RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 341 - Testo della trasmissione di giovedì 7 dicembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Promuovere un rinnovato progetto di umanesimo cristiano: è l’esortazione di Benedetto XVI alle Pontificie Accademie. Alla vigilia della Solennità dell’Immacolata Concezione, il Papa incoraggia il lavoro dei cultori di Mariologia: ai nostri microfoni il cardinale Paul Poupard

 

Benedetto XVI ha ricevuto stamane un altro gruppo di vescovi del Lazio, in visita ad Limina: ieri, l’invito ad “una coraggiosa azione evangelizzatrice”. Con noi mons. Domenico Sigalini

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Accorato appello dei vescovi del Libano per la convocazione urgente del Parlamento per evitare un bagno di sangue: il commento di mons. Béchara Raϊ

 

Ridurre progressivamente la presenza militare americana in Iraq. Così il Rapporto BakerHamilton consegnato ieri alla Casa Bianca: ce ne parla Camille Eid

 

Milano in festa per la memoria di Sant’Ambrogio: l’esortazione del cardinale Tettamanzi “se la città ha un cuore e una identità non ci sono più periferie”

 

Polemiche in Italia dopo la decisione del comune di Padova di riconoscere le coppie di fatto in quanto famiglie anagrafiche sulla base di vincoli affettivi: intervista con don Giampaolo Dianin e Giuseppe Giacobbe

 

CHIESA E SOCIETA’:

Appello dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo per la riconciliazione nel Paese

 

Commemorati, in Cambogia, i 450 anni della presenza della Chiesa cattolica nel Paese asiatico

 

Per Natale, adotta un maestro nel sud del mondo: è l’iniziativa lanciata dall’OPAM

 

Secondo la Banca Mondiale, più della metà degli indonesiani vive sotto la soglia della povertà

 

Concluso a Città del Capo, in Sudafrica, il Congresso mondiale sul diabete

 

L’ONU  adotta una risoluzione sulla regolamentazione del commercio delle armi convenzionali

 

Presentato a Roma il film-documentario “Ai confini del cielo” sui legami di amicizia tra la Cina e il Friuli

 

24 ORE NEL MONDO:

La Turchia apre qualche spiraglio sulla questione di Cipro

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

7 dicembre 2006

 

PROMUOVERE E SOSTENTERE NELLA CHIESA E NEL MONDO DELLA CULTURA

UN RINNOVATO PROGETTO DI UMANESIMO CRISTIANO:

E’ L’ESORTAZIONE  DI BENEDETTO XVI ALLE PONTIFICIE ACCADEMIE

 RIUNITE STAMANI IN VATICANO  PER LA LORO XI SEDUTA PUBBLICA.

ALLA VIGILIA DELLA SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE,

IL PAPA INCORAGGIA IL LAVORO DEI CULTORI DI MARIOLOGIA

- Intervista con il cardinale Paul Poupard -

 

E’ necessario promuovere un rinnovato progetto di umanesimo cristiano: è l’esortazione di Benedetto XVI, contenuta nel messaggio letto a suo nome dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, indirizzato al cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, in occasione dell’undicesima seduta pubblica delle Pontificie Accademie, tenutasi stamani nell’Aula Nuova del Sinodo, sul tema “L’Immacolata, Madre di tutti gli uomini, icona della bellezza e della carità divina”. Un tema, questo, che assume particolare significato, alla vigilia della Solennità dell’Immacolata Concezione. Domani il Papa reciterà l’Angelus a mezzogiorno in Piazza San Pietro. Poi alle ore 16, si recherà in piazza di Spagna per il tradizionale omaggio alla Madonna, quindi si soffermerà in preghiera nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Ma torniamo al messaggio del Papa con il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Promuovere e sostenere, nella Chiesa come pure nel mondo della cultura e delle arti, un rinnovato e generoso progetto di umanesimo cristiano, capace di rispondere adeguatamente alle sfide, culturali e religiose, con cui quotidianamente si confrontano gli uomini e le donne di questa nostra epoca”. E’ la viva esortazione del Pontefice, che, ha affermato il cardinale Tarcisio Bertone, incoraggia l’impegno di tutte le Pontificie Accademie a promuovere “nei rispettivi ambiti di vita e di studio, un autentico umanesimo cristiano”. Soffermandosi poi sul tema scelto per la seduta pubblica, il porporato ha sottolineato che Maria di Nazareth eccelle tra tutte le creature perché, essendo stata “preservata” dal peccato originale e colmata "di grazia", è talmente animata e pervasa dalla carità dello Spirito Santo, da diventare il prototipo della persona umana”. Maria, ha proseguito, “nella maniera più totale e senza alcuna riserva, accoglie il Figlio di Dio nell’ora tragica della sua Passione come in quella della Risurrezione”. E così si rivela “Madre di tutta l’umanità e in particolare dei discepoli del Figlio”.

 

La Chiesa, prosegue il messaggio pontificio, “contemplando la singolare e luminosa figura di Maria, scopre e comprende sempre meglio la sua identità di madre, discepola e maestra”. Il Papa, ha detto il cardinale Bertone, ritiene propizia l’occasione della seduta delle Pontificie Accademie per “rivolgere un caloroso incoraggiamento a tutti i cultori di Mariologia affinché si impegnino sempre più”, “prestando particolare attenzione ad una metodologia rispettosa dell'interazione feconda tra la via veritatis e la via pulchritudinis, che si compendiano nella via caritatis”. In tale contesto, il Santo Padre ha attribuito il Premio delle Pontificie Accademie alla Sezione francese per i Congressi Mariologici, collegata alla Pontificia Accademia Mariana Internazionale. Un’istituzione, si legge nel messaggio, “formata da giovani studiosi e docenti di Mariologia di vari Paesi africani”, che “si è distinta per significative iniziative di studio, volte a contestualizzare nelle culture africane la riflessione mariologica”. Su suggerimento del Consiglio di Coordinamento, il Papa ha inoltre offerto una Medaglia del Pontificato allo studioso padre Fidel Stockl, dei canonici regolari della Santa Croce, per l’opera l'opera Mary, Model and Mother of consacrated Life. A marian Synthesis of Theology of consacrated Life based on the Teachings of John Paul II.

