RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 235 - Testo
della trasmissione di mercoledì 23 agosto
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Continuano
gli scontri in Afghanistan tra forze Nato e ribelli Taliban
- Il governo di Mosca è pronto a guidare il negoziato per chiudere la crisi
nucleare iraniana
23 agosto 2006
LE SOFFERENZE DELLA CHIESA NEL MONDO, COME IL
SUPPLIZIO DI GESU’, RIVELANO
LA MALVAGITA’ DELL’UOMO MA ANCHE L’INTERVENTO SALVIFICO
DI DIO NELLA STORIA: LA CATECHESI DI BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE, IN
VATICANO
Migliaia di fedeli e pellegrini –
circa settemila – di una quindicina di Paesi di tutto il mondo si sono raccolti
oggi nell’Aula Paolo VI per ascoltare la catechesi del Papa, giunto stamane in elicottero dalla residenza estiva di Castel
Gandolfo, per l’udienza generale. Il servizio di Roberta Gisotti:
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La Chiesa non merita certo le
“gravi difficoltà, incomprensioni e ostilità” “che pure oggi… soffre in varie
parti del mondo”, “così come Gesù non meritò il suo supplizio”. Così ha
osservato Benedetto XVI commentando il libro dell’Apocalisse dell’apostolo
“Giovanni, il Veggente di Patmos”, dal nome
dell’isola del mar Egeo, dove si trovò deportato “a
causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù”.
E proprio a Patmos
“Giovanni – ha ricordato il Papa - ebbe delle visioni grandiose e udì messaggi
straordinari, che influiranno non poco sulla storia della Chiesa e sull’intera
cultura occidentale. Sullo sfondo del libro è la drammatica esperienza delle
Chiese d’Asia, dei cristiani perseguitati che Giovanni “esorta a rimanere saldi
nelle fede e a non identificarsi con il mondo”.
Giovanni disvela “a partire dalla morte e
risurrezione di Cristo” “il senso della storia umana”, laddove le sofferenze
patite “rivelano sia la malvagità dell’uomo, quando si abbandona alle
suggestioni del male, sia la superiore conduzione degli avvenimenti da parte di
Dio”.
Tra le visioni fondamentali di
Giovanni è quella dell’Agnello, “che è sgozzato eppure sta ritto in piedi” sul
trono dove è già assiso Dio stesso, a significare che Gesù, in questa Terra è
un agnello indifeso, ucciso con la violenza e tuttavia risorto ha vinto la
morte ed è partecipe del potere divino.
“E così il veggente vuol dirci: “Abbiate fiducia in Gesù, non abbiate
paura dei poteri contrastanti della persecuzione. L’Agnello ferito, morto,
vince.
E c’è poi la visione della “Donna
che partorisce un figlio Maschio e quella complementare del Drago”,
“precipitato dai cieli ma ancora molto potente”.
“E questa donna alla fine vince. E non il drago; questa è la grande
profezia di questo libro che ci dà fiducia”.
Il Veggente di Patmos
dischiude così ai cristiani un orizzonte radioso, che culmina nella visione
della Gerusalemme celeste, dove “non ci sarà più la morte, né lutto, né
lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”.
Infine la preghiera del Papa
tradotta nella forma aramaica “Marana tha”:
“Con il Veggente di Patmos, con San Paolo,
con
Nei
consueti saluti dopo la catechesi, nelle varie lingue, Benedetto XVI ha rivolto
un indirizzo particolare alle suore di Maria Santissima Consolatrice, riunite
in Capitolo generale e ai 500 allievi della Scuola di formazione del Corpo
forestale dello Stato italiano, che in segno di omaggio hanno intonato il loro
inno.
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LA SPERANZA CRISTIANA SIA ALIMENTATA DALL’AZIONE
CELEBRATIVA:
COSI’,
IL PAPA NEL MESSAGGIO, A FIRMA DEL CARDINALE ANGELO SODANO,
PER LA
SETTIMANA LITURGICA NAZIONALE, IN CORSO A VARESE
“La
speranza cristiana sia alimentata dall’azione celebrativa, che è azione di Dio”:
è l’auspicio di Benedetto XVI contenuto in una lettera, a firma del cardinale segretario
di Stato Angelo Sodano, indirizzata ai partecipanti alla 57.ma
Settimana liturgica nazionale, in corso a Varese, sul tema “Celebriamo Gesù
Cristo, speranza del mondo”. Questo appuntamento che “costituisce una tappa di
preparazione” al prossimo Convegno nazionale ecclesiale di Verona - si legge
nel messaggio - sarà “occasione di rinnovata consapevolezza e responsabilità
pastorale a servizio del Vangelo”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“Il credente va aiutato a
comprendere che per custodire, ravvivare, testimoniare, comunicare la speranza
deve ritornare a celebrare, a contemplare Gesù, il Risorto”. E’ quanto scrive
il cardinale Angelo Sodano, a nome del Santo Padre,
nel messaggio per la Settimana nazionale liturgica inviato a mons. Luca Brandolini, presidente del Centro di Azione Liturgica. Nel documento viene
ribadito che “riflettere sul significato della celebrazione liturgica
come fonte di speranza per tutti” vuol dire “porre l’attenzione sull’evento
della morte e risurrezione di Cristo, fondamento della nostra speranza”. Il
Risorto, prosegue il messaggio a nome del Pontefice,
“è la sorgente della nostra speranza ed ogni celebrazione immette nel cuore dell’uomo
quel mistero di speranza pienamente realizzato in Cristo”.
