RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 341 - Testo
della trasmissione di giovedì 7 dicembre
2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Appello
dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo per
la riconciliazione nel Paese
Commemorati,
in Cambogia, i 450 anni della presenza della Chiesa cattolica nel Paese asiatico
Per
Natale, adotta un maestro nel sud del mondo: è l’iniziativa lanciata dall’OPAM
Secondo
la Banca Mondiale, più della metà degli indonesiani vive
sotto la soglia della povertà
Concluso a Città del Capo, in Sudafrica, il Congresso
mondiale sul diabete
L’ONU adotta una
risoluzione sulla regolamentazione del commercio delle armi convenzionali
7 dicembre 2006
PROMUOVERE E SOSTENTERE NELLA
CHIESA E NEL MONDO DELLA CULTURA
UN RINNOVATO PROGETTO DI UMANESIMO
CRISTIANO:
E’ L’ESORTAZIONE DI BENEDETTO XVI ALLE PONTIFICIE
ACCADEMIE
RIUNITE STAMANI IN VATICANO PER LA LORO XI SEDUTA PUBBLICA.
ALLA VIGILIA DELLA SOLENNITA’
DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE,
IL PAPA INCORAGGIA IL LAVORO DEI
CULTORI DI MARIOLOGIA
- Intervista con il cardinale Paul Poupard -
E’ necessario promuovere un rinnovato
progetto di umanesimo cristiano: è l’esortazione di Benedetto XVI, contenuta
nel messaggio letto a suo nome dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio
Bertone, indirizzato al cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura,
in occasione dell’undicesima seduta pubblica delle Pontificie Accademie,
tenutasi stamani nell’Aula Nuova del Sinodo, sul tema “L’Immacolata, Madre di
tutti gli uomini, icona della bellezza e della carità divina”. Un tema, questo,
che assume particolare significato, alla vigilia della Solennità
dell’Immacolata Concezione. Domani il Papa reciterà l’Angelus a mezzogiorno in
Piazza San Pietro. Poi alle ore 16, si recherà in piazza di Spagna per il
tradizionale omaggio alla Madonna, quindi si soffermerà in preghiera nella
Basilica di Santa Maria Maggiore. Ma torniamo al messaggio del Papa con il
servizio di Alessandro Gisotti:
**********
“Promuovere e sostenere, nella
Chiesa come pure nel mondo della cultura e delle arti, un rinnovato e generoso
progetto di umanesimo cristiano, capace di rispondere adeguatamente alle sfide,
culturali e religiose, con cui quotidianamente si confrontano gli uomini e le
donne di questa nostra epoca”. E’ la viva esortazione del Pontefice, che, ha
affermato il cardinale Tarcisio Bertone, incoraggia l’impegno di tutte le
Pontificie Accademie a promuovere “nei rispettivi ambiti di vita e di studio,
un autentico umanesimo cristiano”. Soffermandosi poi sul tema scelto per la
seduta pubblica, il porporato ha sottolineato che Maria di Nazareth eccelle tra
tutte le creature perché, essendo stata “preservata” dal
peccato originale e colmata "di grazia", è talmente animata e
pervasa dalla carità dello Spirito Santo, da diventare il prototipo della
persona umana”. Maria, ha proseguito, “nella maniera più totale e senza alcuna
riserva, accoglie il Figlio di Dio nell’ora tragica della sua Passione come in
quella della Risurrezione”. E così si rivela “Madre di tutta l’umanità e in
particolare dei discepoli del Figlio”.
La Chiesa, prosegue il messaggio
pontificio, “contemplando la singolare e luminosa figura di Maria, scopre e
comprende sempre meglio la sua identità di madre, discepola e maestra”. Il
Papa, ha detto il cardinale Bertone, ritiene propizia l’occasione della seduta
delle Pontificie Accademie per “rivolgere un caloroso incoraggiamento a tutti i
cultori di Mariologia affinché si impegnino sempre
più”, “prestando particolare attenzione ad una metodologia rispettosa
dell'interazione feconda tra la via veritatis e
la via pulchritudinis, che si compendiano
nella via caritatis”. In tale contesto, il Santo Padre ha attribuito il Premio
delle Pontificie Accademie alla Sezione francese per i Congressi Mariologici, collegata alla Pontificia Accademia
Mariana Internazionale. Un’istituzione, si legge nel messaggio, “formata da
giovani studiosi e docenti di Mariologia di vari
Paesi africani”, che “si è distinta per significative iniziative di studio,
volte a contestualizzare nelle culture africane la
riflessione mariologica”. Su suggerimento del Consiglio
di Coordinamento, il Papa ha inoltre offerto una Medaglia del Pontificato allo
studioso padre Fidel Stockl,
dei canonici regolari della Santa Croce, per l’opera l'opera Mary, Model and
Mother of consacrated Life.
A marian
Synthesis of Theology of consacrated Life based on
the Teachings of John Paul II.
**********
L’incontro odierno, dedicato a
Maria, è stato curato dalle Pontificie Accademie dell’Immacolata e Mariana
internazionale. Nel suo intervento per l’occasione, il cardinale Paul Poupard, presidente del
Consiglio di Coordinamento fra le Accademie Pontificie, ha sottolineato che la
bellezza di Maria “ci attira, ci stupisce e ci affascina perché non brilla di
luce propria, ma è il riflesso più trasparente e luminoso della bellezza di
Dio, del suo Amore”. In Maria, infatti, ha detto il porporato “lo splendore
della carità e della verità di Dio rifulge in maniera eccelsa ed unica”.
Proprio su questa bellezza di Maria, Madre della Chiesa, si sofferma lo stesso
cardinale Paul Poupard,
intervistato da Giovanni Peduto:
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R. – Maria è la piena di grazia e
per tutti noi modello dell’umanità, che è resa partecipe della bellezza divina,
perché il Figlio di Dio si incarna nel suo seno, che è la bellezza stessa. Dio
Bellezza viene in Maria che diventa la creatura icona di bellezza.
