RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 117 - Testo della trasmissione di giovedì 27 aprile 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“La legge di Dio non elimina la libertà dell’uomo”: così Benedetto XVI ai 25 membri della Pontificia Commissione Biblica, ricevuti in Vaticano al termine dell’annuale sessione plenaria

                   

Certezza della fama di santità, presenza di un miracolo “fisico” o di una reale situazione di martirio: Benedetto XVI ribadisce in un messaggio al dicastero per le Cause dei Santi i punti-cardine per una corretta attuazione delle procedure di beatificazione e canonizzazione

 

Stipulato l’accordo di base tra la Santa Sede e la Bosnia Erzegovina

 

Azioni ingiustificate e senza attenuanti che riempiono di sdegno: il segretario per i rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Giovanni Lajolo, condanna dai nostri microfoni i recenti attentati terroristici in Egitto, Terra Santa e in Iraq

 

Patrimonio di valori cristiani e spirituali: lo ha detto il cardinale Martino all’Accademia diplomatica di Vienna in un discorso sulla libertà religiosa nella nuova Europa

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Sgomento e dolore per la morte di tre soldati italiani e di un militare rumeno in seguito all’esplosione di un ordigno a Nassiriya: intervista con il maggiore Marco Mele

 

Promuovere il dialogo interreligioso per affrontare le problematiche sociali: se ne parla all’incontro mondiale tra le religioni per la pace promosso dalla Comunità di Sant’Egidio a Washington. Con noi, Alberto Quattrucci

 

Presentazione, oggi pomeriggio in Vaticano, del restauro della Sala dei misteri della fede nell’appartamento Borgia, decorato alla fine del ‘400 dal Pinturicchio e dalla sua scuola: Intervista con Francesco Buranelli e Maurizio De Luca

 

CHIESA E SOCIETA’:

Al via in Svizzera l’incontro dei gruppi di coordinamento del Comitato europeo dei cappellani universitari

 

L’arcivescovo di Budapest, il cardinale Peter Erdö, sottolinea la necessità di lavorare assieme in Europa per i valori umani

 

Conclusione del XV Incontro della Pastorale di frontiera, svoltosi nei giorni scorsi nella zona di confine fra Colombia ed Ecuador

 

In mostra nella sede della nostra emittente 40 scatti del fotografo Umberto Stefanelli dedicati a Giovanni Paolo II

 

Inaugurata ieri dal presidente della CEI, il cardinale Ruini, la mostra “Pompa Magna. Pietro Novelli e l’ambiente monrealese”

 

24 ORE NEL MONDO:

In Nepal, i ribelli maoisti annunciano una tregua di tre mesi dopo il ripristino del Parlamento deciso da re Gyanendra

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

27 aprile 2006

 

UDIENZA DI BENEDETTO XVI ALLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

 AL TERMINE DELLA PLENARIA 2006

 

“La legge di Dio non elimina la libertà dell’uomo”: così Benedetto XVI nel suo discorso ai 25 membri della Pontificia Commissione Biblica, ricevuti stamani nella Sala dei Papi in Vaticano, in chiusura dell’annuale sessione Plenaria di questa istituzione, fondata nel 1902 da Leone XIII e che, riformata da Paolo VI, è collegata con la Congregazione per la Dottrina della fede, il cui prefetto ne riveste l’incarico di presidente. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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Un incontro affettuoso quello del Papa con i biblisti già conosciuti personalmente negli anni in cui l’allora cardinale Ratzinger ha presieduto la Commissione. “Riconoscenza e apprezzamento – ha espresso loro Benedetto XVI – per l’importante lavoro” svolto “al servizio della Chiesa e per il bene delle anime”. Così come “argomento molto importante” non solo per i credenti ma per ogni persona – ha detto il Papa - è quello approfondito in questa plenaria: il “rapporto tra Bibbia e morale”. Se infatti “l’impulso primordiale dell’uomo” è il suo desiderio di felicità – ha osservato Benedetto XVI - oggi molti pensano di poter raggiungere “una vita pienamente riuscita” “in maniera autonoma, senza nessun riferimento a Dio e alla sua legge”, e alcuni arrivano a teorizzare “un’etica solamente umana”, “un’assoluta sovranità della ragione e della libertà nell'ambito delle norme morali”; per “i fautori di questa ‘morale laica’ “l'uomo, come essere razionale, non solo può ma addirittura deve decidere liberamente il valore dei suoi comportamenti”. Una convinzione “errata” – ha sottolineato il Santo Padre – basata “su un presunto conflitto tra la libertà umana ed ogni forma di legge. “

 

“In realtà, il Creatore ha iscritto nel nostro stesso essere la ‘legge naturale’, riflesso della sua idea creatrice nel nostro cuore, come bussola e misura interiore della nostra vita”.

          

Per questo, come indicano la Sacra Scrittura, la Tradizione e il Magistero della Chiesa, “la vocazione e la piena realizzazione dell’uomo consistono non nel rifiuto della legge di Dio, ma nella vita secondo la legge nuova, che consiste nella grazia dello Spirito Santo, “che si manifesta nella fede che opera per mezzo della carità”.

 

Ed è proprio in questa accoglienza della carità che viene da Dio (Deus caritas est!) che la libertà dell'uomo trova la sua più alta realizzazione. La legge di Dio rettamente interpretata non attenua né tanto meno elimina la libertà dell'uomo, ma, al contrario, la garantisce e la promuove”

 

E “modello di questo autentico agire morale” è il comportamento di Gesù Cristo, “che fa coincidere la sua volontà con la volontà di Dio Padre”. Un’etica che “trova nell’incontro con Cristo, che ci dona la nuova alleanza, la sua perfezione”.