Il tema stesso del Convegno, Celebriamo
Gesù Cristo, speranza del mondo indica che, “attraverso la celebrazione
liturgica, l’uomo inserito nel Mistero pasquale viene
trasfigurato dal Risorto”. Per questo, la preghiera “apre la nostra vita al
progetto di Dio e ci spinge a farci docili strumenti nelle sue mani per
trasformare… la storia del nostro ambiente”. La celebrazione liturgica, si
legge ancora, “abbraccia così i vari aspetti dell’esistenza: il mondo degli
affetti e delle relazioni, la fragilità e le debolezze condivise, l’esperienza
del lavoro e del riposo, sempre proclamando il primato dell’amore di Dio”.
“L’esperienza della bontà di
Dio nella liturgia – prosegue il messaggio a firma del cardinal Sodano –
diventa rinnovamento del dono della speranza”. Ancora, la celebrazione
liturgica, “liberando il cuore dell’uomo dalle angustie quotidiane, dona nuova
fiducia”. Per tale ragione, conclude il messaggio, “il momento celebrativo
comunica la gioia di sperare in un mondo migliore, di vivere nella Chiesa, di
essere amati da Dio e di poterlo riamare, di essere perdonati e salvati”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina si apre con l'udienza generale.
Servizio vaticano - Lettera del cardinale Angelo
Sodano al vescovo Luca Brandolini in occasione della
57.ma Settimana liturgica nazionale.
Servizio estero - Medio Oriente: l'Unione Europea
definisce gli impegni dei propri Stati nel rafforzamento della missione in
Libano; fissata per venerdì una riunione dei Ministri degli esteri.
Servizio culturale - Un articolo di Carmine Di
Biase dal titolo "Papini nel ricordo della
figlia Viola": pubblicato "La bambina guardava".
Servizio italiano - In primo piano la questione
degli incidenti sul lavoro.
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23 agosto 2006
Infranta
ancora la tregua in Libano. L’artiglieria israeliana ha bombardato
la cittadina di Shebaa, mentre Amnesty
International accusa
lo Stato ebraico
di pesanti crimini di guerra
- Intervista con Riccardo Noury -
Infranta ancora la tregua in Libano. Stamani l’artiglieria
israeliana ha bombardato la cittadina libanese di Shebaa,
nel settore orientale della cosiddetta ‘linea blu’ che segna il confine
tra Libano ed Israele. Il servizio di Eugenio Bonanata:
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Le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro la zona
est di Shebaa, a poca distanza da una postazione
dell’esercito libanese, che venerdì scorso ha preso posizione nell’area. Lo ha
riferito la tv libanese LBC, che non ha parlato di vittime. Israele conferma e
parla di atto “di deterrenza” contro 5 sospetti che
si aggiravano al confine. Soldati israeliani avrebbero rapito inoltre due
cittadini libanesi, mentre i combattenti sciiti hanno assaltato un carro armato
uccidendo un soldato ebraico. Il tutto avviene mentre
sul piano internazionale si sta delineando la struttura della forza di pace
dell’ONU. Anche la Russia vede di buon occhio la guida italiana e sembra che il
presidente Putin stia riflettendo sulla possibilità
di mettere a disposizione i suoi uomini. Venerdì prossimo la riunione straordinaria
dei ministri degli esteri europei dovrebbe sciogliere gli ultimi nodi relativi
al comando della missione. Intanto dal Palazzo di Vetro di New York sono giunte
chiarificazioni fondamentali sulle regole d’ingaggio. Secondo un documento
diffuso ieri, i Caschi blu potranno sparare per proteggere se stessi e i civili, ma anche per far rispettare il proprio
mandato. Restano i dubbi sul disarmo di Hezbollah: questo non spetta ai soldati
UNIFIL che però potranno usare la forza per difendere
l’esercito libanese. Il premier israeliano Olmert ha
chiesto che la forza ONU si collochi anche al confine
con la Siria. La richiesta ha suscitato le ire di Damasco che ha definito “un
atto ostile” questa possibilità. Intanto la guerra continua a dividere il
quadro politico israeliano tanto che oggi il ministro per i rapporti con il
parlamento, Jacob Edery, ha
chiesto al primo ministro la costituzione di un governo di emergenza nazionale
che riunisca tutte le forze politiche. Da Beirut il premier libanese, Fuad Siniora, ha sollecitato gli Stati Uniti a fare
pressione su Israele affinché tolga il blocco aereo e
navale imposto al Paese dei cedri dall’inizio del conflitto.
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In questo quadro Amnesty International ha accusato pesantemente Israele di crimini
di guerra compiuti in Libano. In un rapporto, reso noto oggi, l’organizzazione
umanitaria denuncia la deliberata distruzione di infrastrutture civili, abitazioni,
ponti, strade, cisterne e depositi di carburante, più che di obiettivi militari
degli Hezbollah. Ma perché, secondo Amnesty, lo Stato
ebraico avrebbe adottato una strategia di attacchi così indiscriminata?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Riccardo Noury, di Amnesty International Italia:
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R. – Perché, secondo quanto ha dichiarato il capo di Stato
maggiore dell’Esercito israeliano, gli attacchi avevano l’obiettivo di premere
la pressione sul governo libanese e soprattutto di inviare un messaggio preciso
alla popolazione: doveva rivoltarsi contro Hezbollah, che era la causa
principale del conflitto in corso. Questa dichiarazione, insieme al modello di
attacchi che Amnesty ha verificato,
con la propria missione in Libano, nel corso delle ultime due settimane, fanno
supporre che ci sia stata veramente una strategia deliberata di colpire
obiettivi e infrastrutture civili in Libano.
D. – Una sorta di messaggio indiretto, quindi, alla
popolazione civile, che però non rischia di ritorcersi contro Israele?
