RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 338 - Testo della trasmissione di lunedì 4 dicembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I vescovi del Lazio oggi dal Papa per la visita “ad Limina”: intervista con il cardinale Camillo Ruini

 

L’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Christodoulos, il 14 dicembre incontrerà a Roma Benedetto XVI

 

I cattolici della Turchia, incoraggiati dalla visita di Benedetto XVI: così il presidente dell’episcopato turco, mons. Ruggero Franceschini, all’indomani dell’Angelus dedicato dal Papa al viaggio apostolico in terra d’Anatolia

 

Precisazione del cardinale Hummes sul celibato dei preti: non è all’ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche

 

La Santa Sede chiede alle autorità romene “la sospensione immediata” della costruzione di un grattacielo attiguo alla storica cattedrale romano-cattolica di San Giuseppe a Bucarest

 

Nuovi incontri diplomatici tra governo israeliano e Santa Sede per regolare alcune questioni chiave nei rapporti tra Stato e Chiesa. Ce ne parla padre David Maria Jaeger

 

Insigniti con medaglie del pontificato e diplomi i vincitori della 49.ma edizione del Certamen Vaticanum, curato dalla Fondazione Latinitas

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oltre 1000 le vittime del tifone nelle Filippine: ce ne parla mons. Fernando Filoni

 

La vicenda del “Polonio 210”: dibattito aperto sulla liceità dello spionaggio che elude le garanzie democratiche. Con noi il prof. Luigi Bonanate

 

CHIESA E SOCIETA’:

Ieri, nel Santuario di Javier, in Spagna, la solenne chiusura dell’Anno saveriano

 

Importante annuncio al Congresso della società italiana di geriatria, a Firenze: forse già nel 2007 primi test con cellule staminali del cervello per la cura di malattie neurodegenerative

 

Cristiani e musulmani uniti per la difesa dell’ambiente in occasione della Conferenza a Davao, nel sud delle Filippine

 

Riprendono da oggi fino a Pentecoste i ‘sabati mariani’ presso la Basilica romana di Santa Maria in via Lata a Roma

 

L’ONU ed altre agenzie umanitarie decidono di ritirare gran parte del personale dai campi profughi del Ciad al confine con il Sudan

 

Solenne chiusura ieri a Parma dell’Anno giubilare, per i 900 anni della Dedicazione della Cattedrale dell’Assunta

La parrocchia di Sant’Anna in Vaticano dedica una settimana alle vocazioni

 

24 ORE NEL MONDO:

Hugo Chavez rieletto presidente del Venezuela

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 dicembre 2006

 

 

I VESCOVI DEL LAZIO DAL PAPA PER LA VISITA AD LIMINA

- Intervista con il cardinale Camillo Ruini -

 

Il Papa ha ricevuto stamani il primo gruppo di vescovi del Lazio, in visita ad Limina, guidati dal cardinale vicario Camillo Ruini, accompagnato dagli ausiliari. Il Lazio è una regione ecclesiastica con più di 5 milioni e 200mila abitanti, 1456 parrocchie e oltre 8300 sacerdoti, tra regolari e secolari. Sulla situazione ecclesiale di questa regione Paolo Ondarza ha intervistato lo stesso cardinale Ruini, che presiede la Conferenza episcopale laziale:

 

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R. – La Regione ecclesiastica del Lazio è, diciamo, una terra tipicamente italiana, è una terra di mezzo e nella quale ci sono certamente tantissimi segni della presenza del cristianesimo che sono, però, vivi ancora oggi e configurano il volto di questa Regione, che è pure attraversata da processi di scristianizzazione.

 

D. – Quando si pensa al Lazio viene in mente Roma. Ma i problemi delle altre diocesi della Regione sono diversi…

 

R. – C’è effettivamente una notevole diversità. Roma è una grandissima città, mentre le altre sono certamente più piccole e con molti territori di campagna. Inoltre sappiamo bene che Roma ha una sua unicità perché è la diocesi del Papa, ma è anche vero che tutto il Lazio ha un rapporto profondo con Roma e specialmente le diocesi più vicine a Roma, le diocesi suburbicarie. Man mano che la storia si è sviluppata sempre più, Lazio Nord da una parte e Lazio Sud dall’altra hanno scelto una loro configurazione autonoma ed hanno anche, quindi, dei problemi propri. Possiamo anche dire che hanno un maggior radicamento popolare della Chiesa rispetto a Roma, perché le parrocchie sono piccole, c’è molto meno anonimato e via dicendo. Dall’altra parte, però, Roma ha avuto forse più possibilità di assimilare il rinnovamento conciliare, perché risulta più facile una presenza attiva dei laici delle grandi parrocchie ed anche l’assunzione di responsabilità ai movimenti laicali è certamente più facile da svilupparsi rispetto ad un territorio più rurale o caratterizzato da piccole parrocchie.

 

D. – Veniamo ora alla risorse della Regione ecclesiastica del Lazio. Cosa dire?

 

R. – Pensiamo, ad esempio, alle Università Pontificie, alla grande presenza della vita consacrata a Roma, ai santuari del Lazio, al seminario storico di Agnani-Alatri; pensiamo anche alla presenza ancora abbastanza capillare del clero e al rinnovamento in atto del laicato. Ci sono risorse, ma evidentemente abbiamo anche problemi e problemi non piccoli perché la scristianizzazione incide. Per la nostra pastorale si tratta, quindi, di far fronte a queste grandi sfide.

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L’ARCIVESCOVO DI ATENE E DI TUTTA LA GRECIA, CHRISTODOULOS,

IL 14 DICEMBRE INCONTRERÀ A ROMA BENEDETTO XVI

PER LA SUA PRIMA VISITA UFFICIALE AL PAPA

 

Prosegue il cammino ecumenico della Chiesa. L’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Sua Beatitudine Christodoulos, farà visita a Benedetto XVI e alla Chiesa di Roma dal 13 al 16 dicembre prossimi. L'arcivescovo era già stato a Roma per i funerali di Giovanni Paolo II – riferisce una nota della Sala Stampa vaticana -  “ma è la prima volta che il Primate della Chiesa Ortodossa di Grecia si reca in visita ufficiale al Papa e alla Chiesa di Roma”. Il Papa lo riceverà  nella mattinata di giovedì 14 dicembre. Con una cerimonia nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, sarà consegnata all'arcivescovo parte della preziosa Catena della prigionia di San Paolo, che si conserva in quella Basilica. Il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa di Grecia, nella sessione del 3 novembre scorso, aveva espresso la propria gioia per la realizzazione di questa visita, “i cui frutti – era stato sottolineato - saranno positivi”.

 

“L'arcivescovo – aggiunge la Sala Stampa vaticana -  sarà ricevuto con calorosa fraternità ecclesiale e con l'onore dovuto al suo rango di Primate della Chiesa Ortodossa di Grecia”. Si ricorda quindi che “nel 2001 Giovanni Paolo II, nel suo pellegrinaggio sulle orme di San Paolo, si era recato all'Aeropago di Atene dove, dopo una cerimonia, era stata firmata una Dichiarazione comune con l'arcivescovo Christodoulos”. Il Santo Padre era stato ricevuto nella sede del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa di Grecia. “Negli anni seguenti – sottolinea  la nota -  vi è stato uno scambio di visite fra una Delegazione del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa di Grecia venuta a Roma, e una Delegazione del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani recatasi ad Atene. A queste iniziative sono seguiti altri fraterni e intensi contatti fra la Chiesa di Roma e la Chiesa Ortodossa di Grecia”.

