RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 94 -
Testo della trasmissione di martedì 4
aprile 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Ultime
battute della campagna elettorale in Italia: è scontro sull’abolizione dell’ICI
4 aprile 2006
RESO NOTO IL PROGRAMMA
DELLE CELEBRAZIONI DELLA SETTIMANA SANTA
PRESIEDUTE DAL PAPA. IL GIORNO DI PASQUA COINCIDE
CON IL COMPLEANNO DI BENEDETTO XVI CHE COMPIRA’ 79
ANNI
La Chiesa si appresta a celebrare la prima Pasqua del
Pontificato di Benedetto XVI. L’ufficio delle Celebrazioni Liturgiche ha reso
noto oggi il programma delle Celebrazioni della Settimana Santa presiedute dal
Papa. La Settimana Santa inizia il prossimo 9 aprile, Domenica delle Palme, e
culmina con il Triduo Pasquale, centro di tutto l’anno liturgico. Il servizio
di Sergio Centofanti.
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“Nella Settimana Santa - scrive
mons. Piero Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie - la
Chiesa celebra i misteri della salvezza: l'opera della redenzione … compiuta da
Cristo” che “morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la
vita”.
Benedetto XVI presiederà tutti i
riti della Settimana Santa a cominciare dalla Messa in Piazza San Pietro, alle
9.30, per la Domenica delle Palme e della Passione del Signore, il prossimo 9
aprile, che coincide con la XXI Giornata mondiale della Gioventù celebrata a
livello diocesano sul tema «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul
mio cammino» (Sal 118, 105). Prima della celebrazione eucaristica si svolgerà
il rito della benedizione delle palme e degli ulivi e la processione.
Martedì Santo 11 aprile, alle 17.30,
il cardinale James Francis Stafford, Penitenziere Maggiore, per incarico del
Santo Padre, presiederà nella Basilica Vaticana il rito per la Riconciliazione
di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale.
Giovedì Santo 13 aprile, il Papa
presiederà in mattinata la Messa Crismale nella Basilica Vaticana e nel
pomeriggio la Messa nella Cena del Signore in San Giovanni in Laterano. Benedetto XVI farà la lavanda dei piedi a 12
uomini. Durante il rito i presenti saranno invitati a compiere un atto di
carità a sostegno del progetto di ricostruzione di case per le vittime delle
devastanti frane che nel febbraio scorso
hanno colpito il territorio della Dicesi di Maasin, nelle Filippine,
provocando centinaia di morti. La somma raccolta sarà affidata al Santo Padre
al momento della presentazione dei doni.
Venerdì Santo 14 aprile alle 17.00 il Papa presiederà
nella Basilica Vaticana la Celebrazione della Passione del Signore con il rito
dell’Adorazione della Croce e poi in serata alle 21.15 la tradizionale Via Crucis al Colosseo: le
meditazioni quest’anno saranno proposte da mons. Angelo Comastri, Vicario del
Papa per la Città del Vaticano (il volumetto della Via Crucis sarà disponibile
nelle librerie a partire da martedì 11 aprile).
Sabato 15 aprile alle 22.00 Benedetto XVI presiederà la Veglia Pasquale
nella Basilica Vaticana, con il rito della benedizione del fuoco nuovo
nell’atrio della Basilica, e domenica 16 aprile, Solennità di Pasqua, il Papa
celebrerà la Messa del Giorno in Piazza San Pietro alle 10.30. Dalla loggia centrale della Basilica impartirà
quindi la Benedizione «Urbi et Orbi».
Quest’anno la Pasqua coincide tra
l’altro con il compleanno del Santo Padre che appunto il 16 aprile compirà 79 anni: tre giorni
dopo, il 19 aprile, ricorrerà il primo anniversario del suo Pontificato.
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UNA ROCCIA NELLA FEDE, TRA LE FATICHE APOSTOLICHE
E LA MALATTIA:
COSI’ BENEDETTO XVI HA RICORDATO GIOVANNI PAOLO II
NELLA MESSA
A UN ANNO DALLA MORTE, INVITANDO
LA CHIESA AD “ANDARE AVANTI” SULLA SCIA DEL SUO
ESEMPIO
Un Papa che ha esteso su tutta la Chiesa l’“influsso
benefico” della propria fede, rimasta “schietta e salda” fino all’“ultimo
viaggio” dell’agonia e della morte. Così Benedetto XVI ha ricordato Giovanni
Paolo II nella Messa di suffragio, presieduta ieri pomeriggio dal Papa in una
Piazza San Pietro di nuovo gremita da decine di migliaia di fedeli a meno di 24
ore dalla veglia della sera prima. Il Papa ha invitato la Chiesa a proseguire
nella costruzione di una umanità più giusta e in pace, facendo tesoro
degli insegnamenti di Papa Wojtyla. La
cronaca dell’evento nel servizio di Alessandro De Carolis.
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(canto)
Un
ricordo che resta vivo come salda fu la “roccia” della sua fede e della sua
personalità, non piegata da oltre 25 anni di fatiche apostoliche né dai mali
fisici. Dodici mesi dopo la scomparsa di Giovanni Paolo II, è questo il
ritratto che Benedetto XVI ha fatto del suo predecessore, con parole che sono
risuonate quasi come un ideale seguito di quanto l’allora cardinale decano Ratzinger,
il giorno delle esequie di Giovanni Paolo II, pronunciò per celebrare il
ritorno di un grande Pontefice alla Casa del Padre.
