RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 102
- Testo della trasmissione di mercoledì
12 aprile 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Sono
morti in Sri Lanka due operatori della Caritas per l’esplosione di una mina
antiuomo
In
Corea del Sud nascerà una nuova cattedrale sul confine con il Nord
Continua il braccio di
ferro della comunità internazionale con l’Iran: per il presidente iraniano
nessuno potrà fermare le mire atomiche del suo Paese
12 aprile 2006
GLI AVVENIMENTI DEL TRIDUO PASQUALE SPRONANO I
CRISTIANI,
SULL’ESEMPIO
DI GESU’, A FARSI APOSTOLI DI PACE
IN UN
MONDO SPESSO VIOLENTO E INCAPACE DI PERDONO:
LO HA
DETTO BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE
Il Triduo Pasquale
ha occupato la catechesi del mercoledì di Benedetto XVI, celebrata questa
mattina in Piazza San Pietro. Il Papa, che si appresta a presiedere per
la prima volta i riti centrali della Settimana Santa, ha voluto dedicare la
riflessione dell’udienza generale ai “tre giorni santi” che costituiscono, ha
detto, “il fulcro dell’anno liturgico”. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Sono 72 le ore in cui, più che altrove, la fede cristiana
trova la sua più profonda ragion d’essere. Gli eventi del Triduo Pasquale, ha
spiegato questa mattina Benedetto XVI ai 40 mila che lo applaudivano in Piazza
San Pietro, offrono la manifestazione più “sublime” dell’amore di Dio e
dirigono il cuore umano verso il bene e la pace. Giovedì Santo, con Gesù che fa
di sé un’“offerta totale” lasciando l’Eucaristia; Venerdì Santo, con il dramma
della Via Crucis e del Calvario; il Sabato Santo, dominato dal silenzio del
sepolcro. Benedetto XVI, accompagnato dall’applauso dei 40 mila in Piazza San
Pietro, ha dedicato una riflessione a ciascuno ricordando il significato
profondo della Passione e del suo simbolo che parla di morte e di salvezza, la
Croce:
“Nel mistero del
Crocifisso, ho scritto nella mia Enciclica, ‘si compie quel volgersi di Dio
contro se stesso nel quale egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo – amore,
questo, nella sua forma più radicale’. La Croce di Cristo, scrive san Leone Magno,
‘è sorgente di tutte le benedizioni, e causa di tutte le grazie’”.
Se il venerdì è il giorno della Croce, il giovedì, ha
ricordato il Papa, si chiude con l’Adorazione che trasporta i cristiani accanto
a Gesù che prega nel Getsemani, da solo. “Fu per Lui l’ora dell’abbandono e
della solitudine”, ha osservato il Pontefice, con i discepoli incapaci di
vegliare con lui:
“Ancora oggi il Signore dice a
noi: ‘Restate e vegliate con me e vediamo come anche noi, i discepoli, dormiamo
spesso’. Sentiamo in questo giorno la Parola del Signore: ‘Restate e vegliate
con me’”.
A pochi giorni dalla Pasqua, il percorso penitenziale che
ogni cristiano vive immergendosi nelle scene della Passione di Cristo deve
portare, ha affermato Benedetto XVI, ad un momento di conversione e di
riconciliazione con Dio, attraverso il Sacramento della Penitenza:
“Prepararsi alla Pasqua con una
buona confessione resta un adempimento da valorizzare a pieno e ci offre la
possibilità di ricominciare di nuovo la nostra vita, di avere realmente un
nuovo inizio nella gioia del Risorto e nella comunione del perdono datoci dal
Risorto”.
“Il suo
perdono che ci viene donato nel Sacramento della Penitenza – ha proseguito il Papa,
alternando la lettura del testo ufficiale a commenti spontanei - è sorgente di
pace interiore ed esteriore e ci rende apostoli di pace in un mondo dove
continuano purtroppo le divisioni, le sofferenze, i drammi dell’ingiustizia,
dell’odio e della violenza, della incapacità di riconciliarsi, di ricominciare
di nuovo con sincero perdono”:
“La sua risurrezione
ci dà questa certezza che nonostante tutta l’oscurità del male nel mondo, il
male non ha l’ultima parola. E sorretti da questa certezza potremo da parte nostra,
con più coraggio ed entusiasmo, impegnarci per aiutare affinché nasca un mondo
più giusto, qui”.
(canto polacco)
Nel salutare i fedeli in diverse lingue, augurando a
ciascuno di vivere in profondità i misteri della Settimana Santa, Benedetto XVI
ha anche ricevuto un simpatico omaggio canoro da parte dei pellegrini inglesi,
che hanno voluto ricordare così il compleanno che il Papa festeggerà proprio il
giorno di Pasqua:
(canto “Happy Birthday Papa” - applausi)
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DOMANI MATTINA IL PAPA
PRESIEDE IN SAN PIETRO LA MESSA CRISMALE.