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L’incontro odierno, dedicato a Maria, è stato curato dalle Pontificie Accademie dell’Immacolata e Mariana internazionale. Nel suo intervento per l’occasione, il cardinale Paul Poupard, presidente del Consiglio di Coordinamento fra le Accademie Pontificie, ha sottolineato che la bellezza di Maria “ci attira, ci stupisce e ci affascina perché non brilla di luce propria, ma è il riflesso più trasparente e luminoso della bellezza di Dio, del suo Amore”. In Maria, infatti, ha detto il porporato “lo splendore della carità e della verità di Dio rifulge in maniera eccelsa ed unica”. Proprio su questa bellezza di Maria, Madre della Chiesa, si sofferma lo stesso cardinale Paul Poupard, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. – Maria è la piena di grazia e per tutti noi modello dell’umanità, che è resa partecipe della bellezza divina, perché il Figlio di Dio si incarna nel suo seno, che è la bellezza stessa. Dio Bellezza viene in Maria che diventa la creatura icona di bellezza.

 

D. – Bisogna avere occhi puri per vedere la bellezza divina, che non sempre coincide con i canoni umani…

 

R. – “Beati i cuori puri” dirà suo Figlio Gesù. Chiediamo a Maria di darci quello sguardo che è stato il suo, verso suo Figlio, verso tutte le persone, verso tutte le cose, sapendo, come nel suo Magnificat, rendere grazie al Signore, per vedere in tutto il bene, le tracce di Dio. E quando, apparentemente, sembra essere il contrario, impariamo da Maria a trovare la bellezza dell’amore anche sotto il velo del dolore.

 

D. – Lo Spirito Santo è la bellezza di Dio che attrae a sé l’umanità. Maria è la piena di grazia, cioè ripiena di Spirito Santo…

 

R. – E’ piena di grazia e questa è la nostra preghiera quotidiana nell’Ave Maria. Così la preghiamo di aiutarci a riprendere coscienza, perché anche noi, nella nostra povera misura, abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, siamo stati battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ringraziamo veramente e chiediamo a Maria di portarci a contemplare la bellezza di Dio e della sua grazia che risplende.

 

D. – “Credere è bello” ha detto più volte il Papa. Come superare una fede moralistica per fare esperienza di una fede bella e gioiosa?

 

R. – Si pensi a quella bella, bellissima, meditazione del nostro Santo Padre: non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi, dal Vangelo di Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui. Il compito del pastore, del pescatore di uomini, può spesso apparire faticoso, ma è bello e grande perchè in definitiva è un servizio alla gioia, alla gioia di Dio che vuol fare il suo ingresso nel mondo. Attraverso queste parole possiamo davvero onorare Maria, che è la via più bella della bellezza, che porta al suo Figlio, che è la bellezza incarnata.

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IL PAPA HA RICEVUTO STAMANE UN ALTRO GRUPPO DI VESCOVI DEL LAZIO,

IN VISITA AD LIMINA:

 IERI, L’INVITO AD “UNA CORAGGIOSA AZIONE EVANGELIZZATRICE”.

- Ai nostri microfoni mons. Domenico Sigalini -

 

Il Papa ha ricevuto stamani un altro gruppo di vescovi  del Lazio che lunedì scorso hanno iniziato  la loro visita “ad Limina”: ieri Benedetto XVI li ha salutati durante l’udienza generale, nella Basilica vaticana, invitandoli ad “una coraggiosa azione evangelizzatrice”, annunciando che il Cristo è “il Salvatore di ogni uomo”. Ha incontrato in questi giorni il Papa anche mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina. Fabio Colagrande gli ha chiesto di parlarci del suo colloquio con il Pontefice:

 

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R. – E’ stato molto bello perché è molto semplice: il Papa è veramente una persona squisita, un signore, delicatissimo, ascolta tutto quello che tu vuoi dire, fa domande pertinenti ... Il cerimoniale è molto semplice: si entra, il Papa ti dà la mano, c’è subito la fotografia perché giustamente bisogna lasciare traccia di questo incontro; dopo di ché ci si siede al tavolo e poi lì si comincia a dialogare, a parlare dei preti, dei fedeli, dei vari problemi. Evidentemente per me il problema principale è quello dei giovani, perché attorno a Roma e nel Lazio non è che brilliamo di tanti spazi di dialogo, di confronto, di accoglienza per il mondo giovanile! Per esempio, nelle nostre diocesi non ci sono oratori, non ci sono tessuti di relazioni profonde, le associazioni stanno un po’ scarseggiando e questo mi premeva comunicarlo al Papa e il Papa coglieva la necessità di creare dei ponti tra la strada e la Chiesa, proprio per il mondo giovanile ...

 

D. – Lei, quando è diventato vescovo di Palestrina, nel maggio 2005, ha scritto una lettera alla sua comunità. In questa lettera mi ha colpito che subito nel primo paragrafo, dopo poche righe, ci sia una speciale attenzione per coloro che hanno abbandonato la fede ...

 

R. – Sì, perché le nostre realtà diocesane, il nostro popolo laziale – a mio avviso – come del resto un po’ tutto il popolo italiano, ha bisogno di una rigenerazione della sua fede. Noi siamo cattolici di antica tradizione, però su questo cattolicesimo c’è andata parecchia polvere, c’è andata parecchia consuetudine, qualche ingessatura di troppo ... Oggi bisogna riscoprirla ex novo e veramente ridarle slancio. Noi  siamo un po’ addormentati. Allora, questo è un po’ il primo compito di una comunità cristiana di questi tempi.

 

D. – Il Papa, ieri, durante l’udienza generale, vi chiedeva “una coraggiosa azione evangelizzatrice”. Come si concreta questo coraggio?

 

R. – Secondo me si concreta anche non soltanto facendo bene il nostro lavoro parrocchiale, quindi aiutando tutti ad incontrarsi con Dio, vivendo la vita sacramentale, ma anche uscendo dalle nostre sacrestie, uscendo dai nostri spazi sacrali, andando nelle piazze, andando concretamente anche nelle stazioni ... Il mio popolo prenestino è un popolo di pendolari: sono seimila persone che prendono il treno tutti i giorni da Zagarolo, e noi per esempio abbiamo  messo  una tenda di preghiera davanti alla stazione, proprio per indicare che ci siamo anche noi. Questo popolo pellegrinante verso il lavoro è accompagnato dalla sua Chiesa, dal suo Dio che condivide con il popolo questa difficoltà, questa fatica ...

