RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 238 - Testo
della trasmissione di sabato 26 agosto 2006
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il Vangelo di domani: il
commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Annunciato in Nigeria il
rilascio di 10 mila detenuti da anni in attesa di
processo
Forte preoccupazione, in Egitto, per l’arrivo di
un’onda di piena del Nilo, che di recente ha già provocato gravi inondazioni in
Etiopia e in Sudan
Un morto e quattro feriti è il bilancio di una
nuova incursione israeliana in Cisgiordania. Nella
notte due raid su Gaza, mentre Abu Mazen annuncia colloqui con Hamas per un governo di unità
nazionale
26 agosto
2006
L’ATTO DI AFFIDAMENTO, IL 26 AGOSTO DEL 1956,
DELL’ALLORA PRIMATE DI POLONIA, CARDINALE STEFAN WYSZNSKI, AL CUORE IMMACOLATO
DI MARIA E’ FONTE ANCHE OGGI DI PIÙ PROFONDE ISPIRAZIONI PER IL RINNOVAMENTO
SPIRITUALE E MORALE.
COSÌ IL PAPA NEL TELEGRAMMA IN OCCASIONE
DELL’ODIERNA FESTA
DELLA MADONNA DI JASNA GÓRA
In occasione dell’odierna Festa
della Madonna di Jasna Góra,
un telegramma del Papa è stato letto durante
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“Questo atto di affidamento –
spiega il Papa – è stato la fonte di più profonde ispirazioni per il rinnovamento
spirituale e morale sia nel periodo di preparativi per il millesimo anniversario
del battesimo, dell’inizio della predicazione cristiana in Polonia avvenuto nel
966, sia negli anni seguenti”. “Soprattutto oggi, come ha indicato il mio predecessore
Giovanni Paolo II, i voti di Jasna Góra – prosegue il Papa – sono la condizione imprescindibile
della vostra maturità sociale e del vostro ruolo in Europa”. Dopo la lettura
del telegramma il primate di Polonia, cardinale Józef Glemp, ha sottolineato nell’omelia l’attualità dei voti di Jasna
Góra e ha chiamato tutti i
fedeli “a combattere la corruzione nella vita pubblica e la criminalità
organizzata, a promuovere la verità e a difendere la vita e la famiglia.
Benedetto XVI ha pregato davanti
all’icona della Madonna di Jasna Góra,
in occasione del suo recente viaggio apostolico in Polonia. Proprio a Częstochowa, nell’incontro dello scorso 26 maggio con
religiosi, religiose, seminaristi e rappresentanti dei movimenti e della
vita consacrata, il Papa ha esortato i
candidati al sacerdozio a lasciarsi guidare da Maria:
“Oggi è Lei a guidare la nostra meditazione; Lei ci insegna a pregare. E’
lei ad indicarci come aprire le nostre menti e i nostri cuori alla potenza
dello Spirito Santo, che viene a noi per essere da noi portato al mondo
intero”.
Un insegnamento che mostra
all’uomo il più autentico cammino di fede. “Maria – ha detto il Santo Padre in quell’occasione - ha sostenuto la fede di Pietro e degli
Apostoli nel Cenacolo, e oggi sostiene la mia e la vostra fede”.
“Nel Cenacolo gli
Apostoli non sapevano che cosa li attendeva. Intimoriti, erano preoccupati per
il proprio futuro. Maria, ‘Colei che aveva creduto
nell’adempimento delle parole del Signore’ (cfr Lc 1,45), assidua insieme
agli Apostoli nella preghiera, insegnava la perseveranza nella fede. Molti di
voi qui presenti hanno riconosciuto questa segreta chiamata dello Spirito Santo
ed hanno risposto con tutto lo slancio del cuore”.
L’icona di nostra Signora di Częstochowa, nota anche con il nome di Madonna nera per
il colore del volto di Maria e di Gesù, è stata realizzata, secondo la tradizione,
dall’Evangelista Luca. Il volto di Maria domina tutto il quadro e chi lo guarda
si trova immerso nello sguardo della Madre del Signore.
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PER LA CHIESA RESTANO I DUBBI DI NATURA BIOETICA SULLA TECNICA DI
PRODUZIONE DI CELLULE STAMINALI ANNUNCIATA DA UN’AZIENDA STATUNITENSE,
SECONDO LA QUALE GLI EMBRIONI FORNITORI NON RISCHIEREBBERO LA VITA
- Intervista con il vescovo Elio Sgreccia
-
Sviluppare cellule staminali senza rischiare
la vita degli embrioni umani che le hanno fornite. E’ quanto promette una delle
principali aziende di ricerca genetica degli Stati Uniti, la Advanced Cell Technologies, nel
descrivere sul numero più recente di un’importante rivista scientifica internazionale,
uscito tre giorni fa, i risultati di una serie di sperimentazioni. La tecnica
suscita però le riserve della Chiesa, perché non esclude in modo assoluto il
rischio che gli embrioni finiscano danneggiati o distrutti. Nel servizio,
Alessandro De Carolis descrive le fasi salienti di
questa nuova tecnica:
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Una microscopica cannula penetra all'interno
della barriera che avvolge l'embrione e ne preleva delicatamente, una alla
volta, alcune cellule, senza pregiudicare la vita dell’embrione stesso. Le
cellule così prelevate, coltivate artificialmente, diventano poi capaci di
svilupparsi in organi o tessuti del corpo umano. Tecnica e
risultati compaiono in dettaglio sull’ultimo numero della rivista
“Nature”. Dopo oltre un anno di sperimentazione, è questo il risultato
raggiunto dalla Advanced Cell
Technologies (ACT), l'azienda statunitense che nel 2001 aveva
annunciato al mondo di aver clonato un embrione umano. Questa volta
l’obiettivo è stato ottenere cellule staminali attraverso un procedimento simile
alla diagnosi pre-impianto che si effettua nei casi
di fecondazione artificiale. Utilizzando tale tecnica, Robert
Lanza, capo della ACT, e i suoi colleghi hanno voluto
sperimentare la possibilità di moltiplicare in laboratorio le cellule prelevate
dai primissimi stadi di vita dell’embrione e di verificarne la capacità di
comportarsi come le linee di cellule staminali embrionali ottenute secondo le
procedure standard.