R. – Il risultato politico, secondo molti commentatori, è
stato quello. Una strategia militare che aveva l’obiettivo di delegittimare
Hezbollah e di far rivoltare, appunto, la popolazione contro questo gruppo
armato, ha ottenuto, a quanto pare, l’effetto contrario. Ma questa è una
valutazione politica ed il costo umano di questa strategia è impressionante,
perchè questo rapporto non parla direttamente delle perdite civili, ma parla di
quella che è stata una politica vera e propria di violazione del diritto
umanitario, attraverso attacchi indiscriminati contro tutte
quelle infrastrutture che sono indispensabili per la sopravvivenza della
popolazione civile.
D. – C’è una qualche responsabilità di Hezbollah in tutto
questo?
R. – Hezbollah è complice tanto quanto Israele e questo
sarà oggetto di un rapporto, che verrà reso pubblico
nelle prossime settimane. In più Hezbollah ha certamente fatto ricorso ad una
politica che viola il diritto umanitario, ovvero quella del ricorso agli scudi
umani. Ma questo non avrebbe dovuto esimere Israele dal prendere le opportune
precauzioni. Non è sostenibile che, se un guerrigliero si nasconde in un
palazzo o c’è un lanciarazzi sul tetto di un palazzo, debba essere bombardato
un quartiere.
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ORE DI ANGOSCIA E INCERTEZZA PER I TRE CATTOLICI
CONDANNATI A MORTE
IN INDONESIA. CRESCE IL MOVIMENTO PER L’ABOLIZIONE DELLA PENA CAPITALE
NEL PAESE ASIATICO. CE NE PARLA MONS. NOVATUS
RUGAMBWA,
CONSIGLIERE DI NUNZIATURA A GIAKARTA
La Corte Suprema
indonesiana ha respinto la seconda richiesta di grazia dei tre cattolici
condannati a morte a Palu - Sulawesi
centrali, definendola contraria alla legge N° 22/2002
sulla grazia. E’ quanto riferisce oggi l’agenzia AsiaNews che sottolinea
come cresca nel Paese asiatico il coro di voci che chiede la cancellazione
della sentenza capitale. Dal canto suo, il presidente Susilo
Bambang Yudhoyono, cui
spetta il potere di grazia, non si è ancora pronunciato. L’11 agosto scorso,
Benedetto XVI aveva chiesto alle autorità indonesiane un atto di clemenza per
motivi umanitari. L’appello del Papa ha dato coraggio a quanti, cattolici e
non, si stanno impegnando in queste ore per la messa al bando della pena capitale
in Indonesia. Ecco la testimonianza di mons. Novatus Rugambwa, consigliere presso la nunziatura in Indonesia,
raggiunto telefonicamente a Giakarta da Alessandro Gisotti:
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R. - Il messaggio del Santo Padre ha incoraggiato tutti a
fare più manifestazioni. C’è il desiderio che la loro vita sia salvata. Oggi a
mezzanotte ci sarà un programma al riguardo alla televisione. E poi, nei
giornali cercano di difendere la vita, di dire che forse è meglio non eseguire
questa pena di morte. Penso che il problema grosso sia che le autorità non
vogliono o non sanno dirci che cosa accadrà, quando e come. Si vive in una
situazione di incertezza.
D. - Incertezza di un’attesa che sarà vissuta
drammaticamente dai tre condannati…
R. - Loro stessi, anche le loro famiglie, non sanno
neanche oggi che cosa succederà. Quindi è una situazione che non fa bene a
nessuno. Da parte dei cattolici ci sono tanti movimenti in difesa della vita.
Hanno fatto delle manifestazioni, hanno fatto sentire la loro voce in difesa
della vita dei tre, soprattutto nella zona in cui sono nati che è di maggioranza
cattolica.
D. - La Chiesa, come sottolineava lei, è per la clemenza
per questi tre condannati a morte, ma è sempre in difesa
della vita… non solo per i cristiani…
R. - E’ quello che vogliamo dire a tutti, che non è la
prima volta e non sarà l’ultima che siamo per la difesa della vita. C’è anche
un gruppo che sta suscitando un dibattito pubblico a favore dell’abolizione
della pena di morte, insomma sta cominciando una lotta.
D. - Quindi la speranza è che da questa situazione così
difficile possa anche nascere un movimento per l’abolizione della pena di
morte, come in tanti altri Paesi è successo anche sulla spinta, ieri, di
Giovanni Paolo II, oggi, di Benedetto XVI?
R. - E’ proprio così, nel senso che oggi la gente ci sta
pensando. Il problema è
che forse ci sono delle tradizioni religiose che ammettono la pena di morte.
Però c’è una forza nella società civile di questo Paese che comincia a pensare
che bisogna impegnarsi per la difesa della vita secondo ciò che i due Papi, da
lei menzionati, hanno detto.
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- Intervista con
Pier Paolo Romani -
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“Da questo santuario africano del dolore nero imploriamo
il perdono dal cielo”: Giovanni Paolo II pronunciò queste parole il 22 febbraio
del 1992 a Gorée, l’isola senegalese dove vennero deportati, dal 15.mo al 18.mo
secolo, circa 17 milioni di africani, prima di essere imbarcati, come schiavi,
verso le Americhe e le Antille. La traversata atlantica, che durava da uno a
tre mesi, si svolgeva spesso in condizioni disumane. Dal continente americano,
i prodotti del duro lavoro degli schiavi, come zucchero, cotone, caffè e
tabacco, venivano poi trasportati e venduti in Europa,
con immensi profitti. Dall’Europa, infine, navi cariche di armi, tessuti, perle
e altri prodotti manifatturieri partivano alla volta di Gorée,
per comprare altri schiavi e dare il via a una nuova tratta.