 

 

I CATTOLICI DELLA TURCHIA, INCORAGGIATI DALLA VISITA DI BENEDETTO XVI

GUARDANO CON RINNOVATA SPERANZA AL FUTURO: LO SOTTOLINEA IL PRESIDENTE DELL’EPISCOPATO TURCO, MONS. RUGGERO FRANCESCHINI, ALL’INDOMANI DELL’ANGELUS DEDICATO DAL PAPA AL VIAGGIO APOSTOLICO IN TERRA D’ANATOLIA

 

All’Angelus domenicale di ieri, Benedetto XVI è tornato con il pensiero al suo viaggio apostolico in Turchia, dei giorni scorsi. Il Papa ha auspicato che da questo avvenimento scaturisca un proficuo dialogo con i musulmani ed ha rivolto un saluto particolarmente affettuoso alla piccola comunità cattolica turca. Parole, queste, che hanno incoraggiato i cattolici di Turchia, dopo la grande emozione vissuta nei giorni scorsi. Ecco la testimonianza del presidente dell’episcopato turco, mons. Ruggero Franceschini, raggiunto telefonicamente ad Efeso da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Il piccolo gregge si è fatto veramente in quattro per il Papa! Il piccolo gregge ha pregato tanto, ha dato anche tanto personalmente. Abbiamo potuto constatare come dal momento vissuto ad Efeso, un momento unicamente di preghiera, di contatto, di incontro, la visita ha cambiato un po’ il tono ed è stata una visita pastorale, affettuosa e così è rimasta poi nel cuore della gente. La gente adesso è contenta.

 

D. – Il Papa stesso ieri all’Angelus ha affermato che la comunità cattolica di Turchia vive in condizioni spesso non facili. Può esserci un incoraggiamento dalla visita del Santo Padre?

 

R. – Sì, facevamo fatica prima, adesso siamo consapevoli che noi possiamo vivere queste due dimensioni che ci siamo dati e cioè costituire delle presenze e dare delle testimonianze. Il resto non ci interessa più di tanto, perché non possiamo fare apostolato, ma possiamo dare una testimonianza di correttezza, di accoglienza, di collaborazione, di dialogo con la gente. Siamo stati veramente incoraggiati in questo.

 

D. – D’altro canto, il Papa ha ribadito l’augurio che da questa visita pastorale scaturisca un dialogo proficuo con i credenti musulmani. Ecco in questo senso, può esserci un esito felice nei rapporti tra la piccola comunità cattolica e la stragrande maggioranza di cittadini turchi che sono di fede musulmana?

 

R. – Sì, soprattutto con il popolo. Il dialogo lo dobbiamo mantenere anche con le autorità. Si è pensato alla possibile costituzione di una commissione paritetica, che studi quei problemi che qualche volta creano un po’ di frizione fra di noi. Ci sono dei problemi, come ad esempio quello di non essere riconosciuti e così abbiamo tante difficoltà a riparare le chiese e via dicendo. Non perdiamo tempo dopo queste aperture. Sono stati veramente dei discorsi aperti, anche quelli di Ankara.

 

D. – Pensando anche ai timori della vigilia di questo viaggio, si è poi visto quanto il Papa abbia saputo conquistare perfino l’affetto del popolo turco…

 

R. – Questa è stata veramente la sorpresa più bella! Il Papa si è posto anche nella dimensione migliore, disponibile a tutto e in qualsiasi momento, sempre sorridente, molto accogliente. Si è visto un Papa Ratzinger che forse loro non conoscevano e che forse anche noi non conosciamo in questa dimensione così umana, così buona, tanto è vero che lo chiamavano Papa-Papà!

 

D. – Di questo viaggio c’è un momento particolare che lei ricorda con maggior affetto, vista anche la sua vicinanza al Santo Padre, in questi giorni in Turchia?

 

R. – Sorprendentemente mi sono trovato quasi sempre di fronte al Papa durante i pranzi e le cene ed ho notato uno stile, uno stile così buono e scherzoso. Abbiamo conosciuto questa dimensione buona, scherzosa, disponibile… disponibile a salutare i bambini che venivano a mezzanotte sotto le finestre ad Istanbul a cantare canzoni. Questo ci ha sorpreso grandemente.

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IL CELIBATO PER I SACERDOTI NON E’ ALL’ORDINE DEL GIORNO DELLE AUTORITA’

ECCLESIASTICHE: COSI’, IL CARDINALE CLAUDIO HUMMES, NEO PREFETTO

DELLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO, IN UNA DICHIARAZIONE

 DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, A SEGUITO DI UN’INTERVISTA RILASCIATA

DAL PORPORATO AD UN QUOTIDIANO BRASILIANO

 

Il celibato per i sacerdoti non è all’ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche: è quanto ha precisato in una dichiarazione, rilasciata dalla Sala Stampa vaticana, il cardinale brasiliano Claudio Hummes, appena nominato da Benedetto XVI prefetto della Congregazione per il Clero, in merito ad una intervista rilasciata sull’argomento al quotidiano brasiliano “Estado do Sao Paulo”. Il servizio di Alessandro Gisotti.


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“Nella Chiesa – sottolinea il cardinale Claudio Hummes  è sempre stato chiaro che l’obbligo del celibato per i sacerdoti non è un dogma, ma una norma disciplinare”. Tanto è vero, prosegue il porporato che “essa vale per la Chiesa latina, ma non per i riti orientali, dove anche nelle comunità unite alla Chiesa cattolica è normale che vi siano sacerdoti sposati”. E’ tuttavia anche “chiaro”, prosegue la dichiarazione, “che la norma del celibato per i sacerdoti nella Chiesa latina è molto antica e poggia su una tradizione consolidata e su forti motivazioni, di carattere sia teologico-spirituale sia pratico-pastorale, ribadite anche dai Papi”.

 

Il nuovo prefetto della Congregazione per il Clero ricorda poi che “anche nel recente Sinodo dei vescovi sui sacerdoti l’opinione più diffusa fra i padri era che un allargamento della regola del celibato non sarebbe stato una soluzione neppure per il problema della scarsità di vocazioni, che è da collegare piuttosto ad altre cause a cominciare dalla cultura secolarizzata moderna, come dimostra l’esperienza anche delle altre confessioni cristiane, che hanno sacerdoti o pastori sposati”. Tale questione, conclude il cardinale Hummes, “non è quindi attualmente all’ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche, come recentemente ribadito dopo l’ultima riunione dei Capi dicastero” con Benedetto XVI.

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LA SANTA SEDE CHIEDE ALLE AUTORITÀ ROMENE “LA SOSPENSIONE IMMEDIATA

DELLA COSTRUZIONE DI UN GRATTACIELO ATTIGUO ALLA STORICA CATTEDRALE

ROMANO-CATTOLICA DI SAN GIUSEPPE A BUCAREST,

CHE “RISCHIA DI VENIRE IRREPARABILMENTE DANNEGGIATA”

 

La Segreteria di Stato della Santa Sede ha chiesto alle autorità romene “la sospensione immediata” della costruzione di un grattacielo di 19 piani attiguo alla storica Cattedrale romano-cattolica di San Giuseppe a Bucarest, che “rischia di venire irreparabilmente danneggiata” dall’edificio. Lo ha reso noto oggi un comunicato  della Sala Stampa vaticana. Il grattacielo sorgerebbe a distanza di meno di dieci metri dalla parete nord-est della Cattedrale. I timori sono aggravati – spiega la nota – “dal precedente della Chiesa armena che, per analoghi motivi, ha subito gravi lesioni”. Varie volte, l’arcivescovo ed il vescovo ausiliare di Bucarest sono venuti in Segreteria di Stato per aggiornare sul caso, di cui si sta occupando anche la Nunziatura Apostolica in Romania e sul quale la Santa Sede è stata interpellata da altre persone e istanze.

