RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 91 - Testo della trasmissione di sabato 1 aprile 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Mai sacrificare l’uomo a scienza e tecnica: così Benedetto XVI ai partecipanti al seminario, in Vaticano, dedicato al ruolo delle università.  Intervista con il cardinale Zenon Grocholewski

 

Il Papa riceve i Reali del Belgio

 

Il popolo di Dio di nuovo in cammino verso Roma per rendere omaggio a Giovanni Paolo II nel primo anniversario della morte. Domani sera la veglia di preghiera in San Pietro con Benedetto XVI: le testimonianze del cardinale Stanislaw Dziwisz e dell’arcivescovo Angelo Comastri

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Andrea Bocelli canta a Firenze la preghiera di Giovanni Paolo II per la pace: intervista con il tenore

 

Il Vangelo di domani: il commento di p. Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Grande partecipazione ieri in Brasile ai funerali di don Bruno Baldacci, il sacerdote “fidei donum” ucciso nei giorni scorsi a bastonate : arrestati due sospetti

 

Si chiude oggi pomeriggio a Cracovia il processo rogatoriale della fase diocesana per la Beatificazione di Giovanni Paolo II

 

La Chiesa messicana chiede agli Stati Uniti una legge sull’emigrazione che rispetti i diritti umani

 

Appello dei leader religiosi iracheni  per la ricostruzione dell’Iraq

 

24 ORE NEL MONDO:

Gli Stati Uniti offrono aiuti all’Iran, dopo il terremoto che ha causato ieri almeno 70 morti

 

Ancora scontri in Francia dopo il discorso di ieri sera di Chirac sul Contratto di primo impiego: arrestate almeno 100 persone

 

La Thailandia al voto senza le opposizioni, che accusano il premier di corruzione

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 aprile 2006

 

MAI SACRIFICARE L’UOMO A SCIENZA E TECNICA:

COSI’ BENEDETTO XVI AI PARTECIPANTI AL SEMINARIO, IN VATICANO,

DEDICATO AL RUOLO DELLE UNIVERSITA’. L’OBIETTIVO PER IL FUTURO:

  “AIUTARE L’EUROPA A CONSERVARE LA SUA ANIMA”

 

“L’essere umano non può mai essere sacrificato ai successi della scienza e della tecnica”: è una delle riflessioni di Benedetto XVI nel discorso ai partecipanti al Seminario sul tema “Il patrimonio culturale e i valori delle Università europee come base per l’attrattività dello ‘Spazio Europeo di Istruzione Superiore”. L’incontro, in Vaticano, è stato organizzato in collaborazione con la Conferenza dei Rettori delle Pontificie Università, con la Pontificia Accademia delle Scienze, con l’UNESCO-CEPES, con il Consiglio d’Europa e con il patrocinio della Commis-sione Europea. Hanno aderito esponenti del mondo universitario provenienti da oltre 50 Paesi, guidati stamane dal  cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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L’uomo è capolavoro della Creazione, – ricorda il Papa – illustrando i punti fermi della visione cristiana, in una fase in cui è “fondamentale” la questione antropologica. Al mondo accademico il Papa dice che ogni realtà culturale ha un passato e un futuro fatto di progetti, per poi sottolineare che “si tratta di chiarire quale sia la concezione dell’uomo che è alla base dei nuovi progetti”. E il Papa è molto chiaro e diretto quando afferma:

 

“E giustamente voi vi domandate a servizio di quale uomo intenda essere l’Università: di un individuo arroccato nella difesa dei soli suoi interessi, di una sola prospettiva di interessi, materialistica, o di una persona aperta alla solidarietà con gli altri, nella ricerca del vero senso dell’esistenza? Che deve essere un senso comune che trascende la singola persona”.

 

Stessa concretezza quando Benedetto XVI focalizza un altro punto essenziale: chiedersi “quale sia il rapporto tra la persona umana, la scienza  e la tecnica”. E denuncia gravi rischi: “lo sviluppo tecnologico ha preso in carico, grazie all’informatica, una parte anche delle nostre attività mentali, – spiega – con conseguenze che coinvolgono il nostro modo di pensare e possono condizionare la nostra stessa libertà”. ”Occorre dire con forza – aggiunge – che l’essere umano non può essere mai sacrificato ai successi della scienza e della tecnica”. Ecco la questione antropologica, di fronte alla quale far valere la ricchezza del patrimonio delle Università europee:

 

“Per noi, eredi della tradizione umanistica fondata su valori cristiani, va affrontata alla luce dei principi ispiratori della nostra civiltà, che hanno trovato nelle Università europee autentici laboratori di ricerca e di approfondimento”.

 

La Chiesa – chiarisce il Papa – intende dare il suo contributo alla riflessione per la costruzione dell’Europa del Terzo Millennio, alla quale sono chiamate proprio le Università. E a questo proposito Benedetto XVI ricorda che costante è stata la sollecitudine della Chiesa nei secoli verso i centri di studio. E che “le istituzioni universitarie si distinsero sempre per l’amore della sapienza e la ricerca della verità, con riferimento costante alla visione cristiana che riconosce nell’uomo il capolavoro della creazione”. “L’università – afferma Benedetto XVI – è nata dall’amore del sapere ed anche da un sapere che conduce all’amore”.

 

E a proposito del ruolo delle Università, spiega che “nell’attuale situazione ad esse è chiesto di non accontentarsi di istruire, ma di impegnarsi anche a svolgere un attento ruolo educativo al servizio delle nuove generazioni, facendo appello al patrimonio di ideali e valori che hanno segnato i millenni passati”.

 

Dunque, ecco il progetto per il futuro: “Aiutare l’Europa a conservare la sua ‘anima’ rivitalizzando quelle radici cristiane che l’hanno originata”.