D. – Bisogna avere occhi puri per
vedere la bellezza divina, che non sempre coincide con i canoni umani…
R. – “Beati i cuori puri” dirà suo
Figlio Gesù. Chiediamo a Maria di darci quello sguardo che è stato il suo, verso
suo Figlio, verso tutte le persone, verso tutte le cose, sapendo, come nel suo Magnificat, rendere grazie al Signore,
per vedere in tutto il bene, le tracce di Dio. E quando, apparentemente, sembra
essere il contrario, impariamo da Maria a trovare la bellezza dell’amore anche
sotto il velo del dolore.
D. – Lo Spirito Santo è la
bellezza di Dio che attrae a sé l’umanità. Maria è la piena di grazia, cioè
ripiena di Spirito Santo…
R. – E’ piena di grazia e questa è
la nostra preghiera quotidiana nell’Ave Maria. Così la preghiamo di aiutarci a
riprendere coscienza, perché anche noi, nella nostra povera misura, abbiamo
ricevuto lo Spirito Santo, siamo stati battezzati nel nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo. Ringraziamo veramente e chiediamo a Maria di
portarci a contemplare la bellezza di Dio e della sua grazia che risplende.
D. – “Credere è bello” ha detto
più volte il Papa. Come superare una fede moralistica per fare esperienza di
una fede bella e gioiosa?
R. – Si pensi a quella bella, bellissima,
meditazione del nostro Santo Padre: non vi è niente di più bello che essere
raggiunti, sorpresi, dal Vangelo di Cristo. Non vi è niente di più bello che
conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui. Il compito del
pastore, del pescatore di uomini, può spesso apparire faticoso, ma è bello e
grande perchè in definitiva è un servizio alla gioia, alla gioia di Dio che
vuol fare il suo ingresso nel mondo. Attraverso queste parole possiamo davvero onorare
Maria, che è la via più bella della bellezza, che porta al suo Figlio, che è la
bellezza incarnata.
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IL PAPA
HA RICEVUTO STAMANE UN ALTRO GRUPPO DI VESCOVI DEL LAZIO,
IN
VISITA AD LIMINA:
IERI, L’INVITO AD “UNA CORAGGIOSA AZIONE
EVANGELIZZATRICE”.
- Ai
nostri microfoni mons. Domenico Sigalini -
Il Papa
ha ricevuto stamani un altro gruppo di vescovi del Lazio che lunedì scorso hanno
iniziato la loro visita “ad Limina”:
ieri Benedetto XVI li ha salutati durante l’udienza generale, nella Basilica
vaticana, invitandoli ad “una coraggiosa azione evangelizzatrice”, annunciando
che il Cristo è “il
Salvatore di ogni uomo”. Ha incontrato in questi giorni il Papa anche mons.
Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina. Fabio Colagrande gli ha chiesto di
parlarci del suo colloquio con il Pontefice:
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R. – E’ stato
molto bello perché è molto semplice: il Papa è veramente una persona squisita,
un signore, delicatissimo, ascolta tutto quello che tu vuoi dire, fa domande
pertinenti ... Il cerimoniale è molto semplice: si entra, il Papa ti dà la
mano, c’è subito la fotografia perché giustamente bisogna lasciare traccia di
questo incontro; dopo di ché ci si siede al tavolo e poi lì si comincia a
dialogare, a parlare dei preti, dei fedeli, dei vari problemi. Evidentemente per me il problema
principale è quello dei giovani, perché attorno a Roma e nel Lazio non è che
brilliamo di tanti spazi di dialogo, di confronto, di accoglienza per il mondo
giovanile! Per esempio, nelle nostre diocesi non ci sono oratori, non ci sono
tessuti di relazioni profonde, le associazioni stanno un po’ scarseggiando e
questo mi premeva comunicarlo al Papa e il Papa coglieva la necessità di creare
dei ponti tra la strada e
D. – Lei, quando è diventato
vescovo di Palestrina, nel maggio
R. – Sì, perché le nostre realtà diocesane,
il nostro popolo laziale – a mio avviso – come del resto un po’ tutto il popolo
italiano, ha bisogno di una rigenerazione della sua fede. Noi siamo cattolici
di antica tradizione, però su questo cattolicesimo c’è andata parecchia
polvere, c’è andata parecchia consuetudine, qualche ingessatura di troppo ... Oggi bisogna riscoprirla ex
novo e veramente ridarle slancio. Noi siamo un po’ addormentati. Allora,
questo è un po’ il primo compito di una comunità cristiana di questi tempi.
D. – Il Papa, ieri, durante
l’udienza generale, vi chiedeva “una coraggiosa azione evangelizzatrice”. Come
si concreta questo coraggio?
R. – Secondo me si concreta anche
non soltanto facendo bene il nostro lavoro parrocchiale, quindi aiutando tutti
ad incontrarsi con Dio, vivendo la vita sacramentale, ma anche uscendo dalle
nostre sacrestie, uscendo dai nostri spazi sacrali, andando nelle piazze,
andando concretamente anche nelle stazioni ... Il mio popolo prenestino è un
popolo di pendolari: sono seimila persone che prendono il
treno tutti i giorni da Zagarolo, e noi per
esempio abbiamo messo una tenda di preghiera davanti alla stazione,
proprio per indicare che ci siamo anche noi. Questo popolo pellegrinante verso
il lavoro è accompagnato dalla sua Chiesa, dal suo Dio che condivide con il
popolo questa difficoltà, questa fatica ...
D. – Nella sua lettera pastorale
chiedeva alla Chiesa locale di diventare una Chiesa che non sia
fatta “né di talebani né di smidollati”: perché queste due categorie?