Ma guardiamo all’oggi: nonostante la condanna unanime,
sancita da diverse Convenzioni internazionali e dall’abolizione formale da
parte di tutti gli Stati del mondo – ultima la Mauritania, nel 1981 – la
schiavitù non ha mai smesso di segnare la storia dell’uomo. Con le nuove rotte
migratorie, la tratta di esseri umani costretti alla prostituzione, al lavoro
forzato o all’accattonaggio coinvolge 200 milioni di per-sone nel mondo, con
profitti che superano i 12 miliardi di dollari l’anno. A farne le spese sono
soprattutto donne e bambini, impiegati anche nei conflitti armati. Ma quali
sono le differenze fondamentali tra la schiavitù del passato e le moderne forme
di sfruttamento? Il sociologo Pier Paolo Romani:
“Mentre un tempo lo schiavo era comprato e venduto
mediante un atto legittimo, oggi una persona viene
reclutata tramite la violenza, ad esempio il rapimento oppure l’inganno: le si
promette un lavoro e poi nel Paese di destinazione viene sfruttato. O c’è anche
il caso del ricatto: le vittime vengono minacciate
direttamente oppure vengono minacciati i loro familiari. Una seconda diversità
è nel fatto che nell’antica schiavitù lo schiavo aveva un costo elevato per il
suo padrone. Oggi, purtroppo, la povertà sempre più diffusa, non solo materiale
ma anche culturale, di vaste zone del pianeta, soprattutto del continente
africano e del Sud-Est asiatico, fanno sì che i trafficanti abbiano un enorme
bacino di potenziali schiavi da reclutare. Poi, una volta le differenze etniche
avevano una loro importanza. Oggi, la differenza di razza o di religione non ha
più senso, tant’è vero che le vittime arrivano
dall’Est europeo, dall’Asia, dall’Africa, dal Sud America”.
Un fenomeno spesso sotterraneo e, dunque, difficile da
combattere. Certamente negli ultimi anni qualche passo
in avanti è stato fatto. Pier Paolo Romani:
“Nel dicembre del
“La tratta e la schiavitù – dice il direttore dell’UNESCO,
Koïchiro Matsuura, nel
messaggio per
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SFIDA DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA TRA
ISLAM E OCCIDENTE,
UNO DEI TEMI IN DISCUSSIONE AL
MEETING DI RIMINI
- Intervista con Souad Sbai -
Sono migliaia i musulmani in Europa e nei Paesi Arabi
convertiti al cristianesimo. Molti però sono costretti ad una vita in
clandestinità per la paura di vendette da chi li ritiene traditori del Corano.
Il Meeting di Comunione e Liberazione si interroga sulla “sfida della libertà
religiosa tra Islam e Occidente”. Da Rimini, ce ne parla Luca Collodi:
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L’immigrazione musulmana può rappresentare un ponte tra il
mondo arabo e la società moderna, a patto che l’immigrato sia
realmente integrato nella cultura italiana. Se però l’immigrato arabo non si
identifica in questo Paese, avverte la presidente delle donne marocchine In
Italia Souad Sbai, rischia
di cadere vittima dell’estremisno islamico.
“Bisogna smettere di vedere i musulmani come un monolite,
ma riconoscere anche a loro libertà di scelta, anche di scelta religiosa. Oggi drammaticamente negata anche in Occidente, soprattutto
in Occidente, dalle organizzazioni islamiche che pretendono il controllo sulla
coscienza dei fedeli”.
Per favorire la piena cittadinanza bisogna rafforzare l’educazione, ma Souad Sbai invita l’Italia a
dire no alle scuole islamiche. I figli degli arabi devono frequentare la
scuola pubblica ed i loro coetanei per diventare veri cittadini.
“In Marocco, in Egitto sono scuole proibite. Non ci sono
scuole solo di religione. Non ci sono. Invece in Italia noi dovremmo subire
questa situazione”.
E dal Meeting di Cl, la rappresentante delle donne
marocchine denuncia la drammatica situazione di vita delle donne arabe in
Italia, un vero ostacolo sulla via della piena integrazione e cittadinanza.
“L’86% di donne arabe immigrate in Italia sono analfabete.
Vivono rinchiuse. La situazione di Hina è una delle
tante. Ce ne saranno altre. Lo sostengo da tempo. Di Hina
ce ne saranno purtroppo molte”.
Da Rimini, Luca Collodi, Radio Vaticana.
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DA QUESTO POMERIGGIO A STRESA IL
SETTIMO CORSO DI STUDI ROSMINIANI
- Intervista con padre Umberto
Muratore -
‘Naturale e soprannaturale nel pensiero moderno’: questo il tema generale del VII corso dei Simposi
Rosminiani, che si svolgerà a Stresa,
Colle Rosmini, a partire da oggi pomeriggio sino a sabato. Oltre 200 i
pensatori filosofi e teologi che si confronteranno sul tema. Nutrita la schiera
dei relatori: Roberto Presilla, Giovanni Reale, Siro Lombardini, Dario Antiseri, Giuseppe Lorizio,
Giovanni Ancona, Salvador Pié-Ninot, Leo Santorsola, Markus Krienke, Klaus Müller, Sergio Rostagno, Sergio Ubbiali, Umberto Muratore, Pier Paolo Ottonello. Qual è lo
scopo di questi incontri? Giovanni Peduto lo ha chiesto a padre Umberto
Muratore, superiore provinciale dei Rosminiani
italiani e direttore del Centro Internazionale di Studi Rosminiani
di Stresa, il quale organizza
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R. – Lo scopo principale di questo corso è quello di
attirare l’attenzione su una delle peculiarità più evidenti della Chiesa
cattolica: la sua fede nel soprannaturale. Ma al tempo stesso vuole fare
chiarezza su questa realtà, liberarla cioè dall’abuso che ne fanno molte religioni
della new age.
