo,
in tutto il mondo, a dedicare questi giorni di digiuno e di preghiera all’Iraq
e a tutto il popolo iracheno, musulmani, cristiani e altre
denominazioni, per poter costruire la pace, per poter difendere i
diritti umani in Iraq. Chiediamo a Dio Onnipotente, attraverso questa preghiera
e questo digiuno, di darci la grazia di poter realizzare la pace.
D. – La Chiesa caldea è
particolarmente vicina alla gente irachena in questi momenti di estrema
difficoltà. Qual è la situazione dei civili?
R. – E’ una situazione molto difficile, soffrono ogni
giorno perché manca la sicurezza per tutta la popolazione irachena. Il governo
iracheno non ha la possibilità di proteggere i cittadini, perciò la Chiesa caldea partecipa a questa sofferenza, come tutti gli altri
soffre ogni giorno e attraverso questa sofferenza condivide, proprio con gli
altri, questo sangue, che sprizza dagli iracheni.
D. – Come sarà il Natale dei cristiani iracheni?
R. – Sarà un Natale molto semplice, non sarà un Natale
libero, non sarà un Natale che avrà segni di festa, di luce, di fiori e di
colori ma sarà un Natale veramente di preghiera, di attesa del Salvatore di
cui, specialmente in questi momenti difficili in Iraq, abbiamo bisogno. Abbiamo
bisogno di questa salvezza, abbiamo bisogno del nostro Signore Gesù Cristo che
viene a salvarci. Perciò tutti i cristiani in Iraq celebreranno questo Natale
in modo particolare, in un modo molto significativo, con un cuore sincero e
aperto per poter ricevere il suo Salvatore e vivere e mettere in pratica il significato
vero della salvezza.
D. – Digiuno e preghiera sono
anche un modo per richiamare i cristiani di tutto il mondo per un Natale più
sobrio, più attento alle esigenze di chi soffre...
R. – Certamente, noi come cristiani ci associamo con tutti
i cristiani del mondo perché abbiamo questo legame, tutti apparteniamo alla
Chiesa cattolica e attraverso questa Chiesa noi dobbiamo unirci con le nostre
preghiere per prepararci a ricevere il nostro Salvatore e realizzare il
significato vero e autentico della salvezza del mondo e della salvezza dei
principi che proteggono l’uomo.
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ANCORA
SCONTRI NEI TERRITORI PALESTINESI DOPO L’ANNUNCIO, IERI,
DI
ELEZIONI ANTICIPATE DA PARTE DEL PRESIDENTE PALESTINESE:
NELLA
STRISCIA DI GAZA, UCCISA UNA GUARDIA PRESIDENZIALE
- Intervista con padre Pierbattista Pizzaballa –
Nei Territori Palestinesi cresce la tensione tra Hamas e
al Fatah: all’indomani dell’annuncio del presidente
palestinese Abu Mazen di
elezioni anticipate, un commando di uomini armati ha ucciso, nella Striscia di
Gaza, una guardia presidenziale. Secondo fonti locali,
sarebbero coinvolti nell’omicidio uomini di Hamas. Ma il gruppo radicale nega
ogni responsabilità e continua a stigmatizzare l’ipotesi di una votazione
anticipata nei Territori, dove la situazione è incandescente. Il servizio di
Amedeo Lomonaco:
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Il premier palestinese, Ismail Haniyeh, ha parlato di consultazioni “incostituzionali” e
Hamas ha definito “un colpo di Stato” e “un viatico per la guerra civile” la
proposta di elezioni parlamentari anticipate lanciate da Abu
Mazen. Il rischio è purtroppo reale: questa mattina,
quasi in contemporanea con l’assassinio di una guardia presidenziale, sono
stati attaccati la sede del ministero dell’Agricoltura e il convoglio del
ministro degli Esteri. E’ stato anche aperto il fuoco, poco fa, contro la
residenza di Abu Mazen.