Il gruppo di Lanza
ha cominciato a lavorare prima con esperimenti su embrioni di topo e poi, visti
i risultati positivi, su embrioni umani in sovrannumero
prodotti da interventi di fecondazione assistita e ottenuti in seguito al consenso
informato al loro utilizzo da parte della coppia. Sono stati utilizzati 16
embrioni umani, da ciascuno dei quali sono state prelevate 8 o 10 cellule. Su
queste cellule immature sono stati condotti complessivamente dieci esperimenti,
ottenendo due linee di cellule staminali embrionali stabili. La tecnica,
scrivono i ricercatori americani, si è dimostrata sicura per l’integrità degli
embrioni perché finora “né il tasso di sopravvivenza né il successivo sviluppo
e le possibilità di impianto differiscono fra embrioni umani intatti allo
stadio di blastocisti e gli embrioni nei quali sono
state prelevate cellule per la diagnosi genetica pre-impianto”.
Tuttavia, gli stessi ricercatori invitano alla cautela per un procedimento che
non ha dissolto ancora tutti i dubbi sulla sua sicurezza e che, avverte la
Chiesa, mantiene intatte anche tutte le obiezioni di carattere bioetico.
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Quali sono dunque i rilievi di tipo etico che
la Chiesa individua in questo procedimento? Risponde il vescovo Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la vita,
intervistato da Alessandro Guarasci:
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R. – Le sperimentazioni annunciate restano sempre
nell’ambito della procreazione in vitro,
di produzione di embrioni in vitro o
per clonazione o per la fecondazione artificiale, che conosciamo già nelle sue
diverse tecniche. E ciò, da un punto di vista non soltanto cattolico ma da un
punto di vista delle ragioni bioetiche, è un fattore negativo. Se il risultato
che si attende - cioè riprodurre cellule e non embrioni, cioè soltanto cellule
embrionali - è il frutto di una manipolazione, di un processo che altrimenti
darebbe un embrione, l’obiezione di carattere etico rimane tutta intera. E
questo perchè quel risultato è ottenuto non per un processo biologicamente
evolutivo, ma per un processo artificialmente prodotto. Quindi, si tratterebbe
di un’artificialità sull’artificialità.
Secondo quello che si può capire finora, non si risolvono i problemi etici e
non si capisce, in ultima analisi, perché si vada producendo tutto questo,
quando sappiamo già che le cellule staminali per usi terapeutici si possono
ottenere attraverso le normali cellule staminali da soggetto adulto, che
troviamo nel cordone ombelicale o nei vari settori del corpo umano.
D. – C’è sempre poi il fatto che la biopsia potrebbe
essere pericolosa per gli embrioni…
R. – Tra le manipolazioni che si fanno c’è quella della
biopsia di una cellula da un embrione. Ora, la biopsia può anche danneggiare
l’embrione. Prima di poter escludere tutto questo, è necessario che si faccia
un’adeguata sperimentazione sugli animali. C’è tuttavia una grande corsa a fare
queste sperimentazioni sull’embrione umano anche per i fondi che vengono stanziati, per ottenere i quali si fa passare la
sperimentazione esente da obiezioni etiche, anche quando non si è né sicuri
dell’esito scientifico, né si possono escludere, anzi si moltiplicano a mio
avviso, le obiezioni di carattere etico insite in questo tipo di procedimenti.
D. – Lei però vede lo sforzo da parte della comunità scientifica
di tentare, quanto meno, una via che non porti alla distruzione di embrioni?
R. – E’ difficile giudicare sul piano delle intenzioni.
Per quale motivo si vogliono escludere le obiezioni etiche? Per ottenere più
facilmente i fondi, che negli Stati Uniti sono negati, quando si tratta di
mettere a rischio la vita degli embrioni. Allora, è per rispetto all’embrione o
è per ottenere più facilmente i finanziamenti dello Stato? Questo non lo
possiamo sapere. Fatto sta che, mancando un’adeguata sperimentazione previa
sull’animale, tutte queste sperimentazioni pongono a rischio l’embrione e
certamente sono in difformità rispetto ai procedimenti della bioetica.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina si apre con il Medio Oriente: le
forze dell'Unione Europea pronte a dispiegarsi in Libano.
Servizio vaticano - Una pagina sul cammino della
Chiesa in Italia.
Servizio estero:
Nucleare: si profila un contrasto fra Usa e Russia su possibili sanzioni contro
l'Iran dopo la risposta alle offerte del gruppo "5+1".
Servizio culturale - Un elzeviro di Mario Gabriele
Giordano dedicato alla tolleranza.
Servizio italiano - In primo piano il tema
dell'immigrazione.
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26 agosto
2006
SODDISFAZIONE
GENERALE PER L’ACCORDO EUROPEO SULLA FORZA DI INTERPOSIZIONE IN LIBANO. MA
RESTANO MOLTE INCERTEZZE.
