RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 344 - Testo
della trasmissione di domenica 10 dicembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Si
è spento a Palermo il cardinale Salvatore Pappalardo
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nelle Filippine, condizioni disperate per i
sopravvissuti al tifone Durian
E’ in orbita lo shuttle Discovery, decollato nella notte
da Cape Canaveral, in Florida
In
Libano c’è tensione per la manifestazione di Hezbollah contro
il governo prevista nel pomeriggio a Beirut
10 dicembre 2006
L’APPELLO PER IL MEDIO ORIENTE CON UNA SPECIALE MENZIONE PER IL LIBANO:
NELLE PAROLE DEL PAPA
ALL’ANGELUS. HA ESPRESSO ANCHE
LA GIOIA PER LA NUOVA
CHIESA PARROCCHIALE A ROMA
“Seguo con viva preoccupazione quanto sta accadendo in
Medio Oriente”: il Papa stamane all’Angelus è tornato a parlare di Medio
Oriente e in particolare di Libano. Dopo aver espresso la sua gioia per la
nuova chiesa parrocchiale a Roma. Il servizio di Fausta Speranza:
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“A spiragli di soluzione delle crisi che travagliano la
regione si alternano tensioni e difficoltà che fanno temere nuove violenze”: lo
sottolinea il Papa affermando che “una speciale menzione merita il Libano”. Lì,
oggi come ieri, - ricorda il papa - sono chiamati a “vivere insieme uomini differenti sul piano culturale e religioso, per
edificare una nazione di ‘dialogo e di convivenza’ e per concorrere al bene
comune”.
E Benedetto XVI afferma di condividere “le forti
apprensioni espresse dal Patriarca, Sua Beatitudine il cardinale Nasrallah
Boutros Sfeir, e dai Vescovi maroniti nel Comunicato che hanno reso pubblico
mercoledì scorso”.
Insieme a loro, chiede “ai
libanesi e ai loro responsabili politici di avere a cuore esclusivamente il
bene del Paese e l’armonia tra le sue comunità, ispirando il loro impegno a
quell’unità che è responsabilità di tutti e di ciascuno e richiede sforzi
pazienti e perseveranti, insieme a un dialogo fiducioso e permanente”. Con un
auspicio:
“Auspico anche che la Comunità
internazionale aiuti ad individuare le urgenti soluzioni pacifiche ed eque
necessarie per il Libano e per l’intero Medio Oriente, mentre invito tutti alla
preghiera in questo grave momento”.
Prima del significativo appello per il Medio Oriente,
parole di gioia per la una nuova chiesa
parrocchiale nel quartiere del Torrino
Nord di Roma. “E’ un avvenimento che, pur riguardando di per sé quel quartiere,
- sottolinea - acquista un significato simbolico all’interno del tempo
liturgico dell’Avvento”. Il Papa ricorda che “Dio viene”, viene “a visitare il
suo popolo, per dimorare in mezzo agli uomini e formare con loro una comunione
di amore e di vita, cioè una famiglia”. Per poi affermare che la costruzione di
una chiesa fra le case di un paese o di un quartiere d’una città evoca questo
grande dono e mistero”.
“La chiesa-edificio è segno concreto della
Chiesa-comunità, formata dalle “pietre vive” che sono i credenti”, dice
Benedetto XVI aggiungendo che “se dunque è Dio che prende l’iniziativa di
venire ad abitare in mezzo agli uomini, ed è sempre Lui l’artefice principale
di questo progetto, è vero anche che Egli non vuole realizzarlo senza la nostra
attiva collaborazione”.
“Prepararsi al Natale significa
impegnarsi a costruire la “dimora di Dio con gli uomini”. Nessuno è escluso;
ciascuno può e deve contribuire a far sì che questa casa della comunione sia
più spaziosa e bella”.
“L’Avvento –
spiega- ci invita a volgere lo sguardo verso la “Gerusalemme celeste”, che è il
fine ultimo del nostro pellegrinaggio terreno. Al tempo stesso, ci esorta ad
impegnarci con la preghiera, la conversione e le buone opere, ad accogliere
Gesù nella nostra vita, per costruire insieme a Lui
questo edificio spirituale del quale ognuno di noi - le nostre famiglie e le
nostre comunità - è pietra preziosa”.
E per intercessione di Maria, “la più splendente e
pregiata tra tutte le pietre che formano la Gerusalemme celeste”, il Papa prega
“affinché questo Avvento sia per tutta la Chiesa un tempo di edificazione
spirituale e così si affretti la venuta del Regno di Dio”.
Tra i saluti rivolti in molte lingue, il Papa annuncia in
italiano che giovedì 14 dicembre, nella Basilica di San Pietro, incontrerà gli
universitari degli Atenei romani, “invocando dal Signore Gesù il dono della
carità intellettuale per tutta la comunità universitaria”.
In francese saluta in particolare i rappresentanti della
Comunità di Sant’Egidio provenienti da 21 Paesi africani e riuniti a Roma per
un tempo di formazione.
In inglese, spagnolo, tedesco, polacco e croato, un pensiero
al tempo di Avvento, tempo di preparazione al Natale. In albanese un pensiero agli alunni del Seminario Redemptoris Mater di Lezhë, in Albania, accompagnati dal Vescovo
diocesano, Mons. Ottavio Vitale. A loro l’augurio di “ogni bene per il cammino verso
il sacerdozio” e l’invocazione: “Maria, Madre dei sacerdoti, vi protegga
sempre!”.
