RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 114  - Testo della trasmissione di Lunedì 24 aprile 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Matrimonio cristiano mai sostituito da altre forme di unione tra uomo e donna: lo ha detto Benedetto XVI ai vescovi del Ghana in visita ad Limina. Formazione cristiana per scoraggiare le pratiche superstiziose. Con noi mons. Lucas Abandamloora

 

La Chiesa è giovane: le parole di Benedetto XVI un anno fa nella Messa solenne di inizio Pontificato   

 

Messaggio di Benedetto XVI ai vescovi del Perù in occasione del IV centenario della morte di San Toribio de Mogrovejo, arcivescovo di Lima

 

Il cardinale Renato Raffaele Martino a Zagabria, Budapest e Vienna per la presentazione del compendio della Dottrina Sociale della Chiesa

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In un mondo plurale bisogna cercare le ragioni del convivere: ai nostri microfoni, Andrea Riccardi parla del suo ultimo saggio e dell’Incontro mondiale tra le religioni per la pace, in programma questo mercoledì a Washington

 

“Combattere la povertà per creare la prosperità per tutti”: la scorsa settimana, Conferenza mondiale Infopoverty a Milano e al Palazzo di Vetro di New York, in videoconferenza con Ginevra, Parigi e Rio de Janeiro: intervista con Pierpaolo Saporito

 

Iniziative da oggi fino a mercoledì per ricordare i 25 anni dalla fondazione della comunità missionaria di Villaregia: celebrazione presieduta dall’arcivescovo Rylko e udienza dal Papa. Ce ne parlano padre Luigi Prandin e Maria Luigia Corona

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Chiesa asiatica festeggia l’arrivo dei primi missionari orionini in Corea del Sud

Inaugurate in questi giorni a New Delhi e a Mangalore le prime due chiese dell’India dedicate alla beata Madre Teresa di Calcutta

 

In Arabia Saudita, una giovane di origine pakistana è stata incarcerata ed espulsa per aver denunciato il suo violentatore

Il primo maggio a Pompei il XX Meeting nazionale dei giovani, concreta esperienza di condivisione e solidarietà

Nasce in Burundi “Voce della pace”, la seconda emittente radiofonica cattolica promossa dalla Chiesa locale, dopo “Radio Maria”

 

24 ORE NEL MONDO:

Almeno 12 morti in Iraq in seguito a sei attacchi della guerriglia. Intanto nuova udienza del  processo contro Saddam Hussein

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 aprile 2006

 

 

IL MATRIMONIO CRISTIANO NON PUO’ ESSERE MAI SOSTITUITO DA ALTRE FORME

DI UNIONE TRA UOMO E DONNA: LO HA DETTO BENEDETTO XVI AI VESCOVI

DEL GHANA IN VISITA AD LIMINA, INVITANDOLI A CURARE CON ATTENZIONE

LA FORMAZIONE CRISTIANA PER SCORAGGIARE LE PRATICHE SUPERSTIZIOSE

 

Un Paese segnato da una povertà ancora diffusa, nel quale la Chiesa locale deve impegnarsi per radicare nel cuore della popolazione la speranza portata dai valori del Vangelo. E’ una delle considerazioni centrali del discorso che Benedetto XVI ha rivolto questa mattina ai vescovi del Ghana, al termine della loro visita ad Limina. Il Paese africano ha celebrato proprio ieri il centesimo anniversario dell’arrivo dei primi missionari: un’occasione che ha spinto il Papa a indicare nei giovani, nel matrimonio cristiano e nella famiglia le priorità pastorali per il presente e il futuro immediato della nazione. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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Una “Chiesa giovane”, in un Paese che ha una speranza di vita media che non arriva ai 60 anni. E una Chiesa di frontiera, che “brilla come un falò di speranza” in mezzo alla miseria di moltissima parte della popolazione, combattendo con l’attività apostolica e pastorale le derive etiche e i rigurgiti di superstiziosità che la disperazione spesso porta con sé. La delicata situazione socioeconomica dello Stato africano del Ghana è filtrata più volte nel discorso di Benedetto XVI ai presuli del Paese. Il Papa ha subito rilevato i “grandi progressi” degli ultimi anni compiuti dalla nazione per ridurre il “flagello della povertà e per rafforzare l'economia”.  Un “progresso lodevole”, lo ha definito il Pontefice che tuttavia - ha aggiunto con realismo - ha bisogno di altri sforzi per portare autentico sollievo ai circa 20 milioni di ghanesi, il 30% dei quali cattolici.

 

“EXTREME AND WIDESPREAD POVERTY OFTEN RESULTS…

La povertà estrema e diffusa provoca spesso un declino morale generale che conduce al crimine, alla corruzione, agli attacchi alla sacralità della vita umana o persino a un ritorno alle pratiche superstiziose del passato. In questa situazione, la gente può perdere facilmente la fiducia nell’avvenire”. 

 

In questo scenario, ha affermato Benedetto XVI, la Chiesa guarda avanti “come falò di speranza nella vita del cristiano”. Lo fa soprattutto incentivando “programmi globali di formazione” che aiutino i cattolici - consapevoli della loro fede – ad essere protagonisti dei destini del loro Paese. Nell’esprimere grande apprezzamento per il lavoro dei catechisti laici, il Papa ha detto esplicitamente di essere a conoscenza di come il lavoro di questi agenti di base dell’evangelizzazione sia spesso impedito per “mancanza di risorse” o per l’ostilità stessa dell’ambiente. L’importante, dunque, ha proseguito il Pontefice, è che ai catechisti sia assicurato da vescovi e sacerdoti “sostegno spirituale, dottrinale, e morale”, nonché “il supporto materiale che richiedono per effettuare correttamente la loro missione”.  Provvedere ai bisogni dei giovani, ha osservato il Papa, equivarrà a provvedere ai bisogni di un Paese giovane e così il Ghana potrà contare su nuove generazioni capaci di dare una svolta alle realtà economiche, alla globalizzazione, al problema sanitario.

 

Benedetto XVI ha poi affrontato uno dei nodi centrali della pastorale della Chiesa ghanese, quella relativa alla famiglia e al matrimonio. In questo caso, ha ribadito il Pontefice, “per il cristiano le forme tradizionali di matrimonio non possono mai essere un sostituto del matrimonio sacramentale”.

 

“WHILE CHRISTIANITY ALWAYS SEEKS TO RESPECT…

Mentre la cristianità cerca sempre di rispettare le venerabili tradizioni delle culture e dei popoli, cerca anche di purificare quelle pratiche che sono contrarie al Vangelo. Per questo motivo è essenziale che l'intera comunità cattolica continui a sollecitare l'importanza dell'unione monogama ed indissolubile tra l’uomo e la donna, consacrata nella santità del matrimonio”.