LUNEDÌ
KOFI ANNAN A BEIRUT
PER
ACCELERARE IL PROCESSO DI PACIFICAZIONE
-
Intervista con Guido Olimpio -
Soddisfazione generale per l’accordo raggiunto ieri al
termine del vertice dell’Unione europea sulla forza di interposizione da
inviare al confine tra Libano e Israele. Di un grande successo ha parlato Kofi Annan, mentre dichiarazioni
d’approvazione sono giunte sia dal governo israeliano che da quello libanese. In serata, per voce del suo ministro della Difesa la
Francia, ha dichiarato essere pronta a schierare in 20 giorni i 2000 soldati
che si è impegnata a mettere a disposizione. Quanto al comando, rimarrà nelle
mani del governo di Parigi fino al prossimo febbraio per poi passare
all’Italia. Il servizio di Laura Forzinetti:
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Soddisfatto,
anzi soddisfattissimo Kofi Annan al termine del vertice della diplomazia europea a
Bruxelles. La conferenza è stata un successo, ha esordito in conferenza stampa
il segretario generale delle Nazioni Unite, arrivato a Bruxelles per spingere i
Paesi dell’Unione europea a prendere un impegno concreto per l’invio di uomini
e forze alla frontiera libano-israeliana. Dopo il
consistente impegno di Italia e Francia, che Annan ha
ringraziato in modo specifico, anche altri Paesi europei hanno espresso la loro
disponibilità. Gli spagnoli con 1000, 1200 uomini, i polacchi con 700, i
finlandesi con 250, i belgi con 300, 400 unità portando così il contributo
europeo a una cifra che oscilla tra i 5600 e 6900 uomini più i 2000 già in
loco. Ci sono poi i Paesi che senza impegnare uomini sul terreno daranno un
contributo consistente in aiuto navale, aereo, logistico, di ricostruzione.
Tutti i Paesi riuniti intorno al tavolo di Bruxelles hanno comunque dato la
loro disponibilità ad aiutare in un modo o nell’altro la forza dell’ONU, ha
detto il ministro degli Esteri Massimo D’Alema.
All’Italia, pronta a dispiegare fino a 3000 uomini, andrà il comando della
forza in Libano a partire dalla fine del prossimo febbraio. Fino ad allora,
scadenza naturale del mandato, saranno i francesi a guidare le operazioni. Da
subito però un generale italiano sarà capo della cellula strategica presso il
dipartimento di peace-keeping, servizio appena
istituito per rafforzare la catena di comando ONU.
Da
Bruxelles, per Radio Vaticana, Laura Forzinetti
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Il segretario delle Nazioni Unite Kofi
Annan sarà a Beirut già da lunedì per accordarsi con
le autorità libanesi sul dispiegamento del contingente multinazionale. Intanto
nonostante l’apprezzamento per la forza messa in campo dall’Unione europea, il
governo israeliano continua a respingere l’ipotesi di porre fine al blocco
aereo e navale sul Libano, attendendo il dispiegamento dei caschi blu. Il
servizio di Andrea Cocco:
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A Beirut per incontrare il premier libanese Siniora e per discutere in termini concreti sul ruolo e le
funzioni dei soldati mandati nel quadro della forza Onu.
Con il viaggio programmato per lunedì Kofi Annan mostra di voler accelerare i tempi per rendere
effettivi gli impegni presi a Bruxelles. Le incertezze del resto sono ancora
molte così come gli ostacoli da superare. Il governo israeliano è inamovibile
sulla sua decisione di mantenere il blocco aereo e navale sul Libano fino a
quando le forze internazionali e l’esercito libanese non avranno
preso il controllo delle frontiere, incluse quelle con la Siria, da cui
passano le armi destinate a Hezbollah. Ma la Siria si
oppone strenuamente a qualsiasi presenza multinazionale ai propri confini
alimentando le preoccupazioni sulla stabilità della tregua tra Hezbollah e Israele. Intanto il governo di Tel Aviv deve
fare i conti con la crescente opposizione interna alla gestione del conflitto.
Sono continuate anche oggi le dimostrazioni dei riservisti che chiedono le
dimissioni di Olmert e del ministro della Difesa Peretz mentre da più parti si invoca la creazione di una
commissione di inchiesta su quella che viene percepita
come una sconfitta. Ed è sicuramente destinata a creare ulteriori divisioni
l’intervista apparsa proprio oggi su un quotidiano libanese a un alto dirigente
di Hezbollah, secondo cui l’esercito israeliano ha
commesso un errore tattico attaccando due mesi prima di
quando avrebbe dovuto.
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A Bruxelles, l’Unione europea ha parlato ieri con una sola
voce. Ma che influenza avrà sugli equilibri medio-orientali la massiccia presenza europea decisa
dai 25? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Guido Olimpio, giornalista del
Corriere della Sera:
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R. – Sicuramente è una presenza che dà valore politico e
diplomatico all’Unione Europea, in un teatro dove fino ad oggi aveva potuto
dire poco. E dall’altra, è un segnale importante per il Libano. Ora, però, si
attendono prove dure sul campo.
D. – Resta il problema, a questo punto, della frontiera
tra Libano e Siria. Damasco ha nuovamente definito inaccettabile il possibile
dispiegamento delle forze internazionali. Come andrà a finire, secondo te?
R. – Certamente la Siria si è messa in un angolo. Era
riuscita a rientrare in qualche modo nel gioco libanese. Ricordiamo che era stata cacciata dal Libano ed era isolata. Era poi
rientrata nel gioco proprio per la guerra e adesso è un’altra volta in una
posizione molto difficile. Non si capisce perché non voglia questi controlli.
Evidentemente, se non vuole questi controlli, ha qualcosa da nascondere.
D. – Lo scacchiere mediorientale si conferma una delle
aree più complesse dal punto di vista diplomatico. Concretamente, con le
decisioni emerse ieri a Bruxelles, non c’è il rischio di toccare dei fragili
equilibri?
R. – Certamente, la missione sarà molto difficile e molto
rischiosa. E’ possibile che si verifichino attentati, attacchi, non solo da
parte di Hezbollah, ma anche da altri gruppi presenti
in Libano. Al tempo stesso, se questa missione dovesse fallire, il rischio di
un nuovo conflitto libanese sarebbe concreto.
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QUANTO ACCADE IN MEDIO ORIENTE È SEMPLICEMENTE DISUMANO:
COSÌ,
IL PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME, MONS.