(canto)
La folla
di un anno dopo, con nel cuore la commozione di un anno fa, è stata la
protagonista di una cerimonia sobria, le emozioni stemperate da una perdita che
l’affetto o la semplice ammirazione hanno avuto il tempo di decantare, ma che
l’anniversario ha reso di nuovo vive e sofferte, pur nella compostezza delle
espressioni:
(canto - parole I Lettura: “Le anime dei giusti
sono nelle mani di Dio…”)
Anche
Giovanni Paolo II fu uno dei “giusti” provati da Dio. “In effetti – ha
riconosciuto Benedetto XVI - nelle difficoltà della vita è soprattutto la
qualità della fede di ciascuno ad essere saggiata e verificata: la sua
solidità, la sua purezza, la sua coerenza con la vita. Ebbene – ha soggiunto -
il compianto Pontefice, che Dio aveva dotato di molteplici doni umani e
spirituali, passando attraverso il crogiolo delle fatiche apostoliche e della
malattia, è apparso sempre più una “roccia” nella fede”:
“Chi ha avuto modo di frequentarlo da vicino ha potuto quasi toccare
con mano quella sua fede schietta e salda, che, se ha impressionato la cerchia
dei collaboratori, non ha mancato di diffondere, durante il lungo Pontificato,
il suo influsso benefico in tutta la Chiesa, in un crescendo che ha raggiunto
il suo culmine negli ultimi mesi e giorni della sua vita. Una fede convinta,
forte e autentica, libera da paure e compromessi, che ha contagiato il cuore di
tanta gente, grazie anche ai numerosi pellegrinaggi apostolici in ogni parte
del mondo, e specialmente grazie a quell’ultimo viaggio che è stata la sua
agonia e la sua morte”.
(canto)
Per un
Papa che “non ha mai fatto mistero – ha affermato Benedetto XVI - del suo
desiderio di diventare sempre più una cosa sola con Cristo sacerdote, mediante
il Sacrificio eucaristico” è possibile a buon diritto, ha osservato, un
paragone spirituale con il “discepolo amato” da Gesù: quel Giovanni che accolse
Maria nella sua casa dopo essere rimasto con lei sotto la Croce:
“Il motto segnato nello stemma del Pontificato di
Papa Giovanni Paolo II, Totus tuus,
riassume bene questa esperienza spirituale e mistica, in una vita orientata
completamente a Cristo per mezzo di Maria”.
Ora, gli
insegnamenti e l’esempio del Papa scomparso un anno fa, ha concluso Benedetto
XVI, devono sospingere la Chiesa verso un presente e un futuro fatto di grandi
ideali che attendono di essere ancora diffusi e resi stabili nell’umanità:
“Cari
fratelli e sorelle, questa sera il nostro pensiero torna con emozione al
momento della morte dell’amato Pontefice, ma al tempo stesso il cuore è come
spinto a guardare avanti (…) Ci tornano alla mente le sue incessanti
esortazioni a cooperare generosamente alla realizzazione di una umanità più
giusta e solidale, ad essere operatori di pace e costruttori di speranza (…) La
forza dello Spirito di Gesù sia per tutti, cari fratelli e sorelle, come lo fu
per Papa Giovanni Paolo II, sorgente di pace e di gioia”.
(applausi)
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Un Papa
umanamente e spiritualmente forte, dunque: un attributo con il quale ieri anche
Benedetto XVI ha scelto di caratterizzare, tra gli altri, la straordinaria
parabola di Giovanni Paolo II. Ecco la testimonianza di uno dei più stretti
collaboratori di Papa Wojtyla, il sostituto della Segreteria di Stato,
l’arcivescovo Leonardo Sandri:
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R. – Siamo abituati a fuggire dalla realtà,
dall’ambiente, dalle difficoltà che abbiamo. Giovanni Paolo II mi ha colpito
sempre per questa forza di voler superare le difficoltà, di voler andare avanti
nonostante la sofferenza, nonostante la limitazione che doveva portare con sé.
C’era una forza spirituale che poteva dare a lui questo coraggio per andare
avanti; effettivamente, vederlo concentrato nella preghiera, nei momenti anche
del più grande rumore attorno a lui, mi ha fatto sempre pensare che dobbiamo
lottare contro le difficoltà della vita e che la forza per poter superare tutto
questo la troviamo solo in Dio.
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Come
accennato da mons. Sandri, la forza di Giovanni Paolo II è emersa in modo
particolare durante le numerose parentesi di sofferenza che hanno fatto da
contrappunto all’esistenza del Pontefice scomparso un anno fa. Un aspetto sul
quale torna con i propri ricordi il cardinale vicario, Camillo Ruini, al
microfono di Luca Collodi:
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R. – Effettivamente, Papa Giovanni Paolo ha
sperimentato la sofferenza fin dalla sua fanciullezza, quando gli è morta la
mamma. Ha amato le persone sofferenti – io ricordo ancora che l’11 febbraio di
ogni anno, salutava personalmente circa 600 ammalati in carrozzella che gli
venivano presentati in San Pietro al termine della Messa della Giornata
mondiale del malato.
D. – Una caratteristica di Giovanni Paolo II sono
stati i viaggi, l’incontro con la gente, sia all’estero che in Italia …
R. – Certo. E’ stato un Papa straordinariamente
missionario che ha preso sul serio ed ha applicato anzitutto a se stesso la
parola che scrisse nella sua prima Enciclica “Redemptor Hominis” e cioè che l’uomo è la via della Chiesa. Per
questo ha voluto incontrare tutti e farsi prossimo a tutti. Per aiutare tutti
ad incontrare Cristo.
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NOMINE
Il Santo
Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Cleveland,
negli Stati Uniti, presentata da mons.
Anthony M. Pilla, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.
Gli
succede mons. Richard G. Lennon, finora vescovo tit. di Sufes ed ausiliare
dell’arcidiocesi di Boston. Mons. Richard Gerard Lennon è nato il 26 marzo 1947
ad Arlington (Massachusetts). E’ stato ordinato sacerdote il 19 maggio 1973 per
l'arcidiocesi di Boston. Nominato vescovo ausiliare di Boston il 29 giugno 2001
ed ordinato il 14 settembre 2001, è stato amministratore apostolico dal 13
dicembre 2002 al 30 luglio 2003 e, finora, è stato vicario generale e
moderatore della Curia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - "La Sua fede, libera da paure e compromessi, ha
contagiato il cuore di tanta gente": Benedetto XVI presiede la Cappella
papale in suffragio di Giovanni Paolo II che ha fatto della sua esistenza un
dono a Dio e alla Chiesa.