NEL POMERIGGIO BENEDETTO XVI SI RECA IN SAN GIOVANNI
IN LATERANO
PER LA MESSA “IN COENA DOMINI”
Domani, Giovedì Santo, il Papa presiederà alle 9.30, nella Basilica Vaticana, la Santa
Messa del Crisma. Il Santo Padre concelebra con i cardinali, i vescovi e i presbiteri (diocesani e
religiosi) presenti a Roma, quale segno della stretta comunione tra il Pastore
della Chiesa universale e i suoi fratelli nel Sacerdozio ministeriale. La Radio
Vaticana trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle 9.20, con commento
in italiano, sull’onda media di 585 kHz
e sulla modulazione di frequenza di 105 e 93,3 MHz.
Nel pomeriggio di domani
Benedetto XVI presiederà alle 17.30 la Santa Messa in Coena Domini nella
Basilica di San Giovanni in Laterano, cattedrale del Papa, aprendo così i riti
del Triduo Pasquale. La nostra emittente trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle
17.20, con commento in italiano, sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz.
NOMINE
Il Santo Padre ha nominato vescovo di Koforidua, nel
Ghana, mons. Joseph Kwaku Afrifah-Agyekum, amministratore diocesano. Mons.
Joseph Kwaku Afrifah-Agyekum è nato il 22 dicembre 1954, ad Akimu Swedru nella
diocesi di Koforidua. E’ stato ordinato sacerdote il 17 luglio 1983. La diocesi
di Koforidua, suffraganea dell’arcidiocesi di Accra, è stata eretta nel 1992.
Ha una superficie di 19.323 kmq e una popolazione di 2.500.000 abitanti, di cui
201.500 sono cattolici. Si contano 22 parrocchie, 76 sacerdoti (50 diocesani, 4
sacerdoti fidei donum, 22 religiosi),
15 fratelli religiosi, 30 seminaristi maggiori e 77 religiose. La diocesi di
Koforidua era vacante a seguito del trasferimento di mons. Charles
Palmer-Buckle alla sede metropolita di Accra, avvenuto il 28 maggio 2005.
IERI POMERIGGIO NELLA BASILICA DI SAN PIETRO, IL CARDINALE STAFFORD
HA
PRESIEDUTO, SU INCARICO DEL SANTO PADRE, IL RITO PER
“Solo Gesù fu inviato quale vittima per prendere su di sé
il giudizio adirato su tutti i peccati umani, passati, presenti e futuri”. Lo
ha ricordato il cardinale James Francis Stafford, penitenziere maggiore, che
ieri pomeriggio, su incarico del Santo Padre, ha presieduto il rito per la
Riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale.
La celebrazione si è tenuta nella Basilica di San Pietro. Il servizio di Debora
Donnini.
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(musica)
La
Chiesa ci chiede di pregare per il perdono. E’ indiscutibile – ha rilevato il
cardinale Stafford nell’omelia – che oggi molte persone trovino difficile il
perdono. La risposta però c’è e viene proprio dalla Settimana Santa. Dio
incarnato è divenuto la nostra vittima sovrana e l’eterno sacerdote – ha
affermato il cardinale – ricordando che nel Figlio crocifisso, il Padre celeste
ha svelato il mistero del suo amore:
“L’uomo divino santificato si sostituisce ai peccatori, dicendo in tal
modo l’irreversibilità del tempo. Tutte le persone sono, dunque, libere,
riscattate, purificate, liberate dalla colpa e dal peccato”.
Nell’esortare ad un esame di coscienza, la Chiesa
suggerisce come ausilio il discorso della montagna – ha ricordato il porporato
– e il motivo per cui Pietro, pentito e piangente, decise di obbedire al
comandamento di Gesù fu il suo amore per Lui. Per San Paolo non fu necessario
nient’altro. Anche i penitenti dovrebbero sforzarsi di osservare i comandamenti
solo per amore. La rivelazione del cuore straziato di Gesù è sufficiente – ha
spiegato il cardinale Stafford:
“Nulla è necessario oltre all’amore di Gesù, tutto il
resto è conseguente”.
Una celebrazione, quella della Penitenza, scandita prima
dalla liturgia della Parola, a seguire il rito della riconciliazione con uno
spazio di tempo per la confessione e assoluzione sacramentale individuale, per
la quale sono stati a disposizione confessori di diverse lingue nei luoghi
predisposti della Basilica Vaticana. Un gesto, questo, accompagnato
dall’assemblea, che ha intonato canti e invocazioni di perdono.
(musica)
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I 500
ANNI DELLA STORIA DELLA BASILICA DI SAN PIETRO RACCONTATA IN UN LIBRO
ATTRAVERSO LE MEDAGLIE CELEBRATIVE DEI
PAPI CHE
-
Intervista con Giancarlo Alteri -
La Basilica di San Pietro compie 500 anni. Ma la sua è una lunga storia
cominciata nel IV secolo. Solo nel XVI secolo però iniziarono lavori di
ampliamento perché potesse accogliere un numero più grande di fedeli. Era uso
allora celebrare i progetti pensati per rendere più bella la Basilica con
medaglie. Oggi a descriverle è un volume, pubblicato dalla Biblioteca
Apostolica Vaticana e da Collezioni Numismatiche, presentato ieri in Vaticano.