 

Un ultimo pensiero Benedetto XVI lo ha riservato per i membri del clero. Il sacerdozio, ha asserito, “non deve essere mai visto nel senso di un miglioramento della propria condizione o del livello sociale di vita”. Se così è, il rischio è che il sacerdozio risulti “inefficace e non realizzato”. Vi consiglio quindi - ha concluso Benedetto XVI - di “accertare l'idoneità dei candidati al sacerdozio e di garantire adeguata formazione a coloro che studiano per il ministero sacro”, perché essi siano “ministri idonei e soddisfatti” per la gioia di Cristo.

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Il Ghana ha una popolazione formata da diversi gruppi etnici, alcuni dei quali professano credi animisti. Sui rapporti con i musulmani, a partire da quelli intrattenuti dalla Chiesa locale con il governo ghanese, si sofferma il presidente della Conferenza episcopale del Ghana, il vescovo Lucas Abandamloora, intervistato da Luis Badilla:

 

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R. – Fino adesso abbiamo avuto un dialogo. Possiamo dire che il governo accetta la missione della Chiesa e anche noi accettiamo il compito del governo, soprattutto per ciò che riguarda lo sviluppo, l’educazione e la salute. Noi lavoriamo insieme e il governo ha accettato il fatto che noi sin dall’inizio abbiamo sempre partecipato allo sviluppo della società.

 

D. – Un problema importante: quanti sono, in questo momento, i cattolici in Ghana e qual è il rapporto della comunità cattolica con i musulmani?

 

R. – In Ghana i cattolici sono il 30 per cento. La Chiesa è molto rispettata in Ghana. Quindi, l’influenza della Chiesa è molto grande. In ogni sfera, dello sviluppo e dell’educazione, la Chiesa è molto forte e impegnata in questi compiti. Il rispetto della popolazione, dunque, è molto visibile. Siamo sempre contenti di collaborare con il governo. Quest’anno il governo ha conferito alcuni onori statali alla Chiesa riguardo al contributo da noi offerto per lo sviluppo in Ghana. Il nostro presidente è cattolico e ha molto rispetto per la Chiesa ed è contento di collaborare con essa. Abbiamo, quindi, un dialogo abbastanza forte.

 

D. – E con i musulmani, con le autorità religiose musulmane, c’è collaborazione?

 

R. – Sì, con i musulmani tradizionali abbiamo molto dialogo. Ci incontriamo ogni volta per discutere dello sviluppo in Ghana e lavoriamo insieme anche nei servizi sociali. E’ una collaborazione per lo sviluppo.

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MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI AI VESCOVI DEL PERU’ IN OCCASIONE

DEL IV CENTENARIO DELLA MORTE DI SAN TORIBIO DE MOGROVEJO,

ARCIVESCOVO DI LIMA

- A cura di Roberta Moretti -

 

“Un’occasione provvidenziale” per ravvivare il cammino della Chiesa nelle diverse diocesi del Perù: così, Benedetto XVI ha definito la ricorrenza del IV anniversario della morte di San Toribio de Mogrovejo, arcivescovo di Lima, nel messaggio inviato ai vescovi peruviani per l’occasione. “Egli – ha spiegato il Papa – si distinse per lo spirito di abnegazione con cui si dedicò alla edificazione e al consolidamento delle comunità ecclesiali del suo tempo”. “Lo ha fatto sempre con grande spirito di comunione e di collaborazione – ha aggiunto Benedetto XVI – cercando sempre l’unità, come dimostra la convocazione del III Concilio provinciale di Lima (1582-1503), che lasciò una preziosa eredità di dottrina e di norme pastorali”. E uno dei frutti più pregiati di questo importante evento fu il cosiddetto “Catechismo di San Toribio”, “che si dimostrò uno strumento straordinariamente efficace per istruire alla fede milioni di persone nei secoli in modo solido e in accordo con la dottrina autentica della Chiesa, unendo dal profondo – ha precisato il Papa – nonostante le differenze, quanti si identificano nell’avere ‘un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo’ (Ef 4, 5)”. “Consapevole del fatto che la vitalità della Chiesa dipenda in gran parte dal ministero dei suoi sacerdoti – ha aggiunto Benedetto XVI – il Santo Arcivescovo fondò il Seminario Conciliare di Lima, attivo ancora oggi”.

 

Il Santo Padre ha poi esortato a sperare che esso continui a dare frutti abbondanti, specialmente in quei momenti in cui urge promuovere le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, per assolvere all’importante compito di costituire comunità cristiane che si riuniscano con gioia per la Celebrazione domenicale, che si accostino ai sacramenti, curino la vita spirituale, trasmettano e coltivino la fede, diano testimonianza di ferma speranza e pratichino sempre la carità”.

 

Benedetto XVI ha parlato, poi, del profondo spirito missionario di San Toribio, che si impegnò ad apprendere diverse lingue, per predicare personalmente a tutti coloro che erano affidati alle sue cure pastorali. “Ma – ha precisato il Papa – allo stesso tempo era un segno di rispetto per la dignità di ogni persona umana, di qualunque condizione, nella quale provava a suscitare il sentirsi veri figli di Dio”. Infine, l’Invocazione a Maria, “perché protegga il Popolo di Dio che risiede nelle terre Latinoamericane e lo guidi verso la gioia di vivere pienamente e coerentemente la fede in Cristo”.

 

 

NOI NON SIAMO SOLI. LA CHIESA E’ VIVA, LA CHIESA E’ GIOVANE:

CON QUESTE PAROLE BENEDETTO XVI UN ANNO FA  COMINCIAVA IL SUO MINISTERO

PETRINO CON LA MESSA SOLENNE DI INIZIO PONTIFICATO

- Servizio di Fausta Speranza -

 

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La Chiesa è viva, la Chiesa è giovane: è quanto affermava un anno fa Benedetto XVI nell’omelia della celebrazione eucaristica con la quale cominciava ufficialmente il suo ministero. Una messa che sottolinea, in particolare, lo stretto legame tra San Pietro e il suo Successore: momento forte, l’imposizione del Pallio e la consegna dell’Anello del Pescatore, le due insegne episcopali petrine. “Chi crede, - aggiungeva - non è mai solo, non lo è nella vita e neanche nella morte”. Ai 300.000 fedeli partecipanti e ai cardinali, vescovi, rappresentanti delle altre religioni e Capi di Stato presenti sul sagrato, il nuovo Papa sottolineava il comune sentire la mancanza dello scomparso predecessore ricordando che nel Conclave vescovi di diverse culture e Paesi avevano trovato il Successore di Pietro, sapendo di non essere soli, ma “condotti e guidati dagli amici di Dio”. E poi spiegava le sensazioni e la preghiera con le quali affrontava il ministero:

 

“Ed ora, in questo momento, io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo? Come sarò in grado di farlo?

 

Per poi spiegare che anche in lui si ravvivava la consapevolezza di  non essere solo:

 

Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la Vostra preghiera, cari amici, la Vostra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra speranza mi accompagnano”.

