RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 115  - Testo della trasmissione di Martedì 25 aprile 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Di fronte al terrorismo, che è tornato a mietere vittime innocenti, ricordiamo le parole che, proprio un anno fa, il 25 aprile del 2005, Benedetto XVI rivolse ai rappresentanti delle religioni: una vibrante esortazione a lavorare insieme per il dialogo e la pace

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Almeno 18 i morti e 60 i feriti nel triplice attentato di ieri in Egitto, a Dahab. Il profondo dolore espresso da mons. Agostino Marchetto: con noi Guido Olimpio e Vittorio Emanuele Parsi

 

In corso in  Sudafrica una Conferenza internazionale sull’Aids: ne parliamo con il cardinale Javier Lozano Barragán

 

A vent’anni di distanza, ancora aperte le ferite del disastro nucleare di Chernobyl. Ai nostri microfoni l’ambasciatore della Bielorussia in Italia, Aleksei Skripko

 

Il prossimo 27 aprile, italiani, israeliani e palestinesi correranno fianco a fianco da Gerusalemme a Betlemme per la maratona della pace: intervista con mons. Liberio Andreatta

 

25 aprile, festa di San Marco, il creatore del genere letterario del Vangelo, che raccolse nel suo libro gli insegnamenti orali dell’apostolo Pietro

 

CHIESA E SOCIETA’:

In Cina, è tornato a casa il vescovo di Zhengding, mons. Giulio Jia Zhiguo, arrestato lo scorso 8 novembre. Secondo fonti locali, il presule è ora agli arresti domiciliari

 

Si è chiusa oggi a Rimini la 29.ma convocazione nazionale del movimento ecclesiale “Rinnovamento nello Spirito Santo”

 

Israele celebra oggi la Giornata della Shoah

 

Presentato ieri a Vienna il rapporto dell’ONU sulla tratta e lo sfruttamento di esseri umani

 

Una delegazione della Chiesa cattolica svizzera, di ritorno da una visita in Iran, denuncia la mancanza di libertà religiosa per i cristiani nel Paese islamico

 

24 ORE NEL MONDO:

Festa della Liberazione in Italia: Ciampi invita le forze politiche a ritrovare la via del dialogo

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

25 aprile 2006

 

DI FRONTE ALL’ENNESIMA STRAGE TERRORISTA, IERI IN EGITTO, TORNANO ALLA MENTE, CON RINNOVATO VIGORE, LE PAROLE CHE, PROPRIO UN ANNO FA,

IL 25 APRILE DEL 2005, BENEDETTO XVI RIVOLSE

AI RAPPRESENTANTI DELLE RELIGIONI:

UNA VIBRANTE ESORTAZIONE A LAVORARE ASSIEME PER IL DIALOGO E LA PACE

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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Esattamente un anno fa, all’indomani della Messa di inizio Pontificato, Benedetto XVI volle incontrare i delegati delle Chiese cristiane, delle comunità ecclesiali e delle altre tradizioni religiose. Un evento particolarmente significativo. In tale occasione, infatti, il Papa chiese con forza ai rappresentanti delle diverse religioni di lavorare assieme per la pace. Esortazione ribadita più volte durante tutto questo primo anno di Pontificato. Le parole pronunciate dal Papa un anno fa assumono dunque un rinnovato vigore alla luce dell’ennesimo attentato terrorista che, in Egitto, ha colpito degli innocenti. In quell’udienza, in Sala Clementina, il Papa assicurò l’impegno della Chiesa “a costruire ponti di amicizia fra i seguaci di ogni religione”. La promozione della pace, è stato l’avvertimento di Benedetto XVI lungo tutto questo anno, è un impegno imprescindibile per tutti i credenti. E già il 25 aprile del 2005 indicava la stella polare del dialogo tra le diverse religioni:

 

“All’inizio del mio Pontificato rivolgo a voi e a tutti i credenti delle tradizioni religiose che rappresentate, come pure a quanti ricercano con cuore sincero la Verità, un forte invito a diventare assieme artefici di pace, in un reciproco impegno di comprensione, di rispetto e di amore”.

 

E proprio alla verità, il Papa ha dedicato il suo primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace. D’altro canto, sempre il 25 aprile di un anno fa, Benedetto XVI constatava come il mondo sia “segnato da conflitti, violenza e guerra ma vuole ardentemente la pace, una pace che è soprattutto un dono di Dio”. La pace, affermava in quell’incontro, è un “dovere a cui tutte le persone sono chiamate, ma soprattutto quanti professano un credo religioso”.

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NOMINE

 

In Spagna, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Segorbe-Castellón de la Plana mons. Casimiro López Llorente, finora vescovo di Zamora. Il 56.enne presuleha ottenuto la licenza in Teologia a Salamanca e quella in Diritto Canonico presso il Kanonistisches Institut della Ludwig–Maximilians Universität di Monaco, in Germania. Da sacerdote ha lavorato, tra l’altro, come Cappellano di religiose e incaricato della pastorale dei migranti in Germania, professore di Teologia e Diritto Canonico, rettore del Seminario di Osma-Soria. Nominato vescovo di Zamora il 2 febbraio 2001, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 25 marzo successivo.

 

Negli Stati Uniti, il Papa ha nominato coadiutore della diocesi di Venice il sacerdote mons. Frank J. Dewane, del clero della diocesi di Green Bay, finora sottosegretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Il nuovo presule, 56 anni, ha studiato presso l’Università di Wisconsin-Oshkosh, ottenendo il titolo di Bachelor of Science nelle scienze sociali quindi, presso l’Università d’America a Wa-shington, ha conseguito il Masters in Administration in International Affaire. Dal 1984 al 1988, ha ottenuto il Baccellierato in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana e la Licenza in Diritto Canonico all’Angelicum nel 1988. E’ stato, tra l’altro, collaboratore presso la Missione Permanente della Santa Sede presso l’ONU a New York e officiale del Pontificio Consiglio Cor Unum. È stato nominato Cappellano di Sua Santità nel 1992. Conosce l’italiano, il russo, il francese e lo spagnolo.