In lingua italiana anche parole per i fedeli provenienti
da Poggiardo, Piancamuno, Napoli, Palermo, Caltanissetta, Messina e Delianuova,
come pure il Corpo bandistico di Veronella e il gruppo di ragazzi di Roseto
degli Abruzzi.
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LA PARROCCHIA, FARO CHE IRRADIA
“La vera giustizia non può essere
inventata dall’uomo, deve piuttosto essere scoperta, deve venire da Dio”; la si conosce attraverso la sua Parola, nelle parrocchie,
che come fari irradiano la luce della fede andando incontro ai desideri più
profondi e veri del cuore dell’uomo. Questa la sintesi dell’omelia di Benedetto
XVI che oggi, a Roma, all’Eur, al Torrino Nord, ha inaugurato la chiesa di
Santa Maria Stella dell’Evangelizzazione. La parrocchia è stata realizzata
grazie anche al contributo delle offerte che da 16 anni, nel periodo
dell’Avvento, vengono raccolte dalla diocesi di Roma
per la costruzione di nuovi edifici di culto, soprattutto nelle periferie. Il
servizio di Tiziana Campisi:
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(musica)
Una casa che riunisce e in cui si
è attratti verso Dio: questa è
“La vera giustizia non può essere inventata dall'uomo: essa deve
piuttosto essere scoperta. Deve venire da Dio”.
È
“Soprattutto nel nostro contesto sociale largamente secolarizzato, la
parrocchia è un faro che irradia la luce della fede e viene incontro così ai
desideri più profondi e veri del cuore dell’uomo, dando significato e speranza
alla vita delle persone e delle famiglie”.
È stato il Papa stesso, prima
della liturgia della Parola, a consacrare l’altare della nuova chiesa ungendolo
con olio. Altare dove sono state murate le reliquie di San Bernardo di
Chiaravalle, San Francesco Saverio, San Gaspare del Bufalo e Santa Caterina
Labourè, figure che richiamano alla evangelizzazione. Il rito della dedicazione
è proseguito con l’unzione delle pareti, per indicare la destinazione esclusiva
e permanente dell’edificio al culto cristiano, e ancora con due gesti
sull’altare: l’incensazione e l’accensione delle luci. Luci, ha detto Benedetto
XVI, che richiamano alla fede degli Apostoli: la vera luce che illumina
“Questo è lo scopo più profondo dell'esistenza di questo edificio sacro:
la chiesa esiste perché in essa incontriamo Cristo, il
Figlio del Dio vivente. Dio ha un volto. Dio ha un nome. In Cristo, Dio si è
fatto carne e si dona a noi nel mistero della santissima Eucaristia … La chiesa
è il luogo d'incontro con il Figlio del Dio vivente e così è il luogo
d'incontro tra di noi. È questa la gioia che Dio ci
dà: che Egli si è fatto uno di noi, che noi possiamo toccarlo e che Egli vive
con noi. La gioia di Dio è la nostra forza”.
E al termine della celebrazione
Benedetto XVI ha rivolto questo saluto ai fedeli che durante l’offertorio hanno
donato la somma di diecimila euro da destinare alla costruzione di una nuova
parrocchia:
“Il Signore ci ha dato la gioia di celebrare la sua casa e la sua
presenza, abbiamo sentito questa presenza che ci unisce e così preghiamo adesso
che questa gioia rimanga in noi, che ci aiuti a collaborare per la giustizia e
la pace nel mondo”.
Poi si è intrattenuto con i
bambini spiegando loro il senso del Natale:
“Natale è il giorno in cui Dio stesso ci ha fatto un grande dono, non ci
ha donato qualcosa, ma il suo dono era donare se stesso. Ci ha dato il Suo
Figlio, e così Natale è divenuta la festa dei doni. Vogliamo imitare Dio, non
vivere solo per noi, ma pensare all’altro, fare un dono all’altro. Il più bel
dono è essere buono per gli altri, mostrare bontà, giustizia, amore”.
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SI E’
SPENTO IL CARDINALE SALVATORE PAPPALARDO
ARCIVESCOVO
EMERITO DI PALERMO
Si è spento,
all’età di 88 anni, il cardinale Salvatore Pappalardo, dal 1996 arcivescovo
emerito di Palermo. Nato nel 1918 a Villafranca Sicula, in provincia di
Agrigento, fu ordinato sacerdote nel 1941 ed incaricato alla diocesi di
Catania. Tra il ’47 e il ’65, lavorò in Segreteria di Stato come Addetto alla
sezione degli affari ecclesiastici straordinari. Paolo VI
lo nominò Pro-Nunzio apostolico in Indonesia nel 1965 e a Jakarta rimase per
quattro anni. Il 7 ottobre 1970 fu nominato arcivescovo di Palermo, città in
cui si dedicò con particolare attenzione alla pastorale degli emigranti.
Riformò inoltre la curia vescovile, con la costituzione di cinque vicariati
episcopali e promosse la fondazione dell'istituto filosofico-teologico di San
Giovanni Evangelista per una migliore preparazione teologica del clero e del
laicato della Sicilia occidentale.