Il servizio di Tiziana Campisi.
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Nel sabato in albis del 1506, il 18 aprile, Papa Giulio II
pose la prima pietra per la costruzione di una nuova basilica nel luogo in cui
era stato sepolto San Pietro dopo il martirio. Il tempio, voluto dall’imperatore
Costantino nel 326, sulla tomba del Principe degli Apostoli, era da secoli
fatiscente: bisognava renderlo più splendido, più maestoso, il più ammirato del
mondo, una sede degna di colui al quale Cristo aveva consegnato le chiavi del
Regno dei Cieli. “Tu es Petrus”: queste parole volle far incidere Giulio II
nella medaglia fatta coniare per celebrare l’evento. Da allora ogni progetto,
qualunque ampliamento ed ulteriori interventi architettonici nella Basilica di
San Pietro furono raffigurati in medaglie. I centosessanta anni occorsi per la
realizzazione della più grande chiesa della cristianità, l’impegno profuso da
22 Papi, da innumerevoli architetti ed artisti tra i quali il Bramante,
Raffaello, Michelangelo, della Porta e Maderno, oggi sono raccontati da oltre
un centinaio di medaglie raccolte nel volume “Tu es Petrus”. A curarlo
Giancarlo Alteri, Conservatore del medagliere Apostolico della Biblioteca Vaticana:
R. – Le medaglie raccontano un
po’ la storia della costruzione di San Pietro.
D. – Ci sono dei dettagli che
solitamente non si conoscono e che queste medaglie raccontano?
R. – A cominciare già dalla
prima medaglia, quella che riguarda in parte la fondazione della Basilica di
San Pietro che porta nel suo rovescio uno dei progetti del Bramante, ci può illuminare
sulla sequenza temporale di questi progetti. Si sa che furono fatti infiniti
progetti - dice il Vasari prima dell’inizio dei lavori - e oggi noi ancora non
conosciamo la successione cronologica di questi progetti e la medaglia con
l’alzata di uno di questi progetti, ci può aiutare a capire questa successione
cronologica. Altre medaglie ci dimostrano come tanti altri monumenti furono
“sofferti” prima di essere realizzati; per esempio abbiamo la medaglia del
baldacchino del Bernini, e moltissime altre medaglie che riguardano la costruzione
del colonnato del Bernini.
D. – Sono 22 i Papi coinvolti
nella costruzione della Basilica che noi oggi conosciamo. Quale l’idea di
questi Pontefici?
R. – L’idea fondamentale è che
la Basilica si erge sicuramente, dopo gli scavi fatti al tempo di Pio XII e
proseguiti sotto Paolo VI, sulla tomba del Principe degli Apostoli e quindi
anche un simbolo dell’unità di tutti i cattolici e dell’autorità del Vescovo di
Roma su tutti gli altri vescovi del mondo. Ricollegandosi al noto episodio del
Vangelo, quando Gesù dice a San Pietro: “Ti do le chiavi del Regno dei Cieli”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - Triduo pasquale:
Benedetto XVI invita i fedeli presenti all’udienza generale a rivivere il
mistero della passione, della morte e della risurrezione del Signore.
Servizio vaticano - Una pagina
dedicata alle Lettere dei vescovi italiani.
Servizio estero - Un articolo
di Pierluigi Natalia dal titolo “La ‘questione lavoro’ interpella l’Europa”,
dopo il ritiro in Francia del contratto di primo impiego sull’occupazione
giovanile.
Servizio culturale - Un
articolo in occasione dei cinquecento anni dalla costruzione dell’attuale
Basilica di San Pietro.
Servizio italiano - Elezioni:
di nuovo respinta da Prodi la proposta di una grande coalizione. Forse a maggio
l’incarico per la formazione del nuovo Governo.
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12 aprile 2006
SI CELEBRA OGGI IL 60°
ANNIVERSARIO DELLA NASCITA
DELLA
CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA, L’ORGANO GIUDIZIARIO
CHE
DIRIME LE DISPUTE TRA GLI STATI MEMBRI DELLE NAZIONI UNITE
- Intervista con Maria Rita Saulle -
Esattamente 60 anni fa nasceva la Corte Internazionale di Giustizia, il
principale organo giudiziario delle Nazioni Unite. Con sede all’Aja, nei Paesi
Bassi, la Corte è composta da quindici giudici di nazionalità diversa, eletti
dall'Assemblea Generale e dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Questi restano in carica per nove anni e non sono rappresentanti dei loro
Paesi. Ma quali sono le funzioni della Corte
Internazionale di Giustizia? Salvatore Sabatino lo ha chiesto alla
Professoressa Maria Rita Saulle, giudice della Corte Costituzionale italiana:
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R. – Le funzioni proprie della Corte si inquadrano nella
soluzione pacifica delle controversie internazionali, così come è stato
affermato al termine della Seconda Guerra Mondiale, visto che le controversie
fino a quel momento venivano per lo più risolte sulla base della guerra. Già la
Carta delle Nazioni Unite ha previsto una serie di strumenti che vanno dalla
mediazione, all’accordo, all’arbitrato e via dicendo, per evitare il ricorso
alla guerra.