 

Un progetto però che proprio perché si nutre della memoria del passato spinge Benedetto XVI a ricordare quanto notava Giovanni Paolo II nell’Esorta-zione post-sinodale Ecclesia in Europa: “Dalla concezione biblica dell’uomo, l’Europa ha tratto il meglio della sua cultura umanistica  ed ha promosso la dignità della persona, fonte di diritti inalienabili. In tal modo la Chiesa ha concorso a diffondere e consolidare i valori che hanno reso universale la cultura europea”. E il Papa aggiunge:

 

“Ma l’uomo non può comprendere se stesso in modo pieno se prescinde da Dio”.

 

“E’ questa la ragione – spiega – per la quale non può essere trascurata la dimensione religiosa dell’esistenza umana nel momento in cui si pone mano alla costruzione dell’Europa del terzo millennio”.     

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Al centro del convegno promosso dalla  Congregazione per l’Educazione Cattolica c’è stato, tra l’altro, il dibattito sulla concezione del  vero progresso. Giovanni Peduto ne ha parlato con il cardinale Zenon Grocholewski prefetto del dicastero:

 

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R. – Io penso che oggi più che nel passato ci si accorge che il vero progresso dell’umanità non è soltanto il progresso tecnico, il fatto che possiamo andare su altri pianeti o che possiamo fare macchine sempre più sofisticate, perché la scienza può essere usata sia per il bene, sia per il male. In realtà, la scienza, la tecnica, sono state usate anche per rendere le guerre più terribili, le ingiustizie più raffinate, l’oppressione dei popoli più perfida. Dunque, è molto importante in quali mani si pongono le conquiste della scienza e della tecnica. Tutto il nostro convegno era impostato proprio su questo argomento: il vero progresso dell’umanità dipende anche dallo sviluppo delle scienze umanistiche, dalla riflessione dell’uomo, dalla formazione della persona umana che deve essere responsabile nell’usufruire delle conquiste della scienza e della tecnica affinché non diventino una minaccia per tutta l’umanità.

 

D. – Perché è necessario oggi difendere e rilanciare il patrimonio culturale europeo?

 

R. – Perché in questa prospettiva della  responsabilità dell’uomo  la tradizione universitaria europea ha molto da dire. La nostra cultura, soprattutto la cultura europea universitaria, ci insegna che per un vero progresso, per un vero sviluppo dell’umanità si deve soprattutto formare integralmente la persona umana e non soltanto insegnare le tecniche.

 

D. – Qual è il contributo che la Santa Sede ha potuto offrire in questi anni al dialogo sui valori della cultura continentale?

 

R. – Penso che la Chiesa cattolica forse è all’avanguardia tra coloro che cercano un dialogo con tutte le culture, un dialogo vero, che conduca alla pace, alla comprensione, e non un dialogo che conduca alla conflittualità. Ieri al convegno c’era  una signora francese, musulmana che mi ha detto: ‘Questo incontro per me è stato un momento di grande importanza; è una benedizione di Dio, questo simposio’. Dunque, ha visto questa nostra disponibilità al dialogo, alla pace … La Santa Sede questo l’ha fatto sempre. Giovanni Paolo II l’ha fatto con tutte le sue forze; lo fa l’attuale Papa e la nostra Congregazione, praticamente, cerca di avvicinare la gente, di condurla alla comprensione dell’altro, per arricchirlo, e non per distruggere l’avversario.

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IL PAPA RICEVE I REALI DEL BELGIO

 

Sempre stamane il Papa ha ricevuto le Loro Maestà il Re Alberto II del Belgio e la Regina Paola con il seguito. Quindi, in successive udienze, ha ricevuto il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, l’arcivescovo Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, l’arcivescovo Michael Louis Fitzgerald, nunzio apostolico nella Repubblica Araba d'Egitto e delegato della Santa Sede presso l’Organizzazione della Lega degli Stati Arabi, e mons. Salomon Lezoutié, vescovo di Odienné, in Costa d’Avorio, in visita “ad Limina”. Nel pomeriggio, il Papa riceverà l’arcivescovo Francesco Monterisi, segretario della Congregazione per i Vescovi.

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone mons. Francisco Montecillo Padilla, finora consigliere della nunziatura apostolica in Australia, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Nebbio, con dignità di arcivescovo.

 

Benedetto XVI ha nominato anche nunzio apostolico in Samoa mons. Charles Daniel Balvo, arcivescovo titolare di Castello, nunzio apostolico in Nuova Zelanda, Isole Cook, Isole Fiji, Isole Marshall, Kiribati, Stati Federati di Micronesia, Palau, Tonga, Vanuatu, e Delegato Apostolico nell’Oceano Pacifico.

 

In Honduras, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Tegucigalpa padre Darwin Rudy Andino Ramírez, della Congregazione dei Padri Somaschi, finora parroco di “San Juan Bautista in Tegucigalpa e consigliere provinciale della Provincia Centroamericana dei Padri Somaschi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Orta. Mons. Darwin Rudy Andino Ramírez  è nato a Tegucigalpa il 6 agosto 1959. Ha compiuto gli studi ecclesiastici di Filosofia presso l’Istituto Filosofico “Manuel Enrique Piñol di Guatemala e quelli di Teologia presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. Ha emesso la professione solenne nella Congregazione dei Padri Somaschi il 29 aprile 1988 ed è stato ordinato sacerdote l’8 dicembre 1990. Nel 2001 è stato nominato assistente dell’arcivescovo di Tegucigalpa nel Consiglio Nazionale Anti-corruzione dell’Honduras.