All'interno, Cracovia: l'omelia del cardinale Dziwisz durante la Santa
Messa nel santuario della Divina Misericordia di Lagiewniki.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata alle celebrazioni svoltesi nelle
Diocesi italiane in occasione del primo anniversario della morte di Giovanni
Paolo II.
Servizio estero - In rilievo l'Iraq, dove non si arrestano le sanguinose
violenze.
Servizio culturale - Un articolo del nostro inviato Marcello Filotei
dedicato a Gerusalemme "fra storia e vita quotidiana".
Per l' "Osservatore libri" un articolo di Mario Spinelli dal
titolo "La 'Nuova Cronica' di un guelfo decorata con preziose miniature",
in merito all'opera "Il Villani illustrato": Firenze e
l'Italia medievale" a cura di Chiara Frugoni.
Servizio italiano - Elezioni: si è tenuto il secondo duello tv, ma gli
spettatori sono in fuga. Quattro milioni in meno. Fa discutere la promessa di
togliere
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4 aprile 2006
EBREI
E CRISTIANI TRASMETTANO INSIEME LA MEMORIA DELLE FEDE IN DIO
PER
DONARE SPERANZA AL MONDO: COSÌ IL CARDINALE WALTER KASPER
AL CONVEGNO
SUL VENTENNALE DELLA VISITA DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA
SINAGOGA DI ROMA. IL RABBINO CAPO DI SEGNI:
PROSEGUIAMO
IL DIALOGO APERTO DAL RABBINO ELIO TOAFF
Uno strettissimo rapporto, unico
nel suo genere: così il cardinale Walter Kasper, presidente della Commissione
della Santa Sede per i rapporti religiosi con l’Ebraismo, ha definito oggi a
Roma, in Campidoglio, l’amicizia tra ebrei e cristiani. Il porporato è
intervenuto al convegno organizzato in occasione del ventesimo anniversario
della visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga di Roma. All’incontro ha preso
parte anche il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. Il servizio di Tiziana
Campisi.
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Dobbiamo trasmettere la memoria
dell’Olocausto e la memoria della fede in Dio
perché le generazioni future se ne possano nutrire per poi affrontare le
sfide del domani; ebrei e cristiani devono alzare insieme la fiaccola della
speranza per dare al mondo fiducia e coraggio. Questo ha voluto sottolineare il
cardinale Walter Kasper. A lui abbiamo chiesto che cosa è cambiato dal quel 13
aprile del 1986, quando Giovanni Paolo II si recò alla Sinagoga di Roma.
R. - Abbiamo costruito un dialogo
delle civiltà e adesso vogliamo un po’ allargare questo dialogo anche con i
musulmani. E’ un comando della Sacra Scrittura perché noi siamo innestati nella
radice dell’ebraismo, come dice l’Apostolo Paolo.
D.- Come
proseguire la strada tracciata da Giovanni Paolo II lungo questi 20 anni?
R.- Giovanni
Paolo II aveva una biografia sempre legata ad amici ebrei, sin da ragazzo
quando andava a scuola a Wadowice. Adesso abbiamo cominciato non soltanto a
dialogare, ma a cooperare anche perché possiamo fare molte cose insieme in
campo sociale, politico. Abbiamo cominciato in Argentina ad aiutare i bambini;
adesso a Novembre, nel nostro incontro a Capetown, in Sudafrica, porteremo il
nostro aiuto contro l’Aids. Così penso che ebrei e cristiani potranno fare
molte cose insieme, perché abbiamo molti valori in comune.
Ma che cosa ha significato per gli
ebrei il gesto di Giovanni Paolo II? Ci risponde il rabbino capo di Roma
Riccardo Di Segni:
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R. – La visita di Giovanni Paolo
II alla Sinagoga di Roma ha avuto un impatto radicale, producendo un
significativo cambio di atmosfera nei rapporti tra il mondo cattolico e
l’ebraismo. Da allora si può dire che nulla è più come prima, soprattutto per
quanto riguarda il modo con cui ci si pone l’uno verso l’altro. Questo non significa che i
numerosi problemi che stanno sul tappeto siano stati risolti, ma che c’è stata
comunque una dimostrazione di buona volontà, di buone intenzioni ed una
effettiva volontà di portare avanti i discorsi difficili e complessi.
D. – Lei come raccoglie l’eredità
che le ha lasciato il Rabbino Elio Toaff?
R. – Direi che stiamo in un clima
di continuità. Quello che è stato seminato viene raccolto e si continua a
seminare. Siamo tutti custodi degli impegni presi. Il rabbino Toaff è stato
geloso custode dell’identità e del valore della tradizione ebraica, che non deve
venire in alcun modo al compromesso, è stato ed è un fervido sostenitore della
necessità di un confronto pacifico e costruttivo. E su queste linee andiamo
avanti.
D. - Ci sarà spazio per una visita
di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma?
R. – Sicuramente lo spazio c’è,
l’invito c’è stato. Si tratta soltanto di definire come e quando.
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NUOVA
GIORNATA DI SCIOPERO IN FRANCIA PER CHIEDERE IL RITIRO DEFINITIVO
DELLA
LEGGE SUL CONTRATTO DI PRIMO IMPIEGO PER I GIOVANI:
IN
MATTINATA TRASPORTI PERTURBATI MA NON BLOCCATI.