D. – Quali sono state le sentenze più importanti emesse
dalla Corte Internazionale di Giustizia, in questo suo lungo percorso storico?
R. – Di sentenze ce ne sono state veramente tante in
materia di confini, in materia anche di applicabilità di diritto cogente, in
materia di trattamento di alcuni gruppi guerriglieri, mi riferisco a quello del
Nicaragua. E una delle ultime che fece un certo scalpore è stato il parere che
la Corte ha emanato - non era una
sentenza bensì un parere consultivo - sulla costruzione del muro, sul quale la
Corte si è pronunciata in senso negativo, tra israeliani e palestinesi.
D. – Professoressa, si parla sempre più spesso di
necessità di riformare l’ONU. Anche la Corte Internazionale di Giustizia,
secondo lei, oggi, andrebbe riformata?
R. – Io penso che la Corte Internazionale di Giustizia non
vada riformata, se non nel senso di allargare forse il numero dei giudici che
attualmente sono quindici. Perché questo? Perché io sarei dell’opinione che un
numero più ampio di giudici che comprendesse più Stati del mondo darebbe forse
quel senso di maggiore democrazia, che a Stati nuovi, gli Stati cosiddetti
decolonizzati che ormai sono Paesi in via di sviluppo, darebbe quel senso di
sicurezza di vedersi rappresentati nell’ambito dei giudici della Corte
Internazionale di Giustizia. Penso che questa sarebbe un’opportunità da perseguire,
ma nello stesso tempo bisognerebbe diffondere molto di più la cultura
dell’esistenza di questo strumento internazionale, che è importantissimo. Molti
ignorano l’esistenza di questa Corte, anche molti governanti, o se non la
ignorano, escludono a priori di dover ricorrere ad una Corte Internazionale di
Giustizia, cosa che invece andrebbe promossa in ogni modo, anche per evitare
conflitti futuri.
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ITALIA: TEMPI LUNGHI PER IL NUOVO GOVERNO. LO
AFFERMA IL QUIRINALE.
PRODI
DICE NO ALLA PROPOSTA DI UNA GRANDE COALIZIONE AVANZATA
DA BERLUSCONI. TROVATI 10 SCATOLONI DI SCHEDE
VALIDE IN UNA STRADA A ROMA
-
Intervista con padre Michele Simone -
Dopo la
vittoria di misura del centrosinistra sia alla Camera sia al Senato si discute
sulla proposta di Berlusconi di un governo di grande coalizione. Secco il no di
Prodi e dell’Unione. Il capo dello Stato Ciampi parla di tempi tecnici lunghi
per la formazione del nuovo Governo. E intanto mentre si fanno le verifiche su
40 mila schede contestate alla Camera, esplode il caso di 10 scatoloni di
schede valide trovate in strada vicino ad una scuola elementare di Roma.
Servizio di Giampiero Guadagni.
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Inizia in
queste ore la verifica dei 40 mila voti contestati alla Camera e di altri 40 mila
al Senato. Verifica importante soprattutto alla Camera dove l’Unione ha vinto
di 25 mila voti, aggiudicandosi grazie al premio di maggioranza 348 seggi
contro i 281 della Casa delle libertà. Al Senato invece 158 seggi al
centrosinistra, 156 al centrodestra. Ieri Berlusconi aveva spiegato di non
riconoscere ancora la sconfitta perché, è la tesi del premier uscente, ci sono
ancora troppi lati oscuri nel voto che rendono i risultati non definitivi. E a
rendere ulteriormente confusa e incerta questa fase arriva la notizia di dieci
scatoloni di schede valide trovate in strada vicino ad una scuola elementare di
Roma, al quartiere Tuscolano. Si tratterebbe in tutto di 600 voti espressi. La
scientifica è al lavoro per le operazioni di raccolta delle schede. E la Procura
della Repubblica di Roma sta verificando se si tratta di un caso isolato. Ma a
tenere banco è anche l’ipotesi politica messa in campo ieri sera da Berlusconi,
che di fronte ad un Paese uscito dalle urne diviso a metà, propone un governo
di grande coalizione, sul modello tedesco. La risposta del centrosinistra è
secca: “abbiamo vinto noi, governerò per i prossimi cinque anni”, dice Prodi,
che intanto annuncia il ritiro delle truppe italiane all’Iraq in accordo con il
governo di Baghdad, ritiro che deve essere immediato secondo la sinistra radicale.
Prodi fa poi sapere che sarà inviato un contingente civile per la ricostruzione
del Paese. Aggiunge il professore: Berlusconi non sarà mai il successore di
Ciampi al Quirinale. E questa mattina Prodi è salito al Quirinale proprio per
un colloquio con Ciampi. In mattinata una nota del Colle aveva precisato che i
tempi per la formazione del nuovo governo passano attraverso scadenze e
scansioni temporali imprescindibili. E, si aggiunge, c’è anche da tenere presente una lunghezza dei tempi
che è costituzionalmente obbligata.