 

Benedetto XVI spendeva parole rivolte a tutti, credenti e non credenti, con un pensiero particolare al popolo ebraico cui, affermava, “siamo legati da un grande patrimonio spirituale comune, che affonda le sue radici nelle irrevocabili promesse di Dio”. E poi annunciava il suo “programma di governo”:

 

“Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”.

 

Della missione del pastore nel mondo di oggi, Benedetto XVI parlava sottolineando le “tante persone che vivono nel deserto” e spiegando che esistonotante forme di deserto”:  il deserto della povertà, della fame e della sete, il deserto dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto… il deserto dell’oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo. Ecco la missione della Chiesa: “mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita”, verso il Signore, che “ci dona la vita, la vita in pienezza”.

 

Amare è alla base di tutto e Benedetto XVI chiedeva all’inizio del suo ministero petrino preghiere per imparare ad amare sempre più il gregge di Dio.

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ZAGABRIA, BUDAPEST E VIENNA, NUOVE TAPPE DELL'ITINERARIO INTERNAZIONALE

DEL CARDINALE RENATO MARTINO PER LA PRESENTAZIONE DEL COMPENDIO

DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

- A cura di Paolo Scappucci -

 

Le capitali della Croazia, dell'Ungheria e dell'Austria sono le nuove tappe dell'itinerario che il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Martino, sta compiendo da ieri sera fino a giovedì 27 aprile, per presentare il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, pubblicato nell'ottobre 2004 dal Dicastero.

 

A Zagabria il cardinale Martino, dopo aver parlato stamani del Compendio agli operatori sociali e dei mass media, presenterà oggi pomeriggio la prima enciclica di Benedetto XVI, Deus Caritas Est, agli studenti di teologia, ai candidati al sacerdozio e alla vita religiosa e ai fedeli laici.

 

Domani pomeriggio a Budapest, nel decimo anniversario dell'istituzione della Commissione Ungherese di Giustizia e Pace, il porporato inaugurerà un convegno commemorativo dal titolo: "Legge e Morale" nella Gran Sala del ministero della Giustizia, puntualizzando il rapporto tra etica e diritto alla luce della Dottrina sociale della Chiesa tratteggiata nel Compendio. Sempre nella capitale magiara, mercoledì mattina, il cardinale Martino presenterà presso la Fondazione Ungherese della Cultura, nell'area del Castello, la fisionomia, gli scopi, le attività del Dicastero che presiede per la promozione della giustizia e della pace nel mondo.

 

Giovedì mattina, infine, a Vienna, dopo un incontro con il Presidente della Repubblica e con il Presidente del Parlamento, il porporato terrà il discorso introduttivo del congresso organizzato dalla Commissione episcopale austriaca di Giustizia e Pace presso la locale Accademia Diplomatica sul tema: “Religione nello spazio pubblico: libertà religiosa nella nuova Europa”.

 

La costruzione di una società più umana nella prospettiva della civiltà dell’amore come scopo fondamentale della Dottrina sociale della Chiesa è stata l'idea centrale della presentazione stamane del Compendio a Zagabria. Secondo il cardinale Martino, nell'attuale contesto della globalizzazione, il testo tratteggia per la famiglia umana 1m un umanesimo integrale e solidale e sollecita a investire sulla parte migliore della persona e dei popoli, sulle energie positive della storia, riscoprendo il concetto fondamentale del bene comune, intensificando il rapporto tra etica ed economia e ravvisando in un sano conflitto sociale, mai condannato dalla Chiesa, un fattore di progresso purché non sia un conflitto violento e ideologico.

 

Con la sua dottrina sociale, la Chiesa intende conservare e promuovere nella coscienza comune il senso della trascendente dignità della persona umana, non confondendosi mai con la comunità politica e non legata ad alcun sistema politico, coniugando insieme il principio di laicità e quello della libertà religiosa. In una visione della democrazia come strumento e non fine, ma neppure come pura procedura, bensì come sistema politico di protezione e sviluppo della persona umana, il Compendio della dottrina sociale della Chiesa indica nel senso del rispetto reciproco delle proprie tradizioni religiose e culturali, nel dialogo tra le religioni, nella cooperazione internazionale, nella cultura dell'accoglienza altrettante dimensioni fondamentali che favoriscono il bene supremo della pace.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - "Il culto della misericordia divina, dimensione integrante della fede": al “Regina Caeli” guidato da Benedetto XVI nella seconda Domenica di Pasqua, Piazza San Pietro accoglie il cammino pellegrinante e la testimonianza orante di una moltitudine di fedeli.

 

Servizio vaticano - L'udienza del Papa ai Presuli della Conferenza Episcopale del Ghana. Nell'occasione il Santo Padre ha sottolineato che la povertà estrema e diffusa nel Paese spesso produce un declino morale generale, che conduce al crimine e ad attacchi alla santità della vita umana.

 

Servizio estero - Nucleare: l'Iran ritiene irreversibili le attività di arricchimento dell'uranio.

 

Servizio culturale - Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo "Quando gli aerei angloamericani alla fine 'trovarono' Amburgo...": un libro sul devastante bombardamento alleato sulla città tedesca nel 1943.

 

Servizio italiano - Economia. Il Fondo monetario internazionale sollecita una manovra bis.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 aprile 2006

 

 

DI FRONTE ALLA REALTA’ DI UN MONDO PLURALE BISOGNA CERCARE LE RAGIONI

DEL CONVIVERE: AI NOSTRI MICROFONI, IL FONDATORE DELLA COMUNITA’

DI SANT’EGIDIO, ANDREA RICCARDI, PARLA DEL SUO ULTIMO SAGGIO

E DELL’INCONTRO MONDIALE TRA LE RELIGIONI PER LA PACE,

IN PROGRAMMA QUESTO MERCOLEDI’ A WASHINGTON

 

Mantenere vivo lo “spirito di Assisi” attraverso il confronto, lo scambio e la preghiera comune. Con questo obiettivo avrà luogo a Washington, dopodomani e giovedì, l’incontro mondiale tra le Religioni per la pace, uno degli eventi promossi dalla Comunità di Sant’Egidio nel ventennale della Giornata mondiale di preghiera per la pace di Assisi, voluta da Giovanni Paolo II. Al centro della riflessione alcune grandi tematiche dei nostri giorni, quali il dialogo interreligioso e il contributo delle religioni per la prevenzione del genocidio. Temi, questi, che si ritrovano nell’ultimo saggio “Convivere” scritto dal fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, pubblicato in questi giorni per i tipi di Laterza. Al prof. Riccardi, in partenza per la capitale americana, Alessandro Gisotti ha chiesto come nasca l’idea di questo saggio sulle sfide del mondo di oggi a popoli e religioni:

 

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R. – L’idea è nata visitando il memoriale di Kigali, in Randa: 800 mila morti nelle stragi del genocidio rwandese, più di dieci anni fa. Mi chiedevo come potranno ancora vivere insieme hutu e tutsi e riflettevo su come questo fosse un problema in Africa ma non solo in Africa! E’ un problema degli emigrati nella nostra società, è un problema nei Balcani, in India, in ogni parte del mondo, perché ormai gente diversa per religione e cultura vive l’una accanto all’altra e tante volte vive in maniera conflittuale l’una accanto all’altra… Allora come riuscire a vivere insieme? Questa è stata la domanda lungo cui si è mosso questo mio piccolo saggio che è un libro di riflessione, dove non c’è una ricetta, perché una ricetta non ci può essere. C’è la delineazione del problema, ci sono alcune proposte, c’è il tentativo di comprendere di più.