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CERTEZZA DELLA FAMA DI SANTITA’, PRESENZA DI UN MIRACOLO “FISICO” O

DI UNA REALE SITUAZIONE DI MARTIRIO: BENEDETTO XVI RIBADISCE IN UN MESSAGGIO AL DICASTERO PER LE CAUSE DEI SANTI I PUNTI-CARDINE PER UNA CORRETTA

ATTUAZIONE DELLE PROCEDURE DI BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE

 

Cause istruite e studiate “con somma cura” perché la fama di santità, i segni straordinari che l’accompagnarono o, nel caso, l’accettazione del martirio diano prova della perfezione evangelica del candidato alla gloria degli altari. In un Messaggio al cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Benedetto XVI si sofferma sulle procedure seguite dal dicastero vaticano per giungere alla proclamazione di un nuovo Santo. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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La memoria dei Santi è sempre stata tenuta “in grande onore” dalla Chiesa, fin dall’inizio. Per questo motivo, nel corso dei secoli si è sviluppata “un’attenzione sempre più vigile alle procedure che conducono i Servi di Dio agli onori degli altari”. E’ la premessa dalla quale Benedetto XVI fa discendere le sue osservazioni sugli iter della Congregazione delle Cause dei santi. Il Papa prende in esame nel suo Messaggio i tre temi al centro della plenaria del dicastero vaticano, il primo dei quali riguarda l’Istruzione predisposta dalla stessa Congregazione riguardo lo svolgimento della cosiddetta “fase diocesana” di un processo che mira al riconoscimento della santità. Nel rammentare la “differenza sostanziale tra la beatificazione e la canonizzazione” e la propria volontà di coinvolgere “visibilmente le Chiese particolari” nei riti per la proclamazione di nuovi Beati, Benedetto XVI afferma che sin dall’inchiesta diocesana “le Cause vanno istruite e studiate con somma cura, cercando diligentemente la verità storica, attraverso prove testimoniali e documentali”, secondo lo spirito della Costituzione apostolica del 1983, con la quale Giovanni Paolo riformò tali procedure.

 

Con chiarezza, scrive il Papa, i vescovi hanno il dovere di valutare se i candidati agli onori degli altari “godano realmente di una solida e diffusa fama di santità e di miracoli oppure di martirio”. Viceversa, obietta il Pontefice, “è chiaro che non si potrà iniziare una Causa di beatificazione e canonizzazione se manca una comprovata fama di santità, anche se ci si trova in presenza di persone che si sono distinte per coerenza evangelica e per particolari benemerenze ecclesiali e sociali”. Anche per ciò che concerne il miracolo – secondo tema di discussione alla plenaria – Benedetto XVI dice di auspicare che l’argomento sia approfondito “alla luce della tradizione della Chiesa, dell’odierna teologia e delle più accreditate acquisizioni della scienza”. Fermo restando che - una volta accertata l’esistenza di un “miracolo fisico” e non solo “morale – sia la teologia a esprimere la “parola decisiva”.

 

Terzo tema, il martirio. In questo caso, Benedetto XVI chiede di adottare un angolo di valutazione molto approfondito. “Se il motivo che spinge al martirio resta invariato, avendo in Cristo la fonte e il modello, sono invece mutati – nota il Papa - i contesti culturali del martirio e le strategie” della persecuzione, “che sempre meno cerca di evidenziare in modo esplicito la sua avversione alla fede cristiana o ad un comportamento connesso con le virtù cristiane, ma simula differenti ragioni, per esempio di natura politica o sociale”. Dunque, prosegue il Pontefice, “è necessario reperire prove inconfutabili sulla disponibilità al martirio, come effusione del sangue, e sulla sua accettazione da parte della vittima, ma è altrettanto necessario che affiori direttamente o indirettamente, pur sempre in modo moralmente certo, l’odium Fidei del persecutore. Se difetta questo elemento, non si avrà un vero martirio secondo la perenne dottrina teologica e giuridica della Chiesa”. BenEdetto XVI conclude ribadendo un principio sancito dall’attuale disciplina, ovvero quello che prevede “alla luce della dottrina sulla collegialità proposta dal Concilio Vaticano II”, l’opportunità che i vescovi interessati ad un processo di canonizzazione “vengano maggiormente associati alla Sede Apostolica nel trattare le Cause dei Santi”.

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STIPULATO L’ACCORDO DI BASE TRA LA SANTA SEDE E LA BOSNIA ERZEGOVINA

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

La Santa Sede e la Bosnia Erzegovina       hanno stipulato la scorsa settimana un Accordo di base per definire alcune questioni di interesse comune. Siglato il 19 aprile, giorno in cui Benedetto XVI ha compiuto il primo anno di Pontificato, l’Accordo anzitutto fissa – nel quadro della rispettiva indipendenza e autonomia dello Stato e della Chiesa – il quadro giuridico dei reciproci rapporti. “In particolare – si legge nel comunicato ufficiale reso noto oggi - vengono regolati la posizione giuridica della Chiesa cattolica nella società civile; la libertà e indipendenza nell’attività apostolica e nella regolazione degli ambiti di propria competenza; la libertà di culto e di azione nei campi culturale, educativo, pastorale, caritativo e dei mass-media”.

 

Il testo dell’Accordo di Base, che entrerà in vigore dopo lo scambio degli strumenti di ratifica, prevede anche “la gestione di scuole cattoliche di ogni grado; l’assistenza spirituale alle forze armate, nelle prigioni e negli ospedali; l’organizzazione di strutture cattoliche sanitarie e caritative”. Il documento bilaterale è stato firmato nel palazzo della Presidenza di Sarajevo dall’arcivescovo Alessandro D’Errico, nunzio apostolico a Sarajevo, e dal sig. Ivo Miro Jović, membro croato della Presidenza collegiale del Paese.

 

 

FERMA CONDANNA DELLA SANTA SEDE DEI RECENTI ATTENTATI CHE HANNO

 INSANGUINATO LA TERRA SANTA, L’EGITTO E L’IRAQ: LA ESPRIME L’ARCIVESCOVO

GIOVANNI LAJOLO, SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI, CHE RICONFERMA

 LA SOLIDARIETA’ DEL PAPA AI FAMILIARI DELLE VITTIME

- Intervista con il presule -

 

La notizia dell’attentato di questa mattina contro il convoglio del contingente internazionale di stanza a Nassiriya in Iraq, costato la vita a 3 militari italiani e a un rumeno,  è solo l’ennesima di una catena di atti terroristici. Nei giorni scorsi, i tragici fatti in Egitto: il triplice attentato con 18 morti a Dahab e le esplosioni, ieri,  di due kamikaze nei pressi di Rafah. Una serie di attentati di fronte alla quale interviene ai nostri microfoni l’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario della II Sezione della Segreteria di Stato per i rapporti con gli Stati. Lo ascoltiamo nell’intervista di Giovanni Peduto:

          

