RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 348 - Testo della trasmissione di giovedì 14 dicembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Intervista col vescovo
di Locri-Gerace mons. Bregantini ricevuto dal Papa per la visita ad Limina
OGGI IN PRIMO PIANO:
Dono di
Benedetto XVI per un nuovo Centro pastorale a Nazareth
CHIESA E SOCIETA’:
La
Chiesa celebra oggi la memoria di San Giovanni della Croce
Bielorussia: preoccupa il
rifiuto del visto a 12 sacerdoti e religiose polacche
L’Assemblea plenaria dei vescovi
australiani
La Chiesa indiana invita ad un
impegno più forte per tutelare la donna
Il vice presidente iracheno, Mehdi, scampato a un
agguato a Baghdad
14 dicembre 2006
STORICO INCONTRO OGGI IN VATICANO TRA
BENEDETTO XVI E L’ARCIVESCOVO
DI
ATENE E DI TUTTA LA GRECIA CHRISTODOULOS
-
Intervista con il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo -
Storico incontro, stamane in Vaticano, tra Benedetto XVI e
l’arcivescovo ortodosso di Atene e di tutta
**********
Con “gioia profonda” Benedetto XVI ha accolto a Roma,
primo Papa nella storia, l’arcivescovo di Atene e di tutta
“Aujourd’hui,
nos relations reprennent lentement …”
“Oggi le nostre relazioni riprendono lentamente, ma in
profondità con una sollecitudine per l’autenticità”, ha detto il Papa,
ricordando “la memorabile visita” di Giovanni Paolo II ad Atene, nel suo
pellegrinaggio sulle orme di San Paolo nel maggio del 2001, segnando “una tappa
fondamentale” per la progressiva collaborazione “culturale e pastorale”.
Benedetto XVI ha quindi richiamato con vigore “cattolici e
ortodossi” “ad offrire il loro contributo culturale e soprattutto spirituale”
per difendere le radici cristiane dell’Europa:
“Ils ont en effet le devoir de défendre les racines chrétiennes …”
Radici che hanno forgiato l’Europa nel corso dei secoli
permettendo alla tradizione cristiana di operare in difesa della persona umana,
del rispetto delle minoranze, evitando un’omologazione culturale che rischierebbe
di portare alla perdita di immense ricchezze della civiltà. L’Europa “non può
essere una realtà esclusivamente economica”, ha ammonito il Papa. I cristiani
in ogni Paese dell’Unione Europea devono insieme “affrontare i nuovi pericoli”:
“ovvero la secolarizzazione crescente, il relativismo e il nichilismo, che
aprono la strada a comportamenti e persino a leggi che minacciano la dignità
inalienabile delle persone e che mettono in discussione istituzioni
fondamentali come il matrimonio”.
Fortemente preoccupato anche l’arcivescovo Christodoulos
da “tutto ciò che minaccia i valori e le strutture della civilizzazione europea
profondamente impregnata dalla fede cristiana”:
“Le
courant prônant la déchristianisation progressive de l’Europe, …”
In particolare - ha detto - “la corrente che propugna la
progressiva scristianizzazione del Continente europeo, e mira all’esclusione
della Chiesa dalla vita pubblica e la sua marginalizzazione sociale”.
Dopo i due discorsi il momento emozionante che ha visto
Benedetto XVI e l’arcivescovo Christodoulos apporre le loro firme su una
Dichiarazione comune che impegna “a superare nell’amore” “le tante difficoltà e
le esperienze dolorose del passato”, consapevoli del “compito comune” di
percorrere insieme il cammino arduo del dialogo nella verità in vista di
ristabilire la piena comunione dei cristiani. Da qui la necessità sottoscritta
di “perseverare nel cammino di un dialogo teologico costruttivo” e la
responsabilità pure “di rafforzare il dialogo interreligioso”. Nei 12 punti
della Dichiarazione anche le urgenze per rispondere alle sfide dei tempi:
anzitutto le sfide etiche poste dal progresso delle scienze, occorre rispettare
il carattere sacro della persona umana e la sua integrità in tutte le tappe
dell’esistenza, dal concepimento alla morte naturale. Quindi il richiamo ad una
maggiore tutela dei diritti fondamentali in Europa e nel mondo e agli obblighi
di solidarietà verso i più poveri e ad affermare la pace.
Benedetto XVI e l’arcivescovo Christodoulos esprimono infine
il desiderio di collaborare per lo sviluppo delle società, a servizio dell’uomo
e dei popoli, offrendo testimonianza di fede e di speranza.
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L’arcivescovo Christodoulos ha posto stamani una lampada
votiva sulla Tomba di Giovanni Paolo II nelle Grotte Vaticane, soffermandosi in
preghiera anche su quella di Paolo VI e quella di Giovanni XXIII, situata nella
basilica Vaticana. Nel pomeriggio, parteciperà ad una solenne celebrazione
nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per la consegna alla Chiesa di Grecia
di due anelli della preziosa Catena della prigionia di San Paolo, lì
conservata. Il dono che era stato preparato per volontà di Giovanni Paolo II,
per la visita a Roma, poi non effettuata, dell’arcivescovo Christodoulos. Luca
Collodi ha chiesto al cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete
della Basilica di San Paolo fuori le Mura, quale sia il significato di questo
dono:
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R. – Il significato è evidentemente quello di una
fraternità fra cristiani, in una prospettiva ecumenica. Anni fa l’arcivescovo
di Atene aveva chiesto al Papa di poter avere una reliquia di San Paolo. La
diocesi ortodossa di Atene si ritiene, secondo gli Atti degli Apostoli, fondata
da San Paolo. Quindi, avevano il desiderio di avere qualcosa di appartenuto a
San Paolo. Il sarcofago di San Paolo tenuto qui da 20 secoli non è mai stato
aperto. Quindi, le reliquie del corpo non si potevano dare e il Papa ha pensato
di fare dono alla Chiesa ortodossa di Atene di due anelli della Catena, che la
tradizione ha sempre detto essere quella che aveva incatenato San Paolo.
L’abate ha tagliato questi due anelli e sono stati messi in una teca speciale.
Allora il Papa ha pensato di fare questa consegna ufficiale e mi ha incaricato
di consegnare all’arcivescovo Christodoulos questa teca particolare con questi
due anelli.
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PACE E
GIUSTIZIA PER IL MONDO INTERO: L’HA INVOCATA IL PAPA RICEVENDO OGGI
SEI
NUOVI AMBASCIATORI PRESSO
Un nuovo appello di pace alla fine di un anno insanguinato
da tante guerre. Lo ha lanciato il Papa ricevendo oggi i nuovi ambasciatori di
Siria, Danimarca, Kirghizistan, Mozambico, Uganda e Lesotho, per la
presentazione delle Lettere Credenziali. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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Il Papa invoca pace e giustizia per il mondo intero. Anche
quest’anno – sottolinea - “numerosi conflitti” hanno sconvolto i vari
continenti mentre “i focolai di tensione … non cessano di svilupparsi a
detrimento delle popolazioni locali causando un gran numero di vittime
innocenti”. E’ una situazione – afferma Benedetto XVI – “che rischia di mettere
in pericolo la sopravvivenza di alcune popolazioni e fa pesare sui più poveri
il fardello della sofferenza e della mancanza dei beni più essenziali”. Il Papa
invita i responsabili delle nazioni a “mettersi sempre più in ascolto dei loro
popoli”, a porre al centro della loro azione il servizio al bene comune,
seguendo politiche di solidarietà, di equa distribuzione delle ricchezze e di
lotta alla corruzione. Le ingiustizie – infatti – causano conflitti e violenze.