 

La Segreteria di Stato chiede la revoca delle autorizzazioni, “anche in considerazione delle disposizioni del Trattato dell’Unione Europea circa le Condizioni Legali e le Misure per il Mantenimento del Patrimonio Culturale, del 1993, a cui la Romania ha aderito, e del Rapporto della Commissione statale per il Monitoraggio delle Costruzioni”. “La Santa Sede – prosegue il comunicato - ha preso conoscenza della Risoluzione con cui il Senato della Romania ha approvato il Rapporto della relativa Commissione di inchiesta, che chiede l’immediata sospensione dei lavori. Ad essa dovrebbe far seguito una decisione delle competenti Autorità”. La Segreteria di Stato continua a seguire da vicino la situazione, nella speranza che si trovi una soluzione rapida e soddisfacente alla spinosa questione, “a tutela della Cattedrale di Bucarest, del patrimonio storico che essa costituisce e dei valori di fede che rappresenta, non solo per la comunità cattolica, ma per tutta la popolazione rumena”.

 

 

NUOVI INCONTRI DIPLOMATICI TRA GOVERNO ISRAELIANO E SANTA SEDE

PER REGOLARE ALCUNE QUESTIONI CHIAVE NEI RAPPORTI TRA STATO E CHIESA

- Con noi padre David Maria Jaeger -

 

Secondo fonti diplomatiche, il governo israeliano e la Santa Sede hanno preso accordi per tenere, questo mese e nel gennaio prossimo, alcuni incontri della Commissione di lavoro bilaterale permanente, dopo che il governo Olmert aveva evitato di farlo dall’inizio del suo incarico, la scorsa primavera. Di questo passo significativo, Giovanni Peduto ha parlato con padre David Maria Jaeger, francescano di Terra Santa, esperto di vicende politiche e religiose della Terra Santa:

 

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R. – Io spero che da queste riunioni si possa arrivare al tanto sospirato accordo, perché - come si sa da pubblicazioni precedenti - i negoziati vanno avanti ormai dall’11 marzo 1999 ed hanno come finalità di regolare questioni importantissime per la vita della Chiesa e nei rapporti tra Stato e Chiesa.

 

D. – Come sono attualmente i rapporti tra Santa Sede ed Israele?

 

R. – I rapporti di per sé sarebbero amichevoli dal momento che Santa Sede ed Israele hanno allacciato rapporti diplomatici già nel giugno del 1994. La qualità dei rapporti, comunque, come è poi evidente a tutti, dipende dal grado, in qualsiasi momento dato, dell’adempimento dell’Accordo Fondamentale firmato tra le parti nel 1993 e che definisce i rapporti Chiesa-Stato in Israele e ne è – per così dire – la “magna charta”. Con la ripresa dei negoziati è evidente a tutti che i rapporti si troveranno in uno stato migliore. Credo che tutti – sia israeliani che cattolici – siano ora ansiosi, affinché questi rapporti arrivino ad avere una stabilità amichevole, che la conclusione degli accordi potrà dar loro.

 

D. – Padre Jaeger, a suo parere, cosa andrebbe migliorato in questi rapporti?

 

R. – Anzitutto si dovrebbe arrivare all’accordo che si sta ora negoziando, che ha l’intenzione di assicurare alla Chiesa la proprietà dei Luoghi Santi che le appartengono, e di confermare le esenzioni fiscali, riconosciute anche dal diritto internazionale. Con questa conferma e con queste assicurazioni giuridiche, la Chiesa avrebbe così guadagnato sicurezza giuridica ed economica ed al contempo eliminato praticamente tutte o quasi tutte le cause eventuali di attrito o di incomprensione con la società civile. Questo rappresenta per il momento, a mio avviso, la priorità numero uno. Esiste, inoltre, da anni – come hanno anche riferito giornali, agenzie stampa e via dicendo – la questione dello statuto legale dell’Accordo Fondamentale del 1993. Questo accordo sembra o risulta non abbia ancora ottenuto effetti legali in Israele. Si richiede, dunque, una legge di applicazione, così come successe, ad esempio anche in Italia, quando il Concordato firmato con la Santa Sede venne poi tradotto in legge dalla stessa Repubblica Italiana. Anche questo rappresenta, quindi, un passo della massima importanza, proprio perché i rapporti Chiesa cattolica-Israele, abbiano quella stabilità e quella sicurezza che entrambe le parti avrebbero sempre auspicato.

 

D. – Padre Jaeger, qual è la situazione delle comunità cristiane in Terra Santa?

 

R. – Questa è una questione veramente molto complessa, perché le comunità cristiane in Terra Santa ci sono sia nei Territori palestinesi occupati che in Israele. Inoltre in Israele ci sono i cristiani di nazionalità, lingua e cultura araba e ci sono i cristiani di nazionalità, lingua e cultura ebraica. C’è quindi una grande varietà di situazioni. In linea di principio, così come risulta anche dalla natura della Chiesa stessa, i cristiani fanno parte delle rispettive comunità umane, civili e nazionali e ne condividono quindi le sorti. Non costituiscono una sorta di nazione a parte. Per cui i cristiani dei territori palestinesi subiscono tutti i drammi e le difficoltà comuni a tutti i loro connazionali palestinesi in questo tempo di tensioni, di scontri e di attesa della pace. Fra i cristiani in Israele coloro che appartengono alla minoranza nazionale araba ne condividono anche la condizione, la condizione di cittadini, che però appartenendo ad una minoranza non possono nella pratica godere di quella piena uguaglianza che la loro cittadinanza gli dovrebbe conferire. I cristiani di espressione ebraica in Israele, invece, partecipano alle ansie, alle speranze, alle esperienze dei loro connazionali ebrei. La speranza sarebbe per tutti i cristiani che la loro unità nella fede di questi appartenenti a popoli, nazioni e lingue così differenti, fatta quanto più visibile, possa servire da testimonianza al mondo che ci circonda. Una testimonianza, anzitutto, a Cristo, in cui si trova la sola vera pace; una testimonianza, poi, alla possibilità per uomini così diversi, di convivere pacificamente e in amicizia.

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INSIGNITI CON MEDAGLIE DEL PONTIFICATO E DIPLOMI

I VINCITORI DELLA 49.MA EDIZIONE DEL CERTAMEN VATICANUM,

CURATO DALLA FONDAZIONE LATINITAS, ISTITUITA 30 ANNI FA DA PAOLO VI

 

Sono i professori Flavio Fontana di Cormano, località del milanese, e Oreste Carbonero di Alessandria i vincitori del primo premio – rispettivamente nella sezione poesia e nella sezione prosa - della 49.ma edizione del “Certamen Vaticanum”, l’annuale concorso riservato agli studiosi e ai cultori della lingua latina. Ma numerosi sono stati gli autori insigniti ieri pomeriggio dalla Fondazione Latinitas, curatrice del Premio, con le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo del Pontificato. Alla cerimonia di premiazione hanno partecipato personalità accademiche e vaticane. Ce ne parla Alessandro De Carolis.

