RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 103  - Testo della trasmissione di giovedì 13  aprile 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Dall’amicizia spirituale con Cristo dipende il ministero del sacerdote, uomo che fa dipendere il suo agire dalla preghiera: così il Papa all’omelia della Messa crismale in San Pietro

 

La Santa Sede  lancia un appello per la solidarietà verso i cristiani di Terra Santa. Intervista con il cardinale Moussa I Daoud

 

“Fratelli maggiori”: Giovanni Paolo II, 20 anni fa alla Sinagoga di Roma, definì così gli ebrei. Da allora, il dialogo è cresciuto e si è approfondito. Ai nostri microfoni Elio Toaff

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Ancora tensioni in Ciad: i governativi del presidente Deby respingono un attacco ribelle alla capitale N'Djamena: con noi Vittorio Scelzo

 

60 tesori d’arte restaurati, tra cui opere dei Musei Vaticani, in mostra a Vicenza. L’esposizione intitolata “Restituzioni” è dedicata a capolavori salvati dal rischio degrado: ce ne parlano Carlo Bertelli e Fatima Terzo

 

CHIESA E SOCIETA’:

Stamani, nella basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, con la Messa in Coena Domini presieduta dal patriarca Michel Sabbah, ha avuto inizio il Triduo pasquale in Terra Santa

 

Ancora un morto, altri feriti e numerosi arresti in Nepal, dove continuano le proteste popolari per ripristinare la democrazia nel Paese  

 

In Pakistan, una donna è in carcere da un mese con l’accusa di blasfemia per aver difeso la croce da gesti dissacratori

 

I governi di Argentina e Bolivia istituiscono un osservatorio sui diritti umani per la collettività boliviana presente a Buenos Aires

 

In preparazione la Terza assemblea ecumenica europea in programma a Sibiu, in Romania, dal 4 all'8 settembre 2007

 

24 ORE NEL MONDO:

El Baradei a Teheran per fermare esperimenti nucleari. Per gli Stati Uniti servono misure forti dell’ONU

 

In Iraq sale a 26 morti il bilancio dell’attentato di ieri contro la moschea sciita di Baquba

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 aprile 2006

 

 

DALL’AMICIZIA SPIRITUALE CON CRISTO SCATURISCE IL MINISTERO DEL SACERDOTE,

UOMO CHE FA DIPENDERE IL SUO AGIRE DALLA PREGHIERA:

COSI’ IL PAPA ALL’OMELIA DELLA MESSA CRISMALE IN SAN PIETRO

 

E’ stata celebrata solennemente questa mattina, nella Basilica di San Pietro, la Messa Crismale presieduta da Benedetto XVI. La liturgia ha preceduto l’inizio dei riti del Triduo pasquale, il primo dei quali sarà la Messa in coena Domini che il Papa celebrerà questo pomeriggio, alle 17.30, in San Giovanni in Laterano. Con il Pontefice, hanno celebrato stamani i cardinali, i vescovi e il clero presente a Roma, ai quali Benedetto XVI ha parlato del significato del sacerdozio. Tra i primi impegni della vocazione, ha affermato, vi è quello di essere un uomo di profonda preghiera. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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(canto)

 

“Non vi chiamo più servi, ma amici”. Potrebbe essere questa la frase di Gesù in cui ravvisare l’istituzione del sacerdozio. Benedetto XVI affida la sua intuizione ai suoi collaboratori, ai presuli presenti in una Basilica gremita di fedeli sin dalle prime ore del Giovedì Santo, a tutti i sacerdoti con i quali, in tempi e circostanze diverse, ha risposto con un “sì” al “seguimi” di Cristo. Amici ai quali, afferma il Papa nelle prime battute dell’omelia, Cristo ha imposto le proprie mani e poi le ha come prestate, ungendole con l’olio “segno dello Spirito Santo e della sua forza”:

 

“Il Signore ci ha imposto le mani e vuole ora le nostre mani affinché, nel mondo, diventino le sue. Vuole che non siano più strumenti per prendere le cose, gli uomini, il mondo per noi, per ridurlo in nostro possesso, ma che invece trasmettano il suo tocco divino, ponendosi a servizio del suo amore”.

 

Alla benedizione degli olii sacri - il crisma, l'olio dei catecumeni e quello degli infermi, quest’anno provenienti dalla Spagna, mentre il profumo per il crisma è stato confezionato a Calangianus, in Sardegna - il Pontefice ha provveduto subito dopo l’omelia e il rinnovo delle promesse sacerdotali. L’unzione del sacerdote, come in passato avveniva per un re, ha affermato Benedetto XVI, “è segno dell’assunzione in servizio” dove il prescelto “si mette a disposizione di uno più grande di lui”. Ma Cristo, ha detto il Papa ai sacerdoti, fa di più: “Ci rende suoi amici, ci affida tutto, ci affida se stesso”:

 

“Non vi chiamo più servi ma amici. È questo il significato profondo dell'essere sacerdote: diventare amico di Gesù Cristo. Per questa amicizia dobbiamo impegnarci ogni giorno di nuovo. Amicizia significa comunanza nel pensare e nel volere. (…) E questa comunione di pensiero non è una cosa solamente intellettuale, ma è comunanza dei sentimenti e del volere e quindi anche dell'agire”.

