RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 99 - Testo della trasmissione di domenica 9 aprile 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Sono rientrati in Sudan, dopo 20 anni di esilio, i primi 500
sfollati in Etiopia.
Presentata nei giorni scorsi a Nairobi, in Kenya,
‘a24’, la prima emittente televisiva panafricana
Cresce
la tensione in Nepal. Oggi nuove manifestazioni contro il Re Gyanendra, mentre
sale a due il bilancio delle vittime di ieri.
In
Italia alle ore 12:00, il 17,6 per cento degli aventi diritto al voto, si è
recato alle urne. Giornata elettorale anche in Ungheria e Perù.
Ancora
un attentato in Afghanistan dove l’esplosione di due bombe ha ferito 11
persone. E ancora morti in Iraq: 5 bombe hanno provocato 3 morti a Baghdad e
dintorni
9 aprile
2006
POVERTA’, PACE, UNIVERSALITA’: IL PAPA NELLA
DOMENICA DELLE PALME RICORDA L’INGRESSO DI GESU’ A GERUSALEMME SOTTOLINEANDO IL MISTERO DELLA CROCE E INVITANDO A
NON OPPORRE MAI VIOLENZA A VIOLENZA.
E, NELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’ A LIVELLO
DIOCESANO HA BENEDETTO LA CROCE CHE ARRIVERA’ A SIDNEY
Cristo viene per “divenire un
regno di pace in mezzo a questo mondo lacerato”: lo afferma Benedetto XVI
spiegando la profezia compiuta quando Gesù entra a Gerusalemme osannato dalla
folla. E poi afferma che “la domenica delle Palme è diventata giorno della
gioventù”. Oggi, infatti, si celebra la Giornata Mondiale della Gioventù a
livello diocesano. E il simbolo delle GMG, la croce di legno portata nel mondo
tra un incontro e l’altro, è stata un altro momento forte della riflessione del
Papa all’omelia della celebrazione eucaristica in piazza San Pietro, e poi
anche all’Angelus. Il servizio di Fausta Speranza:
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Povertà, pace, universalità:
sono i tre punti fermi per la comprensione della profezia compiuta con
l’ingresso di Cristo a Gerusalemme e ricordata nel giorno della Domenica delle
Palme. Cristo entra a Gerusalemme “seduto sopra un puledro d'asina" (Gv 12,15; cfr Zc 9, 9) racconta l’evangelista Giovanni ed è quanto aveva
annunciato il profeta Zaccaria. E il primo elemento è proprio la povertà:
l’asino è “l’animale della semplice gente comune della campagna”, spiega il Papa aggiungendo che l’animale lo
aveva anche preso in prestito e sottolineando che i discepoli solo dopo
capirono che si dava compimento a una profezia importante. Ma Benedetto XVI si
sofferma anche sul concetto di povertà per spiegare che non è assenza di beni
ma disposizione del cuore: si può essere poveri ma avere il cuore colmo di
invidia e cupidigia. Nel cercare di purificare il cuore - suggerisce – si deve anche riconoscere “il
possesso come responsabilità, come
compito verso gli altri”. E il Papa usa parole forti: “La libertà interiore è
il presupposto per il superamento della corruzione e dell'avidità che ormai
devastano il mondo”, dice, aggiungendo a braccio “dappertutto”.
Dalla
povertà, poi, passa alla pace e all’universalità, altri doni di Cristo che
viene. Nella profezia si legge “l'arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la
pace alle genti”: ora noi capiamo che Cristo annuncia la pace attraverso la
Croce – ribadisce Benedetto XVI suggerendo una bella immagine:
“Essa è l'arco spezzato, in certo qual modo il nuovo, vero arcobaleno
di Dio, che congiunge il cielo e la terra e getta un ponte sugli abissi tra i
continenti.”
E definisce la Croce anche “la
nuova arma, che Gesù ci dà nelle mani” – “segno di riconciliazione, segno
dell'amore che è più forte della morte”. Suggerisce di cogliere in profondità i significati di gesti per noi usuali:
“Ogni volta che ci facciamo il
segno della Croce dobbiamo ricordarci di non opporre all'ingiustizia un'altra
ingiustizia, alla violenza un'altra violenza; ricordarci che possiamo vincere
il male soltanto con il bene e mai rendendo male per male.”
E poi spiega come la pace implichi l’universalità: nella profezia si
parla del regno della pace dicendo che si estenderà “da mare a mare…fino ai
confini della terra”. E Benedetto XVI invita a ricordarci della “rete delle
comunità eucaristiche che abbraccia tutto il mondo – una rete di comunità che
costituiscono il ‘Regno della pace’ di Gesù da mare a mare fino ai confini
della terra”.
In definitiva, ci
suggerisce il Papa “Questo grido di speranza di Israele, questa acclamazione a
Gesù durante il suo ingresso in Gerusalemme, con buona ragione è diventato nella
Chiesa l'acclamazione a Colui che, nell'Eucaristia, viene incontro a noi in
modo nuovo.”
Tutto ciò, in definitiva,
si riassume “nel segno della Croce”. E a questo proposito il Papa ribadisce
l’essenziale da comprendere: “la Croce è il vero albero della vita. Non troviamo
la vita impadronendoci di essa, ma donandola.”
“L'amore è un donare se stessi,
e per questo è la via della vita vera simboleggiata dalla Croce.”
