RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 102  - Testo della trasmissione di mercoledì 12 aprile 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Gli avvenimenti del Triduo Pasquale spronano i cristiani, sull’esempio di Gesù, a farsi apostoli di pace in un mondo spesso violento e incapace di perdono: lo ha detto Benedetto XVI all’udienza generale

 

Ieri pomeriggio nella Basilica di San Pietro il cardinale Stafford ha presieduto, su incarico del Santo Padre, il Rito per la Riconciliazione

 

I 500 anni della storia della Basilica di San Pietro raccontata in un libro attraverso le medaglie celebrative dei Papi che la ampliarono ed abbellirono: ai nostri microfoni, Giancarlo Alteri

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Si celebra oggi il 60° anniversario della nascita della Corte Internazionale di Giustizia: ce ne parla Maria Rita Saulle

 

Italia: tempi lunghi per il nuovo governo. Lo afferma il Quirinale. Prodi dice no alla proposta di una grande coalizione avanzata da Berlusconi. Trovati 10 scatoloni di schede valide in una strada a Roma: intervista con padre Michele Simone

 

Emergenza siccità nel Corno d’Africa: milioni di persone rischiano la morte per fame e sete. Con noi Martina Venzo

 

CHIESA E SOCIETA’:

In Iraq, i cristiani si preparano a celebrare il Triduo Pasquale.  Mons. Warduni auspica che la Risurrezione di Cristo sia speranza di pace per tutto il Paese

 

Sono morti in Sri Lanka due operatori della Caritas per l’esplosione di una mina antiuomo

 

La Conferenza episcopale scozzese esorta il governo britannico a “non investire” in un nuovo programma di armamenti nucleari

 

Si è svolta ieri sera a Roma, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, una veglia di preghiera in cui sono stati ricordati i martiri della fede

 

In Corea del Sud nascerà una nuova cattedrale sul confine con il Nord

 

24 ORE NEL MONDO:

Continua il braccio di ferro della comunità internazionale con l’Iran: per il presidente iraniano nessuno potrà fermare le mire atomiche del suo Paese

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 aprile 2006

 

 

GLI AVVENIMENTI DEL TRIDUO PASQUALE SPRONANO I CRISTIANI,

SULL’ESEMPIO DI GESU’, A FARSI APOSTOLI DI PACE

IN UN MONDO SPESSO VIOLENTO E INCAPACE DI PERDONO:

LO HA DETTO BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE

 

Il Triduo Pasquale ha occupato la catechesi del mercoledì di Benedetto XVI, celebrata questa mattina in Piazza San Pietro. Il Papa, che si appresta a presiedere per la prima volta i riti centrali della Settimana Santa, ha voluto dedicare la riflessione dell’udienza generale ai “tre giorni santi” che costituiscono, ha detto, “il fulcro dell’anno liturgico”. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Sono 72 le ore in cui, più che altrove, la fede cristiana trova la sua più profonda ragion d’essere. Gli eventi del Triduo Pasquale, ha spiegato questa mattina Benedetto XVI ai 40 mila che lo applaudivano in Piazza San Pietro, offrono la manifestazione più “sublime” dell’amore di Dio e dirigono il cuore umano verso il bene e la pace. Giovedì Santo, con Gesù che fa di sé un’“offerta totale” lasciando l’Eucaristia; Venerdì Santo, con il dramma della Via Crucis e del Calvario; il Sabato Santo, dominato dal silenzio del sepolcro. Benedetto XVI, accompagnato dall’applauso dei 40 mila in Piazza San Pietro, ha dedicato una riflessione a ciascuno ricordando il significato profondo della Passione e del suo simbolo che parla di morte e di salvezza, la Croce:

 

“Nel mistero del Crocifisso, ho scritto nella mia Enciclica, ‘si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo – amore, questo, nella sua forma più radicale’. La Croce di Cristo, scrive san Leone Magno, ‘è sorgente di tutte le benedizioni, e causa di tutte le grazie’”.

 

Se il venerdì è il giorno della Croce, il giovedì, ha ricordato il Papa, si chiude con l’Adorazione che trasporta i cristiani accanto a Gesù che prega nel Getsemani, da solo. “Fu per Lui l’ora dell’abbandono e della solitudine”, ha osservato il Pontefice, con i discepoli incapaci di vegliare con lui:

 

“Ancora oggi il Signore dice a noi: ‘Restate e vegliate con me e vediamo come anche noi, i discepoli, dormiamo spesso’. Sentiamo in questo giorno la Parola del Signore: ‘Restate e vegliate con me’”.

 

A pochi giorni dalla Pasqua, il percorso penitenziale che ogni cristiano vive immergendosi nelle scene della Passione di Cristo deve portare, ha affermato Benedetto XVI, ad un momento di conversione e di riconciliazione con Dio, attraverso il Sacramento della Penitenza:

 

“Prepararsi alla Pasqua con una buona confessione resta un adempimento da valorizzare a pieno e ci offre la possibilità di ricominciare di nuovo la nostra vita, di avere realmente un nuovo inizio nella gioia del Risorto e nella comunione del perdono datoci dal Risorto”.

 

“Il suo perdono che ci viene donato nel Sacramento della Penitenza – ha proseguito il Papa, alternando la lettura del testo ufficiale a commenti spontanei - è sorgente di pace interiore ed esteriore e ci rende apostoli di pace in un mondo dove continuano purtroppo le divisioni, le sofferenze, i drammi dell’ingiustizia, dell’odio e della violenza, della incapacità di riconciliarsi, di ricominciare di nuovo con sincero perdono”:

 

“La sua risurrezione ci dà questa certezza che nonostante tutta l’oscurità del male nel mondo, il male non ha l’ultima parola. E sorretti da questa certezza potremo da parte nostra, con più coraggio ed entusiasmo, impegnarci per aiutare affinché nasca un mondo più giusto, qui”.