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10 dicembre 2006
NELL’ODIERNA GIORNATA MONDIALE PER I DIRITTI
UMANI, APPELLO DI KOFI ANNAN
A
COMBATTERE
CHE
DIRITTI UMANI E SICUREZZA VANNO DI PARI PASSO
- Intervista con Riccardo Noury -
La povertà al centro della
Giornata mondiale per i diritti umani: sono infatti i
poveri i più esposti ai soprusi e quelli che rischiano di più il venir meno dei
diritti fondamentali. Diritti che sono: cibo, acqua potabile, medicine e
libertà da ogni discriminazione, come ricorda Kofi Annan, segretario generale
dell’ONU, nel suo Messaggio per
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D. - Parlare di diritti umani
in Occidente e nei Paesi industrializzati è certamente diverso che parlarne in
Paesi in via di sviluppo, in regioni povere dove la miseria condiziona ogni
altro diritto, come appunto evidenzia Kofi Annan, nel suo messaggio. E’
importante questa sottolineatura?
R. – E’ importante, perché
l’obiettivo della Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata nel ’48
dall’ONU, era proprio quello di ribadire l’assoluta interdipendenza tra diritti
civili e politici e diritti economici e sociali. Ci sono Paesi nei quali il
livello di vita è infimo per ragioni legate al mancato accesso alle risorse, ma
anche per una situazione di discriminazione, di mancata accettazione della
libertà di espressione, che condiziona quotidianamente la vita di milioni di
persone, se non miliardi di persone. Il tutto accade in un clima di violenza,
di impunità e di sottrazione di risorse ai budget dei vari Governi. C’è un tema
che riguarda sia l’Occidente che i Paesi in via di sviluppo ed è, ad esempio,
quello del commercio delle armi. Quanti Paesi si arricchiscono, vendendo armi,
e quanti si impoveriscono acquistandole? Alcuni Paesi destinano parti del loro
budget sempre più consistenti alla difesa e in questo fanno venir meno risorse
preziose per la sanità, per l’educazione, in poche parole per lo sviluppo di un
Paese.
D. – Quindi, è importante
avere questo quadro di insieme. Come scrive Kofi Annan, “sviluppo, sicurezza e
diritti umani sono oggi interdipendenti”. Lui osserva pure che nessuno di
questi tre aspetti “può raggiungere un vero progresso, indipendentemente dagli
altri due”. Per cui, chi si impegna su un solo fronte – ammonisce il segretario
generale dell’ONU – pregiudica sia la propria credibilità che la causa stessa.
Bisogna, dunque, unire le forze di chi opera in campo umanitario?
R. – Non c’è dubbio che il
coordinamento operativo tra organismi non governativi e istituzioni
sovranazionali sia fondamentale. Vediamo oggi in Darfur quanto questo collegamento
manchi, perchè le organizzazioni non governative stanno lì ed una missione di
pace dell’ONU stenta ancora ad arrivarci. Chi afferma oggi che due di questi
tre temi, ad esempio, sicurezza e diritti umani, non vadano d’accordo, si rende
responsabile di una potenziale catastrofe dei diritti umani su scala mondiale.
Cinque anni di guerra al terrore, combattuti considerando i diritti umani come
un ostacolo, anziché come requisito della sicurezza autentica, hanno dimostrato
quanto il mondo oggi sia più insicuro che mai e come questa insicurezza globale
domini la vita di miliardi di persone. Un mondo che è in guerra è un mondo che
non si sviluppa, è un mondo che pensa solo alle armi e a come sconfiggere il
terrore; è un mondo che non pensa a rendere potabile l’acqua, a costruire case,
a costruire servizi sanitari, a costruire quelle condizioni, per
cui il mondo non sia una fabbrica di rancore, di persone impoverite e
diseredate, ma sia un mondo nel quale invece i diritti siano veramente diritti
umani per tutti.
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AL
SANTUARIO DI LORETO OGGI DOMENICA DIECI DICEMBRE
LA
FESTA DELLA VENUTA DELLA SANTA CASA
-
Intervista con il rettore padre Marzio Celletti -
Si celebra oggi a Loreto, in Italia, la solennità della
Venuta della Santa Casa. Stamattina nel Santuario mariano il delegato
pontificio, l’arcivescovo Gianni Danzi, ha celebrato una Messa solenne. Ieri
sera, invece, dopo una veglia di preghiera il cardinale Sergio Sebastiani,
Presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, ha
presieduto una celebrazione eucaristica alla quale ha preso parte l’Arma
dell’Aeronautica, di cui la Vergine di Loreto è patrona. “La Santa Casa di
Loreto non è solo il luogo dove si conserva una rara e sacra reliquia – ha
detto nella sua omelia il cardinale Sebastiani – ma
risveglia e ravviva in noi il mistero dei misteri, il principio basilare della
nostra fede: l’incarnazione. Essa – ha proseguito il porporato – è fonte di
sano ottimismo cristiano poiché Gesù, Verbo incarnato,
vince tutte le nostre paure e con lui vinceremo la disperazione generata nella
nostra anima da tante miserie che ci avvolgono”. E sempre ieri sera, al termine
della celebrazione, è partita una processione con l’immagine della Vergine
Lauretana. La casa della Madonna a Nazareth era costituita di tre povere pareti
in pietra addossate e poste come a chiusura di una grotta scavata nella roccia.