ATTESA
PER LO SVOLGIMENTO DI MANIFESTAZIONI IN TUTTO IL PAESE
-
Intervista con Giuseppe Bettoni -
Il traffico aereo e i trasporti
pubblici sono perturbati ma non bloccati stamattina in Francia per via della nuova giornata di sciopero per
chiedere il ritiro definitivo della
legge sul contratto di primo impiego per i giovani il CPE. Manifestazioni sono previste in tutto il
Paese. A Parigi, dove precedenti dimostrazioni sono degenerate in scontri
tra casseur e forze dell'ordine, sono
mobilitati quattromila poliziotti. I
giovani e i sindacati hanno mantenuto questa giornata di azione contro il CPE
nonostante la legge sia stata quasi 'sepolta' dal presidente Jacques Chirac,
che l'ha promulgata ma ha chiesto che non sia applicata e che venga elaborato
subito un nuovo testo. Ma per un’analisi
del braccio di ferro che sta proseguendo da molti giorni in Francia, Fausta
Speranza ha intervistato il prof. Giuseppe Bettoni, docente di geopolitica all’Università
Tor Vergata di Roma:
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R. – La popolazione francese
tendenzialmente non molla quasi mai su queste grandi battaglie. Ricordiamoci
quella contro Alain Juppé nel 1995, che portò ad una situazione disastrosa in
tutta la Francia e che oggi si ripropone praticamente su questo contratto di
primo impiego, come viene chiamato, che è una novità assoluta per i francesi:
avevano una tutela totale dell’occupazione e dell’impiego. Chi ne esce con le
ossa rotte è sicuramente de Villepin che, pur mantenendo dura la posizione ha
comunque dovuto cedere lo scettro della decisione pubblicamente a Jacques
Chirac, il quale ha dovuto riprendere le redini anche confermando il ruolo di
de Villepin. Chi ne esce vincente è sicuramente, anche se su un filo di rasoio
molto sottile, è sicuramente Sarkozy, il ministro dell’Interno che sicuramente
vorrà essere candidato alle prossime presidenziali e che è l’antagonista di de
Villepin. Ne esce vincente perché è riuscito a tenere distante e a respingere
un po’ la visione di de Villepin senza però fare autenticamente marcia indietro
cedendo completamente alle proteste di strada. Non è detto che chi sciopera in
questo momento sia riuscito ad averla veramente vinta perché ricordiamo che
Jacques Chirac ha deciso di mantenere il provvedimento chiamato CPE, ma di sospenderne
almeno due aspetti fondamentali: primo, da due anni si passa ad un anno per il
periodo che viene considerato come licenziabile; secondo, d’ora in poi dovrebbe
esserci comunque la spiegazione, la giustificazione del licenziamento. Non si
potrà più licenziare senza giustificazione. Un po’ si va a snaturare il
contratto di primo impiego però viene considerato come una forma di compromesso
accettabile.
D. – Questa battaglia politica in
definitiva lascerà un segno sulla vita politica francese?
R. – Se i sindacati riusciranno a
portare un altro milione, milione e mezzo di persone in Francia che – bisogna
ricordarlo – per i francesi è una cifra gigantesca, non deve essere paragonato
alla media delle manifestazioni nazionali italiane (in Italia siamo più facili
ad andare in strada, i francesi sono molto duri, ma portano poca gente) se
dunque riescono a confermare la massa, allora si potrà assistere
addirittura ad un ulteriore passo
indietro e se accade così, sicuramente si difende una tutela della visione del
lavoro in Francia. Se non ci dovessero riuscire e il contratto di primo impiego
dovesse essere mantenuto, allora ci sarebbe un cambiamento importante nella
visione del lavoro in Francia e questo sarebbe la prima volta dal dopo guerra
ad oggi.
D. – Professore, è un braccio di
ferro svolto tutto in ambito francese, ma potrà avere un significato anche su
scala europea?
R. – Non dimentichiamoci che
l’equivalente del contratto di primo impiego in Italia praticamente ci sta già
da tempo, e non si è fatta nessuna battaglia. Credo che la Francia sia l’unico
e ormai l’ultimo bastione che tiene fermo lo sguardo su certi punti essenziali
di tutela nel sociale. Se la Francia crolla, automaticamente si avrà un effetto
domino definitivo.
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SOLO NELL’AMORE
INFINITO DI DIO POSSIAMO TROVARE LA FORZA DI PERDONARE:
COSI’,
L’ARCIVESCOVO DI CHIETI-VASTO, BRUNO FORTE, RIFLETTE SUL SENSO
CRISTIANO
DEL PERDONO, DOPO LA BARBARA UCCISIONE DEL PICCOLO TOMMASO
La barbara
uccisione del piccolo Tommaso da parte dei suoi rapitori ha scosso
profondamente le coscienze degli italiani. “Un orrore agghiacciante che mozza
il fiato”: così, ha sintetizzato i sentimenti di un popolo intero il presidente
della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. L’efferatezza del crimine ha inoltre
suscitato un confronto, nell’opinione pubblica, sul senso del perdono e
l’esigenza di giustizia. “Non lasciarti vincere dal male. Ma vinci con il bene
il male” ci dice San Paolo. Ma dove il cristiano può trovare la forza di
perdonare di fronte all’uccisione di un bambino innocente? Alessandro Gisotti
ha raccolto la riflessione dell’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte:
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R. –
Perdonare significa donare, donare… E’ un dono all’infinito e come tale la
logica del perdono non è una logica del “do ut des”, non è una logica che possa
essere commisurata alla capacità dell’altro di corrispondere al perdono donato,
è proprio una logica di gratuità! La vera ragione del perdono è di non avere
ragioni, cioè la gratuità dell’amore. E’ chiaro che questo significa che non si
può arrivare al perdono in maniera estrinseca, che non comporti cioè un
processo interiore di maturazione profonda, che faccia crescere nel cuore la
capacità di amare, attingendola dell’amore infinito di Dio. Questo donare senza
misura non deve naturalmente violare le esigenze della giustizia e anche, in
forza di un bisogno di amore, la necessità che la persona perdonata porti anche
frutti di penitenza nella sua vita.
D. – L’uccisione di Tommaso ha
anche riportato nella sua tragica evidenza quanto la dignità dell’uomo, anche
del più piccolo indifeso possa essere schiacciata dall’odio…
R. – Mi sembra
che questo punto sia emerso nelle dichiarazioni dei genitori del piccolo
Tomasso, che hanno detto al vescovo di Parma: “Noi ci auguriamo che quello che
è successo possa servire affinché simili efferatezze e barbarie non si ripetano
più e possano aiutare a capire che ogni vita, specialmente del piccolo, del
debole, dell’indifeso, ha una dignità immensa, infinita, che va rispettata”.
Naturalmente questo discorso si estende alla vita sin dai suoi primissimi
istanti e, dunque, porta con sé quello che la Chiesa ribadisce costantemente.