D. – Può ricordare in due parole ai nostri ascoltatori che
cosa si intende per “soprannaturale”?
R. – Il soprannaturale per noi cattolici è la grazia, cioè
una luce ed una forza che vengono direttamente da Dio. La luce e la vita stessa
di Dio è qualcosa di extranaturale che piove continuamente sull’anima dei
battezzati e non si può ottenere con alcuna tecnica umana, ma solo preparando
la volontà ad accoglierlo come dono gratuito e medicina dell’anima peccatrice.
E’ insomma la persona di Dio che cammina accanto all’uomo e aiuta l’uomo ad
affrontare le sfide della vita.
D. – In tutto questo, che dire della figura di Antonio
Rosmini?
R. – Rosmini dedica bellissime pagine al tema della
grazia, fermandosi ad osservarne la natura, gli effetti, la necessità per
l’uomo peccatore. Ma soprattutto mette in guardia dal razionalismo, il quale,
in nome della ragione, vorrebbe tenere in ombra o addirittura negare questo
elemento preziosissimo. Senza la coscienza della grazia una religione rischia
di svuotarsi e impoverirsi dall’interno. La dottrina rischia di diventare una
dottrina puramente terrestre; il vissuto, un misto di superstizione e di culto
esteriore affine alla magia.
D. – Visto che parliamo di Rosmini, può dirci a che punto
è la sua Causa di beatificazione?
R. – Direi che l’iter della beatificazione sta seguendo il
suo corso. Il mese scorso
D. – Un’ultima domanda. Secondo lei, che senso può avere
oggi la beatificazione di Rosmini?
R. – Secondo me, la beatificazione di un pensatore così
vasto e profondo come Rosmini significa offrire ai cristiani d’oggi un raro
esempio di testimonianza della carità dell’intelligenza. Rosmini è la testimonianza
vivente che la ragione, se ben usata, si accosta alla fede e la riconosce pur
rimanendo ragione. Egli ha svolto brillantemente il compito affidatogli dal
Papa Pio VIII, quello di condurre gli uomini alla religione mediante la ragione,
cioè persuadendoli della bontà della religione. Una testimonianza che oggi aiuterebbe
tanto
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23 agosto 2006
SCOMPARSO IL SACERDOTE CATTOLICO,
PADRE JIM BROWN, NELLA PROVINCIA
CINGALESE DI JAFFNA, ISOLATA DAL RESTO DEL PAESE A CAUSA DI VIOLENTI
COMBATTIMENTI TRA
L’ESERCITO E I SEPARATISTI TAMIL
- A
cura di Roberta Moretti -
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COLOMBO =
Preoccupazione della Chiesa dello Sri Lanka per la scomparsa, il 20 agosto scorso, di un
sacerdote ad Allaipiddy, nella provincia
settentrionale di Jaffna, isolata da settimane dal
resto del Paese a causa di violenti combattimenti tra l’esercito e i ribelli
delle Tigri di liberazione della Patria Tamil (LTTE).
Padre Jim Brown, così si
chiama il sacerdote, è stato visto l’ultima volta da un confratello a un checkpoint militare, mentre si recava nella località di Allaipiddy. Anche il laico che lo accompagnava, Wencelslaus Vimalan, risulta
scomparso. Ordinato nel 2003, padre Brown, 34 anni,
era stato nominato parroco di Allaipiddy solo poche
settimane fa. Il 12 agosto la sua chiesa, intitolata a San Filippo Neri, era
stata colpita dal fuoco dei combattimenti che infuriavano tra Marina militare e
separatisti Tamil. Negli scontri erano morti numerosi
civili che si erano rifugiati nell’edificio religioso. Il parroco aveva allora
preso con sé circa 800 fedeli e si era diretto in cerca di riparo alla chiesa
di Santa Maria, nella vicina Kayts. Convocato dai
vertici della Marina militare di Allaipiddy, padre Brown era stato duramente rimproverato. Come riporta AsiaNews, il direttore del
Centro di pace e riconciliazione di Jaffna, guidato
dalla Chiesa locale, riferisce che un ufficiale avrebbe urlato
in faccia al sacerdote accusandolo di aiutare le Tigri Tamil
a scavare trincee. Padre Brown aveva invece scavato
buche solo per potersi riparare dai bombardamenti. Il 20 agosto, infine, dopo
mezzogiorno, padre Brown parte da Kayts
sulla sua motocicletta con Vimalan per celebrare la
Messa in un villaggio vicino, dove alcuni sfollati si erano rifugiati in un
tempio indù. Ma arrivato a destinazione, le truppe della Marina non gli
permettono di celebrare e così riparte per Allaipiddy.
Sulla strada incontra un confratello, l’ultimo ad averlo visto. Secondo quanto
riferisce AsiaNews, il Centro di pace e riconciliazione di Jaffna
avrebbe lanciato un appello “alla comunità internazionale chiedendo di fare
pressione sul governo cingalese, affinché si occupi subito di una questione
così scottante”.