 

In Colombia, il Pontefice ha nominato vescovo di Girardota il sacerdote   Óscar González Villa, del clero dell’arcidiocesi di Manizales, finora rettore del Seminario Maggiore “Nuestra Señora del Rosario” di Manizales. Mons. González Villa, 57 anni, ha studiato Filosofia e Teologia nel Seminario Maggiore di Manizales. Ha ottenuto la Licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma. Ha svolto gli incarichi di parroco del Monte Carmelo in Santa Rosa de Cabal e di vicario episcopale per la Zona Sud dell’arcidiocesi.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“La sinistra ombra del terrorismo” è il titolo che apre la prima pagina in riferimento alla strage compiuta in Egitto.

 

Servizio vaticano - Una pagina sul cammino della Chiesa in Asia.

 

Servizio estero - Nucleare: il presidente iraniano respinge le richieste delle Nazioni Unite ed ipotizza l’uscita dal Trattato di non proliferazione.  

 

Servizio culturale - Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo “Una storia luminosa e tragica dove ‘la coscienza ha fatto la differenza’”: la fiction televisiva su don Pietro Pappagallo, il sacerdote ucciso alle Fosse Ardeatine.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Armando Rigobello dal titolo “L’esigenza di ‘parole che parlino della Parola’”: “Il Dio dei mistici”, a cura di Francesco Zambon

 

Servizio italiano - In rilievo il tema dei conti pubblici.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

25 aprile 2006

 

 

“Profondo dolore e tristezza” espressi dal presidente del Pontificio

Consiglio della pastorale per i Migranti e gli itineranti, MONS. MARCHETTO, per il triplice attentato di ieri in Egitto, a Dahab. 18 i morti e 60 i feriti

- Con noi Guido Olimpio e Vittorio Emanuele Parsi -

 

Profondo dolore e tristezza è stata espressa dal segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, mons. Agostino Marchetto, per il triplice attentato di ieri in Egitto, a Dahab. Sono morte 18 persone e 60 sono rimaste ferite. Il presule, invocando forza e coraggio per coloro che sono stati colpiti  dal lutto e dalla sofferenza, ha sottolineato anche le conseguenze del nuovo colpo inferto all’industria turistica egiziana, locomotiva trainante dell’economia del Paese. E mentre la comunità internazionale condanna in maniera unanime gli attacchi, proseguono le indagini delle autorità egiziane: nelle ultime ore sono state fermate 10 persone. Ma ascoltiamo il servizio di Salvatore Sabatino:

 

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Ottobre 2004, Taba; luglio 2005, Sharm el Sheikh; aprile 2006 Dahab.  Tre anni ed una lunga scia di sangue. L’Egitto è di nuovo nel mirino del terrorismo internazionale, che agisce ancora una volta con precisione chirurgica, attaccando il punto forte dell’economia del Paese: il turismo. Le esplosioni di ieri sera erano tese ad uccidere, così come era già successo nei due anni passati. Ed i morti, anche in questo caso, sono stati tanti, anche se il bilancio, rispetto alle prime informazioni, è stato ridimensionato da 23 a 18 morti, tra cui un bambino tedesco di 10 anni. Resta fermo ad oltre una sessantina, invece, il numero dei feriti.

 

Dahab, a nord di Sharm El Sheik, al confine con la Giordania, è una località che vive di turismo, ed in giorni di festa, come questi, diventa punto di confluenza di migliaia di persone, soprattutto israeliani ed europei. Le autorità del Cairo lavorano ininterrottamente da ieri sera. Le indagini cercano di dare un volto agli organizzatori e agli esecutori degli attentati. Se in un primo momento, infatti, si escludeva la presenza di kamikaze, nelle ultime ore si è scoperto che almeno 2 delle tre deflagrazioni sono state provocate da uomini suicidi. Gli investigatori si concentrano fondamentalmente sulle tribù locali che vivono in questa penisola deserta, già coinvolte negli altri attacchi. Eppure il Sinai è da sempre presidiato dalle forze di sicurezza mandate dal Cairo. I confini, però, anche in questo caso hanno dimostrato di essere a maglie troppo larghe. Israele, attraverso i suoi servizi d’intelligence parla di coinvolgimento di Al Qaeda, c’è chi legge negli attacchi di ieri il proclama minaccioso contro l’Occidente ed i suoi alleati, inviato appena 24 ore prima dallo sceicco del terrore. La pensano alla stessa maniera le autorità egiziane. Ma c’è effettivamente un nesso con il messaggio di Osama Bin Laden?  Roberto Piermarini lo ha chiesto all’esperto di terrorismo del Corriere della Sera, Guido Olimpio:

 

R. – Certamente ci può essere un collegamento di tipo ideologico. Noi sappiamo che per far recapitare questo messaggio è passato molto tempo. Quindi, il fatto che l’attentato avvenga dopo, è solamente un legame possiamo dire “spirituale”, a cui si ispira Osama Bin Laden e che poi conduce a queste azioni. Quindi, non vedrei un nesso operativo.

 

D. – Perché è stato colpito ancora una volta l’Egitto, un Paese islamico?

 

R. – Perché evidentemente, c’è una base abbastanza solida di gruppi integralisti. Secondo elemento, poi, l’Egitto è molto amico dell’Occidente. In terzo luogo, ci sono degli obiettivi facili da colpire: turisti ed alberghi. Quindi, è possibile organizzare queste azioni anche disponendo di risorse limitate.

 

D. – Dopo gli attentati, sempre nel Sinai, a Taba e Sharm el Sheik c’erano segnali di altri attacchi?

 

R. – Sì, decine di segnali. La sicurezza egiziana aveva anche sventato diversi complotti, ma evidentemente non è bastato. Ed è chiaro che la rete integralista, magari locale, è comunque efficiente.

 

Ma, colpendo l’Egitto, il terrorismo internazionale cerca di influenzare ancora di più in chiave anti-occidentale l’intera regione mediorientale: in particolare Iran, Iraq e Israele? Ascoltiamo il parere di Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica, intervistato da Giancarlo La Vella:

 

R. – Ma … io credo che questi attentati abbiano tre obiettivi, sostanzialmente. Il primo è quello di colpire l’Egitto per destabilizzarlo, perché qualunque progetto di liberalizzazione del Medio Oriente passa per l’Egitto: è il Paese cruciale. In secondo luogo, si vuole colpire il turismo occidentale allo scopo di colpirlo alle principali fonti di valuta per i mediorientali, e anche per costruire nei fatti, sanguinosamente, quella separatezza che deve portare nella mente di Bin Laden e dei suoi emuli al califfato. E in terzo luogo, queste cellule terroristiche sanno che poi la loro azione verrà elaborata strategicamente al di là del fatto che questi abbiano contatti di qualunque genere con al Qaeda. Paradossalmente, potremmo avere di fronte unità locali che intanto sanno che non devono occuparsi della strategia della ‘politica’, rispetto a quello che fanno: devono solo compiere l’azione. Questo rende il nemico molto difficile da essere combattuto!