Questo senso di un’attenzione alla vita emerge da questa vicenda in maniera
molto forte. Chi si è giustamente scandalizzato per l’atrocità commessa verso
il piccolo Tommaso dovrebbe parimenti sentire l’indignazione e il rifiuto verso
ogni forma di violenza sull’innocente, specialmente l’innocente non nato. Penso
alla tragedia dell’aborto o penso anche a chi con facili pretese di assolutezza
vorrebbe che in nome della scienza si potesse manipolare l’embrione, si potesse
agire su di esso a piacimento, come se non godesse del rispetto dovuto
all’essere umano.
D. – Eccellenza, forse non si
parla più abbastanza, in modo appropriato, del male o peggio lo si banalizza.
Cosa può fare, dunque, la Chiesa, un pastore come lei, ma anche i fedeli nella
loro vita quotidiana?
R. – Io sono convinto che il primum
nell’annuncio che noi abbiamo da dare al mondo deve essere quello del bene,
cioè della bellezza, dell’amore, della gioia che viene da Dio. Detto questo
proprio chi annuncia il primato del bene, il primato dell’amore, il primato
della verità di Dio, alla luce di questo primato più chiaramente riconosce il
male. Il male va chiamato per nome. Ad esempio, non basta dire che il peccato è
il male. Bisogna dire anche che il peccato fa male. Il male è devastante, è
distruttivo. Noi dobbiamo continuamente chiedere al Signore la grazia di
percepire quanto sia grande la tragedia del peccato, ma anzitutto dal punto di
vista della dignità dell’uomo. Il peccato, il male, ferisce questa dignità.
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4
aprile 2006
“LA TRASMISSIONE DELLA FEDE
NELLA FAMIGLIA”: E’ IL TEMA SCELTO
PER IL V INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE CON IL
PAPA.
APPUNTAMENTO A VALENCIA, IN SPAGNA, DALL’1 AL 9
LUGLIO PROSSIMO
- Servizio di Roberta Gisotti -
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VALENCIA. = “Un’occasione privilegiata per scoprire e
proclamare nuovamente la bellezza della vocazione matrimoniale”, “in questa ora
della storia piena di gravi interrogativi e profonde speranze”: cosi i vescovi
spagnoli, in chiusura della loro Assemblea plenaria a Madrid, evidenziano in un
Messaggio il cuore di questo evento, che vedrà riunite a Valencia – secondo le
attese – un milione e mezzo di persone, giunte oltre che dal Paese iberico, dal
resto d’Europa e dall’America Latina. Grande attesa per l’incontro con
Benedetto XVI, che giungerà nella città spagnola l’8 e 9 luglio per annunciare il
Vangelo della famiglia, “il cui valore - scrivono i vescovi - è centrale per la
società e la Chiesa”. Due i momenti previsti il sabato sera e la domenica
mattina con la celebrazione della Santa Messa. Obiettivo primario di questa V
riunione mondiale delle famiglie – ricordiamo che il primo Incontro fu
convocato nel ’94 da Giovanni Paolo II – è “aiutare - raccomandano i presuli
spagnoli - a rafforzare l’identità della famiglia, basata sul matrimonio, come
luogo in cui le persone ricevono il dono della vita e gli impulsi necessari per
viverla con dignità”. Ma se il Vangelo della vita è sempre stato importante,
osserva l’episcopato spagnolo, “oggi è particolarmente urgente. Il nostro
popolo – scrivono i vescovi – apprezza molto la famiglia. I giovani la stimano
e desiderano crearne una felice, nonostante le difficoltà.” I presuli ammettono
che “ci sono forze impegnate nell’alterazione della realtà stessa del
matrimonio di fronte alle nuove generazioni, ma noi crediamo – sottolineano -
che essere sposo e sposa, padre e madre, sia qualcosa di imprescindibile per
formare una famiglia sul cardine del matrimonio”. Famiglia “luogo idoneo per
accogliere i figli e curarli nella salute corporale e spirituale: ambito della
ecologia umana, santuario della vita e speranza della società”
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SI CELEBRA OGGI LA PRIMA
GIORNATA MONDIALE CONTRO LE MINE ANTIUOMO, CHE SPARSE ANCORA OGGI IN 84 PAESI
CAUSANO OGNI ANNO TRA LE 15 E 20 MILA VITTIME. APPELLO DEL SEGRETARIO GENERALE
DELL’ONU PERCHE’ TUTTI GLI STATI RATIFICHINO IL TRATTATO INTERNAZIONALE PER
ABOLIRE QUESTI MICIDIALI ORDIGNI
NEW YORK. = Un appello ai Paesi del pianeta, che non lo
hanno ancora fatto, a ratificare il Trattato internazionale per l'abolizione
delle mine antiuomo: a lanciarlo il segretario generale delle Nazioni Unite,
Kofi Annan, in un messaggio per l’odierna prima Giornata mondiale contro le
mine antiuomo. Sono oltre 200 mila i chilometri quadrati della Terra
contaminati dalle mine, sparse in ben 84 Paesi. Un arsenale ad orologeria che
provoca ogni anno tra 15 mila e 20 mila vittime. "Le mine antiuomo",
scrive Annan, "sono crudeli strumenti di guerra. A decenni di distanza
dalla fine dei conflitti, questi assassini invisibili giacciono silenziosi sul
terreno, aspettando di uccidere e mutilare. A causa delle mine antiuomo, le
battaglie del Ventesimo secolo mietono le vittime del Ventunesimo secolo, con
nuovi incidenti ogni ora". Una mina - aggiunge il segretario generale
dell’ONU - può "tenere in ostaggio un'intera comunità. Può impedire agli
agricoltori di coltivare i campi, ai rifugiati di tornare a casa, perfino ai
bambini di giocare. Blocca la fornitura di assistenza umanitaria e impedisce il
dispiegamento degli operatori di pace. Nelle società post-conflitto, le mine
antiuomo rimangono uno dei più grandi ostacoli alla ricostruzione e alla
ripresa". La comunità internazionale deve fare riferimento alla
Convenzione del 1997. "Il Trattato, che conta 150 Stati", ha
sottolineato Annan, "sta già dando risultati tangibili. I governi, i donatori,
le organizzazioni non governative e le Nazioni Unite collaborano ad un livello
senza precedenti per affrontare tale problema in oltre 30 Paesi. Sia la
produzione sia il collocamento delle mine antiuomo sono in diminuzione. Il
commercio globale di mine si è di fatto fermato, le riserve sono state
distrutte, le operazioni di sminamento sono state accelerate e sono state
iniziate campagne di informazione sui rischi delle mine". Il messaggio di
Kofi Annan si chiude con una precisa richiesta ai donatori “di rinnovare il loro
impegno finanziario” e alla comunità internazionale “affinché rivolga la
propria attenzione all'impatto sul piano umanitario” di questi ordigni:
“Insieme dobbiamo batterci contro il male delle mine, è un alto dovere morale”.