Il Pontefice esorta i responsabili alla “indispensabile virtù” del “coraggio”
per “non lasciarsi guidare da ideologie faziose, né da gruppi di pressione, e
nemmeno dal desiderio di potere”.
Rivolgendosi in particolare all’ambasciatore siriano,
Makram Obeid, ha ricordato i suoi ripetuti appelli “per una cessazione delle
violenze in Libano, Terra Santa e Iraq” che minacciano “la pace e la stabilità
dell’intero Medio Oriente”. Benedetto
XVI, insieme a tutta la comunità mondiale, guarda “con grande tristezza al
ciclo di morte e distruzione” che coinvolge tanti innocenti, vittime di
assassinii e rapimenti e ribadisce che una soluzione è possibile solo “nel
quadro del diritto internazionale attraverso l’attuazione delle risoluzioni
ONU”. E a questo proposito ha riaffermato che “le varie nazioni mediorientali
dovrebbero essere sostenute nelle loro aspirazioni a vivere in pace entro
confini sicuri internazionalmente riconosciuti”. La guerra – ha quindi aggiunto
– non è un mezzo per risolvere i contrasti internazionali, anzi “conduce a
nuovi e ancora più complessi conflitti”, come appunto insegnano il Medio
Oriente e “la piaga del terrorismo” che ha fatto crescere “la paura e
l’insicurezza” in molte regioni del mondo.
Il Papa esorta anche al dialogo interreligioso, in
particolare tra musulmani e cristiani, dialogo che in Siria è molto sviluppato.
Benedetto XVI ha espresso quindi il suo apprezzamento per il riconoscimento
dello stato giuridico delle Chiese cattoliche presenti in Siria, “in accordo
con le norme del diritto canonico”, e ha auspicato che la questione delle
proprietà della Chiesa assorbite dallo Stato possa essere discussa “con
apertura, onestà e reciproco rispetto”.
L’impegno a promuovere la pace nel mondo è ritornato nel
discorso al nuovo ambasciatore danese, Lars Møller: il Papa ha lodato il
contributo della Danimarca alla diffusione della giustizia e della
riconciliazione nei vari continenti. Nello stesso tempo ha auspicato che la
società danese possa costruire il proprio futuro a partire dalle proprie radici
cristiane. “Una sana democrazia – ha sottolineato il Pontefice – richiede una
solida base etica e il rispetto per la struttura morale della libertà”: e a
questo proposito ha ribadito “il ruolo fondamentale e la missione della
famiglia fondata sul matrimonio, l’educazione dei figli, il rispetto per il
dono di Dio della vita dal concepimento fino alla morte naturale e alla cura
responsabile dell’ambiente”.
All’ambasciatore del Kirghizistan, Maratbek Bakiev, il
Papa ha quindi rivolto il proprio apprezzamento per i passi compiuti in questo
Paese “verso la protezione dei diritti fondamentali dei cittadini e la
promozione dei metodi democratici” e ha auspicato che “questo processo non si
fermi ma sia piuttosto rafforzato”. “Il popolo del Kirghizistan – ha
sottolineato il Pontefice – conosce bene l’importanza della libertà religiosa e
comprende che se la dimensione spirituale della persona è repressa o perfino
negata, l’anima di una nazione è schiacciata”. Infine il Papa ha ricordato che
la piccolissima minoranza cattolica in questo Paese a maggioranza musulmana
testimonia la sua fede operando in modo concreto a favore dei più poveri.
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La presenza di tre nuovi ambasciatori di Stati africani ha
permesso a Benedetto XVI di soffermarsi su alcune delle emergenze del
continente – povertà, mancanza di istruzione, dilagare dell’AIDS - ma anche sul
cammino intrapreso da queste nazioni per gettare le basi per un futuro
migliore. Sentiamo Alessandro De Carolis.
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Uganda, Lesotho, Mozambico: tre Paesi per due distinte
aree geografiche - dalla regione centrale dei Grandi Laghi al sud dell’Africa -
ma anche un quadro di drammi e di speranze condivise, di fronte ai quali le
singole Chiese locali combattono e si spendono con grande impegno. L’Uganda,
che la cronaca politica delle ultime settimane ricorda impegnata nei negoziati
per sedare il conflitto interno, è una nazione che, secondo Benedetto XVI, può
progredire “verso uno sviluppo integrale autentico restando fedele alle proprie
radici” e tuttavia sforzandosi di creare “una miscela equilibrata tra vecchio e
nuovo”, fra i valori del rispetto alla famiglia, della ricerca del progresso
materiale e dell’arricchimento culturale, insieme alla tutela delle libertà
individuali e alla solidarietà interna. Tra i fattori positivi per un avvenire
di maggior sicurezza dell’area – basato “sul dialogo e sulla cooperazione”-
Benedetto XVI ha fatto esplicito riferimento al secondo summit della Conferenza
internazionale sulla regione dei Grandi laghi, oggi al via. “Auspico - ha
aggiunto il Papa rivolgendosi alla principessa, Elizabeth Bagaya, neo rappresentante
diplomatica ugandese - che le autorità facciano tutto ciò che è in loro potere
per accertarsi che la Chiesa rimanga un partner importante”, attribuendo ad
essa quelle “garanzie giuridiche che ne riconoscono la libertà per svolgere la
missione divina che le è affidata”. Questo, anche in considerazione dei “molti
benefici” che la collaborazione fra Chiesa e istituzioni nazionali ha fin qui
portato all’Uganda in settori delicati come la formazione culturale e umana e
la lotta contro l’AIDS.
Analoga attenzione a questa piaga Benedetto XVI ha
garantito da parte della Chiesa del Lesotho, piccolo regno incastonato
all’interno del Sudafrica, che ha da poco celebrato i 40 anni di indipendenza.
Il Papa ha riconosciuto la “gravità delle sfide poste dalla povertà e dalla
scarsità di cibo”, oltre che dalla larga diffusione del virus dell’HIV che - ha
detto rivolgendosi al 54.enne ambasciatore, Makase Nyaphisi - ha “causato indicibili
sofferenze alla gente del vostro Paese”. “La Santa Sede – ha ricordato
Benedetto XVI - è impegnata a sostenere gli sforzi della comunità
internazionale nel realizzare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, e tutte
le iniziative hanno puntato in modo simile su una distribuzione più giusta
delle risorse e delle occasioni per lo sviluppo economico”. Il Pontefice ha
però richiamato alla “responsabilità, all’onestà e all’impegno” da parte dei
governanti affinché gli aiuti internazionali, siano effettivamente usati “per
avvantaggiare quelli che ne hanno più bisogno”.
Se la piaga dell’AIDS richiama, come mezzo di tutela, al
valore della fedeltà nel matrimonio e alla continenza, la famiglia in senso
ampio va comunque difesa dalle nuove tendenze che, ha stigmatizzato il Papa,
“mirano a svuotare il matrimonio del suo contenuto” anche in un continente che
lo ha sempre posto a base della propria cultura. E’ questo un richiamo contenuto
nel discorso rivolto da Benedetto XVI a Carlos Dos Santos, il 45.enne nuovo
ambasciatore del Mozambico presso la Santa Sede. Questo Stato, ha notato il
Papa, è teatro da qualche tempo di una forte crescita economica, accompagnata
da stabilità politica e da una riduzione della povertà, frutto della pace seguita
alle devastazioni della guerra civile. Per consolidare questo stato di cose
vanno combattute la corruzione e la discriminazione. Altrimenti, senza un
governo “responsabile e trasparente”, “un sistema giuridico imparziale” e una
“stampa realmente indipendente”, ha concluso il Papa, tale speranza di
progresso “resta illusoria”.