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R. - Si tratta di azioni violente molto gravi, senza giustificazione alcuna e senza attenuanti. Quella di Dahab ci riporta alla memoria altre due località turistiche egiziane colpite in passato: Taba, dove persero la vita 34 persone nell’ottobre 2004, e Sharm-el-Sheik, dove i morti furono più di  60,  nel luglio 2005. Quello di Nassiriya di stamattina ci ricorda il sacrificio di 19 italiani (erano 12 carabinieri, 5 militari e 2 civili), avvenuto il 12 novembre 2003, nella stessa città. Ma la nostra attenzione è scossa dalle notizie provenienti dall’Iraq quasi quotidianamente di atti di crudele barbarie, che non sembrano cessare ed anzi funestano e ritardano il faticoso processo democratico in quel Paese. E non possiamo dimenticare anche i criminali atti terroristici in Terra Santa, che sempre ci riempiono di orrore e di sdegno. Pur riconoscendo che le circostanze sono certamente diverse, come diverse paiono essere le menti che ordiscono tali azioni, comune e ferma deve essere la condanna di tutte. In nessun caso, si può giustificare il ricorso alla violenza contro persone innocenti e non si può parlare di “sacrificio” da parte degli attentatori, quale sia la motivazione che li spinge ad agire in tale disumano modo.

 

D. - Vi sono stati contatti con le Autorità egiziane ed italiane dopo i lamentati attentati?

 

R. - Proprio questa mattina ho incontrato l’ambasciatore di Egitto, la sig.ra Nevine Simaika Halim, alla quale ho consegnato una lettera per il ministro degli Affari Esteri di Egitto, Ahmed Aboul Gheit, nella quale si partecipa il profondo dolore del Santo Padre per le vittime di Dahab e per le loro famiglie. Anche al ministro degli Affari Esteri italiano, l’on. Gianfranco Fini, ho inviato una lettera. In essa esprimo il grande dolore del Santo Padre per il nuovo grave attentato di stamani, che colpisce giovani militari italiani, come anche un giovane rumeno, presenti in Iraq per dare un contributo generoso e disinteressato in favore della pace e della libertà in quel Paese. Il Papa li ricorda tutti, insieme ai loro cari, in modo particolare nella preghiera. Anche il cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, si sente molto vicino alla comunità nazionale italiana, certo tutta particolarmente colpita per la perdita di queste giovani vite.

 

D. - La Santa Sede ha già parlato in precedenza contro il terrorismo. Eccellenza, può riassumere la sua posizione in merito?

 

R. - Vorrei qui citare direttamente il Santo Padre Benedetto XVI. A Colonia, il 20 agosto 2005, parlando ai Rappresentanti di alcune Comunità musulmane, disse che “il terrorismo, di qualunque matrice esso sia, è una scelta perversa e crudele, che calpesta il diritto sacrosanto alla vita e scalza le fondamenta stesse di ogni civile convivenza”. Il Papa invitava quindi a estirpare dai cuori il sentimento di rancore, a contrastare ogni forma di intolleranza e ad opporsi ad ogni manifestazione di violenza. Questo pensiero il Papa lo ha ripetuto non una volta soltanto; ed ha spesso insistito sulla necessità che sia la dignità della persona umana e la difesa dei suoi diritti a costituire lo scopo di ogni progetto sociale. È la convinzione instancabilmente espressa anche da Giovanni Paolo II, come del resto da tutti Papi della storia recente. La Santa Sede resta sempre impegnata a collaborare nelle forme ad essa proprie con le diverse istanze internazionali per promuovere la pace e la convivenza tra i popoli, nel rispetto del diritto internazionale.

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PATRIMONIO DI VALORI CRISTIANI  E SPIRITUALI: COSI’ IL CARDINALE MARTINO

IN UN DISCORSO ALL’ACCADEMIA DIPLOMATICA DI VIENNA SULLA LIBERTA’ RELIGIOSA NELLA NUOVA EUROPA, IN UNA CORRETTA VISIONE DELLA LAICITA’ DELLO STATO

- A cura di Paolo Scappucci -

 

La neutralità ideologica dello Stato di diritto non va confusa con la sua presunta neutralità etica, con il rischio del predominio dei più forti sui deboli e degli interessi particolari sul bene comune. Lo ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il cardinale Renato Martino, parlando stamani all’Accademia Diplomatica di Vienna, a conclusione di un itinerario che nei giorni scorsi ha compiuto nelle capitali di Croazia, d’Ungheria e d’Austria per la presentazione del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, pubblicato dal Dicastero. Nel discorso viennese sul tema “Religione nello spazio pubblico: libertà religiosa nella nuova Europa”, il porporato ha denunciato che anche nei Paesi democratici e liberali il diritto alla libertà religiosa non è sempre rispettato nella sostanza, ed ha riaffermato che “la libertà di religione è la garanzia primaria affinché i diritti umani non siano collocati sulla sabbia della convenzione, ma sulla roccia del fondamento trascendente”. Per questo, il rispetto da parte dello Stato, del diritto alla libertà di religione è segno del rispetto degli altri diritti fondamentali, in quanto esso è il riconoscimento implicito dell’esistenza di un ordine che supera la dimensione politica dell’esistenza.

 

Respingendo poi una concezione della laicità che escluda la religione dalla vita pubblica relegandola a fatto puramente privato, il cardinale Martino ha ribadito che “un regime politico autenticamente laico accetta, sia che i singoli cristiani agiscano da cristiani nella società senza camuffarsi da uomini qualunque, sia che la Chiesa manifesti le proprie valutazioni sulle grandi questioni etiche in gioco. Questo è un interesse della stessa politica – ha aggiunto il Presidente di Giustizia e Pace – in quanto se essa pretende di vivere come se Dio non ci fosse, alla fine si inaridisce e perde la consapevolezza stessa dell’intangibilità della dignità umana. In precedenza, il cardinale Martino, che rientra a Roma stasera, aveva questa mattina incontrato il presidente della Repubblica austriaca, Heinz Fischer, e il presidente del Parlamento, Andreas Khol.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - "La fede in Cristo ci dona il compimento dell'antropologia": l'udienza di Benedetto XVI ai membri della Pontificia Commissione Biblica, ricevuti in occasione della sessione plenaria.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in America.