Centinaia di agenti delle forze di sicurezza, fedeli ad al
Fatah, hanno poi invaso il centro di Gaza bloccandone
i punti strategici. Sul versante politico, è saltata la seduta del Consiglio
legislativo che avrebbe dovuto decidere sull’ipotesi di elezioni. Il discorso
di ieri del presidente palestinese ha raccolto, intanto, i consensi di diversi
rappresentanti della comunità internazionale, tra cui il capo di Stato
egiziano, Hosni Mubarak, il
premier britannico, Tony Blair, ed il primo ministro
israeliano, Ehud Olmert.
Resta ora da verificare se le parole di Abu Mazen potranno far parte di un concreto iter politico.
A questo punto i possibili scenari, secondo gli analisti,
sono 5: in caso di elezioni e di vittoria di al Fatah, sarà probabilmente riaperto il rubinetto degli aiuti
finanziari e verrà riavviato il processo per la formazione di uno Stato
palestinese. In caso di vittoria di Hamas, invece, un candidato del gruppo
radicale, forse l’attuale premier Ismail Haniyeh, ricoprirà il ruolo di presidente e il futuro dei
Territori Palestinesi sarà sempre più incerto. Altre possibilità, piene di incognite,
sono quelle di una nuova coabitazione tra Hamas e al Fatah
o della formazione, senza elezioni, di un governo di unità nazionale. Il quinto
ed ultimo scenario, secondo gli analisti, è quello tragico della guerra civile
che potrebbe portare ad una spaccatura tra Striscia di Gaza, feudo di Hamas, e
Cisgiordania, dove invece è forte al Fatah. Ma qual è
adesso la situazione nei Territori Palestinesi? Ascoltiamo il custode di Terra Santa, padre
Pierbattista Pizzaballa:
R. – La situazione è molto tesa, molto difficile, pesante,
soprattutto nella Striscia di Gaza; è un po’ meno pesante in Cisgiordania.
Siamo in un momento molto critico, senza chiare prospettive. E’ molto
difficile, in questo momento, dire se si riuscirà a calmare la situazione.
Tutti sperano e dicono: “Ma no, sicuramente non peggiorerà, sicuramente si
troverà una soluzione”. Ma l’atmosfera è veramente molto, molto pesante; si è
molto deteriorata. E’ certo un momento incerto, di grande apprensione…
D. – Qual è l’incognita principale? Cosa va risolto per
cercare di sperare in una soluzione della crisi?
R. – Ci sono tantissime cose da risolvere! Io credo che,
prima di tutto, i leader dovrebbero avere più
influenza, più coraggio e calmare la popolazione e cercare di arrivare ad un
accordo: credo che questo punto sia molto difficile!
D. – E poi c’è da dire che Israele appoggia Abu Mazen; ma il presidente
palestinese è in grado di risolvere questa crisi?
R. – Chiunque – sia il presidente, sia Hamas – da soli non
potranno superare questa crisi. Ci vorrà il tentativo di accordo, almeno tra i
due, almeno per tergiversare un po’; è necessaria una forte pressione della
comunità internazionale, soprattutto uno sblocco della catastrofica situazione
economica.
D. – Parliamo adesso di una recente buona notizia: il Papa
ha donato un milione di euro, ricevuti dai fedeli tedeschi, per un nuovo centro
pastorale a Nazareth. Che significato ha questo dono per la locale comunità
cristiana?
R. – E’ un dono molto importante, soprattutto per la
comunità cristiana di Nazareth che è la comunità più numerosa: è la più grande
ed anche la più attiva; era ancora sprovvista di un centro dove i giovani si
potessero incontrare, di un centro per la catechesi, per l’incontro delle
famiglie ... E questo dono così importante ha sbloccato un progetto che era
fermo da molti decenni e che adesso può finalmente vedere la luce e può dare un
punto di riferimento importante per i cristiani di Nazareth e della Galilea in
generale.
D. – Dunque, un dono che unisce in una terra purtroppo
ricca di divisioni. Il muro, per esempio, tra Israele e i Territori palestinesi
non solo separa israeliani da palestinesi ma sembra imprigionare
anche la speranza di una vita migliore per gli abitanti della Cisgiordania ...