MICHEL SABBAH,
NEL MESSAGGIO PER LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE PER LA PACE,
IN CORSO OGGI AD ASSISI, IN UMBRIA
- Con noi, Flavio Lotti -
“Quello
che accade oggi, giorno dopo giorno, a Gaza e in Cisgiordania
ed è accaduto in 33 giorni di guerra in Libano è semplicemente disumano”: è il
duro monito del Patriarca Latino di Gerusalemme, mons. Michel
Sabbah, nel messaggio per la Manifestazione nazionale
per la Pace in Medio Oriente, in corso oggi ad Assisi, in Umbria. Anche il
presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, ha espresso, in un
messaggio, il suo sostegno all’iniziativa, promossa dalla Tavola della Pace e
dal Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace in Medio Oriente.
Alla manifestazione hanno aderito numerose associazioni,
tra cui le ACLI, nonché personalità della politica, della cultura e dello
sport. Sul messaggio di mons. Sabbah,
ascoltiamo Roberta Moretti:
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Un
conflitto “semplicemente disumano, quali che siano i ragionamenti presentati
per giustificarlo”: mons. Sabbah definisce la
situazione in Medio Oriente “un cerchio di morte che bisogna spezzare” e fa
appello alla comunità internazionale per un intervento efficace. Secondo il
Patriarca Latino di Gerusalemme, “la cattura di un soldato israeliano come prigioniero
a Gaza e di due nel sud del Libano è certamente da condannare”. “Come – precisa
– bisogna condannare anche, per lo stesso motivo, la cattura ogni giorno di un
certo numero di palestinesi da parte degli israeliani, senza dimenticare i 10
mila prigionieri palestinesi detenuti già da anni”. “La violenza – aggiunge –
non può e non deve essere un mezzo di legittima difesa”. Essa fa solo “crescere
il rifiuto che circonda Israele nella regione”. Secondo mons. Sabbah, l’unica azione “che può proteggere realmente”, avendo
“come conseguenza la sicurezza voluta”, consiste “nel mettere fine
all’ingiustizia iniziale”, ovvero, “all’occupazione militare israeliana imposta
al popolo palestinese da anni”, ridando loro la libertà e l’indipendenza.
Ricordando poi il giovane volontario italiano, Angelo Frammartino,
ucciso nei giorni scorsi a Gerusalemme, il presule invita i volontari a continuare
a operare “come un elemento di vita dove spesso prevale l’odio, la violenza la
morte”. Infine, la preghiera affinché “la ragione prevalga
sullo spirito di vendetta”; perché “cessino le azioni militari, che impediscono
ai capi e ai soldati di essere persone umane e li trasformano in assassini”; e
perché “Dio renda l’uomo più umano nei confronti dei suoi fratelli e sorelle,
al di là di ogni discriminazione religiosa o nazionale”. Ma sul significato
della Manifestazione di Assisi, la prima di questo
genere in Europa da quando è stato decretato il cessate-il-fuoco, ascoltiamo, al microfono di Chiara Di Mattia, il coordinatore della
Tavola della pace, Flavio Lotti:
R. - Abbiamo dato l’annuncio di questa manifestazione per
cercare di mettere fine a questa serie sanguinosa di guerre che sta
attraversando il Medio Oriente. Sono tantissimi gli italiani che ci hanno
chiamato per sapere come organizzarsi. Noi li abbiamo invitati tutti a venire,
portandosi anche un paio di scarpe in più, un modo simbolico per farsi carico
della sofferenza, del dolore di coloro che non hanno smesso ancora di piangere
i loro morti.
D. – Una manifestazione di questo tipo è più che mai
importante, soprattutto ora che la possibilità di una pace duratura sembra
vacillare?
R. – Noi abbiamo confermato la decisione di fare questa
manifestazione, proprio perchè siamo convinti che il Medio Oriente sia al
centro di una serie grandissima di tensioni, di problemi che possono degenerare
in un conflitto ancora più disastroso di quello che abbiamo conosciuto nelle
ultime settimane. C’è bisogno davvero di cogliere questa opportunità che ci è
venuta dalla risoluzione dell’ONU, per far sì che possa diventare l’inizio di
un processo di costruzione, di una pace vera e non una breve pausa di una
guerra che potrebbe svilupparsi ancora in maniera più vasta e violenta. Io
credo che esistano in Italia una società civile e numerose istituzioni locali
pronte a spendersi per costruire la pace.
D. – La manifestazione parte da Assisi…
R. – Ancora una volta ricominciamo il nostro cammino di
pace da Assisi, così come in qualche modo aveva indicato Giovanni
Paolo II, quando 20 anni fa decise di venire in questa città, perché più
forte fosse l’appello alla pace che voleva essere lanciato e perché San
Francesco potesse in qualche modo indicare la strada giusta a tutti, per
cercare di unificare questa umanità, che rischia di essere sempre più divisa e
segnata da contraddizioni e conflitti sanguinosi.
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Sulla
positiva evoluzione del conflitto israelo-libanese,
definito “disumano” da mons. Michel Sabbah, ha inciso, in particolare, il negoziato condotto
dall’Unione Europea, alla cui responsabilità è ora affidata la Forza di pace
che si dispiegherà nel Libano meridionale sotto l’egida dell’ONU. Un
avvenimento al quale Israele guarda con grande fiducia, come conferma al
microfono di Luca Collodi l’ambasciatore dello Stato israeliano presso la Santa
Sede, Oded Ben-Hur:
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R. - E’ quello che chiedevamo da molto tempo. Vorrei dire
che dietro le quinte, durante questi giorni dei combattimenti, lo Stato di
Israele, assieme a tanti altri Paesi membri dell’ONU, ma assieme allo stesso
governo libanese, hanno lavorato insieme per avere un testo finale di questa
risoluzione che, per la prima volta nella storia del Libano, permette un bivio
dove il governo libanese potrà esercitare la sovranità. Quindi noi vediamo
molto positivamente questa risoluzione dell’ONU. Siamo ottimisti e vediamo come
si svolgeranno le cose con tanta speranza.
