RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 242 - Testo della trasmissione di mercoledì 30  agosto 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Chi segue Cristo non può vivere attaccato alle ricchezze disoneste: è l’insegnamento di Benedetto XVI all’udienza generale di oggi, dedicata alla figura dell’apostolo Matteo

 

L’attesa dei fedeli abruzzesi per la visita del Papa al Santuario di Manoppello, in programma dopodomani: ce ne parla padre Carmine Cucinelli

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il disagio familiare e infantile al centro del Convegno internazionale promosso dall’Associazione “Amici dei bambini”: con noi, padre Maurizio Chiodi e Marco Griffini

 

Concluse ieri sera, nel capoluogo abruzzese dell’Aquila, le celebrazioni della 712.ma Perdonanza celestiniana: ai nostri microfoni, il vescovo Giuseppe Molinari

 

Dialogo e tolleranza con altre religioni e culture si basano su un confronto tra identità forti e non indistinte: l’opinione di mons. Francesco Follo, osservatore della Santa Sede all’UNESCO

 

Momenti della storia mondiale degli ultimi 40 anni al centro di molti dei film in concorso al 63.mo Festival del cinema di Venezia, inaugurato oggi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Appello del nunzio apostolico in Sri Lanka, mons. Mario Zenari, ai responsabili della scomparsa di padre Nihal Jim Brown

 

Con una dichiarazione congiunta dei leader musulmani per la pace in Iraq si è conclusa a Kyoto, in Giappone, l’ottava Conferenza mondiale delle religioni per la pace

 

“Essere laico significa soprattutto accettare e rispettare la diversità dell’altro”: così, il presidente dell’Uruguay, Vásquez, al seminario nazionale di Montevideo sullo studio della Dottrina sociale della Chiesa

 

Maggiore prevenzione per combattere il traffico di bambini dell’Europa sudorientale: è quanto chiedono l’UNICEF e Terre des Hommes in un rapporto pubblicato oggi

 

Siglato un accordo tra Zimbabwe, Botswana e Zambia per la costruzione di un ponte sul fiume Zambezi che collegherà i tre Paesi

 

Scoperto e ricostruito in Brasile lo scheletro di una nuova specie di dinosauro, vissuto 80 milioni di anni fa

 

E’ morto stamani al Cairo lo scrittore Naguib Mahfouz, Premio Nobel per la Letteratura nel 1988. Aveva 94 anni

 

24 ORE NEL MONDO:

“Israele si ritiri dal Sud del Libano e gli hezbollah rilascino i soldati israeliani rapiti dai combattenti sciiti”: è l’appello lanciato stamani da Kofi Annan a Gerusalemme, dopo l’incontro con il premier israeliano

 

Almeno 36 morti in Iraq per due attentati compiuti in un mercato di Baghdad e in un centro di reclutamento, a sud della capitale

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 agosto 2006

 

 

SEGUIRE CRISTO VUOL DIRE STACCARSI DA OGNI COSA:

È L’INSEGNAMENTO DA BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE

DEDICATA ALLA FIGURA DELL’APOSTOLO MATTEO. “NON È AMMISSIBILE

        HA AFFERMATO – L’ATTACCAMENTO A COSE INCOMPATIBILI

        CON LA SEQUELA DI GESÙ,

COME È IL CASO DELLE RICCHEZZE DISONESTE”

 

L’apostolo Matteo, l’esattore delle imposte che chiamato da Gesù, si alzò e lo seguì, è l’esempio di colui che si distacca da ogni cosa per seguire Cristo. E’ questo l’insegnamento che Benedetto XVI ha offerto oggi ai fedeli presenti all’udienza generale nell’Aula Paolo VI. “Anche oggi – ha detto il Papa - non è ammissibile l’attaccamento a cose incompatibili con la sequela di Gesù, come è il caso delle ricchezze disoneste”. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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(musica)

 

Gesù non esclude nessuno dalla propria amicizia e il buon annuncio del Vangelo consiste proprio nell’offerta della grazia di Dio al peccatore. Si può sintetizzare con queste parole la catechesi di Benedetto XVI, oggi centrata sulla figura dell’apostolo Matteo. Il pubblicano seduto al banco delle imposte al quale Gesù dice semplicemente “Seguimi!”, e che alzatosi lo seguì, è l’esempio, ha sottolineato il Papa, della prontezza nel rispondere alla chiamata, l’abbandono di qualunque cosa. Quella di Matteo, ha proseguito il Santo Padre, è una storia che ancora oggi insegna qualcosa:

 

Evidentemente Matteo capì che la familiarità con Gesù non gli consentiva di perseverare in attività disapprovate da Dio. Facilmente intuibile l’appli-cazione al presente: anche oggi non è ammissibile l’attaccamento a cose incompatibili con la sequela di Gesù, come è il caso delle ricchezze disoneste”.

 

Nella sequela di Matteo, ha aggiunto Benedetto XVI, “è legittimo leggere il distacco da una situazione di peccato ed insieme l’adesione consapevole ad un’esistenza nuova”. Nella figura di questo apostolo, ha affermato il Pontefice, “i Vangeli ci propongono un vero e proprio paradosso”:

 

“Chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza”.

 

Matteo, che in ebraico significa “dono di Dio”, l’esattore delle imposte, è un uomo che secondo le concezioni in voga nell’Israele dei primi secoli era considerato un pubblico peccatore. “Maneggiava denaro ritenuto impuro a motivo della sua provenienza da gente estranea al popolo di Dio”, ha spiegato il Papa, e “collaborava anche con un’autorità straniera odiosamente avida, i cui tributi potevano essere determinati anche in modo arbitrario”. Eppure, Gesù lo accoglie nel gruppo dei suoi intimi, offrendo un grande insegnamento:

 

“Mentre si trova a tavola in casa di Matteo-Levi, in risposta a chi esprimeva scandalo per il fatto che egli frequentava compagnie poco raccomandabili, pronuncia l'importante dichiarazione: ‘Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati: non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori’.