R. – In effetti, il muro è un grande ostacolo per la vita
di tutti, dei cristiani, dei musulmani ... insomma, di tutti. Ma dobbiamo
credere sempre al meglio, altrimenti veramente saremmo un po’ dei disfattisti,
che oggi sembrano prevalere ...
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L’AFRICA,
TRA SETE DI GIUSTIZIA, POTENZIALITA’ E POSITIVITA’,
AL
CENTRO DELL’INCONTRO ORGANIZZATO DALLA TAVOLA DELLA PACE IN VISTA
DEL
FORUM SOCIALE MONDIALE DI NAIROBI, A FINE GENNAIO
- Con
noi Flavio Lotti e padre Venanzio Milani -
Dare voce all’Africa e alla sua sete di giustizia: con
questo obiettivo si è svolto in questi giorni a Roma un incontro con i
responsabili dell’informazione organizzato dalla Tavola della Pace. Un modo per
puntare i riflettori sul Forum sociale mondiale di Nairobi, in programma a fine
gennaio, e per far sì che l’Africa non venga
trascurata dai mass media. Il servizio di Isabella Piro:
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Lottare contro la miseria e le ingiustizie, affrontare la
tragedia delle guerre dimenticate, tutelare il diritto internazionale e
riflettere sul dramma delle migrazioni: il Forum sociale mondiale di Nairobi,
in programma dal 20 al 25 gennaio, vuole analizzare questi temi per andare
incontro alla società civile africana. In vista di questo appuntamento,
“Innanzitutto, vuol dire aprire gli occhi su questo
grandissimo continente, su oltre 900 milioni di persone che oggi vivono ai
margini della storia, ma che sono anch’essi portatori di una ricchezza
culturale straordinaria. Non dobbiamo dimenticare, peraltro, che l’Africa è il
continente dal quale prendiamo la grandissima parte delle risorse naturali, che
ci consentono di vivere e, purtroppo, in cambio diamo ancora troppo poco”.
In concomitanza con il Forum di Nairobi,
“Le priorità di questo continente sono una maggiore
libertà, che si traduce in capacità di dialogo, in valorizzazione della società
civile, delle sue risorse materiali e soprattutto delle sue risorse umane.
Purtroppo l’Africa è presentata come un qualcosa di negativo, quando invece ha
molta positività, ha molte cose da insegnare a livello di umanità agli altri
popoli: per esempio, il senso dell’accoglienza, del dialogo, del rispetto della
natura”.
Il mondo occidentale ha sempre avuto una
enorme responsabilità nei confronti dell’Africa, spiega Francesco
Cavalli, vicepresidente del Coordinamento nazionale degli Enti locali per la
pace e i diritti umani. A partire dall’epoca coloniale l’Occidente non ha mai
mancato di far sentire la sua ingerenza al mondo africano, soprattutto nel settore
economico. Favorire lo sviluppo dell’Africa con l’Africa stessa, dunque,
diventa lo strumento principale per far crescere un intero continente e dare
spazio soprattutto alla democrazia partecipativa. Senza dimenticare il settore
femminile. Patrizia Sentinelli, vice ministro
italiano degli Affari Esteri:
“Il ruolo delle donne nell’economia, il microcredito, la microfinanza, sono strumenti di emancipazione e di
liberazione, perchè è la comunità locale che se ne avvantaggia”.
Da ricordare, infine, il sito www.nairobi2007.org:
da pochi giorni on line, è consultabile da tutti coloro che vogliono accendere
i riflettori sull’Africa.
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E’
MORTO OGGI A MACAO, IN CINA, IL PADRE GESUITA EUGENIO MATIS,
GIA’
DIRETTORE TECNICO DELLA RADIO VATICANA. AVEVA 80 ANNI
E’ morto oggi a Macao, in Cina, in seguito ad una forte
emorragia cerebrale, il padre gesuita Eugenio Matis,
già direttore tecnico della Radio Vaticana. Aveva 80 anni. Padre Matis, nato a
Ferrara il 21 febbraio 1926, era entrato nella Compagnia di Gesù a 21 anni ed
era stato ordinato sacerdote a 33 anni.