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LE PERPLESSITA’ DELLA CHIESA
MESSICANA PER IL TENTATIVO DI IRRUZIONE,
DA PARTE DI SOSTENITORI DELL’ ASPIRANTE PRESIDENTE, LOPEZ OBRADOR,
NELLA CATTEDRALE DI CITTÀ DEL
MESSICO
- A cura di Luis
Badilla -
CITTA’ DEL MESSICO. = “Nessuno ha diritto ad aggredire
verbalmente né fisicamente la spiritualità del nostro popolo”: con queste
parole, la Chiesa del Messico ha criticato il tentativo, domenica scorsa, da
parte di militanti del Partito di rivoluzione democratica (PRD), che appoggiano
le aspirazioni presidenziali di Miguel Lopez Obrador, di fare irruzione
nella cattedrale di Città del Messico, dedicata alla Madonna di Guadalupe, provocando tafferugli. Con cartelli con la
scritta “Voto per voto e seggio per seggio”, che riassumono la richiesta di un
nuovo conteggio dei 42 milioni di voti delle presidenziali del 2 luglio scorso,
una cinquantina di manifestanti hanno cercato di entrare nella Cattedrale
durante la messa che stava per celebrare il cardinale primate, Norberto Rivera. Il Messico – lo ricordiamo – è in
attesa del verdetto del Tribunale elettorale federale (TFEPJ) che dovrebbe
decidere chi, fra Felipe Calderon
e Lopez Obrador, ha vinto
veramente le elezioni. In un comunicato, il Comitato di presidenza della
Conferenza episcopale messicana ha denunciato gli atti di violenza e di
intolleranza che si stanno diffondendo in tutto il Paese, compreso il dilagare
di scritte politiche sui manifesti con l’immagine della Madonna di Guadalupe e di Giovanni Paolo II. Un gesto giudicato
“irriverente nei confronti dei cattolici in Messico”. “La violenza – si legge
nel comunicato – non è mai una risposta giusta. E’ il rispetto dell’uomo, della
sua coscienza e delle sue convinzioni religiose, ciò che può contribuire ad una
convivenza pacifica e giusta tra i messicani, indipendentemente dalle differenze
politiche, ideologiche e religiose”. Pochi giorni fa, dopo altri gravi atti di
violenza in cui persero la vita un giudice e un giornalista, la Chiesa
messicana, aveva sottolineato: “Tutti dobbiamo lavorare in favore del
riconoscimento e del rispetto della dignità umana attraverso la sua tutela,
promozione dei diritti umani fondamentali e inalienabili, poiché il bene comune
consiste principalmente nella difesa dei diritti e dei doveri di ogni persona”.
In queste ore in Messico c’è anche incertezza sui risultati delle elezioni per
la nomina del governatore nel Chiapas. Inoltre, nella
città di Oaxaca, capitale dell’omonimo Stato a 520
chilometri a sudest di Città del Messico, da tre mesi 70 mila docenti sono in
lotta per un aumento salariale e già agli inizi di agosto un insegnante è stato
ucciso a colpi d’arma da fuoco. Infine, da ieri, lo stesso Tribunale elettorale
federale è nel mirino dell’opinione pubblica: da più parti cominciano a levarsi
dure critiche sul suo operato, definito “lento e poco trasparente”. Fonti
vicine al Tribunale rispondono che l’organismo ha tempo fino al 31 agosto per
decidere sulle eventuali irregolarità del voto e fino al 6 settembre per rendere
pubblico il suo verdetto definitivo.
E’ TREGUA OGGI A KINSHASA, NELLA
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO,
DOPO L’ACCORDO DI CESSATE-IL-FUOCO RAGGIUNTO IERI SERA
TRA I SOLDATI FEDELI AL PRESIDENTE
USCENTE, JOSEPH KABILA,
E I SOSTENITORI DEL RIVALE ALLE
PRESIDENZIALI, JEAN PIERRE BEMBA
KINSHASA. = E’ tornata la tregua, oggi, nella capitale
della Repubblica Democratica del Congo, Kinshasa, dopo
l’accordo di cessate-il-fuoco raggiunto ieri sera tra i soldati fedeli al
presidente uscente, Joseph Kabila, e i sostenitori
del rivale alle elezioni presidenziali, Jean Pierre Bemba. Lo riferiscono fonti delle Nazioni Unite, secondo
cui le parti torneranno alle proprie posizioni e poi riprenderanno il dialogo,
come auspicato dalla comunità internazionale. I disordini, che hanno causato 16
morti, erano iniziati domenica, in seguito ai risultati del voto del 30 luglio
scorso, che ha decretato il ballottaggio, il prossimo
29 ottobre, tra i due contendenti. Nelle ultime ore si sono moltiplicati gli
appelli, lanciati dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dal segretario generale,
Kofi Annan, e da altre
realtà della comunità internazionale, affinché i due candidati si incontrino faccia a faccia per risolvere “politicamente” e
“attraverso il dialogo” le loro divergenze. Anche la Chiesa aveva espresso nei
giorni scorsi la sua preoccupazione. Ieri, prima dell’annuncio della tregua,
l’arcivescovo di Kinshasa, il cardinale Frédéric Etsou-Nzabi-Bamungwabi, aveva
dichiarato all’emittente diocesana ‘Radio Elikya’,
citata dalla MISNA: “La popolazione ha parlato, la sua voce deve essere
ascoltata”. Riprendendo un recente appello dei vescovi congolesi,
intitolato “No alla violenza”, il porporato aveva invitato tutti gli attori
politici, le forze dell’ordine e la popolazione a mantenere la calma e a
“guardare verso il futuro, verso il secondo turno del 29 ottobre”. Un appello
analogo era stato lanciato anche dall’arcivescovo di Kisangani
e presidente della Conferenza episcopale nazionale (CENCO), mons. Laurent Monsengwo Pasinya: “Chiediamo in particolare al presidente Kabila e
al vice-presidente Bemba – aveva dichiarato – di
privilegiare la via del dialogo, della concertazione e della pace e dell’interesse
superiore della nazione. Invitiamo i congolesi a
mostrare la loro maturità, a mantenere la tranquillità e ad astenersi da ogni
violenza e provocazione rifiutandosi di cedere ai sentimenti di natura etnica e
regionale”. L’arcivescovo Monsengwo Pasinya si era rivolto anche alla comunità internazionale
affinché prendesse “tutte le misure possibili per evitare al Paese l’anarchia e
il caos, ponendo termine alle ostilità tra i belligeranti”. (R.M.)
