RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 236 - Testo della trasmissione di giovedì 24 agosto 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI in visita privata con il fratello Georg al Santuario di Nemi. Il racconto di padre Giacinto Masala, responsabile del convento dei Mercedari di Nemi

 

Si è chiuso ad Erice il Seminario scientifico internazionale sulle emergenze planetarie, apertosi con il messaggio augurale del Papa. Le riflessioni di Antonino Zichichi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Fede, ragione umana e scienza: al centro della relazione del cardinale Christoph Schönborn al Meeting di Rimini: con noi, lo stesso arcivescovo di Vienna, Sergio Belardinelli, Juan Caramuel y Lobkovitz e mons. Luigi Negri

 

Ultime manovre per la forza di pace ONU in Libano: a Roma l’incontro tra i ministri degli Esteri italiano  e israeliano. Domani il vertice UE a Bruxelles. Ai nostri microfoni, mons. Fouad Twal e Oded Ben Hur

 

Musica, danza, teatro e arti figurative della Repubblica Ceca: nella XXXIX Edizione del Festival delle Nazioni di Città di Castello, in Umbria. Intervista con Aldo Sisillo

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nuova presa di posizione dei vescovi argentini contro l’aborto

 

Ancora difficoltà per la messa a punto di una Convenzione internazionale sui diritti dei disabili: forse domani la notizia di un accordo al Palazzo di Vetro dell’ONU

 

Nuove misure a tutela dei consumatori per i prodotti OGM: stop della Commissione europea al riso americano se contaminato da proteine transgeniche non autorizzate. Per l’importazione occorrerà uno speciale certificato

 

Inizia da domani a Sydney la visita in Australia del cardinale Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles. Altre tappe del viaggio, le diocesi di Melbourne e di Brisbane

 

Tribali indiani, sostenuti da volontari cattolici, protestano contro la decisione del governo di Jharkhand di assegnare all’esercito alcune zone di foreste abitate da popolazioni indigene

 

24 ORE NEL MONDO:

Nonostante la tregua nuovi scontri in Congo

 

Ripresi gli sbarchi di clandestini a Lampedusa: il governo italiano propone pene più severe per gli scafisti

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 agosto 2006

 

 

BENEDETTO XVI IN VISITA PRIVATA CON IL FRATELLO GEORG

AL SANTUARIO DI NEMI. AI NOSTRI MICROFONI, IL RACCONTO

DI PADRE GIACINTO MASALA, RESPONSABILE DEL CONVENTO

DEI MERCEDARI DI NEMI

 

Condividere un momento di preghiera con gli affetti più cari: con questo spirito, Benedetto XVI si è recato martedì pomeriggio - assieme al fratello Georg - al Santuario del Santo Crocifisso di Nemi, nel cuore dei Castelli Romani. Nello stesso Santuario, il 10 settembre del 1969 vi aveva celebrato la Santa Messa Paolo VI. Oltre al Santuario, il Papa ha visitato il convento di Nemi retto dai padri Mercedari. Pur trattandosi di una visita privata, appena si è diffusa la notizia, molti fedeli sono accorsi a salutare il Santo Padre. Per una testimonianza su questa visita fuori programma di Benedetto XVI, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Giacinto Masala, responsabile del convento dei Mercedari di Nemi:

 

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R. - E’ stata una visita a sorpresa. Ci hanno avvertito poche ore prima. Io in effetti posso dire che in un primo momento non ci credevo… anzi ho trattato male le guardie che sono venute ad avvertirmi. Mi sono davvero trovato un po’ preso alla sprovvista.

 

R. - Come si è svolta la visita?

 

R. - Il Papa è arrivato alle 16 e 30. La visita era in forma strettamente privata e quindi non hanno voluto che si avvertisse nessuno. Il Papa voleva venire a conoscere questo Santuario. Pur essendo stato altre volte a Nemi, non  lo conosceva. Per questo, veniva a pregare nel Santuario insieme al fratello.

 

D. – Ecco, il Papa era accompagnato dal fratello Georg, quindi un momento anche di condivisione famigliare. Quali sono state le sue impressioni?

 

R. - Il Papa entrando nella Chiesa faceva molta attenzione al fratello che veniva accompagnato da una signora. Si preoccupava per il fratello che aveva un po’ di difficoltà a camminare. Devo dire che il Papa prestava attenzione al fratello più che a tutto il resto! E’ molto bello questo atteggiamento del Papa verso il fratello. All’altare hanno ammirato soprattutto questa bellissima immagine del crocifisso, che è un’opera di frate Vincenzo da Bassiano del XVII secolo.

 

D. - C’è qualcosa che le ha detto il Papa che l’ha colpita in particolare?

 

R. - Si, il Papa ha chiesto se i padri Mercedari - perché noi siamo Mercedari - erano stati mai in Germania. Poi si è mostrato molto colpito da questo bellissimo crocifisso che è qui nel santuario, diceva: “E’ bellissimo, è bellissimo”. Dopo i vespri della Beata Vergine Maria è andato in convento insieme a noi. Ho voluto fargli vedere una camera che è stata occupata dai Papi nel passato e c’è una iscrizione su cui si è soffermato in particolare. Questa lapide dice:Cubiculum hoc Clemens XI, Benedictus XIV…” Il Papa l’ha fatto leggere al fratello soffermandosi, in particolare, su Papa Benedetto XIV che era stato lì prima di lui. Poi, ha ammirato dal convento il bellissimo panorama del Lago di Nemi. Quindi, prima di tornare a Castel Gandolfo, ha benedetto i fedeli che si erano radunati per salutare il Papa.