 

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Sono trascorsi trent’anni da quando Paolo VI si adoperò per garantire una futura vitalità a un idioma antico per il quale specie l’onda del rinnovamento post-Sessantotto voleva celebrare forzatamente le esequie. Il risultato è che oggi il latino è lungi dall’essere una “lingua morta”, perché - oltre a trovare ancora spazio nei programmi di studio - annovera estimatori in molte parti del pianeta, in grado di comporre testi sintatticamente e stilisticamente al livello dei tempi in cui, duemila anni fa, il latino era la lingua che unificava le province romane. E da duemila anni il latino è la lingua della Chiesa, dei suoi documenti ufficiali: è la lingua che molti Pontefici hanno padroneggiato, come ha ricordato pochi mesi fa lo stesso Benedetto XVI, rivelandone ancora adesso un uso quasi quotidiano. Grazie alla Fondazione Latinitas - istituita con il chirografo di Papa Montini Pontificio Romani Sermonis - e al Certamen Vaticanum, la Chiesa si pone come baluardo di difesa del latino, definito dal Papa un “eccellentissimo strumento” la cui conoscenza permette che non vadano perduti “tesori di memorie”, sacre ma non solo.

 

Ne sanno qualcosa i vincitori del Certamen 2006, a cominciare dal prof. Flavio Fontana e il suo “De primo consolatu Hadriani” – primo classificato per la poesia in latino – o dai quattro ex aequo della stessa sezione giunti al secondo posto: il prof. Oreste Carbonero di Alessandria autore di “Senectus”, il prof. Luigi Carta di Nettuno con il componimento “Ad Circaeum”, il prof. Giuseppe Suppa di Roseto degli Abruzzi compositore della “Sapphica Lyra”, il prof. Florindo Di Monaco di Capua e il suo “Victores in Simonae Atzori honorem”. La medaglia d'oro del Pontificato e diploma del primo premio per la sezione prosa sono andati al prof. Oreste Carbonero di Alessandria per il componimento “Auri sacra fames”; il secondo premio al prof. Luigi Luzzi di Salerno e al suo “Hoc si ita est, numquam putaram”, il terzo al prof. Giancarlo Rossi di Milano, autore del “Pilicrepus Latinus Antiquarius de baculiludio”, e ancora al prof. Florindo Di Monaco di Capua per il componimento “Tatiana”. La cerimonia ha visto un primo momento nel pomeriggio di ieri, dominato dall’esecuzione dell’intermezzo musicale “Apollo e Giacinto”, straordinaria opera in latino composta da Mozart all’età di 10 anni: una rarità rappresentata in Italia solo tre volte in tutto il Novecento, l'ultima risalente al 1956 alla Rai. Quindi, la parte celebrativa di questa mattina, nella Sala dei Foconi, con l’arcivescovo Luigi Dossena che ha letto il telegramma augurale di Benedetto XVI e, successivamente, con il presidente della Fondazione Latinitas, don Cleto Pavanetto, che ha messo in risalto il valore di universalità insito nella lingua latina, che vide celebri autori interrogarsi sui valori e sui destini più alti del genere umano sin dall’alba del pensiero speculativo.

 

Una festa dai toni elevati, dunque, per un idioma che induce alla solennità ma assolutamente idoneo a raccontare pure le avventure di un giovane di oggi che, armato di zaino, o “sacciperum dorsuale”, partecipi alla sua prima “venatio africana”, ovvero uno zoosafari. Anche la creazione e la divulgazione dei neologismi latini è frutto dell’ingegno e della ricerca della Fondazione Latinitas, autrice del prestigioso “Lexicon recentis latinitatis”. Un modo concreto di dimostrare che anche una lingua che viene dal passato sa descrivere con ricchezza di significati l’evolversi dei costumi o degli usi del mondo contemporaneo: un mondo che vanta memorie tecnologiche sempre più ampie, ma spesso scarsa memoria delle sue radici.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano – “E' l'Avvento: Dio viene a bussare alla porta di ogni uomo”. All'Angelus, Benedetto XVI invita i fedeli a vivere il tempo di inizio dell'anno liturgico, risvegliando nei cuori l'attesa del “Dio che viene”.

 

Servizio estero - In evidenza le Filippine: sempre più tragiche le conseguenze del passaggio del tifone Durian: oltre mille fra morti e dispersi; trentuno villaggi sepolti dal fango, staccatosi dal vulcano Mayon 

 

Servizio culturale - Un articolo di Francesco Napoli dal titolo “Nel laboratorio dell'ultimo Montale”: pubblicata una raccolta di testi inediti composti tra il 1963 ed il 1980.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 dicembre 2006

 

 

OLTRE 1000 LE VITTIME DEL TIFONE NELLE FILIPPINE:

LA TESTIMONIANZA DEL NUNZIO A MANILA, MONS. FERNANDO FILONI

 

La colata di fango e macigni provocata dal tifone Durian e che quattro giorni fa ha sommerso diversi villaggi sulle pendici del vulcano Mayon nelle Filippine ha fatto 1.049 morti o dispersi, secondo l'ultimo bilancio reso noto da fonti della protezione civile. La Croce Rossa locale ha lanciato un appello urgente per l'invio di soccorsi, dicendosi estremamente preoccupata per la mancanza di acqua potabile, viveri e medicine. Sulla situazione di emergenza venutasi a creare nel Paese Stefano Leszczynski ha intervistato il nunzio nelle Filippine, mons. Fernando Filoni:

 

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R. - La zona che è stata colpita è la parte centrale dell’arcipelago. Si tratta di cinque o sei diocesi. La regione più colpita è quella che è situata vicino al vulcano Mayon che nei giorni scorsi aveva eruttato molta cenere che, unita alla violenza delle acque e dei venti, è caduta sotterrando i villaggi che incontrava.

 

D. – Il bilancio si fa sempre più drammatico…

 

R. – Naturalmente queste sono ancora le cifre indicative che ci giungono. Già si parla di oltre 1000 morti, almeno fino alle ultime stime di poco fa. Poi ci sono migliaia di feriti e naturalmente in questo momento le autorità civili e anche tutte le organizzazioni internazionali si stanno attivando. Ovviamente noi stiamo operando con i primi aiuti attraverso le diocesi locali.

 

D. – Non c’era nessuna possibilità di prevedere una catastrofe ambientale di questo tipo?

 

R. – Il tifone non è giunto improvviso ma si prevedeva che andasse verso il nord e invece improvvisamente ha cambiato direzione tagliando praticamente a metà e questo è stato un po’ inaspettato. In un certo senso poi c’è la tradizionale e difficile situazione di queste zone che sono disboscate e comunque anche della gente che abita proprio nelle zone attorno al vulcano. Naturalmente la posizione geografica stessa, l’olografia del terreno è sempre inclemente e lascia prevedere, in queste situazioni di piogge molto forti, di tifoni, disastri terribili. Qui i giornali hanno anche molto apprezzato la solidarietà del Papa che è giunta immediata: e noi speriamo che questo appello del Papa possa anche tradursi in aspetti concreti con aiuti immediati a questa popolazione. 

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LA VICENDA DEL POLONIO 210: DIBATTITO APERTO SULLA LICEITA’

 DELLO SPIONAGGIO CHE ELUDE LE GARANZIE DEMOCRATICHE

- Intervista con Luigi Bonanate -

 

Riguardo alla vicenda che ruota intorno al Polonio 210 che ha ucciso l'ex agente russo del KGB Aleksandr Litvinenko e contaminato l'ex consulente italiano della commissione Mitrokhin, Mario Scaramella, Scotland Yard si prepara ad inviare una squadra di investigatori del reparto antiterrorismo a Mosca. I detective britannici sembra abbiano la priorità di interrogare a fondo Andrei Lugovoi, uno dei tre uomini d'affari russi che Litvinenko ha visto nell’albergo Millennium di Londra il 1° novembre, lo stesso giorno in cui si è incontrato con Scaramella al Sushi bar di Piccadilly ed ha incominciato poi a stare male. Intanto il ministro degli Esteri italiano, Massimo D’Alema, fa sapere che, nei suoi colloqui di domani a Mosca, chiederà che le autorità russe offrano “una piena cooperazione” sul caso Litvinenko alla magistratura e alle forze di polizia, affinché si faccia “piena luce” e “chiarezza”. Queste vicende di spionaggio internazionale, con risvolti anche drammatici, che interessano diversi Paesi europei, pongono seri interrogativi ai cittadini comuni che si chiedono chi siano davvero queste spie o agenti segreti, e per conto di chi operino. Roberta Gisotti ne ha parlato con il prof. Luigi Bonanate, ordinario di Relazioni internazionali all’Università di Torino:

 

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D. - Queste spie, professore, hanno estrazioni molto diverse, a volte ricoprono perfino incarichi istituzionali, girano per il mondo scambiando materiali e informazioni, rischiano e a volte perdono la vita, spesso delinquono ma in base a quali normative agiscono?