 

D. – Chiaramente l’esperienza con la Comunità di Sant’Egidio ha aiutato a porsi delle domande rispetto a questi grandi temi che vengono affrontati nel suo saggio…

 

R. – L’esperienza nella Comunità di Sant’Egidio mi ha portato in giro per il mondo a contatto con tante diverse situazioni e mi ha liberato da quelle semplificazioni secondo le quali i muri, le guerre, le espulsioni possono risolvere i problemi. Ho citato l’Africa, ma potrei parlare dell’India, del problema degli indigeni in America latina. Potrei parlare della banlieue di Parigi. Lancio anche qualche idea in questo libro, “Convivere”. Da un lato dico che oggi è il momento della riscoperta delle identità: questo non è necessariamente un fatto negativo. Una proposta: per esempio, l’Euroafrica, un’Europa e un’Africa che si debbono pensare vicine, sempre più vicine e solidali. In Africa, d’altro canto, c’è il rischio che la protesta, il dramma africano sia sfruttato dal fondamentalismo islamico.

 

D. – Uno dei paragrafi del libro è intitolato: “Un nuovo Cristianesimo per il XXI secolo?”. C’è dunque un interrogativo… può spiegarci questo aspetto in particolare?

 

R. – Io sostengo che si sta delineando un nuovo Cristianesimo che è la galassia neo protestante, evangelicale, pentecostale al di fuori delle Chiese storiche, della Chiesa cattolica, ma anche delle Chiese protestanti tradizionali e della Chiesa ortodossa e che si sta diffondendo nel continente cattolico, ovvero l’America latina, e anche negli Stati Uniti, in Africa e in Asia. E’ un Cristianesimo molto diverso e mi chiedo quale sarà il Cristianesimo del futuro. Ci sono tante novità che noi dobbiamo cogliere nel mondo contemporaneo. Noi abbiamo tante paure e non vediamo tante novità, novità che possono essere anche molto problematiche, però dobbiamo avere il coraggio di vederle e di comprenderle.

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“COMBATTERE LA POVERTÀ PER CREARE LA PROSPERITÀ PER TUTTI”:

PER DUE GIORNI LA CONFERENZA MONDIALE INFOPOVERTY E’ STATA SEGUITA A MILANO E AL PALAZZO DI VETRO DI NEW YORK, IN VIDEOCONFERENZA

 CON GINEVRA, PARIGI E RIO DE JANEIRO

- Intervista con Pierpaolo Saporito -

 

Combattere la povertà per creare la prosperità per tutti”: è stato il tema della Conferenza Mondiale Infopoverty che si è conclusa venerdì a Milano e al Palazzo di Vetro di New York, in videoconferenza con diverse località del mondo. Si iscrive nelle attività delle Nazioni Unite per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Ed è stata organizzata da diverse realtà: Parlamento Europeo, ONU, Osservatorio per la comunicazione culturale e audiovisiva (OCCAM), oltre che il Politecnico di Milano e l’Università cattolica. Il servizio di Fabio Brenna: 

 

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Combattere la povertà e il sottosviluppo con le tecnologie ICT, le nuove tecnologie informatiche e della comunicazione. E' questo l'ambizioso obiettivo di Infopoverty che si propone di realizzare villaggi ICT che, sfruttando tutte le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, riescono a introdurre migliorie nel settore sanitario, grazie alla telemedicina, o in quello dell'istruzione, grazie all'insegnamento a distanza. La VI edizione di Infopoverty si è tenuta in contemporanea a Milano, al Palazzo di Vetro di New York, a Washington e in videoconferenza anche a Ginevra, Parigi, Rio De Janeiro ma anche in realtà che sono direttamente interessate dal progetto, come ad esempio la Navajo Nation negli Stati Uniti d'America. In apertura e in chiusura della Conferenza sono stati proprio il presidente del Madagascar e della Repubblica Dominicana ad inaugurare i due villaggi ICT, rispettivamente a Sambaina e a Costanza, dove si utilizzerà un portale satellitare che metterà a disposizione delle popolazioni locali servizi di  e-learning, telemedicina, e-governance, e-commerce. Titolo di Infopoverty 2006 è “Combattere la povertà per creare prosperità per tutti”. Il senso ce lo spiega Pierpaolo Saporito, presidente di Occam, l'Osservatorio per la comunicazione culturale e audiovisiva promossa dall'ONU, che ha organizzato la  conferenza:

 

“Creare prosperità vuol dire utilizzare la rivoluzione digitale almeno quanto è stato efficace utilizzare la rivoluzione industriale in Europa. Se pensiamo che nel700 e ‘800 c’era l’80% di poveri e adesso grazie a Dio le cose sono cambiate, pensiamo che in due o tre generazioni, se l’orientamento è questo, si possa arrivare a certi obiettivi. Certo i problemi sono grandi, però ci vuole molta creatività e innovazione. Per esempio, manca l’elettricità e quindi occorrono energie alternative. Non è tanto con l’elemosina che si può combattere la povertà quanto con l’impegno creativo di tutte le grandi componenti industriali e sociali della nostra società.

 

Insomma la povertà si combatte anche eliminando il cosiddetto “digital divide”, il gap tecnologico che c’è tra il Nord del pianeta e il Sud del mondo.

 

“Ormai i Paesi in via di sviluppo hanno capito molto bene quanto con le nuove tecnologie possano fare un balzo in avanti e in questo il programma Infopoverty, che è collegato ovviamente alla conferenza, ha già sviluppato una serie di interventi in villaggi dell’Africa e dell’America centrale provvedendo a dare dei servizi di telemedicina, di governance, di educazione a distanza. Quest’anno abbiamo addirittura due capi di Stato: dal Madagascar, in particolare da Sambaina, e dalla Repubblica dominicana dove c’è il villaggio di Costanza.

 

Obiettivo del programma Infopoverty è creare 5000 villaggi ICT in tutto il mondo.