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SI È CHIUSO AD ERICE IL SEMINARIO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE SULLE EMERGENZE PLANETARIE, APERTOSI CON IL MESSAGGIO AUGURALE DEL PAPA.

CON NOI, IL PRESIDENTE DELLA FEDERAZIONE MONDIALE DEGLI SCIENZIATI,

ANTONIO ZICHICHI

 

Si è chiuso ieri ad Erice, in Sicilia, il Seminario scientifico internazionale sulle emergenze planetarie. All’incontro hanno partecipato 100 scienziati di 26 Paesi ai quali il Papa ha inviato un messaggio augurale auspicando “ogni successo per l’importante iniziativa” e assicurando “un orante ricordo” agli organizzatori e ai partecipanti. Sui temi affrontati durante il convegno scientifico, ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il seminario ha preso in esame diverse emergenze planetarie che possono rendere l’uomo più vulnerabile e la terra meno ospitale. E stata presa in esame, in particolare, la minaccia del terrorismo. “Quella che stiamo combattendo contro i terroristi – ha detto l’alto rappresentante pakistano dell’ONU, Ahmad Kamal – è la terza guerra mondiale”. Sull’emergenza culturale e sulla minaccia del terrorismo ascoltiamo il prof. Antonio Zichichi, presidente della federazione mondiale degli scienziati:

 

“Gli scienziati di Erice vogliono far capire al grande pubblico che siamo tutti imbarcati nella stessa navicella spaziale. Difenderla è un nostro dovere. L’emergenza culturale è una delle conseguenze più devastanti. La più drammatica è quella del terrorismo, che ci fa fare salti indietro di secoli nel tempo”.

 

Un ulteriore elemento di criticità è quello della crisi energetica mondiale che non viene affrontata attraverso un migliore sfruttamento delle risorse.

 

“Centinaia di milioni di persone entrano ogni anno nel mercato energetico, perchè tutti vogliono vivere al meglio. Noi siamo divoratori di energia. Non possiamo evitare questa richiesta. Un accordo deve essere stabilito affinché l’atmosfera non diventi una camera a gas”.

 

Oltre alle emergenze energetiche e alla presentazione di un progetto per lo sviluppo di centrali nucleari di quarta generazione, è stato anche analizzato il fenomeno del surriscaldamento planetario. Sentiamo:

 

“Noi continuiamo ad introdurre gas ad effetto serra nell’atmosfera, bruciando carbone e petrolio. E’ civile bruciare un milione di chili di una sostanza per ottenere la stessa quantità di energia che si può ottenere bruciando un solo chilo? Ecco cosa bisogna far capire alla gente”.

 

Ma non sempre l’uomo è consapevole dei rischi. Alcune minacce, infatti, vengono ignorate. Tra queste, figurano possibili collisioni con oggetti cosmici. Ascoltiamo ancora il prof. Zichichi:

 

“I veri pericoli che corre l’umanità sono ignorati. Lo spazio cosmico, che i nostri antenati immaginavano vuoto, pullula di asteroidi e comete. Noi siamo una navicella spaziale che gira intorno al sole. Se un’altra cometa venisse fuori, con una potenza pericolosa per il pianeta, noi sapremmo difenderci”.

 

Durante il convegno è stato denunciato, inoltre, come la plastica attraverso un sempre più massiccio inquinamento idrico, sia entrata definitivamente nella catena alimentare dell’uomo producendo una serie di squilibri ed effetti nocivi per il sistema ormonale. Ascoltiamo:

 

“Secondo alcuni studiosi avrebbe effetto addirittura su caratteristiche fondamentali della nostra specie, come la riproducibilità di certi fenomeni. Queste variazioni toccherebbero il codice genetico, trasmetterebbero attraverso generazioni”.

 

L’analisi delle emergenze planetarie di questa 37.ma edizione ha anche affrontato rischi determinati da sviluppi recenti, quali Internet. Attraverso la rete – denunciano gli scienziati – si possono sabotare centrali elettriche ed acquedotti. Per questo occorre trasferire nei Paesi in via di sviluppo le tecnologie per la sicurezza informatica. E’ stata poi espressa preoccupazione per un’eventuale ’epidemia virale attraverso mutazioni di virus già esistenti, come quello dell’aviaria. Quindi – sottolineano gli scienziati – la comprensione e la prevenzione delle emergenze non possono prescindere da un impegno immediato e responsabile in difesa della terra.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata ai temi sacerdotali.

 

Servizio estero - Medio Oriente: urge che la comunità internazionale si assuma le proprie responsabilità per applicare la 1701.

Kofi Annan avvierà una missione nelle capitali dell’area dopo la riunione con l’UE.