(R.G.)
A MOSCA, MESSA DI SUFFRAGIO IN
MEMORIA DI GIOVANNI PAOLO II,
PRESIEDUTA DALL’ARCIVESCOVO KONDRUSIEWICZ NELLA
CATTEDRALE DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE
- A cura di padre Dominik -
MOSCA. = La memoria di Giovanni Paolo II è stata ricordata
il 2 aprile nella cattedrale cattolica dell’Immacolata Concezione a Mosca. La
Santa Messa è stata celebrata dal Metropolita Tadeusz Kondrusiewicz nel duomo
gremito di fedeli e amici. Prima della
celebrazione, nell’ingresso del duomo, l’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca
ha acceso una lampada davanti a un grande ritratto del Papa scomparso il 2
aprile 2005. All’interno della Chiesa, erano state collocate alcune fotografie
che mostravano i vari periodi della vita di Karol Wojtyla. Nell’omelia
pronunciata durante la celebrazione – riferisce l’Agenzia Blagovest-Info -
mons. Kondrusiewicz ha sottolineato i momenti che, a suo avviso, meglio hanno
caratterizzato il Pontificato di Giovanni Paolo II. Ricordando che alla vigilia
delle morte del Papa, Piazza San Pietro si era riempita di gente in maggioranza
giovane, il presule ha definito quel momento “una nuova Giornata Mondiale della
Gioventù”. Papa Wojtyla amava molto i giovani che considerava la speranza della
Chiesa e del mondo, ha aggiunto citando le parole pronunciate dal Papa al
Policlinico Gemelli. “Noi, cattolici russi, siamo profondamente riconoscenti a
Giovanni Paolo II. Grazie a lui – ha
proseguito mons. Kondrusiewicz - furono stabilite relazioni diplomatiche tra la
Santa Sede e la Russia. E’ stato lui, 15 anni or sono, il 13 aprile del 1991, a
ricostruire le strutture della Chiesa Cattolica in Russia”. Dopo la Messa, ha
avuto luogo un incontro dedicato alla memoria di Papa Wojtyla, con la
partecipazione di rappresentanti delle autorità civili, chiese e organizzazioni
civili. Il vicepresidente del Consiglio della Federazione Russa, Alexander
Torshin, ha chiamato il compianto Papa un grande umanista del XX de XXI secolo,
che “non solo amava la Russia ma la capiva”. Lo statista ha ringraziato la
Chiesa Cattolica in Russia per aver seguito i consigli di Giovanni Paolo
II. “Il nostro compito oggi – ha
aggiunto Alexander Torshin - è di ricordare più spesso i suoi consigli”. Per la
prima volta sul defunto Papa ha parlato un rappresentante dei vecchi-credenti.
Il Metropolita Kornilij Roman Chrustal’jov ha notato come Papa Wojtyla sia
stato “una persona eccellente, un cittadino responsabile per le sorti dei
Paesi, il destino delle persone, un uomo che con il suo amore ha riempito di
contenuto la vita umana e la dignità umana”. Alla fine dell’incontro, è stato
proiettato il film “Non abbiate paura, io sono con voi.”
AVIARIA, BILANCIO AGGIORNATO
DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’:
DALLA FINE DEL 2003, 190 I CASI UMANI IN NOVE
PAESI, DI CUI 107 MORTALI
GINEVRA. = Con i primi casi umani di H5N1 confermati in
Egitto, il numero di persone colpite dall'influenza aviaria nel mondo è salito
a 190 e quello dei decessi provocati dal virus a 107. Il totale dei Paesi per i
quali sono stati confermati casi umani è inoltre salito a nove, secondo quanto ha
comunicato l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Il primo caso umano di
influenza aviaria dell'attuale epidemia è stato registrato alla fine del 2003
in Vietnam, che è anche il Paese maggiormente colpito con 93 persone infettate
e 42 morti. Nella lista seguono poi l’Indonesia, con 29 casi e 22 morti, la
Thailandia, con 22 casi e 14 morti, la Cina, con 16 casi ed 11 morti, la
Cambogia con 5 casi tutti mortali. Gli altri quattro Paesi colpiti, hanno
segnalato il primo caso umano solo a partire da questo anno 2006: Turchia, 12
casi e 4 morti, Azerbagian 7 casi e 5 morti, Egitto 4 casi e 2 morti ed Iraq 2
casi letali. Per quanto riguarda invece la diffusione del virus tra gli
animali, è giunta stamane la notizia di un caso d’infezione in un pollo alle porte
di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, che diviene il quinto Paese africano
interessato dal micidiale virus dopo Nigeria, Niger, Camerun ed Egitto. (R.G.)
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4 aprile 2006
- A cura di Fausta Speranza -
Riprende
il processo a Saddam Hussein: domani l'ex rais sarà ancora alla sbarra per una
nuova deposizione, ma mentre il procedimento a suo carico per la strage di 148
sciiti si avvia ormai a conclusione, si profila entro aprile anche l'accusa di
genocidio, per il massacro di decine di migliaia di curdi commesso alla fine
degli anni '80 nella campagna di Anfal. In ogni caso il presidente iracheno
Jalal Talabani puntualizza che la sentenza sull'ex dittatore sarà emessa al
termine del dibattimento su tutti i crimini di cui è imputato. Ma che
significato ha l’accusa di genocidio a Saddam per i curdi iracheni? Giada
Aquilino lo ha chiesto ad Adib Fathe Alì, giornalista iracheno e rappresentante
della comunità curda in Italia:
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R. –
Potrebbe segnare la riconciliazione del popolo curdo con il resto della
popolazione irachena o comunque con l’Iraq, se davvero Saddam Hussein venisse
processato per i crimini commessi nel periodo dall’’86 all’’88, con quella che
fu definita Operazione Anfal, che secondo le fonti curde ha ucciso oltre 100
mila persone in questi quattro anni terribili. Le organizzazioni internazionali
tipo Human Rights Watch parlano di 50 mila civili massacrati da operazioni
militari, con le armi chimiche.