 

R. – A nessuna. La risposta è un po’ demoralizzante o spaventosa, ma in realtà le Costituzioni e cioè i grandi enunciati di principi si preoccupano sempre di salvaguardare il segreto dei cittadini e cioè della vita di ciascuno di noi. Noi abbiamo diritto alla privacy, alla segretezza e tutte le altre cose che ne conseguono. I funzionari dello Stato, invece no. Tutti coloro che agiscono in nome di una istituzione pubblica hanno la proibizione di conservare dei segreti. Lei, come chiunque altro, potrebbe dirmi: “Ma cosa sta dicendo? Il mondo non ha mai funzionato così!”. E’ vero. E’ invalsa in passato l’idea che la sicurezza dello Stato dovesse essere salvaguardata e garantita proprio dal fatto che avendo delle spie si potesse controllare che, al di fuori dei confini, nessuno stesse preparando qualcosa di nocivo per il nostro Paese. Evidentemente tutto ciò non corrisponde più alla realtà politica internazionale contemporanea. Già poco corrispondeva ai tempi della guerra fredda, ma dopo l’89 e la fine del bipolarismo tutto ciò non ha più alcun senso.

 

D. – Come mai allora il fenomeno dello spionaggio è in grande ripresa?

 

R. – Questa è una domanda ancora più delicata ed imbarazzante, perché dietro a tutto ciò c’è soltanto una di queste due possibilità: o il denaro e quindi una criminalità pura e semplice - sono un po’ duro ma credo che il momento lo richieda - oppure c’è il tentativo di controllare la politica di questo o di quell’altro Paese e non c’è modo migliore di farlo che con il ricatto. Il ricatto lo si realizza attraverso la conoscenza di segreti, di cui si è venuti a conoscenza pagandoli, e dunque si può ricattare questo o quell’altro politico.

 

D. – Riguardo alla vicenda delle prigioni segrete americane dislocate in Europa per aggirare le leggi nazionali ed anche normative del diritto umanitario, abbiamo visto la collaborazione illegale offerta da vari Paesi. Ma come è possibile che in democrazia il popolo sovrano resti escluso da ogni decisione e possibilità di conoscere la verità?

 

R. – E’ proprio come ha detto lei adesso. Il problema più grande e la cosa scandalosa è che noi sappiamo, già da tanto tempo, che la democrazia può essere definita come “il potere in pubblico”. Ogni volta cioè che una azione politica entra in una zona d’ombra o addirittura di riservatezza e poi di segreto, ebbene lì ‘gatta ci cova’: questo  è il momento in cui dobbiamo cominciare a preoccuparci. Democrazia e segreto non possono coesistere. Del resto se noi guardiamo alla storia del nostro Paese, sappiamo che ogni volta che è venuto fuori uno scandalo sui Servizi, abbiamo poi sempre visto che si trattava di piccoli o grandi tentativi di attaccare la democrazia.

 

D. – E’ venuto il momento, forse, di aprire un serio dibattito in Europa, ma anche nei Parlamenti dei vari Paesi su questo problema?

 

R. – Senz’altro sì. Penso che il dibattito sarebbe semplicissimo: aboliamo i Servizi segreti. Proviamo a chiederci – e mi rendo conto che è un po’ scandaloso detto in questo modo - a cosa servano nel mondo d’oggi? Sono forse serviti a farci arrestare Bin Laden? Sono forse serviti a farci trovare le armi di distruzione di massa in Iraq? Sono forse serviti ad evitare guerre o conflitti? Questo vuol dire che il segreto serve per diffondere notizie false e tendenziose. Quando un potere politico diffonde delle notizie false, quello è il momento dell’allarme sociale assoluto.

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CHIESA E SOCIETA’

4 dicembre 2006

 

 

IERI LA SOLENNE CHIUSURA DELL’ANNO SAVERIANO,

NEL QUINTO CENTENARIO DELLA NASCITA DI SAN FRANCESCO SAVERIO

- A cura di padre Ignacio Arregui -

 

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JAVIER. = Con la chiusura ieri, 3 dicembre, nel Santuario-Castello di Javier dell’Anno saveriano, si sono concluse anche le diverse celebrazioni che la Compagnia di Gesù aveva previsto per quest’anno alla memoria di Sant’Ignazio di Loyola, Beato Pietro Fabro, e San Francesco Saverio. Per le particolari caratteristiche di questo Anno giubilare, il Santo Padre si è rivolto ai Gesuiti di tutto il mondo in una straordinaria celebrazione che ha avuto luogo nella Basilica di S. Pietro il 22 aprile. Per quanto riguarda l’Anno saveriano, è iniziato un anno fa nel Castello-Santuario di Javier alla presenza di tutti i Provinciali gesuiti del mondo, presieduti dal Preposito Generale. Tra le innumerevoli celebrazioni di quest’anno, va messa in risalto la giornata del 7 aprile scorso nel Santuario di Saverio, quando ricorreva la data precisa del quinto centenario della nascita di San Francesco Saverio. Erano presenti in quell’occasione il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, come inviato speciale del Santo Padre ed i Reali di Spagna. Ieri, una solenne Eucaristia ed una manifestazione culturale e festiva hanno costituito l’epilogo di un anno intero di ogni genere di celebrazioni speciali, che si sono tenute in particolare nella regione della Navarra e nel santuario di Javier. Nella sua omelia l’arcivescovo di Pamplona, mons. Fernando Sebastián Aguilar, ha affermato: “Senza cadere in nessun tipo di trionfalismo possiamo dire che abbiamo vissuto un anno di grazia e di benedizione”. Nell’Eucaristia l’arcivescovo di Pamplona è stato accompagnato dai vescovi delle diocesi limitrofi, da due abati benedettini e da circa 30 altri concelebranti. A nome del Preposito Generale della Compagnia di Gesù, il suo delegato padre Ignazio Etxarte ha ringraziato tutti, con parole prese dalle lettere di San Francesco Saverio, per la loro partecipazione alle celebrazioni giubilari. La cerimonia ha avuto luogo nel nuovo auditorium del Santuario ed è stata presieduta dalle massime autorità della Navarra.