 

Ma agire in che modo? Il Papa ha tratteggiato con estrema chiarezza il profilo ideale di un sacerdote. In quanto suo “amico”, ha sottolineato, il sacerdote deve ascoltare Cristo in modo approfondito, nella lectio divina o “leggendo la Sacra Scrittura – ha aggiunto – in un modo non accademico, ma spirituale”. Un uomo di preghiera, dunque, dalla quale far dipendere l’azione in modo diverso rispetto al dinamismo dell’uomo contemporaneo :

 

“Il semplice attivismo può essere persino eroico. Ma l'agire esterno, in fin dei conti, resta senza frutto e perde efficacia, se non nasce dalla profonda intima comunione con Cristo. (…) Il mondo nel suo attivismo frenetico perde spesso l'orientamento. Il suo agire e le sue capacità diventano distruttive, se vengono meno le forze della preghiera, dalle quali scaturiscono le acque della vita capaci di fecondare la terra arida”.

 

Benedetto XVI ha concluso l’omelia ribadendo che “il mondo ha bisogno di Dio, non di un qualsiasi dio, ma del Dio di Gesù Cristo”, per il quale ogni sacerdote deve spendersi. Così come fece un uomo di Dio che per questa sua missione ha perso di recente la vita:

 

“Vorrei concludere questa omelia con una parola di Andrea Santoro, di quel sacerdote della Diocesi di Roma che è stato assassinato a Trebisonda mentre pregava (…) La parola dice: "Sono qui per abitare in mezzo a questa gente e permettere a Gesù di farlo prestandogli la mia carne… Si diventa capaci di salvezza solo offrendo la propria carne (…)". Gesù ha assunto la nostra carne. Diamogli noi la nostra, in questo modo Egli può venire nel mondo e trasformarlo”.

 

(musica)

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Ricordiamo che, nel pomeriggio di oggi, Benedetto XVI presiederà alle 17.30 la Santa Messa in Coena Domini nella Basilica di San Giovanni in Laterano, cattedrale del Papa, aprendo così i riti del Triduo Pasquale. La nostra emittente trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle 17.20, con commento in italiano, sull’onda media di 585 kHz  e sulla modulazione di frequenza di 105  MHz.

 

 

IL PAPA NOMINA MONS. LUIGI CONTI NUOVO

ARCIVESCOVO METROPOLITA DI FERMO

 

In Italia, il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Fermo mons. Luigi Conti, finora vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia. Il presule è nato il 30 maggio 1941 ad Urbania, in provincia di Pesaro. Ha conseguito la licenza in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense negli anni 1967-1968. Il 26 giugno 1965 è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Urbania e Sant’Angelo in Vado. Nel 1978 si è incardinato nella diocesi di Roma. Dal 1988 è stato rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore; il 28 giugno 1996 è stato eletto vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia. E’ presidente della Conferenza episcopale marchigiana. E’ membro della Commissione episcopale della CEI per il Clero e la Vita consacrata e membro della commissione mista della CEI Vescovi-Religiosi-Istituti secolari.

 

 

BENEDETTO XVI NOMINA MONS. LEOPOLDO GIRELLI

NUOVO NUNZIO APOSTOLICO IN INDONESIA

 

Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Indonesia mons. Leopoldo Girelli, finora consigliere della Nunziatura Apostolica negli Stati Uniti d’America, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Capri, con dignità di arcivescovo. Mons. Girelli è nato a Predore in provincia di Bergamo, il 13 marzo 1953. E’ stato ordinato sacerdote il 17 giugno 1978. E’ laureato in Teologia. Entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 13 luglio 1987, ha prestato la propria opera nelle Rappresentanze Pontificie in Camerun e in Nuova Zelanda, presso la Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, e infine nella Nunziatura Apostolica negli Stati Uniti d’America. Conosce il francese, l’inglese e lo spagnolo.

 

 

APPELLO DELLA SANTA SEDE ALLA SOLIDARIETA’

VERSO I CRISTIANI DI TERRA SANTA

- Intervista con il cardinale Moussa I Daoud -

 

Il cardinale Ignace Moussa I Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha inviato in questi giorni una lettera ai vescovi cattolici di tutto il mondo per sensibilizzare le comunità ecclesiali alla tradizionale Colletta del Venerdì Santo per i cristiani di Terra Santa: un gesto di solidarietà – scrive – per  una regione “coinvolta in una crisi che registra ogni giorno inaudite sofferenze”. Ma ascoltiamo il cardinale Moussa I Daoud intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. - Papa Benedetto XVI ne ha parlato ricevendo la Congregazione per le Chiese Orientali e le Agenzie cattoliche che aiutano l’Oriente e in tante altre circostanze: ho richiamato le sue parole nella lettera inviata come ogni anno ai Vescovi e ai Rappresentanti pontifici in tutto il mondo. La situazione è delicata: su di essa pesano vasti squilibri a danno della pace e della giustizia. Tuttavia, proprio nel primo messaggio natalizio, il Santo Padre ha citato “segnali di speranza”: non mancano uomini e donne, e istituzioni, di buona volontà, capaci di svolte positive se adeguatamente sostenuti.

 

D. - Come vive la piccola minoranza cristiana tra ebrei e musulmani?

 

R. - La convivenza di così lunga data registra forme di accettazione e collaborazione in alcuni casi ammirevoli. Ma non possiamo tacere la preoccupazione per talune aree, per fortuna circoscritte, dove i cristiani sono in seria difficoltà. La doppia minorità incide negativamente (in Israele non sono sempre considerati dalla maggioranza ebraica; nei territori palestinesi da quella musulmana). Si aggiungono, poi, l’insicurezza e il forte disagio economico e sociale: tutto ciò alimenta il preoccupante flusso migratorio dei cristiani verso occidente.