 

Benedetto XVI ha ricordato infine che Matteo è l’autore del primo Vangelo: l’apostolo lo scrisse in ebraico ma noi oggi possediamo solo la traduzione in greco. Un Vangelo, ha concluso il Papa, in cui il discepolo seguita ad annunciarci la misericordia salvatrice di Dio:

 

“E sentiamo questo messaggio di San Matteo, meditiamolo sempre di nuovo, per imparare anche noi ad alzarci e a seguire Gesù completamente”.

 

(applausi)

 

Infine, Benedetto XVI, dopo aver salutato in varie lingue gli ottomila pellegrini presenti all’udienza, ha rivolto un pensiero ai giovani ai malati e ai neosposi. A loro ha indicato “l’eroico esempio di San Giovanni Battista”, di cui ieri la Chiesa ha celebrato il martirio, come stimolo per progettare un’esistenza in piena fedeltà a Cristo, per affrontare la sofferenza con coraggio e per testimoniare un amore sincero per Dio e verso il prossimo.

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LA COMUNITA’ DI FEDELI DELL’ABBRUZZO ATTENDE CON TREPIDAZIONE

LA VISITA DI BENEDETTO XVI A MANOPPELLO. LA TESTIMONIANZA DI PADRE

CARMINE CUCINELLI, RETTORE DEL SANTUARIO DEL VOLTO SANTO,

 DOVE IL PAPA SI RECHERA’ IN PREGHIERA VENERDI’ MATTINA

- Intervista con il religioso -

 

Da quattro secoli, il Santuario del Volto Santo, nella località abruzzese di Manoppello è meta di pellegrini provenienti dall’Italia e da altre parti del mondo. Studiosi, teologi, uomini dotti e di umili origini si sono soffermati in preghiera dinanzi alla reliquia sacra. Nessun Pontefice si era però recato finora al Santuario, retto dai Frati Minori Cappuccini. Comprensibile, dunque, la trepidazione con la quale la comunità di fedeli dell’Abruzzo attenda la visita di Benedetto XVI, venerdì prossimo. Per conoscere meglio la storia della straordinaria reliquia custodita a Manoppello, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Carmine Cucinelli, rettore del Santuario del Volto Santo:

 

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R. – La storia del Volto Santo è desunta da una “Memoria Historica” scritta da un nostro frate cappuccino, padre Donato da Bomba, il quale - per aver sentito testimonianze di persone anziane - racconta di come un pellegrino, arrivato a Manoppello, abbia consegnato ad un medico del paese abruzzese una sacra immagine che questi ha ritenuto fosse l’immagine di Gesù. Il medico l’ha collocata nella sua casa con tanta cura, ed è rimasta nella sua casa 102 anni. Poi è passata di mano: l’ha presa un militare, con la forza, questo militare che era stato incarcerato e che, praticamente, ha venduto la sacra immagine per uscire dal carcere ad un altro medico di Manoppello. Il quale, dopo 20 anni, l’ha regalata ai Frati Cappuccini. I Frati Cappuccini l’hanno da sempre custodito, questo velo, ponendolo in un reliquiario d’argento ed esponendolo alla devozione dei fedeli in pubblico. Fino ad oggi è conservato in questa maniera.

 

D. – Ecco, ora ci sarà anche un pellegrino straordinario: il primo Papa che viene al Santuario di Manoppello. Come vi preparate ad accogliere Benedetto XVI?

 

R. – Anzitutto, con la preghiera. Infatti, questa sera faremo una solenne Veglia di preghiera per preparare questo grande evento, e poi anche con delle cose pratiche: offrendo dei doni… Ma sono soprattutto i cuori ad essere pronti, in attesa trepida di accogliere questo straordinario pellegrino.

 

D. – Peraltro, quest’anno si celebrano 500 anni – secondo la tradizione – dall’arrivo a Manoppello della Veronica, del Volto Santo: quale migliore occasione, quindi, per celebrare questo momento storico…

 

R. – E’ vero, è proprio così. E’ capitata una grande occasione dentro un’altra occasione, anche rilevante. La presenza del Papa è più importante dell’anniversario dei 500 anni. Però, forse questi 500 anni verranno in seguito ricordati perché in questo centenario c’è stata una presenza particolare: quella del Papa.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’udienza generale.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.

 

Servizio estero - Medio Oriente: Kofi Annan chiede ad Olmert di ritirare entro alcuni giorni le truppe ancora dispiegate nel Sud del Libano.

 

Servizio culturale - Un articolo di Claudio Toscani dal titolo “Un’opera permeata della presenza del divino”: è morto Nagib Mahfuz, Nobel per la letteratura nel 1988.

Un articolo di Giuseppe Appella dal titolo “I quadri sono simili a drammi teatrali, pronti ad un’avventura ignota in uno spazio sconosciuto”: Mark Rothko e il pensiero dell’arte. 

 

Servizio italiano - In primo piano il tema della finanziaria. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 agosto 2006

 

IL DISAGIO FAMILIARE E INFANTILE, E LE ESPERIENZE POSITIVE DI RECUPERO,

AL CENTRO DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE PROMOSSO

DALL’ASSOCIAZIONE “AMICI DEI BAMBINI”

- Intervista con padre Maurizio Chiodi e Marco Griffini -

 

Chiude oggi a Bellària, in provincia di Rimini, il Convegno internazione proposto dalla ONG “Amici dei bambini”, che in questa edizione ha visto la partecipazione di giovani cresciuti negli orfanotrofi, di figli, famiglie adottive e 180 associazioni familiari internazionali e del privato sociale. Un percorso di tre giorni fatto di ascolto e racconti per non arrendersi alla difficile situazione di solitudine in cui versano milioni di bambini. Di questo incontro, riferisce padre Maurizio Chiodi, docente di Teologia morale presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano, intervistato da Emanuela Campanile:

 

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R. – Sono due le cose che ci hanno maggiormente colpito delle esperienze raccontate. Dalle loro storie emergeva la profondità e l’irreversibilità del male patito. L’abbandono è qualcosa di assurdo. Essere abbandonati dai propri genitori, da coloro che ti hanno messo al mondo, è un assurdo e come sempre l’assurdo del male non ha un perché. Dalle loro testimonianze emergeva molto chiaro che la domanda “perché” rimane come un grumo non risolvibile, una domanda senza risposta ineliminabile. Ciò che è accaduto non può essere modificato, anche se può essere rielaborato, rivissuto, addirittura può dare inizio a qualcosa di nuovo.