 

(canto polacco)

 

Nel salutare i fedeli in diverse lingue, augurando a ciascuno di vivere in profondità i misteri della Settimana Santa, Benedetto XVI ha anche ricevuto un simpatico omaggio canoro da parte dei pellegrini inglesi, che hanno voluto ricordare così il compleanno che il Papa festeggerà proprio il giorno di Pasqua:

 

(canto “Happy Birthday Papa” - applausi)

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DOMANI MATTINA IL PAPA PRESIEDE IN SAN PIETRO LA MESSA CRISMALE.

NEL POMERIGGIO BENEDETTO XVI SI RECA IN SAN GIOVANNI IN LATERANO

PER LA MESSA “IN COENA DOMINI”

 

Domani, Giovedì Santo,  il Papa presiederà  alle 9.30, nella Basilica Vaticana, la Santa Messa del Crisma. Il Santo Padre concelebra con i cardinali, i vescovi e i presbiteri (diocesani e religiosi) presenti a Roma, quale segno della stretta comunione tra il Pastore della Chiesa universale e i suoi fratelli nel Sacerdozio ministeriale. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle 9.20, con commento in italiano, sull’onda media di 585 kHz  e sulla modulazione di frequenza di 105 e 93,3 MHz.

 

Nel pomeriggio di domani Benedetto XVI presiederà alle 17.30 la Santa Messa in Coena Domini nella Basilica di San Giovanni in Laterano, cattedrale del Papa, aprendo così i riti del Triduo Pasquale. La nostra emittente trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle 17.20, con commento in italiano, sull’onda media di 585 kHz  e sulla modulazione di frequenza di 105  MHz.

 

 

NOMINE

        

Il Santo Padre ha nominato vescovo di Koforidua, nel Ghana, mons. Joseph Kwaku Afrifah-Agyekum, amministratore diocesano. Mons. Joseph Kwaku Afrifah-Agyekum è nato il 22 dicembre 1954, ad Akimu Swedru nella diocesi di Koforidua. E’ stato ordinato sacerdote il 17 luglio 1983. La diocesi di Koforidua, suffraganea dell’arcidiocesi di Accra, è stata eretta nel 1992. Ha una superficie di 19.323 kmq e una popolazione di 2.500.000 abitanti, di cui 201.500 sono cattolici. Si contano 22 parrocchie, 76 sacerdoti (50 diocesani, 4 sacerdoti fidei donum, 22 religiosi), 15 fratelli religiosi, 30 seminaristi maggiori e 77 religiose. La diocesi di Koforidua era vacante a seguito del trasferimento di mons. Charles Palmer-Buckle alla sede metropolita di Accra, avvenuto il 28 maggio 2005.

 

 

IERI POMERIGGIO  NELLA BASILICA DI SAN PIETRO, IL CARDINALE STAFFORD

HA PRESIEDUTO, SU INCARICO DEL SANTO PADRE, IL RITO PER LA RICONCILIAZIONE

 

“Solo Gesù fu inviato quale vittima per prendere su di sé il giudizio adirato su tutti i peccati umani, passati, presenti e futuri”. Lo ha ricordato il cardinale James Francis Stafford, penitenziere maggiore, che ieri pomeriggio, su incarico del Santo Padre, ha presieduto il rito per la Riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale. La celebrazione si è tenuta nella Basilica di San Pietro. Il servizio di Debora Donnini.

 

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(musica)

 

La Chiesa ci chiede di pregare per il perdono. E’ indiscutibile – ha rilevato il cardinale Stafford nell’omelia – che oggi molte persone trovino difficile il perdono. La risposta però c’è e viene proprio dalla Settimana Santa. Dio incarnato è divenuto la nostra vittima sovrana e l’eterno sacerdote – ha affermato il cardinale – ricordando che nel Figlio crocifisso, il Padre celeste ha svelato il mistero del suo amore:

 

“L’uomo divino santificato si sostituisce ai peccatori, dicendo in tal modo l’irreversibilità del tempo. Tutte le persone sono, dunque, libere, riscattate, purificate, liberate dalla colpa e dal peccato”.

 

Nell’esortare ad un esame di coscienza, la Chiesa suggerisce come ausilio il discorso della montagna – ha ricordato il porporato – e il motivo per cui Pietro, pentito e piangente, decise di obbedire al comandamento di Gesù fu il suo amore per Lui. Per San Paolo non fu necessario nient’altro. Anche i penitenti dovrebbero sforzarsi di osservare i comandamenti solo per amore. La rivelazione del cuore straziato di Gesù è sufficiente – ha spiegato il cardinale Stafford:

 

“Nulla è necessario oltre all’amore di Gesù, tutto il resto è conseguente”.

 

Una celebrazione, quella della Penitenza, scandita prima dalla liturgia della Parola, a seguire il rito della riconciliazione con uno spazio di tempo per la confessione e assoluzione sacramentale individuale, per la quale sono stati a disposizione confessori di diverse lingue nei luoghi predisposti della Basilica Vaticana. Un gesto, questo, accompagnato dall’assemblea, che ha intonato canti e invocazioni di perdono.