 

Servizio culturale - Un articolo di Anna Bujatti dal titolo “La traduzione delle opere letterarie cinesi in Italia”: una mostra e un convegno alla Biblioteca nazionale centrale di Roma. 

 

Servizio italiano - In primo piano sempre la questione degli incidenti sul lavoro. 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 agosto 2006

 

   IL RAPPORTO TRA FEDE, RAGIONE UMANA E SCIENZA È STATO AL CENTRO

DELLA RELAZIONE DEL CARDINALE CHRISTOPH SCHÖNBORN AL MEETING DI RIMINI,

 IERI POMERIGGIO. SEMPRE IERI SI E’ PARLATO DI LAICITA’ E LAICISMO

- Con noi lo stesso arcivescovo di Vienna, Sergio Belardinelli,

Juan Caramuel y Lobkovitz e mons. Luigi Negri -

 

Il rapporto tra fede, ragione umana e scienza è stato al centro della relazione del cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, al Meeting di Rimini, promosso da Comunione e Liberazione.  Per secoli, ha sottolineato il cardinale Schönborn, “la creazione è stata raccontata come genesi, come storia biblica”. Poi con l’avvento della tesi scientifica sull’evoluzione biologica della vita si evidenziò una netta “situazione concorrenziale”: l’evoluzionismo di Darwin divenne alternativo alla creazione. Ma per il cardinale arcivescovo di Vienna, “la scala di Darwin e quella di Giacobbe non si escludono”, “anzi la Risurrezione è il punto di arrivo dell’evoluzione”.  Ma perché la società moderna si appassiona al non facile dibattito scientifico e culturale tra evoluzionisti e creazionisti? Il cardinale Schönborn lo spiega al microfono di Luca Collodi:

 

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R. – La prima ragione tocca la questione più fondamentale della vita umana. Da dove veniamo? La nostra vita ha un senso, una finalità, una ragione o meno? Se tutto è casuale la vita non ha senso. E’ una questione, dunque, molto vitale. Secondo, la sfida alle scienze naturali, che si trovano da due o tre secoli su una strada vittoriosa. Molti oggi si rendono conto che una scienza senza riflessione, senza metafisica, senza radici profonde, senza una questione etica, diventa pericolosa. Dopo il XX secolo, la questione della bomba atomica, la bioetica… tutte queste questioni non vanno risolte solo dalla scienza, ma da uno sguardo complementare, che indichi anche i limiti e gli obblighi alla scienza o, piuttosto, agli scienziati.

 

D. – Cardinale Schönborn, perchè il mondo scientifico sembra invece privilegiare l’elemento dell’evoluzione biologia per spiegare l’inizio della vita sulla terra?

 

R. – Penso sia normale che le scienze naturali cerchino le ragioni meccaniche, materiali, la catena delle cause naturali, per spiegare i fenomeni dello sviluppo della vita e dell’origine dell’universo. Questo è proprio il metodo della scienza, quello di ammettere solo criteri di quantità, criteri di misura, di cifre. Ma il pericolo sta nel pensare che questo sia tutto. Questo è solo una parte della realtà, ma non il tutto della realtà.

 

D. – Per la Chiesa, creazione ed evoluzione possono coesistere?

 

R. – Io direi, più generalmente, che ogni verità è a casa nella Chiesa, nella fede, perché la fede e la verità, la realtà, non possono essere in opposizione. Invece, non tutte le spiegazioni dell’evoluzione, del divenire del mondo, della vita, dell’uomo sono compatibili con la fede. L’esplicazione puramente materialistica non è compatibile con la fede, ma ci si può anche domandare se sia compatibile con la scienza, perchè dal punto di vista della scienza stessa si rimane al livello delle cause materiali. Se uno scienziato dice che questo è il tutto della realtà, dobbiamo dire che non è vero, perchè la realtà è più ampia delle cause materiali e se uno dice che le cause materiali sono il tutto, non fa della scienza esatta, ma fa della filosofia, della religione o della negazione della religione. Dobbiamo distinguere, dunque, tra teoria scientifica dell’evoluzione e ideologia dell’evoluzionismo, che vuole spiegare tutto solo con delle cause materiali.

 

D. – Ai primi di settembre lei, in forma privata, incontrerà il Papa, insieme ad altri ex allievi di teologia a Castelgandolfo proprio su questi temi. Ci dobbiamo aspettare una riflessione scritta, in futuro, di Benedetto XVI su questo tema?

 

R. – Questo non posso dirlo, perché è sua la responsabilità, ma è certo che invitandoci a riflettere su questa tematica ha saputo ed ha anche voluto che questo non fosse tenuto segreto. E’ importante che si sappia che il Santo Padre riflette su questa questione così importante. Se si farà una pubblicazione delle relazioni, delle conferenze, in questa circostanza, questo lo deciderà il Santo Padre.