 

Servizio estero - In evidenza l'attentato perpetrato questa mattina in Iraq. Il titolo dell'articolo è "Ancora sangue italiano a Nassiriya".

 

Servizio culturale - Un articolo di Piero Amici dal titolo "Pace e Impero: aspetto giuridico e religioso da Roma a Costantinopoli a Mosca": concluso in Campidoglio il XXVI Seminario di studi storici. 

Una monografica dal titolo "L'astronomo P. Johann Georg Hagen direttore spirituale della beata Maria Elisabetta Hesselblad": il gesuita fu il responsabile della Specola Vaticana dal 1906 al 1930.  

 

Servizio italiano - 25 aprile: sdegno unanime per gli oltraggi"; chiesto l'isolamento dei responsabili.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

27 aprile 2006

 

SGOMENTO E DOLORE PER LA MORTE DI TRE SOLDATI ITALIANI E

DI UN MILITARE RUMENO IN SEGUITO ALL’ESPLOSIONE DI UN ORDIGNO A NASSIRIYA

- Intervista con il maggiore Marco Mele -

 

Drammatico attacco in Iraq contro un convoglio italiano a Nassiriya: tre soldati italiani e un militare rumeno, appartenente alla forza multinazionale di stanza nella città irachena, sono morti per la deflagrazione di un ordigno esploso al passaggio del loro mezzo. Subito dopo aver appreso le prime notizie sull’attacco, il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, ha espresso “sgomento e immenso dolore”. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si è detto “profondamente addolorato” e il leader dell’Unione, Romano Prodi, ha definito l’attentato una “tragedia che colpisce tutta l’Italia”. Su questa ennesima azione della guerriglia in Iraq, che ricorda l’attentato condotto a Nassiriya il 12 novembre del 2003 e costato la vita a 17 soldati e a due civili italiani, ascoltiamo al microfono di Fabio Colagrande il maggiore Marco Mele, portavoce del contingente italiano in Iraq:

 

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R. – Questo attacco sicuramente non modifica in alcun modo le finalità, la natura complessiva della nostra presenza militare. Rafforza, invece, il nostro impegno. Ricordiamo che la nostra è una forza militare la cui missione consiste fondamentalmente nel garantire stabilità, sicurezza, assistenza umanitaria,  rispetto della dignità del popolo iracheno. Un popolo ferocemente calpestato dalla dittatura di Saddam Hussein. Nessun atto intimidatorio o atto ostile come quello di oggi ci fermerà dal proseguire il nostro compito nel pieno rispetto del nostro mandato.

 

D. – Vuole dirci in quali circostanze è avvenuto l’attacco contro il convoglio convoglio?

 

R. – L’attacco è avvenuto lungo la strada a sud-ovest dell’abitato di Nassirya. Una nostra pattuglia, composta da quattro veicoli protetti dal reggimento Carabinieri della MSU - Multinational Special Unit - con a bordo l’ufficiale dell’esercito, 15 militari dell’Arma dei Carabinieri ed il graduato rumeno, sono stati coinvolti nell’esplosione di un ordigno posto al centro della carreggiata. Sul posto sono intervenuti immediatamente i soccorsi di diverse pattuglie del contingente italiano che, con l’ausilio delle forze di polizia locale, addestrate dagli italiani, hanno provveduto a mettere in sicurezza l’area. Attualmente, stiamo conducendo ogni accertamento utile, condotto in stretto coordinamento con la polizia locale, inteso ad individuare la natura dell’ordi-gno, l’origine dell’esplosione ed assicurare gli eventuali responsabili alla giustizia.

 

D. – Fatti così violenti sono del tutto nuovi?

 

R. – Abbiamo subito circa 5 giorni fa un altro atto intimidatorio. E’ verosimile che ci siano personaggi ostili che con questo genere di azioni o intimidazioni tentino di destabilizzare l’area o quanto meno di screditare la nostra presenza in Iraq. Una presenza che – ricordo – è fortemente voluta dal popolo iracheno in quanto sinonimo di stabilità.

 

D.- Chi può avere interesse ad ostacolare le operazioni del contingente italiano?

 

R. – Chi si associa al terrorismo. Il terrorismo è una minaccia imprevedibile, subdola e strisciante. Una minaccia che va assolutamente arginata con tutte le forme previste sicuramente dalla diplomazia, ma anche grazie al contributo di un contingente come quello italiano che è qui per assistere il Paese nella lunga e difficile strada della ricostruzione. Noi continuiamo a farlo.

 

D. – Come ci confermava all’inizio, dopo questo duro attacco la vostra missione prosegue…

 

R. - Assolutamente sì: rafforziamo l’impegno e la determinazione e continuiamo sul solco della professionalità. Nell’operato dei nostri uomini è sempre prevalsa questa straordinaria capacità di equilibrio, non disgiunto dalla necessaria fermezza che si richiede in questo tipo di operazioni. Qualità queste, che fanno dei nostri uomini sicuramente dei costruttori di pace. Motivo per cui siamo sicuramente stimati e rispettati nel mondo. Siamo soprattutto ben voluti e stimati dalla popolazione locale che ha bisogno di tutto, ma non del terrorismo.

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In Iraq ha ricevuto vasta eco, intanto, l’assassinio a Baghdad della sorella del vicepresidente iracheno, il sunnita Tareq Al Hashemi. Si tratta del secondo attacco in pochi giorni contro la famiglia del vicepresidente: appena due settimane fa era stato ucciso, infatti, un fratello di Al Hashemi. A Baquba, nel cosiddetto triangolo sunnita, sono rimasti uccisi inoltre in attacchi compiuti da ribelli, 4 poliziotti e un civile.

 

 

PROMUOVERE IL DIALOGO INTERRELIGIOSO PER AFFRONTARE

LE PROBLEMATICHE SOCIALI:

QUESTO IL TEMA DELL’INCONTRO MONDIALE TRA LE RELIGIONI PER LA PACE

PROMOSSO DALLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO

CHE SI STA SVOLGENDO A WASHINGTON.