La grotta è tuttora venerata a Nazareth, nella basilica dell’Annunciazione,
mentre le tre pareti di pietra, dopo la cacciata dei cristiani dalla Palestina
da parte dei Musulmani, sono state salvate dalla sicura rovina e trasportate
prima a Tersatto, nell’odierna Croazia, nel 1291, e poi a Loreto il 10 dicembre
1294. Il Santuario è affidato ai Padri Cappuccini. Al rettore, padre Marzio
Celletti, Giovanni Peduto ha chiesto quali sono le prove storiche del
trasferimento della Santa Casa di Nazareth a Loreto:
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R. - Da secoli, nella tradizione, si parla di volo
angelico, del cosiddetto ministero angelico. I risultati, però, di tante
ricerche scientifiche e anche filologiche, riguardo
alla Santa Casa, ci hanno portato a dare un volto umano a questi angeli.
Innanzitutto, si pensa ai Crociati, perchè tra le tante denominazioni con cui
ci si rivolgeva ai Crociati c’era anche quella di angeli, custodi della Terra
Santa, dei luoghi santi, coloro che hanno cercato in tutti i modi di
salvaguardare i ricordi del Signore. Poi, inerente a questo, c’è anche un’altra
ipotesi, supportata da documenti ritrovati di una certa famiglia Angeli, che
era imparentata con i D’Angiò di Napoli, che per il matrimonio della figlia di
Micefro Angeli, avvenuto nel settembre-ottobre del 1294, nell’elenco della dote
ricevuta, proprio in riferimento a questo matrimonio,
parlava anche delle pietre della casa della Beata Vergine Maria di Nazareth.
D. - Tutto quanto c'è di bello e di artistico a Loreto si
è sviluppato intorno a queste umili pareti di pietra ristrutturate a modo di
casetta o piccola chiesa. Cosa trovano in questo luogo i tanti pellegrini che
giungono da tutto il mondo a Loreto?
R. - Raccogliendo le testimonianze dirette, a viva voce,
dei pellegrini, trovano la pace. Dicono che entrando nella Casa di Maria,
varcando le soglie di questo luogo santo, sentono come una pace interiore, sono
come abbracciati da una serenità che entra proprio nel profondo e ristora
l’anima.
D. - Qual è il messaggio spirituale di Loreto?
R. – Sicuramente non è un messaggio devozionale, ma è un
messaggio che ci fa risalire alle sorgenti della nostra esperienza di fede
cristiana, perchè tra quelle mura il Verbo si è incarnato, tanto è vero che
nell’altare della Santa Casa leggiamo una scritta latina: “Hic Verbum caro
factum est”, qui il Verbo si è fatto carne. Per cui è un tuffo nella genuinità,
nella originarietà della nostra esperienza di vita cristiana.
D. - Con quale spirito è opportuno venire in
pellegrinaggio a Loreto?
R. – Io penso che sia lo spirito che ci viene
testimoniato e proposto da Maria: uno spirito di grande umiltà che leggiamo
anche nella semplicità, nella povertà di quelle pietre che – ripeto - racchiudono
l’esperienza dell’umiltà di Maria. Un atteggiamento di grande apertura al
mistero di Dio, perchè il Verbo, la Parola, anche oggi si vuol far carne dentro
di noi. Un’apertura, quindi, semplice, umile, ma a 360 gradi.
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IN UN
LIBRO INTERVISTA, IL CARDINALE ERSILIO TONINI RACCONTA IL SUO IMPEGNO
PER L’AFRICA E LANCIA UNA CAMPAGNA DI
SENSIBILIZZAZIONE
PER
- Ai
nostri microfoni, il porporato -
Una campagna di sensibilizzazione contro la povertà in
Africa: a lanciarla, nei giorni scorsi, è stato il cardinale Ersilio Tonini
che, in un libro, racconta le gioie, i drammi e le sfide del continente
africano. Il porporato, che da anni promuove opere per il Burundi, invita ad
una raccolta di fondi per i nuovi progetti della Fondazione Pro-Africa da lui stesso voluta tre anni fa. Il servizio di Fabio Brenna:
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Un particolarissimo mal d’Africa quello che da 15 anni
lega il cardinale Ersilio Tonini al Burundi. Qui attraverso la Fondazione per
il sostegno all’Africa, da lui fondata nel 2003, ha realizzato un ospedale
modello, ma anche abitazioni e scuole. La storia di questo rapporto e dei
viaggi umanitari, compiuti nel continente africano dall’arcivescovo emerito di
Ravenna, è raccontata nel libro intervista “Le ragioni del cuore”, curato da
Pier Franco Rossetti ed edito dal Touring Club italiano.
L’impegno per l’Africa è il compimento di una vita fatta per essere spesa per
gli altri, come ci ricorda il cardinale Ersilio Tonini:
“Io devo restituire quel che ho ricevuto. Sono figlio di
contadini, però ho imparato da mio padre e mia madre che si può far del bene
anche da poveri. E quando poi il Signore ti mette in una condizione
particolare, allora dici ‘perché no’. La vita è un dono da spendere, insomma,
non soltanto una pena. E’ un fiore nel vaso da innaffiare, perchè diventi
sempre più bella”.
Prendere a cuore le sorti dell’Africa significa anche
investire sul futuro dell’Europa, cui il cardinale Tonini rivolge il suo
appello:
“Gli immigrati arrivano non più sulle coste
dell’Adriatico, come fino a dieci anni fa, ma sulle coste della Sicilia.
