RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 115 - Testo della trasmissione di Martedì 25 aprile 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Israele celebra oggi la Giornata
della Shoah
Presentato
ieri a Vienna il rapporto dell’ONU sulla tratta e lo sfruttamento di esseri
umani
Festa della Liberazione
in Italia: Ciampi invita le forze politiche a ritrovare la via del dialogo
25 aprile 2006
DI FRONTE ALL’ENNESIMA STRAGE TERRORISTA, IERI IN
EGITTO, TORNANO ALLA MENTE, CON RINNOVATO VIGORE, LE PAROLE CHE, PROPRIO UN
ANNO FA,
IL 25
APRILE DEL 2005, BENEDETTO XVI RIVOLSE
AI
RAPPRESENTANTI DELLE RELIGIONI:
UNA
VIBRANTE ESORTAZIONE A LAVORARE ASSIEME PER IL DIALOGO E LA PACE
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
**********
Esattamente un anno fa, all’indomani della Messa di inizio
Pontificato, Benedetto XVI volle incontrare i delegati delle Chiese cristiane,
delle comunità ecclesiali e delle altre tradizioni religiose. Un evento
particolarmente significativo. In tale occasione, infatti, il Papa chiese con
forza ai rappresentanti delle diverse religioni di lavorare assieme per la
pace. Esortazione ribadita più volte durante tutto questo primo anno di
Pontificato. Le parole pronunciate dal Papa un anno fa assumono dunque un
rinnovato vigore alla luce dell’ennesimo attentato terrorista che, in Egitto,
ha colpito degli innocenti. In quell’udienza, in Sala
Clementina, il Papa assicurò l’impegno della Chiesa “a costruire ponti di
amicizia fra i seguaci di ogni religione”. La promozione della pace, è stato
l’avvertimento di Benedetto XVI lungo tutto questo anno, è un impegno
imprescindibile per tutti i credenti. E già il 25 aprile del 2005 indicava la
stella polare del dialogo tra le diverse religioni:
“All’inizio del mio Pontificato rivolgo a voi e a
tutti i credenti delle tradizioni religiose che rappresentate, come pure a
quanti ricercano con cuore sincero la Verità, un forte invito a diventare
assieme artefici di pace, in un reciproco impegno di comprensione, di rispetto
e di amore”.
E proprio alla verità, il Papa ha dedicato il suo primo Messaggio per
la Giornata Mondiale della Pace. D’altro canto, sempre il 25 aprile di un anno
fa, Benedetto XVI constatava come il mondo sia “segnato da conflitti, violenza
e guerra ma vuole ardentemente la pace, una pace che è soprattutto un dono di
Dio”. La pace, affermava in quell’incontro, è un
“dovere a cui tutte le persone sono chiamate, ma
soprattutto quanti professano un credo religioso”.
**********
NOMINE
In Spagna, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Segorbe-Castellón de la Plana mons. Casimiro López Llorente, finora vescovo di
Zamora. Il 56.enne
presuleha ottenuto la licenza in Teologia a Salamanca
e quella in Diritto Canonico presso il Kanonistisches
Institut della Ludwig–Maximilians
Universität di Monaco, in Germania. Da sacerdote ha
lavorato, tra l’altro, come Cappellano di religiose e incaricato della
pastorale dei migranti in Germania, professore di Teologia e Diritto Canonico,
rettore del Seminario di Osma-Soria. Nominato vescovo
di Zamora il 2 febbraio 2001, ha ricevuto
l’ordinazione episcopale il 25 marzo successivo.
Negli Stati Uniti, il Papa ha nominato coadiutore della
diocesi di Venice il sacerdote mons. Frank J. Dewane, del clero della diocesi di Green Bay,
finora sottosegretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Il nuovo
presule, 56 anni, ha studiato presso l’Università di Wisconsin-Oshkosh,
ottenendo il titolo di Bachelor of Science nelle scienze sociali quindi, presso
l’Università d’America a Wa-shington, ha conseguito
il Masters in Administration
in International Affaire. Dal 1984 al 1988, ha
ottenuto il Baccellierato in Teologia alla Pontificia
Università Gregoriana e la Licenza in Diritto Canonico all’Angelicum
nel 1988. E’ stato, tra l’altro, collaboratore presso la Missione Permanente
della Santa Sede presso l’ONU a New York e officiale del Pontificio Consiglio Cor
Unum. È stato nominato Cappellano di Sua Santità nel 1992. Conosce
l’italiano, il russo, il francese e lo spagnolo.
In Colombia, il Pontefice ha nominato vescovo di Girardota il sacerdote Óscar González Villa, del clero dell’arcidiocesi di Manizales, finora rettore del Seminario Maggiore “Nuestra Señora del Rosario” di Manizales. Mons. González Villa, 57
anni, ha studiato Filosofia e
Teologia nel Seminario Maggiore di Manizales.
Ha ottenuto la Licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico
di Roma. Ha svolto gli incarichi di parroco del Monte Carmelo in Santa Rosa de Cabal e di vicario episcopale per la Zona Sud
dell’arcidiocesi.
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“La sinistra ombra del
terrorismo” è il titolo che apre la prima pagina in
riferimento alla strage compiuta in Egitto.
Servizio vaticano - Una pagina
sul cammino della Chiesa in Asia.
Servizio estero -
Nucleare: il presidente iraniano respinge le richieste delle Nazioni Unite ed
ipotizza l’uscita dal Trattato di non proliferazione.
Servizio culturale - Un
articolo di Gaetano Vallini dal titolo “Una storia
luminosa e tragica dove ‘la coscienza ha fatto la differenza’”:
la fiction televisiva su don Pietro Pappagallo, il sacerdote ucciso alle Fosse Ardeatine.
Per l’“Osservatore libri” un
articolo di Armando Rigobello dal titolo “L’esigenza
di ‘parole che parlino della Parola’”: “Il Dio dei
mistici”, a cura di Francesco Zambon.
Servizio italiano - In rilievo
il tema dei conti pubblici.