D. – Ambasciatore Ben Hur, nelle
settimane di guerra lei ha sicuramente mantenuto dei contatti stretti con le
autorità vaticane, in quanto ambasciatore presso la Santa Sede. Che esperienza
ci può raccontare?
R. – Ovviamente ho avuto un contatto continuo con alcuni
di loro. Ho sentito naturalmente la loro preoccupazione per i danni della
distruzione. Per quanto riguarda le popolazioni civili, sia quella libanese che
quella israeliana, è una preoccupazione vera. C’era un colloquio, un dialogo
durante queste settimane. Vorrei dire che alla fine di questa vicenda, c’è un
compito: c’è veramente da vedere insieme come si può cambiare e migliorare la situazione
con l’aiuto della Chiesa assieme ad altri Paesi membri dell’ONU, per creare una
nuova situazione dove, dopo questa crisi, potremmo andare verso la pace, che è così voluta e manca nel Medio Oriente. Noi non ci
dichiariamo vincitori perché non penso che ci siano dei vincitori in questa
guerra. Vogliamo solo dichiarare la nostra volontà per la pace. Spero che si
trovino anche altri partner che ci diano una mano per andare avanti verso
questo processo.
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MEDIO
ORIENTE E LIBANO OFFRONO ANCORA SPUNTI DI RIFLESSIONE
AL
MEETING DI RIMINI. IERI SI E’ PARLATO ANCHE DI ECONOMIA E LIBERTA’
- Con
noi mons. Fouad Twal e
Silvio Berlusconi -
La situazione in Medio Oriente
e in Libano nell’intervento di mons. Fouad Twal, coadiutore del patriarca di Gerusalemme dei latini,
ieri al Meeting di Rimini. All’incontro promosso da Comunione e liberazione ha
parlato sempre di Libano anche il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Il
capo dell’opposizione in Italia, che è stato accolto calorosamente, si è soffermato
su economia e libertà. Da Rimini la nostra inviata Debora Donnini:
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E’ necessario disarmare Hezbollah per trovare una soluzione alla crisi libanese, lo
sostiene da Rimini Silvio Berlusconi, secondo cui il contingente italiano
dovrebbe essere composto di 1000-1200 uomini e non di 3mila. Berlusconi dice
poi di essere costretto ad andare avanti anche per un fatto di storia e di
orgoglio personale e parla della difesa della libertà come compito essenziale:
“Io credo che il compito primo
che tutti noi abbiamo sia quello di difendere la libertà che è il bene che
viene prima di tutti gli altri e sappiamo anche che la libertà deve essere
sempre difesa, che non è mai data per sempre”.
“L’Italia deve essere cattolica
e degli italiani, la sinistra invece pensa ad un’Italia plurietnica”, sostiene
il leader di Forza Italia: la sinistra, secondo Berlusconi, avrebbe costruito
il falso teorema del declino economico mentre la
crescita delle entrate quest’anno sarebbe frutto della politica del precedente
governo che ha anche dovuto fronteggiare un periodo di difficoltà
economica. Le sofferenze e l’esodo di tanti cristiani dalla terra santa, le
ferite di Gerusalemme, al centro dell’intervento di mons. Fouad
Twal, che esorta però a non perdere la speranza e a
non stancarsi di cercare la pace. Le sue parole a proposito delle conseguenze
della situazione sulla vita pastorale:
“Ci sono due elementi che fanno
difficile la nostra vita pastorale e la nostra libertà di movimento: il fatto
che il patriarcato comprende
Ma, come ogni anno, il Meeting
è anche cultura. Ieri l’incontro su Clive Staples Lewis, l’autore delle
Cronache di Narnia, e quello dedicato alla prima traduzione
in lingua araba del Senso religioso tra i testi più importanti di don Giussani.
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TEATRO,
MUSICA E CULTURA ENOGASTRONOMICA AL GRINZANE FESTIVAL
APERTOSI IERI NEL NORD ITALIA
-
Intervista con Giuliano Soria -
“Filari di parole tra Pavese e Fenoglio”:
questo il suggestivo titolo dell’XI edizione del Grinzane
Festival. Apertasi ieri nelle Langhe piemontesi, nel
nord Italia, la manifestazione fino al 3 settembre ripercorre idealmente i
luoghi che hanno ispirato due grandi scrittori italiani, come Beppe Fenoglio e Cesare Pavese, in un intreccio di teatro, musica
e cultura enogastronomica. Ce ne parla Isabella Piro.
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È bello scrivere perché riunisce le due gioie: parlare da
solo e parlare a una folla. Diceva così Pavese nel 1946; oggi le sue parole,
insieme a quelle di Fenoglio,
accompagnano gli spettatori del Grinzane Festival in
un lungo filare che coinvolge nove comuni piemontesi della provincia di Asti e
Cuneo. Filari di parole, dunque, come ci spiega il presidente della
manifestazione, Giuliano Soria:
“Filari perché questo Festival ha luogo nei paesi della
grande cultura del vino, le Langhe, il Monferrato, la terra del barolo, la terra del barbaresco
e poi la terra di questi due grandi scrittori, Pavese e Fenoglio.
E’ un modo di divagare con spettacoli teatrali, musicali e con incontri con
scrittori”.
Tantissimi gli spettacoli in programma, che vanno dalla danza
al cabaret, dalla musica al teatro e che si svolgono nelle piazze, nei castelli
e nelle cascine dei paesi coinvolti. Non solo: durante ogni
serata il pubblico può degustare vini e prodotti tipici del territorio:
“L’asse importante è l’uguaglianza fra la cosiddetta
‘cultura’ dei grandi scrittori con la cultura materiale enogastronomica.