 

D. – In questo quadro, come può inserirsi il volto del bene?

 

R. – La cosa straordinaria che è affiorata è che in ciascuno di questi giovani emergeva la forza della speranza con una chiarezza nitida, straordinaria. Direi che è la forza della speranza, come un piccolo seme che fa capolino dopo l’inverno: è testarda, tenace, cocciuta. E’ come se ciascuno di quei giovani ci avesse aiutato a capire che nella trama della vita c’era nascosto un filo luminoso che consentiva di continuare a sperare e attraverso la paziente attenzione a seguire questo filo, piano piano, ascoltando quelle storie, ci veniva come spiegato dinanzi un disegno nuovo, un filo che è appunto capace di ricostruire un senso straordinario, incredibile.

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Tra i relatori dell’incontro, figura anche Marco Griffini, presidente dell’Associazione Amici dei Bambini, che – sempre al microfono di Emanuela Campanile – spiega le motivazioni che hanno spinto a scegliere come protagonisti del Convegno chi ha vissuto l’esperienza dell’abbandono e quella dell’accoglienza:

 

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R. – Questa volta abbiamo chiamato effettivamente coloro che sono davvero gli esperti, cioè coloro che hanno vissuto l’esperienza dell’abbandono sulla loro pelle e coloro che hanno accolto il bambino abbandonato. Sono loro i protagonisti perché noi vogliamo affrontare una soluzione a questo tremendo paradosso dell’accoglienza, dell’abbandono per cui abbiamo da una parte milioni di bambini abbandonati che vivono nell’attesa di diventare dei figli e dall’altra parte altrettanti milioni di famiglie che vivono anche loro nell’attesa di offrire questa loro disponibilità all’accoglienza. Sono però i 20 anni di questo nostro movimento di famiglie e oggi devo proprio alzare le mani perché non sappiamo più cosa fare per poter fare un’adozione, per poter fare un affido.

 

D. – Perché?

 

R. – Perché si è scoperto solamente da poco che questi milioni di bambini abbandonati sono schiavi, sono letteralmente schiavi di miti, di miti che noi adulti abbiamo creato e sono i miti della famiglia di origine e il mito per cui “il bambino l’ho fatto io e anche se non me ne prendo più cura è comunque mio figlio e lo Stato deve tenerlo”, tenerlo segregato fin quando io decido di riprenderlo. Sono schiavi del “mito dell’assistenza”, al bambino abbandonato gli da mangiare, lo vesto, lo mando a scuola e cosa si vuole di più… L’assistenza pensiamo che superi l’abbandono, sono miti della cultura, di una cultura di origine che vorrebbe dire: “Il bambino è di questo Paese e deve vivere anche da abbandonato in questo Paese”.

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CONCLUSE IERI SERA, NEL CAPOLUOGO ABRUZZESE DELL’AQUILA,

LE CELEBRAZIONI DELLA 712.MA PERDONANZA CELESTINIANA

- Intervista con il vescovo Giuseppe Molinari -

 

Con una cerimonia solenne e semplice allo stesso tempo, ieri sera all’Aquila, in Abruzzo, l’arcivescovo della città, mons. Giuseppe Molinari, ha presieduto il rito di chiusura della Porta Santa della basilica di Santa Maria di Collemaggio, a conclusione della 712.ma Perdonanza celestiniana. La ricorrenza, istituita nel 1294 da Papa Celestino V, ha dato modo a migliaia di fedeli di ottenere l’indulgenza plenaria. Il servizio del nostro inviato all’Aquila Giancarlo La Vella:

 

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E’ stata dunque archiviata la 712.ma ricorrenza della Perdonanza celestiniana, che ha coinvolto migliaia di fedeli aquilani, abruzzesi, ma tantissimi anche da fuori della regione. Per ognuno, un significato particolare, profondo, personale, nel passare la Porta Santa e nell’ottenere, dopo la preghiera, la riconciliazione e la comunione, l’indulgenza plenaria, secondo l’antica tradizione istituita da Papa Celestino V nel 1294. Tracciamo allora un bilancio di questa edizione 2006. Lo facciamo insieme con l’arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari:

 

R. – Nelle cose della fede, dello spirito, è sempre difficile fare dei bilanci: li conosce solo il Signore. Tuttavia, dall’esterno, abbiamo visto tanta gente, uomini e donne che sono venuti qui, si sono accostati al sacramento della Riconciliazione, hanno cercato l’incontro con Dio che poi è il presupposto più forte per un vero incontro con i fratelli. Dobbiamo solo ringraziare il Signore per tutto questo fiume di grazia che si è riversato in questo Santuario del perdono.

 

D. – Si è chiusa la Porta Santa della Perdonanza, ma forse solo in senso materiale. Invece, il messaggio lanciato 712 anni fa da Papa Celestino V continua ancora ad andare verso il mondo?

 

R. – E’ l’augurio che noi ci facciamo, è il proposito che rinnoviamo ogni anno, perché non si riduca tutto ai due giorni di agosto, ma diventi un clima che accompagni tutte le nostre giornate, tutto l’anno. Che la Perdonanza diventi un messaggio di pace, di dialogo, di tolleranza, di accoglienza dell’altro: un messaggio del quale abbiamo tanto bisogno ai nostri giorni.

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DIALOGO E TOLLERANZA CON ALTRE RELEGIONI E CULTURE

SI BASANO SU UN CONFRONTO TRA IDENTITA’ FORTI E NON INDISTINTE:

L’OPINIONE DI MONS. FRANCESCO FOLLO, OSSERVATORE DELLA S. SEDE ALL’UNESCO

- Intervista con il presule -

 

Una identità forte non è un ostacolo al vero dialogo”. L’affermazione dell’arcivescovo Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO, è stata resa dal presule al Meeting di Rimini di Comunione e liberazione, conclusosi sabato scorso. Mons. Follo è intervenuto in un dibattito dedicato al tema dell’incontro tra le culture. “La tolleranza è riconoscere l’altro come valore e non come problema”, ha sottolineato, “paragonando il dialogo ad una 'polifonia delle culture'”. Luca Collodi, nostro inviato al Meeting riminese, ha chiesto a mons. Follo di approfondire l’argomento:

 

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R. – E’ una frase di Benedetto XVI, che ho sentito nella sua intervista alla Radio Vaticana e alla televisione tedesca, e mi sembra una frase felice, perchè rispetto a quella mentalità basata sul “meticciato” delle culture, questa è più propositiva e più rispettosa. Il meticciato, infatti, dà sempre un’idea di qualcosa che arriva per caso. La polifonia, invece, ha come analogia l’orchestra, in cui ogni strumento resta se stesso, ma compone una musica nuova. Quindi, mi sembra sempre un’analogia, ma soprattutto una metafora da sviluppare proprio a livello culturale e dialogico.