 

Unanime è stata la condanna internazionale. Un messaggio di cordoglio è giunto dalla Santa Sede, attraverso il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. “Con profondo dolore e tristezza - scrive il segretario, mons. Agostino Marchetto, al nunzio apostolico in Egitto, mons. Michael Fitzgerald - abbiamo appreso la notizia del tragico attentato terroristico”. Il vescovo esprime anche “viva solidarietà per chi dovrà confrontarsi con le conseguenze di questo nuovo colpo inferto all'industria turistica egiziana, locomotiva trainante dell’economia del Paese, a beneficio della popolazione”.

 

Una delle prime prese di distanza è venuta dall’Autorità Nazionale Palestinese, positivamente accolta dalla comunità internazionale, dato che alle parole della presidenza si sono unite quelle del governo di Hamas. Abu Mazen ed il premier Hanyeh hanno espresso vicinanza al presidente Mubarak e al popolo egiziano per un atto criminale che colpisce ciecamente i civili e che – dicono – è del tutto contrario all’Islam. Ferma condanna anche da parte del presidente degli Stati Uniti, Bush, che l’ha definito un atto odioso nei confronti di civili inermi. Assicuro al nemico – ha detto ancora il capo della Casa Bianca – che continueremo l’offensiva contro il terrorismo senza tentennamenti per il bene della pace e dell’umanità. Identica condanna anche da parte del presidente cinese Hu Jintao.

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CONFERENZA INTERNAZIONALE IN SUDAFRICA SULL’AIDS

- Intervista con il cardinale Javier Lozano Barragán -

 

E’ in corso a Città del Capo in Sudafrica una conferenza internazionale sull’AIDS cui partecipano circa 1000 esperti tra medici e scienziati. Al centro dei lavori l’emergenza HIV in Africa: nel mondo sono oltre 40 milioni le persone colpite dall’AIDS: più della metà, 25 milioni si trovano in questo Continente. Ma come si sta evolvendo la malattia? Giovanni Peduto lo ha chiesto al  presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, il cardinale Javier Lozano Barragán:

 

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R. – E’ in aumento. Stiamo parlando adesso di 42 milioni di persone affette dall’Aids. Siccome i medici dicono che per ogni persona malata ci sono altri tre infetti di HIV, dobbiamo, dunque, moltiplicare 42 per quattro e abbiamo 168 milioni di persone nel mondo affette da questa terribile pandemia.

 

D. – Eminenza, il suo dicastero come si sta muovendo al riguardo e in che modo affronta il problema o dà suggerimenti?

 

R. –  La prima cosa che stiamo facendo, mediante la Fondazione Il Buon Samaritano, è provvedere ai medicinali per le persone povere colpite dal virus dell’HIV. Si tratta di persone che non hanno alcun aiuto. La settimana scorsa, per esempio, abbiamo dato un aiuto, secondo le nostre possibilità, al Nepal. Abbiamo inviato 25 mila dollari ad un centro di suore di Madre Teresa di Calcutta perché riescano a gestire un programma di tre anni, al fine di ottenere i medicinali per tutti quei pazienti che non hanno niente - sappiamo che il Nepal è un Paese molto povero – sono assolutamente abbandonati e nessuno li aiuta. La nostra Fondazione, Il Buon Samaritano, agisce in questi casi così estremi e poi anche, certamente, in situazioni di emergenza, per andare incontro a quelli che stanno già in una fase terminale. Chiaramente sappiamo che bisogna fare di più. Stiamo inoltre preparando – è molto difficile, ma lo stiamo facendo – un manuale per la cura pastorale dei malati di Aids. Possibilmente nell’arco di quest’anno sarà pronto.

 

D. – In questo studio affrontate anche il problema della prevenzione nella coppia e il problema dell’uso del preservativo?

 

R. – Ci sono tanti manuali, ma questo deve essere un manuale che abbia una tessitura universale. Quindi, è un poco più difficile, ma lo stiamo facendo. Nel caso della collaborazione con altre agenzie sappiamo per esempio che tante di loro mettono l’accento, come è logico, sulla prevenzione, cioè fanno del loro meglio perché non si estenda ancora di più questa malattia. E per prevenzione intendono sempre il preservativo. Certamente, la Chiesa cattolica sa che la prevenzione più importante è l’astinenza e la fedeltà matrimoniale: così non succede assolutamente niente. Se ci troviamo, però, di fronte ad una coppia siero-discordante nasce il problema. Che cosa fare? Proprio in questo senso stiamo elaborando uno studio, sia scientifico che morale, molto approfondito. Questo studio certamente dovrebbe essere presentato al Santo Padre tramite i percorsi necessari ed il Santo Padre prenderà lui, secondo la sua saggezza e l’assistenza dello Spirito Santo, una decisione e ci dirà per dove. Quello che lui dirà, sarà la posizione della Chiesa.

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A VENT’ANNI DI DISTANZA, ANCORA APERTE

LE FERITE DEL DISASTRO NUCLEARE DI CHERNOBYL. AI NOSTRI MICROFONI,

L’AMBASCIATORE DELLA BIELORUSSIA IN ITALIA, ALEKSEI SKRIPKO

 

Il mondo si appresta a commemorare, domani, il 20.mo anniversario del disastro della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina - all’epoca parte dell'Unione Sovietica - al confine con la Bielorussia. In seguito all’esplosione del reattore numero 4, avvenuto nella notte del 26 aprile del 1986, dalla centrale si sollevarono delle nubi di materiali radioattivi che raggiunsero, nei giorni successivi, una vasta area del Vecchio Continente. L'AIEA ha calcolato che l'incidente di Chernobyl ha rilasciato radiazioni 400 volte superiori a quelle della bomba caduta su Hiroshima. Non è possibile stimare con precisione il numero di vittime dovute alle radiazioni, ma sono almeno 9 mila - secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità - i casi di tumore causati dalle radiazioni nell’area investita dalla nube tossica. Lo Stato più colpito dal disastro è stato la Bielorussia, che vive questo anniversario con ferite ancora aperte e profonde. A sottolinearlo è l’ambasciatore della Bielorussia in Italia, Aleksei Skripko, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Dobbiamo ricordare che più del 70 per cento delle precipitazioni si sono verificate sul nostro territorio. Sono stati colpiti più di 2 milioni di abitanti. Per la Bielorussia, Chernobyl è stata una tragedia nazionale. In tutte le regioni della Bielorussia ci sono molti eventi commemorativi per ricordare che questa tragedia ha toccato non solo la Bielorussia, l’Ucraina e la Russia ma anche altri 24 Paesi del mondo.