In una grande bottiglia di vino c’è l’irripetibilità, c’è la stessa maestria
che in una pagina di un libro perché c’è sempre la mano dell’uomo, c’è sempre
la mano di un altissimo artigiano”.
Pur svolgendosi in Piemonte, il Grinzane
Festival ha un respiro internazionale: basti pensare all’incontro con il
drammaturgo indiano Derek Walcott,
premio Nobel nel ’92, o alla serata con lo scrittore albanese Ismail Kadarè. Eventi che servono
ad abbattere le barriere in nome della contaminazione culturale:
“Vorrei che questo Festival trasmettesse questa sensazione
di trasversalità. La cultura non è solo l’opera, ma è anche la musica rock se
vogliamo, non è solo letteratura alta, ma è anche conoscenza della cultura
materiale. Quindi questa idea di trasversalità e di contaminazione ci richiama
al tema del dialogo, al tema della comprensione, al tema dell’accettazione
dell’altro anche se quest’altro rappresenta una
cultura diversa, anche una religione diversa. Tuttavia questo è un passaggio
obbligato”.
Con il Diario di un gatto con gli stivali, ossia le più
belle fiabe tradizionali musicate ed interpretate dal cantautore Roberto
Secchioni, si vuole dare anche largo spazio ai bambini.
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Domani, 27 agosto, 21.ma Domenica del Tempo Ordinario,
“Per questo vi ho detto che nessuno può venire
a me, se non gli è concesso dal Padre mio”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del
teologo gesuita padre Marco Ivan Rupnik:
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Il discorso del pane finisce con una specie di selezione
tra quelli che stanno ascoltando Cristo. Lui si stupisce che alcuni si scandalizzino mentre afferma la sua identità di vero pane e
di vera bevanda per la vita del mondo e mette in rilievo la questione della
fede. Credere non significa semplicemente riconoscere una visione del mondo e
accettare alcuni comandamenti e precetti come stile di vita. Credere significa
aderire con tutto il cuore, con tutta la persona. Ma questo atto di adesione,
il credere veramente, non dipende dalla sola opzione dell’uomo. Credere a un
Dio che è comunione e che è amore significa ammettere principi e categorie che
non sono riducibile alla semplice constatazione intellettuale e non sono
applicabili con un semplice impegno di volontà. La nostra adesione al figlio ha
il suo inizio nell’amore del Padre e la fede è così risposta all’amore.
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26 agosto
2006
LIBERATO IN CINA,
DOPO 10 ANNI DI PRIGIONE, IL VESCOVO AUSILIARE
DI
BAODING. = Mons. Francesco An Shuxin, vescovo ausiliare di Baoding, nella regione cinese dell’Hebei,
è stato liberato il 24 agosto scorso dalle autorità locali, dopo 10 anni
di prigionia. Lo riferiscono fonti cinesi di AsiaNews,
che hanno potuto parlare con lui al telefono. Mons. An Shuxin, 57 anni, era stato
arrestato nel maggio del 1996, in un raid voluto dall’allora presidente, Jiang Zemin, contro il seminario
sotterraneo di Baoding, di cui il vescovo era
responsabile. Al suo arresto, il seminario era stato chiuso e i sacerdoti formatori
arrestati. Fino a ieri non vi era mai stata alcuna notizia su di lui, sebbene
chiese, governi e organizzazioni abbiano di continuo chiesto la sua
liberazione. Secondo le fonti di AsiaNews, in questi
anni il presule sarebbe stato “trattato bene”. (R.M.)
L’ENTE CATTOLICO AUSTRALIANO PER L’ASSISTENZA SOCIALE, “CATHOLIC SERVICES
AUSTRALIA”, ROMPE L’ACCORDO DI
COLLABORAZIONE CON IL GOVERNO CONSERVATORE DI CANBERRA, A CAUSA DELLE NUOVE
NORME SUL SUSSIDIO DI DISOCCUPAZIONE:
“E’ UN SISTEMA DI WELFARE
IMMORALE”
CANBERRA. = “E’un sistema di welfare immorale”: con queste
parole, l’ente cattolico australiano per l’assistenza sociale, Catholic Services Australia, ha
annunciato l’annullamento dell’accordo stipulato con il governo conservatore di
Canberra, con il quale si impegnava a collaborare con
l’ente governativo di collocamento, Centrelink.
Secondo le nuove norme introdotte nei mesi scorsi, i disoccupati che non
ottemperano agli obblighi loro imposti (ad esempio, non presentandosi ai
colloqui di lavoro o non tenendo un diario delle loro ricerche di impiego) possono
venire privati del sussidio di disoccupazione per un massimo di otto settimane.
Secondo il direttore esecutivo di Catholic Services Australia, Frank Quinlan, “con questo sistema, le persone più vulnerabili
non saranno più adeguatamente protette”. Già nelle scorse settimane, la
maggioranza degli enti caritatevoli delle Chiese cristiane aveva declinato la
richiesta del governo di partecipare al programma, dopo l’introduzione delle
nuove restrizioni. Solo la Chiesa evangelica ha confermato la propria adesione.
Il presidente della Rete nazionale sui Diritti di assistenza sociale (NWRN), Michael Raper, ha definito “per
nulla sorprendente'” la presa di posizione dei
cattolici. “Quello voluto dal governo è un programma profondamente errato, poco
pratico e paternalistico – ha dichiarato – ideato per coprire le pecche di un
sistema di penalizzazione dei disoccupati”. Il ministro federale dei Servizi
sociali, Joe Hockey, ha invece accusato la Chiesa
cattolica di essersi prestata ad una “montatura politica, in collaborazione con
l’opposizione laburista”. (R.M.)