 

D. – Come si può oggi armonizzare questa polifonia nella realtà concreta della politica, della storia contemporanea tra i popoli, tra i Paesi?

 

R. – Il primo passo è quello del rispetto, che è termine migliore rispetto a quello di tolleranza. L’altro aspetto, secondo me, è cominciare almeno una riconoscenza. In francese funziona meglio, perché reconnaissance vuol dire sia riconoscere l’altro che essere grato. Quindi, se io riconosco l’altro non come problema, ma come valore, gli sono grato di esistere. Invece, a volte, l’altro è vissuto come problema da integrare.

 

D. – Si parla però di recuperare una forte identità, per arrivare ad un dialogo più efficiente. Non c’è un po’ di contrasto?

 

R. – No, perché nella Santissima Trinità, più Dio è Padre, più è in unione al Figlio e allo Spirito Santo. L’unione non implica fusione, ma esaltazione della propria identità. Quindi, noi seguiamo il modello che Dio è Padre. Sant’Agostino dice: “Dio è l’amante, Cristo è l’amato e lo Spirito Santo è l’amore”. Quindi, l’identità vera non è contrapposizione, è quello che mi permette di dialogare con l’altro.

 

D. – Mons. Follo, lei è osservatore permanente all’UNESCO per la Santa Sede. Cosa può fare l’UNESCO per la pace nel mondo?

 

R. – L’atto costitutivo dell’UNESCO afferma che, visto che le guerre nascono nei cuori umani, bisogna partire dall’educazione del cuore. Quindi, più si svilupperanno delle politiche educative e culturali e più sarà possibile costruire una società, come diceva Paolo VI, sulla civiltà dell’amore. Finalmente l’amore, anche grazie all’enciclica del Papa, non diventa più una cosa solo spirituale, ma diventa un fondamento culturale. Prima, invece, per il mondo “concreto” occorreva la solidarietà, come se l’amore cristiano fosse meno concreto della solidarietà.

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INAUGURATO A VENEZIA IL 63.MO FESTIVAL DEL CINEMA:

EPISODI E FASI DELLA STORIA MONDIALE DEGLI ULTIMI 40 ANNI

AL CENTRO DI MOLTI DEI FILM IN CONCORSO

 

E’ affidato all’americano Brian De Palma, con il torbido noir “The Black Dalia”, tratto dall’omonimo romanzo di James Ellroy, il compito di inaugurare questa sera la 63.ma Mostra internazionale d’Arte cinematografica di Venezia. Undici giorni per riflettere sull’uomo, la sua storia, il passato e il presente, attraverso le sensibilità artistiche di registi e di opere provenienti da ogni parte del mondo. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Non è bello iniziare con le polemiche, seppure a distanza. Lasciamo, dunque, che la rassegna d’arte cinematografica veneziana inizi, offra le sue sorprese, finisca con i tradizionali verdetti dei giurati, quest’anno capitanati da Catherine Deneuve, cinquant’anni di cinema alle spalle. La polemica sarebbe con la temuta Festa di Roma ad ottobre. Troppo vicina. Troppo ricca. Speriamo che lancio di accuse e repentine difese non siano mezzi pubblicitari per entrambe. Il cinema può trarre giovamento da una sana concorrenza. E, ad un Festival di cinema, è sempre più dignitoso e culturalmente nobile parlare di cinema e dei suoi riflessi sul cuore e la coscienza umani. Nel frattempo a Venezia quest’anno dovrebbero mancare, e anche questo è un bene, nei ventuno titoli in concorso (più uno a sorpresa), scandali veri e finti. E dovrebbero mancare anche temi predeterminati. Ne troviamo, forse, uno, uno soltanto: la vita e il nostro mondo, entro cui scrutare tensioni sociali, paure contemporanee, risultati della storia, memorie interrotte, conflitti domestici, visioni di un futuro in cui l’umanità si trova agli sgoccioli, per non aver rispettato se stessa e il pianeta che abitiamo. Degrado del Creato cui ha fatto riferimento il Santo Padre nella preghiera dell’Angelus della scorsa domenica, conscio dell’urgenza di questo inderogabile problema! Così: il cinema è lo specchio dei nostri tempi? Ebbene, sono certamente confusi.

 

Attesa, dunque, per i due italiani in concorso: Gianni Amelio e Emanuele Crialese, il primo con una storia girata nella Cina delle fabbriche che poco hanno di umano, il secondo con un poderoso affresco sulla migrazione italiana verso l’America nei primi del ‘900. Attesa per i molti orientali, i molti americani, per il Leone d’Oro alla Carriera David Lynch e per il novantottenne maestro portoghese Manoel De Oliveira, che confeziona un personale omaggio al grande Bunuel. Infine, tre titoli per riflettere su alcuni episodi difficili di storia contemporanea: “World Trade Center” di Oliver Stone, per raccontare una delle più tragiche giornate dell’America contemporanea, l’11 settembre 2001; “Bobby” di Emilio Estevez, che torna ad un giorno più antico, quello in cui fu assassinato Robert Kennedy, 6 giugno 1968; “The Queen”, nel quale Stephen Frears ha il coraggio di portare sul set Elisabetta II ai tempi della morte di Lady Diana, 31 agosto 1997. La storia: dovrebbe insegnarci a non ripetere errori, a costruire un presente diverso, a progettare un futuro migliore.

 

Da Venezia, Luca Pellegrini per Radio Vaticana.