R. – Sì ... perché, purtroppo, per
quanto riguarda la fede, si tenta di dire: io sono convinto, ci metto sopra un
coperchio, mi va bene tutto. Talebano! Guarda che
devi ragionare! Ma neanche smidollato, nel senso che non ci tieni alla tua fede
e va bene tutto il resto ... Allora, quindi, questo
equilibrio di una fede che è un atto intellettualmente onesto e umanamente
sensato, deve caratterizzare il nostro modo di essere credenti oggi, nel mondo.
Il Papa ce lo ricorda continuamente: questo allargare
lo spazio della razionalità, ma anche quello di approfondire lo spazio del
significato e del senso. Allora, un cristiano maturo in questa maniera sarebbe
capace di proporre agli altri quello in cui crede, non lo fa come un diktat, ma trova tutte le parole laiche
per poter dire la pienezza del suo cuore e nello stesso tempo, può ascoltare
una parola di Dio che lo illumina e che gli permette di guardare dentro la vita
da un altro punto di vista che da solo non riuscirebbe ad avere.
D. – Il suo augurio per questa
visita ad limina ...
R. – Che la nostra diocesi di
Palestrina possa riprendere con grande coraggio la sua fede perché le è stata
guadagnata da martiri: un giovane martire, Agapito, a 15 anni con il suo sangue
ha cambiato il mondo di allora. Perché non possiamo cambiarlo anche oggi?
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Questo pomeriggio il Papa riceverà
il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Nellore,
in India, presentata da mons. Pudohota Chinniah Balaswamy, per raggiunti
limiti di età.
Gli succede mons. Moses Doraboina Prakasam, finora vescovo di Cuddapah.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Riflessioni
sul recente viaggio apostolico del Papa in Turchia.
Servizio estero - In
evidenza l'Iraq: le raccomandazioni del rapporto della Commissione Baker; un approccio diplomatico necessario per uscire dalla
crisi.
Servizio culturale - Un
articolo di Francesco Buranelli dal titolo “Un
viaggio nella storia attraverso i crocevia della Sede Vacante”: in Laterano la
mostra “Habemus Papam”.
Servizio italiano - Politica, elezioni: saranno ricontate le schede. Controlli
su “bianche” e “nulle” in sette regioni
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7 dicembre 2006
“RISPARMIATE
AL LIBANO UN BAGNO DI SANGUE”.
È L’APPELLO DEI VESCOVI MARONITI LIBANESI AL
GOVERNO DI BEIRUT.
NEL
PAESE, INTANTO, CONTINUANO LE PROTESTE DI PIAZZA
E
CRESCONO I TIMORI PER UN DETERIORAMENTO DELLA CRISI
-
Intervista con mons. Béchara Raϊ
-
In Libano non accennano a
diminuire le tensioni politiche. L’opposizione filosiriana
ed il movimento Hezbollah, già scesi in piazza nei giorni scorsi, hanno indetto
una nuova manifestazione per domenica prossima contro il governo di Fuad Siniora. Intanto, i vescovi maroniti hanno lanciato un
nuovo appello per la pacificazione nel Paese. Ma qual è la richiesta dei
presuli libanesi? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al vescovo di Byblos dei maroniti, mons. Béchara
Raϊ:
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R. – Non vediamo altra soluzione che tornare alle
istituzioni costituzionali, e per queste intendiamo il Parlamento, il quale
dovrebbe risolvere la crisi di governo. Non possiamo lasciare che siano le
manifestazioni di piazza a risolvere i nostri problemi. Bisogna agire
attraverso le istituzioni. Questo è stato l’appello. Le manifestazioni servono
per esprimere opinioni; in ambito democratico, però, le soluzioni devono essere
prese attraverso le istituzioni.
D. – Dopo la guerra tra Hezbollah e Israele sembra
purtroppo realistica l’ipotesi, adesso, di una guerra civile ...
R. – Temiamo una guerra civile. Temiamo una guerra tra
sunniti e sciiti, a causa di una ripercussione del conflitto in Iraq. Abbiamo
quindi lanciato questo appello, perché se le manifestazioni continueranno c’è
questo pericolo di scontro tra sunniti e sciiti.
D. – Quindi, la difficile realtà del Libano subisce anche
ripercussioni esterne legate all’intricata situazione dell’intera regione?
R. – Penso di sì. Si dice che Hezbollah è legato, nelle
sue decisioni, alla Siria e all’Iran; loro negano. Ma non basta negare con le
parole, bisogna negare con i fatti. I fatti sono quelli di non continuare
l’opposizione nelle strade, distruggendo tutto. Si tratta di una distruzione
economica, sociale e politica, non solo di manifestazioni! Le ripercussioni e
le conseguenze sono nefaste. Bisogna tornare tutti alle istituzioni
costituzionali, dove ciascuno è rappresentato e non provocare la paralisi
completa della vita economica, politica e sociale del Paese.
D. – Quale, allora, il ruolo della Chiesa per il futuro
del Libano?
R. – La Chiesa si sta impegnando e tramite la buona
volontà, che non manca, cerca di creare una corrente di unità e di
comprensione. Malgrado tutto, da noi vince l’ottimismo sul pessimismo. Infatti,
ci sono molti tentativi per trovare una via di mezzo e uscire dalla crisi.
Speriamo bene!
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RIDURRE
PROGRESSIVAMENTE LA PRESENZA MILITARE AMERICANA IN IRAQ.