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Al Meeting di Rimini, si è parlato tra l’altro di “Laicità e laicismo”. Per il vescovo di San Marino, mons. Luigi Negri, il futuro della politica deve ripartire da una forte identità culturale. I cristiani hanno il compito di contribuire ad una nuova figura del laico. Dalla città romagnola Luca Collodi:

 

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Parlare di laicità significa parlare di laici e cattolici, di una società pluralista e del disagio morale della società in cui siamo. C’è bisogno di ricominciare a pensare in una prospettiva che non rimuova le esigenze di infinito. Per il sociologo bolognese Sergio Belardinelli non c’è più infatti un criterio naturale di giudizio sulle cose ed è proprio di questi pregiudizi che si nutre l’odierno dibattito sulla laicità della politica:

 

“Le grandi sfide che abbiamo di fronte, da quelle bioetiche a quelle del confronto con culture differenti dalle nostre, sono sfide che non possono essere fronteggiate con pensieri ipotetici, con discorsi che sono in un modo ma potrebbero essere indifferentemente in un altro”.

 

Ma per il filosofo Juan Lobkovitz le autorità ecclesiali devono fare attenzione ad evitare il rischio di clericalismo sui laici:

 

“Pochi di noi si addentrano in aree politicamente importanti o fanno politica. Noi critichiamo continuamente i politici ma se i laici radicali dovessero affermarsi, ciò sarà dovuto al fatto che in politica il loro numero è maggiore del nostro”.

 

Per mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino e Montefeltre, il presente e il futuro dipendono dall’incontro di laici non laicisti e cattolici non clericali:

 

“Laici non laicisti e cattolici non clericali, questo è il presente e il futuro. Di fronte a questo dialogo tutte le schermaglie culturali ideologiche e politiche appartengono inesorabilmente al passato. Non c’è neanche bisogno di combatterle perché la storia quando ha giudicato una posizione presto o tardi la porta alle estreme conseguenze”.

 

         Da Rimini, Luca Collodi, Radio Vaticana.

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ULTIME MANOVRE PER LA FORZA DI PACE ONU IN LIBANO: A ROMA L’INCONTRO TRA I MINISTRI DEGLI ESTERI ITALIANO  E ISRAELIANO.

DOMANI IL VERTICE UE A BRUXELLES

- Ai nostri microfoni Oded Ben-Hur e mons. Fouad Twal -

 

Prosegue il tour diplomatico in Europa del ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, che oggi alla Farnesina ha parlato della crisi in Medio Oriente con il suo omologo, Massimo D’Alema. In questo momento è in corso la conferenza stampa, mentre sul piano internazionale si aspetta il vertice UE di domani a Bruxelles. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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A canalizzare l’attenzione è il vertice di Bruxelles, dove i capi delle diplomazie europee, alla presenza del segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, daranno indicazioni definitive circa il comando e la consistenza della forza ONU in Libano. E’ necessario inviare il contingente al più presto, aveva detto ieri da Parigi il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni: la situazione è esplosiva, - ha precisato - dunque occorre lottare contro il tempo per applicare la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite. I primi militari arriveranno forse “entro una settimana”, ma - precisano fonti di Bruxelles - il dislocamento non sarà completato prima di “due mesi o più”. Secondo indiscrezioni, l’Italia ha confermato, in sede UE,  la disponibilità massima di tremila uomini. Ma Roma, candidata sempre più probabile alla guida della forza ONU, ha anche rinnovato l’appello ai Paesi dell'Unione affinché partecipino significativamente alla missione. Il premier italiano, Romano Prodi, in un’intervista alla CNN si è detto certo che l’Italia non resterà da sola e che con Israele c’è un patto di ferro: appena arriveranno i Caschi Blu, l’esercito dello Stato ebraico si ritirerà dal sud del Libano. Dal canto suo, la Francia potrebbe annunciare oggi stesso l’invio di più soldati rispetto alle 200 unità già annunciate. Intanto, mentre il premier libanese Siniora ha precisato che il disarmo di Hezbollah sarà un compito esclusivo dell’esercito libanese, fonti ufficiali affermano che le Nazioni Unite utilizzeranno Cipro come base logistica della forza internazionale. Resta preoccupante, inoltre, la posizione della Siria che ha minacciato la chiusura della frontiera con il Libano, nel caso in cui la forza ONU si collochi da quelle parti. Anche Hebzollah, attraverso uno dei suoi 14 deputati, ha respinto ogni ipotesi di dispiegamento di forze ONU al confine con la Siria, sostenendo che equivarrebbe a “porre il Libano sotto mandato internazionale”. C’è da ricordare infine la missione in Medio Oriente del numero uno del Palazzo di Vetro, Kofi Annan, che nel fine settimana si recherà in Libano, Israele e probabilmente anche in Siria ed Iran.

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Ma come vive la popolazione israeliana, soprattutto quella del nord, sotto il tiro dei razzi di Hezbollah, l’arrivo della forza di pace dell’ONU? Luca Collodi lo abbiamo chiesto a Oded Ben-Hur, ambasciatore dello Stato di Israele presso la Santa Sede:

 

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R. – Parlando sempre della popolazione civile in Galilea, direi che la minaccia sotto la quale vivevano non è ancora scomparsa. Finché Hezbollah non accetta, non è d’accordo, di spogliarsi delle armi, di smantellare questa capacità militare, anzitutto missilistica, non abbiamo fatto nulla. Anzi, rischiamo che il Libano scivoli in una guerra civile. Se ciò accadesse, la guerra non sarebbe finita, sarebbe solo rinviata fino al prossimo scontro. Parliamo di questo uso cinico che hanno fatto della popolazione civile, come scudo umano, e tutto quello che abbiamo letto. Ci sono delle voci anche nel mondo arabo, oggi come oggi, che fanno queste domande molto realistiche, sul perché Hezbollah, che ha provocato questa guerra, è risultato come l’eroe di questa vicenda, invece che come colpevole.