 

D. - Come fermare il continuo esodo di giovani cristiani che cercano in altri Paesi un avvenire più sicuro e dignitoso?

 

R. - L’educazione è un punto di forza per il futuro! Molto si sta facendo: penso anche solo alla Bethlehem University, che accoglie giovani cristiani e musulmani perché crescano in una prospettiva di rispetto reciproco. Educazione come via alla futura convivenza solidale e pacifica. Ma se i giovani cristiani avranno poi insuperabili difficoltà di lavoro e condizioni di vita accettabili tenteranno, ancora di più, l’avventura dell’emigrazione. Bisogna fare molto di più sulle opportunità professionali e abitative. La condizione fondamentale rimane, però, la pace!

 

D. - Rispondono le comunità ecclesiali dei vari Paesi a questo vostro appello?

 

R. - E’ l’appello del Santo Padre e la risposta è sempre molto apprezzabile, anche se le necessità rimangono ingenti. A nome di Papa Benedetto XVI ringrazio profondamente i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, il laicato dell’intera comunità cattolica e incoraggio a continuare ad offrire un sostegno che per la Terra Santa è “vitale”! Di questa carità ecclesiale usufruiscono la Custodia Francescana di Terra Santa, il Patriarcato di Gerusalemme e le altre Comunità dei diversi riti orientali. Sono imponenti le attività pastorali, educative e assistenziali assicurate dalla Colletta pro Terra Sancta.

 

D. - Ci vuole indicare qualche progetto concreto attivato da questa Colletta?

 

R. - Ai vescovi abbiamo fatto pervenire una lunga nota di interventi realizzati recentemente o ancora in atto. Spicca la manutenzione dei Luoghi Santi molto penalizzati dall’interruzione dei pellegrinaggi, che ora, grazie a Dio, sono in significativa ripresa e costituiscono uno straordinario aiuto spirituale e materiale. Di particolare importanza è, però, il progetto abitativo avviato dalla Custodia Francescana, teso a garantire alle giovani coppie cristiane una casa e un lavoro nella stessa terra dove ha voluto abitare il Figlio di Dio.

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“SIETE I NOSTRI FRATELLI MAGGIORI”: IL 13 APRILE DEL 1986 DEFINÌ COSÌ GLI EBREI GIOVANNI PAOLO II, IN VISITA ALLA SINAGOGA DI ROMA.

DA ALLORA, TRA LE DUE RELIGIONI, IL DIALOGO È CRESCIUTO E SI È APPROFONDITO

- Intervista con Elio Toaff -

 

“Siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo qual modo, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori”: queste le parole di Giovanni Paolo II il 13 aprile del 1986, quando si recava in visita alla Sinagoga di Roma. Accolto dall’allora rabbino capo Elio Toaff, ribadì inoltre che nessuna colpa può essere imputata agli ebrei per ciò che è stato fatto nella Passione di Gesù. Quel giorno il Pontefice parlò pure di collaborazione e amicizia, quella stessa che lo legò profondamente al rabbino Toaff, tanto da ricordarlo nel suo testamento. Indubbiamente l’incontro di Papa Wojtyla con la comunità ebraica di Roma ha contribuito enormemente alla crescita del dialogo tra ebrei e cristiani. Vent’anni dopo ascoltiamo, al microfono di Tiziana Campisi, i ricordi del rabbino capo emerito Elio Toaff:

 

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R. – E’ veramente un ricordo che mi accompagna sempre, perché avevamo intessuto un rapporto di vera amicizia. Non immaginavo che potesse avere un tale effetto. Per la popolazione che è venuta non c’era più posto nella sinagoga. Nella parte delle donne c’erano gli uomini, nella parte degli uomini c’erano le donne. Contava la volontà di essere presenti e di assistere a questo avvenimento straordinario per la prima volta nella storia: dopo duemila anni un Pontefice entrava in Sinagoga.

 

D. – Altri ricordi ancora vivi di quella giornata?

 

R. – Certamente sì. Abbiamo passato non soltanto una giornata, ma parecchie giornate, insieme. Debbo dire che era un Papa straordinario che non faceva pesare la sua autorità, ma la sua autorità veniva fuori proprio da questo, dal fatto che non la facesse pesare.

 

D. – Ci ricorda le sue emozioni in quella giornata…

 

R. – Io ero molto preoccupato, dico la verità, perché non sapevo come sarebbe andata la faccenda. Era la prima volta. Non c’erano precedenti cui ispirarsi. E debbo dire che prima dovetti fare una riunione con i rabbini europei, naturalmente telefonica, per sentire da loro cosa pensavano. All’unanimità mi dissero di sì, di andare avanti e cercare di farla riuscire il meglio possibile. E così è andata. L’abbiamo fatta e devo dire siamo stati aiutati da tutti. In particolare mons. Mejia si dette molto da fare, perché tutto si svolgesse nel modo migliore.

 

D. – Lei, a 20 anni di distanza, come vede questa amicizia fra ebrei e cristiani?

 

R. – Ci ho lavorato tutta  la  vita, quindi, non la  posso vedere altro che bene. Ognuno con le proprie tradizioni, ma ognuno con il rispetto dell’altro.

 

D. – Come lo vede il futuro?

 

R. – Io ho scritto un libro che è intitolato “Perfidi giudei, fratelli maggiori”, cioè il passaggio da quando si pregava per i perfidi giudei a quando il Papa li ha chiamati “fratelli maggiori”. E questi è stato Giovanni Paolo II.