 

D. – Ancora oggi, il popolo bielorusso e in particolare i più piccoli, soffrono per le contaminazioni radioattive. Può darci dunque un’idea di quanto sia ancora grave questa emergenza?

 

R. – Sì: sono stati colpiti dalle conseguenze di Chernobyl, purtroppo, più di 360 mila bambini bielorussi. Sono iscritti nella banca dati per cure mediche più di un milione di cittadini bielorussi, più di 137 mila sono stati trasferiti dalle zone colpite; ci sono gravi patologie che hanno danneggiato la salute sia degli adulti, sia dei bambini. Ci sono veramente gravi casi di danni alla tiroide; c’è un aumento delle malattie oncologiche e non oncologiche, che colpiscono sistemi endocrini e cardiovascolari, provocando disfunzioni psiconeurologiche

 

D. – La tragedia di Chernobyl ha mobilitato la solidarietà di moltissime persone in tutto il mondo. Quanto questa solidarietà è importante e sentita dalla popolazione della Bielorussia?

 

R. – La popolazione della Bielorussia è molto riconoscente nei riguardi di tutti i Paesi che ci hanno aiutato in questi 20 anni, dopo l’esplosione. Più di 400 mila bambini bielorussi sono stati in Italia, nel periodo del risanamento; ci sono più di 27 mila bambini bielorussi che ogni anno vengono in Italia per i periodi di riabilitazione. Secondo i nostri dati, sono coinvolte più di 300 organizzazioni non governative italiane in questo processo. Più di 3 milioni di semplici cittadini italiani ci hanno aiutato. Anche la Chiesa cattolica, il Vaticano, ci stanno dando un aiuto tramite le parrocchie, i sacerdoti, tramite tutte quelle organizzazioni che sono legate al Vaticano.

 

D. – Cosa, secondo lei, insegna la tragedia di Chernobyl agli uomini del XXI secolo?

 

R. – Devo dire che l’esplosione è accaduta nell’aprile 1986, dopo 40 anni di grandi battaglie tra le maggiori potenze del mondo che avevano un potenziale nucleare. Nessuno, in quel momento, è stato pronto a raccogliere la sfida della tragedia. Mi sembra che la lezione più importante della tragedia è che tutto il mondo non deve sbagliare più. Che noi dobbiamo unire i nostri sforzi perché l’energia nucleare sia sempre mantenuta per il bene e per la pace del mondo.

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IL PROSSIMO 27 APRILE, UNA NUTRITA RAPPRESENTANZA

DI SPORTIVI ITALIANI, ISRAELIANI E PALESTINESI CORRERANNO FIANCO A FIANCO

DA GERUSALEMME A BETLEMME PER LA MARATONA DELLA PACE

- Intervista con mons. Liberio Andreatta -

 

Si svolgerà giovedì prossimo, 27 aprile, la terza edizione della ‘Maratona Giovanni Paolo II da Gerusalemme a Betlemme, una corsa di carattere fortemente simbolico in cui atleti italiani, israeliani e palestinesi correranno insieme portando la fiaccola della Pace e la bandiera olimpica. La corsa è aperta a tutti e si snoda lungo i 10 Km che separano Gerusalemme da Betlemme. L’evento, promosso dal Centro Sportivo Italiano, dall’Opera Romana Pellegrinaggi e dalla CEI, rientra nel più ampio programma de Gli sportivi italiani in Terra Santa. Ambasciatori di pace, una manifestazione iniziata ieri e ricca di eventi culturali e sportivi. Ce ne parla l’amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, mons. Liberio Andreatta, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Da diversi anni noi organizziamo molti eventi per quanto concerne la possibilità di creare e di favorire la pace in Israele e ci è sembrato veramente coerente portare anche una manifestazione sportiva, perché tutti sappiamo che i valori dello sport sono valori di incontro, di dialogo, di rispetto del diverso, ma soprattutto di una costruzione di pace. 

 

D. – Tra i momenti di sport c’è grande attesa anche per la partita di pallavolo “Peace- Volley

 

R. – Sì, abbiamo voluto fare una partita nella quale si dovesse giocare insieme, gli uni con gli altri. Vogliamo sottolineare che lo sport non è mai una partita contro qualcuno, ma è una partita con qualcuno. E non consideriamo mai colui il quale gioca con me un nemico, ma un avversario con il quale poter giocare insieme.

 

D. – Mons. Andreatta, alla luce delle due esperienze precedenti, qual è il coinvolgimento delle autorità locali all’iniziativa?

 

R. – Le autorità locali hanno accolto con grande soddisfazione, fin dal primo anno, questa iniziativa, anche se con un poco di timore, visto che le due edizioni precedenti hanno avuto uno sviluppo veramente straordinario. Quest’anno abbiamo avuto sia da parte degli israeliani, sia da parte dei palestinesi – tenendo conto che quest’anno abbiamo un nuovo interlocutore nel campo delle autorità locali – un grande consenso e una grande collaborazione. 

 

D. – Vuole descriverci l’attuale situazione in Terra Santa? Ci sono pericoli per i pellegrini?

 

R. – Nessun pericolo, la situazione è tranquilla. Anzi, possiamo veramente dire che le preoccupazioni per qualcuno, con l’avvento di Hamas in Palestina e con il cambio di guardia del Governo israeliano, che la situazione potesse essersi indebolita, invece  è sotto maggior controllo.

 

D. – La Terra Santa e tutto il Medio Oriente hanno quanto mai bisogno di tali iniziative, come la vostra ‘Marcia per pace’

 

R. – Noi pensiamo che sia una marcia che nasce dentro i cuori, un cammino dentro gli uomini per tutta quella parte del mondo dove Dio si è manifestato, dove il Cristo è vissuto, è morto e ha dato la vita per la pace, per la verità e l’amore.