TRA LE PROSPETTIVE LA PROMOZIONE DI PROGETTI DI COLLABORAZIONE

- Intervista con Alberto Quattrucci -

 

È il dialogo tra le religioni in rapporto alle problematiche sociali il tema di oggi all’Incontro mondiale tra le religioni per la pace che si sta svolgendo a Washington. Organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Georgetown University e all’arcidiocesi di Washington, è una delle iniziative che si pongono sulla scia della strada aperta da Giovanni Paolo II nell’ottobre dell’86 ad Assisi. Al microfono di Tiziana Campisi, il prof. Alberto Quattrucci della Comunità di San-t’Egidio riassume alcuni momenti dei dibattiti odierni:

 

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R. – Le testimonianze di due donne, una dell’Africa ed una dell’America Latina, che hanno portato i problemi più scottanti del mondo di oggi, quindi la necessità che le religioni sostengano una nuova prospettiva di collaborazione e di solidarietà, sono state particolarmente vive ed importanti. Dopo questo, tre rappresentanti religiosi - un ebreo, un cristiano ed un musulmano – che hanno ripercorrso insieme i punti salienti del cammino di questi 20 anni, portato avanti dalla Comunità di Sant’Egidio da Assisi fino ad oggi, sbarcando questa volta negli Stati Uniti. E’ stato un tema abbastanza importante e una sottolineatura molto forte di come le tre religioni possano collaborare verso il futuro.

 

D. – I temi di oggi che cosa insegnano e da dove consentono di ripartire verso un dialogo più approfondito?

 

R. – I temi di oggi sono temi culturali, temi sociali come, per esempio, rendere la povertà storia: come, cioè, questa povertà sia da combattere da tutti i punti di vista e sia il vero male del mondo, o come i conflitti si risolvano solo attraverso il dialogo; come il dialogo interreligioso non sia un accessorio, un optional nella vita di oggi. Ma le religioni hanno al loro interno questa forza, questa spinta, questa energia verso il dialogo, evitando ogni forma di sincretismo, di confusione, approfondendo la propria fede religiosa, ma al tempo stesso aprendosi all’altra. Temi più specifici: la grande lotta all’AIDS, soprattutto in Africa, dove la Comunità di Sant’Egidio ha iniziato da alcuni anni il “Programma Dream”.

 

D. – A proposito del dialogo interreligioso, quali problemi in particolare sono stati sottolineati?

 

R. – Negli Stati Uniti è iniziata già dalla fine dell’Ottocento un’esperienza di dialogo tra le grandi religioni. Lo diceva il prof. Riccardi nella sua relazione di apertura. Ed in fondo c’era un’abitudine alla coesistenza, alla coabitazione di lunga data. Nonostante questo, il vero problema oggi diventa quello di trovare nuove forme di collaborazione anche per rispondere alla violenza, al terrorismo, in collaborazione tra le religioni. In Europa, oggi il vero problema del dialogo richiama in fondo cosa voglia dire essere europei di fronte alla grande immigrazione, di fronte ad un’Europa che quasi non ritrova certe radici, come quelle della coabitazione che erano all’origine della stessa esperienza europea. Per tutte e due, esperienza americana ed esperienza europea, che ieri si sono incontrate qui a Washington, forse, in un certo senso, per la prima volta con lo spirito di Assisi, la vera sfida – che poi è la sfida del mondo di oggi – è quella di riuscire a vivere insieme fra diversi. Questo è stato sottolineato da tutti.

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PRESENTAZIONE, OGGI POMERIGGIO IN VATICANO,

DEL RESTAURO DELLA SALA DEI MISTERI DELLA FEDE NELL’APPARTAMENTO BORGIA,

DECORATO ALLA FINE DEL ‘400 DAL PINTURICCHIO E DALLA SUA SCUOLA

- Con noi, Francesco Buranelli e Maurizio De Luca -

 

Grande attesa per la presentazione, oggi pomeriggio in Vaticano, alla presenza del presidente del Governatorato della Città del Vaticano, il cardinale Edmund Casimir Szoka, del restauro del ciclo pittorico situato nella Sala dei Misteri della Fede nell’Appartamento Borgia. L’opera, eseguita al termine del ‘400 dal Pinturicchio e dalla sua scuola, su commissione di Papa Alessandro VI, rappresenta scene della vita di Cristo e della Vergine. Il restauro rientra nelle iniziative per il quinto centenario della fondazione dei Musei Vaticani, avvenuta dopo il ritrovamento sul Colle Oppio, il 14 gennaio del 1506, del gruppo statuario del Laocoonte. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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L’Annunciazione, la Natività, l’Adorazione dei Magi, la Resurrezione, l’Ascensione, la Pentecoste e l’Assunzione al Cielo: sette momenti fondamentali rappresentati nelle lunette della Sala dei Misteri della Fede con al centro la Vergine Maria,  perché non vi è figura che meglio incarni la virtù teologale della Fede e riveli, allo stesso tempo, la personale devozione di Alessandro VI. Un trionfo di colori, drappeggi e dorature, rese ancora più brillanti dall’intervento di restauro, che ha portato alla luce anche preziose informazioni sulla tecnica adottata dal Pinturicchio. Il direttore dei Musei Vaticani, Francesco Buranelli:

 

“Il Pinturicchio, perché era affiancato da tanti allievi e doveva eseguire la decorazione dell’appartamento papale in brevissimo tempo, non dipinse un affresco, bensì tese una doppia mano di colla e gesso e poi attraverso collanti, sempre di uovo-colla, fece aderire il pigmento e dipinse le scene figurate. Questa pittura a tempera gli permise di realizzare tutto l’apparta-mento in poco più di due anni. Noi invece abbiamo impiegato quasi quattro anni per restaurare una sola sala”.

 

Ma quale valore aggiunto ha conferito questa tecnica all’opera dell’artista perugino, rispetto a quella tradizionale dell’affresco? Il capo restauratore, Maurizio De Luca:

 

“Dal punto di vista tecnico, in affresco non potevano essere utilizzati tutti i pigmenti, mentre con la pittura a tempera i pigmenti da utilizzare erano molto più numerosi. Ecco perché qui abbiamo una ridondanza di lacche, cioè di colori trasparenti applicati su rossi, piuttosto che verdi ed azzurri, che normalmente non venivano utilizzati in affresco. Questo, dunque, conferisce all’intero impianto compositivo una certa presenza cromatica, come se i dipinti fossero tutti molto più a fuoco, tutti molto più contrastati. Cosa che nell’affresco non avviene, perché l’affresco, a causa della basicità della calce, tende anche a rendere più opaca la pittura”.   