 

D. – Guardare avanti… cosa si può fare ancora?

 

R. – Collaborare, perché tutti, tutte le religioni, o almeno quasi tutte, hanno come scopo l’innalzamento del livello morale delle popolazioni. Se noi avessimo il successo che desideriamo, non ci sarebbero più né guerre, né odi, ma ci sarebbe la fratellanza universale, quella che i profeti ci hanno predetto.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Giovedì Santo 2006

"Le nostre mani diventino nel mondo le mani del Signore": Benedetto XVI celebra per la prima volta la Santa Messa Crismale nella Patriarcale Basilica Vaticana.  

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla Quaresima nelle diocesi italiane.

 

Servizio estero - In rilievo l'Iraq, dove si registrano nuove, sanguinose violenze.

 

Servizio culturale - Un articolo di Vittorino Grossi dal titolo "La storia degli uomini nasce sotto la croce": il Venerdì Santo nelle catechesi di Agostino e dei Padri.  

 

Servizio italiano - Elezioni: ancora veleni e accuse sulla regolarità del voto.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 aprile 2006

 

 

ANCORA TENSIONI IN CIAD: I GOVERNATIVI DEL PRESIDENTE DEBY

RESPINGONO UN ATTACCO RIBELLE ALLA CAPITALE N'DJAMENA

- Intervista con Vittorio Scelzo -

 

Sembra sia stato respinto l'assalto alla capitale del Ciad, N'Djamena, sferrato all'alba dai miliziani del Fronte unito per il cambiamento. I combattenti puntano a rovesciare il capo di Stato, Idriss Deby, alla vigilia delle presidenziali in programma il prossimo 3 maggio. Lo stesso Deby, in un messaggio radiofonico, ha annunciato che in città è tornata la calma. Notizia questa confermata - in un’intervista al settimanale ‘Vita’ - anche dall’arcivescovo di N'Djamena, Matthias N'Gartéri Mayadi, il quale però parla di colpi di arma da fuoco provenienti ancora dalla periferia sud. Alta comunque la tensione in tutto il Paese, anche al confine col vicino Sudan, martoriato dalla grave crisi nella regione del Darfur. Ce ne parla Vittorio Scelzo, osservatore della Comunità di Sant’Egidio ai colloqui di pace di Abuja, in Nigeria, dedicati al Darfur. L’intervista è di Giada Aquilino:

 

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R. – Il confine tra Sudan e Ciad è una zona molto instabile. Il conflitto in Darfur interessa quest’area da almeno un paio d’anni. Da qualche mese gli scontri si sono spostati anche in territorio ciadiano. Dal confine con il Sudan, cioè, i ribelli ciadiani sono riusciti ad arrivare nei pressi della capitale, N’Djamena.

 

D. – Perché ora è precipitata la situazione tra i ribelli del Fronte unito per il cambiamento ed il presidente Deby?

 

R. – Sicuramente influisce il persistente conflitto in Darfur. C’è da dire, poi, che le popolazioni del Darfur e quelle del Ciad, specialmente del Ciad orientale, sono le stesse, hanno radici comuni. Ci sono inoltre ragioni politiche, legate al problema dell’appoggio presunto o reale del governo del Ciad ai ribelli del Darfur e, viceversa, dell’appoggio del governo sudanese ai gruppi combattenti ciadiani.

 

D. – Perché, in particolare, il presidente Deby ha più volte accusato il Sudan di appoggiare i ribelli?

 

R. – C’è purtroppo un gioco politico di alleanze e di scontro tra i Paesi della regione che sta complicando quello che era all’inizio un conflitto interno al Darfur.

 

D. – Ma dietro ci sono ragioni economiche?

 

R. – C’è sicuramente il controllo dei giacimenti di petrolio in Ciad. Direi però che la ragione di quello che sta succedendo è essenzialmente politica. E’ l’allargarsi purtroppo del conflitto in Darfur che, proprio in queste settimane, sembrava avere una possibilità di soluzione grazie ai colloqui di Abuja, ai quali come Comunità di Sant’Egidio stiamo partecipando. Ma, a causa di questi nuovi scontri in Ciad, tutto viene rimesso in discussione.

 

D. – Il 3 maggio sono in programma le presidenziali in Caid. Che ripercussioni potranno avere?

 

R. – Una delle accuse dei ribelli al presidente Deby è quella di presidenziali non adeguatamente democratiche. Non si riconosce la validità delle prossime elezioni e certamente questo è uno dei problemi. L’avvicinarsi della data sicuramente complica la situazione.

 

D. – Qual è l’attenzione della comunità internazionale per il Caid, il Sudan e, appunto, il Darfur? 

 

R. – L’attenzione nei confronti del Darfur è fin qui adeguata. Ai colloqui di pace sono presenti delegati dei principali Paesi europei e occidentali. Purtroppo, però, la situazione è molto complessa e c’è davvero la sensazione che il conflitto vada estendendosi.

 

D. – Ma cosa è mancato fino ad ora da parte della comunità internazionale?

 

R. – Si è cercato una soluzione forse in alcuni momenti troppo semplice, individuando da una parte le vittime e dall’altra i carnefici. I nodi del conflitto invece andrebbero ricercati nella complessità delle radici storiche, politiche, economiche, socio-culturali dei Paesi in questione.