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LA REALTA’ DELLA CALABRIA AL CENTRO DELLE VISITE
AD LIMINA DI QUESTO PERIODO: IL COMMENTO DI MONS. GIANCARLO BREGANTINI
- A
cura di Fabio Colagrande -
L’intensa mattinata di udienze di Benedetto XVI ha visto
anche l’incontro tra il Pontefice e mons. Giancarlo Maria Bregantini, vescovo
di Locri-Gerace, nell’ambito della visita ad
Limina dei presuli della Calabria. Fabio Colagrande lo ha sentito e gli ha
domandato con quali sentimenti stia
vivendo questo momento di confronto fra la realtà della Chiesa locale e il
Soglio di Pietro:
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R. - C’è la gioia di incontrarsi tra di noi e di porre
alla Santa Sede domande che nascono dal vissuto pastorale, in un confronto
leale, schietto, tra le realtà periferiche e la realtà centrale. Loro stessi
sentono, tra le nostre domande, l’accentuazione di alcuni problemi e quindi è
una dimensione che lega i grandi problemi del mondo con i problemi locali e
viceversa. Tutti impariamo reciprocamente, anzi: la cosa più bella è sentirci
sostenuti di fronte ai problemi comuni, come può essere la malavita, la realtà
delle situazioni sociali, la realtà dei preti, i drammi quotidiani di ogni
ragazzo. Ecco, si sente il cuore di una Chiesa che dice: “Vi siamo vicini”.
D. - In questo momento, quali sono, secondo lei, le
urgenze? Quali sono le sfide più difficili che lei come vescovo, ma tutta la
Chiesa della Locride deve affrontare?
R. - In Calabria, viviamo un momento delicatissimo per una
situazione politica complessa e a tratti contraddittoria, per cui la prima cosa
è che la nostra parola di vescovi sia sostenuta l’uno dall’altro, sia
intrecciata di comune speranza. Proprio perché la realtà politico-sociale è
frammentata, occorre che la Chiesa sia più intensa. E la prima preoccupazione
che abbiamo è proprio questa, soprattutto il fatto che a causa delle
frammentazioni non si riesce a raccogliere il grido di dolore che nasce dai
giovani. E la seconda è il fatto che tante promesse, pur nella buona volontà di
molti - del governo centrale, delle realtà amministrative e dei sindaci - è
sempre più difficile mantenerle. E’ complessa la vita di oggi, non basta più
dire “faremo”, perché poi nascono mille coincidenze, talvolta complicazioni,
difficoltà reali, per cui si spera sempre di meno e questo produce un sognare
di meno, e sognare di meno significa anche rassegnarsi di più. Per cui bisogna
riuscire ad affrontare la speranza con due modalità che appaiono sempre più
chiare: una, tempi più lunghi, quindi pazienti, e l’altro, modalità più
intelligenti, strategiche. Ciò non significa non sperare, ma significa sperare
con tempi e ritmi e modi adatti a questi nostri tempi.
D. - Rispetto a problemi sociali come quelli legati ai
giovani – e dunque, la mancanza di lavoro e anche di strutture educative
appropriate - quale dev’essere il ruolo della Chiesa? A volte si ha la
sensazione di una Chiesa che si sostituisce alle istituzioni, fa un lavoro
suppletivo...
R. - Talvolta lo fa. Però, in genere, oggi, si tende ad
essere spinta ma non sostituzione: spinta, sì, bisogna essere profezia. La
Chiesa ha sempre avuto, nella storia, un passo più avanti, ma non può fare ciò
che devono fare gli altri. Deve spingere e insieme accompagnare, ridare
speranza dall’interno, coscientizzare, per cui è importantissimo puntare sui
valori positivi, vincere il male con il bene. Contemporaneamente, però, è
necessario dare dei segni: talvolta è necessario non sostituirsi ma porre dei
segni che siano anticipatori e insieme dicano concretamente che sperare non è
una parola, ma è una storia realizzata.
D. – Nell’ottica di questa rinascita della speranza, una
parola forte, profetica, fu quella offerta dal cardinale Pappalardo, morto
domenica scorsa, durante i funerali del generale Dalla Chiesa e della moglie,
quando si rivolse, con una citazione latina, anche al mondo politico. Cosa
pensa di quelle parole forti del cardinale Pappalardo?
R. - Per noi è sempre stata, la sua parola, la sua azione,
il suo stile, carico di due grandi doni: il primo è il dono della chiarezza, il
secondo della vicinanza alla gente. E’ sempre stato un profeta che ha parlato
con cuore cordiale, una persona che ha stimolato, che ha spinto. Credo che sia
un esempio per tutti sul cosa voglia dire essere Chiesa oggi, nel Sud. Ebbene,
credo che da lui abbiamo tantissime cose da imparare.
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OGGI
POMERIGGIO, NELLA BASILICA DI SAN PIETRO, IL TRADIZIONALE
INCONTRO
NATALIZIO DEGLI STUDENTI UNIVERSITARI CON BENEDETTO XVI
Saranno circa 10 mila gli universitari che oggi pomeriggio
incontreranno Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro, al termine della
celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale vicario Camillo Ruini. Il
tradizionale incontro natalizio con il Papa conclude la “V Convention europea”
degli studenti universitari, sul tema “ La carità intellettuale, via per una
nuova cooperazione tra Europa e Asia”, cui hanno partecipato, oltre alle
delegazioni europee, anche quelle di Cina, India e Filippine. L’avvenimento
verrà trasmesso in radiocronaca diretta dalla nostra emittente a partire dalle
ore 16.50, con commento in italiano, sull’onda media di 585 kHz e in
modulazione di frequenza di 105.0 MHz.
L’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE, MONS.
MIGLIORE, RIBADITI DIRITTI
E
DIGNITA’ DELLE PERSONE DISABILI, HA SPIEGATO IERI ALL’ONU
PERCHE’
LA SANTA SEDE NON HA FIRMATO LA CONVENZIONE SUI DIRITTI
DELLE PERSONE DISABILI: IL RIFERIMENTO ALLA
“SALUTE SESSUALE E RIPRODUTTIVA” IN MOLTI PAESI SIGNIFICA ABORTO
I diritti, la dignità, il valore delle persone disabili
sono stati ribaditi da mons. Celestino Migliore, Osservatore permanente della
Santa Sede all’ONU, nel suo intervento di ieri alla 61esima sessione
dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Ha spiegato, però, perché la Santa
Sede non ha firmato la Convenzione sui diritti delle persone disabili adottata
ieri dall’Assemblea. Il servizio di Fausta Speranza:
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E’ l’articolo 25 sulla salute, in particolare il
riferimento alla “salute sessuale e riproduttiva”, che impedisce alla Santa
Sede di sottoscrivere una Convenzione di cui condivide, ovviamente, l’obiettivo
di assicurare completa integrazione alle persone disabili nella società. Lo ha
affermato l’arcivescovo Migliore, spiegando che la Santa Sede “si oppone
all’inclusione di questa espressione perché in molti Paesi i servizi per la
salute riproduttiva comprendono l’aborto, negando dunque il diritto alla vita
di ogni essere umano”. “E’ tragico – ha detto mons. Migliore – che mentre un
difetto del feto è una condizione per autorizzare l’aborto, la Convenzione
creata per proteggere le persone con disabilità da ogni discriminazione
nell’esercizio dei loro diritti può essere usata per negare il basilare diritto
alla vita di persone disabili non nate”. L’Osservatore permanente della Santa
Sede presso l’ONU ha chiarito tutto ciò sottolineando di aver pur compreso che
l’articolo 25 viene interpretato da molti semplicemente come punto fermo per
assicurare che la disabilità di una persona non sia usata come fondamento per negare
a quella persona servizi di assistenza sanitaria”. Resta, però, che “nonostante
gli utili articoli che la Convenzione contiene, la Santa Sede non è in grado di
firmarla”.