 

D. – Nella sua lettera pastorale chiedeva alla Chiesa locale di diventare una Chiesa che non sia fatta “né di talebani né di smidollati”: perché queste due categorie?

 

R. – Sì ... perché, purtroppo, per quanto riguarda la fede, si tenta di dire: io sono convinto, ci metto sopra un coperchio, mi va bene tutto. Talebano! Guarda che devi ragionare! Ma neanche smidollato, nel senso che non ci tieni alla tua fede e va bene tutto il resto ... Allora, quindi, questo equilibrio di una fede che è un atto intellettualmente onesto e umanamente sensato, deve caratterizzare il nostro modo di essere credenti oggi, nel mondo. Il Papa ce lo ricorda continuamente: questo allargare lo spazio della razionalità, ma anche quello di approfondire lo spazio del significato e del senso. Allora, un cristiano maturo in questa maniera sarebbe capace di proporre agli altri quello in cui crede, non lo fa come un diktat, ma trova tutte le parole laiche per poter dire la pienezza del suo cuore e nello stesso tempo, può ascoltare una parola di Dio che lo illumina e che gli permette di guardare dentro la vita da un altro punto di vista che da solo non riuscirebbe ad avere.

 

D. – Il suo augurio per questa visita ad limina ...

 

R. – Che la nostra diocesi di Palestrina possa riprendere con grande coraggio la sua fede perché le è stata guadagnata da martiri: un giovane martire, Agapito, a 15 anni con il suo sangue ha cambiato il mondo di allora. Perché non possiamo cambiarlo anche oggi?

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Questo pomeriggio il Papa riceverà il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Nellore, in India, presentata da mons. Pudohota Chinniah Balaswamy, per raggiunti limiti di età.

 

Gli succede mons. Moses Doraboina Prakasam, finora vescovo di Cuddapah.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Riflessioni sul recente viaggio apostolico del Papa in Turchia.

 

Servizio estero - In evidenza l'Iraq: le raccomandazioni del rapporto della Commissione Baker; un approccio diplomatico necessario per uscire dalla crisi.

 

Servizio culturale - Un articolo di Francesco Buranelli dal titolo “Un viaggio nella storia attraverso i crocevia della Sede Vacante”: in Laterano la mostra “Habemus Papam”.

 

Servizio italiano - Politica, elezioni: saranno ricontate le schede. Controlli su “bianche” e “nulle” in sette regioni

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

7 dicembre 2006

 

“RISPARMIATE AL LIBANO UN BAGNO DI SANGUE”.

 È L’APPELLO DEI VESCOVI MARONITI LIBANESI AL GOVERNO DI BEIRUT.

NEL PAESE, INTANTO, CONTINUANO LE PROTESTE DI PIAZZA

E CRESCONO I TIMORI PER UN DETERIORAMENTO DELLA CRISI

- Intervista con mons. Béchara Raϊ -

 

In Libano non accennano a diminuire le tensioni politiche. L’opposizione filosiriana ed il movimento Hezbollah, già scesi in piazza nei giorni scorsi, hanno indetto una nuova manifestazione per domenica prossima contro il governo di Fuad Siniora. Intanto, i vescovi maroniti hanno lanciato un nuovo appello per la pacificazione nel Paese. Ma qual è la richiesta dei presuli libanesi? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al vescovo di Byblos dei maroniti, mons. Béchara Raϊ:

 

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R. – Non vediamo altra soluzione che tornare alle istituzioni costituzionali, e per queste intendiamo il Parlamento, il quale dovrebbe risolvere la crisi di governo. Non possiamo lasciare che siano le manifestazioni di piazza a risolvere i nostri problemi. Bisogna agire attraverso le istituzioni. Questo è stato l’appello. Le manifestazioni servono per esprimere opinioni; in ambito democratico, però, le soluzioni devono essere prese attraverso le istituzioni.

 

D. – Dopo la guerra tra Hezbollah e Israele sembra purtroppo realistica l’ipotesi, adesso, di una guerra civile ...

 

R. – Temiamo una guerra civile. Temiamo una guerra tra sunniti e sciiti, a causa di una ripercussione del conflitto in Iraq. Abbiamo quindi lanciato questo appello, perché se le manifestazioni continueranno c’è questo pericolo di scontro tra sunniti e sciiti.

 

D. – Quindi, la difficile realtà del Libano subisce anche ripercussioni esterne legate all’intricata situazione dell’intera regione?

 

R. – Penso di sì. Si dice che Hezbollah è legato, nelle sue decisioni, alla Siria e all’Iran; loro negano. Ma non basta negare con le parole, bisogna negare con i fatti. I fatti sono quelli di non continuare l’opposizione nelle strade, distruggendo tutto. Si tratta di una distruzione economica, sociale e politica, non solo di manifestazioni! Le ripercussioni e le conseguenze sono nefaste. Bisogna tornare tutti alle istituzioni costituzionali, dove ciascuno è rappresentato e non provocare la paralisi completa della vita economica, politica e sociale del Paese.

D. – Quale, allora, il ruolo della Chiesa per il futuro del Libano?

 

R. – La Chiesa si sta impegnando e tramite la buona volontà, che non manca, cerca di creare una corrente di unità e di comprensione. Malgrado tutto, da noi vince l’ottimismo sul pessimismo. Infatti, ci sono molti tentativi per trovare una via di mezzo e uscire dalla crisi. Speriamo bene!

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RIDURRE PROGRESSIVAMENTE LA PRESENZA MILITARE AMERICANA IN IRAQ.