Dopo aver compiuto gli studi di Filosofia e Teologia alla Pontificia
Università Gregoriana si era anche laureato in Matematica e Fisica presso l’Università
di Roma e nel 1966 aveva conseguito il Master of Science
in Mechanical Engineering
presso l’University of Santa Clara, in California. Negli anni ‘60 è a Taiwan dove perfeziona la
conoscenza della lingua cinese. Tra il 1966 e il 1973 è docente di Ingegneria
alla Tsing Hua University
di Taiwan; dal 1973 al 1978 è superiore e direttore della St.
Aloysius Technical School di Taiwan. Dal 1984 è di nuovo a Roma come
vice-direttore tecnico della Radio Vaticana: l’anno seguente diventa direttore
tecnico, incarico che ricoprirà fino al 2000, quando riparte per Taiwan come
superiore della Casa di Esercizi Spirituali. Per un ricordo di padre Matis, Sergio Centofanti ha
sentito padre Pasquale Borgomeo, per tanti anni
direttore generale della nostra emittente:
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R. – Io l’ho avuto come
superiore della comunità di San Pietro Canisio e
anche come direttore tecnico della Radio Vaticana per vari anni. Lo ricordo
come una persona molto lineare, limpida, trasparente, generosa; una persona
leale con un grandissimo senso della giustizia. Aveva una spiritualità molto
solida, molto profonda, senza fronzoli. Una grande austerità di vita e, nello
stesso tempo, una predisposizione al sorriso. Io me lo ricordo sempre
sorridente. Poi, devo ricordare la sua nostalgia della Cina.
Me lo ricordo quando conversava con padre Quercetti (direttore dei Programmi della Radio Vaticana),
che è morto nel ’91: parlavano in cinese tutti e due, non solo per esercizio
ma, in un certo senso, per partecipare, per condividere, la stessa nostalgia
della Cina. E in Cina è ritornato dopo il suo servizio alla Radio Vaticana. E’
morto in età avanzata, però io continuo a ricordarlo nella sua semplicità di
fanciullo, con quello sguardo sempre giovane, fresco e accogliente.
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17 dicembre 2006
“VESCOVI, SEGNO DI VERITÀ E PERDONO”: COSÌ, IL SEGRETARIO DI STATO,
CARDINALE TARCISIO BERTONE, CHE
IERI NELLA BASILICA VATICANA HA PRESIEDUTO
LA MESSA PER L’ORDINAZIONE
EPISCOPALE DI DON RAFFAELE FARINA,
PADRE GIANFRANCO GIROTTI E MONS. ANTONI STANKIEWICZ
CITTA’ DEL VATICANO. = Verità e perdono:
questi, i temi di fondo dell’omelia del segretario di Stato, cardinale Tarcisio
Bertone, che ieri nella Basilica Vaticana ha
presieduto la Messa per la consacrazione episcopale di don Raffaele Farina, salesiano,
prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, padre Gianfranco Girotti, francescano conventuale, reggente della Penitenzieria Apostolica, e mons. Antoni
Stankiewicz, decano dei prelati uditori presso il
Tribunale della Rota Romana. Il porporato ha inserito l’ordinazione nel “clima
di gioia” che caratterizza la liturgia della terza domenica d’Avvento, per ricordare
“che il Signore è vicino”. “La gioia cristiana”, ha spiegato, “scaturisce dalla
certezza dell’amore di Dio” e “non è quel rumoroso e superficiale sentimento
che si confonde con i momentanei piaceri della vita”. Parlando poi di don Farina,
il cardinale Bertone ha sottolineato “l’intensa
attività di ricercatore”, come prefetto della Biblioteca Apostolica, ma anche come
docente e rettore dell’Università Salesiana, “sulla frontiera del dialogo tra
fede e cultura” e “per sostenere il pensiero forte ispirato dalla Rivelazione”.