COSI’
IL RAPPORTO BAKER – HAMILTON CONSEGNATO IERI ALLA CASA BIANCA
-
Intervista con Camille Eid
-
Un graduale cambiamento di
ruolo per le truppe statunitensi in Iraq. Questo, in sintesi, il rapporto della
commissione Baker-Hamilton, consegnato ieri al
presidente americano, Bush, che ne discuterà oggi a
Washington col premier britannico Blair, in visita
lampo negli Stati Uniti. Mentre il Senato statunitense ha confermato Robert Gates come nuovo capo del
Pentagono, lo studio presentato alla Casa Bianca prevede che la presenza in Iraq
passi da strettamente militare ad operazione di appoggio, per poi arrivare a un
ritiro dal Paese del Golfo. Il rapporto non indica un calendario preciso per il
disimpegno, ma fissa significativi cambiamenti per il primo trimestre del 2008.
Per un giudizio sul rapporto Baker-Hamilton,
Giancarlo La Vella ha intervistato Camille Eid, esperto di Medio
Oriente del quotidiano “Avvenire”:
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R. – Effetti benefici, se
l’amministrazione americana dovesse accettare queste proposte. Io l’ho trovato
un rapporto molto coraggioso, che definisce la situazione in Iraq grave, formula
una serie di raccomandazioni e descrive soprattutto una realtà, che constatiamo
ormai da tre anni.
D. – Le forze di sicurezza
irachene non hanno ancora sufficiente potere per controllare tutta la
situazione. C’è il rischio che prendano il sopravvento
forze fondamentaliste?
R. – Il rapporto dice che il
governo iracheno dovrebbe velocizzare la presa di controllo sulla sicurezza del
Paese e questo avviene incrementando la qualità e il numero delle brigate
dell’esercito. Quindi, non dice “ritiriamo le truppe e lasciamo gli iracheni a
scannarsi tra di loro”. Parla soprattutto della
necessità di incoraggiare il governo iracheno a compiere passi decisivi in direzione
della riconciliazione nazionale. Quindi, questo è un passo importante. Il
rafforzamento della sicurezza si va accompagnando alla promozione della
riconciliazione nazionale in seno alla società irachena, altrimenti vuol dire
condannare l’Iraq al caos completo.
D. – Quali le conseguenze per
la Chiesa locale?
R. – La Chiesa ha pagato e
continua a pagare un prezzo altissimo. Tre giorni fa è stato rapito il sesto
sacerdote. La Chiesa ha perso in questi tre anni, come minimo, 100 mila fedeli,
che sono fuggiti in Siria, in Giordania o in altri Paesi ancora. Ogni settimana
ci sono 50 certificati di battesimo, necessari per confermare l’appartenenza
religiosa all’estero, che vengono richieste ai
parroci. Questo dimostra che c’è un esodo di massa che ovviamente colpisce
proprio nelle sue forze vive la comunità cristiana. Alla lunga questo,
ovviamente, porterà ad un impoverimento della presenza cristiana in Iraq.
D. – Quindi, l’applicazione
del Rapporto Baker non potrà che portare effetti positivi
di stabilizzazione anche per la Chiesa…
R. – Esattamente, s’inserisce
nel contesto di un disimpegno, ma preceduto comunque da un processo di
coinvolgimento di tutte le componenti della società irachena e soprattutto di
una riconciliazione nazionale. Quindi, una riconciliazione tra sunniti e sciiti
oppure tra curdi e arabi non può non essere benefica
anche riguardo al futuro della comunità cristiana stessa.
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MILANO
IN FESTA PER
L’ESORTAZIONE
DEL CARDINALE DIONIGI TETTAMANZI:
“SE
La Chiesa celebra oggi la memoria di Sant’Ambrogio:
particolarmente in festa
è la diocesi di Miliano, di cui il Santo è Patrono. L’arcivescovo
di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha celebrato ieri i Vespri e oggi il
Pontificale nella Basilica di Sant’Ambrogio, lanciando questo invito: “se la città ha un cuore e una identità non ci sono più
periferie”. Dal capoluogo lombardo il servizio di Fabio Brenna:
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Non sono solo le periferie urbane a preoccupare
l’arcivescovo di Milano nel suo discorso alla città per Sant’Ambrogio, sono
anche le periferie umane, quelle che nascono dall’allontanamento,
l’emarginazione e l’isolamento, lì dove prevalgono solitudine, paura, le
reazioni violente. E’ un discorso che incrocia anche il fenomeno della fuga
dalle città, che finisce per dilatare però le periferie e fa ritrovare i
fenomeni da cui si fugge, come minori e anziani abbandonati, il bullismo, la violenza che la fa da padrona e porta ad esperienze
dello straniamento da sé. Un fenomeno che può essere
affrontato, secondo il cardinale Tettamanzi, soltanto recuperando la dimensione
dell’interiorità:
“C’è un impegno nel costruire la città, che è attento alla
dimensione della interiorità, perché l’interiorità ha pure una valenza civile.
Persino una società lontana da Dio è diversa, se è ricca di dimensione
interiore, rispetto ad una società che è votata alla superficialità. E’
l’interiorità che restituisce l’anima alla città. E’ l’interiorità che
costruisce il nostro futuro, quello personale e quello dell’intera comunità
civile, e aggiungerei quello della cultura occidentale nel suo complesso. Solo
l’interiorità assicura un’identità vera, ossia un’identità che non ha paura
dell’altro, che non si chiude in se stessa, che non va allo scontro, ma
all’incontro”.