ANNUNCIATO IN NIGERIA
IL RILASCIO DI 10 MILA DETENUTI,
DA ANNI IN ATTESA DI PROCESSO
ABUJA. = “Abbiamo avviato una de-congestione di massa
delle prigioni del Nigeria e 10 mila prigionieri sono stati dichiarati idonei
per il rilascio. Alcuni sono già fuori, altri stanno per essere liberati”: è
quanto ha annunciato il ministro della Giustizia nigeriano, Bayo
Oyo, citato dall’agenzia MISNA, secondo cui il
rilascio dei detenuti dovrebbe concludersi entro la fine dell’anno. Gran parte
dei prigionieri che verranno liberati sono accusati di
crimini minori e hanno trascorso molti più anni in carcere, aspettando un
processo, di quanti ne avrebbero dovuti scontare se fossero stati considerati
colpevoli. In Nigeria, oltre 25 mila detenuti – il 65 per cento della totale
popolazione carceraria – non è mai stato processato e dichiarato colpevole di
un crimine, ma resta in prigione a causa dei ritardi
del sistema giudiziario, dello smarrimento dei documenti di polizia,
dell’assenza di testimoni o della cattiva amministrazione delle prigioni. Il
tempo d’attesa di un processo oscilla tra i cinque e i 10 anni. Oyo ha annunciato che in Parlamento verrà
presentato un progetto di legge su un nuovo Codice penale che vieti esplicitamente
le detenzioni a tempo indeterminato dei prigionieri in attesa di processo.
Intanto, verranno esaminati anche i casi di altri 15
mila prigionieri in attesa di processo. “Questi – ha precisato il ministro della
Giustizia – sono più complessi, perché la maggior parte di loro è sospettata di
rapine a mano armata”. Oyo ha anche precisato che
questi sospetti potrebbero essere ospitati in cosiddette “case di transizione”,
per trascorrervi due anni di riabilitazione e formazione professionale, prima
di guadagnare la piena libertà. Verranno create sei
comunità di riabilitazione, una per ogni zona geopolitica del Paese. (R.M.)
ENTRATO IN VIGORE, IERI, UN MEMORANDUM DI INTESA TRA INDIA,
BRASILE E SUDAFRICA, PER ALLEVIARE
LE CONDIZIONI DI POVERTÀ
E SOFFERENZA SOCIALE NELLE ZONE
RURALI
NEW DELHI. = Sviluppare la cooperazione “sud-sud” nel
settore agricolo, per alleviare le condizioni di povertà e di sofferenza
sociale nelle zone rurali: è questo l’obiettivo del Memorandum d’intesa firmato
dai governi di India, Brasile e Sudafrica, entrato in vigore ieri grazie alla ratifica
da parte di New Delhi. L’iniziativa permetterà ai tre Paesi di collaborare nei
prossimi cinque anni per incrementare la ricerca, la formazione del personale e
il commercio agricolo trilaterale. L’accordo prevede anche la formazione di un
gruppo di lavoro congiunto, che avrà il compito di studiare un primo piano
d’azione biennale e funzionerà come centro di raccordo per lo scambio di
informazioni. “La cooperazione trilaterale nel settore agricolo, attraverso
questo Memorandum d’intesa – ha detto il ministro indiano dell’Informazione, P
R Dasmunsi – ci fornirà una strada per utilizzare le
sinergie esistenti tra i tre Paesi e contribuirà a rivitalizzare
la cooperazione sud-sud”. (A.Gr.)
FORTE PREOCCUPAZIONE, IN EGITTO, PER L’ARRIVO DI UN’ONDA DI PIENA DEL NILO, CHE DI
RECENTE HA GIÀ PROVOCATO GRAVI INONDAZIONI IN ETIOPIA E IN SUDAN.
DICHIARATO LO STATO DI EMERGENZA
NEL GOVERNATORATO MERIDIONALE DI ASSUAN
IL CAIRO. = L’Egitto si prepara a un’onda di piena del
Nilo, che di recente ha già provocato gravi inondazioni in Etiopia e in Sudan.
Il governo egiziano ha dichiarato oggi lo stato d’emergenza nel governatorato
di Assuan, nel sud del Paese. Lo riferisce il quotidiano governativo “Al Ahram”. Secondo l’agenzia di stampa Mena, il livello delle
acque nel lago Nasser è arrivato a 171,21 metri, poco
meno del record di 180 metri registrato nel 1998. Mahmoud
Abu Zeid, ministro
dell’Irrigazione e delle Risorse idriche, ha dichiarato che la diga di Assuan è
in grado di sopportare questa piena in quanto, in caso di eventi eccezionali,
entra in funzione il canale supplementare di Toshki,
a sud-ovest del Paese, che ha recentemente subito dei lavori di allargamento. Zeid ha anche precisato che la Commissione che si occupa
del Nilo si trova in riunione permanente per seguire tutti i possibili
sviluppi. Le forti inondazioni dovute all’eccezionale piena del Nilo di
quest’anno hanno già provocato 639 morti in Etiopia ed enormi danni in Sudan.
(R.M.)
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26 agosto
2006
- A cura di Andrea Cocco -
Resta alta la tensione anche nei territori palestinesi.
Nella notte di ieri due raid aerei israeliani hanno colpito la striscia di Gaza
non facendo vittime, mentre è di un adolescente morto e
quattro feriti il bilancio di un’incursione dell’esercito di Tel Aviv a Nablus, dove è stato demolito un palazzo. Segnali di
distensione invece sul fronte interno palestinese con il via libera dato dal
partito del presidente Abu Mazen
ai colloqui per un governo di unità nazionale con i componenti di Hamas.