=======ooo=======
25 aprile 2006
“Profondo dolore e tristezza” espressi
dal presidente del Pontificio
Consiglio della pastorale per i Migranti
e gli itineranti, MONS. MARCHETTO, per il triplice
attentato di ieri in Egitto, a Dahab. 18 i morti e 60 i feriti
- Con noi Guido Olimpio e Vittorio
Emanuele Parsi -
Profondo dolore e
tristezza è stata espressa dal segretario del Pontificio Consiglio della
pastorale per i migranti e gli itineranti, mons. Agostino Marchetto, per il
triplice attentato di ieri in Egitto, a Dahab. Sono
morte 18 persone e 60 sono rimaste ferite. Il presule, invocando forza e
coraggio per coloro che sono stati colpiti dal lutto e dalla sofferenza, ha
sottolineato anche le conseguenze del nuovo colpo inferto all’industria
turistica egiziana, locomotiva trainante dell’economia del Paese. E mentre la
comunità internazionale condanna in maniera unanime gli attacchi, proseguono le
indagini delle autorità egiziane: nelle ultime ore sono state fermate 10
persone. Ma ascoltiamo il servizio di Salvatore Sabatino:
**********
Ottobre 2004, Taba; luglio 2005, Sharm el Sheikh;
aprile 2006 Dahab. Tre anni ed una lunga scia
di sangue. L’Egitto è di nuovo nel mirino del terrorismo internazionale, che agisce
ancora una volta con precisione chirurgica, attaccando il punto forte dell’economia
del Paese: il turismo. Le esplosioni di ieri sera erano tese ad uccidere, così
come era già successo nei due anni passati. Ed i morti, anche in questo caso,
sono stati tanti, anche se il bilancio, rispetto alle prime informazioni, è
stato ridimensionato da 23 a 18 morti, tra cui un bambino tedesco di 10 anni.
Resta fermo ad oltre una sessantina, invece, il numero dei feriti.
Dahab, a nord di Sharm
El Sheik, al confine con la
Giordania, è una località che vive di turismo, ed in giorni di festa, come questi,
diventa punto di confluenza di migliaia di persone, soprattutto israeliani ed
europei. Le autorità del Cairo lavorano ininterrottamente da ieri sera. Le
indagini cercano di dare un volto agli organizzatori e agli esecutori degli
attentati. Se in un primo momento, infatti, si escludeva la presenza di
kamikaze, nelle ultime ore si è scoperto che almeno 2 delle tre deflagrazioni
sono state provocate da uomini suicidi. Gli investigatori si concentrano
fondamentalmente sulle tribù locali che vivono in questa penisola deserta, già
coinvolte negli altri attacchi. Eppure il Sinai è da sempre presidiato dalle
forze di sicurezza mandate dal Cairo. I confini, però, anche in questo caso
hanno dimostrato di essere a maglie troppo larghe. Israele, attraverso i suoi
servizi d’intelligence parla di coinvolgimento di Al
Qaeda, c’è chi legge negli attacchi di ieri il proclama minaccioso contro
l’Occidente ed i suoi alleati, inviato appena 24 ore prima dallo sceicco del
terrore. La pensano alla stessa maniera le autorità egiziane. Ma c’è
effettivamente un nesso con il messaggio di Osama Bin Laden? Roberto Piermarini
lo ha chiesto all’esperto di terrorismo del Corriere della Sera, Guido Olimpio:
R. – Certamente
ci può essere un collegamento di tipo ideologico. Noi sappiamo che per far
recapitare questo messaggio è passato molto tempo. Quindi, il fatto che
l’attentato avvenga dopo, è solamente un legame possiamo dire “spirituale”, a cui si ispira Osama Bin Laden e che poi conduce a
queste azioni. Quindi, non vedrei un nesso operativo.
D. – Perché è stato colpito
ancora una volta l’Egitto, un Paese islamico?
R. – Perché evidentemente, c’è una base abbastanza
solida di gruppi integralisti. Secondo elemento, poi, l’Egitto è molto amico
dell’Occidente. In terzo luogo, ci sono degli obiettivi facili da colpire:
turisti ed alberghi. Quindi, è possibile organizzare queste azioni anche disponendo
di risorse limitate.
D. – Dopo gli attentati, sempre
nel Sinai, a Taba e Sharm el Sheik c’erano segnali di altri
attacchi?
R. – Sì, decine di segnali. La
sicurezza egiziana aveva anche sventato diversi complotti, ma evidentemente non
è bastato. Ed è chiaro che la rete integralista, magari locale, è comunque
efficiente.
Ma, colpendo l’Egitto, il
terrorismo internazionale cerca di influenzare ancora di più in chiave
anti-occidentale l’intera regione mediorientale: in particolare Iran, Iraq e
Israele? Ascoltiamo il parere di Vittorio Emanuele Parsi,
docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica,
intervistato da Giancarlo La Vella:
R. – Ma … io credo che questi
attentati abbiano tre obiettivi, sostanzialmente. Il primo è quello di colpire
l’Egitto per destabilizzarlo, perché qualunque
progetto di liberalizzazione del Medio Oriente passa per l’Egitto: è il Paese
cruciale. In secondo luogo, si vuole colpire il turismo occidentale allo scopo
di colpirlo alle principali fonti di valuta per i mediorientali, e anche per
costruire nei fatti, sanguinosamente, quella separatezza
che deve portare nella mente di Bin Laden e dei suoi emuli al califfato. E in terzo luogo,
queste cellule terroristiche sanno che poi la loro azione verrà
elaborata strategicamente al di là del fatto che questi abbiano contatti di
qualunque genere con al Qaeda. Paradossalmente, potremmo avere di fronte unità
locali che intanto sanno che non devono occuparsi della strategia della
‘politica’, rispetto a quello che fanno: devono solo compiere l’azione. Questo
rende il nemico molto difficile da essere combattuto!
Unanime è stata la condanna
internazionale. Un messaggio di cordoglio è giunto dalla Santa Sede, attraverso
il Pontificio Consiglio della pastorale per i
migranti e gli itineranti. “Con profondo dolore e tristezza - scrive il
segretario, mons. Agostino Marchetto, al nunzio apostolico in Egitto, mons. Michael Fitzgerald - abbiamo
appreso la notizia del tragico attentato terroristico”. Il vescovo esprime anche “viva solidarietà per chi dovrà confrontarsi
con le conseguenze di questo nuovo colpo inferto all'industria turistica
egiziana, locomotiva trainante dell’economia del Paese, a beneficio della popolazione”.