COSI’ IL RAPPORTO BAKER – HAMILTON CONSEGNATO IERI ALLA CASA BIANCA

- Intervista con Camille Eid -

 

Un graduale cambiamento di ruolo per le truppe statunitensi in Iraq. Questo, in sintesi, il rapporto della commissione Baker-Hamilton, consegnato ieri al presidente americano, Bush, che ne discuterà oggi a Washington col premier britannico Blair, in visita lampo negli Stati Uniti. Mentre il Senato statunitense ha confermato Robert Gates come nuovo capo del Pentagono, lo studio presentato alla Casa Bianca prevede che la presenza in Iraq passi da strettamente militare ad operazione di appoggio, per poi arrivare a un ritiro dal Paese del Golfo. Il rapporto non indica un calendario preciso per il disimpegno, ma fissa significativi cambiamenti per il primo trimestre del 2008. Per un giudizio sul rapporto Baker-Hamilton, Giancarlo La Vella ha intervistato Camille Eid, esperto di Medio Oriente del quotidiano “Avvenire”:

 

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R. – Effetti benefici, se l’amministrazione americana dovesse accettare queste proposte. Io l’ho trovato un rapporto molto coraggioso, che definisce la situazione in Iraq grave, formula una serie di raccomandazioni e descrive soprattutto una realtà, che constatiamo ormai da tre anni.

 

D. – Le forze di sicurezza irachene non hanno ancora sufficiente potere per controllare tutta la situazione. C’è il rischio che prendano il sopravvento forze fondamentaliste?

 

R. – Il rapporto dice che il governo iracheno dovrebbe velocizzare la presa di controllo sulla sicurezza del Paese e questo avviene incrementando la qualità e il numero delle brigate dell’esercito. Quindi, non dice “ritiriamo le truppe e lasciamo gli iracheni a scannarsi tra di loro”. Parla soprattutto della necessità di incoraggiare il governo iracheno a compiere passi decisivi in direzione della riconciliazione nazionale. Quindi, questo è un passo importante. Il rafforzamento della sicurezza si va accompagnando alla promozione della riconciliazione nazionale in seno alla società irachena, altrimenti vuol dire condannare l’Iraq al caos completo.

 

D. – Quali le conseguenze per la Chiesa locale?

 

R. – La Chiesa ha pagato e continua a pagare un prezzo altissimo. Tre giorni fa è stato rapito il sesto sacerdote. La Chiesa ha perso in questi tre anni, come minimo, 100 mila fedeli, che sono fuggiti in Siria, in Giordania o in altri Paesi ancora. Ogni settimana ci sono 50 certificati di battesimo, necessari per confermare l’appartenenza religiosa all’estero, che vengono richieste ai parroci. Questo dimostra che c’è un esodo di massa che ovviamente colpisce proprio nelle sue forze vive la comunità cristiana. Alla lunga questo, ovviamente, porterà ad un impoverimento della presenza cristiana in Iraq.

 

D. – Quindi, l’applicazione del Rapporto Baker non potrà che portare effetti positivi di stabilizzazione anche per la Chiesa…

 

R. – Esattamente, s’inserisce nel contesto di un disimpegno, ma preceduto comunque da un processo di coinvolgimento di tutte le componenti della società irachena e soprattutto di una riconciliazione nazionale. Quindi, una riconciliazione tra sunniti e sciiti oppure tra curdi e arabi non può non essere benefica anche riguardo al futuro della comunità cristiana stessa.

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MILANO IN FESTA PER LA MEMORIA DI SANT’AMBROGIO.

L’ESORTAZIONE DEL CARDINALE DIONIGI TETTAMANZI:

  “SE LA CITTA' HA UN CUORE E UNA IDENTITA' NON  CI SONO PIU' ‘PERIFERIE’”

 

La Chiesa celebra oggi la memoria di Sant’Ambrogio: particolarmente in festa  è la diocesi di Miliano, di cui il Santo è Patrono. L’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha celebrato ieri i Vespri e oggi il Pontificale nella Basilica di Sant’Ambrogio, lanciando questo invito: “se la città ha un cuore e una identità non ci sono più periferie”. Dal capoluogo lombardo il servizio di Fabio Brenna:

 

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Non sono solo le periferie urbane a preoccupare l’arcivescovo di Milano nel suo discorso alla città per Sant’Ambrogio, sono anche le periferie umane, quelle che nascono dall’allontanamento, l’emarginazione e l’isolamento, lì dove prevalgono solitudine, paura, le reazioni violente. E’ un discorso che incrocia anche il fenomeno della fuga dalle città, che finisce per dilatare però le periferie e fa ritrovare i fenomeni da cui si fugge, come minori e anziani abbandonati, il bullismo, la violenza che la fa da padrona e porta ad esperienze dello straniamento da sé. Un fenomeno che può essere affrontato, secondo il cardinale Tettamanzi, soltanto recuperando la dimensione dell’interiorità:

 

“C’è un impegno nel costruire la città, che è attento alla dimensione della interiorità, perché l’interiorità ha pure una valenza civile. Persino una società lontana da Dio è diversa, se è ricca di dimensione interiore, rispetto ad una società che è votata alla superficialità. E’ l’interiorità che restituisce l’anima alla città. E’ l’interiorità che costruisce il nostro futuro, quello personale e quello dell’intera comunità civile, e aggiungerei quello della cultura occidentale nel suo complesso. Solo l’interiorità assicura un’identità vera, ossia un’identità che non ha paura dell’altro, che non si chiude in se stessa, che non va allo scontro, ma all’incontro”.

 

L’interiorità di cui parla il cardinale ha a che fare con il tema dell’identità. Il futuro della comunità civile non sta in una ordinata ghettizzazione, soprattutto degli extra comunitari – dice – ma nelle diverse identità che sono messe in condizione di non temersi reciprocamente. Agli amministratori pubblici e alla politica, l’arcivescovo chiede allora di creare tutte le condizioni, che rendano possibile essere persona in pienezza e ne ricollochino la dignità e il valore al centro della moderna civiltà:

 

“Non pochi sforzi sono stati fatti dalle istituzioni, dalle aggregazioni sociali, dalle comunità parrocchiali e dalle varie realtà di Chiesa e da tante persone generose, per vincere la dequalificazione urbana. Sono sforzi da continuare con decisione e con grande fiducia. Ma da quanto abbiamo detto, circa l’uomo che rischia di essere periferia a se stesso, comprendiamo come sia ancora più acuta la sfida che ci attende. La riqualificazione urbanistica delle periferie cittadine, per quanto necessaria e significativa e doverosa, non basta, chiedono di più, domanda un coinvolgimento e un vero ascolto di coloro che abitano e operano in quelle periferie e ne vivono il disagio. Solo questo di più potrà essere risolutivo”.