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60 TESORI D’ARTE RESTAURATI, TRA CUI OPERE DEI  MUSEI VATICANI,

IN MOSTRA A VICENZA. L’ESPOSIZIONE INTITOLATA “RESTITUZIONI”

E’ DEDICATA A CAPOLAVORI SALVATI DAI RISCHI DEGRADO

- Intervista con Carlo Bertelli e Fatima Terzo -

 

60 tesori d’arte restaurati, dal II secolo a.C. al XVI secolo: questo il contenuto della tredicesima edizione di “Restituzioni”, la mostra promossa che raccoglie i capolavori italiani più a rischio, da restituire all’antico splendore. Tra questi anche opere di solito conservate ai Musei Vaticani. Ospitata a Vicenza, nei saloni di Palazzo Leoni Montanari, l’esposizione, promossa da Banca Intesa, rimarrà aperta fino all’11 giugno. Ce ne parla Isabella Piro:

 

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(musica)

 

Restituire dignità alle opere d’arte, senza sovrapporsi allo spirito originario voluto dall’autore. Il vero restauro si basa su questa premessa per salvare quelle meraviglie artistiche che, senza un intervento specifico, finirebbero per scomparire. L’edizione 2006 di Restituzioni, la tredicesima nell’arco di 17 anni, espone i restauri effettuati su 60 opere per lo più di arte sacra. Dall’Arcangelo Michele di San Marco alla Madonna con Bambino di Luca Signorelli, la mostra ospita molte tesori provenienti dai Musei Vaticani, come spiega il presidente del comitato scientifico, Carlo Bertelli:

 

“Un calice con patena inglese del XVI secolo è una cosa che in Italia è estremamente rara. E’ una testimonianza, infatti, del carattere universale dei Musei Vaticani. Dall’altra, abbiamo alcuni vetri straordinari che vengono dalle Catacombe ed in particolare il vetro con un certo Dedalus, che era un costruttore di navi, con la rappresentazione di tutti i momenti della fabbricazione di una nave. Erano vetri che erano già stati maltrattati. Si tratta infatti di coppe che erano state rotte apposta per tirarne fuori il fondo, molte volte cementato sopra il loculo nella catacomba”.  

 

Gemme intagliate, altari, sculture marmoree, ritratti ad olio: incastonate in pannelli di legno neri che ne fanno risaltare i colori originari, le opere si offrono al visitatore come una macchina del tempo, che permette di viaggiare tra l’epoca paleocristiana e il Rinascimento. Ma c’è un quadro che rappresenta al meglio tutto questo. Ce lo descrive Fatima Terzo, curatrice dell’esposizione:

 

“Quella che abbiamo utilizzato come immagine guida per la nostra mostra è la Santa Giustina di Giovanni Bellini. E’ un momento della storia dell’arte assolutamente importante. Basta guardare il viso di questa Giustina: dà un senso di armonia, di serenità. E’ una martire eppure trasmette molta serenità”.

 

Il valore del restauro sta nel tramandare quelle antiche espressioni di civiltà e cultura che rappresentano le nostre radici. Per questo, il visitatore ha molto da imparare da Restituzioni 2006. Ancora Carlo Bertelli:

 

“Impara prima di tutto il senso del rispetto verso le opere d’arte, il senso di partecipazione ad un compito comune, che è quello della preservazione e della conoscenza del patrimonio artistico della nazione”.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

13 aprile 2006

 

STAMANI, NELLA BASILICA DEL SANTO SEPOLCRO A GERUSALEMME,

CON LA MESSA IN COENA DOMINI PRESIEDUTA DAL PATRIARCA MICHEL SABBAH

HA AVUTO INIZIO IL TRIDUO PASQUALE IN TERRA SANTA

- A cura di Graziano Motta -

 

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GERUSALEMME. = Nella Basilica del Santo Sepolcro, con tempi liturgici diversi rispetto alle Chiese cattoliche del mondo intero per il regime speciale di convivenza con le confessioni cristiane ortodosse che vi è stato stabilito e che è noto come statu quo, il Triduo pasquale ha avuto inizio questa mattina con la celebrazione della Messa in Coena Domini. Presieduta dal Patriarca latino Michel Sabbah ha riunito i vescovi ausiliari e moltissimi sacerdoti diocesani delle congregazioni religiose operanti in diocesi, primi fra tutti i frati minori della Custodia di Terra Santa. La celebrazione è avvenuta proprio dinanzi all’anastasi, luogo della sepoltura e della Risurrezione del Signore, per far risplendere in questo modo l’unità del Mistero pasquale nella relazione tra la mente del Signore e il sacrificio della Croce, che sarà commemorato domani sul vicino Calvario. Questa intima connessione è emersa anche nella processione con il Santissimo Sacramento, guidata dal Patriarca, che ha compiuto tre giri attorno all’edicola dell’anastasi e nel terzo giro ha incluso pure la pietra dell’unzione, passando davanti al Calvario. Poi, il Santissimo Sacramento è stato collocato nel tabernacolo posto sul Sepolcro del Signore, per significare che Gesù divenuto cibo vive sempre con i suoi ed accoglie il loro sacrificio di preghiera e di lode. Altra caratteristica di questa Messa celebrativa dell’istituzione dell’Eucaristia è che ha incluso la benedizione degli olii sacri, oltre naturalmente al rinnovo da parte dei presbiteri delle promesse sacerdotali, nella memoria del comando dato dagli Apostoli ai loro successori nel sacerdozio di perpetuare l’offerta del suo corpo e del suo sangue. Intenso il sentimento di partecipazione ai riti di centinaia di fedeli, quasi tutti pellegrini venuti da ogni continente ma più numerosi quelli dai Paesi europei. Molto sentita la devozione al Santissimo Sacramento nel corso della solenne processione tra canti ed effluvi di incenso. 