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Sulla situazione politica
italiana ascoltiamo il commento del vicedirettore della rivista dei gesuiti
Civiltà Cattolica, padre Michele Simone, intervistato da Sergio Centofanti:
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R. - A differenza di quanto si temeva durante lo spoglio
delle schede, una maggioranza, anche se molto risicata, c’è e quindi una
maggioranza in grado di appoggiare il governo del Paese. Questo è senz’altro un
risultato positivo. Nello stesso tempo il fatto che il Paese risulti spaccato a
metà è un messaggio forte degli elettori affinché ci sia maggior spirito di
collaborazione tra maggioranza ed opposizione.
D. – L’Unione ha detto “no” all’ipotesi della grande
coalizione proposta da Berlusconi sul modello della Grosse Koalition in
Germania…
R. – Sì, l’ipotesi della grande coalizione, essendoci una
maggioranza sia pure risicata, è un’ipotesi estrema. Cioè, se non si riuscirà a
governare, allora bisognerà valutare altre ipotesi ma per ora mi sembra
corretto non aprire immediatamente a questa possibilità.
D. – Con questa maggioranza risicata al Senato, lei come vede la governabilità?
R. – Questa è un po’ la scommessa del centro-sinistra.
Vedremo che cosa accadrà.
D. – Quali sono le sfide più urgenti per il Paese adesso?
R. – Certamente al primo posto c’è il debito pubblico. Poi
c’è il problema del lavoro, soprattutto del lavoro dei giovani, dell’aumento
della produttività che in Italia è scarsa.
Il problema anche di riprendere gli investimenti nella ricerca: ricerca ed
innovazione e quindi scuola, costituiscono punti fondamentali per poter
ripartire.
D. – Quale è stato il ruolo dei cattolici in queste
elezioni?
R. – I cattolici, come sappiamo, sono presenti sia
nell’una sia nell’altra coalizione. Mi sembra che in questo Parlamento, come
contributo, debbano anche impegnarsi a far sì che un certo stile della
politica, che viene dall’ispirazione cristiana, possa trovare nuovi adepti al
di là delle scelte di fede. I cattolici sono sempre impegnati a trovare le cose
che uniscono piuttosto che quelle che dividono, a gettare ponti, che non
significa fare compromessi ma guardare al bene comune del Paese.
D. – Come i cattolici potranno difendere alcuni valori che
oggi emergono con evidenza come famiglia, vita, educazione?
R. – Il problema è di non ghettizzare questi valori in un
ambito di fede personale o individuale. Questi, anche se fanno parte
tradizionalmente dell’ispirazione cattolica, sono offerti alla comunità
politica come soluzione ai problemi concreti. Non c’è nulla di confessionale, è
questo il messaggio che riesce a passare con difficoltà. Il volere una famiglia
a fondamento della società non è un problema dei cattolici, è un problema della
società e quindi è questo il messaggio sui quali i cattolici devono impegnarsi:
insistere con forza che non si tratta di una concessione ai cattolici ma si
tratta del bene della società.
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EMERGENZA SICCITA’ NEL CORNO D’AFRICA:
MILIONI
DI PERSONE RISCHIANO DI MORIRE DI FAME E DI SETE
-
Intervista con Martina venzo -
Undici milioni
di persone nel Corno d’Africa, in particolare in Etiopia, stanno rischiando di
morire di sete a causa della grave e prolungata siccità che ha colpito tutta
l’area. Alla situazione, ormai prossima alla carestia le Organizzazioni Internazionali
stanno rispondendo lentamente e con fondi ben inferiori ai reali bisogni. A
lanciare l’allarme il VIS, il Volontariato Internazionale per lo Sviluppo,
un’associazione legata alla famiglia salesiana, che sul posto ha attivato una
serie di progetti per cercare di limitare i danni provocati dalle scarse
precipitazioni. Antonella Villani ha chiesto a Martina Venzo, coordinatrice Vis
in Etiopia, quale sia l’attuale stato del Paese:
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R. - La situazione in Etiopia dal punto d vista idrico è
di estrema siccità; in alcune zone dell’Etiopia questa situazione si è
aggravata nel corso degli ultimi mesi in quanto le piogge stagionali non sono
state così abbondanti, anzi, sono mancate nei mesi scorsi, per cui la
situazione già grave, cronica dell’Etiopia, si sta ulteriormente aggravando. Io
ho visitato recentemente la regione al confine con la Somalia: è estremamente
desertica, le piogge sono scarse, le temperature sono alte, tutti fattori che
stanno aggravando anche la situazione alimentare. Per cui l’agricoltura non sta
dando nessun frutto.
D. – 11 milioni di persone nel Corno d’Africa stanno
rischiando di morire a causa di questa siccità. Come vi state muovendo per
combattere la carestia?