 

Il Pontefice ha poi nominato suo Inviato speciale alle celebrazioni che avranno luogo a Singapore, dal 21 al 23 giugno 2006, nel XXV anniversario delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

 

 

IL POPOLO DI DIO DI NUOVO IN CAMMINO VERSO ROMA PER RENDERE OMAGGIO

A GIOVANNI PAOLO II NEL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE.

 DOMANI SERA LA VEGLIA IN PIAZZA SAN PIETRO CON BENEDETTO XVI.

 LE TESTIMONIANZE DEL CARDINALE DZIWISZ E DELL’ARCIVESCOVO COMASTRI

 

I fedeli di tutto il mondo si apprestano a commemorare il primo anniversario della morte di Giovanni Paolo II. Il momento culminante delle celebrazioni si vivrà domani sera con il Rosario e la Veglia di preghiera in Piazza San Pietro. L’evento sarà seguito in diretta dalla nostra emittente a partire dalle ore 20.30 in lingua italiana, sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Alle 21.37, l’ora in cui Giovanni Paolo II è tornato alla Casa del Padre, Benedetto XVI si affaccerà dal suo studio per rivolgersi ai presenti e impartire la Benedizione Apostolica. Sul clima che si respira alla vigilia di questo evento, il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Nulla è cambiato, un anno dopo. In via della Conciliazione, a Piazza San Pietro è palpabile la stessa intensa emozione delle ultime ore del Pontificato di Giovanni Paolo II. Cresce il numero di fedeli, tanti i polacchi, che si recano alla Tomba di Karol Wojtyla, nelle Grotte Vaticane. Roma attende una nuova “invasione pacifica”, rinnovato segno dell’affetto filiale per l’amato Papa. Domani sera, poi, Benedetto XVI si unirà ai fedeli nel ricordare il suo venerato predecessore. Ma anche “l’amico fidato”, come lo stesso Papa Giovanni Paolo definì l’allora cardinale Joseph Ratzinger, nel libro “Alzatevi, Andiamo”. Impossibile tener conto di tutte le iniziative promosse per commemorare la morte del Papa del dialogo, del servizio a Cristo, del Papa della pace. Non è solo la Chiesa a celebrare, con commozione e gratitudine, il suo coraggioso Pastore. Anche fedeli di altre religioni, così come tanti non credenti, ricordano con ammirazione, in queste ore, Giovanni Paolo II perché riconoscono che nell’annunciare la Buona Novella ha difeso la dignità dell’uomo, di ogni uomo.

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E con particolare commozione questo primo anniversario della morte di Giovanni Paolo II viene vissuto dal cardinale Stanislaw Dziwisz, la persona che più di tutti gli è stata vicina, sin dagli anni in cui Karol Wojtyla era arcivescovo di Cracovia. Al microfono di padre Jozef Polak, il porporato mette l’accento sui frutti lasciati dal Santo Padre alla Chiesa e all’umanità intera:

 

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R. – L’ultimo periodo della vita di Giovanni Paolo II era segnato da una grande sofferenza e la sua beata morte era e continua a essere per me una profonda esperienza umana e spirituale. Ero accanto al cardinale Karol Wojtyła e poi accanto al Papa Giovanni Paolo II per quasi 40 anni. Oltre al dono della fede, considero questa la più grande grazia e privilegio che mi poteva capitare nella vita. Tutta questa esperienza me la porto dentro. Essa continua a formarmi. La dipartita di Giovanni Paolo II verso la Casa del Padre, l’ho vissuta in spirito di fede, poiché lui così ha vissuto la sua partenza - come passaggio dalla vita alla Vita. Del resto solo alla luce della fede la nostra vita, il nostro morire ha un senso - in quanto essa non va verso l’annientamento, ma verso il suo compimento in Dio che è Amore. Ora, a un anno di distanza, sempre più chiaramente mi rendo conto che la morte di Giovanni Paolo II non era la fine, ma il punto culminante del suo lungo e fiducioso servizio alla Chiesa. In un certo senso la sua morte ha dato inizio ad una nuova efficacia, ha portato nuovi frutti. Questa morte ha liberato nella gente tante energie di bene, tanta compassione, tanto senso d’appartenenza alla grande comunità del Popolo di Dio. Infine, questa morte ha avvicinato e continua ad avvicinare a Dio, a Gesù Cristo tante persone. Giovanni Paolo II è come quel chicco di grano, che è morto per dare la vita, la nuova Vita. Perciò posso dire tranquillamente - benché non senza profonda commozione - che la sofferenza, la morte del Servo di Dio s’è rivelata un grande dono alla Chiesa. Dio l’ha preso in mezzo a noi, ma nello stesso momento ce lo ha regalato in un modo nuovo, diverso. Lo vediamo dai frutti della fede, della speranza e della carità.

 

D. – Da agosto dell’anno scorso Lei, Eminenza, è pastore della Chiesa a Cracovia e dalla settimana scorsa membro del Collegio Cardinalizio. Come Lei vede questo suo nuovo servizio nella Chiesa?

 