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IMPORTANTE ANNUNCIO AL CONGRESSO DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI GERIATRIA,

A FIRENZE: FORSE GIA’ NEL 2007 PRIMI TEST CON CELLULE STAMINALI DEL CERVELLO PER LA CURA DI MALATTIE NEURODEGENERATIVE. POCHE INVECE – SECONDO

IL PRESIDENTE ROBERTO BERNABEI - LE EVIDENZE SCIENTIFICHE TERAPEUTICHE

DELLE CELLULE STAMINALI EMBRIONALI

 

FIRENZE. = Nel 2007 potrebbe partire la sperimentazione sull'uomo di terapie con cellule staminali neurali per curare alcune patologie neurodegenerative che colpiscono prevalentemente gli anziani, come il Parkinson e l'Alzheimer. L'annuncio è stato fatto nei giorni scorsi dal prof. Angelo Vescovi, ordinario di Biologia cellulare a Milano Bicocca, nel corso del 51mo Congresso nazionale della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg), organizzato a Firenze. Secondo Vescovi, l'estrazione di cellule staminali neurali dal cervello, la loro coltivazione in vitro e il successivo  trapianto nel cervello malato potrebbero consentire nei prossimi anni di curare con successo una serie importante di patologie degenerative e le lesioni del midollo spinale. “I grandi scienziati del passato - ha detto Vescovi - ritenevano che il tessuto cerebrale non si rigenerasse nel corso della vita umana ma recentemente si è scoperto che in alcune  zone è in grado di rigenerarsi. Per questo le cellule staminali neurali operano nel nostro cervello come potente agente antiinvecchiamento. I risultati degli esperimenti condotti sugli animali sono promettenti e per questo in tempi brevi passeremo a sperimentazioni sugli esseri umani”. Il ricercatore ha inoltre prospettato la concreta possibilità nei prossimi 10 anni di estrarre, subito dopo la nascita di un bambino, anche attraverso il cordone ombelicale, una riserva di cellule staminali da utilizzare a fini terapeutici nel corso della vita, come materiale per costruire i futuri “pezzi di ricambio”. “Sarebbe inoltre molto interessante studiare i meccanismi cellulari dell'invecchiamento - ha concluso Vescovi - ed in particolare il rapporto fra stress ed invecchiamento cerebrale”. Infine, Vescovi ha ribadito le sue perplessità sull’efficacia delle cellule staminali embrionali e ha concordato con il presidente della Società di geriatria Roberto Bernabei, che al momento esistono “poche evidenze scientifiche sulle loro applicazioni terapeutiche”. (R.G.) 

 

 

CRISTIANI E MUSULMANI UNITI PER LA DIFESA DELL’AMBIENTE: CONFERENZA A DAVAO

NEL SUD DELLE FILIPPINE, CON LA PARTECIPAZIONE DELL’ARCIVESCOVO QUEVEDO

E DEL PROF. AMINODDIN BARRA, CHE HANNO RICHIAMATO I PRINCIPI RELIGIOSI

A TUTELA DEL CREATO E A BENEFICIO DELL’INTERA UMANITA’

 

MINDANAO. = Cristiani e musulmani uniti per tutelare l’ambiente naturale. L’iniziativa – riportata dall’agenzia “MISNA” - è stata promossa a Davao nel sud delle Filippine, dove per l’occasione è stata organizzata una Conferenza cui ha partecipato anche l’arcivescovo Orlando Quevedo di Cotabato, insieme  al prof. Hamid Aminoddin Barra dell’Università “King Faisal Center”, nell’isola di Mindanao. Entrambi i relatori hanno sottolineato che i principi religiosi rendono sensibili al problema ambientale. “Tutta la creazione è dono di Dio per il bene dell’umanità e in quanto tale deve essere rispettata”, ha detto l’arcivescovo Quevedo. Gli ha fatto eco il prof. Aminoddin Barra, dichiarando: “Il Corano educa alla pace, alla costruzione di un mondo armonioso, non solo per la società musulmana, ma anche per l’intera umanità”. “Per favorire la tutela dell’ambiente – ha aggiunto il docente - non è sufficiente dire cosa sia giusto o sbagliato fare ma bisogna anche intervenire attivamente per evitare la sua distruzione”. L’incontro di Davao ha sviluppato una serie di proposte comuni su possibili iniziative interreligiose per la salvaguardia dell’ambiente. (R.G.)

 

 

SONO RIPRESI I ‘SABATI MARIANI’ DALL’AVVENTO A PENTECOSTE,

PRESSO LA BASILICA ROMANA DI SANTA MARIA IN VIA LATA A ROMA

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA. = Il Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”, in via del Corso a Roma, diretto da padre Ermanno Toniolo, in collaborazione con le Suore Figlie della Chiesa, organizza da 29 anni i ‘Sabati Mariani’, dall’Avvento a Pentecoste. Lo scopo è diffondere una solida conoscenza su Maria e formare persone spiritualmente impegnate a lavorare ‘per un mondo nuovo’: sacerdoti, religiose, religiose e laici, ogni anno su una diversa tematica. Al centro degli incontri quest’anno il tema della figura di Maria nell’enciclica di Benedetto XVI Deus Caritas Est. Insigni teologi, esperti in mariologia, si succederanno ogni sabato fino alla vigilia di Pentecoste, ad illustrare la figura di Maria nel mistero di Dio. Una specifica lezione tratterà di Maria nelle omelie di Benedetto XVI, oltre che nella sua enciclica dove il Papa indica alla Chiesa l’esempio di amore dei molti Santi che la onorano e, prima fra tutti, Santa fra i Santi, Maria, donna umile, donna di fede, di speranza e di amore, alla quale anch’egli, il Papa cioè, come tutti i fedeli, si rivolge supplice. L’appuntamento a Santa Maria in via Lata è dalle 16.00 alle 18.00, mentre il 28, 29 e 30 di questo mese è in programma il 27.mo Convegno nazionale ‘Fine Anno con Maria’ per operatori pastorali italiani, presso la Pontificia Facoltà Teologia ‘Marianum’ a Roma, sul tema ‘Maria, testimone e serva di Dio-Amore’, sempre sulla scia dell’enciclica Deus Caritas Est di Benedetto XVI.

 

 

VENUTE A MANCARE NEL CIAD ORIENTALE LE CONDIZIONI DI SICUREZZA,

L’ONU ED ALTRE AGENZIE UMANITARIE HANNO DECISO DI RITIRARE

 GRAN PARTE DEL PERSONALE

DAI CAMPI PROFUGHI AL CONFINE CON IL SUDAN,

DOVE SONO OSPITATI OLTRE 100 MILA RIFUGIATI DEL DARFUR

 

N'DJAMENA. = Allarme dell'ONU e delle organizzazioni non governative impegnate nel Ciad orientale. L'offensiva dei ribelli avvenuta nei giorni scorsi ad Abeche, dove era stato saccheggiato un deposito dell'Alto commissariato dell'ONU, e gli scontri a Guereda hanno spinto le agenzie umanitarie a ritirare gran parte del proprio personale dai campi profughi al confine con il Sudan, laddove sono ospitati oltre 100 mila profughi provenienti dal vicino Darfur. "Il personale umanitario sarà riorganizzato a N'Djamena e ad Abeche", ha informato Helene Caux, portavoce dell'UNHCR. L'Alto Commissariato continuerà ad operare nei sei campi profughi di Guereda, Iriba e Bahai con uno staff ridotto al minimo. (R.G.) 