Il papa ricorda che la concreta croce “che è stata ultimamente al
centro della Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia, viene consegnata ad
una apposita delegazione perché cominci il suo cammino verso Sydney, dove –
ricorda - nel 2008 la gioventù del mondo intende radunarsi nuovamente intorno a
Cristo per costruire insieme con Lui il regno della pace.” Sottolinea che da
Colonia a Sydney è un cammino attraverso i continenti e le culture, un cammino
attraverso un mondo lacerato e tormentato dalla violenza!”.
E all’Angelus, riprendendo il tema forte della Croce, Benedetto XVI
saluta in diverse lingue quanti sono giunti in San Pietro per la celebrazione
delle Palme e i giovani arrivati in particolare anche nella Giornata Mondiale
della Gioventù a livello diocesano. La croce che passa da giovani a giovani è “la croce che l’amato
Giovanni Paolo II ha affidato ai giovani nel 1984 affinché la portassero nel
mondo quale segno dell’amore di Cristo per l’umanità”.. Saluta il cCardinale Joachim Meisner, arcivescovo
di Colonia, e il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, presenti.
Della fede che accompagna il viaggio della croce dice:
“Questa fede ce la insegna Maria
Santissima, che per prima ‘ha creduto’ e ha portato la sua propria croce
insieme al Figlio, gustando poi con Lui la gioia della risurrezione. Perciò la
Croce dei giovani è accompagnata da un’icona della Vergine”
La Croce è accompagnata, dunque, dall’Icona mariana delle Giornate
della Gioventù e quest’anno faranno tappa anche in alcuni Paesi dell’Africa,
“per manifestare – spiega Benedetto XVI - la vicinanza di Cristo e della sua
Madre alle popolazioni di quel Continente, provate da tante sofferenze”. Dal
prossimo febbraio saranno accolte in diverse regioni dell’Oceania, per
attraversare quindi le diocesi d’Australia e giungere infine a Sydney nel
luglio 2008. “Si tratta – ribadisce il Papa di un pellegrinaggio spirituale che
vede coinvolta l’intera comunità cristiana e specialmente i giovani.”
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Ed erano tantissimi i giovani presenti stamane in Piazza San Pietro
per celebrare non solo la Domenica delle Palme, ma anche la XXI Giornata
Mondiale della Gioventù, che ricorre oggi a livello diocesano. Il tema di
quest’anno, tratto dal Salmo 118, è: “Lampada per i mie passi è la tua parola,
luce sul mio cammino”. Ma ascoltiamo le testimonianze dei ragazzi, raccolte da
Isabella Piro:
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D. - Perché hai deciso di venire qui oggi?
– Soprattutto perché amo Cristo. Ed è bello aver fatto qui questa
sorta di pellegrinaggio perché veniamo dal Molise proprio per Cristo. E anche
questo è un sacrificio.
– Il Signore oggi passa in mezzo a noi quindi è un’emozione importante
da vivere e da condividere con i fratelli.
– Siamo venuti qua per incontrare il Santo Padre ed è comunque il
padre di tutti noi, il padre di tutti i giovani.
D.- Oggi si celebra anche la Giornata mondiale della Gioventù a
livello diocesano: che significato ha, per te, questa giornata?
– Penso che sia molto importate per tutta la comunità cristiana, si
basa proprio sui giovani per un futuro migliore.
– E’ molto importante perché è giusto che i giovani conoscano Cristo
perché se conoscono Cristo, veramente nel loro cuore entra la gioia, che non li
abbandonerà mai e gli darà anche la forza per superare tante difficoltà.
D.- “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”:
come mettere in pratica questo insegnamento?
– Bisogna trovare dei punti di riferimento che ci aiutino a fare luce
sul futuro. Per me sono sicuramente la famiglia ed un grandissimo aiuto viene
dalla fede.
- Mettendosi veramente al servizio di coloro che ci sono vicini alla luce
della parola di Gesù Cristo.
– Nella semplicità, nelle piccole cose di ogni giorno, magari dando un
sorriso a chi è triste e pregando, andando a Messa.
– Il Signore è luce della nostra vita, quindi è lui che ci dirige in
questo cammino, è Lui che ci porterà alla gloria futura. La sua parola
veramente è parola di vita eterna. Infatti Lui dice: io sono la via, la verità,
la vita.
– Vivendo ogni giorno la parola di Dio e testimoniando che Cristo vive
in ognuno di noi.
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SI CONTINUA A PREGARE PER IL
PICCOLO TOMMASO,
“VITA INNOCENTE STRONCATA DA INUMANA VIOLENZA”, HA SCRITTO IL PAPA NEL TELEGRAMMA DI
CORDOGLIO PER I FUNERALI IERI NELLA CATTEDRALE DI PARMA.
OGGI INTENZIONI DI PREGHIERA
IN TANTE CHIESE, IN PARTICOLARE
DOVE IL PICCOLO ERA STATO BATTEZZATO
Parma in
lutto per l’ultimo saluto al piccolo Tommaso Onofri, il bambino di 17 mesi rapito
e assassinato la sera del 2 marzo. Nel telegramma di cordoglio inviato da Benedetto
XVI, a firma del cardinale Angelo Sodano, il Papa ricorda Tommaso Onofri come
“una vita innocente stroncata da inumana violenza” e prega il Signore perché
conforti i genitori ed i familiari e susciti il pentimento di quanti hanno perpetrato
l’esecrando crimine. Un’immensa folla di persone ha assistito alle esequie celebrate
ieri nel Duomo della città dal vescovo mons. Cesare Bonicelli. Molte le autorità
presenti al rito. Il servizio di Nello Scavo:
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E’ la domenica della preghiera e della meditazione a Parma. Tommaso, innocente
vita stroncata da inumana violenza, ha detto Benedetto XVI nel messaggio
inviato per i funerali celebrati ieri nel duomo della città. Ed oggi le parole
del Papa sono ritornate in tutte le chiese. Allo stesso tempo il Santo Padre
Benedetto XVI ha fatto giungere la sua preghiera al Signore perché accolga
l’anima del piccolo defunto e conforti i genitori e quanti ne piangono la
tragica morte.