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ANCORA UN MORTO, ALTRI FERITI E NUMEROSI ARRESTI IN NEPAL,

DOVE CONTINUANO LE PROTESTE POPOLARI

PER RIPRISTINARE LA DEMOCRAZIA NEL PAESE

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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KATHMANDU. = Proseguono da una settimana le proteste di piazza in diverse città nepalesi per ottenere il ritorno alla democrazia, dopo che il re Gyanendra  ha assunto pieni poteri, con un colpo di Stato nel febbraio 2005. Truppe governative hanno di nuovo aperto il fuoco sui manifestanti, ieri a Nawalparasi, uccidendo un quarto dimostrante,  ferendone numerosi altri, e operando molti arresti, cosi come nei giorni scorsi. Tra gli arrestatati anche 97 giornalisti, dei quali 24 sono rimasti feriti, picchiati e insultati: lo denuncia “Reporter senza frontiere”, che condanna gli episodi di violenza e chiede il rilascio immediato di 20 colleghi ancora in carcere. Arrestati pure 70 avvocati, che manifestavano oggi a Kathmandu, insieme a centinaia di loro colleghi, davanti alla Corte suprema, scandendo slogan contro il Re. “Manifestavamo pacificamente quando la Polizia ha  caricato a colpi di manganello, lacrimogeni e proiettili di gomma”, ha riferito un membro dell'Associazione degli avvocati, Laxman Bashyal. Secondo l'avvocato, una ventina di persone sono rimaste ferite, di cui tre con pallottole di gomma. La Polizia non ha reagito a tali affermazioni. A dare vita al movimento di protesta sono stati i sette principali partiti politici. Il governo nepalese, da parte sua, ha scelto la linea dura contro i dimostranti, proibendo gli scioperi pena l’arresto e la detenzione fino a sei mesi. Di ieri, l’intervento dell’Unione Europea, che ha invitato il Re Gyanendra ad aprire un dialogo per la pace tra tutte le forze politiche. E “preoccupazione per gli sviluppi della vicenda”, è stata espressa infine dalle Nazioni Unite.

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IN PAKISTAN, UNA DONNA E’ IN CARCERE DA UN MESE CON L’ACCUSA

DI BLASFEMIA PER AVER DIFESO LA CROCE DA GESTI DISSACRATORI

 

KASUR.= In prigione per aver difeso la croce da una dissacrazione: è l’incredibile storia di Naseem Bibi, una donna cristiana arrestata in Pakistan con l'accusa di blasfemia. Naseem è detenuta in isolamento con l’imputazione di aver offeso un’immagine della Kabaah, il luogo più sacro dell'Islam, in Arabia Saudita. Lo scorso 7 aprile – informa l’agenzia AsiaNews – i giudici le hanno negato il rilascio su cauzione. Il marito e i tre figli, intanto, hanno dovuto lasciare la loro casa e nascondersi altrove per paura di ritorsioni da parte di estremisti islamici. Secondo la sua famiglia, la donna ha protestato contro un gruppo di musulmani che disegnavano una croce sopra un mucchio di spazzatura. Le autorità carcerarie hanno negato a membri dello Sharing Life Ministry Pakistan (Slmp), un'organizzazione protestante, di visitare la detenuta. L’associazione ha diffuso un comunicato di Gulzar Masih, marito della donna, in cui l’uomo racconta la vicenda. Tutto risale al 3 marzo scorso, quando numerosi musulmani vicino alla casa di Naseem, a Kasur, stavano protestando contro le vignette blasfeme. “Naseem – racconta l’uomo – ha visto che i dimostranti disegnavano una croce sopra un mucchio di spazzatura, così è uscita a protestare contro questo gesto dissacratore”. La donna ha discusso con i manifestanti facendo notare che stavano violando un simbolo sacro al Cristianesimo, mentre protestavano proprio per la stessa offesa alla loro religione. Secondo il racconto del marito, Naseem è stata percossa e le sono stati strappati i vestiti di dosso. Il gruppo di musulmani si è allontanato per poi ritornare dopo qualche ora con un’immagine della Kabaah sporcata da escrementi. Gli uomini hanno accusato Naseem di blasfemia e la polizia, accorsa sul posto, l’ha portata al comando locale. Dopo più di un mese, il marito non l’ha ancora potuta visitare. La cosiddetta legge sulla blasfemia (ovvero l’articolo 295 b e c del Codice penale pakistano) punisce con l’ergastolo le offese al Corano e stabilisce la morte o il carcere a vita per diffamazioni contro il profeta Maometto. Da tempo la Chiesa cattolica e gruppi per i diritti umani chiedono la totale abrogazione della legge. Finora, però, il governo ha apportato solo deboli emendamenti. (A.G.)

 

 

I GOVERNI DI ARGENTINA E BOLIVIA ISTITUISCONO UN OSSERVATORIO

SUI DIRITTI UMANI PER LA COLLETTIVITA’ BOLIVIANA PRESENTE A BUENOS AIRES.

LA DECISIONE DOPO LA MORTE DI 6 CITTADINI BOLIVIANI NELL’INCENDIO

IN UNA FABBRICA TESSILE DELLA CAPITALE ARGENTINA

 

BUENOS AIRES.= I governi di Buenos Aires e di La Paz hanno raggiunto un accordo per la creazione di un “Osservatorio sui diritti umani” per la collettività boliviana residente regolarmente o irregolarmente nella capitale argentina: lo ha annunciato il vice-ministro degli Esteri boliviano, Mauricio Dorfler, che da alcuni giorni conduce serrati negoziati a Buenos Aires con rappresentanti del governo federale argentino dopo che, lo scorso 31 marzo, sei persone originarie della Bolivia (quattro delle quali minorenni) sono perite nell’incendio della fabbrica tessile in cui lavoravano e vivevano in condizioni di schiavitù. L’Osservatorio – informa l’agenzia MISNA – avrà il compito di favorire e promuovere l’accesso alla giustizia e ai diritti umani, sociali ed economici per i boliviani presenti in Argentina, un gruppo numericamente stimato tra 800.000 e 1,2 milioni di persone, ma anche di denunciare casi di sfruttamento sul lavoro o di tratta degli esseri umani. Secondo le autorità argentine, almeno 4.000 boliviani sono impiegati come “manodopera schiavizzata” in centinaia di fabbriche clandestine a Buenos Aires e altri 11.000 lavorano in condizioni irregolari nella sola sterminata provincia della capitale federale. (A.G.)