 

 

UNA SOLENNE CELEBRAZIONE EUCARISTICA, PRESIEDUTA DALL’ARCIVESCOVO RE,

INVIATO SPECIALE DEL PAPA, HA SUGGELLATO IERI LA CHIUSURA A PARMA

DELL’ANNO GIUBILARE, A RICORDO DEI NOVECENTO ANNI

DELLA DEDICAZIONE DELLA CATTEDRALE DELL’ASSUNTA

 

PARMA. = Con una solenne Celebrazione eucaristica, presieduta dall’inviato speciale del Papa cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi si è concluso ieri pomeriggio a Parma l’Anno giubilare convocato dalla diocesi per ricordare i novecento anni della dedicazione della Cattedrale, che ha coinciso con la conclusione dei complessi lavori di restauro iniziati ben 25 anni fa. Emblema della città, fulcro di una delle più belle piazze del mondo, la Cattedrale dedicata all'Assunta fu iniziata intorno al 1059 fuori delle mura urbane su una preesistente basilica paleocristiana.  Considerata uno degli esempi più insigni del romanico padano, ricca di importanti testimonianze artistiche (dai bassorilievi dell'Antelami agli affreschi del Correggio), venne consacrata da Papa Pasquale II tra il 31 ottobre e il 4 novembre 1106. Nel corso della celebrazione è stata data lettura del messaggio del Papa che accompagna la nomina del suo inviato speciale. Benedetto XVI ricorda “come siano molte le iniziative pastorali che la Chiesa locale propone ai propri fedeli e agli uomini di buona volontà affinché tutti possano vedere come la religione cristiana sia congiunta alla storia di questa città”. Nell’omelia il cardinale Re ha auspicato che l’Anno giubilare sia stato occasione “per ritrovare il gusto dell’appartenenza alla Chiesa cattolica”. “Proprio il rinnovato amore alla Chiesa locale” - ha risposto mons. Silvio Cesare Bonicelli, vescovo di Parma - “è il frutto più caro del nostro giubileo”.                           

 

 

LA PARROCCHIA DI SANT’ANNA IN VATICANO DEDICA UNA SETTIMANA ALLE VOCAZIONI. PREVISTI DIVERSI MOMENTI PER LA MEDITAZIONE E LA PREGHIERA

 

ROMA. = Ha inizio oggi nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano una settimana di preghiera per le vocazioni sacerdotali. Fino al 7 dicembre, ogni pomeriggio, alcuni sacerdoti agostiniani offriranno meditazioni e spunti di riflessione. A partire dalle 17.00 comincerà la recita del Rosario cui seguiranno il canto del Vespro e alle 18.00 la celebrazione della Messa. Domani invece, sempre alle 17.00, la liturgia sarà preceduta dall’adorazione eucaristica. Giovedì a presiedere la Messa sarà mons. Leonardo Sandri, sostituto della segreteria di Stato. L’8 dicembre infine, a conclusione della settimana di preghiera, la comunità parrocchiale festeggerà il 25° anniversario dell’ordinazione sacerdotale del parroco di Sant’Anna, il padre agostiniano Bruno Silvestrini. Per celebrare l’evento alle 12.15 si svolgerà una messa giubilare durante la quale a tenere l’omelia sarà il vicario del Papa per la Città del vaticano mons. Angelo Comastri. (T.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 dicembre 2006

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Nove militari americani sono rimasti uccisi in Iraq in diversi attacchi durante il fine settimana e ieri sono stati trovati in diverse zone di Baghdad i corpi di 50 persone. Secondo l'ONU, nel mese di ottobre sono stati massacrati ogni giorno in media 120 civili. Il primo ministro britannico, Tony Blair, sarà mercoledì e giovedì a Washington per discutere con il presidente americano, George W. Bush una revisione delle strategie in Iraq dove, secondo il segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, la situazione è ormai “peggiore della guerra civile”. E c’è da dire che mercoledì sarà reso pubblico il rapporto della Commissione dei “dieci saggi”, un gruppo bipartisan guidato dall'ex segretario di Stato repubblicano, James Baker, e dall'ex deputato democratico, Lee Hamilton, che dopo mesi di incontri con esperti e protagonisti esporrà in un documento di circa cento pagine i suoi suggerimenti per mettere fine al sanguinoso conflitto in Iraq e giungere al rimpatrio graduale delle forze americane.

 

Intanto di Iraq ha parlato il primo ministro turco, Erdogan, negli incontri, conclusi ieri a Teheran, con  la Guida  suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, e con il presidente Ahmadinejad. Hanno parlato “del ruolo e delle responsabilità di Iran, Turchia e Siria nel rafforzare la  stabilità nella regione”, precisando che sono stati presi in esame anche gli sviluppi in Palestina e Libano. In quest'ultimo  Paese, la Turchia - primo Paese musulmano a farlo - ha deciso di inviare propri soldati per rafforzare il contingente militare dell'ONU, l'UNIFIL.

 

L'esercito israeliano ha arrestato questa mattina, poco dopo l'alba, in Cisgiordania, 15 palestinesi ricercati per attività antisraeliane, con  l'obiettivo di “prevenire gli  attentati”. Ma la radio militare fa sapere che nuove restrizioni sono state imposte ai militari israeliani impegnati in Cisgiordania e ciò nel tentativo di evitare incidenti che potrebbero avere effetto destabilizzante sulla tregua in corso a Gaza da una decina di giorni. Secondo l’emittente, gli arresti di miliziani palestinesi proseguiranno, ma avverranno con maggior cautela. Da parte loro, i gruppi armati palestinesi ribadiscono di non poter accettare all'infinito una “tregua monca”, ossia limitata alla sola zona di Gaza. Ieri, la Jihad islamica ha avvertito che riprenderà la lotta contro Israele mentre Hamas si è astenuto dal partecipare ad una consultazione fra varie fazioni relativa alle modalità della tregua. 

 

La NATO fa sapere di aver ucciso ieri circa 70 talebani in combattimenti  durati quasi quattro ore nei pressi della località di Musa Qala, nel sud dell'Afghanistan. Il portavoce ha detto che elicotteri da combattimento e un cacciabombardiere sono intervenuti in soccorso di una pattuglia dell'ISAF che era stata attaccata “da un gran numero di insorti”. E' stato il combattimento a Musa Qala, il più violento di cui si abbia notizia da quando a settembre è stato raggiunto un accordo fra le truppe britanniche dispiegate nella zona e i capi tribù locali. Questi ultimi avevano assicurato che i talebani avrebbero lasciato questo distretto se i soldati britannici si fossero ritirati.

 

I “sei” Paesi che negoziano sull'Iran si riuniranno domani a Parigi, a livello dei direttori politici, per discutere del dossier nucleare. Sarà presente l'alto rappresentante dell’Unione Europea, Javier Solana. E’ quanto annuncia oggi il Ministero degli esteri francese. Intanto, anche in tema di nucleare si è pronunciato il premier turco Erdogan,  nel corso della sua visita di ieri a Teheran: ha invitato la  leadership iraniana a ''favorire una soluzione diplomatica” alla controversia internazionale sulla questione del nucleare iraniano ed ha inviato un messaggio esplicito al presidente americano Bush: se Washington vuole che Ankara faccia da  mediatore con Teheran deve ufficializzare questa richiesta.

 

Il presidente venezuelano, Hugo Chávez, così come indicano tutti i sondaggi, è stato rieletto ieri per un altro mandato di sei anni con il 61% dei voti. Anche se i dati non sono ancora completi e ufficiali, l'avversario socialdemocratico Manuel Rosales, che ha ottenuto il 38%, ha ammesso la sconfitta. La prima volta, nel 1998, lo scarto a favore di Chávez era di 800 mila voti. Oggi è di 3 milioni di voti, a conferma della popolarità e del carisma del governante venezuelano. La nota di Luis Badilla:

 

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Va subito detto che si tratta di una rielezione in linea con la tendenza politica latinoamericana dominante negli 11 processi elettorali che si sono registrati in quest'ultimo anno e che hanno coinvolto oltre 450 milioni di abitanti della regione. Solo nelle ultime settimane, tre esponenti della sinistra latinoamericana hanno registrato una solida vittoria al secondo turno: Rafael Correa in Ecuador, Luiz Inacio Lula da Silva in Brasile e Daniel Ortega in Nicaragua. E' una realtà che cambia drasticamente i termini dei rapporti internazionali e interregionali. Da un lato, Washington  dovrà fare i conti con una maggioranza di governi riluttanti alla "solidarietà continentale", più autonomi e anche ostili, come Chávez. Dall'altro, con le sole eccezioni della Colombia e del Messico, e della neutralità del Cile, l'intera regione appare molto favorevole, sia nelle questioni geopolitiche sia in quelle economiche, alla diversificazione dei suoi rapporti, con particolare interesse per l'Asia e poi l'Unione Europea. In Venezuela, con la vittoria del presidente Chávez, cambia poco. Lo ha dichiarato lui stesso  promettendo un ulteriore slancio alle riforme “bolivariane”, cioè un misto di socialismo, libero mercato e populismo. A questo punto, la “conseguenza” di questa rielezione è tutta internazionale e riguarda, in concreto, il bilancio della politica dell’amministrazione Bush nei confronti dell’America Latina.