Ricordiamo che la Convenzione che l’Assemblea generale
dell’ONU ha adottato ieri all’unanimità entrerà in vigore 30 giorni dopo la
ratifica di almeno 20 Stati, un obiettivo che si presume raggiungibile tra il
2008 e il 2009. La Convenzione obbliga i Paesi firmatari ad adottare leggi che
proibiscano la discriminazione per qualsiasi forma di disabilità e ad eliminare
quelle normative che già arrechino loro un danno. I governi dovranno inoltre
combattere stereotipi e pregiudizi e promuovere la piena partecipazione delle
persone disabili alla vita sociale, “riaffermando – si legge nel testo – che
ogni essere umano ha diritto alla vita”.
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“L’AZIONE PER PORRE FINE
AI MASSACRI DEVE PREVALERE
SU ACCORDI POLITICI E INTERESSI COMMERCIALI”:
COSI’ L’ARCIVESCOVO SILVANO M.
TOMASI, ALLA SESSIONE
DEL
‘CONSIGLIO PER I DIRITTI UMANI’ DEDICATA AL DARFUR
- Con noi l’arcivescovo -
In tema
di Darfur, “l’azione per porre fine ai massacri deve prevalere sugli accordi
politici e sugli interessi commerciali”: è quanto ha affermato l’arcivescovo Silvano Tomasi, Osservatore
permanente della Santa Sede presso l’Ufficio ONU di Ginevra, nel suo
intervento, in questi giorni, alla IV Sessione del Consiglio per i Diritti
Umani dedicata alla drammatica situazione nella regione sudanese del Darfur. Mons. Tomasi ha ricordato le terrificanti
violazioni dei diritti umani: uccisioni di bambini, abusi sessuali e
stupri di donne e ragazze, sradicamenti forzati della popolazione, incendi di
villaggi, attacchi ai campi di sfollati, assalti a civili innocenti. E ha sottolineato che “le vittime del Darfur
non sono mere statistiche, ma sono persone reali”. Ma ascoltiamo mons. Tomasi
nell’intervista di Fausta Speranza:
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R. – La priorità deve essere data alle vittime di questa
tragedia, che sono moltissime. Le statistiche dicono che ci sono state più di
200 mila persone uccise e più di 2 milioni sono le persone sradicate dai loro
villaggi e forzate a scappare in un altro territorio. Parliamo quindi di una
tragedia immensa. Spesso si parla dell’aspetto politico, della necessità di
trovare un equilibrio di interessi, di avere una risposta umanitaria adeguata,
dobbiamo invece focalizzare l’attenzione sulle vittime.
D. – Mons. Tomasi, che cosa si può fare, che cosa può fare
in particolare il Consiglio per i diritti umani dell’ONU?
R. – Il Consiglio ha preso una decisione importante - anche
se forse poteva essere più forte - quando ha votato per consenso una
risoluzione che impegna la comunità internazionale ad affrontare questa crisi,
che riconosce come gravissima, a mandare una missione di alto livello per
valutare le violazioni dei diritti umani - la situazione umanitaria sul posto -
fare un rapporto formale allo stesso Consiglio tra un paio di mesi e continuare
a monitorare la situazione, in modo che davanti all’opinione internazionale e
soprattutto nel contesto degli organi ufficiali delle Nazioni Unite, che sono
preposti alla pace e al rispetto dei diritti umani, questa immane tragedia
possa continuamente essere visibile e quindi si possano forzare in qualche modo
le parti coinvolte - milizie, governo, ribelli - a trovare una maniera di
frenare la violenza.
D. – Intanto, c’è la tragedia che si consuma, ma ci sono
anche rischi concreti che si espanda il conflitto nelle aree limitrofe?
R. – Il fatto che centinaia di migliaia di persone del
Darfur siano state costrette a passare le frontiere per il Ciad e per la
Repubblica Centrafricana, creando decine di campi profughi, diventa l’occasione
per dei gruppi ribelli locali per sfruttare la situazione di emergenza per
interessi locali, per interessi propri. La violenza si allarga a macchia d’olio.
Parte dell’urgenza della situazione è appunto quella di bloccare questo
processo di destabilizzazione che rischia di imporsi nella regione. Come
qualcuno ha osservato c’è il rischio di avere un altro Congo, dove interessi
tribali, lotte etniche, interessi economici, interessi commerciali, possibilità
di sfruttamento di petrolio nella regione possono creare una rete di conflitti
che non si può controllare, che non si può immediatamente maneggiare in maniera
ragionevole. Bisogna, quindi, andare al di là degli interessi di tutti e
frenare la violenza, far rispettare i diritti umani e introdurre come metodo di
soluzione di questi problemi presenti a livello locale, in rapporto con il
governo centrale, tramite un dialogo ragionevole, trasparente, sostenuto e
aiutato anche dalla solidarietà, che sia in denaro, in mezzi tecnici, in
assistenza di competenze, della comunità internazionale.
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I 500 ANNI DEI MUSEI VATICANI RIVELANO
L’UNIVERSALITÀ DELLA CHIESA. LO HA DETTO IL CARDINALE TARCISIO BERTONE
SOTTOLINEANDO CHE LA RICCHEZZA DEI MUSEI FA CONOSCERE L’UOMO NELLA DIVERSITÀ
DELLE CULTURE E DELLE RELIGIONI
- Ai
nostri microfoni il porporato -
Cinque
secoli di storia che consentono di meditare sull’uomo nella sua più alta
essenza creativa e spirituale: sono quelli che quest’anno celebrano i Musei
Vaticani. Lo ha sottolineato ieri pomeriggio il cardinale segretario di Stato
Tarcisio Bertone all’apertura a Roma del Convegno internazionale che chiude le
manifestazioni per il quinto centenario dei Musei sul tema: “L’idea del museo:
identità, ruoli, prospettive”. Stamattina a presiedere nell’Aula Nuova del
Sinodo la sezione dedicata alle riflessioni su “storia e società” è stato il
cardinale Jean-Louis Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa.
Il servizio di Tiziana Campisi.
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Il restauro dei dipinti murali del Pinturicchio nella Sala
dei Misteri dell’Appartamento Borgia, l’inaugurazione del Museo cristiano di
Benedetto XIV, la riapertura delle sezioni dedicate alla Cina, al Giappone,
alla Corea, al Tibet e alla Mongolia del Museo missionario etnologico: sono
solo alcuni degli eventi attraverso i quali nel corso dell’anno si è voluto
celebrare il quinto centenario della nascita dei Musei Vaticani. Cinquecento
anni che per il cardinale Tarcisio Bertone aprono una prospettiva privilegiata
che pone l’uomo al centro e che consente di fermarsi a meditare il significato
profondo, di ciò che offre un museo sul piano culturale, etico e antropologico.