Un lungo applauso ieri ha
accolto l’ingresso della piccola bara nella cattedrale di Parma. In piazza
c’erano migliaia di persone, forse 50 mila, e affollate sono oggi tutte le
chiese della città. “Noi facciamo il funerale del piccolo Tommaso, ma lui è il
vincitore e gli uccisori sono gli sconfitti, che hanno ucciso in sé la propria
umanità – ha detto nell’omelia il vescovo di Parma, Cesare Bonicelli, ma
sentiamo le sue parole:
“Si tratta di vivere secondo la
prospettiva di Gesù. Quel che conta è amare, volere e fare il bene. Chi si
sbarazza dell’amore, si sbarazza dell’uomo. Di fronte ad eventi come questi
torna la domanda: Se Dio esiste, come è possibile che permetta questo? Forse
non interviene perché ha scelto di puntare tutto sulla dignità e sulla libertà
dell’uomo e poi sa che dalla Croce del figlio Gesù, come da ogni croce d’uomo,
viene del bene”.
Oggi si continua a pregare per
Tommy a Parma, a cominciare dalla chiesa di Sant’Andrea Apostolo in Antoniano,
dove il piccolo un anno fa era stato battezzato. Tutti sono partecipi di questo
grande dolore, tutti si appellano però ancora una volta alle parole del vescovo
Bonicelli. Molti non riescono a provare pietà per gli assassini, non riescono a
perdonare, alcuni chiedono vendetta – aveva osservato il vescovo – ma Gesù ha
pregato per quelli che lo mettevano in croce. Solo il bene sconfigge il male,
solo l’amore vince la cattiveria. E’ questo il saluto che Tommy lascia alla sua
città.
Da Parma, per la Radio vaticana,
Nello Scavo.
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9 aprile
2006
“Il
Medioevo delle Cattedrali”: grande mostra storica su architettura, scultura, pittura fra il IX e XII secolo nel
nord Italia. apre oggi a Parma a 900 anni dalla dedicazione della cattedrale
dELLA CITTA’
“Il Medioevo delle Cattedrali” è il
titolo di una grande mostra
storica sull’architettura, scultura,
pittura fra il IX e XII secolo nel nord Italia: apre i battenti oggi a Parma ed
è nata in occasione dei 900 anni dalla dedicazione della cattedrale della città
emiliana. Si potrà visitare nel Salone delle Scuderie in Pilotta fino al 16
luglio. L’iniziativa riunisce una rara sequenza di capolavori, molti dei quali
mai usciti dalle loro sedi. Il servizio è di Massimiliano Menichetti:
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Oltre 110 pezzi di straordinaria
bellezza per ripercorrere la storia dell’iconografia della Chiesa nelle
cattedrali dal IX al XII secolo.
Un percorso
espositivo
che si snoda tra capitelli, bassorilievi, decori, antichi manoscritti, miniature
e dipinti, dall’età carolingia fino a saggiare i tratti che la Riforma Gregoriana
generò nell’arte sacra. L’esposizione si apre con un blocco di recinzioni presbiteriali
del IX secolo, capaci di svelare al visitatore quella che era l’architettura
d’interni delle cattedrali medioevali. Carlo Quintavalle, curatore della
mostra:
“Sono importanti la nuova architettura d’interni, con il
coro per i monaci basso, quindi con la gente che stava in piedi ai lati di una
specie di rettangolo al centro della chiesa. E poi a parete si trovano subito
due affreschi del Sant’Antonino da Piacenza, che sono del 1020-1040; poi, dopo,
c’è una grande sala con un confronto: a sinistra il romano-lombardo e a destra
Diligelmo e la sua scuola con pezzi molto importanti”.
In mostra 70 pezzi monumentali: pietra
scolpita nei secoli in modi diversi, legata dall’unico denominatore del
racconto del sacro. Passata in rassegna la semplicità stilistica, quasi in
assenza d’immagini, dell’età carolingia fino ad arrivare alla riforma Gregoriana
e all’estro delle officine di Wiligelmo, come l’acquasantiera della cattedrale
di Cremona in cui tre sirene austere emergono dalla roccia. Centrale anche il
Crocefisso ligneo piacentino di San Savino. Ancora Quintavalle:
“E’ un crocifisso vivente. Ha due chiodi per ciascuno dei
due piedi, occhi spalancati ed è un’immagine diversa dal Cristo sofferente, dal
Cristo di tradizione bizantina che poi si imporrà in tutto il ‘200”.
Le cattedrali cambiano il modo di
parlare, e agli intrecci di foglie sui capitelli si sostituiscono immagini di
animali come le colombe scolpite, fino ad arrivare alla narrazione della vita
dei Santi, della Vergine o di Cristo riportata su avorio, legno o pietra. La
mostra chiude con due grandi portali rinvenuti a Bologna datati 1120 – 1130 e
attribuiti al grande scultore Nicholaus.