Una delle prime prese di
distanza è venuta dall’Autorità Nazionale Palestinese, positivamente accolta
dalla comunità internazionale, dato che alle parole della presidenza si sono
unite quelle del governo di Hamas. Abu Mazen ed il premier Hanyeh hanno
espresso vicinanza al presidente Mubarak e al popolo
egiziano per un atto criminale che colpisce ciecamente i civili e che – dicono
– è del tutto contrario all’Islam. Ferma condanna anche da parte del presidente
degli Stati Uniti, Bush, che l’ha definito un atto
odioso nei confronti di civili inermi. Assicuro al nemico – ha detto ancora il
capo della Casa Bianca – che continueremo l’offensiva contro il terrorismo
senza tentennamenti per il bene della pace e dell’umanità. Identica condanna
anche da parte del presidente cinese Hu Jintao.
**********
CONFERENZA INTERNAZIONALE IN SUDAFRICA SULL’AIDS
-
Intervista con il cardinale Javier Lozano Barragán -
E’ in corso a Città del Capo in Sudafrica una conferenza
internazionale sull’AIDS cui partecipano circa 1000 esperti tra medici e
scienziati. Al centro dei lavori l’emergenza HIV in Africa:
nel mondo sono oltre 40 milioni le persone colpite dall’AIDS: più della metà,
25 milioni si trovano in questo Continente. Ma come si sta evolvendo la
malattia? Giovanni Peduto lo ha chiesto al presidente del Pontificio Consiglio
per la pastorale della salute, il cardinale Javier Lozano Barragán:
**********
R. – E’ in aumento. Stiamo parlando adesso di 42 milioni
di persone affette dall’Aids. Siccome i medici dicono che per ogni persona
malata ci sono altri tre infetti di HIV, dobbiamo, dunque, moltiplicare 42 per
quattro e abbiamo 168 milioni di persone nel mondo affette da questa terribile
pandemia.
D. – Eminenza, il suo dicastero come si sta muovendo al
riguardo e in che modo affronta il problema o dà suggerimenti?
R. –
La prima cosa che stiamo facendo, mediante la Fondazione Il Buon
Samaritano, è provvedere ai medicinali per le persone povere colpite dal virus
dell’HIV. Si tratta di persone che non hanno alcun aiuto. La settimana scorsa,
per esempio, abbiamo dato un aiuto, secondo le nostre possibilità, al Nepal.
Abbiamo inviato 25 mila dollari ad un centro di suore di Madre Teresa di
Calcutta perché riescano a gestire un programma di tre anni, al fine di
ottenere i medicinali per tutti quei pazienti che non hanno niente - sappiamo
che il Nepal è un Paese molto povero – sono assolutamente abbandonati e nessuno
li aiuta. La nostra Fondazione, Il Buon Samaritano, agisce in questi casi così
estremi e poi anche, certamente, in situazioni di emergenza, per andare
incontro a quelli che stanno già in una fase terminale. Chiaramente sappiamo
che bisogna fare di più. Stiamo inoltre preparando – è molto difficile, ma lo
stiamo facendo – un manuale per la cura pastorale dei malati di Aids. Possibilmente
nell’arco di quest’anno sarà pronto.
D. – In questo studio affrontate anche il problema della
prevenzione nella coppia e il problema dell’uso del preservativo?
R. – Ci sono tanti manuali, ma questo deve essere un
manuale che abbia una tessitura universale. Quindi, è
un poco più difficile, ma lo stiamo facendo. Nel caso della collaborazione con
altre agenzie sappiamo per esempio che tante di loro mettono l’accento, come è
logico, sulla prevenzione, cioè fanno del loro meglio perché non si estenda
ancora di più questa malattia. E per prevenzione intendono sempre il preservativo.
Certamente, la Chiesa cattolica sa che la prevenzione più importante è
l’astinenza e la fedeltà matrimoniale: così non succede assolutamente niente.
Se ci troviamo, però, di fronte ad una coppia siero-discordante nasce il
problema. Che cosa fare? Proprio in questo senso stiamo elaborando uno studio,
sia scientifico che morale, molto approfondito. Questo studio certamente
dovrebbe essere presentato al Santo Padre tramite i percorsi necessari ed il
Santo Padre prenderà lui, secondo la sua saggezza e l’assistenza dello Spirito
Santo, una decisione e ci dirà per dove. Quello che lui dirà, sarà la posizione
della Chiesa.
**********
A VENT’ANNI DI DISTANZA, ANCORA APERTE
LE
FERITE DEL DISASTRO NUCLEARE DI CHERNOBYL. AI NOSTRI MICROFONI,
L’AMBASCIATORE
DELLA BIELORUSSIA IN ITALIA, ALEKSEI SKRIPKO
Il mondo si appresta a commemorare, domani, il 20.mo anniversario del disastro della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina - all’epoca parte dell'Unione Sovietica
- al confine con la Bielorussia. In seguito
all’esplosione del reattore numero 4, avvenuto nella notte del 26 aprile del
1986, dalla centrale si sollevarono delle nubi di materiali radioattivi che
raggiunsero, nei giorni successivi, una vasta area del Vecchio Continente.
L'AIEA ha calcolato che l'incidente di Chernobyl ha rilasciato radiazioni 400 volte superiori a quelle della
bomba caduta su Hiroshima. Non è possibile stimare con precisione il numero di
vittime dovute alle radiazioni, ma sono almeno 9 mila - secondo
l’Organizzazione Mondiale della Sanità - i casi di tumore causati dalle
radiazioni nell’area investita dalla nube tossica. Lo Stato più colpito dal
disastro è stato la Bielorussia, che vive questo anniversario
con ferite ancora aperte e profonde. A sottolinearlo è l’ambasciatore della Bielorussia in Italia,
Aleksei Skripko, intervistato da
Alessandro Gisotti:
**********
R. – Dobbiamo ricordare che più del 70 per cento delle
precipitazioni si sono verificate sul nostro territorio. Sono stati colpiti più
di 2 milioni di abitanti. Per la Bielorussia, Chernobyl è stata una tragedia nazionale. In tutte le
regioni della Bielorussia ci sono molti eventi
commemorativi per ricordare che questa tragedia ha toccato non solo la Bielorussia, l’Ucraina e la Russia ma anche altri 24 Paesi
del mondo.