“Il futuro di istituzioni alle quali da secoli abbiamo affidato la custodia
dell’eccellenza dell’ingegno umano, la memoria storica e l’identità dei popoli,
l’archivio e la conoscenza nel nostro passato – ha detto il presidente del
Governatorato dello Stato Città del Vaticano mons. Giovanni Lajolo – non
appaiono teorici, ma piuttosto questioni che rivestono un urgente carattere di
attualità e di praticità”. Il cardinale Bertone ha sottolineato che i Musei
Vaticani mostrano anche lo stretto legame intessutosi nel tempo fra Chiesa e
arte e che nella sezione missionaria etnologica fanno conoscere l’uomo nella
diversità delle culture e delle religioni. Un volto, quest’ultimo, che lascia
emergere l’universalità della Chiesa, il suo essere cattolica. Abbiamo chiesto
al cardinale Bertone cosa vogliono ancora offrire in questo senso i Musei Vaticani:
“Si è partiti da un nucleo classico, il Gruppo del
Laocoonte; si è passati, poi, al Museo Cristiano, perché si voleva mettere in
rilievo la documentazione straordinaria delle radici cristiane, non solo della
nuova Roma ma dell’Europa e anche del mondo; e poi, si è passati al Museo
Etnologico-Missionario, cioè si è aperti alle culture, alle religioni, alle
tradizioni di tutti i popoli: in questo senso la Chiesa si rivela veramente
universale, in quanto vuole dialogare con tutte le culture, con tutte le
tradizioni e portare il suo contributo e ricevere, come dice il Concilio: è un
dare e ricevere”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La visita a Benedetto XVI di
S.B. Christodoulos, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia.
Nel discorso ad alcuni Ambasciatori accreditati
presso la Santa Sede, il Papa ha sottolineato che nella vita pubblica il
coraggio è una virtù indispensabile per non lasciarsi guidare da ideologie di
parte o dal desiderio di potere".
Nel Messaggio per la XV Giornata mondiale del
malato il Santo Padre ricorda che la Chiesa è sempre accanto ai sofferenti e ai
morenti, preservando la loro dignità.
Servizio estero - Per la rubrica dell'
"Atlante geopolitico" un articolo di Giuseppe M. Petrone dal titolo
" Nucleare: negoziati a sei per il disarmo nordcoreano".
Servizio culturale - Un articolo di Angelo Marchesi
dal titolo "Filosofi a confronto sul tema: 'Verità e responsabilità'
"; una raccolta di saggi in onore di Aniceto Molinaro.
Servizio italiano - In rilievo il tema della
finanziaria.
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14 dicembre 2006
“LA VISITA IN TERRA SANTA E’ NEL CUORE DEL PAPA MA E’ POSSIBILE SOLO
IN
CONDIZIONI DI PACE”. LO AFFERMA IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO
BERTONE
DOPO L’INCONTRO DI IERI IN VATICANO
TRA
BENEDETTO XVI ED IL PREMIER ISRAELIANO OLMERT
-
Interviste con il cardinale Tarcisio Bertone e padre David Maria Jaeger -
Il tema della pace in Medio
Oriente ha fatto da sfondo al cordiale incontro ieri in Vaticano tra Benedetto
XVI ed il premier israeliano Ehud Olmert. Una visita che lo stesso Olmert ha
definito “commovente e molto toccante nella quale il Papa – ha detto – ha
dimostrato di essere una persona preparata fin nei minimi dettagli in un ampio
ventaglio di temi”. Tra i temi toccati – come riferisce la nota della Sala
Stampa vaticana – le questioni riguardanti la situazione della comunità
cattolica in Israele, anche in relazione alle prossime celebrazioni natalizie.
Connesso alla questione della pace l’invito che Olmert ha rivolto al Papa a
visitare la Terra Santa. “Un evento – ha detto – sulla cui data non c’è al
momento alcuna ipotesi ma a cui il Papa ha dato la sua disponibilità di
principio”. Sul viaggio ma anche sui toni ed i contenuti dell’incontro tra
Olmert e il Papa, ieri sera è intervenuto il cardinale Segretario di Stato
Tarcisio Bertone in margine al convegno sui 500 anni dei Musei Vaticani. La sua
dichiarazione è stata raccolta da Tiziana Campisi:
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L’incontro è stato molto cordiale, direi sostanzioso come
prospettive di impegno, di ragionevolezza per la costruzione di rapporti di
pace in quel terribile scacchiere del Medio Oriente, e quindi con l’impegno
anche di attenzione alle comunità cristiane che, come sappiamo, si trovano in
grande difficoltà e, come ha detto il comunicato, anche l’invito ad una
particolare considerazione per le festività del Natale, quindi per i
lasciapassare verso Betlemme e da Betlemme, perché questo è anche un punto
speciale che nella tradizione della Chiesa in questo anniversario storico della
nascita del Salvatore, la Chiesa vuole ri-meditare e ri-approfondire.
L’incontro è stato molto positivo. Per quanto riguarda il viaggio del Papa in
Terra Santa: è nel cuore del Papa però, come sappiamo, può essere reso
possibile solo in condizioni di pace, in condizioni – almeno – di tregua
stabile e sicura.
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E proprio mentre in Vaticano si
svolgeva l’atteso incontro tra il premier israeliano Olmert e Benedetto XVI, a
Gerusalemme si è riunita ieri, dopo un lungo periodo di stallo,
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R. – Gli argomenti all’ordine del giorno tra la Chiesa e
lo Stato riguardano principalmente la necessaria riconferma delle storiche
esenzioni fiscali della Chiesa che, nella pratica, permettono alla Chiesa cattolica
di svolgere in territorio israeliano la sua opera religiosa e caritativa e poi,
le stesse trattative, dovrebbero anche mettere in salvo la proprietà dei Luoghi
sacri della Chiesa in territorio israeliano, quindi soprattutto ottenere
l’assicurazione che la Chiesa possa sempre difendere le sue proprietà a
carattere sacro davanti ai tribunali giudiziari israeliani, una garanzia che da
80 anni legalmente non esiste.
D. – Quindi, è un po’ sulla natura giuridica di questo
accordo che bisogna trovare un compromesso?
R. – Certamente, qualora fosse concluso il terzo trattato
internazionale tra Santa Sede e Stato d’Israele. Il primo è stato l’Accordo
Fondamentale del 1993, il secondo l’Accordo sul riconoscimento civile degli
Enti canonici, del 1997, entrambi ancora in attesa di essere trasferiti in
legge israeliana.
D. – Qual è la situazione, quindi, per quanto riguarda
invece i cristiani di Terra Santa: sono toccati direttamente da questo Accordo?
R. – I cristiani sono toccati nel senso che sono membri della
Chiesa e che gli accordi riguardano la Chiesa. Direttamente, però, gli accordi
– vista la loro natura istituzionale – riguardano le istituzioni
ecclesiastiche. I cristiani come cittadini devono essere vigili e adoperarsi
per le vie politiche e civiche a tutela dei propri diritti civili e umani.
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DONO
DI BENEDETTO XVI PER UN NUOVO CENTRO PASTORALE A NAZARETH OFFERTO DALLE DIOCESI
TEDESCHE
Per testimoniare la vicinanza spirituale del Santo Padre
alle comunità cristiane in Terra Santa, saranno donati a nome del Papa al
Custode di Terra Santa padre Pierbattista Pizzaballa, un milione di euro
raccolti dai fedeli delle diocesi di Monaco, Regensburg e Passau durante la
visita di Benedetto XVI in Germania lo scorso settembre. Serviranno per la costruzione
di un nuovo Centro pastorale a Nazareth, vicino alla Basilica
dell’Annunciazione. Questo lo scopo del viaggio del presidente del Pontificio
Consiglio Cor Unum mons, Paul Cordes, che da ieri è in Terra Santa dove rimarrà
fino al 19 dicembre. Il servizio di Roberto Piermarini.