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INIZIATIVE DA OGGI FINO A MERCOLEDI’ PER RICORDARE I 25 ANNI DALLA FONDAZIONE DELLA COMUNITÀ MISSIONARIA DI VILLAREGIA: CELEBRAZIONE PRESIEDUTA DALL’ARCIVESCOVO RYLKO E UDIENZA DAL PAPA

- Intervista con Luigi Prandin e Maria Luigia Corona -

 

Da oggi a mercoledì la Comunità Missionaria di Villaregia celebra a Roma il 25.mo di fondazione ad opera di padre Luigi Prandin e Maria Luigia Corona. Nel programma delle manifestazioni è prevista una concelebrazione di ringraziamento presieduta dall’arcivescovo Stanislao Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, e l’udienza con il Santo Padre. Dopo essersi incontrati a Cagliari nel 1975 p. Luigi Prandin e Maria Luigia Corona, cogliendo nel gruppo di giovani che gravitava attorno a loro i segni di una chiamata ad una nuova fondazione, fanno nascere la comunità nel 1981 sotto la responsabilità giuridica di mons. Sennen Corrà, allora vescovo di Chioggia, che riconosce l’originalità e l’autenticità del carisma. E del carisma e dello spirito della comunità Giovanni Peduto ha parlato con gli stessi fondatori. La parola prima a Luigi Prandin:

 

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R. - Sintetizziamo il nostro carisma riferendoci a tre parole: Comunità, Missione e Provvidenza. Il nostro primo impegno, vivendo in comunità, è quello di tendere costantemente alla comunione fraterna. Ci impegniamo ad essere un cuor solo ed un’anima sola, come le prime comunità cristiane, mettendo tutto in comune e credendo che nell’amore fraterno Dio si rende presente e opera a vantaggio di quelli che incontriamo. La nostra vita comunitaria è tutta orientata alla missione ad gentes, si porge cioè come annuncio e testimonianza della vita di Dio a quei popoli, che ancora non conoscono Cristo e che per la gran parte sono provati dalla povertà materiale e morale. La terza dimensione è la scelta radicale, di vivere e servire il Regno di Dio in fiducioso abbandono alla Provvidenza, per ogni nostra necessità materiale e spirituale.

 

D. - Quale sviluppo ha avuto: dove siete e in quanti siete?

 

R. - In questi 25 anni al sì dei Fondatori e dei primi compagni si è unito quello di tanti fratelli provenienti da luoghi diversi. Attualmente la Comunità è composta da 500 membri effettivi (Missionari, Missionarie, Missionari nel mondo e Sposati missionari) che s’impegnano a vivere i consigli evangelici con radicalità, assumendo i voti di povertà, obbedienza e castità celibataria, o coniugale per gli Sposati, e un quarto voto di Comunità per la missione ad Gentes che esprime la specificità del carisma. Appartengono, inoltre, all’Associazione 15.000 membri aggregati, persone che collaborano con i suoi fini, senza il vincolo dei voti. In Italia siamo presenti a Villaregia di Porto Viro (RO), sede della casa madre, a Quartu S. Elena (CA), a Nola (NA), a Pordenone, a Roma e a Lonato (BS); mentre in missione operiamo a Belo Horizonte e San Paolo (Brasile), a Lima (Perù), a Texcoco (Messico), ad Arecibo (Porto Rico) e a Yopougon (Costa d’Avorio).

 

D. – A Maria Luigia Corona chiediamo: a quale tipo di persone si rivolge la comunità?

 

R. - Come missionari, andiamo laddove ci sono uomini affamati di Dio, di verità e di valori. Il più delle volte questi uomini sono segnati anche dalla povertà materiale: mancanza di cibo, di casa, di istruzione, di lavoro ... Riconoscendo in essi i prediletti di Gesù, ci inseriamo nelle popolose e misere periferie delle grandi città di alcuni Paesi del sud del mondo. Qui, accanto all’annuncio esplicito del Vangelo, ci adoperiamo per far sorgere strutture di promozione umana e di sviluppo integrale dell’uomo, e promuoviamo progetti di cooperazione internazionale. Sono nati così centri medici, centri di accoglienza per bambini carenti, centri culturali e di formazione professionale, scuole di alfabetizzazione. Sia in Italia che in Missione, riteniamo, inoltre, fondamentale lavorare per offrire alle persone un cammino di formazione umana e cristiana, dando particolare attenzione ai giovani, alle giovani coppie e, con esse, alla famiglia, oggi piuttosto in crisi.

 

D. - Quale rispondenza trova il vostro messaggio?

 

R. - In questi 25 anni abbiamo visto molte persone ritrovare la gioia di essere amici di Dio e dell’uomo perché, attraverso la Comunità, si sono aperti alle necessità dei fratelli. Parecchi giovani e adulti, dopo averci incontrato nelle nostre sedi, o nel nostro servizio di animazione comunitaria e missionaria, si lasciano interpellare e provocare dal grido dei poveri, fino a maturare scelte coraggiose di solidarietà e di condivisione. Attorno ad alcune famiglie, nascono spesso centri di raccolta di materiale di prima necessità da inviare in missione, utilizzato dalle stesse forze locali, per realizzare attività che promuovano lo sviluppo dei destinatari. Vari assumono nel bilancio familiare il sostegno a distanza della formazione scolastica e umana di un bambino o di un giovane povero. Qualcuno parte per vivere esperienze di volontariato… Ogni gesto di condivisione e di apertura all’altro è per noi risposta al messaggio che portiamo, perché consente concretamente di costruire un’umanità più vera e pone le basi per una fraternità universale.

 

D. - I progetti a 25 anni dalla vostra fondazione?

 

R. - Seguendo i segni della Provvidenza, è nostro desiderio fondare, in tempi brevi, una seconda Comunità in Africa e un’altra in Italia. Sono in cantiere anche altre iniziative di solidarietà e strutture di promozione umana per continuare ad essere “a servizio di tutto l’uomo e di tutti gli uomini”. Nella missione di San Paolo stiamo realizzando un centro culturale e di formazione professionale per rispondere alle istanze dei numerosi giovani che rischiano, altrimenti, di essere coinvolti nel giro della criminalità e della violenza. Allo stesso modo, ci proponiamo di creare altri centri medici nella nostra missione ivoriana, dove la situazione sanitaria si presenta estremamente precaria. Naturalmente a 25 anni dai nostri primi passi, ci sentiamo impegnati a individuare cammini nuovi che rispondano alle esigenze dei giovani, delle coppie, degli uomini del nostro tempo che cercano un senso pieno alla loro vita. Vorremmo offrire ai giovani una “scuola di comunità e di missione”, creando anche degli spazi fisici in cui essi possano imparare ed esercitarsi nella comunione e nella missionarietà, nella vita insieme e nella fraternità universale nel servizio solidale al diverso.