 

(musica)

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I 500 ANNI DELLA STORIA DELLA BASILICA DI SAN PIETRO RACCONTATA IN UN LIBRO ATTRAVERSO  LE MEDAGLIE CELEBRATIVE DEI PAPI CHE LA  ABBELLIRONO

- Intervista con Giancarlo Alteri -

 

La Basilica di San Pietro compie 500 anni. Ma la sua è una lunga storia cominciata nel IV secolo. Solo nel XVI secolo però iniziarono lavori di ampliamento perché potesse accogliere un numero più grande di fedeli. Era uso allora celebrare i progetti pensati per rendere più bella la Basilica con medaglie. Oggi a descriverle è un volume, pubblicato dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e da Collezioni Numismatiche, presentato ieri in Vaticano. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

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Nel sabato in albis del 1506, il 18 aprile, Papa Giulio II pose la prima pietra per la costruzione di una nuova basilica nel luogo in cui era stato sepolto San Pietro dopo il martirio. Il tempio, voluto dall’imperatore Costantino nel 326, sulla tomba del Principe degli Apostoli, era da secoli fatiscente: bisognava renderlo più splendido, più maestoso, il più ammirato del mondo, una sede degna di colui al quale Cristo aveva consegnato le chiavi del Regno dei Cieli. “Tu es Petrus”: queste parole volle far incidere Giulio II nella medaglia fatta coniare per celebrare l’evento. Da allora ogni progetto, qualunque ampliamento ed ulteriori interventi architettonici nella Basilica di San Pietro furono raffigurati in medaglie. I centosessanta anni occorsi per la realizzazione della più grande chiesa della cristianità, l’impegno profuso da 22 Papi, da innumerevoli architetti ed artisti tra i quali il Bramante, Raffaello, Michelangelo, della Porta e Maderno, oggi sono raccontati da oltre un centinaio di medaglie raccolte nel volume “Tu es Petrus”. A curarlo Giancarlo Alteri, Conservatore del medagliere Apostolico della Biblioteca Vaticana:

 

R. – Le medaglie raccontano un po’ la storia della costruzione di San Pietro.

 

D. – Ci sono dei dettagli che solitamente non si conoscono e che queste medaglie raccontano?

 

R. – A cominciare già dalla prima medaglia, quella che riguarda in parte la fondazione della Basilica di San Pietro che porta nel suo rovescio uno dei progetti del Bramante, ci può illuminare sulla sequenza temporale di questi progetti. Si sa che furono fatti infiniti progetti - dice il Vasari prima dell’inizio dei lavori - e oggi noi ancora non conosciamo la successione cronologica di questi progetti e la medaglia con l’alzata di uno di questi progetti, ci può aiutare a capire questa successione cronologica. Altre medaglie ci dimostrano come tanti altri monumenti furono “sofferti” prima di essere realizzati; per esempio abbiamo la medaglia del baldacchino del Bernini, e moltissime altre medaglie che riguardano la costruzione del colonnato del Bernini.

 

D. – Sono 22 i Papi coinvolti nella costruzione della Basilica che noi oggi conosciamo. Quale l’idea di questi Pontefici?

 

R. – L’idea fondamentale è che la Basilica si erge sicuramente, dopo gli scavi fatti al tempo di Pio XII e proseguiti sotto Paolo VI, sulla tomba del Principe degli Apostoli e quindi anche un simbolo dell’unità di tutti i cattolici e dell’autorità del Vescovo di Roma su tutti gli altri vescovi del mondo. Ricollegandosi al noto episodio del Vangelo, quando Gesù dice a San Pietro: “Ti do le chiavi del Regno dei Cieli”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Triduo pasquale: Benedetto XVI invita i fedeli presenti all’udienza generale a rivivere il mistero della passione, della morte e della risurrezione del Signore.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alle Lettere dei vescovi italiani.

 

Servizio estero - Un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo “La ‘questione lavoro’ interpella l’Europa”, dopo il ritiro in Francia del contratto di primo impiego sull’occupazione giovanile.

 

Servizio culturale - Un articolo in occasione dei cinquecento anni dalla costruzione dell’attuale Basilica di San Pietro. 

 

Servizio italiano - Elezioni: di nuovo respinta da Prodi la proposta di una grande coalizione. Forse a maggio l’incarico per la formazione del nuovo Governo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 aprile 2006

 

SI CELEBRA OGGI IL 60° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA

DELLA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA, L’ORGANO GIUDIZIARIO

CHE DIRIME LE DISPUTE TRA GLI STATI MEMBRI DELLE NAZIONI UNITE

- Intervista con Maria Rita Saulle -

 

Esattamente 60 anni fa nasceva la Corte Internazionale di Giustizia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite. Con sede all’Aja, nei Paesi Bassi, la Corte è composta da quindici giudici di nazionalità diversa, eletti dall'Assemblea Generale e dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Questi restano in carica per nove anni e non sono rappresentanti dei loro Paesi. Ma quali sono le funzioni della Corte Internazionale di Giustizia? Salvatore Sabatino lo ha chiesto alla Professoressa Maria Rita Saulle, giudice della Corte Costituzionale italiana:

 

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R. – Le funzioni proprie della Corte si inquadrano nella soluzione pacifica delle controversie internazionali, così come è stato affermato al termine della Seconda Guerra Mondiale, visto che le controversie fino a quel momento venivano per lo più risolte sulla base della guerra. Già la Carta delle Nazioni Unite ha previsto una serie di strumenti che vanno dalla mediazione, all’accordo, all’arbitrato e via dicendo, per evitare il ricorso alla guerra.

 

D. – Quali sono state le sentenze più importanti emesse dalla Corte Internazionale di Giustizia, in questo suo lungo percorso storico?

 

R. – Di sentenze ce ne sono state veramente tante in materia di confini, in materia anche di applicabilità di diritto cogente, in materia di trattamento di alcuni gruppi guerriglieri, mi riferisco a quello del Nicaragua. E una delle ultime che fece un certo scalpore è stato il parere che la Corte ha emanato -  non era una sentenza bensì un parere consultivo - sulla costruzione del muro, sul quale la Corte si è pronunciata in senso negativo, tra israeliani e  palestinesi.

 

D. – Professoressa, si parla sempre più spesso di necessità di riformare l’ONU. Anche la Corte Internazionale di Giustizia, secondo lei, oggi, andrebbe riformata?