D. – Ancora oggi, il popolo bielorusso
e in particolare i più piccoli, soffrono per le contaminazioni radioattive. Può
darci dunque un’idea di quanto sia ancora grave questa
emergenza?
R. – Sì: sono stati colpiti dalle conseguenze di Chernobyl, purtroppo, più di 360 mila bambini bielorussi. Sono iscritti nella banca dati per cure mediche
più di un milione di cittadini bielorussi, più di 137
mila sono stati trasferiti dalle zone colpite; ci sono gravi patologie che
hanno danneggiato la salute sia degli adulti, sia dei bambini. Ci sono
veramente gravi casi di danni alla tiroide; c’è un aumento delle malattie
oncologiche e non oncologiche, che colpiscono sistemi endocrini e
cardiovascolari, provocando disfunzioni psiconeurologiche
…
D. – La tragedia di Chernobyl ha
mobilitato la solidarietà di moltissime persone in tutto il mondo. Quanto questa solidarietà è importante e sentita dalla
popolazione della Bielorussia?
R. – La popolazione della Bielorussia
è molto riconoscente nei riguardi di tutti i Paesi che ci hanno aiutato in
questi 20 anni, dopo l’esplosione. Più di 400 mila bambini bielorussi
sono stati in Italia, nel periodo del risanamento; ci sono più di 27 mila
bambini bielorussi che ogni anno vengono in Italia
per i periodi di riabilitazione. Secondo i nostri dati, sono coinvolte più di
300 organizzazioni non governative italiane in questo processo. Più di 3
milioni di semplici cittadini italiani ci hanno aiutato. Anche la Chiesa
cattolica, il Vaticano, ci stanno dando un aiuto tramite le parrocchie, i
sacerdoti, tramite tutte quelle organizzazioni che sono legate al Vaticano.
D. – Cosa, secondo lei, insegna la tragedia di Chernobyl agli uomini del XXI secolo?
R. – Devo dire che l’esplosione è accaduta nell’aprile
1986, dopo 40 anni di grandi battaglie tra le maggiori potenze del mondo che
avevano un potenziale nucleare. Nessuno, in quel momento, è stato pronto a
raccogliere la sfida della tragedia. Mi sembra che la lezione più importante
della tragedia è che tutto il mondo non deve sbagliare più. Che noi dobbiamo
unire i nostri sforzi perché l’energia nucleare sia sempre mantenuta per il
bene e per la pace del mondo.
**********
IL PROSSIMO 27 APRILE,
UNA NUTRITA RAPPRESENTANZA
DI SPORTIVI ITALIANI, ISRAELIANI E PALESTINESI
CORRERANNO FIANCO A FIANCO
DA GERUSALEMME A BETLEMME PER LA MARATONA DELLA PACE
- Intervista con mons. Liberio Andreatta -
Si svolgerà giovedì prossimo, 27 aprile, la terza edizione della
‘Maratona Giovanni Paolo II’
da Gerusalemme a Betlemme, una corsa di carattere fortemente simbolico in cui atleti
italiani, israeliani e palestinesi correranno insieme portando la fiaccola della Pace e la bandiera olimpica. La corsa è aperta a
tutti e si snoda lungo i 10 Km che separano Gerusalemme da Betlemme. L’evento,
promosso dal Centro Sportivo Italiano,
dall’Opera Romana Pellegrinaggi
e dalla CEI, rientra nel più
ampio programma de ‘Gli sportivi
italiani in Terra Santa. Ambasciatori di pace’, una manifestazione iniziata
ieri e ricca di eventi culturali e sportivi. Ce ne parla l’amministratore
delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, mons. Liberio Andreatta, al microfono
di Giovanni Peduto:
**********
R. – Da diversi anni noi organizziamo molti eventi per
quanto concerne la possibilità di creare e di favorire la pace in Israele e ci
è sembrato veramente coerente portare anche una manifestazione sportiva, perché
tutti sappiamo che i valori dello sport sono valori di incontro, di dialogo, di
rispetto del diverso, ma soprattutto di una costruzione di pace.
D. – Tra i momenti di sport c’è grande attesa anche per la
partita di pallavolo “Peace- Volley” …
R. – Sì,
abbiamo voluto fare una partita nella quale si dovesse
giocare insieme, gli uni con gli altri. Vogliamo sottolineare che lo sport non
è mai una partita contro qualcuno, ma è una partita
con qualcuno. E non consideriamo mai colui il quale gioca con me un nemico, ma
un avversario con il quale poter giocare insieme.
D. – Mons. Andreatta, alla luce
delle due esperienze precedenti, qual è il coinvolgimento delle autorità locali
all’iniziativa?
R. – Le autorità locali hanno accolto con grande
soddisfazione, fin dal primo anno, questa iniziativa, anche se con un poco di
timore, visto che le due edizioni precedenti hanno avuto uno sviluppo veramente
straordinario. Quest’anno abbiamo avuto sia da parte degli israeliani, sia da
parte dei palestinesi – tenendo conto che quest’anno abbiamo un nuovo
interlocutore nel campo delle autorità locali – un grande consenso e una grande
collaborazione.
D. – Vuole descriverci l’attuale situazione in Terra
Santa? Ci sono pericoli per i pellegrini?
R. – Nessun pericolo, la situazione è tranquilla. Anzi, possiamo
veramente dire che le preoccupazioni per qualcuno, con l’avvento di Hamas in
Palestina e con il cambio di guardia del Governo israeliano, che la situazione
potesse essersi indebolita, invece è sotto maggior controllo.
D. – La Terra
Santa e tutto il Medio Oriente hanno quanto mai bisogno di tali iniziative,
come la vostra ‘Marcia per pace’ …
R. – Noi
pensiamo che sia una marcia che nasce dentro i cuori, un cammino dentro gli
uomini per tutta quella parte del mondo dove Dio si è manifestato, dove il
Cristo è vissuto, è morto e ha dato la vita per la
pace, per la verità e l’amore.