“C’è un
frammento, l’unico superstite, con soltanto due scene: il Cristo con i dottori; Giuseppe e Maria che cercano il bambino,
immagine insolita”.
Attraverso il racconto delle immagini,
quindi, il visitatore avrà l’opportunità di entrare nella storia grazie ai
segni dell’arte tracciati nelle Cattedrali medioevali.
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9 aprile
2006
“OCCORRONO
CREDIBILITÀ E UNA NUOVA GENERAZIONE DI LEADER”: E’ QUANTO HA
AFFERMATO
IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE FILIPPINA, ARCIVESCOVO ANGEL N. LAGDAMEO, IN VISTA DELL’ODIERNA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
MANILA. = “Le Filippine affrontano oggi una crisi di credibilità.
Occorre formare una nuova generazione di leader, una nuova classe dirigente”: è
quanto ha affermato il presidente della Conferenza episcopale delle Filippine e
arcivescovo di Jaro, mons. Angel N. Lagdameo, in vista della 21.ma Giornata mondiale
della gioventù, che si celebra oggi in tutto il mondo a livello diocesano. “Quando
un leader politico dice una cosa e agisce in modo diverso rispetto a quanto
promesso – ha sottolineato il presule, rivolgendosi ai giovani – allora si
assesta un colpo alla credibilità”. “Questo – ha aggiunto – diventa un problema
per il Paese, poiché mina i rapporti sociali e il rapporto fiduciario fra
governanti e governati”. Secondo l’arcivescovo, occorre dunque “proteggere la
gioventù, terreno dove può crescere e sorgere una nuova generazione di leader
sociali e politici che conducano il Paese sulla via dell’onestà, della
giustizia, della verità e della libertà, di cui la nazione ha urgente bisogno”.
“La Chiesa – ha notato – invita a celebrare la Giornata mondiale della gioventù
per sostenere la fiamma della speranza e perché i giovani possano farsi promotori
dei valori morali nella nostra società globalizzata”. L’arcivescovo Lagdameo ha
anche ricordato che questi temi saranno trattati nel corso della Giornata della
gioventù asiatica, che si terrà a Hong Kong dal 28 luglio al 5 agosto prossimo.
(R.M.)
DURA CONDANNA DEL PRESIDENTE DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE INDIANA (CBCI), CARDINALE TELESPHORE PLACIDUS TOPPO, DOPO
L’APPROVAZIONE NELLO STATO DEL
RAJASTHAN DELLA LEGGE ANTI-CONVERSIONE
JAIPUR. = “La nuova legge non fermerà la nostra
opera”: è quanto ha dichiarato il presidente della Conferenza episcopale
indiana (CBCI), cardinale Telesphore Placidus Toppo, dopo l’approvazione,
venerdì, della Legge anti-conversione nello Stato del Rajasthan. Il decreto,
già in vigore in Madhya Pradesh, Orissa, Tamil Nadu, Gujarat e Chhattisgarh,
prevede che, in caso di accusa di conversione, vi sia l’immediato arresto del
presunto colpevole prima dell’inizio delle indagini, senza la possibilità del
rilascio dietro cauzione. Chi è riconosciuto colpevole di conversione forzata o
ingannevole dovrà scontare dai 2 ai 5 anni di carcere e pagare una multa che
può arrivare fino a 50 mila rupie (1.120 dollari). “Noi non facciamo
conversioni forzate o ingannevoli – ha spiegato il cardinale Toppo – né
infrangiamo i diritti della persona umana, perché la dignità dell’uomo è al
centro della nostra missione”. “Il governo – ha aggiunto – può approvare
centinaia di leggi e decreti, ma questo servirà solo a rafforzare la nostra
missione e la nostra vocazione”. Il porporato si è detto “orgoglioso” di essere
indiano, “perché – ha precisato – la nostra Costituzione ci riconosce il
diritto di mettere in pratica la nostra fede e la nostra libertà di essere cristiani”.
Secondo il cardinale Toppo, “anche il momento in cui è stato approvato il
decreto è simbolico, essendo l’ultimo venerdì di quaresima che introduce alla
Settimana Santa”. (R.M.)
BOOM DI PELLEGRINI IN TERRA SANTA: OLTRE 25 MILA QUELLI CHE
IN QUESTI GIORNI SI TROVANO A GERUSALEMME. IN UN DIFFUSO CLIMA DI PREGHIERA
VISITANO I LUOGHI SANTI CRISTIANI E MUSULMANI
GERUSALEMME. = Sono più di 25 mila i pellegrini che in
questi giorni si trovano a Gerusalemme per le celebrazioni della Settimana
Santa. “Quella che stiamo per celebrare – ha affermato padre Athanasius Macora,
direttore del Franciscan Pilgrims Office, organismo che, in seno alla Custodia
di Terra Santa, aiuta i pellegrini a prenotare le celebrazioni presso i Luoghi
Santi – sarà la Pasqua più affollata dallo scoppio della seconda Intifada,
avvenuto nel settembre del 2000”. “Gli alberghi della città sono pieni – ha
precisato il sacerdote all’agenzia Sir – e molti pellegrini alloggiano a
Betlemme”. Già adesso, per visitare i luoghi santi, come il Sepolcro e il
Calvario, occorre fare la fila. E da venerdì prossimo sono attesi anche gli
ortodossi per la loro Pasqua, fissata per domenica 23 aprile. “Gli spazi sono
piccoli – ha detto ancora padre Macora – ma i pellegrini sono felici di essere
qui e si nota un diffuso clima di preghiera”. Secondo il religioso, “ad
invogliare i pellegrini a recarsi in Terra Santa non è solo il tempo di Pasqua,
privilegiato dai cristiani, ma anche una certa stabilità sul piano della
sicurezza”. Momenti cruciali della Settimana Santa a Gerusalemme sono “l’ora
santa” al Getsemani, giovedì alle 20:00, che colpisce per il silenzio e la
commozione dei fedeli; la Via Crucis del venerdì e la Messa pontificale alle 8:00
al Santo Sepolcro la domenica di Pasqua. (T.C.)