R. – Mi rendo conto che la mia nomina ad arcivescovo metropolita di Cracovia è in qualche maniera un prolungamento del mio servizio a  fianco di Giovanni Paolo II. Da lui imparavo a conoscere l’uomo e la Chiesa. Imparavo come servire l’uomo e come assumere responsabilità per la Chiesa di oggi, come annunciare il Vangelo di Cristo nel mondo di oggi. Mi rendo ovviamente conto dei miei limiti di fronte alle sfide che mi sono trovato davanti. Chi non avrebbe tremato in una situazione simile! Ritrovo però la serenità nella consapevolezza che ho da compiere la volontà di Dio e dunque sono fiducioso che Dio mi darà la forza. Inoltre sono profondamente convinto che dal cielo mi accompagna una particolare intercessione del Servo di Dio Giovanni Paolo II. In qualche maniera lui è “responsabile” della mia nuova missione che devo compiere nella Chiesa. Il 24 marzo, dopo il Concistoro, sono andato nelle Grotte Vaticane sulla tomba di Giovanni Paolo II - chiedendo la sua intercessione - per affidare a Dio e alla Madonna la mia strada nella Chiesa e per la Chiesa. Ho una viva convinzione che non sono solo. Poi, incontro tanta gente che - senza dubbio per il ricordo di Giovanni Paolo II - mi manifesta molta benevolenza, mi sostiene con la preghiera, mi aiuta. Ora in Polonia e nell’arcidiocesi di Cracovia ci stiamo preparando a ricevere il Santo Padre Benedetto XVI. Lo abbiamo accolto nel giorno dell’elezione e lo accoglieremo in Polonia come nostro Papa che in questa tappa della storia guida tutto il Popolo di Dio nel comune pellegrinaggio verso la Casa del Padre. Questa visita - ne sono profondamente convinto - renderà ancor più forte il legame dei cattolici polacchi con la Chiesa diffusa su tutta la terra, con la Chiesa universale; approfondirà e rafforzerà tutto ciò che tanto stava a cuore al Santo Padre Giovanni Paolo II.

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E fu proprio mons. Stanislaw Dziwisz, il primo aprile dell’anno scorso, a chiamare l’arcivescovo Angelo Comastri per dare l’ultimo saluto al Papa morente. Da qui inizia il ricordo di quell’esperienza straordinaria che il presule, vicario generale del Santo Padre per la Città del Vaticano, condivide con noi in questa intervista di Tiziana Campisi:

 

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R. – Mons. Dziwisz mi introdusse nella camera del Papa. Per me fu una grande emozione vedere il Santo Padre nel suo letto, ormai morente. C’era un sacerdote che stava leggendo da un libro, in polacco, non capivo. Chiesi cosa fosse e mi dissero che stava leggendo dal Vangelo i racconti della morte e della resurrezione di Gesù, perché il Papa voleva morire quasi ‘immergendosi’ nel racconto della morte e della resurrezione del Signore. Poi, quando vidi il Santo Padre sofferente, con gli occhi però sereni … aveva gli occhi sereni, come se stesse veramente per entrare nella festa, come di fatto stava per entrare nella festa, nella festa attesa, al banchetto di nozze dell’Agnello … Quando lo vidi, mi si impose l’immagine del Venerdì Santo precedente, quando il Papa venne ripreso dalle televisioni del mondo di spalle, … vedere il volto, ma il Papa aveva davanti a sé Gesù, il Crocifisso, rivolto non verso la gente ma verso di sé, come per dire: ‘Lo scopo della mia vita è guardare Lui, è condurre tutti a guardare Lui’. Mi inginocchiai, chiesi al Papa la benedizione, il Papa aveva le braccia molto gonfie per la ritenzione dei liquidi, non riusciva ad alzare il braccio … Io stesso gli alzai un momento la mano e il Papa subito, immediatamente fece un cenno di benedizione che io custodisco come un caro ricordo e, potrei dire, come un piccolo testamento personale.

 

D. – Lei ha avuto modo di leggere alcuni biglietti lasciati nella tomba di Giovanni Paolo II. Quali sono quelli che l’hanno più colpita?

 

R. – Mi ha colpito anzitutto un fatto: che sono tutti biglietti che sottolineano il rapporto delle famiglie e dei giovani con il Papa. Sono o famiglie che pregano e che chiedono un’invocazione per la famiglia, oppure famiglie che pregano per i giovani, per i figli, che dicono a Giovanni Paolo II:Tu hai amato tanto i giovani, proteggi mio figlio’, oppure giovani che dicono: ‘Tu sei stato un Papa giovane, anche a 80 anni avevi il cuore giovane, capivi i nostri problemi e avevi un linguaggio che si faceva capire da noi’. Giovani che dicono:Aiutami a conservare la fede’, ‘Aiutami a realizzare nella mia vita un progetto bello’, ‘Aiutami a capire quello che Dio vuole da me’, ‘Aiutami a non rassegnarmi alla meschinità, alla banalità, alla frivolezza’, che oggi è diventato l’ideale di tanti giovani …

 

D. – Da tutti questi messaggi, che cosa è possibile evincere?

 

R. – La conclusione ovvia è questa: che la gente ha sentito subito Giovanni Paolo II come un santo. Questa fama di santità è stata immediata e corale. La gente viene lì alla tomba per pregare, per pregare sulla tomba di uno che ritiene ormai nella festa dei santi e quindi lo invoca come un intercessore davanti a Dio.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Prima pagina – “Ubbidiente alla Croce con audacia biblica” è il titolo che apre la prima pagina in occasione del 1° anniversario della morte di Giovanni Paolo II. L’udienza del Papa alle Loro Maestà il Re Alberto II del Belgio e la Regina Paola.

 

Servizio vaticano - Il ricordo di Giovanni Paolo II negli articoli di Migone, Comastri, Riccardi, Pendinelli, Mattei. Lettera del Santo Padre al cardinale Rouco Varela per la nomina a Inviato speciale alle celebrazioni del V Centenario della nascita di San Francesco Saverio.

 

Servizio estero - Corno d’Africa: si temono diecimila morti al mese per la carestia. Medio Oriente: nuova ondata di violenze in Israele e nei Territori. Iraq: per la Rice commessi “migliaia di errori tattici” ma è stato giusto rovesciare Saddam Hussein. Nucleare: l’ultimatum dell’ONU all’Iran complica la crisi. Iran: si aggrava il bilancio del terremoto nel Lorestan. USA: un anno fa Terri Schiavo moriva di fame e di sete. Francia: Chirac firma la legge sul CPE ma chiede di non applicarla e cambiarla. 