L’Africa si riverserà sull’Europa. Il grande problema politico dell’Europa sarà
proprio la situazione dell’Africa. Deve intervenire un ‘appassionamento’
della coscienza. Bisogna che gli europei non demandino al mondo politico, ai
Parlamenti, responsabilità importanti ma le riservino
a sé: sono ‘io’ che devo fare, ‘noi’ come comunità”.
La nuova sfida per la Fondazione per il sostegno
all’Africa è rappresentata dalla realizzazione di un centro ospedaliero
universitario ancora in Burundi:
“200 universitari da Verona vanno sette, otto volte all’anno, dei mesi lì ad insegnare, gratuitamente, a rischio
anche della vita. Hanno preparato un primo corso pre-universitario per i paramedici,
essenziali là in Africa”.
Il cardinale Tonini ha annunciato il passaggio della sua
Fondazione sotto l’egida della diocesi di Milano, che l’affiderà alle cure
della Fondazione don Gnocchi. Alla presentazione del volume, anche il nunzio
apostolico del Burundi, mons. Paul Richard Gallagher.
Da Milano, Fabio Brenna, per la Radio Vaticana.
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10 dicembre 2006
NELLE FILIPPINE, CONDIZIONI DISPERATE PER I SOPRAVVISSUTI AL TIFONE
DURIAN.
ALTO IL RISCHIO DI INFEZIONI, MENTRE UN SECONDO URAGANO, DENOMINATO ‘UTOR,’ HA PROVOCATO ALMENO 4 MORTI E COSTRETTO
ALL’EVACUAZIONE 67 MILA PERSONE
MANILA. = Mancanza di ogni genere di prima necessità; alto rischio di
infezioni; impossibilità di ricostruire le abitazioni a causa degli strati di
fango: queste le condizioni disperate in cui si trovano i sopravvissuti a
‘Durian’, il tifone che ha flagellato le Filippine la settimana scorsa,
uccidendo oltre 1.300 persone. L’allarme è stato
lanciato dai gruppi di primo soccorso che solo ieri sono riusciti a raggiungere
le zone più colpite. Secondo un primo bilancio, gli sfollati sarebbero un milione e mezzo, 2500 le case distrutte, mentre i danni
ammonterebbero a 5 milioni e mezzo di dollari. Come riferisce l’agenzia
AsiaNews, il tifone Durian si è abbattuto con particolare violenza sui villaggi
che circondano il monte Mayon, un vulcano attivo a circa 320 km a sud di
Manila: qui si sono scatenate piogge torrenziali che hanno provocato frane di
fango e la caduta di grandi macigni. I detriti hanno sepolto più di 700
villaggi. Cruciale la mancanza di acqua potabile e di servizi sanitari chimici,
che hanno già raggiunto il limite massimo, aumentando il rischio di infezioni. Per
questo, il ministero della Sanità filippino ha inviato un’equipe speciale che somministri
vaccini contro la poliomielite e garantisca le cure
minime a tutti gli sfollati. Nel frattempo, il lavoro di ricostruzione dei
villaggi colpiti procede con molta lentezza: le strade sono distrutte oppure risultano
sommerse dal fango, sotto il quale giacciono ancora molte vittime. Intanto, un
secondo tifone, denominato ‘Utor’, si è abbattuto ieri nelle Filippine
orientali, in particolare nella regione di Bicol, causando almeno 4 morti e
costringendo all’evacuazione circa 67 mila persone.
Come Durian, anche questo secondo uragano si presenta con
forza 5, il massimo della potenza dei tifoni. (I.P.)
UNA LEGGE FINANZIARIA EQUA E UNA MAGGIORE ATTENZIONE PER I SETTORI
POVERI
E MENO PROTETTI: È QUANTO CHIEDE L’EPISCOPATO MESSICANO
AL PARLAMENTO DEL PAESE
- A cura di Luis Badilla -
CITTÀ DEL MESSICO. = "È necessario dare ulteriore importanza alla lotta
contro la povertà estrema e contro la disuguaglianza economica, realtà
deleterie che lacerano e danneggiano milioni di messicani, in
particolare, indigeni e lavoratori rurali". Questo è l'appello centrale del
recente Comunicato della Conferenza Episcopale del Messico, alla vigilia
dell'apertura delle discussioni legislative sulla Finanziaria 2007 e che da
giorni anima un ampio dibattito nazionale. I nostri rappresentanti, aggiungono
i vescovi, "dovranno tenere conto della nostra attuale realtà e dovranno
cercare di dare risposte, in primo luogo, ai gruppi meno protetti e più poveri.
Queste persone sono tuttora un ampio settore della popolazione nazionale,
vittime di ritardi sociali storici".