SONO RIENTRATI IN SUDAN, DOPO 20 ANNI DI ESILIO, I PRIMI
500 SFOLLATI IN ETIOPIA. IL RIMPATRIO GRAZIE AD UN’ OPERAZIONE PROMOSSA
DALL’ALTO COMMISSARIATO
DELLE NAZIONI UNITE
PER I RIFUGIATI (UNHCR)
KHARTOUM. = Si è conclusa con il
rientro di 500 rifugiati sudanesi la prima operazione di rimpatrio dall’Etiopia
allo Stato del Nilo Blu, nel Sudan meridionale, promossa dall’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Il convoglio di ritorno,
scrive l’agenzia Fides, ha viaggiato per tre giorni dal campo profughi di Bonga
a Gambella, nell’Etiopia occidentale. I rifugiati, tornati nelle loro case dopo
20 anni di esilio, hanno trascorso tre notti in stazioni costruite appositamente
lungo gli 820 chilometri di strada. L’UNHCR ha fornito a tutti i rimpatriati
coperte, materassi, teli di plastica, utensili da cucina e sapone. L’assistenza
per la reintegrazione, che comprende una razione di cibo sufficiente ai
rifugiati fino al primo raccolto, viene distribuita a Chali. Prima dell’inizio
della stagione delle piogge, a fine maggio, l’UNHCR prevede di rimpatriare
dall’Etiopia allo Stato del Nilo Blu 4.500 rifugiati. Complessivamente, sono
circa 14 mila i rifugiati del Sudan meridionale attualmente in Etiopia ad avere
espresso il desiderio di ritornare nelle loro città. Circa 79 mila, invece,
quelli che vivono nei campi di Bonga, Dimma, Fugnido, Sherkole and Yarenja. La
maggior parte è giunta in Etiopia nel 1983 e negli anni ‘90 a causa della
guerra civile in Sudan. (T.C.)
ESPLORARE LA MISTICA NELLE
DIVERSE RELIGIONI E TROVARE PUNTI DI CONFRONTO FRA I VARI CULTI E TRADIZIONI:
CON QUESTI INTENTI, È NATO A BANGALORE,
NELLO STATO INDIANO DEL KARNATAKA, UN NUOVO CENTRO STUDI PROMOSSO DALLA
COMMISSIONE PER IL DIALOGO
INTERRELIGIOSO DELLO STATO
BANGALORE. = A Bangalore, nello Stato indiano del Karnataka, l’attenzione
della popolazione non va solo allo sviluppo delle nuove tecnologie
informatiche, ma anche alla mistica: è nato, infatti, un nuovo Centro Studi
dedicato alla mistica nelle religioni del mondo, frutto della collaborazione
fra la Commissione per il Dialogo interreligioso dello Stato, l’Associazione
dei cattolici che vivono secondo la modalità dell’ashram (una sorta di romitaggio), e altri istituti che si occupano
di filosofia e religione. Il Centro promuove giornate di studio e
approfondimento per esplorare a fondo la mistica e trovare possibili punti di
confronto e incontro fra i vari culti e tradizioni. La prima sessione di studi
è stata dedicata al maestro Eckart, mistico tedesco del XIII secolo, grazie
alla relazione del padre gesuita, Sebastian Painadath, che lo ha messo a
confronto con il misticismo indù di Bhagavad Gita. L’uditorio era composto da
cristiani, musulmani, jainisti, indù. La prossima sessione sarà dedicata al
mistico islamico, Kwaja Banda Nawaz. (R.M.)
PRESENTATA NEI GIORNI SCORSI A NAIROBI, IN KENYA, ‘A24’,
LA PRIMA EMITTENTE TELEVISIVA PANAFRICANA
NAIROBI. = “È senza dubbio un
progetto ambizioso, ma questo continente ha bisogno di una sua voce. Crediamo
che sia il momento giusto per lanciare la versione africana di ‘Al-Jazeera’”: con
queste parole, Salim Amin, figlio di uno dei più popolari fotogiornalisti africani,
Mohammed Amin, ha presentato nei giorni scorsi a Nairobi ‘A24’, la prima
emittente televisiva panafricana. La rete “all news” trasmetterà in diretta 24
ore su 24 notizie e approfondimenti di politica, salute, viaggi e turismo,
scienza e tecnologia, musica e spettacolo, economia, sport e cultura. “Sarà
commerciale, credibile, indipendente e trasparente nelle sue operazioni
finanziarie, ha precisato Amin”. “Grazie
ad ‘A24’ – ha aggiunto - l’Africa occidentale si terrà aggiornata su quello che
succede in Africa orientale e il Sudafrica potrà ascoltare storie dei Paesi del
Nord”. Amin ha dichiarato l’intenzione di raccontare “la vera Africa, dove
convivono bontà e cattiveria, onestà e corruzione, sviluppo economico e
povertà”. Con un budget iniziale di un milione di dollari, ‘A24’ avrà uffici in
50 Paesi del continente, con almeno due giornalisti in ogni redazione. Per
poter sopravvivere nei prossimi due anni, la nuova tv avrà bisogno di
finanziamenti per 50 milioni di dollari che potrà assicurarsi vendendo spazi
pubblicitari e mettendo a disposizione
di acquirenti pubblici e privati le sue azioni, con un limite massimo di
acquisto fissato per ogni soggetto a 50 mila dollari. “Ci sono molte persone
che hanno espresso interesse per la nostra iniziativa e vogliono contribuire”,
ha concluso Amin. ‘A24’, dunque, dovrebbe
essere operativa entro l’autunno 2007. (R.M.)