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CHIESA E SOCIETA’

27 aprile 2006

 

AL VIA IN SVIZZERA L’INCONTRO DEI GRUPPI DI COORDINAMENTO

DEL COMITATO EUROPEO DEI CAPPELLANI UNIVERSITARI.

TEMA CENTRALE LA  PASTORALE UNIVERSITARIA NEI DIVERSI PAESI COMUNITARI

 

SAN GALLO. =  Si terrà a San Gallo in Svizzera, dal 28 al 30 aprile l’incontro del Gruppo di Coordinamento del Comitato Europeo dei Cappellani Universitari. Undici saranno le Conferenze episcopali rappresentate: Austria, Federazione Russa, Francia, Svizzera, Ucraina, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito, Spagna e Slovacchia. L’incontro, presenziato  dal vescovo di San Gallo, mons. Ivo Fürer e     p. Enrique Climent, delegato della federazione delle Università Cattoliche europee, è stato  promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE). Dopo i saluti di mons. Lorenzo Leuzzi, coordinatore del comitato, il vescovo della cittadina svizzera, mons. Fürer, darà il via ai lavori con una relazione sulla “Pastorale universitaria in Svizzera”. In serata, mons. Aldo Giordano, segretario generale CCEE, si soffermerà sul “Ruolo e i compiti del Consiglio nella pastorale universitaria europea”. Concluderà la prima giornata il rev. Jürgen Janik, responsabile nazionale della pastorale universitaria in Germania, che tratterà il tema “Le prospettive della pastorale universitaria dopo la GMG di Colonia 2005”. Sabato 29, toccherà invece al rappresentante della pastorale universitaria spagnola, don Augustin Del Agua, avviare l’incontro con la presentazione della relazione “Ruolo dei docenti nell’ambito della pastorale”. La giornata si concluderà, infine, con la celebrazione della V Giornata Europea degli Universitari. La chiusura dei lavori, prevista per domenica 30, sarà curata interamente da mons. Bruno Stenco, direttore dell’ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Conferenza Episcopale italiana, che si soffermerà sul tema “Studenti universitari nella pastorale universitaria”. (S.C.)

 

 

“COSTRUIRE UNA FRONTIERA DI COMUNIONE E PACE CHE SIA UN LUOGO DI INCONTRO

E NON DI DIVISIONE”. E’ L’IMPEGNO DEI VESCOVI COLOMBIANI ED ECUADOREGNI

ILLUSTRATO IN CONCLUSIONE DEL XV INCONTRO DELLA PASTORALE DI FRONTIERA

 

Villagarzón. = “Vogliamo ribadire il nostro impegno nella ricerca di soluzioni alla complessa realtà che si vive nel territorio confinante tra Colombia ed Ecuador”. Queste le parole dei vescovi della zona di frontiera tra Colombia ed Ecuador, nella dichiarazione finale del XV Incontro della Pastorale di Frontiera, celebrato in questi giorni nella cittadina colombiana di Villagarzón. Come riferisce l’agenzia Fides, secondo i presuli “la difficile situazione che si vive alla frontiera tra i due Paesi non deve considerarsi unicamente come una disgrazia, bensì come un’opportunità per evangelizzare e proporre lo sviluppo di una nuova società che persegua la pace”. Nel comunicato viene sottolineata, infatti, l’intenzione dei partecipanti a lavorare per costruire “una frontiera di comunione e pace che sia un luogo di incontro e non di divisione”.  Altro punto della relazione, il ricordo della V Conferenza del CELAM, che avrà luogo dal 13 al 31 maggio 2007 ad Aparecida  in Brasile, “un’occasione – hanno dichiarato i presuli - per unirci ancora di più nel sostegno ai nostri Paesi”. (S.C.)

 

 

IL VOLTO NUOVO DEL  PALAZZO PRESIDENZIALE  A ROMA, 

EMERSO DAI LAVORI COMPIUTI NEI SETTE ANNI DEL PRESIDENTE CIAMPI.

STAMANE LA PRESENTAZIONE ALLA STAMPA.

- A cura di  Fausta Speranza -

 

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ROMA. = Saranno visibili al pubblico dal 3 al 13 maggio le scoperte significative dal punto di vista artistico, storico, archeologico venute alla luce dall’esclusiva area del Quirinale nella fase di scavi e restauri voluti dal presidente della repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi. Nel suo settennato, che si avvia a conclusione, per la prima volta nella storia del Quirinale c’è stato un impegno sistematico alla ricerca di testimonianze di altre epoche. Impegno guidato dal prof. Louis Gokart e  ripagato da pitture, fregi e, soprattutto, meravigliosi affreschi secenteschi caduti nell’oblio nella galleria di Alessandro VII, nel Salone dei Corazzieri e nella Sala dei Parati Piemontesi. D’altra parte basta pensare alla fase napoleonica: a tutti gli interventi di copertura di simboli religiosi che Napoleone ordinò una volta impossessatosi del palazzo e progettando di soggiornarvi, anche se poi questo non accade mai. E poi c’è da ricordare che il colle su cui poggia il palazzo, edificato nel 1583 sotto il Pontificato di Gregorio XIII  quale dimora dei Papi e poi divenuto nel 1870 dimora dei sovrani d’Italia e nel 1946 sede della Massima Magistratura dello Stato repubblicano, era l’unico dei sette colli di Roma non indagato archeologicamente. Molto resterebbe ancora da fare per restituire spessore alla storia che nasconde, ma per il momento la fase dei restauri si ferma qui. Dopo il periodo dal 3 al 13 maggio, in cui saranno possibili dalle 10:00 alle 18:30 particolari visite guidate, sarà possibile godere di quanto di nuovo è stato restituito a studiosi  e cittadini durante i consueti spazi di visita al pubblico. Spazi che proprio il presidente Ciampi ha voluto più ampi definendo il palazzo presidenziale la “Casa comune degli italiani”. 