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AVVISO

 

 

Rendiamo noto che dal 1° settembre 2006 non sarà più possibile ascoltare l’edizione del Radiogiornale delle 14.00 sulla frequenza di 5885 khz in onda corta, che verrà soppressa a partire da quella data. Vi ricordiamo che è sempre possibile ascoltare l’informazione della Radio Vaticana sulle altre consuete frequenze e sul sito internet www.radiovaticana.va, sul quale è in funzione il servizio di podcasting.

 

 

 

 

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CHIESA E SOCIETA’

30 agosto 2006

 

“RICONOSCETE L’ERRORE COMMESSO E COMPORTATEVI DI CONSEGUENZA”:

E’ L’APPELLO LANCIATO OGGI DAL NUNZIO APOSTOLICO IN SRI LANKA,

MONS. MARIO ZENARI, AI RESPONSABILI DELLA SCOMPARSA, IL 20 AGOSTO SCORSO NELLA PENISOLA SETTENTRIONALE DI JAFFNA, DI PADRE NIHAL JIM BROWN

 

COLOMBO. =: “Faccio appello ai vostri sentimenti di umanità, chiedendovi di riconoscere il vostro errore e di agire di conseguenza”:  così, il nunzio apostolico in Sri Lanka, mons. Mario Zenari, nell’appello lanciato oggi, attraverso i microfoni di AsiaNews, ai responsabili della scomparsa, il 20 agosto scorso, di padre Nihal Jim Brown, parroco di Allaipiddy, nella penisola di Jaffna, insieme al suo assistente, Vimalathas. “Siamo tristi e scoraggiati per la scomparsa di padre Brown – ha detto il presule - e allo stesso tempo testimoniamo come ora più che mai quanto egli sia presente nei cuori della sua gente, che ama la pace”. Da subito, per il sacerdote scomparso si è mobilitato il vescovo di Jaffna, mons. Thomas Savundaranayagam. E’ stato lo stesso presule a raccontare ad AsiaNews di essersi rivolto ieri, per la seconda volta, al presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapakse: “Gli ho chiesto – ha raccontato – di rispondere alla nostra lettera sulla scomparsa di padre Jim e del suo assistente, ma non abbiamo sentito niente finora”. Cresce, intanto, l’ansia tra i cattolici di Jaffna e della vicina diocesi di Mannar, dove il sacerdote ha lavorato per due anni. La settimana scorsa si sono svolti incontri di preghiera e proteste pacifiche. La comunità ha presentato appelli alle autorità locali e allo stesso Rajapakse. Mobilitate anche la Croce Rossa internazionale e la Missione di monitoraggio del cessate-il-fuoco dello Sri Lanka. Padre Brown è scomparso pochi giorni dopo che la sua parrocchia era stata colpita dal fuoco incrociato tra i separatisti Tamil e l’esercito. Sotto gli spari erano morte 20 persone, che avevano cercato rifugio nella chiesa. Dopo l’incidente, il sacerdote aveva fatto trasferire circa 800 abitanti di Allaipiddy nella vicina chiesa di Kayts. (R.M.)

 

 

CON UNA DICHIARAZIONE CONGIUNTA DEI LEADER MUSULMANI,

NELLA QUALE SI INVOCA LA PACE IN IRAQ, SI È CONCLUSA A KYOTO, IN GIAPPONE,

L’OTTAVA CONFERENZA MONDIALE DELLE RELIGIONI PER LA PACE

- A cura di Chiaretta Zucconi -

 

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KYOTO. = L’ottava Conferenza mondiale delle religioni per la pace, conclusasi ieri a Kyoto, in Giappone, non poteva che terminare che con un’accorata dichiarazione congiunta dei leader musulmani, nella quale si invoca la pace in Iraq. Altro gesto significativo è stata la lunga stretta di mano tra i rappresentati indo e buddisti, provenienti dal martoriato Sri Lanka, che hanno sollecitato il cessate-il-fuoco e la ripresa dei colloqui di pace nel Paese. Ma nell’ultima giornata dei lavori, cui hanno partecipato oltre due mila leader religiosi provenienti da più di 100 Paesi, si è parlato anche di Darfur, di Libano e Israele, e di lotta alla povertà. L’incontro interreligioso per la pace, svoltosi nell’antica capitale del Giappone, dove 30 anni fa si tenne la prima Conferenza, ha approvato anche una Dichiarazione sulla violenza contro i bambini, che impegna le comunità religiose e i credenti a lottare contro gli abusi sui minori. Il documento, che promuove la santità della vita in tutte le diverse fasi dello sviluppo del bambino, è stato elaborato a Toledo nel maggio scorso, durante una consultazione globale promossa dall’UNICEF e dalla coalizione internazionale e interconfessionale “Religion for Peace”. Sarà presentato alle Nazioni Unite e ai governi dei Paesi membri in occasione dell’Assemblea generale dell’ONU, l’11 ottobre prossimo.

 

Per la Radio Vaticana, da Tokyo, Chiaretta Zucconi.

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“ESSERE LAICO SIGNIFICA SOPRATTUTTO ACCETTARE E RISPETTARE LA DIVERSITÀ DELL’ALTRO”: COSÌ, IL PRESIDENTE DELL’URUGUAY, VÁSQUEZ, INTERVENENDO

NEI GIORNI SCORSI AL MONTEVIDEO, AL SEMINARIO NAZIONALE

SULLO STUDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

- A cura di Luis Badilla -

 