 

R. – Io penso che la Corte Internazionale di Giustizia non vada riformata, se non nel senso di allargare forse il numero dei giudici che attualmente sono quindici. Perché questo? Perché io sarei dell’opinione che un numero più ampio di giudici che comprendesse più Stati del mondo darebbe forse quel senso di maggiore democrazia, che a Stati nuovi, gli Stati cosiddetti decolonizzati che ormai sono Paesi in via di sviluppo, darebbe quel senso di sicurezza di vedersi rappresentati nell’ambito dei giudici della Corte Internazionale di Giustizia. Penso che questa sarebbe un’opportunità da perseguire, ma nello stesso tempo bisognerebbe diffondere molto di più la cultura dell’esistenza di questo strumento internazionale, che è importantissimo. Molti ignorano l’esistenza di questa Corte, anche molti governanti, o se non la ignorano, escludono a priori di dover ricorrere ad una Corte Internazionale di Giustizia, cosa che invece andrebbe promossa in ogni modo, anche per evitare conflitti futuri.

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ITALIA: TEMPI LUNGHI PER IL NUOVO GOVERNO. LO AFFERMA IL QUIRINALE.

PRODI DICE NO ALLA PROPOSTA DI UNA GRANDE COALIZIONE AVANZATA

 DA BERLUSCONI. TROVATI 10 SCATOLONI DI SCHEDE VALIDE IN UNA STRADA A ROMA

- Intervista con padre Michele Simone -

 

Dopo la vittoria di misura del centrosinistra sia alla Camera sia al Senato si discute sulla proposta di Berlusconi di un governo di grande coalizione. Secco il no di Prodi e dell’Unione. Il capo dello Stato Ciampi parla di tempi tecnici lunghi per la formazione del nuovo Governo. E intanto mentre si fanno le verifiche su 40 mila schede contestate alla Camera, esplode il caso di 10 scatoloni di schede valide trovate in strada vicino ad una scuola elementare di Roma. Servizio di Giampiero Guadagni.

 

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Inizia in queste ore la verifica dei 40 mila voti contestati alla Camera e di altri 40 mila al Senato. Verifica importante soprattutto alla Camera dove l’Unione ha vinto di 25 mila voti, aggiudicandosi grazie al premio di maggioranza 348 seggi contro i 281 della Casa delle libertà. Al Senato invece 158 seggi al centrosinistra, 156 al centrodestra. Ieri Berlusconi aveva spiegato di non riconoscere ancora la sconfitta perché, è la tesi del premier uscente, ci sono ancora troppi lati oscuri nel voto che rendono i risultati non definitivi. E a rendere ulteriormente confusa e incerta questa fase arriva la notizia di dieci scatoloni di schede valide trovate in strada vicino ad una scuola elementare di Roma, al quartiere Tuscolano. Si tratterebbe in tutto di 600 voti espressi. La scientifica è al lavoro per le operazioni di raccolta delle schede. E la Procura della Repubblica di Roma sta verificando se si tratta di un caso isolato. Ma a tenere banco è anche l’ipotesi politica messa in campo ieri sera da Berlusconi, che di fronte ad un Paese uscito dalle urne diviso a metà, propone un governo di grande coalizione, sul modello tedesco. La risposta del centrosinistra è secca: “abbiamo vinto noi, governerò per i prossimi cinque anni”, dice Prodi, che intanto annuncia il ritiro delle truppe italiane all’Iraq in accordo con il governo di Baghdad, ritiro che deve essere immediato secondo la sinistra radicale. Prodi fa poi sapere che sarà inviato un contingente civile per la ricostruzione del Paese. Aggiunge il professore: Berlusconi non sarà mai il successore di Ciampi al Quirinale. E questa mattina Prodi è salito al Quirinale proprio per un colloquio con Ciampi. In mattinata una nota del Colle aveva precisato che i tempi per la formazione del nuovo governo passano attraverso scadenze e scansioni temporali imprescindibili. E, si aggiunge, c’è anche  da tenere presente una lunghezza dei tempi che è costituzionalmente obbligata.

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Sulla situazione politica italiana ascoltiamo il commento del vicedirettore della rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica, padre Michele Simone, intervistato da Sergio Centofanti:

 

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R. - A differenza di quanto si temeva durante lo spoglio delle schede, una maggioranza, anche se molto risicata, c’è e quindi una maggioranza in grado di appoggiare il governo del Paese. Questo è senz’altro un risultato positivo. Nello stesso tempo il fatto che il Paese risulti spaccato a metà è un messaggio forte degli elettori affinché ci sia maggior spirito di collaborazione tra maggioranza ed opposizione.

 

D. – L’Unione ha detto “no” all’ipotesi della grande coalizione proposta da Berlusconi sul modello della Grosse Koalition in Germania…

 

R. – Sì, l’ipotesi della grande coalizione, essendoci una maggioranza sia pure risicata, è un’ipotesi estrema. Cioè, se non si riuscirà a governare, allora bisognerà valutare altre ipotesi ma per ora mi sembra corretto non aprire immediatamente a questa possibilità.

 

D. – Con questa maggioranza risicata  al Senato, lei come vede la governabilità?

 

R. – Questa è un po’ la scommessa del centro-sinistra. Vedremo che cosa accadrà.

 

D. – Quali sono le sfide più urgenti per il Paese adesso?

 

R. – Certamente al primo posto c’è il debito pubblico. Poi c’è il problema del lavoro, soprattutto del lavoro dei giovani, dell’aumento della produttività che in Italia è  scarsa. Il problema anche di riprendere gli investimenti nella ricerca: ricerca ed innovazione e quindi scuola, costituiscono punti fondamentali per poter ripartire.