 

Servizio culturale – L’Elzeviro di Mario Gabriele Giordano “L’uovo di Pasqua”.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema dei conti pubblici.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 aprile 2006

 

 

ANDREA BOCELLI CANTA A FIRENZE

LA PREGHIERA DI GIOVANNI PAOLO II PER LA PACE

- Intervista con il tenore -

 

Per ricordare la figura di Giovanni Paolo II, un Papa che ha speso molte delle sue forze per la pace nel mondo ed il dialogo con il mondo dell’arte, il Maggio Musicale Fiorentino ha eseguito ieri sera al Teatro Comunale di Firenze, con repliche questa sera e domani, il Canto di pace, la preghiera del Pontefice che fu recitata ad Assisi nel 2002 e che è stata messa in musica dal compositore Marco Tutino. Sul podio il Direttore d’Orchestra Steven Mercurio, mentre la voce tenorile è quella di Andrea Bocelli. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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         “La Tua parola ci insegnerà ad inventare la pace”: si fa canto questa densa preghiera levata da Giovanni Paolo II ad Assisi nel 2002. Un declamare espressivo si apre alla melodia che si fa meditazione, mentre le invocazioni del Pontefice sono caratterizzate da momenti di tenerezza, di timore e di speranza. Una partitura affrontata da Andrea Bocelli con particolare stato d’animo, perché in questo caso – come conferma il famoso tenore – il suo impegno di artista travalica l’arte e il canto:

 

R. – Io affronto questo spartito di musica classica e moderna per la prima volta, quindi per me ha un significato sia dal punto di vista artistico ma soprattutto sono i contenuti religiosi che mi hanno invogliato, per così dire, ad affrontare questa esperienza.

 

D. – Cantando le parole del Papa, che cosa può ricordare della sua figura?

 

R. – Io ho incontrato Giovanni Paolo II in diverse occasioni; spesso mi è stato chiesto di tracciare un ricordo di questo grande Papa. Mi è sempre stato molto difficile, perché è una personalità così alta, così complessa … però prendo a prestito quello che è stato detto da un sacerdote polacco poche sere fa, intervistato dalla televisione italiana il quale, parlando del Papa, ha detto: ‘Era un uomo che viveva come due realtà allo stesso tempo. Era con te, parlava con te, era vicino a te spiritualmente, ma si aveva la sensazione che con l’anima fosse altrove’. Questa è una cosa che mi ha colpito perché è una percezione che ho avuto anch’io, e la condivido profondamente.

 

D. – Giovanni Paolo II si è speso moltissimo, seguendo le orme di Paolo VI, per un dialogo tra l’arte e la fede cristiana. Personalmente, come vive questo impegno?

 

R. – E’ difficile da dire. Ma se l’arte è un dono di Dio, come io voglio sperare e pensare che sia, naturalmente è un dono di Dio che va messo a servizio degli scopi per i quali siamo qui sulla terra. Primo tra tutti, penso, la pace, la carità, l’amore per il prossimo.

 

D. – I momenti del “Canto di pace” che lei sente più ispirati, quali sono?

 

R. – Il “Canto di pace” è uno spartito che noi potremmo definire post-romantico e ci sono delle frasi particolarmente suggestive: per esempio, quando si intona questa frase bellissima, “Nel nome di Maria”, dice lo spartito, lì c’è una forte suggestione che la musica e le parole riescono a dare.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani 2 aprile, 5a Domenica di Quaresima, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui alcuni Greci chiedono agli Apostoli di poter vedere Gesù. I discepoli riferiscono al  Signore la richiesta di quei Greci e Gesù risponde:

 

“È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto … Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”.

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:

 

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I Greci vogliono conoscere Gesù. Cristo non va da loro per farsi conoscere, ma annuncia che lo conosceranno in un altro modo. Anche agli Apostoli che lo hanno conosciuto Cristo ha proibito loro di parlare di Lui perché hanno avuto difficoltà ad accettare che Lui fosse un Messia pasquale. Allora anche per i Greci Cristo dice che sarà manifestato e conosciuto quando sarà innalzato sulla Croce perché allora attirerà tutti a sé. Per conoscere Cristo non basta una conoscenza teorica, ci vuole una conoscenza integra che passa attraverso l’amore. Amare significa agire concretamente, cioè servire. Servire non vuol dire fare ciò che voglio io, ma seguire il Signore, camminare sulle sue orme, vivere in comunione con Lui, diventandogli simile. Così l’uomo lo serve. Seguendo Cristo fino al Triduo Pasquale si giunge alla manifestazione della gloria di Dio. La conoscenza di Cristo in questo modo per l’uomo significa la vita: e la gloria di Dio è l’uomo vivente.

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CHIESA E SOCIETA’

1 aprile 2006

 

ARRESTATI DUE GIOVANI SOSPETTATI DELL’OMICIDIO DI DON BRUNO BALDACCI,

IL SACERDOTE FIDEI DONUM, ORIGINARIO DI LA SPEZIA, UCCISO IN BRASILE.