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9 aprile
2006
- A cura
di Andrea Cocco -
Ancora arresti e repressione in
Nepal, al quarto giorno di proteste
contro il re Gyanendra che da 14 mesi detiene i poteri assoluti. Con la morte
di una donna colpita da un proiettile, sale a due il bilancio delle vittime
delle violenze di ieri, mentre questa mattina nella capitale Katmandu sono
sorti nuovi scontri tra forze di sicurezza e manifestanti. Uniti in un unico
schieramento ed esternamente sostenuti dai ribelli maoisti, i sette partiti
dell’opposizione chiedono il ritorno alla democrazia. Il nostro servizio :
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In
migliaia sono scesi nelle strade nonostante il coprifuoco imposto dal governo e
l’ordine di sparare su chiunque lo violi. La tensione cresce di ora in ora in
Nepal. Nei dintorni di Katmandu i manifestanti hanno eretto barricate e
occupato sedi istituzionali. Mentre l’esercito e la polizia controllano con
posti di blocco le principali vie di comunicazione della capitale. Ieri, temendo
un’escalation delle violenze, il blocco dei sette partiti dell’opposizione
aveva rinunciato alla grande manifestazione indetta a Katmandu nel quadro dei
quattro giorni di sciopero generale. Ma questa mattina le proteste sono ricominciate
quasi spontaneamente. Nella città turistica di
Pokhara, 200 chilometri a est della capitale, un migliaio di persone avrebbero
tentato di entrare nell’ospedale dove viene trattenuto il corpo di un uomo ucciso ieri dalla
polizia. Mentre è morta la donna di 32 anni ferita ieri a Chitwan, città a sud
della capitale dove la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti. Fiaccolate
e una protesta delle luci, con l’appello a spegnere per 15 minuti tutte luci di
casa, sono previste per oggi pomeriggio, mentre si attende una nuova riunione
dei partiti dell’opposizione che dovranno decidere se prolungare o meno lo
sciopero.
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Urne aperte in Italia dalle 8:00
di questa mattina. Oltre 47 milioni di italiani sono chiamati ad eleggere il
nuovo Parlamento. Oltre 60 mila i seggi allestiti. Per votare c'è tempo oggi
fino alle 22:00, domani dalle 7:00 alle 15:00. A fine mattina il Viminale rende
noti i primi dati sull'affluenza alle urne. Servizio di Giampiero Guadagni:
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A mezzogiorno ha votato il 17,6%
degli aventi diritto. Nel 2001 alla stessa ora aveva votato il 21,5%, ma in
quell'occasione, ricordiamo, si è votato solo di domenica. Oggi tra gli
italiani più mattinieri, il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, che insieme
alla moglie, signora Franca, si è recato alle 8.50 al seggio allestito in una
scuola del quartiere Nemorense a Roma. In mattinata ha votato anche il leader
dell'Unione Prodi, a Bologna. Il premier Berlusconi vota invece a Milano. La novità principale di queste elezioni è il
ritorno del sistema proporzionale, dopo 12 anni di maggioritario. Altra novità
lo scrutinio elettronico che per la prima volta affiancherà quello tradizionale
in quattro regioni: Lazio, Liguria, Puglia e Sardegna.
Le operazioni di scrutinio
inizieranno domani alle 15:00 subito dopo la chiusura dei seggi, partendo dallo
spoglio delle schede per l'elezione del Senato. Sempre alle 15:00 ci saranno i
primi exit poll. Due le schede: rosa per la Camera, gialla per il Senato. In
entrambi i casi, si vota sbarrando i simboli dei partiti. Non si possono più
esprimere preferenze. E' previsto il premio di maggioranza: alla coalizione che
ha ottenuto più voti a livello nazionale vengono garantiti almeno 340 seggi.
Introdotta anche la soglia di sbarramento. In tutto si eleggono 630 deputati e
315 senatori. Di questi, 12 deputati e sei senatori sono per la prima volta
eletti dagli italiani all'estero. Per loro urne già chiuse, l'affluenza ai
seggi è stata del 42%. Dal Viminale intanto arriva l'appello a non votare
all'ultimo minuto, per non creare affollamento nei seggi e facilitare il lavoro
degli scrutatori.