Di padre Girotti, già capoufficio e sottosegretario
alla Congregazione per la Dottrina della Fede, ha messo in luce l’impegno come
reggente della Penitenzieria Apostolica, in un nodo
vitale della Curia Romana, che ha il compito di “manifestare la paternità e la
misericordia del Signore”, imponendo sanzioni quando occorre, ma anche dispense
e perdono. Un ruolo importante di fronte a una società, ha precisato, “così
pronta a giudicare le colpe e stigmatizzarle, ma non così facile a perdonare”.
Infine, di mons. Stankiewicz ha evidenziato il
delicato compito, alla Rota Romana, di tutelare il Sacramento del matrimonio,
oggi minacciato, unendo a esso il rispetto delle
persone, per far brillare quella “verità” sul Sacramento stesso, “rivelata dal
Signore e insegnata dalla Chiesa”. Sul ministero del vescovo nella Chiesa, poi,
il porporato ha invitato i presuli, con S. Agostino, a essere “fermento di
comunità”. “Il male da evitare – ha concluso – è cercare i propri interessi
invece di quelli di Cristo”. Ci si riesce “stando uniti al Divin
Maestro” e, dunque, “senza temere incomprensioni”.
ENNESIMA TRAGEDIA DEL MARE AL
LARGO DELLE COSTE DEL MAROCCO.
DISPERSI OLTRE CENTO SENEGALESI CHE TENTAVANO DI
RAGGIUNGERE LE CANARIE
A BORDO DI UNA PICCOLA IMBARCAZIONE
DAKAR. = Ancora un viaggio della speranza finito in tragedia.
Più di cento senegalesi che tentavano di raggiungere clandestinamente le isole
Canarie a bordo di una piccola imbarcazione sono scomparsi in mare, al largo
del Marocco. Solo 25 delle 127 persone che si erano imbarcate il 3 dicembre in una località della Casamance, sono state
salvate ieri sera da alcuni pescatori. I superstiti, duramente provati da 12
giorni trascorsi in mare, hanno raccontato che tutti gli altri erano stati
ingoiati dalle onde. Ai medici dell’ospedale della città di Saint Louis, nel nord del Senegal, dove sono stati trasportati,
hanno riferito di essere stati investiti da una tempesta. Prima di partire si
erano ben organizzati, dotandosi di un navigatore satellitare GPS, viveri e
acqua potabile, ma anziché raggiungere in breve tempo le Canarie, come
speravano, sono stati ostacolati dalle condizioni del mare, rimanendo senza
viveri né acqua. “Siamo stati costretti a bere acqua di mare”, hanno raccontato
dei supersiti, che hanno anche parlato di diverbi scoppiati a bordo e di persone
“cadute in mare”, o “gettate in acqua”. Si calcola che nell’ultimo anno siano
stati circa 25 mila i clandestini provenienti da Senegal, Gambia, Guinea Bissau, Capo Verde, Mauritania e Marocco sbarcati sulle
coste delle Canarie. Nello stesso periodo, circa 5 mila senegalesi sono stati
rimpatriati. (R.M.)