I FUNERALI SONO STATI CELEBRATI IERI MATTINA. IL VESCOVO DELLA DIOCESI DI

LA SPEZIA: UNA TESTIMONIANZA GENEROSA DI SERVIZIO AI PIÙ POVERI

- A cura di Tiziana Campisi -

 

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VITÓRIA DA CONQUISTA. = Si sono svolti ieri mattina, nella cittadina di Vitória da Conquista, nello Stato di Bahia i funerali di don Bruno Baldacci, sacerdote Fidei Donum originario di La Spezia. Il missionario è stato ucciso a bastonate nella notte tra mercoledì e giovedì nella sua abitazione al fianco della parrocchia di Nossa Senhora das Candeias. La polizia ha arrestato due sospetti, si tratta di un ventiduenne e di un trentacinquenne di una comunità di recupero per tossicodipendenti che padre Baldacci seguiva. I due sono noti per l’insistenza con la quale in passato avevano chiesto denaro al missionario e per piccoli furti commessi nella sua abitazione. In tanti hanno preso parte alle esequie del missionario, ha raccontato all’agenzia MISNA l’arcivescovo di Vitória da Conquista, Geraldo Lyrio Rocha, che ha concelebrato, nella parrocchia di Nossa Senhora das Candeias, i funerali di don Bruno Baldacci. “L’uccisione di don Bruno - ha detto il presule - oltre ad addolorarci, rappresenta motivo di profonda riflessione e preghiera per l’intera comunità. Tutti noi abbiamo già perdonato, seguendo l’insegnamento di Gesù Cristo che ha detto: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”. Ma perdonare non vuol dire non volere giustizia o garantire l’impunità a chi ha commesso un terribile crimine”. Per questa ragione, ha spiegato l’arcivescovo, stiamo affiancando “agli investigatori un bravo avvocato, aiutato da un nostro sacerdote, di modo che si possa seguire ogni sviluppo delle indagini”. E il vescovo di La Spezia-Sarzana-Bugnato Bassano Staffieri, che oggi prenderà parte ad una Messa in suffragio del sacerdote scomparso, ha definito don Baldacci “una testimonianza generosa di servizio ai più poveri” chiedendo ai fedeli della sua diocesi di pregare per lui. Intanto da settimane, a Nova Iguazù, nella periferia di Rio de Janeiro, riceve minacce di morte da settimane don Renato Chiera. Il sacerdote, in Brasile dal 1978, ha fondato la “Casa do Menor”, per l’accoglienza dei “meninos de rua” (ragazzi di strada). La diocesi di Mondovì, di cui fa parte il missionario, ha già chiesto a don Renato di valutare un rientro in Italia o un trasferimento. “Vedrò, ma il mio posto è qui – ha sottolineato il sacerdote -. Chi accetta di svolgere questo lavoro, accetta anche le sue conseguenze, compresa la morte”.

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SI CHIUDE OGGI POMERIGGIO A CRACOVIA IL PROCESSO ROGATORIALE DELLA FASE DIOCESANA PER LA BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II. IN POLONIA DIVERSE

LE CELEBRAZIONI PER RICORDARE IL PONTEFICE SCOMPARSO UN ANNO FA

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

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CRACOVIA.= Grandi celebrazioni a Cracovia, dove la causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II compie oggi pomeriggio un passo importante. Si chiude infatti il processo rogatoriale della fase diocesana. Ci sarà un paese intero, alle 17, nella cattedrale del Wawel, per accompagnare il Servo di Dio Karol Wojtyla sulla strada della santità. Con la Messa celebrata dall’arcivescovo Stanislao Dziwisz, che contemporaneamente festeggia con la diocesi la sua porpora cardinalizia, si chiudono oltre nove mesi di indagine passati a raccogliere testimonianze in lingua polacca. La causa di beatificazione ritorna a Roma e Cracovia ha deciso di salutarla con una grande festa. E’ difficile da queste parti parlare di Giovanni Paolo II al passato. La sua immagine è ovunque: quotidiani, settimanali, gigantografie in giro per la città e basta andare nella piazza del mercato per riascoltare la sua voce trasmessa dagli altoparlanti di uno stand. Oppure si può accendere la TV pubblica, che ha deciso di riproporre ai telespettatori i discorsi di Papa Wojtyla durante i viaggi in Polonia. Per non parlare degli eventi culturali come la mostra fotografica sui 27 anni di pontificato allestita nei giardini di fronte all’arcivescovado. I papà ci accompagnano i figli, le insegnanti ci portano le classi, i fidanzati si fermano commossi davanti alle immagini più toccanti. Venti metri dopo, sotto la finestra più famosa di Cracovia, centinaia di lumini accesi si affollano su un muretto. E da ieri la casa natale di Karol Wojtyla, ormai un museo con alcuni oggetti dell’infanzia e della giovinezza del pontefice appartiene alla diocesi di Cracovia. L’edificio di Wadowice, che era stato acquistato da due imprenditori americani e messo all’asta, è stato acquistato dall’associazione polacca “Ryszard Kreuze” che l’ha donato alla curia di Cracovia. Da due sere, ormai, i giovani si danno appuntamento per pregare insieme nel luogo in cui, fino al 2002, anno dell’ultimo viaggio in Polonia, andavano a salutare il loro Papa. E’ come se Giovanni Paolo II fosse ancora lì e per questa gente c’è ancora. Ha solo cambiato finestra, affacciandosi dal cielo.

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LA CHIESA MESSICANA CHIEDE AGLI STATI UNITI UNA LEGGE SULL’EMIGRAZIONE

CHE RISPETTI I DIRITTI UMANI. IN UN DOCUMENTO I VESCOVI SI ASSOCIANO

ALLE RICHIESTE DEI GIORNI SCORSI DEI PRESULI STATUNITENSI

 