D. – Cosa
si aspettano i curdi da questo nuovo processo?
R. – Io
credo, e parlo da curdo, che venga fuori la verità storica. Il fatto che è
stato fatto ricorso ad armi terribili nei confronti della popolazione inerme
deve essere codificato nella storia dell’umanità. Abbiamo diritto anche noi che
la nostra storia venga scritta con lettere maiuscole, che l’umanità capisca e
sappia che un crimine è stato commesso.
D. – In
riferimento ad un’altra strage, quella dei 148 sciiti, Saddam rischia la pena
di morte. Potrebbe essere eseguita?
R. –
Esiste una diffusa tentazione di fare giustizia e vendetta subito,
probabilmente anche perché da un punto di vista politico possa servire per
attenuare le azioni terroristiche in Iraq e così via. E’ mio fortissimo
desiderio che non venga condannato o, comunque, se anche venisse condannato a
morte, non venisse eseguita questa condanna. Se dobbiamo imparare a convivere
con la democrazia, se dobbiamo apprendere la democrazia, questo non avviene in
un giorno o due. Dobbiamo assolutamente cominciare da questo passo: “Non
uccidere più un uomo per nessuna ragione”.
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Intanto,
l'incaricato d'affari iraniano in Iraq fa sapere che i negoziati tra Iran e
Stati Uniti per cercare di stabilizzare la situazione in Iraq si
svolgeranno ''apertamente'' a Baghdad
con la partecipazione di rappresentanti iracheni, ma il programma non è ancora
stato messo a punto nei dettagli. I
contatti dovrebbero riguardare esclusivamente l'Iraq e quindi non la questione
nucleare iraniana o altri argomenti di contrapposizione tra i due Paesi, come
il conflitto israelo-palestinese e la situazione in Libano. A proposito di
Iraq, Iran e USA ritengono che il governo dovrebbe essere formato a Baghdad il
più presto possibile e concordano sulla formazione di un esecutivo di
solidarietà nazionale. Le differenze riguardano i modi per arrivare alla
formazione del governo.
E intanto sembra ci sia una presa di posizione
da parte dell’Iran in tema di nucleare: il ministro degli Esteri, Mottaki, ha
affermato che Teheran ''non può negoziare con alcun Paese la rinuncia ai suoi
diritti''. Inoltre, secondo la radio di Stato, l'Iran ha annunciato di avere
sperimentato un nuovo missile terra-mare denominato 'Kowsar', in grado di
sfuggire ai controlli radar.
Aerei militari israeliani hanno effettuato
oggi un raid nella Striscia di Gaza colpendo, tra gli obiettivi, una piazzola
di parcheggio di elicotteri vicino all'ufficio del presidente palestinese Abu
Mazen (Mahmud Abbas). Secondo fonti locali palestinesi, che ne hanno dato notizia,
è stato anche colpito un campo di addestramento della polizia palestinese. Un
giornalista palestinese è rimasto ferito.
E' stata posticipata un’operazione cranica cui
il premier israeliano Ariel Sharon doveva essere sottoposto nel pomeriggio. L’intervento
è stato rinviato dopo aver rilevato una leggera infiammazione alle vie
respiratorie. Da tre mesi il premier si trova in coma, in condizioni definite
gravi ma stabili. Sharon è stato ricoverato il 4 gennaio nell'ospedale Hadassah
Ein Karem di Gerusalemme in seguito ad un ictus cerebrale e l’intervento di
oggi avrebbe dovuto ricostruire una parte del cranio e consentire così di
trasferirlo in un reparto di lunga degenza in un ospedale di Tel Aviv.
Il premier spagnolo, Jose Luis Rodriguez
Zapatero, ha ricevuto stamane alla Moncloa il capo del governo regionale basco,
Juan Jose Ibarretxe, per discutere le prospettive di pace dopo la recente
dichiarazione di una ''tregua permanente'' da parte dell'Eta. L'incontro
Zapatero-Ibarretxe si inserisce nel contesto di una serie di consultazioni
politiche che il premier avrà con i vari dirigenti di partito. Obiettivo di
Zapatero con i vari leader è quello di ottenere il massimo appoggio prima di
tornare in parlamento, una volta accertato che il cessate-il-fuoco tiene ed e'
totale, per ottenere il via libera al negoziato con l'Eta.
Con il secondo e ultimo confronto televisivo
di ieri sera tra Berlusconi e Prodi, la campagna elettorale è ormai entrata
nelle battute finali. Toni sempre molto aspri, soprattutto quando si parla di
tasse e conti pubblici. Ma con il ritorno del sistema proporzionale, non
mancano i distinguo anche tra partiti alleati. Servizio di Giampiero Guadagni:
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E’ davvero
difficile immaginare se il faccia a faccia televisivo di ieri sera tra i due
candidati premier abbia spostato voti. E se abbia convinto qualcuno dei
tantissimi indecisi, l’ago della bilancia anche di queste elezioni. Ma
certamente soprattutto a loro, agli indecisi, si rivolgono Berlusconi, Prodi e
i rispettivi schieramenti. Berlusconi punta principalmente sul tema tasse.