R. - Grazie alla Conferenza episcopale italiana, abbiamo
ricevuto un finanziamento piuttosto consistente per l’identificazione e lo
scavo di pozzi in queste regioni. Stiamo scavando più di una cinquantina di
pozzi e questo è, diciamo, il primo intervento per questa emergenza idrica. A
noi interessa anche che la comunità reagisca a questa situazione. Quindi
creeremo anche dei comitati di villaggio per la manutenzione del pozzo, quindi
tutto quello che è anche l’educazione idrica e sanitaria perché non è solo la
mancanza d’acqua, è anche a causa dell’acqua sporca che la mortalità infantile
è cresciuta in questi ultimi mesi, soprattutto per i bambini sotto i 5 anni che
soffrono di diarrea e di tutte le malattie derivate.
D. – Un’immagine che ti scorre continuamente di fronte
agli occhi?
R. – Ho visto un sacco di animali trasportare questi
tanker vuoti e spostarsi da un villaggio all’altro in cerca di acqua; acqua che
è scarsa per cui provoca anche liti e scontri tra diverse popolazioni che fanno
a gara per avere queste fonti di acqua. In più, l’immagine di queste donne che
trasportano questi grossi tanker in testa da un villaggio all’altro e camminano
per ore ed ore in cerca di acqua. Questa è un’immagine che porto dentro e in
qualche modo spinge ad aiutare queste popolazioni ad avere un pozzo e comunque
anche una speranza di vita.
D. – Tra gli altri progetti che state portando avanti, ci
sono anche le attività legate all’infanzia e alla salute?
R. – Noi stiamo mettendo a posto delle scuole che erano
state abbandonate durante il periodo della guerra. In più stiamo costruendo
delle scuole proprio per favorire anche questi ragazzi, l’educazione e la
possibilità appunto di un futuro migliore attraverso l’educazione.
D. – A questo punto, il tuo appello…
R. – La situazione non interessa solo l’Etiopia bensì
tutte le nazioni del Corno d’Africa, quindi Kenya in particolare, Somalia,
Gibuti, Eritrea, Tanzania. Magari la televisione non fa tanto vedere questa
immagine però da chi è presente nel campo, vi assicuro che la situazione è
grave ed ha bisogno di una mano non solo da parte delle Organizzazioni internazionali
ma anche dell’opinione pubblica.
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12 aprile 2006
In Iraq i
giovani cattolici vigileranno davanti alle chiese
durante
le celebrazioni pasquali. L’auspicio di mons. Warduni,
vescovo
caldeo di BagHdad, è che la RISURREZIONE DI CRISTO
SIA
SPERANZA di pace PER IL PAESE
- A
cura di Eugenio Bonanata -
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BAGHDAD.
= Ci saranno anche dei giovani disarmati a vigilare, insieme alle forze dell’ordine,
le chiese cattoliche di Baghdad durante le celebrazioni del triduo pasquale. Lo
ha reso noto il vescovo caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, in
un'intervista diffusa dall’agenzia Sir. “Vogliamo trasmettere tranquillità e
dare un segno di pace in questo tempo privilegiato di preghiera e
raccoglimento, per questo - ha spiegato mons. Warduni - i nostri giovani
collaboreranno a segnalare persone non conosciute dalla comunità o autovetture
sospette che intendono fermarsi davanti i luoghi di culto”.
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Due operatori della Caritas sono morti nello Sri
Lanka per l’esplosione
di una mina antiuomo che ha ucciso anche 5 militari
dell’esercito
COLOMBO. = L’esplosione, avvenuta lunedì scorso, ha
distrutto il veicolo sul quale viaggiavano due operatori della Hudec,
a non
investire in un nuovo programma di armamenti nucleari
LONDRA. = “Destinare il denaro per l’armamento nucleare
verso programmi di aiuto e sviluppo”. E’ questa la proposta dei vescovi
scozzesi al governo britannico, contenuta in documento diffuso ieri. La
dichiarazione della Conferenza episcopale scozzese, secondo quanto riporta
l’agenzia Zenit, fa seguito al recente commento del primo ministro britannico,
Tony Blair, secondo il quale ci dovrebbe essere un dibattito pubblico “il più
completo possibile” sul sistema missilistico nucleare del Paese, ‘Trident’. “
RICORDARE I MARTIRI DELLA FEDE. QUESTO L’OBIETTIVO
DELLA VEGLIA DI PREGHIERA, PROMOSSA DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO, CHE SI E’
SVOLTA IERI
NELLA
BASILICA ROMANA DI SANTA MARIA MAGGIORE
ROMA. =
Una grande partecipazione di fedeli ha caratterizzato ieri, il momento di preghiera
in ricordo dei martiri della fede, che si è tenuto nella Basilica di Santa
Maria Maggiore. Il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, che ha presieduto la celebrazione, ha
ricordato come i martiri, che “hanno offerto la loro vita per il Vangelo”, ci
“insegnano che nella vita non tutto è contrattabile, che esistono valori che
non hanno prezzo e che non possono essere oggetto di scambio e di trattative”.