L’interiorità di cui parla il cardinale ha a che fare con
il tema dell’identità. Il futuro della comunità civile non sta in una ordinata ghettizzazione, soprattutto degli extra comunitari
– dice – ma nelle diverse identità che sono messe in condizione di non temersi
reciprocamente. Agli amministratori pubblici e alla politica, l’arcivescovo
chiede allora di creare tutte le condizioni, che rendano possibile essere
persona in pienezza e ne ricollochino la dignità e il valore al centro della
moderna civiltà:
“Non pochi sforzi sono stati fatti dalle istituzioni,
dalle aggregazioni sociali, dalle comunità parrocchiali e dalle varie realtà di
Chiesa e da tante persone generose, per vincere la dequalificazione
urbana. Sono sforzi da continuare con decisione e con grande fiducia. Ma da quanto
abbiamo detto, circa l’uomo che rischia di essere periferia a se stesso, comprendiamo
come sia ancora più acuta la sfida che ci attende. La riqualificazione urbanistica
delle periferie cittadine, per quanto necessaria e significativa e doverosa,
non basta, chiedono di più, domanda un coinvolgimento e un vero ascolto di
coloro che abitano e operano in quelle periferie e ne vivono il disagio. Solo
questo di più potrà essere risolutivo”.
Il tema della lotta al degrado sociale, che diventa
riscoperta della persona umana da mettere al centro, è stato ripreso nel
Pontificale per la festa di Sant’Ambrogio, Patrono della città e della diocesi
di Milano.
Da Milano, per Radio Vaticana, Fabio Brenna.
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POLEMICHE
IN ITALIA DOPO LA DECISIONE DEL COMUNE DI PADOVA
DI RICONOSCERE
LE COPPIE DI FATTO IN QUANTO FAMIGLIE ANAGRAFICHE
SULLA
BASE DI VINCOLI AFFETTIVI
-
Intervista con don
Giampaolo Dianin e Giuseppe Giacobbe -
Un “ipocrita inaccettabile iniziativa”: cosi oggi commenta
l’“Osservatore Romano” il caso apertosi a Padova, dove
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R. – Sì; noi abbiamo espresso una forte preoccupazione per
questa mozione che in se stessa non ha più di tanto valore giuridico
ma sicuramente a livello simbolico è molto forte, perché di fatto se
messa insieme con le mozioni che sono state fatte anche in altre città, vari
registri delle coppie di fatto, tutto questo ci sembra vada verso quella
cultura e quella mentalità che vuole far passare come famiglia tutto ciò che è
semplicemente legame affettivo, a prescindere dal maschile e dal femminile, ma
anche a prescindere da diritti e doveri, anche esplicitati.
D. – La nota espressa dalla diocesi sottolinea anche
l’impatto diseducativo per le nuove generazioni ...
R. – Siamo tutti consapevoli che oggi i legami affettivi
sono strutturalmente fragili. Ecco, questa parola “strutturalmente” è molto
forte, cioè, non è solo una fragilità che è di sempre, ma oggi è qualcosa di
molto più forte e radicato. E allora, pensare di consegnare soprattutto alle
nuove generazioni, un modello di vita di coppia senza impegni – ci sono
certamente degli impegni, ma sono solo a livello personale e sempre reversibili – tutto questo porta le persone a pensare a
legami a termine, a tempo, che oggi posso iniziare e domani terminare ...
questo, ci sembra, non fa bene alle persone, non fa bene – ovviamente – ai
figli e credo non fa bene nemmeno alla società, alle relazioni sociali.
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Occupiamoci dei risvolti propriamente giuridici di questa
vicenda, sulla quale si è acceso un vivace dibattito nel Parlamento italiano.
Per alcuni questa mozione sulla famiglia anagrafica collide con
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R. – Questo è un modo indiretto per eludere il dettato
costituzionale, perchè dire “famiglia anagrafica” o non significa nulla o
significa riconoscimento sostanziale delle unioni di fatto.
D. – Vuol dire che una mozione di questo genere equipara
la famiglia alle convivenze?
R. – Sostanzialmente sì, perché il nostro ordinamento
prevede la famiglia anagrafica, ma non in quanto fondata su vincoli affettivi;
prevede la famiglia anagrafica, in quanto convivenza. Il collaboratore
domestico che vive e dorme presso la famiglia costituisce la famiglia anagrafica.
Il vincolo affettivo, però, implica che si vuole attribuire un valore di
famiglia. Si sta assistendo al fatto che per evitare lo scontro frontale si
creano tanti tasselli, realizzati i quali si arriva poi alla conclusione, per cui il riconoscimento è nell’ordinamento.
D. – Come commenta l’affermazione del ministro Melandri
che dice: “Con questa mozione si smette di ignorare i diritti di milioni di
cittadini” …
R. – Nessuno contesta il diritto dei cittadini di
convivere con o senza il matrimonio. Non c’è nessuna discriminazione
nell’ordinamento. Il problema è se a queste unioni bisogna attribuire un
riconoscimento che le parifichi alla famiglia. A mio giudizio un iter di questo
genere non è compatibile con l’articolo 29, comma 1 della Costituzione che
riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
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7 dicembre 2006
APPELLO
DEI VESCOVI DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO
PER LA
RICONCILIAZIONE NEL PAESE. I PRESULI CHIEDONO DI COMBATTERE L’ANALFABETISMO E
DI RISPETTARE I DIRITTI UMANI
KINSHASA. = “Dopo le elezioni
è urgente riconciliare i congolesi e rispettare
l’opposizione democratica. E’ l’appello lanciato dai vescovi della Repubblica Democratica
del Congo in vista dell’odierno insediamento del neo
presidente, Joseph Kabila. I vescovi – riferisce l’Agenzia Fides – invocano “la
riconciliazione” e la “liberazione dei prigionieri politici”. Congratulandosi
con il nuovo capo di Stato, i presuli ribadiscono poi “l’impegno della Chiesa
cattolica a continuare ad offrire il proprio contributo per la formazione delle
coscienze, all’educazione civica, oltre che a svolgere il proprio compito
pastorale”. I vescovi chiedono infine alle istituzioni di “avviare una decisa
lotta all’analfabetismo, di rispettare i diritti umani, di costruire strade e
infrastrutture per collegare le zone più isolate ed impervie del Paese”. (A.L.)