Per la Radio Vaticana, Giampeiro
Guadagni
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Giornata di voto anche in Ungheria per le politiche. Otto milioni
i cittadini chiamati alle urne nel primo test elettorale dall’adesione
all’Unione europea, nel 2004. La scelta è tra la coalizione di centrosinistra,
attualmente al governo e guidata dal premier socialista Ferenc Gyurcsany, e i
conservatori dell’ex primo ministro Viktor Orban. Ma quali sono le principali
sfide per l’Ungheria in questo momento storico? Risponde da Budapest l’esperto
di relazioni internazionali Marc Erszegi, intervistato da Giada Aquilino:
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R. - Da una parte il risanamento dei conti pubblici, dall’altra
invece la questione del lavoro. Ambo le parti contendenti dicono che in queste
elezioni si sceglierà tra due strade: la prima è quella al governo, la
coalizione di maggioranza dominata dai socialisti e dai liberali, che sono in
pratica gli eredi della nomenclatura comunista degli anni ottanta che ha
trasformato il suo potere politico in potere economico, rimesso in politica
verso la fine degli anni novanta. La seconda è quella dell’opposizione di
centro destra, la cui forza di maggioranza è costituita dai cosiddetti giovani
democratici che hanno cominciato col cambio di regime come forza giovane di
contestazione di stampo liberale, però intorno alla metà degli anni novanta
hanno impresso una decisa svolta conservatrice e democristiana alla loro
politica. La loro guida, il loro capo, Viktor Orban, si esprime più in termini
di democrazia cristiana. Lui era presente la settimana scorsa, quando il Papa
ha ricevuto la delegazione del partito popolare europeo. Viktor Orban ha
impresso alla sua campagna una direzione di contestazione dal punto di vista
della situazione dell’impiego. C’è molta disoccupazione, molte persone,
specialmente in campagna, vivono peggio di prima. Questo è dovuto un po’ al
fatto che l’adesione all’Europa, all’Unione europea, a breve termine comporta
molti disagi, svantaggi, mentre i benefici arrivano dopo.
D. - Cosa è cambiato poi fattivamente con l’ingresso in Europa?
R. - C’è la libera circolazione delle merci, in Ungheria giungono
molte merci a buon mercato e questo crea difficoltà soprattutto all’economia
agraria tradizionalmente forte e privilegiata nel Paese. Pochissimi Paesi già
membri dell’Unione europea hanno aperto il loro mercato del lavoro ai
lavoratori dei Paesi di nuova adesione quindi anche agli ungheresi.
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Quasi 17 milioni di peruviani
sono chiamati oggi alle urne per il rinnovo del Parlamento e l’elezione del
presidente della Repubblica. I candidati per la successione dell’attuale capo
di Stato, Alejandro Toledo, sono 20. Tra i favoriti ci sono il nazionalista di
sinistra Humala, un ex ufficiale dell’esercito che promette grandi cambiamenti
a partire dalla nazionalizzazione delle risorse naturali del Paese; la
candidata di centro-destra Flores, che potrebbe diventare la prima donna presidente
del Perù; e infine il socialdemocratico
Alan Garcia, ex capo di Stato. Ma con quale spirito i peruviani vanno a votare?
Giancarlo la Vella lo ha chiesto al giornalista peruviano, Roberto Montoya,
corrispondente in Italia del quotidiano di Lima “Republica”:
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R. – Io credo che i peruviani
andranno a votare per una linea di continuità. Nonostante le grosse difficoltà
economiche e politiche che ha provato, Alejandro Toledo tutto sommato è
riuscito in quella fragile democrazia che aveva lasciato il precedente governo
della dittatura di Fujimori.
D. – In caso di elezione del
nazionalista Humala, ex militare, potrebbe riprendere vigore la guerriglia di
Sendero Luminoso e di Tupac Amaru?
R. – Le guerriglie di Sendero Luminoso e di Tupac Amaru sono un problema
del passato, penso. Oggi si sta costruendo questa democrazia che è ancora molto
fragile. Quello che noi ci chiediamo, più che altro, è di non ritornare a
quegli anni bui che hanno caratterizzato il Perù e che hanno fatto molti danni
a più di 23 milioni di peruviani. Non vogliamo andare indietro con queste
piccole politiche nazionaliste che veramente farebbero del male alla democrazia
e ai milioni di peruviani che oggi si aspettano un governo diverso, un governo
delle opportunità, un governo che dia soluzioni ai problemi che per tanti anni
ci hanno attanagliato.
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In
Medio Oriente, continua la serie di attacchi mirati da parte dell’esercito israeliano.
Due i raid aerei effettuati ieri dall’aviazione israeliana nella Striscia di
Gaza, al termine dei quali otto palestinesi sono morti, mentre questa mattina
colpi di artiglieria hanno ucciso un tassista a nord di Gaza. I raid, che
secondo l’esercito israeliano sono una risposta all’intensificarsi del lancio
di missili da parte di gruppi palestinesi, hanno provocato da venerdì 14 morti.
Dura la reazione dell’Autorità palestinese, che ha chiesto un intervento
d’urgenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per fermare
l’escalation israeliana.
Nel
frattempo si attende la riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione europea
che lunedì dovranno decidere come procedere dopo la sospensione degli aiuti
alla Palestina deliberata venerdì dalla Commissione europea. Ma che effetti
avrà sulla popolazione palestinese il taglio dei finanziamenti statunitensi ed
europei? Francesca Faldini lo ha
chiesto a Arturo Marzano, docente di storia del Medio Oriente alla facoltà di
Scienze per la pace dell’Università di Pisa.
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R. –
Dimostrerebbe che l’Unione Europea non si fida del voto dei Palestinesi e in
qualche modo ritiene che i Palestinesi hanno fatto uno sbaglio affidandosi ad
un governo che non va bene per l’Unione Europea ed quindi in qualche modo anche
per l’Occidente. Poi, con una conseguenza molo forte perché l’Unione Europea
rappresenta per i Palestinesi quella parte di mondo che li sostiene.