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25 APRILE, FESTA DI S. MARCO, IL CREATORE DEL GENERE LETTERARIO DEL VANGELO,

CHE RACCOLSE NEL SUO LIBRO GLI INSEGNAMENTI ORALI DI PIETRO

 

Parte della vita al seguito dei massimi Apostoli - Paolo prima e Pietro poi - come collaboratore nella loro predicazione. Poi, dopo la morte di Pietro, l’impegno apostolico che lo coinvolge in prima persona: è quanto la tradizione racconta di S. Marco, l’autore del più antico dei Vangeli, del quale ricorre oggi la memoria liturgica. Alessandro De Carolis ne ricorda le vicende in questo servizio.

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(musica)

        

E’ il 64 dopo Cristo. Su un’altura di Roma vicino la Via Cornelia, conosciuta come Colle Vaticano, si svolge una scena commovente. Il corpo di un uomo crocifisso viene calato nella fossa di un piccolo cimitero, accanto al circo privato di Nerone, che sorge su quella stessa altura. In quell’arena, nelle ore precedenti, tra i gemiti strazianti di centinaia di cristiani, ha trovato la morte anche colui che ha portato nell’Urbe il messaggio di salvezza di Cristo: Simone detto Pietro, un pescatore di Galilea. Non è difficile immaginare, nel gruppo che provvede alle esequie del primo testimone del Nazzareno, anche la presenza di un uomo, un certo Giovanni conosciuto però come Marco. Per i primi cristiani, Marco – già seguace di Paolo di Tarso - è il discepolo che Pietro chiama affettuosamente in una sua lettera “mio figlio” (1Pt 5,13), un segretario che sa il greco, può fare da interprete e intanto annota alla meglio gli insegnamenti orali del primo degli Apostoli. Papia di Gerapoli, uno dei primi vescovi cristiani, ricorderà gli insegnamenti di un tale “presbitero” di nome Giovanni. Scriverà: “Marco, divenuto interprete di Pietro, mise per iscritto tutto ciò che si ricordava, senz'ordine però, sia le parole, sia le opere del Signore”. Ma quell’uomo che per anni è vissuto all’ombra del capo della Chiesa nata a Gerusalemme è più di un semplice copista.

 

Dopo la morte dell’Apostolo, per Marco diventa chiara la necessità di mettere per iscritto in modo più organico i racconti di Pietro. Attorno al 70 d. C. il suo libro è completato. Il titolo è To Euaggelion, la Buona Notizia. Il primo dei quattro Vangeli, il più antico, è una realtà. Il presunto copista ha inventato un vero e proprio genere letterario. E se anche il prototipo verrà in seguito superato dagli altri Vangeli canonici per stile, struttura, ampiezza di contenuti, in esso si coglie il sapore della prima predicazione cristiana. Marco lo ha scritto per i cristiani di origine pagana per rispondere alla domanda “chi è Gesù?” e offrire questa risposta: “Gesù è il Messia”, che il Vangelo di Marco mostra pienamente come tale nel sacrificio della Croce. LA voce dei nuovi cristiani si esprime, nel suo Vangelo, attraverso lo stupore del centurione sul Calvario: “Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio”.

 

Sulle orme di Pietro, Marco è ora un predicatore. Per qualche tempo, insieme a Pietro, aveva vissuto e operato in Aquileia, in quel territorio dell’oriente italiano al quale il suo nome verrà in seguito associato. Poi è la volta di Alessandria, dell’apostolato a Cirene, come raccontano alcune celebri tele del Tintoretto. Al ritorno ad Alessandria, anche per Marco arriva l’ora del martirio. Il suo corpo rimane in quella città fino all'828, quando – si tramanda - il governatore arabo decide di smantellare il santuario che ne custodiva le spoglie per impiegare marmi e colonne nella costruzione di un palazzo a Babilonia. Per timore della profanazione, due mercanti di Venezia - Buono da Malamocco e Rustico da Torcello – prendono l’iniziativa: trafugano il corpo dell’evangelista e lo portano in Italia di nascosto, dentro a ceste di lattuga e maiale, per evitare i controlli musulmani. Venezia diventa la città di San Marco.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

25 aprile 2006

 

 

IN CINA, E’ TORNATO A CASA IL VESCOVO DI ZHENGDING, MONS. GIULIO JIA ZHIGUO, ARRESTATO LO SCORSO 8 NOVEMBRE. SECONDO FONTI LOCALI,

IL PRESULE E’ ORA AGLI ARRESTI DOMICILIARI

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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PECHINO. = Il vescovo di Zhengding, mons. Giulio Jia Zhiguo, è stato riportato nella sua residenza, nella regione di Hebei, dopo oltre 5 mesi di detenzione. Secondo fonti locali raccolte dall’Agenzia “Asia News”, sono stati concessi al presule gli arresti domiciliari. La decisione è stata presa dopo la recente visita del presidente cinese Hu Jintao negli Stati Uniti. Le fonti hanno anche aggiunto che il vescovo, arrestato lo scorso 8 novembre, ha subito duri interrogatori.  Nel mese di novembre, la polizia ha fermato anche altri cattolici: sono stati arrestati due sacerdoti della diocesi di Zhengding, successivamente rilasciati, diversi preti e dieci seminaristi, alcuni dei quali sono ancora detenuti in località sconosciute. Mons. Jia è vescovo dal 1980 e ha trascorso in prigione circa 20 anni. Durante le feste cristiane, il presule è stato tenuto in isolamento gli è stato proibito di incontrare i fedeli e partecipare alle celebrazioni religiose. L’Hebei è la regione in Cina con il maggior numero di cattolici, oltre 1,5 milioni di persone.