 

Il tema della lotta al degrado sociale, che diventa riscoperta della persona umana da mettere al centro, è stato ripreso nel Pontificale per la festa di Sant’Ambrogio, Patrono della città e della diocesi di Milano.

 

Da Milano, per Radio Vaticana, Fabio Brenna.

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POLEMICHE IN ITALIA DOPO LA DECISIONE DEL COMUNE DI PADOVA

DI RICONOSCERE LE COPPIE DI FATTO IN QUANTO FAMIGLIE ANAGRAFICHE

SULLA BASE DI VINCOLI AFFETTIVI

- Intervista con don Giampaolo Dianin e Giuseppe Giacobbe -

 

Un “ipocrita inaccettabile iniziativa”: cosi oggi commenta l’“Osservatore Romano” il caso apertosi a Padova, dove la Giunta comunale ha approvato una mozione presentata dal presidente della locale Arcigay per riconoscere la “famiglia anagrafica” quale nucleo di persone legate da “vincoli affettivi e coabitativi”. Si apre di fatto la strada per riconoscere la famiglia, sia pure da un punto di vista amministrativo, non fondata sul matrimonio. Vibrate proteste sono giunte dalla diocesi di Padova, che prende atto di “un’apertura verso il riconoscimento giuridico delle unioni di fatto”. Ma quali potranno essere i risvolti pastorali etici di questa vicenda nella vita della società? Roberta Gisotti lo ha chiesto a don Giampaolo Dianin, docente di Teologia morale nella Facoltà Teologica del Triveneto:

 

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R. – Sì; noi abbiamo espresso una forte preoccupazione per questa mozione che in se stessa non ha più di tanto valore giuridico ma sicuramente a livello simbolico è molto forte, perché di fatto se messa insieme con le mozioni che sono state fatte anche in altre città, vari registri delle coppie di fatto, tutto questo ci sembra vada verso quella cultura e quella mentalità che vuole far passare come famiglia tutto ciò che è semplicemente legame affettivo, a prescindere dal maschile e dal femminile, ma anche a prescindere da diritti e doveri, anche esplicitati.

 

D. – La nota espressa dalla diocesi sottolinea anche l’impatto diseducativo per le nuove generazioni ...

 

R. – Siamo tutti consapevoli che oggi i legami affettivi sono strutturalmente fragili. Ecco, questa parola “strutturalmente” è molto forte, cioè, non è solo una fragilità che è di sempre, ma oggi è qualcosa di molto più forte e radicato. E allora, pensare di consegnare soprattutto alle nuove generazioni, un modello di vita di coppia senza impegni – ci sono certamente degli impegni, ma sono solo a livello personale e sempre reversibili – tutto questo porta le persone a pensare a legami a termine, a tempo, che oggi posso iniziare e domani terminare ... questo, ci sembra, non fa bene alle persone, non fa bene – ovviamente – ai figli e credo non fa bene nemmeno alla società, alle relazioni sociali.

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Occupiamoci dei risvolti propriamente giuridici di questa vicenda, sulla quale si è acceso un vivace dibattito nel Parlamento italiano. Per alcuni questa mozione sulla famiglia anagrafica collide con la Costituzione. Gabriella Ceraso ha raccolto il parere di Giuseppe Giacobbe, preside della facoltà di Giurisprudenza dell’Università LUMSA a Roma, esperto di diritto di famiglia:

 

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R. – Questo è un modo indiretto per eludere il dettato costituzionale, perchè dire “famiglia anagrafica” o non significa nulla o significa riconoscimento sostanziale delle unioni di fatto.

 

D. – Vuol dire che una mozione di questo genere equipara la famiglia alle convivenze?

 

R. – Sostanzialmente sì, perché il nostro ordinamento prevede la famiglia anagrafica, ma non in quanto fondata su vincoli affettivi; prevede la famiglia anagrafica, in quanto convivenza. Il collaboratore domestico che vive e dorme presso la famiglia costituisce la famiglia anagrafica. Il vincolo affettivo, però, implica che si vuole attribuire un valore di famiglia. Si sta assistendo al fatto che per evitare lo scontro frontale si creano tanti tasselli, realizzati i quali si arriva poi alla conclusione, per cui il riconoscimento è nell’ordinamento.

 

D. – Come commenta l’affermazione del ministro Melandri che dice: “Con questa mozione si smette di ignorare i diritti di milioni di cittadini” …

 

R. – Nessuno contesta il diritto dei cittadini di convivere con o senza il matrimonio. Non c’è nessuna discriminazione nell’ordinamento. Il problema è se a queste unioni bisogna attribuire un riconoscimento che le parifichi alla famiglia. A mio giudizio un iter di questo genere non è compatibile con l’articolo 29, comma 1 della Costituzione che riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

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CHIESA E SOCIETA’

7 dicembre 2006

 

 

APPELLO DEI VESCOVI DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

PER LA RICONCILIAZIONE NEL PAESE. I PRESULI CHIEDONO DI COMBATTERE L’ANALFABETISMO E DI RISPETTARE I DIRITTI UMANI

 

KINSHASA. = “Dopo le elezioni è urgente riconciliare i congolesi e rispettare l’opposizione democratica. E’ l’appello lanciato dai vescovi della Repubblica Democratica del Congo in vista dell’odierno insediamento del neo presidente, Joseph Kabila. I vescovi – riferisce l’Agenzia Fides – invocano “la riconciliazione” e la “liberazione dei prigionieri politici”. Congratulandosi con il nuovo capo di Stato, i presuli ribadiscono poi “l’impegno della Chiesa cattolica a continuare ad offrire il proprio contributo per la formazione delle coscienze, all’educazione civica, oltre che a svolgere il proprio compito pastorale”. I vescovi chiedono infine alle istituzioni di “avviare una decisa lotta all’analfabetismo, di rispettare i diritti umani, di costruire strade e infrastrutture per collegare le zone più isolate ed impervie del Paese”.  (A.L.)