**********
25
APRILE, FESTA DI S. MARCO, IL CREATORE DEL GENERE LETTERARIO DEL VANGELO,
CHE
RACCOLSE NEL SUO LIBRO GLI INSEGNAMENTI ORALI DI PIETRO
Parte della vita al seguito dei massimi Apostoli - Paolo
prima e Pietro poi - come collaboratore nella loro predicazione. Poi, dopo la
morte di Pietro, l’impegno apostolico che lo coinvolge in prima persona: è
quanto la tradizione racconta di S. Marco, l’autore del più antico dei Vangeli,
del quale ricorre oggi la memoria liturgica. Alessandro De Carolis ne ricorda
le vicende in questo servizio.
**********
(musica)
E’ il 64 dopo Cristo. Su un’altura di Roma vicino la Via
Cornelia, conosciuta come Colle Vaticano, si svolge una scena commovente. Il
corpo di un uomo crocifisso viene calato nella fossa
di un piccolo cimitero, accanto al circo privato di Nerone, che sorge su quella
stessa altura. In quell’arena, nelle ore precedenti,
tra i gemiti strazianti di centinaia di cristiani, ha trovato la morte anche
colui che ha portato nell’Urbe il messaggio di salvezza di Cristo: Simone detto
Pietro, un pescatore di Galilea. Non è difficile immaginare, nel gruppo che
provvede alle esequie del primo testimone del Nazzareno, anche la presenza di
un uomo, un certo Giovanni conosciuto però come Marco. Per i primi cristiani,
Marco – già seguace di Paolo di Tarso - è il discepolo che Pietro chiama
affettuosamente in una sua lettera “mio figlio” (1Pt 5,13), un segretario che sa il greco, può fare da
interprete e intanto annota alla meglio gli insegnamenti orali del primo degli
Apostoli. Papia di Gerapoli, uno dei primi
vescovi cristiani, ricorderà gli insegnamenti di un tale “presbitero” di nome
Giovanni. Scriverà: “Marco, divenuto interprete di Pietro, mise per
iscritto tutto ciò che si ricordava, senz'ordine però, sia le parole, sia le
opere del Signore”. Ma quell’uomo che per anni è vissuto all’ombra del capo della
Chiesa nata a Gerusalemme è più di un semplice copista.
Dopo la morte dell’Apostolo, per Marco diventa chiara la
necessità di mettere per iscritto in modo più organico i racconti di Pietro.
Attorno al 70 d. C. il suo libro è completato. Il titolo è To Euaggelion, la Buona Notizia. Il primo
dei quattro Vangeli, il più antico, è una realtà. Il presunto copista ha
inventato un vero e proprio genere letterario. E se anche il prototipo verrà in
seguito superato dagli altri Vangeli canonici per stile, struttura, ampiezza di
contenuti, in esso si coglie il sapore della prima
predicazione cristiana. Marco lo ha scritto per i cristiani di origine pagana
per rispondere alla domanda “chi è Gesù?” e offrire questa risposta: “Gesù è il
Messia”, che il Vangelo di Marco mostra pienamente come tale nel sacrificio
della Croce. LA voce dei nuovi cristiani si esprime, nel suo Vangelo,
attraverso lo stupore del centurione sul Calvario: “Veramente quest’uomo era il
Figlio di Dio”.
Sulle orme di Pietro, Marco è ora un predicatore. Per
qualche tempo, insieme a Pietro, aveva vissuto e
operato in Aquileia, in quel territorio dell’oriente
italiano al quale il suo nome verrà in seguito associato. Poi è la volta di
Alessandria, dell’apostolato a Cirene, come raccontano alcune celebri tele del Tintoretto. Al ritorno ad Alessandria, anche per Marco
arriva l’ora del martirio. Il suo corpo rimane in
quella città fino all'828, quando – si tramanda - il governatore arabo decide
di smantellare il santuario che ne custodiva le spoglie per impiegare marmi e
colonne nella costruzione di un palazzo a Babilonia. Per timore della profanazione,
due mercanti di Venezia - Buono da Malamocco e
Rustico da Torcello – prendono l’iniziativa:
trafugano il corpo dell’evangelista e lo portano in Italia di nascosto, dentro
a ceste di lattuga e maiale, per evitare i controlli musulmani. Venezia diventa
la città di San Marco.
(musica)
**********
=======ooo=======
25 aprile 2006
IN CINA, E’ TORNATO A CASA IL VESCOVO
DI ZHENGDING, MONS. GIULIO JIA ZHIGUO, ARRESTATO LO
SCORSO 8 NOVEMBRE. SECONDO FONTI LOCALI,
IL PRESULE E’ ORA AGLI ARRESTI DOMICILIARI
- A cura di Amedeo Lomonaco -
**********
PECHINO. = Il vescovo di Zhengding,
mons. Giulio Jia Zhiguo, è
stato riportato nella sua residenza, nella regione di Hebei,
dopo oltre 5 mesi di detenzione. Secondo fonti locali
raccolte dall’Agenzia “Asia News”, sono stati concessi al presule gli arresti
domiciliari. La decisione è stata presa dopo la recente visita del presidente
cinese Hu Jintao negli
Stati Uniti. Le fonti hanno anche aggiunto che il vescovo, arrestato lo scorso
8 novembre, ha subito duri interrogatori.
Nel mese di novembre, la polizia ha fermato anche altri cattolici: sono
stati arrestati due sacerdoti della diocesi di Zhengding,
successivamente rilasciati, diversi preti e dieci seminaristi, alcuni dei quali
sono ancora detenuti in località sconosciute. Mons. Jia è vescovo dal 1980 e ha trascorso in prigione circa 20
anni. Durante le feste cristiane, il presule è stato tenuto in isolamento gli è
stato proibito di incontrare i fedeli e partecipare alle celebrazioni
religiose. L’Hebei è la regione in Cina con
il maggior numero di cattolici, oltre 1,5 milioni di persone.