Per i presuli messicani, dunque, "è necessaria una discussione
responsabile sulla Finanziaria" ed essa dovrà avere "sempre una
visione del futuro per consentire di alleggerire i bisogni più gravi,
individuando le loro radici, proponendo misure che diano alle strutture
sociali, politiche ed economiche una conformazione più equa e solidale; sradicando
al tempo stesso tutto ciò che ostacola lo sviluppo integrale della persona,
base fondamentale di uno Stato di diritto pieno”. “È necessario dare ulteriore importanza”, sottolinea
l'Episcopato, “ alla lotta
contro la povertà estrema e contro la disuguaglianza economica, realtà
deleterie che lacerano e danneggiano milioni di messicani, in
particolare, indigeni e lavoratori rurali". Infine, i presuli del
Messico concludono: "La tradizione cristiana ha dato sempre grande
importanza alla preghiera per i governanti e per gli amministratori della cosa
pubblica poiché è convinta dell’importanza, della delicatezza e del valore del servizio
pubblico che prestano a tutta la comunità. Oggi preghiamo per i nostri
deputati nella speranza che possano raggiungere accordi che beneficino il Paese
nel suo insieme, oltre gli interessi di gruppi e partiti". Il Messico rientra in quella categoria di Paesi che gli studiosi chiamano
“sviluppo con miseria”, definizione schematica con la quale si vuole
sottolineare una caratteristica centrale di certe economie: vale a dire sistemi
economici sostanzialmente arretrati o sottosviluppati all’interno dei quali
s’inseriscono strutture di modernità e progresso materiale avanzato. Infatti,
quella messicana è un’economia piena di risorse molto solide, tra cui il petrolio,
ma governate in un modo anacronistico e corporativo che determina un’enorme disuguaglianza
nella distribuzione della ricchezza. Perciò, accanto a realizzazioni molto avanzate,
vivono enorme fasce sociali di miseria estrema che,
secondo la Banca Mondiale, colpisce almeno il 58% della popolazione.
È IN ORBITA LO SHUTTLE DISCOVERY, DECOLLATO NELLA
NOTTE DA CAPE CANAVERAL, IN FLORIDA. RESTERÀ NELLO SPAZIO PER 12 GIORNI.
7 I
MEMBRI DELL’EQUIPAGGIO, TRA CUI 2 DONNE
CAPE CANAVERAL. = Una luce ha illuminato la notte della
Florida: quella dello Shuttle Discovery, decollato alle 20.47 ora locale dal
centro spaziale ‘Kennedy’, a Cape Canaveral. Nonostante i timori per il
maltempo, che già giovedì scorso aveva fatto rinviare il lancio, la navetta è
partita regolarmente e resterà in orbita per 12 giorni. Si tratta del primo lancio
notturno dal febbraio 2003, quando lo shuttle Columbia si disintegrò al rientro
dallo spazio, a causa di un problema al rivestimento termico. Il Discovery trasporta
7 membri dell’equipaggio, tra cui 2 donne, che domani raggiungeranno la Stazione
Spaziale Internazionale (ISS) dove svolgeranno gran parte della loro missione.
Gli astronauti dovranno installare un nuovo pezzo del rivestimento esterno
dell’ISS e sostituire l’impianto elettrico. Quest’ultimo compito si preannuncia
particolarmente difficile, poiché la Stazione spaziale non può mai restare al
buio. Attualmente, la costruzione dell’ISS è arrivata a metà
percorso; la NASA dovrà completarla entro il 2010, anno in cui, per
decisione del governo, termineranno le missioni degli shuttle. (I.P.)
LA
PREGHIERA PER GLI “OPERAI DELLE MESSE” E LA SUA ATTUALIZZAZIONE SONO STATI AL
CENTRO DEL CONVEGNO ROGAZIONISTA CHIUSO OGGI AL SALESIANUM
DI ROMA
- A
cura di Vito Magno -
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ROMA. = “La messe è molta, ma gli operai sono pochi;
pregate dunque il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe”: il
comando di Gesù non è una pagina di storia
passata, ma un impulso impresso alla vita della Chiesa di sempre. Come poi esso
si traduca in attualità se lo è chiesto il convegno celebrato dai Rogazionisti,
dalle Figlie del Divino Zelo e da 5 Associazioni laicali che insieme formano la
“Famiglia Rogazionista”. Chiuso questa mattina al
Salesianum di Roma, il convegno ha esaminato i concetti di ‘messe’, di ‘preghiera’, di ‘operai’ alla luce
delle vorticose trasformazioni in atto. In particolare padre Bartolomeo Sorge,
direttore di Aggiornamenti Sociali, ha detto che di fronte ai fenomeni del
secolarismo, del relativismo e della globalizzazione, va affermato il coinvolgimento
di tutti, in quanto “buoni operai” non sono soltanto i sacerdoti e i religiosi,
ma anche i laici. “Il fatto poi che la
Chiesa stia vivendo uno stato di purificazione, come dimostrano il calo di
vocazioni, l’abbandono della pratica religiosa e una crescente indifferenza sia
religiosa sia morale, non deve essere motivo di scoraggiamento, perché accanto
al grano buono della messe non manca mai la zizzania, e i tempi di Dio non sono
i nostri”. Enzo Bianchi, fondatore e priore della
Comunità di Bose, parlando della preghiera, ha invitato a guardare alla
pastorale vocazionale ed ai suoi frutti con ottica soprannaturale. “Senza
preghiera”, ha detto, “non possono aversi vocazioni, ma la risposta di Dio può
essere del tutto inedita e non sempre riconducibile
alle nostre statistiche”. Mons. Angelo Comastri, arciprete della Basilica di
San Pietro, ha richiamato l’efficacia della devozione mariana, mentre mons. Bruno
Forte, arcivescovo di Chieti, guardando al futuro ha detto: “O gli operai della
messe saranno dei mistici, degli uomini di carità, dei testimoni di speranza, o
non saranno!”. Concetti ribaditi da esperienze toccanti come quelle di Ernesto
Olivero, Suor Maria Pia Giudici ed Alessandra Borghese. Il contributo, invece,
della Famiglia Rogazionista, sintetizzato a conclusione dei lavori da Padre
Giorgio Nalin, superiore generale, abbraccia la riflessione teologica, il
servizio della carità, la missione evangelizzatrice soprattutto attraverso gli
strumenti della comunicazione sociale, i Centri vocazionali e di spiritualità.