CITTÀ DEL MESSICO. = I vescovi messicani si associano ai presuli statunitensi perché la legge sull’emigrazione, al vaglio degli organi legislativi degli USA, rispetti i diritti umani. Nei giorni scorsi i vescovi americani hanno lanciato un appello in vista dell’approvazione delle misure contro l’immigrazione clandestina. “Stiamo vivendo un momento chiave per migliaia di messicani che si trovano senza documenti negli Stati Uniti, giacché il riconoscimento dei loro diritti e della loro dignità dipende in buona parte dalle misure che il senato adotterà in questi giorni”, scrivono i presuli in una lettera aperta. “Fermare la migrazione con diversi tipi di ‘barriere” è impossibile, – si legge nel documento – è necessario dialogare e cercare soluzioni di fondo, prendendo coscienza del contributo specifico che la migrazione può offrire alla pace mondiale”, continua la lettera, alludendo alla costruzione del muro di separazione al confine tra Messico e Stati Uniti per volontà di Washington. Lo scopo, come scrive l’agenzia MISNA, è quello di impedire l’ingresso illegale di migliaia di cittadini centroamericani che, attraverso il Messico, cercano nuove speranze di vita più a nord. “Insieme ai vescovi degli Stati    Uniti, esigiamo una riforma non escludente, giusta e ragionevole”, affermano i vescovi del Messico nel comunicato emesso dalla Conferenza Episcopale Messicana (CEM). Il documento, riferisce l’agenzia Fides, è datato 28 marzo ed è firmato dal presidente della CEM José Guadalupe Martín Rabago, vescovo di Leon, e dal vicepresidente Carlos Aguiar Retes, vescovo di Texcoco. Nella dichiarazione i vescovi affermano che “è impossibile fermare l’emigrazione con tipi diversi di barriere” e perciò è necessario “dialogare e cercare soluzioni di fondo”. Chiedono quindi agli Stati Uniti di fare uno sforzo per trovare “vie legali affinché i lavoratori messicani trovino impieghi che consentano loro di condurre una vita degna, attraverso un salario giusto, insieme a prestazioni e alle protezioni lavorative adeguate”. I presuli messicani ribadiscono inoltre il loro impegno per favorire un dialogo serio e rispettoso: “Non possiamo trascurare la nostra responsabilità nelle riforme strutturali, affinché i messicani trovino nel nostro paese le condizioni basilari per vivere degnamente, qualunque professione scelgano”. Il comunicato include poi un invito alla cooperazione rivolto a tutti “per ricercare congiuntamente i modi adeguati a risolvere il problema, contribuendo con la nostra partecipazione ed il nostro impegno a riconoscere i diritti, e a rendere giustizia ai fratelli che cercano di migliorare la propria vita”. (T.C.)

 

 

LONDRA: UN DOCUMENTO “PER RICOSTRUIRE L’IRAQ” DALLA

CONFERENZA MONDIALE DELLE RELIGIONI PER LA PACE.

FIRMATARI, LEADER RELIGIOSI IRACHENI CHE VI HANNO PRESO PARTE

 

LONDRA. = I leader religiosi iracheni hanno firmato, nei giorni scorsi, un documento in cui chiedono la ricostruzione del loro Paese. Formulato nell’ambito della Conferenza mondiale delle religioni per la pace, che si è svolta a Londra, il testo contiene diverse proposte per far fronte alla difficile e complessa situazione irachena, come la necessità di “formare un governo stabile e forte” e dar vita ad “un’economia nazionale onesta ed equilibrata”, in grado di risolvere i molteplici problemi attuali. Nell’ambito del dialogo interreligioso, i capi religiosi si dicono impegnati a “mantenere il dialogo fra le varie aree religiose, fedi ed etnie” ed invitano a mettere in evidenza, nei sermoni religiosi, la necessità di incrementare lo spirito di tolleranza e di perdono rifiutando ogni forma di violenza ed estremismo. La dichiarazione auspica che al fine di un alto sviluppo sociale si tenga conto dei valori religiosi perseguiti nel Paese. Nel documento, infine, l’esortazione dei leader affinché “ognuno si assuma le sue responsabilità, non solo con le parole ma soprattutto con i fatti”. Ultimo punto da evidenziare è la richiesta di una maggiore protezione per i luoghi santi. (S.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 aprile 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

          

Si moltiplicano le offerte di aiuto all’Iran, dopo il sisma del sesto grado della scala Richter che ha colpito, ieri, la provincia occidentale del Lorestan. Il bilancio, ancora provvisorio, è di almeno 70 morti e di oltre mille feriti. Il terremoto ha inoltre distrutto 330 villaggi. Per far fronte a questa emergenza, il presidente statunitense, George Bush, ha dichiarato la sua disponibilità a inviare soccorsi in favore del popolo iraniano. Ma qual è la situazione al momento? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Alberto Zanconato, corrispondente Ansa da Teheran:

 

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R. – Ci sono almeno 15.000 famiglie senza tetto, rimaste senza casa in 330 villaggi dell’aerea colpita. Alcuni sono stati solo danneggiati, altri anche interamente distrutti. Le autorità iraniane dicono che i generi di cui si ha necessità più urgentemente sono tende, coperte, cibo e medicinali, oltre a mezzi quali ambulanze ed elicotteri.

 

D. – Come è stata accolta, in questo momento di crisi nucleare con l’ONU, l’offerta di aiuto del presidente Bush?

 

R. – E’ la prima volta che c’è un’offerta, non solo espressa dal presidente Bush, ma anche con un contatto diretto tra un sottosegretario di Stato americano, Nicholas Burns, con l’ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite. Va ricordato che c’è un altro canale diplomatico che è stato aperto o sta per aprirsi per negoziati, a proposito dell’Iraq, tra l’Iran e gli Stati Uniti. Quindi, probabilmente, si sta studiando la situazione qui a Teheran, in vista di possibili sviluppi concreti nei contatti diplomatici. Anche un evento come un terremoto, può assumere un significato politico importante.

 

D. – Quest’ennesimo terremoto può al momento far calare l’attenzione sulle ambizioni atomiche di Teheran?

 

R. – E’ un terremoto che non raggiunge sicuramente le dimensioni di quello di Bam. Dopo il sisma di Bam, che ha causato oltre 30.000 morti, il programma nucleare iraniano non si è fermato.