L’Iran ha completato una nuova fase del suo discusso piano
nucleare. Il presidente iraniano ha inaugurato oggi l'impianto di
produzione di acqua pesante del reattore nucleare di Arak,
180 km a sud-est di Teheran. L’impianto dovrebbe
servire ai reattori che si trovano nell'area e che sono teoricamente in grado
di produrre plutonio arricchito. Intanto si avvicina l’ultimatum fissato
dall’ONU per l’interruzione del programma nucleare iraniano. Gli Stati Uniti,
per voce dell'ambasciatore alle Nazioni Unite John Bolton, si sono detti pronti ad applicare sanzioni nei
confronti della repubblica islamica anche senza una nuova risoluzione del
Consiglio di Sicurezza.
Il governo ugandese e i ribelli
dell’Esercito di resistenza del signore (LRA) hanno annunciato la firma di un
accordo per il cessate il fuoco. Si tratta del primo passo di un difficile
processo di transizione che dovrebbe porre fine a un conflitto che dura da 18
anni ed è considerato uno dei più cruenti in Africa. “Ci auguriamo che ora
governo e ribelli si mettano in moto per far tacere le armi”, ha dichiarato il
vice presidente del Sudan, Riek Machar,
a capo dei mediatori.
Il contingente della Nato ha
ucciso in Afghanistan sette presunti guerriglieri, dopo aver aperto il fuoco su
un convoglio di almeno 10 veicoli. Secondo il portavoce del contingente
internazionale si trattava di un gruppo in preparazione di un attacco. Proprio
ieri una pattuglia di soldati francesi delle forze speciali ISAF è rimasta
vittima di un’imboscata nella provincia orientale di Laghman.
Due militari sono morti, mentre altri due sono rimasti feriti. Dopo avere
aperto il fuoco contro la pattuglia francese, equipaggiata con armi leggere e
un mitragliatore, gli attentatori hanno fatto esplodere un ordigno artigianale.
E’ stato rivendicato con una telefonata ai familiari, il
rapimento in Niger dei due turisti italiani sequestrati insieme ad altri 19 connazionali, poi liberati, lo scorso 21 agosto.
I due stanno bene ha dichiarato la moglie di uno di loro, che ha ricevuto la
telefonata dai rapitori. A organizzare il sequestro, il Fronte Armato
rivoluzionario del Sahara gruppo armato composto da
ribelli di varie etnie del deserto e che ha minacciato di uccidere i due
italiani nel caso il governo nigeriano si ostini nelle azioni di ricerca.
Nessuna novità invece sulle sorti dell’italiano
sequestrato in Nigeria insieme ad altri due dipendenti
di una società legata alla compagnia petrolifera Eni. Solo nell’ultimo mese sono
almeno otto i lavoratori stranieri sequestrati nelle regione
del Delta del Niger, dove la tensione continua a restare molto alta. In
reazione a quest’ultimo sequestro, costato la vita a un poliziotto nigeriano,
le forze dell’ordine avrebbero dato fuoco a interi insediamenti, costringendo
alla fuga centinaia di persone accusate di sostenere i gruppi ribelli.
Non accenna a diminuire la tensione nel nord dello Sri Lanka dove questa mattina, a seguito dell’esplosione di una
bomba, sei soldati dell’esercito regolare sono stati uccisi e altri dieci sono
rimasti feriti. L’attentato, non ancora rivendicato, è con tutta probabilità opera
delle tigri Tamil che chiedono l’indipendenza del
nord del Paese. Sale così a circa 300 il numero delle vittime nelle ultime due
settimane. ll 13 agosto
scorso, per mettere fine a una recrudescenza del conflitto che stava riportando
il Paese verso una nuova guerra civile a tutto campo, governo e ribelli Tamil avevano annunciato la ripresa dei colloqui di pace.
Oggi, la situazione sempre più instabile costringe sempre più persone a fuggire
dalle aeree del conflitto. Secondo l’Acnur, Agenzia
dell’ONU per i rifugiati, attualmente sono oltre 200 mila i profughi srilankesi.
Decine di persone sono rimaste ferite a Timor Est a causa
dei violenti scontri scoppiati questa mattina nel distretto di Baucau, 230 chilometri a est della capitale, Dili, in seguito alla decisione del governo di appoggiare
la nuova missione di pace nel Paese approvata ieri dal Consiglio di Sicurezza
dell’ONU. La nuova forza, il cui mandato iniziale sarà di sei mesi, comprenderà
1.608 poliziotti e 34 ufficiali di collegamento, ma
nessun soldato. Sul posto rimarrà la forza a guida australiana, giunta tre mesi
fa, dopo lo scoppio dei primi disordini causati dalla decisione di licenziare
600 soldati presa dall’allora primo ministro, Mari Alkatiri.
Questi è stato poi costretto a dimettersi ed è stato sostituito dal premio Nobel,
Jose Ramos Horta, che
rimarrà in carica fino alle elezioni di maggio. Le violenze hanno profondamente
scosso la giovane democrazia di Timor Est, che nel 2002 ha ottenuto
l’indipendenza dall’Indonesia.
In Nepal è stata raggiunta un’intesa tra governo e ribelli
maoisti sulla nuova bozza di costituzione che regolerà i rapporti tra le
istituzioni in vista dell’elezione, entro il maggio del 2007, di un’assemblea
costituente. “Un passaggio cruciale per fondare il nuovo Nepal”, ha dichiarato
l’attuale ministro degli interni Krishna Prasad Sitaula che sottolinea il
buon esito del processo di transizione iniziato con la rivolta che lo scorso
maggio ha investito la monarchia di re Gyanendra. A
giugno una pace tra il governo provvisorio di Katmandou
e i ribelli maoisti aveva messo fine a un conflitto durato oltre 10 anni e costato
la vita ad almeno 13 mila persone. La costituzione provvisoria, che dovrà ora
essere approvata dall’assemblea legislativa, è un passo fondamentale per la
formazione di un nuovo governo all’interno del quale i maoisti saranno
rappresentati accanto alle forze istituzionali che attualmente guidano il
Paese.
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