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CHIESA E SOCIETA’

24 aprile 2006

 

LA CHIESA ASIATICA FESTEGGIA L’ARRIVO

DEI PRIMI MISSIONARI ORIONINI IN COREA DEL SUD

 

COREA DEL SUD. = Nasce oggi la prima missione orionina in Corea del Sud. La presenza nel Paese della Piccola Opera della Divina Provvidenza si realizza con l’arrivo nella capitale, Seoul, di don Luciano Felloni, argentino, e di don Bernardo Seo Yong-Tae, coreano. Dopo i primi due o tre mesi, i sacerdoti si trasferiranno nella diocesi di Uijeongbu, dove saranno accolti dal vescovo locale, mons. Joseph Lee Han-taek. “Incontrando mons. Lee il 17 ottobre 2005 – ha detto il superiore generale degli Orionini, don Flavio Peloso – ebbi l’invito di inserirci, conoscere e offrire quello che é secondo il nostro carisma e il bisogno della gente”. Il territorio della diocesi, costituita nel 2004, è molto grande, con una popolazione di circa 3 milioni di abitanti, di cui solo 160 mila cattolici. Ci sono 173 sacerdoti e 57 parrocchie. Sono presenti due piccole comunità di Benedettini e di Agostiniani. “E' una diocesi nuova con tanti bisogni – ha commentato don Peloso – è importante porvi dei segni di carità”. “Ci ricordava il nunzio apostolico in Corea e Mongolia, mons. Emil Paul Tscherrig – ha aggiunto – che ci sono tre eserciti schierati sul 38.mo parallelo: quello della Corea del Nord, quello della Corea del Sud e quello dell’Onu. Con l’aiuto di Dio, forse presto su quel confine ci sarà anche un avamposto del nostro piccolo ‘esercito della carità’, come ci definiva Don Orione”. (S.C.)

 

 

INAUGURATE IN QUESTI GIORNI A NEW DELHI E A MANGALORE LE PRIME DUE CHIESE DELL’INDIA DEDICATE ALLA BEATA MADRE TERESA DI CALCUTTA

 

NEW DELHI. = La Chiesa indiana festeggia in questi giorni la nascita di due nuove chiese, le prime in  India ad essere dedicate alla beata Madre Teresa di Calcutta, morta nel 1997 all’età di 87 anni e beatificata da Giovanni Paolo II il 19 ottobre del 2003. Come riferisce l’agenzia  AsiaNews, il primo edificio è stato inaugurato sabato scorso a Parparganj, zona molto  popolare nella  parte orientale di New Delhi, dall’arcivescovo della  città, mons. Vincent Michael Concessao. “La   beata Teresa – ha detto il presule – è divenuta un simbolo della compassione di Dio per i più poveri fra i poveri e sono molto felice che sia stata scelta come patrona di questa nuova chiesa”. “Questo nuovo luogo di culto – ha precisato mons. Anil Couto, vescovo ausiliare di New Delhi – può divenire uno strumento molto importante nelle mani di Dio, perché può indurre il popolo ad unirsi nella figura di Cristo e può aiutarlo a testimoniare la fede cristiana”. L’altra chiesa viene invece inaugurata oggi a Mangalore, “roccaforte cattolica” dello Stato meridionale del Karnataka, dal vescovo della città, mons. Aloysius Paul D’Souza. La chiesa è nata grazie agli sforzi della “Fondazione per la chiesa della beata Teresa”, composta dall’intera parrocchia di Indraprastha, che si è mobilitata per trovare le risorse necessarie. “Siamo contenti – ha detto mons. D’Souza – di essere riusciti a costruire una chiesa che ricorda una santa che abbiamo visto e conosciuto”. (S.C.)

 

 

NASCE IN BURUNDI “VOCE DELLA PACE”, LA SECONDA EMITTENTE RADIOFONICA

CATTOLICA PROMOSSA DALLA CHIESA LOCALE, DOPO “RADIO MARIA”

 

BUJUMBURA. = “Privilegiare i programmi di pace, di giustizia, di comprensione reciproca, di progressiva riconciliazione e di sviluppo”: con questo intento, è stata inaugurata sabato scorso a Bujumbura, capitale del Burundi, la nuova emittente radiofonica cattolica ‘Ijwi ry’amahoro’, che in lingua kirundi significa ‘Voce della pace’. Come riferisce l’agenzia MISNA, l’emittente – la seconda promossa dalla Chiesa locale, dopo Radio Maria – conterà su sei giornalisti e altrettanti tecnici, per una programmazione quotidiana di circa nove ore al giorno. “Privilegeremo argomenti di carattere sociale, umanitario e religioso, con il chiaro obiettivo di promuovere la pace e la riconciliazione nazionale”, ha spiegato il direttore, padre Emmanuel Muyehe. Non mancheranno approfondimenti anche su temi di attualità, sui diritti umani e la lotta all’AIDS. In Burundi, che da pochi mesi ha chiuso il terribile capitolo della guerra civile iniziata nel 1993, la radio è il principale strumento di comunicazione di massa: in assenza di televisione e giornali, i piccoli transistor a batteria spesso sono l’unica fonte d’informazione per milioni di persone. (S.C.)

 

 

IN ARABIA SAUDITA, UNA GIOVANE DI ORIGINE PAKISTANA E’ STATA INCARCERATA

ED ESPULSA PER AVER DENUNCIATO IL SUO VIOLENTATORE.

LUI, SAUDITA, NON E’ STATO TOCCATO

 

KARACHI. = Espulsa dopo sei mesi di carcere in Arabia Saudita per aver denunciato il suo violentatore. È successo a Isma Mahmood, 16 anni, da un mese in Pakistan sotto tutela della Ansar Burney Trust. “Per me è difficile parlare di quello che è successo”, ha ammesso la giovane, ora a Karachi insieme a sua sorella Muma, 18 anni, anche lei espulsa. Come racconta l’agenzia AsiaNews, 20 anni fa i genitori di Isma sono stati vittime della rete criminale, che traffica esseri umani dal Pakistan verso l’Arabia Saudita. Essere nate in Arabia, però, non ha aiutato Isma e la sorella. Isma è stata violentata l’anno scorso a Medina, la città santa dell’Islam. “Sono una vittima – ha dichiarato – ho subito una violenza, ma mi hanno accusata come colpevole. L’uomo che ha commesso il crimine invece non è stato toccato”. La giovane racconta: “Quell’uomo prima mi ha presa con sé, mi ha portato in macchina, mi ha chiesto di dormire con lui e mi ha offerto soldi. Io ho rifiutato e allora mi ha avvertito che avrei passato dei guai, poi mi ha violentata”. L’uomo ha subito avvertito Isma che se fosse andata alla polizia l’avrebbero arrestata e che i “protettori” dei suoi genitori avrebbero espulso tutta la sua famiglia dal Paese. Anche loro, infatti, hanno minacciato dure punizioni a Isma e alla sorella se avessero parlato. Siamo andate lo stesso alla polizia – ha detto la ragazza – aspettandoci giustizia, ma dopo poche ore ci siamo accorte che non sarebbe stato così”. Pure i genitori delle due ragazze, spinti dai loro garanti, hanno chiesto di ritirare l’accusa. “Solo per non creare problemi ai miei genitori non ho parlato molto con la polizia, ma mi hanno arrestato lo stesso”. Anche Muna, solo per aver deposto a favore della sorella, è finita in prigione. “Non ci hanno mai detto quali erano le accuse – ha sottolineato Isma – le autorità difendono i cittadini sauditi e non sostengono gi immigrati”. Secondo il racconto delle due, in cella la maggior parte delle detenute erano donne pakistane, indonesiane, nigeriane. Molte erano arrivate in Arabia Saudita per vie illegali e sono state accusate di prostituzione. “Per tutto il tempo – ha raccontato Muna – ci hanno tenute legate; ci toglievano le catene solo per andare al bagno, mangiare o pregare”. Secondo il presidente della Ansar Burney Trust, molte donne dell’Asia del Sud vengono attirate in Arabia con la promessa di un buon salario come domestiche o infermiere, ma poi sono costrette alla prostituzione. (R.M.)