SODDISFAZIONE
DEI VESCOVI DELL’AFRICA ORIENTALE (AMECEA) PER LA SECONDA
CONFERENZA INTERNAZIONALE SUI GRANDI LAGHI, CONCLUSASI VENERDI’ A NAIROBI,
IN KENYA, CON
UN ACCORDO PER LA SICUREZZA,
LA STABILITÀ E LO SVILUPPO NELLA REGIONE
NAIROBI. = Ora “si può iniziare a guarire le
ferite delle guerre e a guardare al futuro”: con queste parole, l’Associazione dei membri delle
Conferenze episcopali dell’Africa Orientale (AMECEA) esprime soddisfazione, in
una nota, per la
seconda Conferenza internazionale sui Grandi Laghi, conclusasi venerdì a Nairobi, in Kenya, con
la firma di un accordo per promuovere la sicurezza, la stabilità e lo sviluppo
nella regione. Come riferisce l’agenzia Fides, l’intesa prevede la rinuncia da
parte dei contraenti a interferire nelle vicende dei propri vicini; la lotta
allo sfruttamento illegale delle risorse della regione; e il disarmo delle
formazioni irregolari ancora presenti nell’area. È prevista infine la creazione
di un fondo speciale per promuovere lo sviluppo dei Paesi contraenti. “A causa
della violenza che ha prodotto la perdita di vite umane – si legge nella nota –
diverse popolazioni sono state lasciate divise e senza speranza. Quindi –
prosegue – l’iniziativa dei nostri capi di Stato e di governo offre la
possibilità di iniziare il processo di guarigione, che la Chiesa appoggia in
pieno, impegnandosi a guidare le nostre genti al perdono e alla riconciliazione,
nell’interesse della pacifica coesistenza, attuale e futura”. I vescovi
chiedono ai leader della regione di “assicurare un’equa distribuzione delle
risorse e prevedere e prevenire le situazioni negative future”. (R.M.)
GRANDE PARTECIPAZIONE, STAMANI A MANILA, ALLA MANIFESTAZIONE
PROMOSSA DAI VESCOVI FILIPPINI IN DIFESA DELLA COSTITUZIONE DEL PAESE
MANILA. = Circa 150
mila persone hanno partecipato stamani a Manila alla grande manifestazione
promossa dalla Conferenza dei vescovi cattolici delle Filippine (CBCP) per esprimere
il loro dissenso rispetto ai tentativi del governo di modificare la Costituzione
del Paese. L’incontro è stato presieduto dall’arcivescovo della capitale, mons.
Gaudencio B. Rosales, che
ha precisato che la Chiesa non si oppone ad un cambiamento costituzionale,
purché esso avvenga nel rispetto della legge e dopo le elezioni legislative del
prossimo maggio. La manifestazione era stata decisa lo scorso 6 dicembre,
mentre la Camera Bassa del Parlamento discuteva della convocazione di
un’Assemblea Costituente per modificare la Magna Charta
del 1987, misura che è stata approvata il giorno seguente. In seguito, però, a
causa delle accese polemiche, il presidente del Congresso dei deputati delle
Filippine, José de Venecia,
ha annunciato il ritiro della risoluzione. Tuttavia, la manifestazione non è
stata cancellata. L’opposizione accusa la presidente filippina, Gloria Macapagal Arroyo, al centro di
uno scandalo per brogli durante le elezioni del maggio 2004, di voler modificare
la Costituzione per prolungare il suo mandato. (R.M.)
RACCOLTI
RECORD IN NIGER, CHE LO SCORSO ANNO ERA STATO COLPITO
DA UNA GRAVISSIMA CRISI ALIMENTARE A CAUSA DELLA SICCITÀ E DELLE LOCUSTE
NIAMEY. = Buone
notizie sul fronte agricolo in Africa. Il Niger, che lo scorso anno era stato
colpito da una gravissima crisi alimentare, ha registrato nel 2006 un raccolto
record che ha permesso di ottenere un’eccedenza agricola di 457.237 tonnellate.
Secondo le autorità locali, l’eccellente risultato è attribuibile alle abbondanti
piogge e alla scarsa incidenza dei parassiti, come le locuste. Come riferisce
l’agenzia Fides, nel 2005, a fronte di un’eccedenza agricola di 21 mila tonnellate
di cereali, circa 2 milioni di persone si trovarono ad affrontare una gravissima
penuria alimentare a causa della siccità e delle locuste che avevano colpito
diverse zone del Paese, alcune delle quali scarsamente collegate e
difficilmente raggiungibili. Per soccorrere le popolazioni in difficoltà, il
governo, le istituzioni umanitarie internazionali e le ONG avevano organizzato
la distribuzione di aiuti alimentari sufficienti a sfamare almeno 3 milioni d
persone. (R.M.)
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17 dicembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iran, i primi risultati parziali delle elezioni di
venerdì scorso per i consigli comunali e per l’Assemblea degli
esperti danno in
vantaggio i moderati rispetto agli ultraconservatori. L’esito del voto appare
ancora incerto e i moderati hanno protestato per la lentezza dello scrutinio.