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C’è da dire che resta tesa la situazione nella Striscia di Gaza. Forze israeliane questa mattina hanno catturato un esponente di Hamas uccidendo in un conflitto a fuoco il fratello. Intanto un gruppo finora sconosciuto, “Brigate della Santa Jiad”, ha rivendicato con un video il sequestro dei due giornalisti della rete televisiva statunitense, Fox News, compiuto il 14 agosto a Gaza. I sequestratori hanno dato 72 ore di tempo agli statunitensi per rilasciare i “musulmani detenuti nelle carceri americane”. Il Dipartimento di stato USA ha fatto sapere che i due giornalisti devono essere rilasciati “senza condizioni”.

 

Ricordiamo che il Papa in questi giorni ha invocato più volte una pace giusta e duratura per tutta l’area mediorientale. Luca Collodi ha chiesto una riflessione a mons. Fouad Twal, coadiutore del patriarca di Gerusalemme dei latini:

 

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R. – Per quanto riguarda la voce del Santo Padre, siamo orgogliosi di vedere che la Santa Sede ha il coraggio di dire le cose come stanno. Il Papa ha sempre ricordato le tre condizioni indispensabili per questa pace giusta e duratura: la sovranità totale del governo libanese sul territorio, la sicurezza d’Israele che andrebbe da sé e una patria indipendente per i palestinesi. Invece, i palestinesi non hanno quella piccola carta che si chiama passaporto, la carta d’identità. Finché i palestinesi, i cristiani e i musulmani non avranno una stoffa di un metro e mezzo che si chiama bandiera, con uno Stato indipendente, tutti i nostri discorsi non serviranno a niente. Dobbiamo accettare il fatto di uno Stato palestinese indipendente, la sicurezza per lo Stato d’Israele al cento per cento e la sovranità di tutto il popolo libanese e del governo su tutto il territorio, che significa togliere l’indipendenza, la libertà di movimento agli hezbollah. Il Santo Padre fa bene a fare appello ai politici, ai governanti, ma dall’esperienza lui sa, e noi sappiamo, che i governanti e i politici da soli o non possono o non vogliono questa pace. Da 50 anni stiamo discutendo sulla questione palestinese e non siamo arrivati ad una soluzione. Lui ha un mezzo forte, efficace, al quale il mondo ancora non crede troppo, che si chiama preghiera. Da una parte, richiama i governanti, i politici perché facciano tutto il possibile per realizzare questa pace. E dall’altra parte, conoscendo i limiti del loro potere, del loro volere, forse, fa un altro appello a tutti i credenti cristiani, musulmani, ebrei per invocare dal Signore questa forza, questo dono della pace. Spero che la seconda parte sia più efficace della prima.

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SEDICI GIORNI DI MUSICA, DANZA, TEATRO E ARTI FIGURATIVE

DELLA REPUBBLICA CECA: SI TRATTA DELLA XXXIX EDIZIONE

DEL FESTIVAL DELLE NAZIONI DI CITTÀ DI CASTELLO, IN UMBRIA

- Intervista con Aldo Sisillo -

 

Sedici giorni dedicati alla musica, danza, teatro e arti figurative della Repubblica Ceca: si tratta del Festival delle Nazioni di Città di Castello, in Umbria, che si apre questa sera. Giunto alla sua XXXIX edizione, offre anche quest’anno alla nazione ospite la possibilità di raccontarsi con le sue espressioni artistiche e le sue tradizioni teatrali e popolari.  Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Nel cuore dell’Europa ritrovata e riunificata palpitano la cultura e l’arte di una nazione che da secoli offre capolavori, artisti, percorsi, tendenze. E’ la Repubblica Ceca, quest’anno nazione ospite al noto Festival umbro. Praga e le sue architetture, le sue chiese, i suoi teatri, i suoi visitatori: dai viaggi mozartiani alle ispirazioni popolari e briose che hanno segnato vita e capolavori dei grandi nomi della musica ceca. Un panorama artistico molto variegato e interessante che porta all’incontro con autori famosissimi, tra i quali Smetana, Dvořák, Janáček. Al maestro Aldo Sisillo, direttore artistico della manifestazione, abbiamo chiesto quale sia il lascito della musica ceca nella storia musicale dell’Europa:

 

“La cosa più importante del percorso ottocentesco a cavallo con il900 è senz’altro il rapporto continuo con le culture di lingua tedesca. Il rapporto è stato molto forte. Praga è stata una delle capitali culturali dell’Impero asburgico e, alcune volte, alla fine del700 è stata considerata anche più aperta della stessa Vienna. Quindi, un rapporto che ha creato delle grandissime personalità. Mahler; Freud stesso che era boemo; Kafka, Heinrich e Thomas Mann; Rainer Maria Rilke. Sono tutti personaggi nati in questa zona dell’Impero asburgico, che sicuramente per tanti anni ha rappresentato il vero cuore dell’Europa”.