 

D. – Quale è stato il ruolo dei cattolici in queste elezioni?

 

R. – I cattolici, come sappiamo, sono presenti sia nell’una sia nell’altra coalizione. Mi sembra che in questo Parlamento, come contributo, debbano anche impegnarsi a far sì che un certo stile della politica, che viene dall’ispirazione cristiana, possa trovare nuovi adepti al di là delle scelte di fede. I cattolici sono sempre impegnati a trovare le cose che uniscono piuttosto che quelle che dividono, a gettare ponti, che non significa fare compromessi ma guardare al bene comune del Paese.

 

D. – Come i cattolici potranno difendere alcuni valori che oggi emergono con evidenza come famiglia, vita, educazione?

 

R. – Il problema è di non ghettizzare questi valori in un ambito di fede personale o individuale. Questi, anche se fanno parte tradizionalmente dell’ispirazione cattolica, sono offerti alla comunità politica come soluzione ai problemi concreti. Non c’è nulla di confessionale, è questo il messaggio che riesce a passare con difficoltà. Il volere una famiglia a fondamento della società non è un problema dei cattolici, è un problema della società e quindi è questo il messaggio sui quali i cattolici devono impegnarsi: insistere con forza che non si tratta di una concessione ai cattolici ma si tratta del bene della società.

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EMERGENZA SICCITA’ NEL CORNO D’AFRICA:

MILIONI DI PERSONE RISCHIANO DI MORIRE DI FAME E DI SETE

- Intervista con Martina venzo -

 

Undici milioni di persone nel Corno d’Africa, in particolare in Etiopia, stanno rischiando di morire di sete a causa della grave e prolungata siccità che ha colpito tutta l’area. Alla situazione, ormai prossima alla carestia le Organizzazioni Internazionali stanno rispondendo lentamente e con fondi ben inferiori ai reali bisogni. A lanciare l’allarme il VIS, il Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, un’associazione legata alla famiglia salesiana, che sul posto ha attivato una serie di progetti per cercare di limitare i danni provocati dalle scarse precipitazioni. Antonella Villani ha chiesto a Martina Venzo, coordinatrice Vis in Etiopia, quale sia l’attuale stato del Paese:

 

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R. - La situazione in Etiopia dal punto d vista idrico è di estrema siccità; in alcune zone dell’Etiopia questa situazione si è aggravata nel corso degli ultimi mesi in quanto le piogge stagionali non sono state così abbondanti, anzi, sono mancate nei mesi scorsi, per cui la situazione già grave, cronica dell’Etiopia, si sta ulteriormente aggravando. Io ho visitato recentemente la regione al confine con la Somalia: è estremamente desertica, le piogge sono scarse, le temperature sono alte, tutti fattori che stanno aggravando anche la situazione alimentare. Per cui l’agricoltura non sta dando nessun frutto.

 

D. – 11 milioni di persone nel Corno d’Africa stanno rischiando di morire a causa di questa siccità. Come vi state muovendo per combattere la carestia?

 

R. - Grazie alla Conferenza episcopale italiana, abbiamo ricevuto un finanziamento piuttosto consistente per l’identificazione e lo scavo di pozzi in queste regioni. Stiamo scavando più di una cinquantina di pozzi e questo è, diciamo, il primo intervento per questa emergenza idrica. A noi interessa anche che la comunità reagisca a questa situazione. Quindi creeremo anche dei comitati di villaggio per la manutenzione del pozzo, quindi tutto quello che è anche l’educazione idrica e sanitaria perché non è solo la mancanza d’acqua, è anche a causa dell’acqua sporca che la mortalità infantile è cresciuta in questi ultimi mesi, soprattutto per i bambini sotto i 5 anni che soffrono di diarrea e di tutte le malattie derivate.

 

D. – Un’immagine che ti scorre continuamente di fronte agli occhi?

 

R. – Ho visto un sacco di animali trasportare questi tanker vuoti e spostarsi da un villaggio all’altro in cerca di acqua; acqua che è scarsa per cui provoca anche liti e scontri tra diverse popolazioni che fanno a gara per avere queste fonti di acqua. In più, l’immagine di queste donne che trasportano questi grossi tanker in testa da un villaggio all’altro e camminano per ore ed ore in cerca di acqua. Questa è un’immagine che porto dentro e in qualche modo spinge ad aiutare queste popolazioni ad avere un pozzo e comunque anche una speranza di vita.

 

D. – Tra gli altri progetti che state portando avanti, ci sono anche le attività legate all’infanzia e alla salute?

 

R. – Noi stiamo mettendo a posto delle scuole che erano state abbandonate durante il periodo della guerra. In più stiamo costruendo delle scuole proprio per favorire anche questi ragazzi, l’educazione e la possibilità appunto di un futuro migliore attraverso l’educazione.

 

D. – A questo punto, il tuo appello…

 

R. – La situazione non interessa solo l’Etiopia bensì tutte le nazioni del Corno d’Africa, quindi Kenya in particolare, Somalia, Gibuti, Eritrea, Tanzania. Magari la televisione non fa tanto vedere questa immagine però da chi è presente nel campo, vi assicuro che la situazione è grave ed ha bisogno di una mano non solo da parte delle Organizzazioni internazionali ma anche dell’opinione pubblica.