MONTEVIDEO. = “Va sempre ricordato che “laicità”, “laicismo” e “laico” sono termini simili, ma in realtà indicano cose molto diverse”: è quanto ha dichiarato, domenica scorsa a Montevideo, il presidente dell’Uruguay, Tabaré Vásquez, intervenendo all’ultimo giorno di lavori del Seminario nazionale dedicato allo Studio della Dottrina Sociale della Chiesa, incentrato sulla “preparazione per agire di fronte alle sfide del XXI secolo”. La partecipazione di Vásquez all’incontro appare come un evento eccezionale, visto che l’Uruguay è ritenuto da sempre il Paese più laico e, a volte, il più laicista dell’America Latina. In alcuni momenti della storia di questa nazione, infatti, la laicità, intesa come laicismo, si è anche tradotta in movimenti politici e sociali, nonché culturali, aggressivamente anticlericali. Tuttavia, da qualche anno le cose stanno cambiando nella direzione del dialogo. “La laicità dello Stato, da non confondere con il laicismo – ha dichiarato il capo di Stato, citato sul sito internet della Conferenza episcopale uruguayana – è un fattore che sostiene e aiuta allo sviluppo della democrazia”. Secondo Vásquez, “lo Stato laico deve garantire a tutti gli stessi diritti e le medesime opportunità e, senza patteggiare a favore di nessuno, deve comunque tener conto delle sensibilità e delle tradizioni che fanno parte della storia del Paese da sempre”. Essere laico – ha aggiunto il presidente - significa soprattutto accettare e rispettare la diversità dell’altro, riconoscendo il diritto di ciascuno a difendere e sviluppare le proprie idee e convinzioni religiose, nel rispetto della convivenza sancita nelle leggi”. L’apertura del Seminario, venerdì scorso, era stata a carico di mons. Pablo Jaime Galimberti di Vietri, presidente della Conferenza episcopale uruguaiana, che ha incentrato le sue riflessioni “sull’interazione tra Chiesa e Stato”, estendendo l’analisi anche sulle “condizioni vere e necessarie per promuovere lo sviluppo integrale”. Nelle riunioni di gruppo, nelle plenarie e nei laboratori, si sono succeduti decine di esperti, per discutere di fenomeni sociali di grandi attualità, quali, l’emarginazione sociale, i valori condivisi della società uruguayana e, appunto, la laicità.

 

 

MAGGIORE PREVENZIONE PER COMBATTERE IL TRAFFICO DI BAMBINI

DELL’EUROPA SUD-ORIENTALE: È QUANTO CHIEDONO

L’UNICEF E TERRE DES HOMMES, IN UN RAPPORTO PUBBLICATO OGGI

 

LONDRA. = “I bambini dell’Europa sud-orientale cadono vittime dei trafficanti perché le attività di prevenzione sono troppo scarse e troppo tardive”: è l’allarme lanciato oggi dall’UNICEF e da Terre des Hommes, in un Rapporto dal titolo: “Agire per prevenire il traffico di bambini in Europa sud-orientale: uno studio di valutazione preliminare”. Nel Rapporto, che include le voci e le opinioni di piccole vittime di Albania, Moldova, Romania e Kosovo, si sottolinea la necessità di concentrarsi non più solo sulla repressione, ma soprattutto sulla prevenzione del fenomeno. “Le campagne di sensibilizzazione – si legge nel documento – sono spesso sbagliate, fuorvianti e non sistematiche”. “Alcune – continua il rapporto usano immagini stereotipate di uomini in agguato nell’ombra, mentre in realtà i trafficanti sono spesso familiari o amici; altre, invece, trascurano le forme di traffico a fini diversi dallo sfruttamento sessuale, per esempio per il lavoro domestico, l’elemosina o il furto”. Inoltre, “la maggior parte dei messaggi sono rivolti agli adulti anziché ai bambini e quindi danno poca o nessuna informazione su come i bambini possano proteggersi, a chi rivolgersi o dove chiedere aiuto”. Occorre dunque, secondo l’UNICEF e Terre des Hommes, “combattere il traffico di bambini, affrontando le cause alla radice del problema e i modelli di domanda e offerta che governano il ciclo”. Nel rapporto si chiede “la realizzazione di una rete di servizi e sistemi armonizzati tra loro, sincronizzati e senza falle o sovrapposizioni, sia internamente sia tra Stati diversi, per proteggere i bambini”. Si sottolineano, inoltre, “gli obblighi in tal senso per gli Stati e per genitori, tutori e personale che abbia rapporti professionali coi bambini ai sensi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e di altri strumenti normativi internazionali”. Occorre, infine, “raccogliere e condividere estesamente, al di là dei confini nazionali, indicatori e dati standardizzati e comparabili”. (R.M.)

 

 

SIGLATO UN ACCORDO TRA ZIMBABWE, BOTSWANA E ZAMBIA PER LA COSTRUZIONE

DI UN PONTE SUL FIUME ZAMBEZI CHE COLLEGHERÀ I TRE PAESI

 

HARARE. = E’ stato sottoscritto nei giorni scorsi, dai presidenti di Zimbabwe, Botswana e Zambia, un memorandum d’intesa, che permetterà la costruzione di un ponte sul fiume Zambezi, in grado di collegare i tre Paesi. “Kanzugula” – questo il nome del ponte, secondo quanto riportato dall’agenzia MISNA – costerà 55 milioni di euro e consentirà di varcare il fiume, collegando alcune isole nel punto in cui il corso d’acqua principale esce dalle Cascate Vittoria, al confine tra i tre Paesi e la Namibia. Secondo il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, intervenuto alla cerimonia per la sottoscrizione dell’intesa, “il nuovo ponte rafforzerà il turismo nello Zimbabwe e permetterà un aumento degli scambi commerciali”. Il presidente del Botswana, Festus Mogae, ha identificato nella firma dell’accordo “uno spirito africano di collaborazione e mutua cooperazione”. Secondo la stampa locale, inoltre, la realizzazione del ponte, i cui costi dovrebbero essere equamente suddivisi tra i tre Paesi, potrebbe contribuire in modo significativo a migliorare le rotte commerciali tra il nord e il sud del continente. (A.Gr.)

 

 

 

SCOPERTO E RICOSTRUITO IN BRASILE LO SCHELETRO

DI UNA NUOVA SPECIE DI DINOSAURO, VISSUTO 80 MILIONI DI ANNI FA

 

RIO DE JANEIRO. = “Maxakalisaurus topai”: è il nome di una nuova specie di dinosauro, il cui scheletro è stato scoperto e ricostruito in Brasile da un’equipe di paleontologi dell’università di Rio de Janeiro. Chiamato così in omaggio agli indiani Maxakali, che abitavano la regione dove sono stati rinvenuti resti, il gigantesco rettile, vissuto 80 milioni di anni fa, appartiene alla famiglia dei titanosauri. Lungo 13 metri, il dinosauro pesava originariamente oltre nove tonnellate. I suoi resti, risalenti al periodo tardo Cretaceo, sono stati trovati tra il 1998 e il 2002, vicino a un’autostrada nella zona di Serra de Boa Vista. I paleontologi anno impiegato alcuni anni per ricostruire lo scheletro dell’animale. Rispetto all’ampiezza del corpo, il dinosauro, dal collo e dalla coda lunghissimi, ha una testa relativamente piccola. Sulle sue ossa sono stati scoperti segni di denti. Probabilmente, dopo la sua morte, l’animale e’ stato divorato da dinosauri carnivori. (A.Gr.)