 

Praga, come tutte le più importanti città dell’Europa centrale, è stata anche il centro dinamico di importanti testimonianze legate alla cultura ebraica. Il Festival delle Nazioni esplora anche questa dimensione culturale praghese?

 

“Avremo ospite Moni Ovadia, con la Stage Orchestra, nello spettacolo Oylem Goylem. E’ sicuramente uno dei più grandi conoscitori della cultura centro-europea e della musica Klezmer. Presenterà uno spettacolo in cui rivivranno alcuni momenti di racconti tipici della cultura ebraica, che in queste zone sicuramente ha rappresentato un lievito per tutti gli ambiti della vita civile e culturale dell’Europa”.

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CHIESA E SOCIETA’

24 agosto 2006

 

NUOVA PRESA DI POSIZIONE DEI VESCOVI ARGENTINI CONTRO L’ABORTO,

A SEGUITO DEL DIBATTITO APERTOSI NEL PAESE LATINOAMERICANO

SULL’INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA DI UNA GIOVANE DISABILE, AUTORIZZATA

DALLA MAGISTRATURA LOCALE. DI FRONTE ALLA PROSPETTIVA DI UN OMICIDIO,

I PRESULI INVOCANO IL RISPETTO DELLA VITA, SEMPRE DA TUTELARE

- A cura di Luis Badilla Morales -

 

BUENOS AIRES. = A conclusione della 144.ma riunione del Comitato permanente della Conferenza episcopale argentina, sotto il titolo “Una questione di vita o morte”, i vescovi cattolici hanno preso ieri ancora una volta posizione contro l’applicazione della legge che permette l’aborto, seppure in determinate circostanze. Sulla questione, in questi giorni si registra un ampio dibattito sulla stampa locale anche perché, da tempo, si parla del caso di una giovane disabile mentale della città di Mendoza, rimasta incinta dopo uno stupro. La Corte suprema del distretto, in ottemperanza della legge attualmente vigente che consente di abortire in certi casi ma sempre a seguito di un verdetto giudiziario, ha autorizzato i medici a procedere alla rimozione del feto, che in questo caso della giovane di 25 anni, si trova alla dodicesima settimana di crescita. I presuli argentini ricordano numerose testimonianze, tra i sacerdoti del Paese, ma anche in altri luoghi, che dimostrano che essendo la vita donata da Dio “un mistero”, nulla può essere anticipato e nessuna decisione al riguardo può basarsi su criteri puramente clinici o medici. Dall’altra parte, i vescovi, si domandano: come mai quando la Chiesa opera in favore dei più poveri il suo lavoro è ben accettato e salutato con soddisfazione, ma invece, quando invita tutti a difendere la vita dalla sua concezione fino alla sua fine naturale, non mancano le accuse che la vorrebbero “retrograda” e “fondamentalista”? Per i presuli occorre sempre ricordare che, a prescindere delle “motivazioni” che si utilizzano nei casi di aborto depenalizzato, c’è sempre di mezzo la vita di un essere innocente e, dunque, si è di fronte alla prospettiva di un vero omicidio. Questa questione, per i vescovi, non è una polemica in più; anzi, è un problema di fondo, radicale, ineludibile, poiché tocca le fondamenta della convivenza civile e perciò coinvolge tutti gli argentini indipendentemente dalla loro fede o condizione sociale. Gli argentini devono decidere, secondo il comunicato, se desiderano o no una società che rispetta la vita. Infine, i prelati chiedono ai cristiani, in particolare ai cattolici, a dare sempre o ovunque una risposta positiva, un “sì” forte alla vita, e a coloro che non credono, invece, alla sacralità della vita umana chiedono di interpellare la propria coscienza e il buon senso della ragione.

 

 

ANCORA DIFFICOLTA’ PER LA MESSA A PUNTO

DI UNA CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DEI DISABILI:

FORSE DOMANI LA NOTIZIA DI UN ACCORDO AL PALAZZO DI VETRO DELL’ONU

 

NEW YORK. = Segna il passo la Convenzione sui diritti dei disabili. Nelle riunioni in corso a New York, nel Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, si stanno facendo progressi verso un’intesa, ma rimangono difficoltà significative. “Le delegazioni dei diversi Paesi - ha spiegato Don MacKay, ambasciatore della Nuova Zelanda all’ONU che presiede agli  incontri - hanno presentato 150 nuove proposte e stiamo lavorando a pieno ritmo per riuscire a trovare un accordo entro venerdì”. La Convenzione ha lo scopo di tutelare con una normativa internazionale le persone disabili e, allo stesso tempo, di estendere i loro diritti. Tra gli ostacoli maggiori incontrati finora c’è il mancato sostegno alla Convenzione da parte degli Stati Uniti, che temono un accordo che possa indebolire quella che definiscono la loro “già forte” legislazione sui diritti dei disabili. (R.G.)