D –
Questa decisione come si ripercuoterà sul popolo palestinese?
R. –
La situazione diventerebbe molto drammatica perché con lo stipendio di una persona,
di un impiegato, mangiano poi dieci persone. Una possibilità potrebbe essere
che Arabia Saudita, Kuwait e Emirati Arabi Uniti diano 80 milioni di dollari
subito per bloccare un po’ le cose.
D. –
Quindi si verrebbe a creare una sorta di blocco da parte del mondo arabo a
sostegno del popolo palestinese?
R. –
L’Arabia Saudita e il Kuwait, dal 1991, finanziano molto Hamas, indirettamente
poi la popolazione palestinese. E questo continuerà o aumenterà, se l’Unione
Europea blocca i fondi.
D. – Il ministro degli Esteri palestinese afferma
che l’eventuale congelamento dei fondi rischia anche di innestare un
boicottaggio dei prodotti europei da parte del mondo arabo ed islamico…
R. –
Io non credo che in Palestina ci sarebbe questo boicottaggio e non credo sinceramente
che la Palestina conti così tanto da riuscire a spingere l’intero mondo arabo a
fare un boicottaggio forte nei confronti del mondo occidentale. Ci sono sempre
delle aperture e comunque delle differenze di posizione da una parte e
dall’altra.
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L'esplosione di
due bombe a Kandahar, nel sud dell'Afghanistan, ha ferito 11 persone, tra cui 6
militari delle forze di sicurezza afghane. Il primo ordigno è esploso al
passaggio di un convoglio dell'esercito afghano. La seconda bomba è stata
fatta esplodere allorché sono giunti
sul posto i soccorsi. Nessuna rivendicazione è ancora giunta, ma secondo le
forze di polizia locali l’attentato va attribuito, come quello di ieri alla
base di Herat, ai Talebani.
In Iraq, i leader
dell’Alleanza irachena unita (AIU), la coalizione dei movimenti sciiti uscita
vittoriosa dalle elezioni dello scorso 15 dicembre, si sono riuniti stamani per
tentare di trovare una via d’uscita dalla situazione di stallo nei negoziati
per la formazione del nuovo governo di unità nazionale. I colloqui giungono nel
terzo anniversario della caduta del regime di Saddam Hussein. Intanto, sia
l’Autorità irachena che il ministro degli Esteri britannico, Jack Straw, hanno
negato che in Iraq sia in corso una guerra civile, come era stato paventato
ieri dal presidente egiziano, Hosni Mubarak, che in un’intervista ad al-Jazeera
aveva anche messo in guardia contro l’influenza dell’Iran sulla leadership
sciita. Stamani, comunque, il capo di Stato egiziano ha cercato, tramite il suo
portavoce, di moderare il tono su tali dichiarazioni. Intanto, sul campo non si ferma la violenza:
cinque bombe sono esplose oggi a Baghdad e nei dintorni, provocando almeno 3
morti, mentre le truppe americane hanno ucciso otto sospetti guerriglieri in un
attacco preventivo nel nord della capitale.
Il governo statunitense starebbe
studiando piani d’attacco contro l’Iran per forzare Teheran ad abbandonare il
suo programma nucleare. A rivelarlo è il quotidiano Washington Post che indica
nel sito nucleare per l’arricchimento dell’uranio di Natanz e nel laboratorio
di Isfan due dei possibili bersagli di un raid statunitense. Quella
dell’intervento militare, scrive il quotidiano, è un’opzione possibile, ma
nessun attacco è previsto a breve termine.
La reazione del governo iraniano alla notizia non si è fatta attendere.
Secondo il portavoce del ministero
degli Esteri iraniano, “quella della stampa statunitense è solo una guerra
psicologica di mezzi d'informazione stranieri''. Rimane intanto congelata la
decisione sugli annunciati colloqui tra Iran e Stati Uniti. Il governo iraniano
ha affermato oggi che ''nessuna data è stata decisa'' sottolineando che i negoziati riguarderanno esclusivamente la
situazione dell’Iraq e non una possibile distensione tra Teheran e Washington.
E’ in corso in questi giorni, in
Nigeria, il colloquio di pace a quattro sul Darfur, regione orientale del Sudan
teatro dal 2003 di un violento conflitto che ha provocato decine di migliaia
di vittime e due milioni di sfollati. A
fare da mediatori tra il governo sudanese e i gruppi ribelli, il presidente
nigeriano Obasnjo e il suo omologo congolese, Sassou-Nguesso, attuale
presidente dell’Unione africana. Secondo i mediatori fino ad ora sono stati
fatti significativi passi avanti, nonostante la lentezza iniziale delle
trattative. Il termine ultimo per trovare un accordo è stato fissato alla fine
del mese.
Segnali di speranza per una
pacificazione giungono anche dalla Costa d’Avorio. Ieri ad Abidjan è stato
raggiunto un accordo tra il governo, i principali partiti dell’opposizione e le
forze ribelli che controllano il nord del Paese, sul calendario che dovrebbe
condurre alle elezioni previste per ottobre 2006. Al termine di una lunga
contrattazione, che aveva bloccato qualsiasi avanzamento del difficile processo
di pace, è stato deciso che le operazioni di disarmo e quelle di registrazione
nelle liste elettorali saranno condotte simultaneamente e senza ulteriori ritardi.
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