**********
SI È CHIUSA OGGI A RIMINI LA 29.MA
CONVOCAZIONE NAZIONALE DEL MOVIMENTO
ECCLESIALE
“RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO”. OLTRE 20 MILA I PARTECIPANTI PROVENIENTI DA
TUTTA L’ITALIA, CHE HANNO VOLUTO ANCHE PREPARARSI AD ALCUNI IMPORTANTI
APPUNTAMENTI ECCLESIALI
- A
cura di Luciano Castro -
**********
RIMINI . = Sono tre gli appuntamenti che attendono il
Rinnovamento nello Spirito nei prossimi mesi e che questa Convocazione ha
inteso preparare. Il primo è la prossima Pentecoste dei Movimenti con Papa
Benedetto XVI, che si svolgerà in Piazza San Pietro il 3 giugno. Ieri ne ha
parlato davanti ai 20 mila riuniti a Rimini l’arcivescovo Stanislaw
Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i
Laici. “Assisteremo – ha detto il presule – ad una stupenda epifania della
varietà e della bellezza dei doni carismatici con i quali lo Spirito Santo
arricchisce
**********
ISRAELE CELEBRA OGGI
PER VISITARE IL CAMPO DI STERMINIO NAZISTA DI AUSCHWITZ
TEL AVIV. = Al suono delle sirene d’allarme,
lo Stato di Israele si è fermato stamani per due minuti di raccoglimento in
occasione della Giornata della Shoah, celebrata ad
una settimana dall’anniversario dell’indipendenza. Le cerimonie commemorative,
che sono iniziate ieri al Museo Yad va-Shem di Gerusalemme, proseguiranno per tutta la
giornata. Sono previste iniziative negli istituti scolastici e in Parlamento.
Nel timore di attentati, la polizia e l’esercito hanno innalzato, inoltre, il
livello di allerta: posti di blocco sono stati allestiti in diverse strade e,
in particolare, nella regione di Gerusalemme. Intanto, il presidente ad interim
del Parlamento e premio Nobel per la pace, Shimon Peres, ha preso parte in Polonia ad una marcia negli ex
campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau insieme con
migliaia di giovani ebrei giunti da Israele e da altri Paesi. (A.L.)
IL DRAMMA DEL TRAFFICO DEGLI ESSERI UMANI RIGUARDA
QUASI TUTTI I PAESI
DEL MONDO. E’ UNO DEI DATI DEL RAPPORTO DELL’ONU
SULLA TRATTA
E LO SFRUTTAMENTO
DI ESSERI UMANI PRESENTATO IERI A VIENNA
VIENNA. = Non
esiste praticamente nessun Paese al mondo non colpito dal turpe traffico di essere
umani. E’ quanto emerge da un rapporto delle Nazioni Unite, presentato ieri a
Vienna dal direttore esecutivo dell’Ufficio ONU per la droga e il crimine
(UNODC), l’italiano Antonio Maria Costa. Secondo lo studio, i cittadini di 127
Paesi rischiano di diventare vittime di trafficanti. Altri 98 sono stati
classificati come Stati di transito. Sono poi 137, tra cui i molti Paesi
dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, gli Stati teatro di nuove forme di
schiavitù legate soprattutto allo sfruttamento sessuale e nel lavoro. Dal
rapporto emerge che le vittime sono, in maggioranza, donne e bambini
provenienti da Paesi dell’Africa, dell’Europa orientale, dell’Asia e
dell’America Latina. “E’ estremamente difficile accertare il numero di persone
colpite da questo dramma, ma sono sicuramente milioni”, ha detto Costa
spiegando che molti governi degli Stati di destinazione del traffico di esseri
umani non ammettono spesso l’esistenza del problema sul loro territorio. Per
affrontare questa emergenza, il rapporto indica alcune priorità: ridurre la
richiesta di materie prime e prodotti agricoli sottopagati, perseguire
penalmente i trafficanti e rafforzare la protezione delle vittime. (A.L.)
UNA DELEGAZIONE DELLA CHIESA
CATTOLICA SVIZZERA, DI RITORNO DA UNA VISITA
IN IRAN, DENUNCIA
NEL PAESE ISLAMICO
BERNA. = La minoranza cristiana in Iran può praticare la
propria religione, ma unicamente all’interno delle rispettive comunità. E’
questa una delle principali limitazioni per i fedeli cristiani nella Repubblica
islamica indicate da una delegazione di cattolici svizzeri che hanno
recentemente visitato il Paese. “Non c’è libertà di culto”, ha spiegato
all’agenzia “Swissinfo” il portavoce della Conferenza
episcopale svizzera, mons. Mario Galgano. Per questo - ha aggiunto - gli
iraniani sanno poco del Cristianesimo e delle altre religioni. Durante la
visita, la delegazione guidata dal vescovo ausiliario di Losanna, mons. Pierre Bürcher, ha anche incontrato rappresentanti della comunità
islamica ed ebraica. Negli incontri, si è parlato soprattutto dell’attuale
crisi nucleare iraniana e della vicenda delle vignette satiriche su Maometto.
Diversi giornalisti della Repubblica islamica hanno chiesto, in particolare,
quale sia stata, in Europa, la reazione dei cattolici alla pubblicazione delle
caricature su Maometto. Abbiamo spiegato loro – ha detto mons. Galgano - che il
rispetto della fede di ogni credente e la libertà di espressione sono diritti
fondamentali non solo in Svizzera e in Occidente, ma in ogni Paese. Mons. Galgano ha anche annunciato che i discorsi emersi
dagli incontri tra cattolici svizzeri e musulmani iraniani saranno pubblicati
in un libro. In Iran, su una popolazione di oltre 70 milioni di persone, i
cristiani sono circa 110 mila. (A.L.)
========ooo========
25 aprile 2006
- A cura di
Fausta Speranza -
In
Nepal dopo 19 giorni di proteste, re Gyanendra ieri
ha comunicato in un discorso televisivo di voler ripristinare il Parlamento. I sette partiti di opposizione nepalesi hanno già candidato
l'ex primo ministro Girika Prasad
Koirala alla guida del nuovo governo. Il prescelto è
l'anziano Girija Prasad Koirala (partito del Congresso nepalese), già ex primo
ministro, messo in carcere per un breve
periodo l'anno scorso insieme all'ultimo premier Sher Bahadur Deuba. E per oggi è prevista una manifestazione che
si trasformerà - per i sette partiti dell'opposizione - in una marcia della
vittoria. Per le strade di Kathmandu si sono viste
scene di giubilo. Ma c’è invece la posizione dei maoisti nepalesi che chiedono
alla popolazione di continuare la protesta pacifica. Secondo i maoisti il
sovrano non è venuto incontro alle richieste popolari per una nuova
Costituzione e vogliono un blocco della capitale.