COMMEMORATI,
IN CAMBOGIA, I 450 ANNI DELLA PRESENZA DELLA CHIESA CATTOLICA NEL PAESE
ASIATICO
KOMPONG CHAM. = La missione
della Chiesa in Cambogia continua con coraggio, fedeltà e perseveranza. E’
quanto è stato sottolineato durante la solenne celebrazione liturgica
presieduta domenica scorsa dal nunzio apostolico in Cambogia, mons. Salvatore
Pennacchio, per commemorare i 450 anni della presenza della Chiesa cattolica
nel Paese asiatico. Il Papa – rende noto l’Agenzia Fides – ha voluto rendersi
presente attraverso il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, con la sua
benedizione apostolica. Alla cerimonia hanno assistito oltre tre mila fedeli.
Il prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, cardinale
Ivan Dias, ha poi ricordato che la storia della
Chiesa in Cambogia, “dopo il periodo delle dure prove, è paragonabile a quella
degli inizi delle Chiese di Gerusalemme e di Roma”. In Cambogia, dove la
popolazione supera i 14 milioni di abitanti, i cattolici sono circa 25 mila. (A.L.)
PER
NATALE, ADOTTA UN MAESTRO NEL SUD DEL MONDO: E’ L’INIZIATIVA
LANCIATA
DALL’OPERA DI PROMOZIONE DELL’ALFABETIZZAZIONE NEL MONDO,
FONDATA
DA DON CARLO MURATORE 35 ANNI FA
ROMA.= Bastano 15 euro per
pagare lo stipendio mensile di un insegnante nei Paesi in via di sviluppo e
garantire l’istruzione in un villaggio. E’ quanto sottolinea l’OPAM, l’Opera di
Promozione dell’Alfabetizzazione nel Mondo che, per Natale, lancia l’iniziativa
“Adotta un maestro”. Il presidente dell’OPAM, don Aldo Martini, ricorda che la
sua associazione - fondata nel 1972 da don Carlo Muratore - “può continuare a
svolgere la sua attività a favore dell’alfabetizzazione nei Paesi in via di
sviluppo grazie al contributo di tanti amici, che, comprendendo l’importanza
dell’istruzione e dell’educazione per promuovere l’autosviluppo
e la pace nel mondo, sostengono le nostre iniziative in vario modo”. Tra le
altre idee regalo per un Natale diverso, l’OPAM propone anche l’acquisto di un
banco di scuola, al costo di 25 euro e l’acquisto di uno zaino, completo di
materiale didattico (10 euro). Infine, si propone anche l’abbonamento annuale
alla rivista dell’OPAM, al costo di 13 euro, attraverso la quale approfondire
diverse tematiche legate all’educazione alla mondialità, allo sviluppo, alla
solidarietà e alla pace. Si avrà così la possibilità di conoscere, mese dopo
mese, i progetti di alfabetizzazione promossi dall’OPAM. Per ulteriori informazioni
si può visitare il sito www.opam.it o
chiamare allo 063203317. (A.G.)
PIU’ DELLA METÀ DEGLI INDONESIANI
VIVE SOTTO LA SOGLIA DELLA POVERTÀ.
E’
QUANTO EMERGE DAL RAPPORTO DELLA BANCA MONDIALE
SULLA
SITUAZIONE ECONOMICA DEL PAESE
JAKARTA. = Oltre 100 milioni di indonesiani vivono con
meno di due dollari al giorno. E’ quanto emerge da uno
studio della Banca Mondiale, che sottolinea come la “povertà avanzi” e metta a
rischio l’istruzione dei giovani nel quarto Paese più grande del mondo. Secondo
il rapporto - ripreso dall’Agenzia AsiaNews - circa il 40 per cento dei
genitori non ha la possibilità di mandare i figli alle scuole secondarie. E la
conseguenza – si legge nello studio – è che “la povertà si tramanda di
generazione in generazione”. In Indonesia, nonostante la crescita economica ed
alcuni progressi dopo la grave crisi finanziaria del 1997, la disoccupazione è
ferma al 10 per cento. “Il segreto per ridurre la povertà – spiega il massimo
rappresentante della Banca Mondiale in Indonesia – è di aiutare i poveri a partecipare
al processo di crescita nazionale”. (A.L.)
IL DIABETE COME EMERGENZA SOCIO-SANITARIA
MONDIALE:
CON
UNA PROCEDURA MOLTO PIÙ ACCELERATA RISPETTO ALLE
PREVISIONI,
L’ONU
VOTERÀ IL 16 DICEMBRE UNA RISOLUZIONE PER FRONTEGGIARE LA MALATTIA.
E’ IL
RISULTATO PIÙ SIGNIFICATIVO DEL 19.MO CONGRESSO
MONDIALE SUL DIABETE, APPENA CONCLUSO A CITTÀ DEL CAPO, IN
SUD AFRICA
- A cura di Andrea Rustichelli -
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CITTÀ DEL CAPO. = Sono due i punti fondamentali della
Risoluzione ONU, ha spiegato il professor Massi Benedetti, vice presidente
della Federazione internazionale per il diabete. Al primo posto c’è il
riconoscimento da parte dell’ONU della Giornata mondiale contro il diabete,
istituita ogni 14 novembre. La Risoluzione esorta poi tutti i governi nazionali
ad approntare un urgente piano sanitario contro la malattia, incentrato su
prevenzione, assistenza e cura. Ma dal Congresso di Città del Capo è uscita anche
una Dichiarazione sull’Africa, affinché sia maggiore l’accesso alle cure per i
10 milioni di malati attuali, una cifra che tra vent’anni crescerà dell’80 per
cento. Nel mondo, di diabete si muore più che di AIDS e nei Paesi in cui
scarseggia l’insulina è elevata la mortalità infantile. Ma le vittime sono
anche gli adulti a causa, in particolare, delle complicazioni cardio-vascolari
della malattia. Su un punto si è insistito, a Città del Capo: l’insulina da
sola non basta, è necessaria una campagna che educhi a stili di vita e di
alimentazione più adeguati. La parola d’ordine è “prevenzione”, un concetto
promosso anche da grandi ditte farmaceutiche che con misure concrete vogliono
ora uscire dal cono d’ombra che incombe spesso sulle multinazionali del farmaco.