 

 

UN DIFFUSO DINAMISMO CHE DA’ GIA’ I SUOI FRUTTI: COSI’ MONS. ALDO GIORDANO, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA, RACCONTA

 IL CLIMA CHE PRECEDE LA TERZA ASSEMBLEA ECUMENICA, NEL 2007 IN ROMANIA

 

GINEVRA.= “Un diffuso dinamismo di cui stiamo già vedendo alcuni frutti”: così il segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE), mons. Aldo Giordano, descrive all’agenzia SIR il clima che accompagna il cammino di preparazione alla Terza assemblea ecumenica europea in programma a Sibiu, in Romania, dal 4 all’8 settembre 2007. Tra le iniziative in preparazione del’appuntamento di Sibiu, mons. Giordano anticipa “l’incontro nazionale che la Chiesa cattolica, la Metropolia ortodossa e la Federazione delle Chiese evangeliche promuovono in Italia il prossimo giugno; il documento di lavoro predisposto dalle Chiese in Germania; il progetto di incontri transfrontalieri in Francia; il programma di incontri in Scandinavia e nell'area dei Balcani tra cattolici e ortodossi”. A Sibiu sono previsti nove forum, raggruppati in tre ambiti ad ognuno dei quali verrà dedicata una giornata: la prima sull’ecumenismo (unità, testimonianza, spiritualità); la seconda sull’Europa (unificazione europea, religioni, migrazioni); la terza sul rapporto tra Europa e mondo (creato, giustizia, pace). (A.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

13 aprile 2006

- A cura di Eugenio Bonanata -

                   

Al via in Iran l’estrema missione del direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). El Baradei, accolto dalle nuove bordate del presidente iraniano, Ahmadinejad, che ormai presenta il suo Paese nel club nucleare, ha avviato i suoi difficili colloqui con le autorità locali. Il nostro servizio:

 

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Il presidente Ahmadinejad è stato chiaro affermando che ormai non intende negoziare con nessuno i diritti del suo popolo. Una posizione che rende veramente difficile la missione di El Baradei, che stanotte è giunto a Teheran proprio con l’obiettivo di convincere “i governanti iraniani a venire a patti con le richieste della comunità internazionale”, e quindi a sospendere l’arricchimento dell’uranio annunciato trionfalmente due giorni fa dal presidente iraniano. La speranza di una soluzione diplomatica, mista a seria preoccupazione, è condivisa anche dalla Cina che, chiedendo moderazione a tutti gli attori, ha annunciato per domani l’arrivo nella repubblica islamica, e poi in Russia, del suo vice ministro degli Esteri. L’obiettivo della missione cinese è di evitare che le parti in causa adottino misure che facciano “inasprire ulteriormente la situazione”. Sulla scena internazionale si moltiplicano intanto preoccupazioni e critiche. Il segretario di Stato USA, Condoleezza Rice, ha chiesto “misure forti” dell’ONU, mentre la Russia è contraria “all’uso della forza”. Dal canto suo, l’Unione Europea ha giudicato “deplorevole” l’annuncio di Teheran, che ha già arricchito una piccola quantità di uranio e mira ad espandere questa tecnologia. C’è da ricordare infine che il 18 aprile prossimo si riunirà il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, inclusa la Germania, per discutere della questione.

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Falliti i tentativi di rilanciare i negoziati internazionali sul nucleare nord coreano. Il vice ministro degli Esteri nord-coreano, Kim Kye-Gwan, ha respinto a Tokyo ogni compromesso minacciando di rafforzare l’arsenale militare del suo Paese. Il diplomatico ha inoltre ribadito che tornerà a trattare solo se gli USA revocheranno le sanzioni economiche proclamate recentemente contro Pyongyang, ritenuta da Washington a capo di attività finanziarie illegali.

 

In Iraq è di almeno 26 morti il bilancio dell’ennesimo attentato che ieri sera ha colpito una moschea sciita a nord di Baquba, proprio quando i fedeli avevano appena terminato le preghiere serali. Sul piano politico, a 4 mesi dalle elezioni, è stata fissata a lunedì prossimo la riunione del parlamento che avrà l’obiettivo di accelerare la formazione del nuovo governo. Intanto il numero due di Al Qaeda, Al Zawahiri, ha lanciato un nuovo appello alla resistenza. In un video diffuso sul web ha elogiato i ribelli iracheni, in particolare il giordano Al Zarqawi, invitando tutti i musulmani a sostenerli.

 

In Medio Oriente il governo di Hamas deve fare i conti con la crisi finanziaria che attanaglia l’Autorità Nazionale Palestinese, dopo il congelamento dei fondi da parte europea e statunitense. In segno di protesta una ventina di miliziani armati delle brigate Al Aqsa, il gruppo armato vicino al movimento Al Fatah del presidente palestinese Abu Mazen, sono penetrati questa mattina negli uffici della presidenza del governo palestinese, a Ramallah. L’incursione è avvenuta mentre era in corso una riunione in video-conferenza con Gaza City, dove risiede e lavora il premier Ismail  Haniyeh. Un raid simile si è svolto anche presso il ministero dei Trasporti, dove un commando aveva costretto momentaneamente gli impiegati a lasciare l’edificio.