 

 

COMMEMORATI, IN CAMBOGIA, I 450 ANNI DELLA PRESENZA DELLA CHIESA CATTOLICA NEL PAESE ASIATICO

 

KOMPONG CHAM. = La missione della Chiesa in Cambogia continua con coraggio, fedeltà e perseveranza. E’ quanto è stato sottolineato durante la solenne celebrazione liturgica presieduta domenica scorsa dal nunzio apostolico in Cambogia, mons. Salvatore Pennacchio, per commemorare i 450 anni della presenza della Chiesa cattolica nel Paese asiatico. Il Papa – rende noto l’Agenzia Fides – ha voluto rendersi presente attraverso il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, con la sua benedizione apostolica. Alla cerimonia hanno assistito oltre tre mila fedeli. Il prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, cardinale Ivan Dias, ha poi ricordato che la storia della Chiesa in Cambogia, “dopo il periodo delle dure prove, è paragonabile a quella degli inizi delle Chiese di Gerusalemme e di Roma”. In Cambogia, dove la popolazione supera i 14 milioni di abitanti, i cattolici sono circa 25 mila. (A.L.)

 

 

PER NATALE, ADOTTA UN MAESTRO NEL SUD DEL MONDO: E’ L’INIZIATIVA

LANCIATA DALL’OPERA DI PROMOZIONE DELL’ALFABETIZZAZIONE NEL MONDO,

FONDATA DA DON CARLO MURATORE 35 ANNI FA

 

ROMA.= Bastano 15 euro per pagare lo stipendio mensile di un insegnante nei Paesi in via di sviluppo e garantire l’istruzione in un villaggio. E’ quanto sottolinea l’OPAM, l’Opera di Promozione dell’Alfabetizzazione nel Mondo che, per Natale, lancia l’iniziativa “Adotta un maestro”. Il presidente dell’OPAM, don Aldo Martini, ricorda che la sua associazione - fondata nel 1972 da don Carlo Muratore - “può continuare a svolgere la sua attività a favore dell’alfabetizzazione nei Paesi in via di sviluppo grazie al contributo di tanti amici, che, comprendendo l’importanza dell’istruzione e dell’educazione per promuovere l’autosviluppo e la pace nel mondo, sostengono le nostre iniziative in vario modo”. Tra le altre idee regalo per un Natale diverso, l’OPAM propone anche l’acquisto di un banco di scuola, al costo di 25 euro e l’acquisto di uno zaino, completo di materiale didattico (10 euro). Infine, si propone anche l’abbonamento annuale alla rivista dell’OPAM, al costo di 13 euro, attraverso la quale approfondire diverse tematiche legate all’educazione alla mondialità, allo sviluppo, alla solidarietà e alla pace. Si avrà così la possibilità di conoscere, mese dopo mese, i progetti di alfabetizzazione promossi dall’OPAM. Per ulteriori informazioni si può visitare il sito www.opam.it o chiamare allo 063203317. (A.G.)

 

 

PIU’ DELLA METÀ DEGLI INDONESIANI VIVE SOTTO LA SOGLIA DELLA POVERTÀ.

E’ QUANTO EMERGE DAL RAPPORTO DELLA BANCA MONDIALE

SULLA SITUAZIONE ECONOMICA DEL PAESE

 

JAKARTA. = Oltre 100 milioni di indonesiani vivono con meno di due dollari al giorno. E’ quanto emerge da uno studio della Banca Mondiale, che sottolinea come la “povertà avanzi” e metta a rischio l’istruzione dei giovani nel quarto Paese più grande del mondo. Secondo il rapporto - ripreso dall’Agenzia AsiaNews - circa il 40 per cento dei genitori non ha la possibilità di mandare i figli alle scuole secondarie. E la conseguenza – si legge nello studio – è che “la povertà si tramanda di generazione in generazione”. In Indonesia, nonostante la crescita economica ed alcuni progressi dopo la grave crisi finanziaria del 1997, la disoccupazione è ferma al 10 per cento. “Il segreto per ridurre la povertà – spiega il massimo rappresentante della Banca Mondiale in Indonesia – è di aiutare i poveri a partecipare al processo di crescita nazionale”. (A.L.)

 

 

IL DIABETE COME EMERGENZA SOCIO-SANITARIA MONDIALE:

CON UNA PROCEDURA MOLTO PIÙ ACCELERATA RISPETTO ALLE PREVISIONI,

L’ONU VOTERÀ IL 16 DICEMBRE UNA RISOLUZIONE PER FRONTEGGIARE LA MALATTIA.

E’ IL RISULTATO PIÙ SIGNIFICATIVO DEL 19.MO CONGRESSO MONDIALE SUL DIABETE, APPENA CONCLUSO A CITTÀ DEL CAPO, IN SUD AFRICA

- A cura di Andrea Rustichelli -

 

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CITTÀ DEL CAPO. = Sono due i punti fondamentali della Risoluzione ONU, ha spiegato il professor Massi Benedetti, vice presidente della Federazione internazionale per il diabete. Al primo posto c’è il riconoscimento da parte dell’ONU della Giornata mondiale contro il diabete, istituita ogni 14 novembre. La Risoluzione esorta poi tutti i governi nazionali ad approntare un urgente piano sanitario contro la malattia, incentrato su prevenzione, assistenza e cura. Ma dal Congresso di Città del Capo è uscita anche una Dichiarazione sull’Africa, affinché sia maggiore l’accesso alle cure per i 10 milioni di malati attuali, una cifra che tra vent’anni crescerà dell’80 per cento. Nel mondo, di diabete si muore più che di AIDS e nei Paesi in cui scarseggia l’insulina è elevata la mortalità infantile. Ma le vittime sono anche gli adulti a causa, in particolare, delle complicazioni cardio-vascolari della malattia. Su un punto si è insistito, a Città del Capo: l’insulina da sola non basta, è necessaria una campagna che educhi a stili di vita e di alimentazione più adeguati. La parola d’ordine è “prevenzione”, un concetto promosso anche da grandi ditte farmaceutiche che con misure concrete vogliono ora uscire dal cono d’ombra che incombe spesso sulle multinazionali del farmaco. Ma un messaggio sembra emergere chiaramente da Cape Town, rivolto a tutti i governi: senza uno Stato sociale efficace, non si potrà domare il diabete con i suoi effetti deleteri.