Ma un messaggio sembra emergere chiaramente da Cape
Town, rivolto a tutti i governi: senza uno Stato sociale efficace, non si potrà
domare il diabete con i suoi effetti deleteri.
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RISOLUZIONE
DELL’ONU PER ARRIVARE AD UN TRATTATO DI REGOLAMENTAZIONE
SUL
COMMERCIO DI ARMI CONVENZIONALI
NEW YORK. = L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha
adottato una risoluzione per arrivare ad un “trattato che regoli il commercio
internazionale di armi convenzionali”. “Sebbene vi siano ancora numerosi passi
da compiere per ottenere un consenso definitivo – ha detto il segretario
generale dell’ONU, Kofi Annan
– la risoluzione rappresenta il primo passo formale” per l’adozione di criteri
internazionali sull’importazione, l’esportazione ed il trasferimento di armi
convenzionali. Il commercio senza regole di queste armi - prosegue Annan – contribuisce attualmente ad
alimentare conflitti, crimine ed terrorismo e compromette gli sforzi
internazionali per la pace”. Il segretario generale dell’ONU – riferisce infine
l’Agenzia missionaria MISNA – dovrà istituire un gruppo di esperti governativi
per studiare “la fattibilità, l’opportunità e i parametri” di un trattato sul
commercio internazionale di armi convenzionali. Lo studio sarà poi discusso
durante la 63.ma Assemblea che si aprirà nel
settembre del 2008. (A.L.)
PRESENTAZIONE
ROMANA, MARTEDÌ 5 DICEMBRE SCORSO, NELLA SEDE DELLA RAI
DI
VIALE MAZZINI, PER IL FILM-DOCUMENTARIO “AI CONFINI DEL CIELO”
PRODOTTO
DALL’ASSOCIAZIONE “FORUM JULII” DI UDINE. IL FILM TESTIMONIA
LO
STRETTO LEGAME D’AMICIZIA ESISTENTE TRA IL FRIULI E LA
CINA
- A
cura di Adriana Masotti -
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ROMA. = Protagonista dell’opera del regista Leandro
Castellani, il frate francescano Odorico da Pordenone,
missionario e esploratore, proclamato beato nel 1775 e di cui è in corso
il processo di canonizzazione. Nato nel 1265, Odorico era pervaso dal desiderio
di annunciare l’amore di Cristo anche ai popoli più lontani.
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7 dicembre 2006
- A cura di Fausta Speranza -
Un ventenne palestinese è stato leggermente ferito alle
gambe stamane dal fuoco di soldati israeliani sul
confine tra la Striscia di Gaza e Israele. Secondo un portavoce militare, il
giovane, assieme ad altri compagni, si era avvicinato al reticolato di confine,
all’altezza di Bet Lahiya,
e aveva cominciato a danneggiarlo né si sarebbe fermato dopo lo sparo colpi in
aria di avvertimento. Anche ieri due altri palestinesi sono stati feriti dopo
che si erano avvicinati al reticolato di confine con l’apparente intento di deporre
una mina. Dal 26 novembre scorso è in atto una tregua precaria tra Israele e
palestinesi nella Striscia. Questi ultimi l’hanno a loro volta ripetutamente
violata lanciando finora più di 15 razzi Qassam contro
il territorio israeliano. Intanto, il presidente egiziano, Mubarak,
ha detto che i negoziati per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit, catturato a giugno
da un gruppo palestinese, sono entrati nella fase finale. Mubarak ha detto,
sabato scorso, che il primo ministro israeliano, Olmert,
ha accettato di liberare un gran numero di palestinesi prima del rilascio di Shalit, 20 anni, catturato da gruppi palestinesi al confine
con la Striscia di Gaza
La Turchia propone di aprire uno dei suoi porti ed uno dei
suoi aeroporti alle merci provenienti da Cipro per superare l’impasse con
l’Unione Europea. La proposta diventa argomento all’ordine del giorno della riunione
dei rappresentanti permanenti dei Venticinque, stamane
a Bruxelles, e sembra rivitalizzare le trattative. Il
nostro servizio:
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Ancora nessuna risposta ufficiale ma la presidenza
finlandese fa sapere di giudicare la proposta della Turchia “molto costruttiva”
e il commissario all’Allargamento, Olli Rehn, parla di un importante passo per la piena implementazione
del protocollo di Ankara. Quello che
propone oggi la Turchia è di aprire per 12 mesi un suo porto ed un suo aeroporto
ai grecociprioti chiedendo in cambio l’inizio di voli
diretti dai Paesi europei all'aeroporto nord-cipriota di Ercan
e l’apertura del porto di Famagosta (Magusa) al commercio marittimo diretto. Una proposta
analoga era già stata presentata e respinta da Cipro, dunque sembra difficile
che entusiasmi Nicosia, ma ha messo
in moto in questo momento la diplomazia europea. Dopo il dibattito di questa mattina,
la questione passa alla riunione dei ministri degli Esteri di lunedì prossimo.