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SI È CHIUSA OGGI A RIMINI LA 29.MA CONVOCAZIONE NAZIONALE DEL MOVIMENTO

ECCLESIALE “RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO”. OLTRE 20 MILA I PARTECIPANTI PROVENIENTI DA TUTTA L’ITALIA, CHE HANNO VOLUTO ANCHE PREPARARSI AD ALCUNI IMPORTANTI APPUNTAMENTI ECCLESIALI

- A cura di Luciano Castro -

 

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RIMINI . = Sono tre gli appuntamenti che attendono il Rinnovamento nello Spirito nei prossimi mesi e che questa Convocazione ha inteso preparare. Il primo è la prossima Pentecoste dei Movimenti con Papa Benedetto XVI, che si svolgerà in Piazza San Pietro il 3 giugno. Ieri ne ha parlato davanti ai 20 mila riuniti a Rimini l’arcivescovo Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. “Assisteremo – ha detto il presule – ad una stupenda epifania della varietà e della bellezza dei doni carismatici con i quali lo Spirito Santo arricchisce la Chiesa dei nostri tempi”. Mons. Rylko ha anche sottolineato “il dono che il Rinnovamento costituisce per la Chiesa di oggi, per i frutti di santità, di comunione e di missione che esso produce”. Il secondo appuntamento è il V Incontro Mondiale delle Famiglie, che si svolgerà in luglio a Valencia, in Spagna. “E’ necessario rendere la famiglia più forte, perché sia un’esperienza vissuta nell’amore e nella trasmissione della fede”, ha detto il cardinale Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Terzo appuntamento, il Convegno Ecclesiale Nazionale che si svolgerà ad ottobre a Verona. Ne ha parlato il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano e presidente del Comitato preparatorio di questo grande evento della Chiesa italiana, il quale ha sottolineato l’importanza della comunione e del dinamismo. “Due messaggi apparentemente semplici – ha detto – ma davvero quanto mai importanti e decisivi per l’ora storica che stiamo vivendo”. Oggi, la Convocazione è stata chiusa dalla celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Ersilio Tonini, arcivescovo emerito di Ravenna. “La Chiesa ha bisogno di voi. Occorre essere testimoni credibili di Gesù Cristo”, ha detto. Nella relazione finale, il coordinatore nazionale del rinnovamento, Salvatore Martinez, ha parlato con forza della speranza. “Siamo stati creati per essere segno della speranza che non delude, che è Gesù Cristo”, ha affermato Martinez. “Dobbiamo fare dei nostri gruppi e delle nostre comunità - ha concluso - luoghi certi dell’Amore di Dio”.

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ISRAELE CELEBRA OGGI LA GIORNATA DELLA SHOAH. IL PREMIO NOBEL PER LA PACE, SHIMON PERES, E’ IN POLONIA CON MIGLIAIA DI GIOVANI EBREI

PER VISITARE IL CAMPO DI STERMINIO NAZISTA DI AUSCHWITZ

 

TEL AVIV. = Al suono delle sirene d’allarme, lo Stato di Israele si è fermato stamani per due minuti di raccoglimento in occasione della Giornata della Shoah, celebrata ad una settimana dall’anniversario dell’indipendenza. Le cerimonie commemorative, che sono iniziate ieri al Museo Yad va-Shem di Gerusalemme, proseguiranno per tutta la giornata. Sono previste iniziative negli istituti scolastici e in Parlamento. Nel timore di attentati, la polizia e l’esercito hanno innalzato, inoltre, il livello di allerta: posti di blocco sono stati allestiti in diverse strade e, in particolare, nella regione di Gerusalemme. Intanto, il presidente ad interim del Parlamento e premio Nobel per la pace, Shimon Peres, ha preso parte in Polonia ad una marcia negli ex campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau insieme con migliaia di giovani ebrei giunti da Israele e da altri Paesi. (A.L.)

 

 

 

IL DRAMMA DEL TRAFFICO DEGLI ESSERI UMANI RIGUARDA QUASI TUTTI I PAESI

DEL MONDO. E’ UNO DEI DATI DEL RAPPORTO DELL’ONU SULLA TRATTA

 E LO SFRUTTAMENTO DI ESSERI UMANI PRESENTATO IERI A VIENNA

 

VIENNA. = Non esiste praticamente nessun Paese al mondo non colpito dal turpe  traffico di essere umani. E’ quanto emerge da un rapporto delle Nazioni Unite, presentato ieri a Vienna dal direttore esecutivo dell’Ufficio ONU per la droga e il crimine (UNODC), l’italiano Antonio Maria Costa. Secondo lo studio, i cittadini di 127 Paesi rischiano di diventare vittime di trafficanti. Altri 98 sono stati classificati come Stati di transito. Sono poi 137, tra cui i molti Paesi dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, gli Stati teatro di nuove forme di schiavitù legate soprattutto allo sfruttamento sessuale e nel lavoro. Dal rapporto emerge che le vittime sono, in maggioranza, donne e bambini provenienti da Paesi dell’Africa, dell’Europa orientale, dell’Asia e dell’America Latina. “E’ estremamente difficile accertare il numero di persone colpite da questo dramma, ma sono sicuramente milioni”, ha detto Costa spiegando che molti governi degli Stati di destinazione del traffico di esseri umani non ammettono spesso l’esistenza del problema sul loro territorio. Per affrontare questa emergenza, il rapporto indica alcune priorità: ridurre la richiesta di materie prime e prodotti agricoli sottopagati, perseguire penalmente i trafficanti e rafforzare la protezione delle vittime. (A.L.)

 

 

UNA DELEGAZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA SVIZZERA, DI RITORNO DA UNA VISITA

 IN IRAN, DENUNCIA LA MANCANZA DI LIBERTÀ RELIGIOSA DEI CRISTIANI

 NEL PAESE ISLAMICO

 

BERNA. = La minoranza cristiana in Iran può praticare la propria religione, ma unicamente all’interno delle rispettive comunità. E’ questa una delle principali limitazioni per i fedeli cristiani nella Repubblica islamica indicate da una delegazione di cattolici svizzeri che hanno recentemente visitato il Paese. “Non c’è libertà di culto”, ha spiegato all’agenzia “Swissinfo” il portavoce della Conferenza episcopale svizzera, mons. Mario Galgano. Per questo - ha aggiunto - gli iraniani sanno poco del Cristianesimo e delle altre religioni. Durante la visita, la delegazione guidata dal vescovo ausiliario di Losanna, mons. Pierre Bürcher, ha anche incontrato rappresentanti della comunità islamica ed ebraica. Negli incontri, si è parlato soprattutto dell’attuale crisi nucleare iraniana e della vicenda delle vignette satiriche su Maometto. Diversi giornalisti della Repubblica islamica hanno chiesto, in particolare, quale sia stata, in Europa, la reazione dei cattolici alla pubblicazione delle caricature su Maometto. Abbiamo spiegato loro – ha detto mons. Galgano - che il rispetto della fede di ogni credente e la libertà di espressione sono diritti fondamentali non solo in Svizzera e in Occidente, ma in ogni Paese. Mons. Galgano ha anche annunciato che i discorsi emersi dagli incontri tra cattolici svizzeri e musulmani iraniani saranno pubblicati in un libro. In Iran, su una popolazione di oltre 70 milioni di persone, i cristiani sono circa 110 mila. (A.L.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