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la cultura e i fasti barocchi della diocesi di Monreale tra il cinquecento

e il seicento : E’ lo scopo della mostra “Pompa magna. Pietro Novelli

e l’ambiente monrealese” inaugurata ieri dal cardinale Camillo Ruini

- A cura di Alessandra Zaffiro -

 

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MONREALE.=  “Che questa terra possa sempre far conoscere e valorizzare le grandi ricchezze spirituali, culturali, artistiche e storiche”, ha detto il presidente della CEI tagliando il nastro inaugurale della mostra. Oltre 150 opere d’arte per celebrare il grande artista monrealese e il secolo d’oro della cittadina normanna, presentate al Palazzo arcivescovile: tele, affreschi, ceramiche, paramenti sacri ed argenterie costituiscono un patrimonio di inestimabile valore artistico. Tra il Cinquecento e il Seicento, nel pieno della Controriforma, Monreale divenne uno dei punti nevralgici del potere politico e religioso: arrivano, tra gli altri, gli arcivescovi Alessandro Farnese, i tre Torres e Giovanni Torresiglia, tutti grandi mecenati che vogliono lasciare un segno importante del loro passaggio in questa porzione di terra di Sicilia. La mostra prosegue fino al 26 giugno.

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IN MOSTRA NELLA SEDE DELLA NOSTRA EMITTENTE 40 SCATTI DEL FOTOGRAFO

UMBERTO STEFANELLI DEDICATI A GIOVANNI PAOLO II

 

ROMA. = Quaranta scatti per rendere omaggio a Giovanni Paolo II. Sono quelli del fotografo Umberto Stefanelli che ha presentato oggi, nella Sala Marconi della nostra emittente, la mostra “…io sto alla porta e busso” (Ap.3,20). In esposizione fino all’11 maggio, le istantanee scattate durante alcuni viaggi apostolici ed incontri giovanili del Papa scomparso. Le fotografie mostrano volti di bambini e ragazzi che Giovanni Paolo II ha incontrato nel corso del suo pontificato. Originali i fotomontaggi esposti: visi ed espressioni intense sono stati inseriti sullo sfondo delle pagine che i quotidiani hanno dedicato alla morte di Karol Wojtyla. Ne      emerge un itinerario che propone brani di storia ed episodi rilevanti dei 27 anni che Giovanni Paolo II ha vissuto sulla cattedra di Pietro. Fotografo italiano, cresciuto artisticamente a New York, Stefanelli ha elaborato nel tempo un modo assai personale di fotografare e rielaborare le immagini usando tecniche innovative. Le foto sono frutto della fusione di pellicole e carta con foglie d’oro e d’argento. (T.C.)

 

 

L’UNGHERIA POTREBBE FARE DA CERNIERA TRA IL CATTOLICESIMO DI ROMA

E L’ORTODOSSIA DI MOSCA. COSÌ L’ARCIVESCOVO DI BUDAPEST,

CARDINALE PETER ERDÖ, IERI A VENEZIA

 

VENEZIA. = Budapest potrebbe svolgere un ruolo di collegamento tra il cattolicesimo di Roma e l’ortodossia di Mosca. E’ quanto ribadito dal cardinale Peter Erdö, Primate d’Ungheria ed arcivescovo di Esztergom-Budapest, intervenendo ieri a Venezia a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico dello ‘Studium Generale Marcianum’. Senza sottovalutare l’apertura della società ungherese, il cardinale Erdö ha osservato come a favorire il collegamento con la Russia sia anche la stessa collocazione geografica del Paese magiaro. Cosciente del fatto di non poter “essere artefici di grandi avvenimenti globali”, il cardinale Erdö ha poi individuato nell’attenzione al quotidiano e nell’amicizia tra le genti il nucleo centrale del proprio lavoro. Un lavoro certamente poco spettacolare, molto complesso, ma – ha aggiunto - “di grande soddisfazione”. Citando un esempio concreto, il primate d’Ungheria ha quindi ricordato quando nel 2000 il patriarca ecumenico Bartolomeo ha canonizzato, davanti alla basilica di Budapest, Santo Stefano Primo Re ungherese cristiano e santo anche per la Chiesa ortodossa, “perchè morto prima dello scisma”. Si è trattato di un momento indimenticabile e molto significativo che per il cardinale Erdö può rafforzare “la base di un riavvicinamento”. A fare da sfondo a questo scenario è la necessità in Europa di lavorare assieme per i valori umani. Questo per il Primate è “una sfida per tutti i cristiani credenti, senza differenza di confessione”. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

27 aprile 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Storica decisione in Nepal: i ribelli maoisti hanno annunciato un cessate-il-fuoco unilaterale per tre mesi. L’annuncio è arrivato dopo il ripristino del Parlamento, deciso da re Gyanendra sotto la pressione popolare, e la nomina di un nuovo primo ministro, Girija Prasad Koirala, indicato dai partiti dell’opposizione. Il nostro obiettivo – si legge in un comunicato della guerriglia – è quello della nascita di una Repubblica democratica. I ribelli maoisti hanno anche annunciato che venerdì prossimo prenderanno parte ad una manifestazione pacifica nella capitale Kathmandu.

 

Trovare una soluzione diplomatica alla crisi nucleare iraniana. E’ questa la priorità indicata da Cina, Germania e Russia alla vigilia della presentazione del rapporto dell'AIEA sulle attività atomiche di Teheran. Ma la tensione resta altissima. Il nostro servizio:

 

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Stati Uniti e Unione Europea ribadiscono di voler conciliare una linea intransigente con l’opzione diplomatica a 24 ore da una data cruciale: scade infatti domani l’ultimatum di 30 giorni imposto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite all’Iran per fermare tutte le sue attività nucleari. Il presidente iraniano Ahmadinejiad ha confermato che l’Iran non sospenderà i processi per l’arricchimento dell’uranio e non cederà a pressioni della comunità internazionale. In caso di sanzioni contro il governo di Teheran, cui si oppongono Cina e Russia, la Repubblica islamica si è detta pronta a sospendere le relazioni con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA). Il presidente russo, Vladimir Putin, ha dichiarato che l’AIEA deve comunque mantenere un “ruolo-chiave” nella ricerca di una soluzione. Il ministro degli Esteri russo ha precisato, poi, che un eventuale deferimento dell’Iran al Consiglio di sicurezza dell’ONU non deve essere considerato un ultimatum. Il cancelliere tedesco Angela Merkel, che ha incontrato stamani Putin a Tomsk, in Siberia, ha sottolineato la necessità di trovare una soluzione diplomatica. Ma l’ipotesi più inquietante resta quella di un intervento militare contro la Repubblica islamica: gli Stati Uniti devono sapere – ha detto ieri l’ayatollah Khamenei – che se invaderanno l’Iran, saranno colpiti gli interessi americani nel mondo. A queste dichiarazioni, si aggiungono anche preoccupanti rivelazioni: il capo dell’intelligence militare israeliana ha reso noto, infatti, che la Repubblica islamica sta acquistando dalla Corea del Nord missili balistici in grado di colpire l’Europa.