“Questo momento
di preghiera e di commemorazione ecumenica dei testimoni della fede del secolo
XX – ha affermato il cardinale Martino - ricorda il legame con la preghiera di
Cristo nel Getsemani per l’unità della Chiesa, quando si preparava per il
sacrificio della Croce”. I martiri della fede – ha aggiunto il porporato,
ripreso dall’agenzia Sir – “ci insegnano che il mistero della Croce e il
mistero dell’unità della Chiesa sono inseparabili, e che entrambi questi
misteri orientano verso la gioia della comunione con Cristo, il Risorto, Colui
che ha vinto il peccato e la morte.” Il porporato ha poi sottolineato il
significato dei valori portanti
della vita dell’uomo: la stabilità familiare, la giustizia e la pace. Durante
la veglia, che si è svolta anche in altre città italiane e nel mondo, sono stati
ricordati, inoltre, per ogni continente, i martiri della fede, della carità,
della riconciliazione e della pace degli ultimi anni. (S.C.)
In Corea
del sud nascerà una nuova cattedrale sul confine con il Nord.
Il luogo di
culto è il segno tangibile del desiderio di vivere in pace
con “i
fratelli del Nord”
SEOUL. =
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12 aprile 2006
- A cura di Fausta Speranza -
In Iraq, due autobombe hanno provocato la morte di almeno
10 persone: una in prima mattinata a Baghdad e un’altra dopo qualche ora a Tal
Afar, nel nord del Paese. Le vittime e anche le decine di feriti sono in parte
poliziotti e in parte civili. Il tutto mentre viene annunciato che il nuovo
Parlamento iracheno, che dovrà votare la fiducia al premier incaricato, si
riunirà il 17 aprile. Lo ha detto il presidente del Parlamento, Pachachi,
sottolineando di aver percepito da parte di tutte le forze politiche una reale
intenzione di compiere un passo politico in avanti. E stamane, si è aperta
un’altra udienza nel processo che vede imputato l’ex dittatore Saddam Hussein e
altri sette suoi ex gerarchi per il massacro del villaggio di Dujail, ma gli
imputati, come annunciato, non erano
presenti in aula. L’udienza dovrebbe essere dedicata alla presentazione dei documenti
sull’esecu-zione dei 148 sciiti uccisi nel 1982, in seguito ad un fallito
attentato contro Saddam.
Dopo le forti dichiarazioni, niente affatto concilianti,
del presidente iraniano, torna in primo piano
il caso nucleare Iran. Il nostro servizio:
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Il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia
atomica (AIEA), Mohammed el Baradei, fa sapere che sarà domani a Teheran per
incontrare il capo del Supremo consiglio per la sicurezza nazionale (SCSN), Ali
Larijani, e il capo dell’Agenzia iraniana per l’energia nucleare, Gholamreza
Aghazadeh. L’annuncio arriva dopo che il presidente iraniano, Ahmadinejad, ha dichiarato che l’Iran “resisterà” alle
potenze che gli vogliono impedire l’accesso alla tecnologia nucleare e
“continuerà sulla sua strada per raggiungere i suoi obiettivi” in questo
settore. Lo ha affermato mentre da Mosca il Ministero degli esteri russo
chiedeva a Teheran di sospendere le sue attività nel campo dell’arricchimento
dell’uranio. La novità è che ieri Teheran ha annunciato di essere riuscita ad
arricchire uranio al 3,5 per cento. Da parte sua, Ahmadinejad, in un comizio a
Torbat-e-Jam, nel nord-est dell’Iran, ha anche accusato le “potenze corrotte”
di volere “il monopolio (in campo nucleare) per usarlo come strumento nelle
loro politiche egemoniche e per esercitare pressioni sulle nazioni”.
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La politica monetaria della BCE (Banca Centrale Europea)
resta accomodante in un contesto caratterizzato dal permanere di tassi di
interesse su livelli molto contenuti per tutte le scadenze mentre l’espansione
della moneta e del credito rimane vigorosa e la liquidità abbondante. E’ quanto
si legge nel Bollettino di aprile che precisa come il Consiglio direttivo
continuerà a seguire tutti gli sviluppi”. Viene sottolineato, infatti, che
nonostante i rischi sembrino sostanzialmente bilanciati nel breve periodo, “su
orizzonti temporali più lunghi i rischi verso il basso continuano a essere
connessi ai potenziali rincari del
petrolio e ai timori riguardanti gli squilibri mondiali”. Nel breve periodo,
aggiunge la BCE, l’inflazione dovrebbe mantenersi al di sopra del 2%, ma oltre
il breve termine “ci si attende che le
variazioni dei prezzi amministrati e delle imposte indirette si ripercuotano in
misura significativa sull’inflazione
quest’anno e il prossimo”.