25 aprile 2006

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

In Nepal dopo 19 giorni di proteste, re Gyanendra ieri ha comunicato in un discorso televisivo di voler ripristinare il Parlamento. I sette partiti di opposizione nepalesi hanno già candidato l'ex primo ministro Girika Prasad Koirala alla guida del nuovo governo. Il prescelto è l'anziano Girija Prasad Koirala (partito del  Congresso nepalese), già ex primo ministro, messo in carcere  per un breve periodo l'anno scorso insieme all'ultimo premier  Sher Bahadur Deuba.  E per oggi è prevista una manifestazione che si trasformerà - per i sette partiti dell'opposizione - in una marcia della vittoria. Per le strade di Kathmandu si sono viste scene di giubilo. Ma c’è invece la posizione dei maoisti nepalesi che chiedono alla popolazione di continuare la protesta pacifica. Secondo i maoisti il sovrano non è venuto incontro alle richieste popolari per una nuova Costituzione e vogliono un blocco della capitale. 

 

Attentato anche in Sri Lanka: una donna kamikaze si è fatta esplodere oggi all'interno del quartier generale delle forze armate a Colombo uccidendo dieci guardie del corpo dello stesso comandante in capo, ricoverato in gravi condizioni. L'esplosione è avvenuta nei pressi dell'ospedale militare e vicino all'auto dell'alto ufficiale, il generale Sarath Fonseka, che era scortata da un gruppo di guardie in moto. Il convoglio del capo delle forze armate stava passando vicino all'ospedale militare dentro il perimetro di alta sicurezza.  L'attentato non e' stato rivendicato, ma la polizia ha detto che porta il marchio delle Tigri tamil dell'Ltte, il movimento separatista che lotta per uno Stato indipendente.   Il cessate il fuoco concordato tra le due parti nel febbraio 2002 è stato violato diverse volte.

 

Una bomba è esplosa oggi all'interno di un minibus in un mercato del quartiere di Sadr city a Baghdad uccidendo due persone e ferendone cinque. Sadr city, nell'est della capitale, è la roccaforte della milizia del leader radicale sciita Moqtada Sadr, il quale è membro della coalizione che governerà il Paese. E intanto il premier designato iracheno Jawad al Maliki ha affermato che il suo governo lavorera' per avere buoni rapporti con tutti i Paesi vicini, ma ha al tempo stesso sottolineato che tali rapporti, e a questo proposito ha menzionato in particolare l'Iran, dovranno essere caratterizzati dal mutuo rispetto e dalla non ingerenza nei reciproci affari interni.   Teheran “deve essere ringraziata per aver offerto rifugio ai membri della resistenza irachena quando il regime (di Saddam Hussein) compiva bagni di sangue e persecuzioni su larga scala”, ha detto all'emittente Tv al Iraqiya al Maliki, che ha trascorso 25 anni in esilio, in gran parte in Siria, ma anche in Iran. “Tuttavia - ha aggiunto - bisogna riconoscere che l'Iraq e' uno Stato indipendente e sovrano che cerca di mantenere buone relazioni con tutti i suoi vicini, basate sul principio della non ingerenza nei suoi affari interni''.

L'Iran e il Sudan hanno “un comune nemico”, cioè gli USA, e “continueranno a sostenersi l'un l'altro”. Lo ha detto il presidente iraniano, Ahmadinejad, ricevendo a Teheran il suo omologo sudanese, Omar al Bashir, in visita ufficiale nella Repubblica islamica. Da parte sua, al Bashir ha sostenuto il diritto di Teheran a sviluppare un proprio programma nucleare, affermando che “la forza e il progresso della Repubblica islamica significano forza ed orgoglio per tutti i Paesi islamici nella regione”.  Negli ultimi mesi Ahmadinejad ha lavorato molto al rafforzamento delle relazioni con Paesi contrapposti agli Stati Uniti: oltre che con la Siria, tradizionale alleata della Repubblica islamica, con Cuba e con il Venezuela del presidente Hugo Chavez.  

 

E a proposito di nucleare l’Iran, attraverso il capo negoziatore, Ali Lariani, ribadisce che sospenderà la sua cooperazione con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) e quindi le ispezioni ai propri siti, se il Consiglio di  Sicurezza dell'ONU deciderà di imporgli sanzioni.

 

Manifestazioni in tutta Italia oggi per celebrare il 61.mo anniversario della Liberazione. A Milano, nel pomeriggio, l’appuntamento principale. Questa mattina il Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, ha reso omaggio al Milite Ignoto e alle Fosse Ardeatine. E nel discorso nel cortile d’onore del Quirinale ha rinnovato la sua vigorosa difesa della Costituzione e ha chiesto alle forze politiche di lasciarsi alle spalle le asprezze della recente campagna elettorale. Il servizio è di Giampiero Guadagni:

 

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Sono passati 61 anni dal giorno in cui i partigiani liberarono Milano dall’occupazione nazi-fascista. La popolazione insorse e parte del Nord Italia venne liberata prima dell’arrivo delle truppe alleate. E oggi Carlo Azeglio Ciampi ha celebrato il 25 aprile, con l’ennesimo messaggio di unità della Patria. Ancora una volta Ciampi, ha collegato la Resistenza con il Risorgimento, la Repubblica e la Costituzione, in un filo rosso che ha caratterizzato il suo settennato. Particolarmente appassionata proprio la difesa della Carta costituzionale che Ciampi ha definito oggi “la mia Bibbia civile”. “Ogni volta che ho visitato una città - ha sottolineato il capo dello Stato - ho trovato un Paese molto più unito di quanto non farebbe pensare l’eccessiva asprezza degli scontri politici di vertice”. Ciampi allora ha invitato gli schieramenti a lasciarsi alle spalle le tensioni della campagna elettorale e a riavviare il dialogo per il bene comune e per trovare fruttuose convergenze nelle grandi scelte. Ma proprio le tensioni cui ha fatto riferimento Ciampi non sembrano affatto smaltite. Tra Unione e Casa delle Libertà è polemica dopo che ieri Romano Prodi ha collegato la Festa della Liberazione al referendum sulla riforma costituzionale targata centrodestra. Il leader del centrosinistra e futuro premier ha chiesto un forte ‘no’ proprio a difesa dei valori della Costituzione. Dura la replica della Casa delle Libertà che accusa Prodi di fare solo propaganda. E il presidente della Camera uscente, Casini, afferma che è irresponsabile usare il 25 aprile per dividere l’Italia e le forze politiche. In questo clima non certo rasserenato si avvicina il referendum che dovrebbe svolgersi il 24 giugno e che avrà al centro del confronto-scontro soprattutto la devolution, cioè il trasferimento dallo Stato alle regioni dei poteri in materia di sanità, scuola e polizia locale.  