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RISOLUZIONE DELL’ONU PER ARRIVARE AD UN TRATTATO DI REGOLAMENTAZIONE

SUL COMMERCIO DI ARMI CONVENZIONALI

 

NEW YORK. = L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione per arrivare ad un “trattato che regoli il commercio internazionale di armi convenzionali”. “Sebbene vi siano ancora numerosi passi da compiere per ottenere un consenso definitivo – ha detto il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan – la risoluzione rappresenta il primo passo formale” per l’adozione di criteri internazionali sull’importazione, l’esportazione ed il trasferimento di armi convenzionali. Il commercio senza regole di queste armi - prosegue Annan – contribuisce attualmente ad alimentare conflitti, crimine ed terrorismo e compromette gli sforzi internazionali per la pace”. Il segretario generale dell’ONU – riferisce infine l’Agenzia missionaria MISNA – dovrà istituire un gruppo di esperti governativi per studiare “la fattibilità, l’opportunità e i parametri” di un trattato sul commercio internazionale di armi convenzionali. Lo studio sarà poi discusso durante la 63.ma Assemblea che si aprirà nel settembre del 2008. (A.L.)

 

 

PRESENTAZIONE ROMANA, MARTEDÌ 5 DICEMBRE SCORSO, NELLA SEDE DELLA RAI

DI VIALE MAZZINI, PER IL FILM-DOCUMENTARIO “AI CONFINI DEL CIELO”

PRODOTTO DALL’ASSOCIAZIONE “FORUM JULII” DI UDINE. IL FILM TESTIMONIA

LO STRETTO LEGAME D’AMICIZIA ESISTENTE TRA IL FRIULI E LA CINA

- A cura di Adriana Masotti -

 

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ROMA. = Protagonista dell’opera del regista Leandro Castellani, il frate francescano Odorico da Pordenone, missionario e esploratore, proclamato beato nel 1775 e di cui è in corso il processo di canonizzazione. Nato nel 1265, Odorico era pervaso dal desiderio di annunciare l’amore di Cristo anche ai popoli più lontani. La Cina allora appariva ai confini del mondo e per la Cina Odorico parte nel 1318. Il suo è un viaggio avventuroso lungo circa 7 anni. A Khanbalik, l’attuale Pechino, per tre anni si adopera a favore dei più poveri e degli ammalati, esprimendo sempre grande ammirazione e rispetto per quella terra e per la sua gente. Il suo diario di viaggio noto come “Itinerarium”, o “De rebus incognitis” o “De mirabilibus mundi” rappresenta un documento di inestimabile valore. Nel corso della presentazione di “Ai confini del cielo” la presidente di “Forum Julii”, Pietra Paola Gavazzeni, ha ringraziato il Consigliere culturale dell’Ambasciata della Repubblica Popolare cinese a Roma, Zhang Jianda, e gli altri ospiti della comunità cinese della capitale e del Friuli Venezia Giulia con i loro presidenti intervenuti alla serata, sottolineando il messaggio di pace e di fratellanza espresso da Odorico come da altri grandi missionari e vescovi friulani che ancora oggi “ci indicano – ha detto – la via per incontrarci come fratelli, per camminare tutti sotto lo stesso cielo”. Nel suo saluto il Consigliere Zhang Jianda, ha espresso apprezzamento per il film considerato un gesto d’amore verso la Cina e ha confermato stima e riconoscenza nei riguardi del beato Odorico. Nel 2005 il film “Ai confini del cielo” è stato presentato nella sezione film stranieri al Festival Internazionale del Cinema di Ciangchun, ricevendo il “Cervo d’Argento”, l’unico premio assegnato all’Europa. Sempre nel 2005, ha inoltre rappresentato con successo l’Italia alla Settimana Italiana della Letteratura e del Cinema  a Shanghai.

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24 ORE NEL MONDO

7 dicembre 2006

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Un ventenne palestinese è stato leggermente ferito alle gambe stamane dal fuoco di soldati israeliani sul confine tra la Striscia di Gaza e Israele. Secondo un portavoce militare, il giovane, assieme ad altri compagni, si era avvicinato al reticolato di confine, all’altezza di Bet Lahiya, e aveva cominciato a danneggiarlo né si sarebbe fermato dopo lo sparo colpi in aria di avvertimento. Anche ieri due altri palestinesi sono stati feriti dopo che si erano avvicinati al reticolato di confine con l’apparente intento di deporre una mina. Dal 26 novembre scorso è in atto una tregua precaria tra Israele e palestinesi nella Striscia. Questi ultimi l’hanno a loro volta ripetutamente violata lanciando finora più di 15 razzi Qassam contro il territorio israeliano. Intanto, il presidente egiziano, Mubarak, ha detto che i negoziati per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit, catturato a giugno da un gruppo palestinese, sono entrati nella fase finale.  Mubarak ha detto, sabato scorso, che il primo ministro israeliano, Olmert, ha accettato di liberare un gran numero di palestinesi prima del rilascio di Shalit, 20 anni, catturato da gruppi palestinesi al confine con la Striscia di Gaza

 

La Turchia propone di aprire uno dei suoi porti ed uno dei suoi aeroporti alle merci provenienti da Cipro per superare l’impasse con l’Unione Europea. La proposta diventa argomento all’ordine del giorno della riunione dei rappresentanti permanenti dei Venticinque, stamane a Bruxelles, e sembra rivitalizzare le trattative. Il nostro servizio:

 