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La struttura - collocata in un’area di oltre 30 mila metri
quadrati – prevede ampi spazi per i giovani e per le famiglie, oltre ad
alloggi, sale per incontri e per la catechesi, aule scolastiche ed un campo
sportivo. Secondo il comunicato diffuso oggi da “Cor Unum”, si tratta di un
vero e proprio Centro di vita e di attività per i cristiani ed un punto di
riferimento per i pellegrini. Il Papa, tramite mons. Paul Cordes, invia ai cristiani di
Nazareth, l’augurio di “poter sentire in questo modo, insieme ai cristiani
della Terra Santa, la vicinanza e l’incoraggiamento di tutto il popolo di Dio,
a mantenere la loro presenza nella terra di Gesù ed a costruire la civiltà
dell’amore, anche di fronte a difficoltà e ad avversità”. Nel corso della
visita, mons. Cordes incontrerà i padri benedettini della Dormition Abbey, il
Patriarca latino di Gerusalemme mons. Michel Sabbah ed il nunzio apostolico
mons. Antonio Franco. A Betlemme il presule visiterà il Seminario di Bet-Jala
mentre sabato prossimo avverrà la consegna ufficiale del dono del Papa al
Custode di Terra Santa padre Pizzaballa. Lunedì il presidente di “Cor Unum”
incontrerà l’arcivescovo greco-melkita, mons. Elias Chacour, al quale
consegnerà un dono di 50 mila dollari destinati alla costruzione di una scuola
nel villaggio di Mughar, frutto della colletta recentemente svoltasi in
Vaticano in occasione dell’anteprima del film “Nativity”. La scuola – situata
nei luoghi dove hanno vissuto i genitori di Gesù - ospiterà non solo bambini
cristiani, ma anche drusi e musulmani.
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14 dicembre 2006
LA
CHIESA CELEBRA OGGI LA MEMORIA DI SAN GIOVANNI DELLA CROCE.
LA SUA
ESPERIENZA INSEGNA CHE, ATTRAVERSANDO LE DIFFICOLTÀ DELLA VITA
E
STACCANDOSI DA ESSE, È POSSIBILE GIUNGERE AL SUBLIME INCONTRO CON DIO
ROMA. =
Le difficoltà e le sofferenze vissute gli fecero scoprire il mistero della
croce e gli consentirono di avanzare sulla strada della più alta contemplazione
e della vita mistica. San Giovanni della Croce, figura che la Chiesa ricorda
oggi, insegna che per arrivare al tutto, che è Dio, occorre che l’uomo dia
tutto di sé, non con spirito di schiavitù, ma di amore. Giovanni nasce nel
1542, a Fontiveros presso Avila, da un nobile commerciante di seta e da una
tessitrice di umili origini. A soli due anni perde il padre e la madre, si trasferisce
da un paese all’altro in cerca d’aiuto. Sono anni di angosce e umiliazioni.
Poco più che adolescente Giovanni si guadagna da vivere come inserviente in un
ospedale, ma ama lo studio e la preghiera. È un travagliato periodo di
discernimento: “A che serve – scriverà più tardi – che tu dia al Signore una
cosa quando te ne chiede un’altra? Medita su quello che Dio vuole e compilo”. A
21 anni entra nell’Ordine carmelitano, ma trova una vita religiosa rilassata
che non appaga la sua ardente sete di Dio perché è convinto che “nella vita
spirituale non progredire vuol dire arretrare” e che “chi opera con tiepidezza
è pronto a cadere”. Decisivo l’incontro con Santa Teresa d’Avila che lo
convince ad attuare con lei la riforma dell’Ordine fondando i Carmelitani
Scalzi sulla base di un alto ideale contemplativo e missionario. Inizia, con
pochi amici passando il giorno a pregare, a far penitenza, a predicare e confessare
tra i poveri contadini delle borgate, privi di qualsiasi assistenza religiosa.
È un’opera che suscita gelosie e persecuzioni, tanto che Giovanni viene poi
rapito e imprigionato in un convento dai suoi stessi ex confratelli. Trascorre
9 mesi di prigionia che gli offrono l’opportunità di comporre quelle che
saranno poi definite le sue più importanti poesie mistiche: “La salita al Monte
Carmelo”, “Il Cantico spirituale”, “La fiamma viva d’amore”, la celebre “Notte
oscura”, il viaggio dell’anima dalla propria sede corporea verso l’unione con
Dio e che rappresenta le avversità e gli ostacoli che si incontrano nello
staccarsi dal mondo sensibile per raggiungere la luce dell’unione con il
Creatore. Fuggito dalla prigione il religioso porta a compimento la sua opera
riformatrice. Stremato dalla fatica muore, nella notte fra il 13 e il 14
dicembre, a soli 49 anni baciando il Crocifisso. (T.C.)
BIELORUSSIA: PREOCCUPA IL
RIFIUTO DEL VISTO A 12 SACERDOTI E RELIGIOSE
POLACCHE. MONS. ALEKSANDER KASZKIEWICZ TEME UNA RIPRESA
DELLE RESTRIZIONI ALLA CHIESA
VARSAVIA. = Per il presidente della Conferenza episcopale
bielorussa, mons. Aleksander Kaszkiewicz, vescovo di Grodno, il governo
bielorusso viola la libertà religiosa. Dopo il recente rifiuto delle autorità di
rinnovare il visto a una dozzina di sacerdoti e religiose polacche, il presule
ha scritto una lettera, diffusa lunedì dall’agenzia cattolica polacca Kai, in
cui afferma che “l’ingerenza in materie che sono di competenza di un vescovo è
contro la legge ed è un’usurpazione della libertà della Chiesa”. Mons.
Kaszkiewicz ha invitato i fedeli a partecipare in questi giorni ad una
settimana di preghiera in cattedrale e a sottoscrivere una protesta contro la
decisione del governo. Il timore è che questa possa presagire a una nuova
ondata di restrizioni alle attività Chiesa cattolica, che non tengano conto
dell’accordo firmato nel 2005 con il presidente Aleksander Lukashenko. Episodi
di questo genere non sono infatti nuovi in Bielorussia, dove dal 2003 è in
vigore una legge sui culti che è una delle
più restrittive in materia di libertà religiosa nei Paesi dell’ex dell’Unione
Sovietica. Come in altre ex-Repubbliche sovietiche, una parte significativa del
personale religioso della Chiesa cattolica bielorussa è di origine polacca.
Circa la metà dei 354 sacerdoti cattolici presenti oggi nel Paese provengono
dalla Polonia. (L.Z. – T.C.)
PASTORALE
FAMILIARE, DIALOGO INTERRELIGIOSO, GIUSTIZIA E PACE:
SONO
ALCUNI DEGLI ARGOMENTI AFFRONTATI DAI VESCOVI AUSTRALIANI
NELL’ULTIMA
ASSEMBLEA PLENARIA
SYDNEY.
= Hanno discusso di pastorale familiare i vescovi australiani nell’ultima
assemblea plenaria che si è svolta nei giorni scorsi a Sydney. Nel corso dei
lavori i presuli, scrive l’agenzia Fides, hanno approvato la pubblicazione di
un opuscolo intitolato “Divorzio e Chiesa cattolica - le domande più
frequenti”. “Si tratta di un tentativo per spiegare alcuni principi sottolineando
l’approccio della Chiesa sui temi del divorzio, dei risposati e
dell’Eucarestia”, si legge nell’introduzione. “Si spera che possa incoraggiare
e guidare tutti coloro che sono alle prese con l’idea di divorziare e, in
particolare, con le implicazioni per la loro vita in quanto membra del Corpo di
Cristo, che è la Chiesa”. Fra gli altri punti discussi dall’episcopato anche un
itinerario di pellegrinaggio per la Croce della Giornata Mondiale della
Gioventù, che si terrà a Sydney nel 2008. Altri temi affrontati sono stati
quelli della pace e della giustizia, specialmente in Terrasanta.