 

 

IL PRIMO MAGGIO A POMPEI IL XX MEETING NAZIONALE DEI GIOVANI,

CONCRETA ESPERIENZA DI CONDIVISIONE E SOLIDARIETÀ

- A cura di Giovanni Peduto -

 

POMPEI. = Il primo maggio si svolge a Pompei la XX edizione del Meeting dei Giovani. In sintonia con la XXI Giornata Mondiale della Gioventù, che si è celebrata quest’anno a livello diocesano, i giovani rifletteranno sull’importanza della Parola di Dio, che sola può guidarli ad essere veri e fedeli discepoli di Gesù. Tra gli ospiti, il cardinale Ersilio Tonini, figura carismatica del mondo cattolico, intellettuale, da sempre sensibile alle tematiche d’impegno sociale; il vescovo di Palestrina e presidente del Centro di Orientamento Pastorale, mons. Domenico Sigalini, già responsabile del Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile; don Oreste Benzi, fondatore dell’Associazione ‘Papa Giovanni XXIII’; i cantautori Franco FasanoRon, reduce dal successo di Sanremo; i calciatori Fabio Cannavaro e Ciro Ferrara; l’attore Gaetano Amato; il cantante e attore Sal Da Vinci; il cantautore cristiano Roberto Bignoli vincitore negli Stati Uniti del premio ‘Unity Awards’, come migliori canzoni di musica cristiana internazionale:Ho bisogno di te’ (nel 2001) e ‘Là c’è un posto’(nel 2005) ; e i musicisti Agostino Penna e Nando Bonini ex chitarrista di Vasco Rossi e la cantante Annalisa Minetti. Il Meeting dei Giovani è un’iniziativa del Santuario di Pompei, che si svolge ogni anno il primo maggio nell’Area Meeting, adiacente al Santuario. È un grande momento di aggregazione giovanile, di ecclesialità e di testimonianza, ma anche una concreta esperienza di condivisione e solidarietà. Questo incontro, che raduna varie migliaia di giovani provenienti da diverse regioni d’Italia, ha avuto inizio nel 1985, in seguito all’Anno Internazionale della Gioventù, proclamato dal Papa. Nella sua organizzazione sono coinvolte numerose persone, per la maggior parte giovani. Elemento caratterizzante del Meeting, in continuità con il carisma del Fondatore della Nuova Pompei, il Beato Bartolo Longo, è la solidarietà, secondo il motto “Nella città della Carità per la Carità del mondo”. Dopo aver contribuito a numerose iniziative di solidarietà, in Italia e all’Estero, dal 2002 il Meeting contribuisce ai nuovi progetti di carità del Santuario, a Pompei e in varie parti del mondo. Quest’anno, in particolare, i soldi raccolti saranno destinati alla costruzione di due pozzi a Bikok, in Camerun.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 aprile 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

 

In Iraq, sei ordigni esplosi quasi contemporaneamente in diverse zone di Baghdad hanno causato la morte di almeno dodici persone. La prima deflagrazione ha scosso un quartiere centrale della capitale. Poco dopo, sono esplosi due ordigni nascosti in due autovetture parcheggiate nei pressi di un complesso universitario. Le altre deflagrazioni sono avvenute vicino ad un posto di blocco della polizia e ad un checkpoint delle forze di sicurezza irachene nella parte orientale di Baghdad. La nuova ondata di violenze avviene dopo le importanti intese che hanno portato, nei giorni scorsi, alla conferma del presidente curdo Talabani e alla nomina dello sciita al Maliki come nuovo primo ministro. Proprio per discutere sulla formazione di un governo di unità nazionale, è previsto nel pomeriggio un incontro tra delegazioni di partiti politici sciiti, curdi e sunniti. A Baghdad è ripreso, intanto, il processo contro l’ex presidente iracheno Saddam Hussein: una perizia calligrafica chiesta dalla pubblica accusa ha stabilito che è dell’ex rais la firma sui documenti con i quali fu ordinato il massacro di 148 sciiti a Dujail, nel 1982.

 

Tragedia in Afghanistan: un aereo militare è uscito di pista e si è schiantato contro alcune abitazioni nella provincia meridionale di Helmand. Il bilancio dell’incidente, ancora provvisorio, è di un morto - un bambino di tre anni - e nove feriti. Il velivolo ha mancato la pista in fase di atterraggio per cause ancora da accertare e ha investito alcune case di un campo nomadi.

 

Nuovo episodio di violenza in Medio Oriente: i soldati israeliani hanno ucciso un militante palestinese che aveva aperto il fuoco contro una pattuglia al confine tra Striscia di Gaza e Stato ebraico. Sul versante politico, la Lega araba ha annunciato lo stanziamento di 50 milioni di dollari per finanziare l’Autorità nazionale palestinese. Grazie a questi aiuti, potranno essere pagati almeno il 40 per cento degli stipendi di marzo ai circa 140 mila impiegati.

Il nastro con la voce di Osama Bin Laden, trasmesso ieri dall’emittente araba al Jazeera, è probabilmente autentico: lo sostengono i servizi di intelligence statunitensi. Nel messaggio, lo sceicco saudita ha lanciato minacce contro l’Occidente e denunciato l’isolamento internazionale nei confronti del governo palestinese guidato da Hamas. Il capo di Al Qaeda ha anche annunciato una nuova offensiva in Sudan invitando la guerriglia a sostenere la Jihad. Ma Hamas e i gruppi ribelli sudanesi si sono dissociati dalle dichiarazioni di Bin Laden. Il nostro servizio:

 

 

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Nel messaggio, il leader di Al Qaeda lancia anatemi contro l’Occidente e riapre il capitolo delle vignette satiriche su Maometto annunciando condanne a morte nei confronti di “giornalisti crociati”, “musulmani apostati” e dei teologi islamici che hanno scelto la via del dialogo. Bin Laden attribuisce quindi all’Occidente la responsabilità di quella che definisce la “guerra contro l’Islam”. Secondo il capo di Al Qaeda, la sospensione dei finanziamenti della comunità internazionale all’Autorità nazionale palestinese e l’isolamento del governo guidato da Hamas sono la prova della “crociata” dell’Occidente contro il mondo islamico. A queste dichiarazioni è seguita poi la secca risposta di Hamas che ha preso le distanze dallo sceicco saudita sostenendo che Al Qaeda e il movimento islamico hanno matrici ideologiche diverse. Ma il portavoce del gruppo radicale riconosce anche che l’assedio internazionale cui è sottoposto il popolo palestinese, può scatenare gravi tensioni nella comunità islamica mondiale. Nel messaggio, Bin Laden chiede inoltre ai suoi miliziani di combattere contro i caschi blu dell’ONU nel Darfur, la martoriata regione occidentale del Sudan dove la guerra civile ha provocato la morte di almeno 180 mila persone. Anche in questo caso è arrivata una immediata risposta. Il ministero degli Esteri sudanese si è dissociato dalle dichiarazioni di Bin Laden ribadendo che la crisi in Darfur è un problema interno sudanese. Un portavoce di un gruppo ribelle ha respinto, infine, le parole dello sceicco saudita perché fanno leva sulla falsa teoria del complotto americano – sionista. Lo scontro – ha spiegato – non è tra civiltà ma tra il governo sudanese e chi si oppone alla politica di Karthoum.