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In Iraq, esponenti di uno dei gruppi minori che fanno parte dell’Alleanza irachena unita, lista sciita che ha vinto le elezioni dello scorso 15 dicembre, hanno chiesto le dimissioni del primo ministro, Ibrahim Jaafari. Il segretario di Stato americano Condoleezza Rice, in visita nel Regno Unito, ha dichiarato intanto che gli Stati Uniti hanno commesso “migliaia di errori tattici” in Iraq. “Vogliamo che i terroristi catturati – ha poi spiegato la signora Rice - siano processati per i loro crimini”. “E non tolleriamo – ha aggiunto - che nessun americano compia atti di tortura”.

 

In Medio Oriente, cresce la tensione nei Territori occupati per un nuovo raid israeliano nella Striscia di Gaza e per profonde divisioni interpalestinesi seguite all’uccisione, ieri, di un leader fondamentalista. Il nostro servizio:

 

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Prosegue, in Medio Oriente, l’inquietante alternanza tra attacchi condotti da estremisti palestinesi e raid compiuti dall’esercito israeliano. Dopo il lancio, nella notte, di razzi Qassam da parte di fondamentalisti palestinesi nel sud di Israele, l’artiglieria dello Stato ebraico ha bombardato il Nord della Striscia di Gaza, zona di interdizione proclamata unilateralmente. A questi ennesimi attacchi si aggiunge, poi, il caos nelle strade di Gaza. Duri combattimenti hanno visto contrapposti, ieri, i miliziani di Al Fatah, inquadrati nelle forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese, e i guerriglieri dei cosiddetti comitati di resistenza popolare, responsabili di numerosi attacchi contro Israele. La sparatoria, che ha causato la morte di almeno tre persone, è avvenuta dopo la morte, ieri mattina, di un leader fondamentalista, rimasto ucciso nell’esplosione della sua auto. Secondo i movimenti estremisti, l’uomo è stato assassinato in seguito ad un raid di Israele ma non si esclude che l’azione sia stata condotta dai servizi segreti palestinesi. Il rischio, alimentato da queste gravi divisioni interne, è quello di una nuova e drammatica serie di violenze interpalestinesi. Per scongiurare tale inquietante ipotesi, il nuovo governo di Hamas ha promesso di bandire il porto di armi in pubblico nelle strade di Gaza. Il premier Ismail Haniyeh ha lanciato, inoltre, un appello a tutti i palestinesi e ha convocato una riunione straordinaria del governo. “Faremo cessare il caos con la legge e l’ordine – ha spiegato il primo ministro - e ritireremo i civili armati dalle strade per mettere fine a questa situazione pericolosa”.

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In Francia, più di 100 persone sono state arrestate durante manifestazioni di protesta tenutesi nella notte a Parigi, dopo l’intervento televisivo del presidente Jacques Chirac, che ha annunciato il suo “si” alla promulgazione della legge sul controverso contratto di primo impiego. I sindacati francesi confermano, intanto, l’appello a manifestare il prossimo 4 aprile contro il provvedimento, nonostante il presidente Chirac abbia chiesto di introdurre due modifiche alla legge: la riduzione ad un anno del periodo di prova entro il quale i giovani di età inferiore ai 26 anni potranno essere licenziati, e l’esplicitazione dei motivi del licenziamento.

 

Oltre 45 milioni di elettori sono chiamati domani a votare, in Thailandia, per le legislative anticipate. L’esito sembra scontato: il partito del primo ministro, Thaksin Shinawatra, concorre praticamente da solo dopo la decisione, presa dalle formazioni dell’opposizione, di boicottare la consultazione per protestare contro il premier, accusato di abuso di potere e di corruzione. Il servizio di Chiaretta Zucconi:

 

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A poche ore dall’apertura dei seggi, in Thailandia non si respira aria di elezioni. Nelle strade di Bangkok, appaiono soltanto i manifesti dei candidati del partito dominante, il “Thai Love Thai” (i tailandesi amano i thailandesi), che di fatto si presenta da solo alle elezioni di domani: i tre maggiori partiti di opposizione, tra cui lo schieramento democratico, hanno boicottato, infatti, l’appuntamento elettorale, sollecitando gli elettori all’astensione. Secondo la costituzione tailandese, il partito dominante deve vincere con almeno il 20 per cento dei voti. Nella maggior parte dei collegi il “Thai Love Thai si presenta praticamente da solo, ma se non dovesse vincere, la Thailandia si troverebbe di fronte all’impasse costituzionale, con il Parlamento impossibilitato a riunirsi e, quindi, a nominare il nuovo primo ministro. Si annunciano, dunque, elezioni controverse che rischiano di aggravare, piuttosto che risolvere, la profonda crisi del Paese. Uno Stato che sembra diviso a metà: nel Nord e nel Nord-Est sono in maggioranza i sostenitori del premier Thaksin; nel Sud è dato in netto in vantaggio, invece, il partito democratico. Nel caso di una vittoria schiacciante del primo ministro, quest’ultimo potrebbe usare il suo nuovo mandato per dichiarare lo stato di emergenza e far tacere le critiche dell’opposizione che lo accusa di corruzione.

 

Per la Radio Vaticana, da Tokio, Chiaretta Zucconi.

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Tragedia in Uganda: almeno 13 bambini sono morti per l’incendio che ha devastato ieri il dormitorio di una scuola elementare islamica, nella parte occidentale del Paese. Gli inquirenti ritengono che l’incendio sia stato provocato dalla fiamma di una candela.

 

In Brasile, un aereo è precipitato, nella notte, vicino a Rio de Janeiro provocando la morte di 19 persone. Le vittime sono due membri dell’equipaggio e 17 passeggeri. Il velivolo era scomparso dopo essere decollato dalla città di Macae, a circa 180 chilometri ad est di Rio de Janeiro.

 

 

 

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