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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L’Ungheria procederà sulla strada delle riforme per rientrare nel debito e nei parametri di accesso nell’euro per il 2008. E’ quanto annunciato ieri dal premier socialista, Ferenc Gyurcsany, vincitore al secondo turno, svoltosi domenica scorsa, delle legislative e al suo secondo mandato consecutivo.

 

Nessuna variazione sulla produzione di petrolio. E’ quanto deciso ieri dall’OPEC, dai Paesi produttori di greggio, a margine del Forum Internazionale sull’Energia, in via di conclusione oggi a Doha, in Qatar. Secondo i rappresentanti dell’organismo, nessuna azione potrebbe raffreddare il prezzo al barile, che ieri è sceso a 74,4 dollari.

 

La polizia greca ha sparato oggi lacrimogeni contro centinaia di persone che marciavano verso l'ambasciata degli Stati Uniti ad Atene per protestare contro la visita della segretario di Stato, Condoleezza Rice. La polizia in assetto antisommossa ha sparato i lacrimogeni mentre i manifestanti, hanno detto testimoni, lanciavano sassi, bastoni e bottiglie molotov.

 

Il capo della Commissione d'inchiesta dell'ONU sull'omicidio dell'ex premier libanese Rafik Hariri, Serge Brammertz, e' atteso oggi a Damasco per una serie di incontri con alti responsabili siriani, secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche occidentali nella capitale siriana. Non c’è certezza su un incontro ufficiale con il presidente Bashar al Assad, mentre è previsto un colloquio col vice presidente Farouk al Sharaa, che all'epoca dell'omicidio di Hariri, il 14 febbraio del 2005, era ministro degli Esteri e che e' stato accusato dagli investigatori di aver riferito loro false informazioni. La Commissione dell'ONU ha formalmente avanzato lo scorso gennaio la richiesta di poter ascoltare il presidente Assad,  dopo che l'ex vice presidente Abdel Halim Khaddam in un’intervista televisiva ha accusato lo stesso Assad di responsabilità nell'omicidio Hariri. Nei primi due rapporti sull'andamento delle indagini, la Commissione ONU ha criticato l'atteggiamento di Damasco e la sua mancanza di collaborazione con gli ispettori dell'ONU, ma nel suo ultimo documento del genere, il terzo, diffuso a metà marzo, ha affermato che la collaborazione siriana è sensibilmente migliorata.

 

Quattro soldati pachistani e tre ribelli pro-taliban sono morti ieri durante un agguato teso a un convoglio militare nella zona tribale del Nord Waziristan, una turbolenta regione vicina al confine con l'Afghanistan, rifugio di estremisti islamici.  Un gruppo di armati ha poi assaltato i militari e ne è nata una battaglia di circa un'ora.  Stamane elicotteri dell'esercito hanno attaccato postazioni ribelli vicino al villaggio di Pyekhel, da dove era partito l'attacco.

 

In un nuovo segno di distensione nei rapporti intercoreani è stato annunciato a Seul che l'ex presidente e premio nobel Kim Dae jung si recherà presto in visita a Pyongyang.  Il viaggio, come precisato oggi dall'agenzia 'Yonhap', dovrebbe avvenire a giugno e avere considerevole importanza per lo sviluppo del dialogo intercoreano. L'unico vertice fra i due Stati, infatti, si svolse proprio fra lo stesso Kim Dae jung, allora presidente, e il leader nordcoreano Kim Jong il nel giugno 2000 a Pyongyang.   Ieri a Seul, dopo una sessione dei colloqui interministeriali che si svolgono alternativamente nel Sud e nel Nord, erano stati segnalati importanti sviluppi tanto nel dialogo fra i due Stati quanto per un rilancio della trattativa internazionale sul nucleare di Pyongyang, in stallo da novembre.

 

Il presidente della Commissione europea, Jose' Manuel Barroso, ha concluso oggi una visita in  Giappone contrassegnata dalle preoccupazioni per il nucleare  iraniano e dagli auspici per un rilancio del commercio  internazionale. Durata quattro giorni, è stata la prima visita ufficiale a Tokyo di Barroso, che era accompagnato dal cancelliere austriaco Wolfgang Schuessel, presidente di turno dell'UE, dal responsabile per la politica estera Javier Solana e dal commissario alle Relazioni Esterne, Benita Ferrero-Waldner. In un comunicato congiunto è stata rilevata la maturità raggiunta dalle relazioni UE-Giappone, in un dialogo di crescenti consonanze.  Condannati i passi compiuti dall'Iran per dotarsi di capacità atomiche non internazionalmente controllate. Riaffermata l'importanza del dialogo e della diplomazia per risolvere non solo la crisi nucleare iraniana, ma tutte quelle che continuano a tenere sulle spine il mondo, dai Balcani all'Estremo Oriente. Da parte sua, il presidente UE non ha nascosto la preoccupazione per la mancanza di progressi in vista del 'Doha round' per il rilancio del commercio mondiale. Bruxelles, ha sottolineato, ha fatto concessioni e offerte importanti in tale prospettiva e auspica che gli altri la imitino.

 

Il partito comunista vietnamita ha riconfermato alla massima carica dello Stato, per un secondo mandato di cinque anni come segretario generale, Nong  Duc Manh. La decisione è uscita dal X Congresso nazionale del partito unico, chiusosi oggi dopo otto giorni. Ieri sera i 160 membri del Comitato centrale avevano eletto il Politburo. Manh, 65 anni, appartenente all'etnia minoritaria Tay, ha resistito agli attacchi di questi ultimi mesi in seno al partito e a un grosso caso di corruzione che ha scosso tutto il palazzo del potere.  Secondo alcuni analisti l'attuale vice premier Nguyen Tang Dung, 56 anni e numero tre del nuovo Ufficio politico, è il candidato designato a primo ministro, come successore di Phan Van Khai, 72 anni, che ieri non è stato eletto nel Politiburo. La nomina dovrà essere confermata dall'assemblea nazionale.  Dung e' fautore di una maggiore liberalizzazione nel settore economico statale. 

 

 

 

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