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“L’Egitto vincerà la sua battaglia contro il terrorismo”, “sradicheremo le sue radici e faremo seccare le sue fonti”. Lo ha dichiarato il presidente egiziano, Hosni Mubarak, commentando il drammatico attacco compiuto martedì scorso a Dahab e costato la vita a 18 persone. Mubarak ha anche chiesto ai dignitari religiosi copti e musulmani di diffondere i valori della tolleranza e di combattere contro il fanatismo e l’estremismo. Nel Sinai, intanto, è stato arrestato il capo della redazione egiziana dell’emittente satellitare araba ‘Al Jazeera’ con l’accusa di aver diffuso informazioni “false e compromettenti per la reputazione dell’Egitto”.

 

Comincia a delinearsi il nuovo mosaico politico israeliano: il partito di centro “Kadima” del premier Ehud Olmert ha annunciato di aver raggiunto un accordo con il Partito laburista, guidato da Amir Peretz, per la formazione di un governo di coalizione. Ai laburisti andranno sette ministeri. E’ stato anche reso noto che Peretz sarà nominato ministro della Difesa. Un portavoce del leader laburista ha precisato, inoltre, che i dettagli dell’intesa saranno resi noti nel pomeriggio in una conferenza stampa congiunta.

 

Un intervento al Parlamento di Abuja e un incontro con il capo di Stato Olusegun Obasanjo sono al centro della visita del presidente cinese Hu Jintao in Nigeria, primo produttore di petrolio in Africa. Nei colloqui si potrebbe parlare anche dell’accordo offerto dalla Nigeria alla Cina per quattro licenze di sfruttamento petrolifero, in cambio di investimenti in una raffineria. Al momento, Pechino è impegnata ad assicurarsi una certa autosufficienza nell’approvvigiona-mento energetico, di fronte ai crescenti bisogni derivati dal proprio boom economico. Quale significato assume dunque la missione di Hu Jintao in Nigeria? Risponde il prof. Arduino Paniccia, docente di Studi strategici all’Università di Trieste, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – E’ da molto tempo che la Cina sta puntando ai Paesi africani, soprattutto a quelli che hanno risorse energetiche. E’ una politica che riguarda certamente la Nigeria, ma anche altri Paesi come l’Angola e perfino la Libia. Il programma di Pechino nei prossimi anni è fondamentalmente quello di reperire petrolio sufficiente per poter alimentare la rapidissima crescita economica della Cina. Naturalmente, un accordo in campo petrolifero - e quindi economico - può portare numerosi vantaggi pure alla Nigeria.

 

D. – Quanto conta l’approvvigionamento energetico della Cina, anche in relazione alla sua linea morbida nei confronti dell’Iran?

 

R. – Conta molto. Il rapporto Iran-Cina si è fatto sempre più stretto. La Russia e la Cina sono ormai diventate, in qualche modo, i “protettori” dell’Iran in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU e, credo, lo saranno ancora per un lungo periodo.

 

D. – Queste nuove e vecchie alleanze di Pechino come possono mutare gli equilibri geostrategici mondiali?

 

R. – Mentre, per certi versi, si va rendendo meno difficile il rapporto tra il Nord e il Sud del mondo, all’orizzonte si profila un nuovo confronto Occidente-Oriente. In questo caso, l’Occidente è rappresentato dagli Stati Uniti e dall’Europa - che peraltro hanno due politiche diverse - e l’Oriente è rappresentato, come leadership, proprio dalla Cina. Poi vi sono naturalmente Paesi intermedi, come la Russia e l’India.

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In tutto il mondo si è ricordato ieri l’incidente atomico di Chernobyl, il più grave della storia. Le celebrazioni più importanti si sono tenute in Ucraina, dove il presidente Yushenko ha voluto ricordare quanti hanno perso la vita, chiedendo aiuti alla comunità internazionale per far fronte alle conseguenze del disastro, visibili ancor oggi. Il servizio di Giuseppe d’Amato:

 

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“Il vostro eroismo sarà ricordato per sempre”, così il presidente Yushenko nelle cerimonie per il XX anniversario della tragedia di Chernobyl. “Tutti quegli eroi che hanno spento l’incendio nucleare”, ha osservato il leader ucraino, “sono morti per le nostre vite e per il nostro futuro. Chernobyl non deve essere visto come un luogo di lutto, ma come uno di speranza”. Kiev mira a recuperare un’intera area della catastrofe. Servono però aiuti internazionali, ad incominciare dalla sostituzione del sarcofago sotto il quale è contenuto il reattore esploso. Cerimonie a ricordo della tragedia atomica si sono tenute anche in Russia. Il presidente Putin ha telefonato al collega Yushenko. Il leader bielorusso, Lukashenko, si è recato invece nella provincia di Gomel, la più colpita dalle radiazioni. Le tv di tutta l’area ex sovietica hanno trasmesso lunghi reportage e ricostruzioni. Lo shock di 20 anni fa, pare proprio non superato.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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In Bielorussia, intanto, il leader della principale forza di opposizione, Alexander Milinkevich, è stato arrestato stamani dalla polizia. Il provvedimento di fermo è arrivato dopo la manifestazione di protesta organizzata ieri a Minsk, nel giorno dell’anniversario dell’incidente nucleare di Chernobyl, contro il presidente Alexander Lukashenko.

Arnaldo Otegi, portavoce della formazione basca Batasuna messa al bando dal governo di Madrid perché considerata il braccio politico dell’ETA, è stato condannato a 15 mesi di reclusione per incitamento al terrorismo. Otegi è accusato, in particolare, di aver rivendicato il diritto all’autodeterminazione del popolo basco anche attraverso la lotta armata durante i funerali di un membro dell’ETA, il 21 dicembre del 2003. L’ETA ha annunciato, lo scorso mese di marzo, una tregua permanente per trovare una soluzione all’intricata questione dei Paesi baschi.

 

 

 

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