 

E’ MORTO STAMANI A IL CAIRO LO SCRITTORE, NAGUIB MAHFOUZ,

PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA NEL 1988. AVEVA 94 ANNI

 

IL CAIRO. = Divenne famoso nel mondo nel 1988, quando l’Accademia di Svezia gli assegnò il Nobel per la Letteratura, il primo ad uno scrittore arabo. Ma Naguib Mahfouz, morto oggi a Il Cairo, dove era nato 94 anni fa, era già allora in patria uno degli scrittori più noti per la sua opera di romanziere, alla quale ha sempre affiancato l’attività di commediografo e sceneggiatore, oltre a collaborare con le maggiori testate egiziane. Laureato in letteratura e filosofia, Mahfuz ottenne il successo di pubblico e di critica con un ciclo narrativo legato alle esperienze della sua generazione, intitolato “Hams el ghihinun”. Suo è anche un vasto affresco storico sulla civiltà dei Faraoni, con “Radubis”, scritto nel 1943, e “La saga degli Harafish”, del 1977, considerato dalla critica una delle opere più significative. Scrittore amato, ma anche temuto. Venne accusato di blasfemia dagli integralisti islamici, tanto che alcune delle sue opere sono state all’indice per anni nello stesso Egitto, perché le autorità religiose le giudicavano “irriverenti verso la religione”. A scatenare la persecuzione, in particolare, fu “I ragazzi del nostro quartiere”, scritto nel 1959 e a lungo censurato in Egitto e in Libano. Nel sesto anniversario dell’assegnazione del Nobel, il 14 ottobre del 1994, Mahfuz venne aggredito con due coltellate. Colpito alla gola, si salvò per miracolo. Per l’attentato vennero arrestati e processati sette estremisti islamici, due dei quali vennero poi condannati a morte e impiccati. Dopo la guarigione, Mahfuz, continuò instancabile il suo impegno letterario. Lo scorso 14 agosto era stato ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale militare de Il Cairo a causa di problemi respiratori, cardiocircolatori e disfunzioni renali, dopo che, in seguito ad una caduta, aveva riportato un forte trauma cranico. (R.M.)          

 

 

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24 ORE NEL MONDO

30 agosto 2006

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

L’Unione Europea contribuirà con un primo pacchetto di 42 milioni di euro al recupero e alla ricostruzione del Libano. Lo ha annunciato la Commissione europea alla vigilia della Conferenza internazionale dei Paesi donatori, prevista domani a Stoccolma. A Gerusalemme, intanto, il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha incontrato questa mattina il primo ministro israeliano, Ehud Olmert. Il servizio:

 

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Kofi Annan ha lanciato un appello agli Hezbollah per il “rilascio incondizionato” dei due soldati israeliani rapiti da guerriglieri sciiti libanesi lo scorso 12 luglio. Il capo uno delle Nazioni Unite ha anche rinnovato la richiesta ad Israele di revocare il blocco aereo e navale imposto al Libano all’inizio del conflitto e tuttora in vigore. Ma il governo israeliano ha respinto la richiesta, spiegando che il blocco sarà revocato solo quando i valichi di confine non saranno più usati per rifornire di armi gli Hezbollah. Il primo ministro israeliano ha escluso, inoltre, che le truppe dello Stato ebraico si ritireranno nei prossimi giorni dal sud del Libano, dopo l’arrivo di 5000 caschi blu. Israele - ha precisato Olmert indicando tempi più lunghi - si ritirerà dal Libano quando la risoluzione 1701 dell’ONU sarà completamente attuata. Il premier dello Stato ebraico ha espresso, poi, la speranza che il cessate-il-fuoco imposto dalle Nazioni Unite sia l’inizio di un nuovo tipo di relazioni tra Israele e Libano. Ma la situazione nella regione mediorientale continua ad essere estremamente difficile: almeno 6 palestinesi sono morti stamani a Gaza, durante scontri tra attivisti radicali e forze israeliane. Secondo fonti locali, le vittime sarebbero civili che stavano cercando di scappare dalle loro case circondate da carri armati israeliani. Proprio nei Territori palestinesi è iniziato da poco l’incontro a Ramallah tra Kofi Annan ed il presidente palestinese, Abu Mazen.

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Due bombe sono esplose in rapida successione, in Iraq, causando la morte di almeno 36 persone. L’episodio più grave è avvenuto in una zona centrale di Baghdad: 24 civili sono rimasti uccisi per l’esplosione di una bomba nascosta tra i banchi di un mercato, già teatro di attacchi da parte di insorti che contestano il governo del premier sciita Nuri Al Maliki. Poche ore prima, un ordigno - posizionato secondo fonti locali su una bicicletta - era esploso ad Hilla, città a sud della capitale. In questo caso, è stato scelto come obiettivo un centro di reclutamento. Nell’esplosione, avvenuta tra una folla di giovani in fila per arruolarsi, sono morte 12 persone. Il centro era stato aperto appena quattro giorni fa, per trovare nuove reclute tra gli abitanti delle città sciite di Samawa, Najaf e Kerbala. L’arruolamento di forze nuove è essenziale per l’apparato governativo iracheno, in vista del già programmato ritiro graduale delle unità militari straniere, inquadrate nella coalizione multinazionale guidata dagli Stati Uniti. Sono infine saliti a 75 i morti per l’esplosione, ieri, di un oleodotto provocata non da un attacco kamikaze ma dalla fatale imprudenza di decine di persone che, nel tentativo di prelevare abusivamente del carburante, hanno innescato un gigantesco incendio.