Tutti incontri in vista del vertice di metà dicembre. Sembrava che, in questa
fase, sulla Turchia si volesse evitare di far pronunciare i capi di Stato e di governo,
ma sembra sempre più difficile che l’ordine del giorno
del vertice possa ignorare la questione. Ricordiamo che Ankara deve riconoscere
a tutti i livelli Cipro, perché si tratta di un Paese membro dell’UE dal
2004. A parte le
perplessità di Bruxelles visto il critico rapporto sulle riforme, questa
è la condizione essenziale sulla via dei negoziati di adesione. La Turchia, finora,
non lo ha fatto trincerandosi dietro al fatto che la Repubblica di Cipro ha rifiutato
la possibilità di riunificazione con la parte nord, presentata su mediazione
dell’ONU. La parte nord è stata occupata dai turchi nel 1974.
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Un ragazzo nigeriano ucciso, alcuni feriti e 4 rapiti, di cui tre italiani
e un libanese: è il bilancio dell’attacco
ad una stazione di pompaggio dell’AGIP nel Delta del Niger. Lo riferisce la Farnesina precisando che l’Unità di crisi si è prontamente
attivata ed è in contatto con la sede diplomatica in Nigeria e con l’ENI. L’attacco
da parte di uomini armati nigeriani si è svolto precisamente nella stazione di
pompaggio dell’AGIP nello Stato di Bayelsa. Gli attacchi
e sequestri di lavoratori alle stazioni di pompaggio del greggio sono frequenti
nell’area del Delta del Niger, e generalmente finiscono con il pagamento di un
riscatto. Ma il 22 novembre scorso uno di questi episodi è finito nel sangue:
un britannico ucciso e un italiano ferito.
“Come versare
benzina sul fuoco”: è questa la prima reazione a caldo delle Corti Islamiche
somale alla decisione presa ieri sera dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, su
spinta determinante degli USA, di autorizzare la creazione di una forza militare
panafricana che operi in Somalia, revocando anche l’embargo
sulle armi così da consentirne un adeguato armamento. La forza militare opererà di fatto a difesa del Governo di Transizione Nazionale, internazionalmente riconosciuto
ma molto debole sul territorio, e che ora è tenuto in piedi dalle truppe etiopiche concentrate soprattutto intorno a Baidoa, 245 km a
nord ovest di Mogadiscio, dove le istituzioni hanno la loro sede provvisoria. Le Corti hanno preso Mogadiscio
nel giugno scorso, e da allora hanno continuato ad espandersi – anche se di
veri e propri combattimenti ce ne sono stati pochissimi – fino a controllare ora sette
delle nove regioni somale: in pratica tutto
il sud e buona parte del centro della città. Per le Corti un punto non
negoziabile è la presenza di truppe straniere – anche africane – in Somalia. In
tal senso avevano già proclamato la ‘guerra santa’ contro “l’invasore”
etiopico. A Nairobi, epicentro da sempre dei colloqui (formali e soprattutto informali)
sulla Somalia la preoccupazione è fortissima. Le cancellerie
europee, in particolare, avevano fortemente sconsigliato l’iniziativa di
Washington. Molti osservatori temono ormai che una guerra sia quasi inevitabile,
e che, se esplodesse, farebbe da probabile detonatore ad un più vasto conflitto
regionale, a partire da quello tra Etiopia ed Eritrea.
In Afghanistan, due civili sono stati uccisi e alcuni
altri sono rimasti feriti in un attentato con un’autobomba compiuto oggi a Kandahar e che aveva come obiettivo un convoglio della NATO. Si tratta del terzo attentato suicida da domenica
nella città del sud dell’Afghanistan, culla del movimento dei talebani. Il capitano
André Salloum, portavoce
della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) a Kandahar, ha detto che “il veicolo guidato da un kamikaze è
esploso vicino a un convoglio della NATO” e che “nessun
soldato è rimasto ferito”.
Il Gran Consiglio dei capi tribali delle
Figi, che ha un ruolo chiave nella costituzione del Paese, ha rifiutato
oggi di riconoscere il regime militare imposto due giorni fa con un colpo di stato dal
comandante delle forze armate, il commodoro Frank Bainimarama, che ha deposto il governo eletto del premier Laisenia
Qarase. Il leader golpista, che ha imposto lo stato
di emergenza, ha assunto i poteri presidenziali e ha nominato premier ad interim un anziano medico militare
senza esperienza politica, si trova così sempre più isolato, senza alcun gruppo
significativo nel Paese che esprima sostegno, sia pure
tacito, per la sua presa di potere. Il
colpo di Stato, il quarto in 20 anni nel piccolo arcipelago del Pacifico del
Sud, ha suscitato critiche e sanzioni dalla comunità internazionale. Nel tentativo
di consolidare la sua posizione, dopo aver sciolto il parlamento il capo militare,
ieri sera, ha usato i poteri che si era assunto per rimuovere dal suo ufficio e
dalla sua residenza
il vice presidente Ratu Joni
Madraiwiwi, un ex giudice dell’Alta Corte, che aveva
dichiarato illegale il golpe. Il Gran Consiglio dei capi, che aveva nominato Madraiwiwi ed il presidente Ratu Josefa Iloilo, ha espresso il suo
sostegno per i due leader e ha definito la rimozione del vice presidente “illegale,
incostituzionale e irrispettosa”. Iloilo resta tecnicamente
presidente del Paese, anche se Bainimarama ha detto
di aver assunto i suoi poteri. Il leader golpista sperava che i capi tribali
sostenessero il suo governo provvisorio, per procurarsi una “vernice di legittimità”.
Quasi 100 persone sono rimaste uccise o risultano disperse
dopo il passaggio di un tifone che ha colpito la costa meridionale del Vietnam,
danneggiando centinaia di migliaia di casupole. Lo ha reso noto un rapporto
governativo. Il Centro nazionale di controllo sulle inondazioni e i temporali
ha confermato che i morti accertati sono 67 e che altri 31 risultano dispersi
in seguito al passaggio del tifone Durian, che nelle Filippine
ha provocato la morte di centinaia di persone lo scorso martedì.
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