Sull’argomento, nel maggio del prossimo anno, in Australia si svolgerà un grande
congresso sul tema “Pace in Medio Oriente”, in collaborazione con le maggiori
istituzioni politiche e accademiche. L’incontro intende essere un momento
significativo anche per i rapporti interreligiosi in Australia, prevedendo la
partecipazione di rappresentanti delle tre religioni monoteistiche. Nel corso
dell’assemblea plenaria ai vescovi sono stati consegnati i risultati di una
recente indagine condotta tra i fedeli riguardo alla frequenza con cui si
recano a Messa. La ricerca, nei prossimi mesi, sarà analizzata dai presuli che
indicheranno strategie e soluzioni per tenere viva la partecipazione del popolo
di Dio all’Eucarestia. Nel campo dei mass-media si è deciso che, a partire al
1° gennaio 2007, la Catholic Church
Television Australia si fonderà con l’Australian
Catholic Film Office e con la National
Catholic Television Library, dando vita ad un nuovo organismo che sarà
denominato “Australian Catholic Office
for Film and Broadcasting” e che sarà affidato alla guida del padre gesuita
Richard Leonard. (T.C.)
LA
CHIESA INDIANA INVITA AD UN IMPEGNO PIÙ FORTE PER TUTELARE LA DONNA
CHE IN
DIVERSI PAESI RISULTA DISCRIMINATA DALLA TENERA ETÀ
NEW
DELHI. = “Nell’India rurale occorre una speciale attenzione per le bambine,
perché le discriminazioni cominciano sin dalla nascita e diventano poi
tragiche”: lo ha detto mons. Stanislaus Fernandes, segretario generale della
Conferenza episcopale indiana in una dichiarazione rilasciata ad AsiaNews. I
vescovi indiani si stanno impegnando per la tutela della donna richiamando ad
un’azione contro le discriminazioni, mentre emerge un aumento degli aborti
“selettivi” dei feti femminili. In questa situazione “la Chiesa cattolica,
tramite la sua opera sociale, ha contribuito e contribuisce a rendere le
persone coscienti che ogni bambino è importante per la società”, ha detto mons.
Fernandes. L’aiuto della Chiesa, a tal proposito, è concreto e affronta
problemi come l’assistenza sanitaria e la carenza d’istruzione. Mons. Fernandes
ricorda che “un aiuto sanitario raggiunge le donne incinte e le madri anche tra
le popolazioni più povere in aree remote, tramite dispensari e cliniche
mobili”. “La Chiesa - ha continuato il vescovo - si è sempre occupata
della famiglia, anche attraverso i nostri gruppi di donne. Con varie attività,
ha evidenziato che la comunità e la società hanno la responsabilità di
promuovere la crescita e lo sviluppo dell’essere umano e debbono riconoscere la
giusta importanza per le bambine … È stato fatto molto … ma molto c’è ancora da
fare”. L’invito risulta ancora più attuale alla luce
degli ultimi dati diffusi in un rapporto del 12 dicembre del Fondo per i
bambini delle Nazioni Unite (UNICEF). Il documento rivela che in India, ogni
giorno, nascono 71 mila neonati e solo 31 mila sono femmine. Si ritiene che
questo minor numero di bambine sia conseguenza dei diffusi aborti compiuti dai
genitori contro i feti femminili. Nonostante sia punito dalla legge, il
feticidio è diffuso in India, per la maggior importanza attribuita ai maschi.
Ma anche dopo la nascita la discriminazione contro le bambine è notevole: per
loro c’è minore cura sanitaria, istruzione e persino cibo. Solo il 67,7 per
cento delle ragazze tra i 15 e i 24 anni riceve un’istruzione, rispetto
all’84,2 per cento dei maschi. Circa il 45 per cento delle donne sono poi
costrette a sposarsi prima dei 18 anni, in violazione della legge. Ed è alta la
mortalità collegata alla gravidanza: muore una donna indiana ogni 7 minuti,
anche in conseguenza della maternità di ragazze con meno di 15 anni. (T.C.)
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14 dicembre 2006
- A cura di Roberta Moretti -
Il sollievo ha sostituito la paura in Iraq per
la sorte del vice presidente, Adel Abdul Mehdi, a bordo di un convoglio
attaccato a Baghdad ovest da un commando di uomini armati. Si riaccende intanto
la tensione nel Paese sul fronte dei sequestri. Il nostro servizio:
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Secondo il ministero dell’Interno, il commando
avrebbe aperto il fuoco contro il convoglio, circondandolo. Tuttavia Medhi non
è stato ferito, grazie anche all’intervento militare americano, accorso in
seguito alla richiesta urgente del luogotenente del vicepresidente. Nella
capitale, intanto, due uomini delle forze di sicurezza sono morti nel tentativo
di disinnescare un'autobomba nel sobborgo sciita di Sadr City, roccaforte dei
seguaci di Moqtada al-Sadr. Una seconda esplosione ha colpito il distretto
sunnita di al-Gam'aa, provocando la morte di due civili e il ferimento di altre
nove persone, mentre una terza autobomba ha fatto due morti ad Al Shorta. E sempre nella capitale, tra i 50 e i 70 iracheni sono
stati sequestrati da uomini in mimetica a bordo di fuoristrada della polizia,
nell’affollato mercato per i pezzi di ricambio d’auto di Sinak. Il 14 novembre
scorso, in modo analogo, erano state
rapite un centinaio di persone in una sede del ministero dell’Università. Gran
parte erano state poi rilasciate. E mentre il segretario generale dell’ONU,
Kofi Annan, auspica il coinvolgimento di Siria e Iran per risolvere la crisi
irachena, una delegazione del Congresso USA a Baghdad invita a dispiegare 15-30
mila militari americani in più nel Paese del Golfo. Intanto, in Gran Bretagna,
il ministro per le Relazioni con il Parlamento, Jack Straw, annuncia per la
fine di gennaio un dibattito alla camera dei Comuni sulla politica del governo
britannico in Iraq.
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Andiamo in Afghanistan, dove la NATO ha
annunciato di aver fatto “un certo numero di vittime fra i comandanti taleban”,
in un raid aereo del distretto di Panjwai, nella provincia meridionale di
Kandahar. Ed è di almeno 5 civili morti il bilancio di un attentato suicida a
Qulat, capoluogo della provincia di Zabul, subito dopo il passaggio di un
convoglio di guardie presidenziali che rientravano a Kabul dopo una visita di
Hamid Karzai nel sud del Paese. Non ha fatto vittime, invece l’esplosione di un
ordigno, la notte scorsa, al passaggio di una pattuglia di militari italiani
alla periferia della capitale.
Medio Oriente. Un palestinese di 27 anni è
stato ucciso in Cisgiordania, in uno scontro con soldati israeliani vicino
all'insediamento di Ariel. Intanto, una fonte dei Comitati di Resistenza
popolare, comprendenti gruppi filoislamici, ha annunciato il rapimento di un
maggiore dei servizi di sicurezza legati al presidente palestinese, Abu Mazen.
Il sequestro è in reazione all’arresto, stamani, di un membro dei Comitati,
sospettato di essere implicato nell’uccisione, all’inizio della settimana, di
tre bambini palestinesi, figli di un ufficiale dei servizi di sicurezza. Nella
sparatoria che si è registrata durante l’arresto sono rimasti feriti un agente
della sicurezza e un civile. Sul fronte politico, intanto, la Corte suprema
israeliana ha giudicato che le operazioni di esecuzioni mirate condotte da anni
contro i palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza sono legali, a
seconda dei casi. La Corte ha però sottolineato che eventuali nuove operazioni
di esecuzioni mirate dovranno essere condotte tenendo contro dell’esigenza di
evitare danni ai civili.
Sarebbe stato raggiunto un accordo tra i cinque membri
permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania per l’applicazione di sanzioni all’Iran visto
il suo rifiuto di sospendere il programma di arricchimento dell’uranio. L’intesa
sarà probabilmente siglata entro la fine dell’anno.