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CHIESA E SOCIETA’

12 aprile 2006

 

In Iraq i giovani cattolici vigileranno davanti alle chiese

durante le celebrazioni pasquali. L’auspicio di mons. Warduni,

vescovo caldeo di BagHdad, è che la RISURREZIONE DI CRISTO

SIA SPERANZA di pace PER IL PAESE

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

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BAGHDAD. = Ci saranno anche dei giovani disarmati a vigilare, insieme alle forze dell’ordine, le chiese cattoliche di Baghdad durante le celebrazioni del triduo pasquale. Lo ha reso noto il vescovo caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, in un'intervista diffusa dall’agenzia Sir. “Vogliamo trasmettere tranquillità e dare un segno di pace in questo tempo privilegiato di preghiera e raccoglimento, per questo - ha spiegato mons. Warduni - i nostri giovani collaboreranno a segnalare persone non conosciute dalla comunità o autovetture sospette che intendono fermarsi davanti i luoghi di culto”. La Settimana Santa - ha dichiarato il presule – “si è aperta domenica scorsa con la processione delle Palme. Le chiese erano colme di fedeli e il tutto si è svolto senza problemi di sicurezza. Adesso ci attende il triduo pasquale ma abbiamo grande fede in Dio che tutto possa andare per il meglio. Offriremo tutte le nostre intenzioni per la pace nel mondo, per la rinascita e la sicurezza dell’Iraq”. Denso il programma liturgico dei prossimi giorni: dalla Lavanda dei piedi e dalla Messa ‘in coena Domini’ di giovedì Santo, fino alle celebrazioni del Venerdì Santo e alla Messa per bambini di sabato. “Questa Pasqua - ha specificato mons. Warduni - sarà inoltre caratterizzata dalla processione nella cattedrale durante la quale sarà proclamata la Risurrezione del Cristo”. Poco prima della Messa verrà letta una preghiera della pace: affinché – ha concluso -  la Risurrezione di Cristo sia auspicio di rinnovamento per tutto l’Iraq e speranza di sicurezza e di pace”.

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Due operatori della Caritas sono morti nello Sri Lanka per l’esplosione

di una mina antiuomo che ha ucciso anche 5 militari dell’esercito

 

COLOMBO. = L’esplosione, avvenuta lunedì scorso, ha distrutto il veicolo sul quale viaggiavano due operatori della Hudec, la Caritas di Jaffna, colpendo anche il veicolo militare di 5 soldati dello Sri Lanka. Secondo l’agenzia Asia News, che riporta dichiarazioni della Hudec, la mina era stata fissata su una bicicletta appoggiata ad un lato di un piccolo negozio vuoto. Quando il veicolo militare si è avvicinato, la mina è esplosa, proprio mentre la vettura degli operatori della Caritas stava arrivando dalla parte opposta. Nell’esplosione altri due membri del gruppo sono rimasti gravemente feriti. Solidarietà alle famiglie delle vittime è stata espressa da padre Jeyakumar, direttore della Hudec per il quale “è tragico che tanti civili siano stati uccisi nel tiro incrociato del conflitto dello Sri Lanka”. Il segretario generale di Caritas Internationalis, Duncan MacLaren, in dichiarazioni rese all’agenzia Zenit, ha definito l’attentato un oltraggio perché diretto a civili innocenti che lavorano per la ricostruzione del Paese. Il gruppo Hudec è infatti impegnato nella penisola di Jaffna e nella regione Wanni, nel nord dello Sri Lanka, in progetti di soccorso ed in iniziative di giustizia e pace per i rifugiati a causa della guerra civile e per i sopravvissuti dello tsunami. L’esercito ha accusato i separatisti Tamil (LTTE), ma i ribelli hanno negato ogni responsabilità condannando quanto avvenuto. Tuttavia, gli ultimi giorni hanno visto una recrudescenza degli attacchi in violazione del cessate il fuoco. All’esplosione di lunedì ha fatto seguito, ieri, lo scoppio di un’altra mina che ha colpito un bus sul quale viaggiavano dei militari. Il bilancio parla di almeno 12 soldati uccisi e di altri 8 feriti. (E. B.)

 

 

La conferenza episcopale scozzese esorta il governo britannico

a non investire in un nuovo programma di armamenti nucleari

 

LONDRA. = “Destinare il denaro per l’armamento nucleare verso programmi di aiuto e sviluppo”. E’ questa la proposta dei vescovi scozzesi al governo britannico, contenuta in documento diffuso ieri. La dichiarazione della Conferenza episcopale scozzese, secondo quanto riporta l’agenzia Zenit, fa seguito al recente commento del primo ministro britannico, Tony Blair, secondo il quale ci dovrebbe essere un dibattito pubblico “il più completo possibile” sul sistema missilistico nucleare del Paese, ‘Trident’. “La Chiesa cattolica ha un insegnamento chiaro” sull’argomento: – ribadisce il comunicato – “l’utilizzo di armi di distruzione di massa sarebbe un crimine contro Dio e contro l’umanità”. Il documento ricorda inoltre come la Chiesa consideri immorale l’utilizzo di armi di distruzione di massa in un atto bellico: “ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione” (Vaticano II, Gaudium et spes, 80; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2314). Allo stesso modo, immagazzinare e accumulare tali armi dà adito a forti riserve. “La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall’eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2315). In questo quadro i vescovi scozzesi, che già in una dichiarazione pubblicata nel 1982 avevano definito immorale anche la sola minaccia dell’utilizzo di tali armi, esortano dunque il governo del Regno Unito a non investire in una sostituzione del sistema ‘Trident’. (E. B.)

 

 

RICORDARE I MARTIRI DELLA FEDE. QUESTO L’OBIETTIVO DELLA VEGLIA DI PREGHIERA, PROMOSSA DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO, CHE SI E’ SVOLTA IERI

NELLA BASILICA ROMANA DI SANTA MARIA MAGGIORE

 

ROMA. = Una grande partecipazione di fedeli ha caratterizzato ieri, il momento di preghiera in ricordo dei martiri della fede, che si è tenuto nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che ha presieduto la celebrazione, ha ricordato come i martiri, che “hanno offerto la loro vita per il Vangelo”, ci “insegnano che nella vita non tutto è contrattabile, che esistono valori che non hanno prezzo e che non possono essere oggetto di scambio e di trattative”. “Questo momento di preghiera e di commemorazione ecumenica dei testimoni della fede del secolo XX – ha affermato il cardinale Martino - ricorda il legame con la preghiera di Cristo nel Getsemani per l’unità della Chiesa, quando si preparava per il sacrificio della Croce”. I martiri della fede – ha aggiunto il porporato, ripreso dall’agenzia Sir – “ci insegnano che il mistero della Croce e il mistero dell’unità della Chiesa sono inseparabili, e che entrambi questi misteri orientano verso la gioia della comunione con Cristo, il Risorto, Colui che ha vinto il peccato e la morte.” Il porporato ha poi sottolineato il significato dei valori portanti della vita dell’uomo: la stabilità familiare, la giustizia e la pace. Durante la veglia, che si è svolta anche in altre città italiane e nel mondo, sono stati ricordati, inoltre, per ogni continente, i martiri della fede, della carità, della riconciliazione e della pace degli ultimi anni. (S.C.)