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Intanto, proprio dal Darfur giungono nuove speranze di pace: i mediatori dell’Unione Africana, hanno presentato infatti a delegazioni dell’esecutivo sudanese e dei ribelli riunite ieri ad Abuja, in Nigeria, una bozza di accordo sulla sicurezza. La proposta dell’Unione Africana prevede il disarmo delle milizie filogovernative e il reintegro degli ex combattenti appartenenti agli opposti schieramenti.

 

Sempre altissima la tensione in Nepal per le proteste anti-monarchiche che da quasi venti giorni stanno bloccando il Paese. Nella notte, ribelli maoisti hanno attaccato la cittadina di Chautara, a nord-est della capitale Kathmandu. Almeno sei persone, 5 guerriglieri e un militare, sono rimaste uccise negli scontri. Nella capitale è stato imposto un nuovo coprifuoco e il re Gyanendra ha dato l’ordine di sparare a vista. Fonti locali hanno rivelato, intanto, che i disordini causati da manifestazioni e scioperi rendono estremamente difficile la situazione negli ospedali. Finora, nelle giornate di protesta contro re Gyanendra, sono state almeno 14 le persone morte in seguito ai tumulti e più di 530 quelle rimaste ferite.

 

Netta affermazione dei socialisti e dei loro alleati liberali nel secondo turno delle elezioni legislative, tenutesi ieri in Ungheria. La maggioranza di governo si è assicurata 209 seggi su 386 del parlamento magiaro e potrà, così, formare un nuovo esecutivo. Giuseppe D’Amato:

 

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Adesso abbiamo la responsabilità di riunire il Paese: con queste parole il premier Ferenc Gyurcsany si è rivolto ai suoi sostenitori. I socialisti hanno vinto anche il secondo turno delle legislative e per la prima volta dal ritorno della democrazia sono stati confermati al potere per due mandati consecutivi dall’elettorato ungherese. 44.enne, imprenditore di successo, uscito dal partito comunista, Gyurcsany ha come modello il collega britannico Tony Blair. Gli avversari di centro-destra hanno ottenuto 165 deputati. Il leader dell’opposizione Viktor Orban ha telefonato a Gyurcsany facendogli i complimenti. Non siamo riusciti – ha osservato Orban – a convincere alcune formazioni minori ad unirsi a noi. E’ questa – ha aggiunto - la ragione della sconfitta. Il lavoro che adesso attende i socialisti è assai impegnativo. Prima di tutto, è necessario rientrare nei criteri di Maastricht per poter aderire all’Euro entro il 2010.

 

Per la Radio Vaticana Giuseppe D’Amato.

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Strage in Algeria: dieci persone, di cui nove guardie comunali, sono state uccise in un'imboscata tesa da un commando di presunti militanti islamici nella regione orientale di Skikda, circa 500 chilometri da Algeri. Secondo fonti locali,  le guardie comunali sono state assassinate ieri mentre si trovavano a bordo di un autobus su una strada di montagna. Al passaggio del mezzo, il commando composto da una ventina di militanti ha fatto esplodere una bomba.

 

Ancora violenze nello Sri Lanka. Almeno 15 persone, tra cui sei civili, sono state uccise nell’ambito di nuovi scontri, scoppiati nei giorni scorsi, tra soldati e ribelli secessionisti Tamil. L’attacco è stato condotto a margine dei negoziati sul cessate il fuoco che si sono conclusi sabato scorso senza nessuna intesa. Il governo di Colombo ha chiesto, intanto, all’Unione Europea di inserire nella lista dei terroristi internazionali anche il gruppo delle Tigri Tamil.

 

Si celebra oggi la giornata in ricordo del genocidio armeno. La mattina del 24 aprile 1915, l’esercito turco arrestò l’elite armena di Costantinopoli. Intellettuali, politici, medici, notabili furono deportati verso l’interno dell’Anatolia e trucidati. Si diede così inizio ad un genocidio assurdo, che portò alla morte di oltre un milione di armeni. Secondo gli storici, all’origine dello sterminio c’è il nazionalismo difensivo del movimento dei giovani turchi, al potere dal 1913, che di fronte allo sgretolamento dell’impero, proposero un modello di stato nazionale forte ed etnicamente omogeneo. Eppure, a 91 anni di distanza, la Turchia continua a negare le proprie responsabilità. Come commentare questi fatti? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana:

 

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R. - Certamente ci sono alcune cose da sottolineare: questo è un genocidio relativamente dimenticato, non solo dai negazionisti turchi che esistono, ma anche in occidente è sempre stato sottostimato. Quello armeno è il primo dei grandi genocidi del Novecento europeo. E’ un genocidio che ha colpito dei cristiani. Stiamo parlando di circa un milione e mezzo di armeni cristiani che furono vittime della politica del nazionalismo turco. In secondo luogo, questo primo genocidio si inscrive nel processo di definizione delle entità nazionali del Medio Oriente. Questo processo diede una accelerazione ad un processo storico. In questo periodo di definizione degli Stati nazionali del Medio Oriente, si accelera poi il processo di allontanamento dei cristiani dalle terre dove il Cristianesimo è nato.

 

D. – Oggi questo genocidio potrebbe avere, secondo te, delle ripercussioni sull’ingresso della Turchia nell’Unione Europea o è un fatto storico dimenticato?

 

R. – Tutto quello che viene in quel periodo contribuisce, più o meno drammaticamente, a definire l’identità della Turchia contemporanea. Quindi, anche tutto ciò che attiene alla Turchia contemporanea, non può non passare attraverso il riconoscimento di quello che avvenne in quel periodo. Credo che questo atteggiamento negazionista che sussiste ancora piuttosto forte nelle elite anche politiche turche, debba assolutamente essere ridimensionato e discusso. L’atteggiamento anche nei confronti dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che l’Unione Europea ha posto al centro della propria costruzione, dipende evidentemente anche da un atteggiamento di questo genere.

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La società italiana “Autostrade” ha annunciato un piano per una prossima fusione con la spagnola “Albertis”. L’operazione porterà, entro la fine dell’anno, alla nascita di un gruppo che gestirà oltre 6700 chilometri di autostrade diventando il principale operatore del settore in Europa.

 

 

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