E nel suo blog personale, il presidente
iraniano, Mahmud Ahmadinejad, si è detto “felicissimo” di essere stato
“insultato” lunedì scorso da un gruppo di studenti all’università Amir Kabir di
Teheran. “Io mi sono ricordato allora dei miei anni da studente, quando sotto
il regime laico (dello scià), sostenuto dall’Occidente, non potevamo neanche
respirare”, ha affermato Ahmadinejad nel suo scritto, intitolato “Libertà”.
Il vertice dei capi di Stato e di Governo europei, che prende il via oggi pomeriggio a Bruxelles, approverà
“una dichiarazione sul Medio Oriente che riprenderà gli elementi essenziali
dell’iniziativa presentata da Spagna, Francia e Italia” lo scorso novembre. E’
quanto afferma un comunicato della presidenza del Consiglio spagnola. Al
centro dei lavori, che termineranno domani, anche i temi dell’immigrazione e
dell’allargamento, dopo l’accordo di lunedì tra i ministri degli Esteri sul
congelamento parziale del negoziato di adesione della Turchia.
Cordoglio della Commissione Europea per la
morte, ieri a Madrid, per un male incurabile, di Loyola de Palacio, 56 anni,
che nell’esecutivo guidato da Romano Prodi aveva ricoperto la delega di
commissario ai Trasporti e all’Energia. Dal 1996 e al 1999, la de Palacio era
stata anche ministro spagnolo dell’Agricoltura, della Pesca e
dell’Alimentazione nel primo governo Aznar.
In una dichiarazione governativa davanti al
Bundestag a Berlino, il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha ribadito la necessità
che l’Unione Europea arrivi a darsi una costituzione entro le elezioni del 2009
ed ha inoltre invitato l’Unione ad una maggiore compattezza in politica interna
ed estera. “Un’Europa divisa mette in pericolo la forza dell’Unione Europea”,
ha detto la Merkel.
Si terranno il 9 marzo del 2008 le elezioni
presidenziali in Russia: lo ha annunciato oggi all'agenzia Interfax il
presidente della commissione elettorale russa, Aleksandr Vieshnekov. La campagna
elettorale comincerà all'inizio del dicembre 2007, in coincidenza peraltro con
lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo della Duma, la Camera Bassa del
Parlamento russo, che si terranno il 2 dicembre 2007. Alle presidenziali del
2008 non potrà presentarsi Vladimir Putin, che è al suo secondo mandato consecutivo:
se vorrà riproporsi per la prima poltrona del Cremlino, dovrà attendere il
2012.
La Serbia, la Bosnia-Erzegovina e il
Montenegro sono entrate oggi formalmente, come previsto, nel programma di
Partenariato per la pace della NATO, primo passo verso l’adesione all’Alleanza
Atlantica. La decisione di avviare il dialogo istituzionale con i tre Stati era
stata presa alla fine di novembre dai Paesi membri, durante il vertice dell'Alleanza
tenuto a Riga, in Lettonia. E subito erano seguite le critiche, concentrate su
Serbia e Bosnia-Erzegovina.
Fallite nella Repubblica Ceca le consultazioni
in vista della creazione di una ‘grande coalizione’, dopo che il primo
ministro, Mirek Topolanek, del Partito civico democratico di centro destra, ha
dichiarato conclusi senza successo i suoi incontri con i partiti rivali di
sinistra. Sono ormai sei mesi che il Paese è senza un governo stabile. Nelle
elezioni generali di giugno ciascuna delle due coalizioni, quella di destra e
quella di sinistra, ha ottenuto cento seggi, sui 200 del Parlamento.
“Per l’Italia, si
stima che il risanamento strutturale del 2006-2007 sarà sufficiente a riportare
il disavanzo al di sotto del 3% del PIL nel 2007, coerentemente con gli impegni
presi dal Paese". Lo si legge nel bollettino mensile di dicembre della
Banca centrale europea (BCE). L’Istituto di Francoforte sottolinea inoltre che
le misure contenute in Finanziaria, insieme alle politiche di risanamento
tedesche, potrebbero avere riflessi positivi in tutta l'Eurozona. La BCE seguiterà
inoltre a vigilare “per intervenire sulla stabilità dei prezzi”. Vede crescere
l'economia “a ritmi sostenuti” e ritiene che le prospettive “di medio periodo
rimangono positive”.
Rimaniamo in Italia. Continua a far discutere il caso
Welby, il malato terminale di distrofia muscolare che ha chiesto l’interruzione
delle terapie. I radicali hanno detto di essere pronti ad un gesto di
“disobbedienza civile” al di là delle decisioni del Tribunale di Roma e del
Consiglio superiore della Sanità. Intanto, la rivista ufficiale dell’Università
Cattolica sottolinea come non esista “il diritto a morire” e che i medici hanno
l’obbligo di salvare la vita.
Cerimonie di commemorazione in tutta
Al vaglio di Gran Bretagna e Stati Uniti l’imposizione di
un’area d’interdizione al volo nel Darfur, martoriata regione del Sudan. La
decisione potrebbe scattare se Khartum continuerà ancora ad opporsi all'invio dei caschi blu nella
zona. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha deciso di mandare oltre 20 mila
soldati, non graditi però al Sudan, più propenso ad accettare una forza
dell’Unione Africana (UA).
I Paesi africani dovrebbero dar vita ad una
missione di pace in Somalia, per difenderne il Governo di Transizione Federale
Nazionale (TFG) dall’espansione islamica. E’ quanto ha dichiarato oggi a
Nairobi, in Kenya, nel corso del Vertice sui Grandi Laghi, il presidente della
Commissione dell’Unione Africana (UA), Alfa Omar Komare. L’UA e l’IGAD – che
raggruppa i Paesi dell’Est Africa – avevano approvato tale missione, senza però
avviarla. La scorsa settimana anche l'ONU – sotto la spinta di Washington – ha
dato il suo via libera. Secondo molti osservatori, però, tale operazione
potrebbe comportare una guerra totale in Somalia, con probabili effetti domino
regionali.
La polizia egiziana ha fatto irruzione nei
dormitori dell’Università di al Azhar,
alla periferia de Il Cairo, arrestando 180 studenti membri dei Fratelli
musulmani, dopo che essi avevano organizzato domenica una
dimostrazione con esibizioni di karate, definendosi “milizie” della
Confraternita. L’organizzazione dei Fratelli musulmani, illegale ma tollerata
in Egitto, ha rinunciato pubblicamente all’uso di metodi non pacifici. Dopo le
ultime elezioni legislative, nel dicembre dello scorso anno, detiene quasi il
25 per cento dei seggi nel Parlamento.
A partire da febbraio, l’Organizzazione del
Paesi esportatori di petrolio (OPEC) taglierà le quote alla produzione di
greggio di 500 mila barili al giorno: lo ha annunciato il ministro del Petrolio
algerino, Chakib Khelil, all’apertura del meeting nigeriano di Abuja. Intanto,
mentre l’Angola ha presentato la sua candidatura ufficiale per l’adesione
all’OPEC, si attende per oggi la nomina del nuovo segretario generale
dell’organizzazione.
Destituito dal Parlamento il presidente della
Polinesia Francese, Oscar Temaru, con un voto di censura che prelude a nuove
elezioni, in programma il 21 dicembre. La decisione segue una serie di
manifestazioni di piazza contro il governo e la sua politica economica. Temaru
era inizialmente sostenuto dalla maggioranza dei deputati, che aderivano al
partito pre-indipendenza, ma poi alcuni di essi, criticando quelle che hanno
definito “tentazioni razziste in chiave antifrancese degli indipendentisti”,
sono passati all’opposizione, che è divenuta maggioritaria.
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