 

 

In Corea del sud nascerà una nuova cattedrale sul confine con il Nord.

Il luogo di culto è il segno tangibile del desiderio di vivere in pace

con “i fratelli del Nord”

 

SEOUL. =  La Chiesa cattolica coreana sta costruendo una nuova cattedrale a dieci chilometri a sud dal confine che divide la penisola: è un segno, espresso nel periodo pasquale, del desiderio di riunificazione e di pace fra le due Coree. “Il nuovo luogo di culto – afferma una fonte cattolica dell’arcidiocesi di Seoul all’agenzia AsiaNews – come la risurrezione di Cristo che celebriamo a Pasqua, vuole essere un segno tangibile del desiderio di vivere una pace piena e duratura con i nostri fratelli del Nord”. Ancora senza nome, la cattedrale sarà completata in due anni e sarà dedicata proprio alla “riconciliazione e alla pace”. “Nel periodo che ci ha visti divisi – continua la fonte – sia i cittadini del Sud che quelli del Nord hanno commesso dei peccati: speriamo che questi possano essere cancellati tramite la preghiera ed il perdono”. Accanto alla cattedrale, la Chiesa cattolica ha iniziato la costruzione di un Centro per l’Unificazione che “servirà ad accogliere i rifugiati dal Nord ma anche a preparare i laici, specialmente i giovani, alla possibile riunificazione”. La speranza è di lanciare dei corsi, mirati soprattutto alla parte giovane della popolazione, per educare all’altruismo ed alla comprensione combattendo ogni tipo di emarginazione sociale. Il Centro – specifica ancora la fonte - “si occuperà anche del reinserimento dei rifugiati, con una sezione specifica alla loro educazione, se giovani, e si preoccuperà di cercare nuovi lavori per gli adulti”. Per quanto riguarda il momento attuale, “non è possibile fare nulla per i cattolici del Nord, che ufficialmente non esistono. Il nostro impegno è dedicato esclusivamente agli aiuti di tipo umanitario. Per Pasqua, l’invio di generi alimentari sarà più generoso del solito”. (E. B.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 aprile 2006

 

- A cura di Fausta Speranza -

                   

In Iraq, due autobombe hanno provocato la morte di almeno 10 persone: una in prima mattinata a Baghdad e un’altra dopo qualche ora a Tal Afar, nel nord del Paese. Le vittime e anche le decine di feriti sono in parte poliziotti e in parte civili. Il tutto mentre viene annunciato che il nuovo Parlamento iracheno, che dovrà votare la fiducia al premier incaricato, si riunirà il 17 aprile. Lo ha detto il presidente del Parlamento, Pachachi, sottolineando di aver percepito da parte di tutte le forze politiche una reale intenzione di compiere un passo politico in avanti. E stamane, si è aperta un’altra udienza nel processo che vede imputato l’ex dittatore Saddam Hussein e altri sette suoi ex gerarchi per il massacro del villaggio di Dujail, ma gli imputati, come  annunciato, non erano presenti in aula. L’udienza dovrebbe essere dedicata alla presentazione dei documenti sull’esecu-zione dei 148 sciiti uccisi nel 1982, in seguito ad un fallito attentato contro Saddam.

 

Dopo le forti dichiarazioni, niente affatto concilianti, del presidente iraniano, torna in primo piano  il caso nucleare Iran. Il nostro servizio:

 

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Il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), Mohammed el Baradei, fa sapere che sarà domani a Teheran per incontrare il capo del Supremo consiglio per la sicurezza nazionale (SCSN), Ali Larijani, e il capo dell’Agenzia iraniana per l’energia nucleare, Gholamreza Aghazadeh. L’annuncio arriva dopo che il presidente iraniano, Ahmadinejad,  ha dichiarato che l’Iran “resisterà” alle potenze che gli vogliono impedire l’accesso alla tecnologia nucleare e “continuerà sulla sua strada per raggiungere i suoi obiettivi” in questo settore. Lo ha affermato mentre da Mosca il Ministero degli esteri russo chiedeva a Teheran di sospendere le sue attività nel campo dell’arricchimento dell’uranio. La novità è che ieri Teheran ha annunciato di essere riuscita ad arricchire uranio al 3,5 per cento. Da parte sua, Ahmadinejad, in un comizio a Torbat-e-Jam, nel nord-est dell’Iran, ha anche accusato le “potenze corrotte” di volere “il monopolio (in campo nucleare) per usarlo come strumento nelle loro politiche egemoniche e per esercitare pressioni sulle nazioni”.

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La politica monetaria della BCE (Banca Centrale Europea) resta accomodante in un contesto caratterizzato dal permanere di tassi di interesse su livelli molto contenuti per tutte le scadenze mentre l’espansione della moneta e del credito rimane vigorosa e la liquidità abbondante. E’ quanto si legge nel Bollettino di aprile che precisa come il Consiglio direttivo continuerà a seguire tutti gli sviluppi”. Viene sottolineato, infatti, che nonostante i rischi sembrino sostanzialmente bilanciati nel breve periodo, “su orizzonti temporali più lunghi i rischi verso il basso continuano a essere connessi ai potenziali  rincari del petrolio e ai timori riguardanti gli squilibri mondiali”. Nel breve periodo, aggiunge la BCE, l’inflazione dovrebbe mantenersi al di sopra del 2%, ma oltre il breve  termine “ci si attende che le variazioni dei prezzi amministrati e delle imposte indirette si ripercuotano in misura  significativa sull’inflazione quest’anno e il prossimo”.