“SALVAGUARDATE I BAMBINI DEL SUDAN
DALLE VIOLENZE DELLE FORZE ARMATE”:
È L’APPELLO LANCIATO AL GOVERNO
SUDANESE DAL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN, IN UN RAPPORTO INVIATO
AL CONSIGLIO DI SICUREZZA
- A cura di Alessandro Grifi -
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DARFUR.
= “Maggiore impegno per la salvaguardia dei bambini nel Sudan, vittime di
stragi, rapimenti, reclutamenti forzati, violenze e fame”: è quanto chiede a
tutti i protagonisti della politica sudanese il segretario generale delle
Nazioni Unite, Kofi Annan,
in un rapporto inviato al Consiglio di sicurezza. Annan
descrive le minacce che ancora gravano sull’infanzia sudanese, nonostante gli
accordi di pace nel Sudan meridionale e i tentativi di pacificazione nel Darfur. “I processi di pace – afferma il segretario
generale dell’ONU – costituiscono una grande opportunità per i dirigenti del
Sudan per far cessare una volta per tutte le attività di reclutamento e l’uso
dei bambini”. Annan ha anche sottolineato che la
pratica interessa tutte le formazioni armate, regolari e non, esistenti nel
Paese e nelle zone circostanti, come i gruppi d’opposizione armata del CIAD o i
ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del
signore (LRA). Kofi Annan
ha dichiarato inoltre che si è ancora lontani da una cessazione delle violenze,
nonostante sia stata registrata negli ultimi tempi una diminuzione dei
reclutamenti forzati in Darfur.
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23 agosto 2006
- A cura di Isabella Piro
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● Il
governo di Mosca è pronto a guidare il negoziato per chiudere la crisi nucleare
iraniana. Lo ha annunciato Mikhail Kaminin, portavoce del ministero degli Esteri russo, dopo
che ieri l’Iran si è detto “pronto ad aprire negoziati seri” con la comunità
internazionale sul suo programma nucleare. L’annuncio è arrivato dal capo
negoziatore iraniano, Ali Larijani, mentre giungeva
al Palazzo di Vetro la risposta ufficiale alla proposta di collaborazione
europea, in cambio della sospensione del programma atomico. E un invito alla
soluzione diplomatica arriva anche dalla Cina, che
chiede all’Iran di considerare tutte le preoccupazioni internazionali sul suo
programma nucleare e invita ad un atteggiamento costruttivo le autorità di Teheran e le altre parti in causa. Russia e Cina, principali
partner economici della Repubblica Islamica, si oppongono ad eventuali sanzioni
che potrebbero essere adottate nei confronti dell’Iran.
● È ripresa stamani a Baghdad la terza
udienza del processo contro l’ex rais Saddam Hussein e sei coimputati per lo
sterminio di 180 mila curdi avvenuto nel 1988 nel
Kurdistan. Tra gli imputati, c’è anche Ali Majid,
noto come ‘Ali il chimico’, accusato di essere
responsabile di uccisioni di massa con l’uso di armi chimiche. Sul terreno,
intanto, continua la violenza: otto cadaveri sono stati rinvenuti a sud della
capitale, mentre un attentato a Mosul ha provocato un
morto e 10 feriti. A Baquba, inoltre, un gruppo di
uomini armati ha assassinato Ibrahim Nargues, direttore generale della Compagnia per le Industrie
elettriche irachene, mentre altri 3 civili sono morti in vari attacchi nella
stessa città.
● Continuano gli scontri in Afghanistan tra
forze Nato e ribelli Taliban: stamani 11 guerriglieri
sono morti in un raid aereo delle truppe internazionali nella provincia meridionale
di Kandahar. Secondo un portavoce dell’Isaf, i ribelli sono stati scoperti
mentre preparavano un attentato contro le forze internazionali e afghane. Un soldato canadese, inoltre, è morto per le gravi
ferite riportate ieri in un attentato suicida nel sud del Paese.
● Il presidente israeliano, Moshe Katsav, è stato interrogato oggi dalla polizia nella sua
residenza. L’uomo è indagato per presunte molestie sessuali compiute nei
confronti di una sua dipendente. Gli agenti avevano già perquisito nei giorni
scorsi la dimora di Katsav, che rischia perfino di
essere accusato di stupro. L’inchiesta era partita lo scorso luglio da una
lamentela dello stesso Katsav che, senza una denuncia
formale, aveva affermato di ritenersi vittima di un tentativo di estorsione da
parte di una sua ex collaboratrice. La donna ha detto di essere stata costretta
ad avere rapporti sessuali con Katsav.
● Sono state ritrovate stamattina le due
scatole nere dell’aereo caduto ieri in Ucraina, vicino la città di Donetsk, un incidente costato la vita a 170 persone, fra
cui 45 bambini e 5 passeggeri europei. Lo ha annunciato il ministero dei
Trasporti russo. Il velivolo, un vecchio Tupolev,
sembra si sia schiantato a causa di un incendio sprigionatosi a bordo, a 10mila
metri d'altezza. Secondo gli esperti, l’equipaggio potrebbe aver perso il
controllo dell’aereo dopo averlo portato ad un’altitudine eccessiva per
sfuggire al maltempo. Esclusa, comunque, l’ipotesi di un attentato poiché il
velivolo è caduto intatto a terra ed è stato successivamente divorato dalle
fiamme.