 

 

NUOVE MISURE A TUTELA DEI CONSUMATORI PER I PRODOTTI OGM:

STOP DELLA COMMISSIONE EUROPEA AL RISO AMERICANO SE CONTAMINATO

DA PROTEINE TRANSGENICHE NON AUTORIZZATE. PER L’IMPORTAZIONE

OCCORRERA’ UNO SPECIALE CERTIFICATO

 

BRUXELLES. = Stop dell’Unione Europea al riso americano a grani lunghi se contaminato dalla proteina transgenica “LLRICE 601”. Il prodotto dovrà essere quindi certificato da laboratori riconosciuti dall’UE. Lo ha deciso ieri la Commissione europea a Bruxelles dopo la scoperta negli Stati Uniti di tracce della proteina – vietata sia in Usa che in Europa – in riso commercializzato. La decisione passerà ora al vaglio domani del Comitato europeo di esperti per la catena alimentare. Bruxelles ha deciso di seguire lo stesso approccio dell’aprile del 2005, che secondo i funzionari europei si è rivelato efficace, dopo la scoperta di mais transgenico vietato individuato in un mais biotech autorizzato. Per gli esperti sanitari della Commissione europea, “una decisione diversa sul riso, ad esempio il blocco totale delle importazioni”, sarebbe stata sproporzionata. Ciò non toglie che gli esperti europei non si sono ancora “pronunciati sull’assenza di rischi per la salute e per l’ambiente”, come invece sostiene Washington. “Per il momento - precisano gli esperti - non possiamo condividere il punto di vista degli USA in quanto abbiamo bisogno di informazioni complementari”. Da rilevare che la società “Bayer CropScience” ha notificato al Dipartimento americano dell’agricoltura la presenza di riso transgenico non autorizzato il 31 luglio,  ma Washington ha avvertito Bruxelles solo il 18 agosto. Le importazioni di riso dagli USA in Europa sono aumentate da circa 176.000 tonnellate nel 2004 ad oltre 224.000 nel 2005. (R.G.)

 

 

INIZIA DA DOMANI A SIDNEY LA VISITA IN AUSTRALIA DEL CARDINALE

CORMAC MURPHY-O’CONNOR, ARCIVESCOVO DI WESTMINSTER

E PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE D’INGHILTERRA E GALLES.

ALTRE TAPPE DEL VIAGGIO, LE DIOCESI DI MELBOURNE E DI BRISBANE

 

SYDNEY. = Sydney, Melbourne, Brisbane sono le mete della visita in Australia che il cardinale Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo di Westminster, compirà nell’arco di due settimane. Si tratta delle prima missione in terra australiana in qualità di cardinale e presidente della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles. A Sydney già domani il porporato incontrerà i rappresentanti della Chiesa locale. Sempre a Sydney il 27 agosto terrà una conferenza nell’auditorium della Chiesa scozzese sul tema della fede in un mondo secolarizzato”; a seguire il cardinale si recherà nell’Università cattolica di Melbourne dove parlerà su “Il posto dei giovani nella nostra Chiesa e nel mondo” e per finire terrà una relazione nella diocesi di Brisbane, intitolata “comunione e missione: priorità per rinnovare una diocesi. (R.G.)

 

 

TRIBALI INDIANI, SOSTENUTI DA VOLONTARI CATTOLICI,

PROTESTANO CONTRO LA DECISIONE DEL GOVERNO DI JHARKHAND

DI ASSEGNARE ALL’ESERCITO ALCUNE ZONE

DI FORESTE ABITATE DA POPOLAZIONI INDIGENE

 

DALTENGANJ. = “Impedire il trasferimento o morire”. È questo il messaggio di protesta lanciato nei giorni scorsi dalle popolazioni tribali dell’India contro la decisione dell’Esercito di Jharkhand di occupare un’ampia zona di foresta da loro abitata per svolgere delle esercitazioni militari. Padre Cyprian Kullu, direttore per le comunicazioni della diocesi di Gumla – dove si trova il terreno assegnato all’Esercito – afferma che oltre un milione di tribali residenti nella foresta hanno iniziato il 22 agosto una manifestazione senza limiti di tempo per opporsi ad ogni costo alla spoliazione della loro terra ancestrale. I manifestanti hanno sostato per un intero giorno davanti agli uffici del governo ed hanno bloccato tutte le principali strade della zona per impedirvi l’entrata dei veicoli militari. La Chiesa – prosegue padre Kullu – sostiene i tribali in questa lotta per il diritto alle case e al terreno degli avi, “ma è chiaro che la protesta deve essere pacifica e non violenta”. (A.Gr.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 agosto 2006

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

Nella Repubblica Democratica del Congo il clima rimane teso e si temono nuovi scontri a Kinshasa, nonostante la tregua siglata nei giorni scorsi tra le milizie fedeli al presidente, Joseph Kabila, e le fazioni del vicepresidente, Jean-Pierre Bemba. I due si confronteranno il 29 ottobre prossimo in un incerto ballottaggio per la più alta carica dello Stato. Nel frattempo anche l’Unione Europea sta discutendo l’emergenza e l’eventuale rafforzamento del proprio contingente di stanza in ex Zaire impegnato a garantire il corretto svolgimento del processo elettorale. Le violenze hanno coinvolto anche la Chiesa locale. Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di un missionario a Kinshasa, al quale, per motivi di sicurezza, garantiamo l’anonimato:

 

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R. – Non si capisce bene i motivi per i quali si siano confrontati con le armi in città, in questi due giorni! Hanno attaccato anche due parrocchie perché, secondo loro, la Chiesa appoggerebbe Kabila affinché sia presidente. Qui a Kinshasa una buona parte della popolazione non lo vuole come presidente mentre altri lo vorrebbero …

 

D. – Che idea si è fatta su questi scontri tra fazioni? Che cosa si stanno contendendo?

 

R. – Le due fazioni sono praticamente due milizie, che si sono scontrate per il potere, per avere la presidenza del Paese. Ci sono quelli che vorrebbero Bemba presidente e che non vogliono assolutamente Kabila, perché dicono che non è originario del Congo.

 

D. – Ma perché non si riesce ad aspettare il 29 ottobre, quando ci sarà democraticamente la scelta tra Kabila o Bemba?

 

R. – Io pensavo che la gente fosse convinta che Kabila passasse alla prima elezione, quindi si era già creato questo clima di avversione. Poi, quando ci sono disordini, ci si approfitta per fare i saccheggi, come è sempre successo a Kinshasa.

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Da Mogadiscio il più potente leader delle Corti islamiche ha minacciato oggi l’Etiopia di “una guerra totale” se le truppe di Addis Abeba non si ritireranno dal territorio della Somalia. Il presidente del Consiglio supremo islamico della Somalia, Sheikh Hassan Dahir Aweys, ha parlato in occasione della cerimonia di riapertura del porto  internazionale di Mogadiscio. Il mese scorso, l’Etiopia è stata accusata dalle Corti islamiche di aver inviato soldati oltre confine con l’obiettivo  di proteggere il governo somalo di transizione, con sede a Baidoa. Questo governo aveva abbandonato nel giugno scorso la capitale provvisoria, Jowhar, conquistata insieme con altre regioni meridionali del Paese dalle milizie islamiche. 

 

Gli Stati Uniti non sono soddisfatti della risposta dell'Iran alle proposte avanzate dalle grandi potenze. Lo indica una dichiarazione del Dipartimento di Stato USA, che, annunciando nuove mosse in consultazioni con altri governi, giudica ''seria'' l'offerta dell’Iran di negoziare il suo programma nucleare. Teheran comunque ha fatto sapere che non abbandonerà le sue ambizioni nucleari. Anche il cancelliere tedesco Angela Merckel giudica insoddisfacente la risposta dell'Iran.

 

In Iraq, due persone sono morte questa mattina a Baghdad in seguito all’esplosione di una autobomba lanciata contro una stazione di polizia. Sempre nella capitale due soldati americani sono morti nel corso delle ultime 24 ore. Intanto e’ stato aggiornato all11 settembre il processo a carico di Saddam Hussein, imputato per la strage di oltre 180 mila curdi avvenuta sul fine degli anni novanta. Ieri la deposizione di quattro testimoni dell’accusa che hanno raccontato le violenze subite. 

 

Le forze USA in Afghanistan hanno riferito di aver ucciso sette militanti di Al Qaeda nel corso di un’incursione nella provincia orientale di Kunar, poco distante dal capoluogo Asadabad. La scorsa settimana il Pakistan aveva informato le forze della coalizione in Afghanistan che nella provincia di Kunar, a ridosso della frontiera pakistana, si trova un capo di Al Qaeda coinvolto nel piano di attentati sugli aerei di linea sventato a Londra.

 

Arrestato il secondo uomo sospettato di avere preparato i falliti attentati ai treni dello scorso 31 luglio in Germania. Secondo fonti della procura federale tedesca, il presunto terrorista identificato solo come Jahad Hamad si è consegnato spontaneamente alle autorità libanesi. L’altro complice era stato fermato il fine settimana scorso in Germania.

 

Non sono stati ancora localizzati i due turisti italiani sequestrati in questi giorni in Niger, forse da una banda di predoni. Il ministero degli Esteri italiano ha fatto sapere che le ricerche, benché complesse perché concentrate su un vasto territorio desertico, proseguono in collaborazione con le autorità del Paese.

 

Sono ripresi gli sbarchi di clandestini sull’isola di Lampedusa. Un’imbarcazione con 28 clandestini a bordo è stata ricondotta nel porto in mattinata. Ieri sera, dopo 24 ore di ricerche, sono giunti altri 20 extracomunitari. Intanto, il ministro italiano della Giustizia, Clemente Mastella ha ribadito la necessità di pene più dure per gli scafisti e per chi favorisce l’immigrazione clandestina. Per Mastella, che è intervenuto al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, questi sono i punti fermi per modificare la legislazione esistente.

 

Sventato in Thailandia un attentato contro il premier, Thaksin Sinawatra. La polizia locale ha affermato di aver trovato esplosivi in un'auto abbandonata vicino all’abitazione del primo ministro. Gli ordigni – precisano fonti della polizia – “erano tutti pronti per essere attivati”.

 

 

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