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“IL
CINEMA AIUTI GLI UOMINI A SOGNARE UN MONDO MIGLIORE”: COSÌ IL RETTORE DELL’UPS,
PROF. MARIO TOSO, AL CONVEGNO “CINEMA ED EDUCAZIONE” ORGANIZZATO NEI GIORNI SCORSI
DALL’ATENEO SALESIANO
ROMA. =
I mass media, il cinema in particolare, devono trasformarsi in strumenti che aiutino gli uomini a “sognare un mondo migliore,
aperto alla Trascendenza”: è stato questo l’invito rivolto dal Rettore della
Pontificia Università Salesiana (UPS), prof. don Mario Toso, ai partecipanti al
convegno “Cinema ed educazione. Esperienze delle Associazioni Italiane del
Cinema, dall’impegno nel passato alle sfide del futuro”. E’ stato organizzato
nei giorni scorsi a Roma dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione
dell’Ateneo salesiano. Nel suo intervento introduttivo, il
‘RAGAZZI…CHE
SPETTACOLO!’: SI INTITOLA COSÌ IL CONVEGNO NAZIONALE
DEGLI EDUCATORI ACR, CHE SI CHIUDE OGGI A ROMA
ROMA. = Sono più di 900 gli
educatori dell’ACR–Azione Cattolica Ragazzi che oggi a Roma hanno concluso il
convegno nazionale a loro dedicato e intitolato “Ragazzi…che spettacolo!”. “In
una realtà complessa come quella che contraddistingue il nostro tempo”, ha
affermato Mirko Campoli, responsabile dell’Acr, “i ragazzi continuano ad essere
una grandissima ricchezza per tutta la Chiesa e per il mondo”. “L’Azione
Cattolica Ragazzi”, ha aggiunto, “opera da sempre nelle parrocchie e nelle
diocesi e oggi crede molto nella dimensione di ‘rete’, capace di mettere
insieme tutti coloro che hanno a cuore la crescita e l’educazione dei piccoli”.
Come riferisce il SIR, le giornate di lavoro sono state scandite da percorsi di
approfondimento, con visite ad ambienti istituzionali, studi televisivi e
incontro con giudici, giornalisti e pedagogisti. (I.P.)
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10 dicembre 2006
- A cura di Eugenio Bonanata -
In
Libano, Paese per il quale ha rivolto oggi un appello il papa all’Angelus,
decine di migliaia di sostenitori dell’opposizione si stanno radunando nel
centro di Beirut, dove nel pomeriggio è in programma la nuova manifestazione
indetta dal movimento sciita Hezbollah per costringere alle dimissioni il governo
del premier Fuad Siniora. Il nostro servizio:
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C’è
preoccupazione per gli sviluppi di questa giornata. Le dichiarazioni della
vigilia non sono state certo rassicuranti. “Lunedì sarà un nuovo giorno in
Libano” - hanno detto attivisti Hezbollah che hanno avvertito: “Sappiamo come
paralizzare le istituzioni, specialmente i porti, gli aeroporti e la pubblica
amministrazione”. L’obiettivo di
Hezbollah e dei suoi alleati è – come noto – quello di sovvertire il governo
Siniora ed eleggere un nuovo esecutivo di unità nazionale. Un obiettivo
ostacolato invece dai sunniti che in questi giorni hanno parlato apertamente
del rischio guerra civile. Seniora, che dal canto suo ha accusato Hezbollah di
minacciare un golpe, resta trincerato con i suoi
ministri nel palazzo del governo, assediato anche questa notte per il decimo
giorno consecutivo dai manifestanti. Dalla parte del premier sembra si possano
annoverare, oltre che gli occidentali, l’Egitto,
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Ancora
sangue in Iraq. Uomini armati hanno fatto irruzione nelle case di due famiglie
sciite, in un quartiere di Baghdad abitato prevalentemente da sunniti,
uccidendo nove persone. Intanto, mentre Donald Rumsfeld, il ministro americano
della Difesa uscente, ha fatto visita a sorpresa ai soldati di stanza nel Paese
per ringraziarli del loro lavoro, il presidente iracheno Talabani ha respinto
il rapporto Baker, il documento che propone un'inversione di rotta della
politica statunitense in Iraq. Talabani ha precisato che il rapporto è
“ingiusto e contiene articoli pericolosi che pregiudicano la sovranità
dell’Iraq e la sua Costituzione". In particolare il presidente iracheno si
è detto contrario al coinvolgimento nel processo politico del Paese degli ex
membri del disciolto partito Baath, al potere con Saddam.
“L’Iran per adesso non pensa ad
alcuna trattativa bilaterale con gli USA” sulla situazione in Iraq. E’ quanto
ribadito dal ministero degli Esteri di Teheran che ha aggiunto: “Quello che devono
fare gli americani è ritirare le loro truppe, ciò porterà la calma nel Paese”.