● Nelle
Filippine, sequestro lampo per decine di studenti presi in ostaggio da 20
presunti guerriglieri comunisti del Nuovo esercito del popolo. Il rapimento,
che è avvenuto all’interno della scuola di Buayan,
nel sud dell’isola di Mindanao, si è risolto pacificamente
dopo due ore e i ribelli si sono dati alla fuga senza sparare neanche un colpo.
Secondo una prima ricostruzione, si è trattato di una manifestazione di
protesta: i guerriglieri volevano impartire ai ragazzi una lezione di
comunismo.
● Ancora violenza
nello Sri Lanka, dove
l’artiglieria dell’esercito governativo ha colpito presunte postazioni dei
ribelli Tamil nel nord-est del Paese. Secondo quanto
riferito da un responsabile militare locale, gli scontri sono iniziati
stamattina dopo che, nella notte, le Tigri Tamil
avevano lanciato colpi di mortaio contro l’esercito.
● In
Algeria, si allunga la lista delle vittime della violenza di matrice islamica:
ieri un militare e un terrorista armato sono stati uccisi in uno scontro a
fuoco nella foresta di Boumehni, vicino
a Tizi Ouzou, capoluogo della Cabilia. Altri 17 soldati sono rimasti feriti. Intanto,
l’esercito sta ammassando truppe nell’est del Paese per sferrare un’offensiva
contro gli irriducibili del Gspc, il gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, vicino ad Al Qaida. Il movimento rifiuta
di deporre le armi e di usufruire delle misure di clemenza previste dalla Carta
di riconciliazione nazionale.
● In
Nepal, i ribelli maoisti ritireranno i loro guerriglieri e le armi in campi
provvisori, nel quadro del processo di pace in corso nel regno himalayano. Lo ha annunciato oggi un loro portavoce. “Una
volta che i nostri armati saranno confinati negli acquartieramenti – ha
aggiunto – il governo dovrà garantire che anche le Forze armate del Nepal
resteranno nelle loro caserme”.
● La creazione di un mercato comune entro il
2015: questa la principale decisione annunciata nel corso del vertice
dell’ASEAN, l’Associazione delle Nazioni del sud est asiatico, in corso a Kuala Lumpur, in Malaysia. Ma
secondo gli economisti, persistono ancora molte barriere commerciali fra i
Paesi appartenenti all’associazione: basti pensare al divieto di fusione ed
acquisizione nel settore bancario e in quello dell’energia.
● Allarme nei cieli olandesi: un aereo di
linea statunitense Northwest Airlines
è rientrato all’aeroporto di Amsterdam scortato da due caccia, dopo un imprecisato
allarme a bordo. Lo riferisce l’agenzia Anp. La
polizia ha fatto sbarcare i passeggeri. Non si conoscono ulteriori particolari,
ma il Coordinatore nazionale per l’antiterrorismo ha assicurato che non vi sono
elementi per innalzare il livello di allerta nel Paese.
● In Indonesia, una bambina di 6 anni è
risultata positiva al test dell’influenza aviaria. Lo ha annunciato ieri il
dipartimento Controllo malattie infettive del ministero della Sanità
indonesiano. La bambina è originaria di Bekasi, alla
periferia di Giakarta; con lei, salgono a 60 i casi di contagio umano del
virus, mentre sono 46 le vittime accertate.
● Veniamo
in Italia: un tavolo di lavoro congiunto tra il ministero della Giustizia e
quello dell’Interno per combattere l’immigrazione clandestina. Lo hanno
annunciato i responsabili dei due dicasteri, Clemente Mastella
e Giuliano Amato. L’obiettivo del tavolo, afferma una nota del Viminale, è “la
stesura di una bozza di provvedimento da sottoporre in tempi rapidi
all’attenzione del Consiglio dei Ministri”. Ieri, intanto, il ministero
dell’Interno, al termine di un vertice con le forze di sicurezza, ha deciso di
istituire due pool investigativi specializzati nella lotta all’immigrazione
clandestina e di inasprire le norme per il favoreggiamento di questo reato. Il primo pool sarà composto da magistrati ed opererà a Palermo ed Agrigento; il secondo
spetterà agli investigatori e sarà inserito all’interno della Criminalpol. Richiesta anche una maggiore
collaborazione giudiziaria con i Paesi d’origine degli immigrati. Ma gli
sbarchi di clandestini non si fermano: un gommone con circa 20 persone a bordo
è stato avvistato ieri sera a 50 miglia da Lampedusa, in acque maltesi.
● E’
ancora mistero sulla sorte di due turisti italiani rapinati e sequestrati ieri
nel Niger sud-orientale, al confine con il Ciad. Insieme a
loro, rapite altre 19 persone rilasciate però dopo alcune ore. La Farnesina sta cercando di stabilire un contatto con i
sequestratori ed ha inviato in Niger l’incaricato d’Affari in Costa D’Avorio,
Giovanni Davoli.
● Cina e
Russia condurranno insieme, nel 2009, una missione su Marte, con l’obiettivo di
raccogliere campioni di pietre del Pianeta rosso e di una delle sue lune. Lo ha
annunciato Ye Paijian,
scienziato dell’Istituto cinese per la tecnologia spaziale, citato dall’agenzia
Nuova Cina. L’uomo ha precisato che il lancio verrà
effettuato da tecnici e scienziati russi, mentre gli strumenti saranno
fabbricati in Cina. Nel 2003, il Paese orientale è diventata la terza nazione,
dopo Stati Uniti e Russia, ad aver inviato uomini nello spazio.
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