Il presidente Ahmadinejad ha subito respinto le
critiche dei candidati riformisti e ha commentato i dati sull’affluenza: “per noi – ha detto Ahmadinejad -
la partecipazione alle urne di oltre 28 milioni di elettori, pari al 60 per
cento, dimostra la solidarietà nazionale
ed è il miglior carburante per i nostri programmi futuri”. In Iran, intanto, il
quotidiano “Etemad Melli” ha riferito che almeno 34
persone sono rimaste ferite venerdì nel sud ovest del Paese in seguito a
scontri tra sostenitori di candidati moderati e ultraconservatori.
Il giudice spagnolo Garzon ha deciso la liberazione di 4 delle 11 persone
fermate a Ceuta perchè sospettate di
essere vicine ad Al Qaeda. Gli
altre sette restano in carcere per essere sottoposti a nuovi interrogatori.
Il ministero dell’Interno spagnolo aveva definito gli undici arrestati membri
di una ‘cellula salafista’.
Caso ‘Litvinenko’:
la vedova dell’ex agente russo, morto a Londra lo scorso 23 novembre per
avvelenamento, è tornata a puntare il dito contro il Cremlino: in un’intervista
rilasciata al ‘New
York Times’,
la signora Litvinenko riferisce che il marito temeva
per l’incolumità degli esuli russi dopo l’approvazione questa estate, da parte
del Parlamento russo, della legge che autorizza interventi oltre confine in
nome della sicurezza nazionale. Intanto le indagini, in corso a Londra, Amburgo
e Mosca, non hanno ancora portato, almeno stando agli elementi finora
pubblicati, ad elementi certi su motivazioni, metodi e possibili identikit
dell’assassino.
Seggi aperti a Cipro per le elezioni amministrative nella
parte meridionale dell’isola, quella greco - cipriota. Alla consultazione
possono partecipare, per la prima volta, anche i cittadini
europei non greco-ciprioti, ma residenti. Sono
mezzo milione le persone chiamate alle urne per eleggere 34 sindaci e centinaia
di consiglieri comunali. I cittadini europei iscritti alle liste elettorali
sono 3.728, metà dei quali britannici. Il voto è un test, secondo diversi
osservatori, per le elezioni presidenziali previste per il 2008.
Diversi feriti, uno dei quali in gravi condizioni, e più
di 300 persone arrestate. E’ il pesante bilancio di violenti scontri tra
polizia e giovani divampati ieri in un quartiere periferico di Copenaghen, in
Danimarca. A scatenare la guerriglia urbana è stata la decisione dell’imminente
chiusura di una Casa dei giovani, un edificio occupato da quasi 25 anni. I
poliziotti, dispiegati in gran numero, hanno cercato di disperdere la
manifestazione non autorizzata con manganelli e gas lacrimogeni. Dopo l’assalto
delle forze dell'ordine i manifestanti, appartenenti a gruppi di sinistra, si
sono diretti verso il centro dove hanno infranto molte vetrine di negozi.
In Nigeria è stato scelto il candidato del
Partito democratico del popolo, attualmente al potere, per le prossime elezioni
presidenziali. Si tratta di Umaru Yar'dua,
55 anni, governatore dello Stato di Katsina,
candidato quindi alla successione di Olusegun Obasanjo, cui la Costituzione non permette di correre per
un terzo mandato. Il Partito democratico del popolo ha vinto le elezioni generali
del 1999, quando i militari hanno ceduto il potere ai civili dopo quasi tre decenni.
Tragedia in Pakistan: un
incendio è divampato durante una festa di nozze, provocando la morte di oltre
20 persone, tra cui la sposa. Un corto circuito sarebbe all’origine del rogo.
Tra le vittime ci sono anche molte donne e bambini. Diverse persone sono state
travolte dalla calca della gente in fuga dalle fiamme. Tra i feriti, molti sono
in gravi condizioni.
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