 

E le violenze continuano a sconvolgere anche l’Afghanistan, dove ieri almeno 18 ribelli sono morti in seguito a violenti scontri, divampati nella parte meridionale del Paese, tra forze della coalizione e insorti. Sempre nel sud dello Stato asiatico, due civili sono poi rimasti uccisi per un attacco kamikaze contro un convoglio delle forze della NATO. Le truppe dell’Alleanza atlantica sono subentrate lo scorso 31 luglio, in cinque delle sei regioni meridionali dell’Afghanistan, ad alcuni contingenti della forza di coalizione. Si stima che, dall’inizio dell’anno, siano state circa 2000 le persone morte nel Paese in seguito ad attacchi e scontri. Nella maggioranza dei casi, si tratta di ribelli e soldati afgani. Tra le vittime ci sono anche civili, operatori umanitari ed almeno 90 militari stranieri. Complessivamente, il 2006 è stato l’anno con il bilancio più pesante per l’Afghanistan dalla caduta dal regime integralista dei Talebani.

 

Scade domani l’ultimatum dell’ONU all’Iran per avere risposte sulla sospensione del programma nucleare. Ieri, il presidente della Repubblica islamica, Mahmoud Ahmadinejad, ha confermato i consueti toni intransigenti nel dibattito con la comunità internazionale. Il capo dello Stato ha nuovamente respinto le pressioni dell’ONU, ribadendo che l’Iran “non si piegherà alle minacce dell’Occidente”. Che cosa, dunque, ci si può attendere dall’Iran alla scadenza dell’ultimatum? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Alberto Zanconato dell’Ansa di Teheran:

 

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R. – I dirigenti iraniani hanno sempre dichiarato, durante queste settimane prima di questa scadenza, che non avrebbero sospeso l’arricchimento dell’uranio.  Però, hanno anche sottolineato che non l’avrebbero fatto come pre-condizione per poi iniziare i negoziati con l’Occidente. Quindi, questa è la posizione che ha ribadito anche ieri il presidente Ahmadinejad: “L’Iran è pronto a negoziati, però respinge la richiesta di sospensione dell’arricchimento dell’uranio”. Quindi, c’è un rifiuto ma c’è anche la volontà di non rompere completamente con il fronte delle grandi potenze.

 

D. – Secondo te, è eccessivo il timore dell’Occidente nei confronti del programma nucleare iraniano?

 

R. – L’Iran ha lavorato alla tecnologia per l’arricchimento dell’uranio in segreto per 18 anni, senza dire nulla alle grandi potenze, e ha dovuto ammettere di avere questo programma quando la notizia è stata resa pubblica dal maggiore gruppo armato dell’opposizione, i mujaheddin del popolo. E’ una tecnologia che può essere utilizzata sì per alimentare centrali nucleari per l’energia elettrica, ma anche usando la stessa tecnologia in un numero superiore di centrifughe si può arricchire l’uranio fino ad un livello sufficiente per costruire ordigni atomici. Da qui nasce il sospetto, da qui le preoccupazioni della comunità internazionale. A questo scenario, si aggiunge poi il fatto che l’Iran, proprio in questi giorni, ha fatto un ulteriore passo verso la realizzazione di un reattore ad acqua pesante. Da questo si può ricavare plutonio, che è un altro materiale che può essere impiegato nella costruzione di armi nucleari.

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I responsabili della morte di 17 impiegati di etnia tamil dell’organizzazione non governativa francese “Azione contro la fame” (ACF) sono i soldati dell’esercito nazionale dello Sri Lanka. Lo ha dichiarato oggi con un comunicato la Missione di controllo della tregua in Sri Lanka (SLMN), incaricata di monitorare il rispetto della tregua concordata nel febbraio 2002 tra il governo dello Sri Lanka e le Tigri Tamil. Dopo il ritrovamento dei corpi senza vita dei 17 cooperanti, avvenuto lo scorso 6 agosto, l’esecutivo di Colombo aveva deciso di ordinare un’inchiesta per accertare le responsabilità del massacro. L’organizzazione francese ACF ha sostenuto e realizzato progetti in Sri Lanka, dopo il devastante tsunami del 26 dicembre del 2004, che ha causato nel Paese oltre 30.000 morti.

 

Una persona è rimasta ferita per l’esplosione di una bomba a Mersin, sulla costa mediterranea turca. Si tratta del sesto attentato in una località turistica della Turchia: cinque ordigni sono esplosi tra domenica e lunedì causando la morte di tre persone. Gli attentati sono stati rivendicati dal sedicente gruppo curdo dei “Falchi per la liberazione del Kurdistan” che, secondo le autorità turche, è    un’emanazione del Partito dei lavoratori curdi (PKK).

 

Proseguono gli sforzi di Gran Bretagna e Stati Uniti per aprire la strada alla costituzione di una forza di pace per la martoriata regione sudanese del Darfur: i governi di Londra e Washington hanno infatti chiesto, nonostante l’opposizione dell’esecutivo del Sudan, di votare giovedì prossimo una risoluzione per l’invio di 17 mila caschi blu. Le potenze occidentali sono comunque convinte che il Sudan, dopo aver accettato la presenza di una forza internazionale nella parte meridionale del Paese, approverà anche il dispiegamento dei caschi blu nel Darfur.

 

E’ stato rilasciato dai suoi sequestratori ed è in buone condizioni di salute Mario Pavesi, il tecnico italiano rapito lo scorso 24 agosto nel distretto petrolifero della Nigeria. Lo ha reso noto il governo nigeriano e confermato il ministro degli Esteri italiano. In Niger, intanto, il governo ha annunciato che “si disimpegnerà totalmente” dai negoziati per la liberazione dei due turisti italiani, Claudio Chiodi e Ivano De Capitani, ancora nelle mani dei rapitori, lamentando “assenza di cooperazione” da parte delle autorità italiane.

 

Negli Stati Uniti, è cessato in Florida lo stato di allerta per Ernesto, che è stato declassato da uragano a semplice tempesta tropicale moderata. L’arrivo di Ernesto in Florida ha comunque provocato, finora, la morte di due persone in seguito a due incidenti causati da intemperie.

 

 

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