 

In Italia la Procura di Palermo ha disposto il fermo di tre persone accusate di favoreggiamento nei confronti del boss Bernardo Provenzano, arrestato ieri dopo 43 anni di latitanza. Si tratta di cittadini corleonesi che secondo l’accusa avevano il compito di portare al capo di Cosa Nostra i messaggi che arrivavano da tutta la Sicilia. Gli inquirenti stanno iniziando a chiudere le indagini sui favoreggiatori di Provenzano. Sembra siano stati scoperti gli uomini che nell’ultimo anno avrebbero aiutato il vecchio padrino a restare ancora nell’ombra. E per tutta la notte, sono state all’analisi degli investigatori le lettere trovate ieri nel covo di Bernardo Provenzano. Si tratta di messaggi arrivati da diverse zone della Sicilia, per conto dei capimafia locali, nei quali si fa riferimento a diversi argomenti che interessano l’organizzazione mafiosa, in particolare la gestione di alcuni appalti. Nelle lettere vi sono anche molti riferimenti a persone che fino adesso non sarebbero state mai sfiorate dalle indagini  giudiziarie. Intanto, nella notte, Bernardo Provenzano è stato trasferito dal carcere palermitano dell’Ucciardone a quello di Terni.

 

Turchia: dodici militanti del PKK, tra cui  due donne e due militari turchi, sono rimasti uccisi nel corso  di uno scontro a fuoco avvenuto ieri sera nella località di montagna di Bestler-Dereler, nella provincia orientale di Sirnak. Lo riferisce l’agenzia turca Anadolu, aggiungendo che lo scontro è avvenuto nel corso di un’operazione militare al culmine della quale i militari avevano circondato il gruppo di  terroristi del PKK, l’organizzazione separatista armata curda che il 4 aprile scorso avevano ucciso 5 soldati sulla montagna di Gabar nella stessa provincia di Sirnak. Il PKK, che è classificato come un’organizzazione terrorista sia dalla Turchia sia dall’UE e dagli USA ha rotto, nel giugno del 2004, la tregua unilaterale dichiarata nel 1999 dopo la  cattura in Kenya del suo leader Abddullah Ocalan, attualmente  detenuto nel carcere turco di Imrali. Sconta una condanna  all’ergastolo, per la lotta armata del PKK cominciata nel 1984, che ha provocato finora circa 35 mila morti.

 

Veniamo ai risultati delle elezioni presidenziali e parlamentari che si sono svolte domenica scorsa in Perù. Ce ne parla  Luís Balilla:

 

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Con l’88 % delle schede scrutinate il discusso ex-ufficiale Ollanta Humala (Unione per il Perú) vince il primo turno di domenica scorsa con il 30,92% dei voti. La socialcristiana Lourdes Flores (Unità nazionale) “perde” il ballottaggio poiché, al contrario di quanto si è detto in un primo momento, si attesta al 23,43% lasciando il secondo posto all’ex presidente Alan Garcia, che ottiene invece 24,52%. Ma il voto all’estero (450mila aventi diritto), favorevole alla signora Flores, potrebbe ribaltare ancora il risultato per il secondo posto. Intanto Garcia, leader dell’APRA (Alleanza popolare rivoluzionaria americana), ha auspicato ieri la formazione di “un governo di concertazione nazionale dal momento che ci sono tre settori distinti ed è imprescindibile un dialogo così come lo scambio di idee per garantire lo sviluppo e il rispetto dei diritti sociali”. Parole che tutti interpretano come un ponte verso la sua rivale Lourdes Flores il cui elettorato potrebbe dare a Garcia una vittoria certa nel ballottaggio. Decisivi anche per bloccare le pretese di Humala sono i voti di altri tre candidati: Martha Chávez di Alleanza per il futuro (7%) e Valentin Paniagua del Frente de Centro (5,8%) e il pastore evangelico Humberto Lay di “Restauraciòn Nacional” (4,3%).

 

La direttrice dell’Ufficio nazionale dei processi elettorali (ONPE), Magdalena Chu, ha intanto riferito che a causa di numerosi ricorsi, i risultati ufficiali definitivi non si conosceranno prima di 20 giorni. Il tasso di partecipazione, secondo l’ONPE, è stato dell’89%. In queste ore, Humala tenta di tranquillizzare gli elettori, i mercati e gli investitori in vista del secondo turno (alla fine di maggio). Ha detto: “Credo che i principi della democrazia siano costituiti dalla differenza di opinioni. Noi vogliamo operare per l’unità della popolazione per non aggravare la frattura sociale che già esiste nel Paese”. Ollanta Humala ha promesso una serie di nazionalizzazioni in particolare nel settore strategico dell’energia. Intanto il mondo finanziario si è detto preoccupato per un duello con il socialdemocratico Alan Garcia ritenuto responsabile, quando era presidente nella seconda metà degli anni Ottanta, di un vero e proprio crollo economico del Paese.

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Una fuga di materiale nucleare radioattivo è avvenuta in Giappone in una centrale in costruzione a Rokkashomura nella provincia settentrionale di Aomori.  Secondo l’Ente nazionale per il combustibile nucleare si tratta di una quarantina di litri di acqua contenente plutonio e uranio radioattivi. Il materiale, stando alla fonte, è rimasto confinato a una stanza chiusa e non vi sono stati pericoli per persone o cosa. 

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