Attentato anche in Sri Lanka:
una donna kamikaze si è fatta esplodere oggi all'interno del quartier generale delle forze armate a Colombo uccidendo dieci
guardie del corpo dello stesso comandante in capo, ricoverato in gravi
condizioni. L'esplosione è avvenuta nei pressi dell'ospedale militare e vicino
all'auto dell'alto ufficiale, il generale Sarath Fonseka, che era scortata da un gruppo di guardie in moto.
Il convoglio del capo delle forze armate stava passando vicino all'ospedale
militare dentro il perimetro di alta sicurezza.
L'attentato non e' stato rivendicato, ma la polizia ha detto che porta il marchio delle Tigri tamil
dell'Ltte, il movimento separatista che lotta per uno
Stato indipendente. Il cessate il fuoco
concordato tra le due parti nel febbraio 2002 è stato violato diverse volte.
Una
bomba è esplosa oggi all'interno di un minibus in un mercato del quartiere di Sadr city a Baghdad uccidendo due persone e ferendone
cinque. Sadr city, nell'est della capitale, è la
roccaforte della milizia del leader radicale sciita Moqtada
Sadr, il quale è membro della coalizione che
governerà il Paese. E intanto il premier designato iracheno Jawad
al Maliki ha affermato che il suo governo lavorera' per avere buoni rapporti con tutti i Paesi
vicini, ma ha al tempo stesso sottolineato che tali rapporti, e a questo proposito
ha menzionato in particolare l'Iran, dovranno essere caratterizzati dal mutuo
rispetto e dalla non ingerenza nei reciproci affari interni. Teheran “deve
essere ringraziata per aver offerto rifugio ai membri della resistenza irachena quando il regime (di Saddam Hussein) compiva bagni
di sangue e persecuzioni su larga scala”, ha detto all'emittente Tv al Iraqiya al Maliki, che ha
trascorso 25 anni in esilio, in gran parte in Siria, ma anche in Iran.
“Tuttavia - ha aggiunto - bisogna riconoscere che l'Iraq e' uno Stato
indipendente e sovrano che cerca di mantenere buone relazioni con tutti i suoi
vicini, basate sul principio della non ingerenza nei suoi affari interni''.
L'Iran
e il Sudan hanno “un comune nemico”, cioè gli USA, e “continueranno a sostenersi
l'un l'altro”. Lo ha detto il presidente iraniano,
Ahmadinejad, ricevendo a Teheran il suo omologo
sudanese, Omar al Bashir, in visita ufficiale nella
Repubblica islamica. Da parte sua, al Bashir ha
sostenuto il diritto di Teheran a sviluppare un
proprio programma nucleare, affermando che “la forza e il progresso della
Repubblica islamica significano forza ed orgoglio per tutti i Paesi islamici
nella regione”. Negli ultimi mesi
Ahmadinejad ha lavorato molto al rafforzamento delle relazioni con Paesi
contrapposti agli Stati Uniti: oltre che con la Siria, tradizionale alleata
della Repubblica islamica, con Cuba e con il Venezuela del presidente Hugo Chavez.
E a
proposito di nucleare l’Iran, attraverso il capo negoziatore, Ali Lariani, ribadisce
che sospenderà la sua cooperazione con l'Agenzia internazionale per l'energia
atomica (AIEA) e quindi le ispezioni ai propri siti, se il Consiglio di Sicurezza dell'ONU
deciderà di imporgli sanzioni.
Manifestazioni
in tutta Italia oggi per celebrare il 61.mo
anniversario della Liberazione. A Milano, nel pomeriggio, l’appuntamento
principale. Questa mattina il Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, ha reso
omaggio al Milite Ignoto e alle Fosse Ardeatine. E
nel discorso nel cortile d’onore del Quirinale ha
rinnovato la sua vigorosa difesa della Costituzione e ha chiesto alle forze
politiche di lasciarsi alle spalle le asprezze della recente campagna
elettorale. Il servizio è di Giampiero Guadagni:
**********
Sono passati 61 anni dal giorno in cui i partigiani liberarono Milano dall’occupazione nazi-fascista.
La popolazione insorse e parte del Nord Italia venne
liberata prima dell’arrivo delle truppe alleate. E oggi Carlo Azeglio Ciampi ha
celebrato il 25 aprile, con l’ennesimo messaggio di unità della Patria. Ancora
una volta Ciampi, ha collegato la Resistenza con il Risorgimento, la Repubblica
e la Costituzione, in un filo rosso che ha caratterizzato il suo settennato.
Particolarmente appassionata proprio la difesa della Carta costituzionale che
Ciampi ha definito oggi “la mia Bibbia civile”. “Ogni volta che ho visitato una
città - ha sottolineato il capo dello Stato - ho trovato un Paese molto più unito di quanto non farebbe pensare l’eccessiva
asprezza degli scontri politici di vertice”. Ciampi allora ha invitato gli
schieramenti a lasciarsi alle spalle le tensioni della campagna elettorale e a
riavviare il dialogo per il bene comune e per trovare fruttuose convergenze
nelle grandi scelte. Ma proprio le tensioni cui ha fatto riferimento Ciampi non
sembrano affatto smaltite. Tra Unione e Casa delle Libertà è polemica dopo che
ieri Romano Prodi ha collegato la Festa della Liberazione al referendum sulla
riforma costituzionale targata centrodestra. Il leader del centrosinistra e
futuro premier ha chiesto un forte ‘no’ proprio a difesa dei valori della
Costituzione. Dura la replica della Casa delle Libertà che accusa Prodi di fare
solo propaganda. E il presidente della Camera uscente, Casini, afferma che è
irresponsabile usare il 25 aprile per dividere l’Italia e le forze politiche.