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Ancora nessuna risposta ufficiale ma la presidenza finlandese fa sapere di giudicare la proposta della Turchia “molto costruttiva” e il commissario all’Allargamento, Olli Rehn, parla di un importante passo per la piena implementazione del protocollo di Ankara.  Quello che propone oggi la Turchia è di aprire per 12 mesi un suo porto ed un suo aeroporto ai grecociprioti chiedendo in cambio l’inizio di voli diretti dai Paesi europei all'aeroporto nord-cipriota di Ercan e l’apertura del porto di Famagosta (Magusa) al commercio marittimo diretto. Una proposta analoga era già stata presentata e respinta da Cipro, dunque sembra difficile che entusiasmi Nicosia, ma ha messo in moto in questo momento la diplomazia europea. Dopo il dibattito di questa mattina, la questione passa alla riunione dei ministri degli Esteri di lunedì prossimo. Tutti incontri in vista del vertice di metà dicembre. Sembrava che, in questa fase, sulla Turchia si volesse evitare di far pronunciare i capi di Stato e di governo, ma sembra sempre più difficile che l’ordine del giorno del vertice possa ignorare la questione. Ricordiamo che Ankara deve riconoscere a tutti i livelli Cipro, perché si tratta di un Paese membro dell’UE dal 2004.  A parte le perplessità di Bruxelles visto il critico rapporto sulle riforme, questa è la condizione essenziale sulla via dei negoziati di adesione. La Turchia, finora, non lo ha fatto trincerandosi dietro al fatto che la Repubblica di Cipro ha rifiutato la possibilità di riunificazione con la parte nord, presentata su mediazione dell’ONU. La parte nord è stata occupata dai turchi nel 1974.

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Un ragazzo nigeriano ucciso, alcuni feriti e 4 rapiti, di cui tre italiani e un libanese:  è il bilancio dell’attacco ad una stazione di pompaggio dell’AGIP nel Delta del Niger. Lo riferisce la Farnesina precisando che l’Unità di crisi si è prontamente attivata ed è in contatto con la sede diplomatica in Nigeria e con l’ENI. L’attacco da parte di uomini armati nigeriani si è svolto precisamente nella stazione di pompaggio dell’AGIP nello Stato di Bayelsa. Gli attacchi e sequestri di lavoratori alle stazioni di pompaggio del greggio sono frequenti nell’area del Delta del Niger, e generalmente finiscono con il pagamento di un riscatto. Ma il 22 novembre scorso uno di questi episodi è finito nel sangue: un britannico ucciso e un italiano ferito.

 

 “Come versare benzina sul fuoco”: è questa la prima reazione a caldo delle Corti Islamiche somale alla decisione presa ieri sera dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, su spinta determinante degli USA, di autorizzare la creazione di una forza militare panafricana che operi in Somalia, revocando anche l’embargo sulle armi così da consentirne un adeguato armamento. La forza militare opererà di fatto a difesa del Governo di  Transizione Nazionale, internazionalmente riconosciuto ma molto debole sul territorio, e che ora è tenuto in piedi dalle truppe  etiopiche concentrate soprattutto intorno a Baidoa, 245 km a  nord ovest di Mogadiscio, dove le istituzioni hanno la loro sede  provvisoria. Le Corti hanno preso Mogadiscio nel giugno scorso, e da allora hanno continuato ad espandersi – anche se di veri e propri combattimenti ce ne sono stati pochissimi – fino a  controllare ora sette delle nove regioni somale: in pratica  tutto il sud e buona parte del centro della città. Per le Corti un punto non negoziabile è la presenza di truppe straniere – anche africane – in Somalia. In tal senso avevano già proclamato la ‘guerra santa’ contro “l’invasore” etiopico. A Nairobi, epicentro da sempre dei colloqui (formali e soprattutto informali) sulla Somalia la preoccupazione è fortissima. Le cancellerie europee, in particolare, avevano fortemente sconsigliato l’iniziativa di Washington. Molti osservatori temono ormai che una guerra sia quasi inevitabile, e che, se esplodesse, farebbe da probabile detonatore ad un più vasto conflitto regionale, a partire da quello tra Etiopia ed Eritrea.

 

In Afghanistan, due civili sono stati uccisi e alcuni altri sono rimasti feriti in un attentato con un’autobomba compiuto oggi a Kandahar e che aveva come obiettivo un convoglio della NATO. Si tratta del terzo attentato suicida da domenica nella città del sud dell’Afghanistan, culla del movimento dei talebani. Il capitano André Salloum, portavoce della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) a Kandahar, ha detto che “il veicolo guidato da un kamikaze è esploso vicino a un convoglio della NATO” e che “nessun soldato è rimasto ferito”.

 

Il Gran Consiglio dei capi tribali delle Figi, che ha un ruolo chiave nella costituzione del Paese, ha rifiutato oggi di riconoscere il regime militare imposto due  giorni fa con un colpo di stato dal comandante delle forze armate, il commodoro Frank Bainimarama, che ha deposto il governo  eletto del premier Laisenia Qarase. Il leader golpista, che ha imposto lo stato di emergenza, ha assunto i poteri presidenziali e ha nominato premier ad interim un anziano medico militare senza esperienza politica, si trova così sempre più isolato, senza alcun gruppo significativo nel Paese che esprima sostegno, sia pure tacito, per la sua presa di  potere. Il colpo di Stato, il quarto in 20 anni nel piccolo arcipelago del Pacifico del Sud, ha suscitato critiche e sanzioni dalla comunità internazionale. Nel tentativo di consolidare la sua posizione, dopo aver sciolto il parlamento il capo militare, ieri sera, ha usato i poteri che si era assunto per rimuovere dal suo ufficio e dalla  sua residenza il vice presidente Ratu Joni Madraiwiwi, un ex giudice dell’Alta Corte, che aveva dichiarato illegale il golpe. Il Gran Consiglio dei capi, che aveva nominato Madraiwiwi ed il presidente Ratu Josefa Iloilo, ha espresso il suo sostegno per i due leader e ha definito la rimozione del vice presidente “illegale, incostituzionale e irrispettosa”. Iloilo resta tecnicamente presidente del Paese, anche se Bainimarama ha detto di aver assunto i suoi poteri. Il leader golpista sperava che i capi tribali sostenessero il suo governo provvisorio, per procurarsi una “vernice di legittimità”.

 

Quasi 100 persone sono rimaste uccise o risultano disperse dopo il passaggio di un tifone che ha colpito la costa meridionale del Vietnam, danneggiando centinaia di migliaia di casupole. Lo ha reso noto un rapporto governativo. Il Centro nazionale di controllo sulle inondazioni e i temporali ha confermato che i morti accertati sono 67 e che altri 31 risultano dispersi in seguito al passaggio del tifone Durian, che nelle Filippine ha provocato la morte di centinaia di persone lo scorso martedì.

 

 

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