In Italia la Procura di Palermo ha disposto il fermo di
tre persone accusate di favoreggiamento nei confronti del boss Bernardo
Provenzano, arrestato ieri dopo 43 anni di latitanza. Si tratta di cittadini
corleonesi che secondo l’accusa avevano il compito di portare al capo di Cosa
Nostra i messaggi che arrivavano da tutta la Sicilia. Gli inquirenti stanno iniziando
a chiudere le indagini sui favoreggiatori di Provenzano. Sembra siano stati
scoperti gli uomini che nell’ultimo anno avrebbero aiutato il vecchio padrino a
restare ancora nell’ombra. E per tutta la notte, sono state all’analisi degli
investigatori le lettere trovate ieri nel covo di Bernardo Provenzano. Si
tratta di messaggi arrivati da diverse zone della Sicilia, per conto dei
capimafia locali, nei quali si fa riferimento a diversi argomenti che
interessano l’organizzazione mafiosa, in particolare la gestione di alcuni
appalti. Nelle lettere vi sono anche molti riferimenti a persone che fino
adesso non sarebbero state mai sfiorate dalle indagini giudiziarie. Intanto, nella notte, Bernardo
Provenzano è stato trasferito dal carcere palermitano dell’Ucciardone a quello
di Terni.
Turchia: dodici militanti del PKK, tra cui due donne e due militari turchi, sono rimasti
uccisi nel corso di uno scontro a fuoco
avvenuto ieri sera nella località di montagna di Bestler-Dereler, nella
provincia orientale di Sirnak. Lo riferisce l’agenzia turca Anadolu, aggiungendo
che lo scontro è avvenuto nel corso di un’operazione militare al culmine della
quale i militari avevano circondato il gruppo di terroristi del PKK, l’organizzazione separatista
armata curda che il 4 aprile scorso avevano ucciso 5 soldati sulla montagna di
Gabar nella stessa provincia di Sirnak. Il PKK, che è classificato come
un’organizzazione terrorista sia dalla Turchia sia dall’UE e dagli USA ha
rotto, nel giugno del 2004, la tregua unilaterale dichiarata nel 1999 dopo
la cattura in Kenya del suo leader
Abddullah Ocalan, attualmente detenuto
nel carcere turco di Imrali. Sconta una condanna all’ergastolo, per la lotta armata del PKK
cominciata nel 1984, che ha provocato finora circa 35 mila morti.
Veniamo
ai risultati delle elezioni presidenziali e parlamentari che si sono svolte
domenica scorsa in Perù. Ce ne parla
Luís Balilla:
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Con
l’88 % delle schede scrutinate il discusso ex-ufficiale Ollanta Humala (Unione
per il Perú) vince il primo turno di domenica scorsa con il 30,92% dei voti. La
socialcristiana Lourdes Flores (Unità nazionale) “perde” il ballottaggio
poiché, al contrario di quanto si è detto in un primo momento, si attesta al
23,43% lasciando il secondo posto all’ex presidente Alan Garcia, che ottiene
invece 24,52%. Ma il voto all’estero (450mila aventi diritto), favorevole alla
signora Flores, potrebbe ribaltare ancora il risultato per il secondo posto.
Intanto Garcia, leader dell’APRA (Alleanza popolare rivoluzionaria americana),
ha auspicato ieri la formazione di “un governo di concertazione nazionale dal
momento che ci sono tre settori distinti ed è imprescindibile un dialogo così
come lo scambio di idee per garantire lo sviluppo e il rispetto dei diritti
sociali”. Parole che tutti interpretano come un ponte verso la sua rivale
Lourdes Flores il cui elettorato potrebbe dare a Garcia una vittoria certa nel
ballottaggio. Decisivi anche per bloccare le pretese di Humala sono i voti di
altri tre candidati: Martha Chávez di Alleanza per il futuro (7%) e Valentin
Paniagua del Frente de Centro (5,8%) e il pastore evangelico Humberto Lay di
“Restauraciòn Nacional” (4,3%).
La
direttrice dell’Ufficio nazionale dei processi elettorali (ONPE), Magdalena
Chu, ha intanto riferito che a causa di numerosi ricorsi, i risultati ufficiali
definitivi non si conosceranno prima di 20 giorni. Il tasso di partecipazione,
secondo l’ONPE, è stato dell’89%. In queste ore, Humala tenta di
tranquillizzare gli elettori, i mercati e gli investitori in vista del secondo
turno (alla fine di maggio). Ha detto: “Credo che i principi della democrazia
siano costituiti dalla differenza di opinioni. Noi vogliamo operare per l’unità
della popolazione per non aggravare la frattura sociale che già esiste nel
Paese”. Ollanta Humala ha promesso una serie di nazionalizzazioni in
particolare nel settore strategico dell’energia. Intanto il mondo finanziario
si è detto preoccupato per un duello con il socialdemocratico Alan Garcia
ritenuto responsabile, quando era presidente nella seconda metà degli anni Ottanta,
di un vero e proprio crollo economico del Paese.
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Una fuga di materiale nucleare radioattivo è avvenuta in
Giappone in una centrale in costruzione a Rokkashomura nella provincia
settentrionale di Aomori. Secondo l’Ente
nazionale per il combustibile nucleare si tratta di una quarantina di litri di
acqua contenente plutonio e uranio radioattivi. Il materiale, stando alla
fonte, è rimasto confinato a una stanza chiusa e non vi sono stati pericoli per
persone o cosa.
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