In questo clima non certo rasserenato si avvicina il referendum che dovrebbe
svolgersi il 24 giugno e che avrà al centro del confronto-scontro soprattutto
la devolution,
cioè il trasferimento dallo Stato alle regioni dei poteri in materia di sanità,
scuola e polizia locale.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
**********
L’Ungheria
procederà sulla strada delle riforme per rientrare nel debito e nei parametri
di accesso nell’euro per il 2008. E’ quanto annunciato ieri dal premier socialista,
Ferenc Gyurcsany, vincitore
al secondo turno, svoltosi domenica scorsa, delle legislative e al suo secondo
mandato consecutivo.
Nessuna variazione
sulla produzione di petrolio. E’ quanto deciso ieri dall’OPEC, dai Paesi
produttori di greggio, a margine del Forum Internazionale sull’Energia, in via
di conclusione oggi a Doha, in Qatar. Secondo i
rappresentanti dell’organismo, nessuna azione potrebbe raffreddare il prezzo al
barile, che ieri è sceso a 74,4 dollari.
La
polizia greca ha sparato oggi lacrimogeni contro centinaia di persone che
marciavano verso l'ambasciata degli Stati Uniti ad Atene per protestare contro
la visita della segretario di Stato, Condoleezza Rice. La polizia in
assetto antisommossa ha sparato i lacrimogeni mentre i
manifestanti, hanno detto testimoni, lanciavano sassi, bastoni e bottiglie
molotov.
Il capo della Commissione d'inchiesta dell'ONU
sull'omicidio dell'ex premier libanese Rafik Hariri, Serge Brammertz,
e' atteso oggi a Damasco per una serie di incontri con alti responsabili
siriani, secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche occidentali nella capitale
siriana. Non c’è certezza su un incontro ufficiale con il presidente Bashar al Assad, mentre è
previsto un colloquio col vice presidente Farouk al Sharaa, che all'epoca dell'omicidio di Hariri,
il 14 febbraio del 2005, era ministro degli Esteri e che e' stato accusato
dagli investigatori di aver riferito loro false informazioni. La Commissione
dell'ONU ha formalmente avanzato lo scorso gennaio la richiesta di poter
ascoltare il presidente Assad, dopo che l'ex vice presidente Abdel Halim Khaddam
in un’intervista televisiva ha accusato lo stesso Assad
di responsabilità nell'omicidio Hariri. Nei primi due
rapporti sull'andamento delle indagini, la Commissione ONU ha criticato
l'atteggiamento di Damasco e la sua mancanza di collaborazione con gli
ispettori dell'ONU, ma nel suo ultimo documento del genere, il terzo, diffuso a
metà marzo, ha affermato che la collaborazione siriana è sensibilmente
migliorata.
Quattro soldati pachistani e
tre ribelli pro-taliban sono morti ieri durante un
agguato teso a un convoglio militare nella zona tribale del Nord Waziristan, una turbolenta regione vicina al confine con
l'Afghanistan, rifugio di estremisti islamici.
Un gruppo di armati ha poi assaltato i militari e ne è nata una
battaglia di circa un'ora. Stamane elicotteri dell'esercito hanno attaccato postazioni
ribelli vicino al villaggio di Pyekhel, da dove era
partito l'attacco.
In un nuovo segno di distensione
nei rapporti intercoreani è stato annunciato a Seul che l'ex presidente e
premio nobel Kim Dae jung si recherà presto in visita a Pyongyang. Il viaggio, come precisato oggi dall'agenzia
'Yonhap', dovrebbe avvenire a giugno e avere
considerevole importanza per lo sviluppo del dialogo intercoreano. L'unico
vertice fra i due Stati, infatti, si svolse proprio fra lo stesso Kim Dae jung,
allora presidente, e il leader nordcoreano Kim Jong il nel giugno 2000 a Pyongyang. Ieri a
Seul, dopo una sessione dei colloqui interministeriali che si svolgono
alternativamente nel Sud e nel Nord, erano stati segnalati importanti sviluppi
tanto nel dialogo fra i due Stati quanto per un rilancio della trattativa
internazionale sul nucleare di Pyongyang, in stallo
da novembre.
Il presidente della Commissione europea, Jose' Manuel
Barroso, ha concluso oggi una visita in Giappone contrassegnata dalle preoccupazioni
per il nucleare iraniano e dagli auspici
per un rilancio del commercio
internazionale. Durata quattro giorni, è stata la prima visita ufficiale
a Tokyo di Barroso, che era accompagnato dal
cancelliere austriaco Wolfgang Schuessel,
presidente di turno dell'UE, dal responsabile per la politica estera Javier Solana e dal commissario
alle Relazioni Esterne, Benita Ferrero-Waldner. In un
comunicato congiunto è stata rilevata la maturità raggiunta dalle relazioni UE-Giappone, in un dialogo di crescenti consonanze. Condannati i passi compiuti dall'Iran per
dotarsi di capacità atomiche non internazionalmente controllate. Riaffermata
l'importanza del dialogo e della diplomazia per risolvere non solo la crisi
nucleare iraniana, ma tutte quelle che continuano a tenere sulle spine il
mondo, dai Balcani all'Estremo Oriente. Da parte sua,
il presidente UE non ha nascosto la preoccupazione per la mancanza di progressi
in vista del 'Doha round' per il rilancio del commercio mondiale. Bruxelles,
ha sottolineato, ha fatto concessioni e offerte importanti in tale prospettiva
e auspica che gli altri la imitino.
Il partito comunista vietnamita ha riconfermato alla
massima carica dello Stato, per un secondo mandato di cinque anni come segretario
generale, Nong Duc Manh. La decisione è uscita dal X Congresso nazionale del
partito unico, chiusosi oggi dopo otto giorni. Ieri sera i 160 membri del
Comitato centrale avevano eletto il Politburo. Manh, 65 anni, appartenente all'etnia minoritaria Tay, ha resistito agli attacchi di questi ultimi mesi in
seno al partito e a un grosso caso di corruzione che ha scosso tutto il palazzo
del potere. Secondo alcuni analisti l'attuale
vice premier Nguyen Tang Dung, 56 anni e numero tre del nuovo Ufficio politico, è il
candidato designato a primo ministro, come successore di Phan
Van Khai, 72 anni, che ieri
non è stato eletto nel Politiburo. La nomina dovrà
essere confermata dall'assemblea nazionale.
Dung e' fautore di una maggiore liberalizzazione
nel settore economico statale.
=======ooo========