Accusa l’Unione di volerle aumentare colpendo il ceto medio e ieri sera ha
promesso l’abolizione dell’ICI sulle prime case. Prodi ribatte: il
centrosinistra vuole redistribuire la ricchezza. E anche dal professore una
promessa: la riduzione di cinque punti del cuneo fiscale, cioè la differenza
tra quanto paga un datore di lavoro e quanto effettivamente arriva nella busta
paga del lavoratore. Tutte queste proposte hanno però costi elevati. Si pone dunque
il problema della copertura economica. E qui le risposte si fanno più sfumate e
generali. Berlusconi pensa di tagliare gli sprechi della pubblica
amministrazione. Prodi alla lotta all’evasione fiscale. Ma in pista non ci sono
solo i candidati premier. Con il ritorno del sistema proporzionale grande
spazio anche ai singoli partiti, in una inevitabile competizione interna. Nella
Casa delle Libertà, AN e UDC, con i loro leader Fini e Casini, rappresentano l’anima più solidarista della
coalizione. Così come nell’Unione, Margherita e UDEUR sono la controspinta alle
istanze della sinistra più radicale. Quella che vuole ad esempio abolire il
Concordato e chiede l’introduzione dei PACS, con il riconoscimento delle
unioni di fatto. I cattolici presenti
trasversalmente nei due poli sollecitano piuttosto politiche più incisive per
la famiglia fondata sul matrimonio. Altro tema caldo: la questione irachena.
“L’Italia ha partecipato ad una guerra sbagliata”, afferma il centrosinistra
che intende far rientrare le truppe al più presto. “La nostra è una missione di
pace”, ribatte il centrodestra, che annuncia entro la fine dell’anno un ritiro
concordato con il governo iracheno.
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In attesa di risultati ufficiali nelle
elezioni, in Thailandia l’opposizione continua a contestare il voto e,
soprattutto, vorrebbe rimuovere dall’incarico il premier. Il nostro servizio:
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L'opposizione
thailandese ha deciso di proseguire nelle proteste di strada fino a quando non
darà le dimissioni il primo ministro, Thaksin Shinawatra, accusato di abuso di
potere, di corruzione e, ora, anche di non essere il vero vincitore delle
elezioni avvenute lo scorso weekend. ''E' troppo tardi, a questo punto, parlare
di riconciliazione nazionale'', ha spiegato il responsabile del Partito
Democratico di opposizione, Vejjajiva, respingendo la proposta fatta ieri dal premier di creare una commissione di
saggi per valutare la situazione politica.
Il voto di domenica è stato boicottato
dagli oppositori che hanno esortato gli elettori a non indicare nessun
candidato sulle schede elettorali: il 40 per cento dei votanti ha seguito
questa strada astensionista. C’è da dire che lo spoglio dei voti si è svolto in modo confuso, in alcune
decine di circoscrizioni si dovrà votare nuovamente, e non è chiaro se e quale
maggioranza abbia ottenuto il contestato Thaksin Shinawatra. La commissione
elettorale, sino a questo momento, non ha ancora reso noti i risultati
ufficiali. Intanto il premier, stamani, si è recato in udienza dal re Bhumibol
Adulyadej. Un portavoce governativo ha affermato che si trattava di un incontro
già in programma. In ogni caso, nel corso degli ultimi due giorni, gli
avversari di Thaksin hanno chiesto a gran voce al sovrano di intervenire nella
crisi politica e di nominare un nuovo primo ministro ad interim.
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La coalizione internazionale militare in
Afghanistan ha annunciato oggi l'apertura di un'inchiesta sulla morte di due
soldati statunitensi e di uno canadese che sarebbero stati vittime di 'fuoco
amico' la settimana scorsa nel sud del Paese. Tre soldati canadesi, uno USA e
uno afghano erano anche stati feriti nel corso della stessa operazione, il 29
marzo, nella provincia di Helmand, una delle più colpite dalla ribellione dei
militanti dell'ex regime fondamentalista afghano dei Taleban. La coalizione,
diretta dagli Stati Uniti, ha deciso l'apertura dell'inchiesta dopo aver preso
conoscenza dei primi rapporti sull'operazione, secondo quanto annuncia un
comunicato del contingente USA in Afghanistan.
Ancora un botta e risposta fra Giappone e
Cina: il ministro degli Esteri Taro Aso è giunto ormai a parlare di ''totale
incomprensione'' diplomatica. Il ministro si riferiva alle crescenti
preoccupazioni dimostrate dalla Repubblica popolare per le cerimonie
commemorative a un santuario giapponese per i caduti del secondo conflitto
mondiale, compresi alcuni criminali di guerra. Negli ultimi anni a Tokyo il
premier Koizumi ha ripreso in veste sempre più formale le annuali visite al santuario di Yasukuni, giungendo anche a
firmare ufficialmente il registro del tempio: quest'anno, secondo alcuni
giornali, in vista delle sue dimissioni in settembre, potrebbe effettuare la
commemorazione nella data ipersensibile del 15 agosto, anniversario della fine
della guerra. Venerdì scorso, nel ricevere a Pechino una delegazione nipponica
comprendente l'ex premier nipponico Hashimoto, il presidente cinese Hu Jintao
aveva escluso qualsiasi vertice con Koizumi se non ci sarà una sospensione
delle visite ufficiali di Koizumi a Yasukuni. Lo scorso anno vi erano state
nella Repubblica popolare varie e tumultuose proteste di piazza contro le
cerimonie al sacrario nipponico, ma Koizumi ha ora tentato di sminuire la
questione parlando di semplice ''divergenza di opinioni'' che non dovrebbe
bloccare il dialogo ai massimi livelli fra le due potenze asiatiche.
La Lega e la delegazione polacca fanno
nuovamente parte del gruppo euroscettico 'Ind Dem' del Parlamento europeo. Il
presidente Josep Borrell ha infatti annunciato in apertura di seduta che la
composizione del gruppo continua ad essere ''identica'' a quella che era prima
del 15 marzo, quando il gruppo venne ''ristrutturato''. Borrell ha spiegato di
avere ricevuto una lettera dei due co-presidenti del gruppo, Jens Peter Bonde e
Nigel Farage, nella quale gli hanno chiesto di ''revocare'' l'annuncio avvenuto
in aula il 16 marzo sulla nuova
composizione del gruppo. Questa sera è stato convocato il gruppo nella sua
originaria composizione di 33 eurodeputati.
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