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Si sono svolte ieri senza incidenti le elezioni legislative e comunali in Mauritania, le prime dopo il colpo di Stato dell'agosto 2005 e prima tappa del  processo di transizione democratica avviato dalla giunta militare al potere. Il servizio di Amina Belkassem:

 

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Si è svolto ieri, senza problemi e secondo le norme - hanno rilevato gli osservatori internazionali - anche il secondo turno delle prime elezioni libere della storia della Mauritania, tappa fondamentale per il ritorno del potere in mano ai civili dopo il colpo di Stato che il 3 agosto 2005 ha rovesciato il regime ventennale di Taya, promettendo di avviare un processo di democratizzazione nel Paese. La “Coalition des forces du changement démocratique”, ex opposizione del regime mauritaneo, era uscita vincitrice al primo turno di queste storiche elezioni amministrative e politiche conquistando il Consiglio comunale della capitale e di Nouadhibou, seconda città del Paese, oltre a 26 seggi in Parlamento sui 43 assegnati. Oltre 650 mila gli elettori chiamati ieri al voto per assegnare i 52 seggi in ballottaggio dopo le consultazioni di novembre, caratterizzate dall’entrata in Parlamento di due deputati islamici e da una forte rappresentazione femminile. Un deputato su cinque sarà infatti una donna grazie all’introduzione di una quota rosa del 20 per cento imposta ad ogni partito. In gennaio, sarà la volta delle elezioni del Senato e in marzo le presidenziali che segneranno la fine del governo militare del colonnello Vall. Dalla sua indipendenza nel 1960, la Mauritania non aveva mai conosciuto elezioni libere, retta prima dal regime del presidente Moktar Ould Daddah, rovesciato nel ’84 da Taya, attualmente in esilio in Katar.

 

Amina Belkassem, per la Radio Vaticana.

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Si è concluso positivamente l’arresto in Somalia del giornalista italiano, Massimo Alberizzi, del “Corriere della Sera”. Il noto africanista era giunto l’altro ieri a Mogadiscio, quando è stato fermato, insieme con Emanuele Piano del quotidiano “Liberazione”, da militari delle Corti islamiche, che controllano la capitale e gran parte del Paese. Piano è stato immediatamente rilasciato, mentre l’inviato del Corriere ha vissuto drammatiche ore di ansiosa attesa prima della liberazione. Sui motivi dell’arresto, sentiamo proprio Massimo Alberizzi, che Giancarlo La Vella è riuscito a raggiungere telefonicamente a Nairobi:

 

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R. – Io credo siano stati alcuni articoli che ho scritto con riferimento alle truppe eritree che sono presenti accanto al corpo islamico in Somalia e combattono con loro. Questo è uscito fuori proprio nell’ultima parte dell’interrogatorio cui sono stato sottoposto all’aeroporto. Credo che sia dovuto a questo, perché gli eritrei vogliono che la loro presenza in Somalia sia assolutamente segreta e riservatissima.

 

D. – Qual è la situazione in Somalia, da quello che hai potuto vedere?

 

R. – Le Corti islamiche sicuramente hanno migliorato moltissimo le condizioni di vita della gente, dal punto di vista almeno della sicurezza. Oggi a Mogadiscio si può circolare senza scorta, si può andare in giro senza grossi problemi. Qualcuno mi diceva: “Sì, oggi possiamo andare in giro, però poi non possiamo più parlare”. Quindi, esiste anche un risvolto negativo. Comunque, rispetto a prima mi pare che l’aeroporto sia stato riaperto, il porto sia stato riaperto, stanno costruendo nuovi palazzi, stanno rimettendo in sesto lo stesso aeroporto. E’ sicuramente migliorata.

 

D. – Dalla tua vicenda è possibile dedurre che invece è più difficile il lavoro per i giornalisti che vogliono raccontare cosa sta succedendo o no?

 

R. – C’è uno scontro all’interno delle Corti islamiche che governano la Somalia oggi, tra moderati e oltranzisti. Proprio nel mio caso si è potuto vedere che hanno vinto i moderati: dopo il mio arresto e l’interrogatorio, c’è stata una riunione del Parlamento somalo, nella notte, dove c’è stato uno scontro violento tra i moderati, che intendevano rilasciarmi, e gli oltranzisti, che invece chiedevano una punizione esemplare nei miei confronti. Hanno vinto i moderati e questo devo dire è un buon segno. Non solo, perché mi hanno rilasciato, ma anche un segno per la politica del Paese.

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Il Fronte Polisario per l’indipendenza del Sahara Occidentale ha chiesto al segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, “un'inchiesta internazionale urgente sul ruolo delle autorità coloniali marocchine” sulla morte, la scorsa settimana, di 50 giovani sahrahui mentre tentavano di raggiungere via mare le Canarie spagnole.

 

Le prossime 48 ore saranno cruciali per l'ex dittatore cileno, Augusto Pinochet, ricoverato nell'ospedale militare di Santiagio del Cile, dopo essere stato colpito da infarto del miocardio ed edema polmonare acuto. Lo ha dichiarato in nottata il primario del reparto di  cardiologia, Juan Ignacio Vergara.

 

Il principale consigliere del premier giapponese, Shinzo Abe, per le questioni di sicurezza, la signora Yuriko Koike, è in partenza per la Libia, dove è possibile che sia ricevuta dallo stesso leader, Muammar Gheddafi. La visita, secondo quanto indicato da fonti di stampa a Tokyo,  avviene anche in funzione di un eventuale riferimento al “modello libico” per un auspicato disarmo nucleare nordcoreano. Durante il suo viaggio in Medio Oriente, il consigliere  parteciperà a una conferenza internazionale di geopolitica  organizzata nel Bahrein dall'Istituto internazionale di studi  strategici, che ha sede a Londra.

I tentativi di ricucire le relazioni Giappone-Cina, dopo gli strappi dovuti alle controversie ideologiche degli scorsi anni, cominciano a dare i primi frutti: secondo fonti informate citate oggi dalla stampa nipponica, il premier Wen Jiabao potrebbe fare una visita a Tokyo all'inizio  della primavera prossima. La visita avverrebbe in restituzione di quella compiuta a Pechino l’ottobre scorso dal capo del governo giapponese, Shinzo Abe, nel primo viaggio all'estero dopo il suo insediamento alla fine di agosto. Le fonti citate hanno anche prospettato la possibilità che il presidente cinese Hu Jintao visiti Tokyo nella seconda metà del 2007, in vista di un completo rilancio delle relazioni bilaterali a 35 anni dalla loro normalizzazione. I contatti al vertice tra i due Paesi erano stati sospesi negli ultimi anni da Pechino per protesta contro una serie di gesti del predecessore di Abe, Junichiro Koizumi, interpretati  come concessioni ideologiche al revanscismo nipponico.

 

 

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