 

Un razzo lanciato da ignoti si è abbattuto in piena Kabul, in Afghanistan, a poche centinaia di metri dal Palazzo Presidenziale senza provocare vittime. Lo ha reso noto il portavoce del ministero dell'Interno, specificando che l’attacco risale al pomeriggio di ieri. L’episodio fa seguito al massacro del giorno prima consumatosi ad Asadabad, nell'Afghanistan orientale, dove un analogo ordigno, esploso contro una scuola, aveva provocato la morte di 7 bambini.

 

L’esercito pakistano ha condotto un raid antiterroristico in una zona tribale al confine con l’Afghanistan. Nell’operazione avrebbe provocato un numero imprecisato di ribelli.

 

Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ieri ha lanciato un appello alla pace dopo l’escalation di violenza registratasi nello Sri Lanka. Il capo del Palazzo di Vetro ha invitato il governo cingalese e i ribelli delle Tigri Tamil a “trovare quanto prima un modo per porre in atto gli accordi sul cessate il fuoco”. Nella sola giornata di ieri 13 persone hanno perso la vita in una serie di attentati avvenuti nel nord-est del Paese asiatico.

 

In Italia non c’è accordo sul risultato elettorale tra Berlusconi e Prodi, entrambi ricevuti ieri al Quirinale dal Capo dello Stato, Ciampi. Il premier uscente sollecita una verifica scrupolosa delle schede contestate, mentre il leader dell’Unione non teme il ribaltamento del risultato. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Il centrodestra non intende riconoscere la vittoria del centrosinistra fino a che non saranno verificate tutte le schede contestate. Ieri Berlusconi ha parlato di brogli unidirezionali e ha sollecitato una verifica scrupolosa e imparziale. Prodi è tranquillo: il risultato non cambierà e io governerò tutta la legislatura. Il leader dell’Unione passa al contrattacco: Berlusconi deve andare a casa; è inutile che tenti di innescare ritardi. Bocciata anche senza appello la proposta di Berlusconi della grande coalizione, che peraltro suscita le perplessità anche degli alleati del premier uscente. Nella Casa delle libertà intanto sono al lavoro per individuare candidati unitari in vista delle elezioni amministrative del 28 maggio che riguardano anche grandi città come Roma e Milano. I tempi per la formazione del nuovo governo saranno in ogni caso lunghi. Ieri il Capo dello Stato Ciampi ha spiegato che ci sono scadenze temporali costituzionalmente obbligate. Insomma l’incarico sarà dato dal nuovo presidente della repubblica: la prima votazione è in programma il 13 maggio. Ma in entrambi gli schieramenti sono in molti a considerare la rielezione di Ciampi una scelta naturale.

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In Francia è atteso per oggi il voto del Senato sulla nuova legge che sostituirà il contratto di primo impiego (CPE), ritirato dopo settimane di proteste di piazza. Ieri l’Assemblea Nazionale – la camera bassa del Parlamento – con 151 voti a favore e 93 contrari ha approvato il provvedimento che prevede aiuti finanziari alle imprese che assumeranno giovani dai 16 ai 25 anni senza particolari qualifiche. Intanto la polizia ha rimosso le barriere metalliche che circondavano l’Università della Sorbona.

 

Ali Agca, l’uomo che attentò alla vita Giovanni Paolo II, sarà liberato non prima del 2010. Lo ha stabilito la sentenza del tribunale di Istanbul che corregge un precedente conteggio. Questa volta viene stabilito che saranno conteggiate  separatamente le pene che l’uomo deve scontare in Turchia per l’uccisione di un giornalista e per due rapine commesse negli anni ’70. Al termine dell’udienza, Agca è stato rinviato al carcere di Kartal di Istanbul.

 

Il maggiore partito della destra ungherese Fidesz non è riuscito a formare un’alleanza con il partito Foro Democratico (MDF). Questo fallimento rende difficile la speranza di Fidesz di neutralizzare, al secondo turno del 23 aprile prossimo, il successo elettorale realizzato dai socialisti del premier Gyurccsany al primo turno del 9 aprile. Il capo di Fidesz, Orban, si era perfino offerto di cedere la carica di primo ministro, in cambio dell'appoggio elettorale del Foro Democratico. Diversi osservatori ritengono improbabile la vittoria della destra. Ci sono in lizza 110 seggi in circoscrizioni  uninominali: la destra dovrebbe vincere almeno in 70 per ottenere una maggioranza parlamentare, mentre per la coalizione  di centrosinistra basterà vincere ancora una cinquantina di seggi per conservare la maggioranza nel futuro parlamento. 

 

La Federazione russa è diventata ufficialmente membro della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura. In un comunicato il direttore generale dell’organismo, Jacques Diouf, si è detto entusiasta di accogliere questa storica decisione. La FAO ha sede a Roma e conta 190 membri.

 

Negli Stati Uniti si è celebrato ieri il processo contro Zacarias Moussaoui, l’unico imputato per gli attentati dell’11 settembre 2001. Al termine dell’udienza, dedicata ad ascoltare le registrazioni della lotta avvenuta a bordo del volo United 93, i procuratori dell’accusa hanno concluso il loro lavoro, chiedendo nuovamente la pena di morte. La difesa tenterà, invece, di ottenere l’ergastolo, puntando sulle condizioni mentali di Moussaoui.

 

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