L’Iraq
e
L’Iran sostiene il governo palestinese di Hamas. E’ quanto
affermato dall’ayatollah Ali Khamenei, la guida suprema iraniana, che oggi a
Teheran ha ricevuto il premier palestinese Haniyeh. Khamenei ha elogiato “la
resistenza e la lotta” di Hamas, sottolineando che queste sono “le ragioni che
stanno dietro ai progressi fatti dai Palestinesi”, nonostante il mancato
appoggio dei Paesi arabi. Dal canto suo, il premier palestinese ha ribadito che
il suo governo “non riconoscerà mai” Israele, aggiungendo che “la resistenza è
l’unica via per la liberazione della Palestina”.
Un’altra strage ha funestato la
regione sudanese del Darfur. Ventidue civili sono stati uccisi nei pressi del
villaggio di Sirba, da un gruppo di uomini armati di cui ancora non è stata
chiarita l’identità. Altre dieci persone sono rimaste ferite nell’attacco, che,
secondo fonti dell'Unione Africana, è avvenuto ieri.
Resta alta la tensione in Somalia dopo i violenti combattimenti tra truppe regolari e
milizie fedeli alle Corti Islamiche scoppiati ieri nei pressi di Baidoa, dove
ha sede il fragile governo transitorio. Sulla situazione nel Paese africano, Mathilde Auvillain ha intervistato
Giorgio Bertin, Amministratore apostolico di Mogadiscio:
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Ho l’impressione che questi scontri possano
essere anche stati causati dalla decisione recente del Consiglio di sicurezza
dell’ONU di aprire la possibilità a un intervento di una forza di pace. Ho un
po’ quest’impressione anche se, da mesi ormai, le forze dei tribunali islamici
e le forze governative si fronteggiavano. Il linguaggio usato in questi ultimi
5 o 6 mesi è sempre stato un linguaggio molto infiammatorio e quindi è probabile
che questa decisione delle Nazioni Unite sia stato quel qualcosa in più che ha
portato a questi scontri. E’ probabile anche che gli scontri possano proseguire
e allargarsi. Per quanto riguarda
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Storiche elezioni locali domani
per gli oltre 2 milioni di elettori della provincia indonesiana di Aceh, teatro
di trent’anni di lotta armata da parte del movimento separatista GAM, con un bilancio
di almeno 15 mila morti. Soltanto nell’agosto del 2005 - dopo la catastrofe
dello tsunami che colpì il sud est asiatico - a Helsinki, in Finlandia, i
ribelli siglarono un accordo con le autorità di Jakarta e l’esercito regolare
si ritirò dal nord dell’Isola di Sumatra. Al microfono di Giada Aquilino, ce ne
parla mons. Anicetus Sinaga, vescovo coadiutore di Mèdan, da cui dipende Aceh:
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R. – C’è stata la ribellione del
gruppo GAM di Aceh, che voleva staccarsi dall’Indonesia. Alla riunione di
Helsinki è stato raggiunto un accordo a collaborare per Aceh, accettando che il
movimento separatista si trasformasse in partito. Al momento si sta vivendo un
momento di pace e, quindi, per le elezioni non c’è paura: speriamo davvero che
il voto si svolga tranquillamente.
D. – La pace è stata trattata nel
difficile periodo dopo lo tsunami. Proprio in
occasione dello tsunami le comunità cattoliche indonesiane si mobilitarono a
favore delle popolazioni locali, a maggioranza musulmana…
R. – Al tempo dello tsunami i
gruppi religiosi erano distaccati ed i cattolici erano molto pochi. Ma dopo la
catastrofe dello tsunami c’è stato un riavvicinamento generale. I musulmani hanno
accettato molto cordialmente gli aiuti provenienti dall’estero. E i cristiani
sono diventati sempre più amici di Aceh.
D. – Quali sono i rapporti tra
cristiani e musulmani oggi?
R. – Molto buoni. Adesso ci è
stato chiesto di rimanere a Banda Aceh e stiamo pensando di costruire un
piccolo ospedale che rimanga dopo questa emergenza
dello tsunami. I musulmani ci hanno dato un grande aiuto. Ho visitato un gruppo
di capi musulmani e mi hanno detto che non ci sono difficoltà fra noi.
D. – Qual è l’auspicio della
Chiesa locale per il futuro di Aceh?
R. – Speriamo, nel futuro, in una
collaborazione amichevole tra la gente di Aceh.
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Nuovi scontri armati tra ribelli tamil e forze governative
hanno lasciato sul terreno più di 40 morti nella regione orientale dello Sri
Lanka. Secondo fonti del ministero della Difesa, sono
stati uccisi una quarantina di guerriglieri delle ‘Tigri del Tamil’ e due
soldati. Diversa la versione degli indipendentisti che parlano di 30 soldati
uccisi assieme a 15 civili e a 7militanti tamil.
Due soldati nordcoreani alla deriva su una piccola
imbarcazione sono stati tratti in salvo da una motovedetta della Corea del Sud
al largo di Sokcho, lungo la costa nordorientale della penisola. Benché non sia
chiaro perché i due soldati siano finiti in acque sudcoreane, il gesto conferma
il generale processo di distensione fra i due Paesi. Le due Coree infatti sono tecnicamente ancora in guerra dal momento che
al conflitto del 1950-53 non è mai seguito un trattato di pace. Negli ultimi
anni però la collaborazione si è fatta sempre più stretta e Seul è uno dei
mediatori del cosiddetto ‘negoziato a sei’ avviato per convincere Pyongyang a rinunciare
al suo programma nucleare.
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