RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 235 - Testo della trasmissione di mercoledì 23 agosto 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Le sofferenze della Chiesa nel mondo, come il supplizio di Gesù, rivelano la malvagità dell’uomo ma anche l’intervento salvifico di Dio: così Benedetto XVI all’udienza generale

 

La speranza cristiana sia alimentata dall’azione celebrativa: lo raccomanda il Papa nel messaggio, a firma del cardinale Sodano, per la Settimana liturgica nazionale, a Varese

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Infranta ancora la tregua in Libano: l’artiglieria israeliana bombarda la cittadina di Shebaa, mentre Amnesty accusa lo Stato ebraico di pesanti crimini di guerra. Ai nostri microfoni Riccardo Noury

 

Angoscia e incertezza per i tre cattolici condannati a morte in Indonesia: con noi mons. Novatus Rugambwa

 

Dalla schiavitù tradizionale alle moderne forme di sfruttamento: soprusi e sofferenze ricordati nell’odierna Giornata internazionale di commemorazione della tratta negriera e della sua abolizione.  Ce ne parla Pier Paolo Romani

 

Sfida della libertà religiosa tra Islam e Occidente, uno dei temi in discussione al Meeting di Rimini: la riflessione di Souad Sbai

 

Da questo pomeriggio a Stresa il settimo corso di studi rosminiani: intervista con padre Umberto Muratore

 

CHIESA E SOCIETA’:

Scomparso il sacerdote cattolico, padre Jim Brown, nella provincia cingalese di Jaffna, isolata dal resto del Paese a causa di violenti combattimenti tra l’esercito e i separatisti tamil

 

Monito della Chiesa messicana per il tentativo di irruzione, da parte di sostenitori dell’aspirante presidente, Lopez Obrador, nella cattedrale di Città del Messico

 

E’ tregua oggi a Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo, dopo l’accordo di cessate-il-fuoco raggiunto ieri sera

 

“Salvaguardate i bambini del Sudan dalle violenze delle forze armate”: è l’appello lanciato al governo sudanese dal segretario generale dell’ONU, Kofi Annan

 

24 ORE NEL MONDO:

Continuano gli scontri in Afghanistan tra forze Nato e ribelli Taliban - Il governo di Mosca è pronto a guidare il negoziato per chiudere la crisi nucleare iraniana

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

23 agosto 2006

 

 

LE SOFFERENZE DELLA CHIESA NEL MONDO, COME IL SUPPLIZIO DI GESU’, RIVELANO

LA MALVAGITA’ DELL’UOMO MA ANCHE L’INTERVENTO SALVIFICO DI DIO NELLA STORIA: LA CATECHESI DI BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE, IN VATICANO

 

Migliaia di fedeli e pellegrini – circa settemila – di una quindicina di Paesi di tutto il mondo si sono raccolti oggi nell’Aula Paolo VI per ascoltare la catechesi del Papa, giunto stamane in elicottero dalla residenza estiva di Castel Gandolfo, per l’udienza generale. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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La Chiesa non merita certo le “gravi difficoltà, incomprensioni e ostilità” “che pure oggi… soffre in varie parti del mondo”, “così come Gesù non meritò il suo supplizio”. Così ha osservato Benedetto XVI commentando il libro dell’Apocalisse dell’apostolo “Giovanni, il Veggente di Patmos”, dal nome dell’isola del mar Egeo, dove si trovò deportato “a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù”.

 

E proprio a Patmos “Giovanni – ha ricordato il Papa - ebbe delle visioni grandiose e udì messaggi straordinari, che influiranno non poco sulla storia della Chiesa e sull’intera cultura occidentale. Sullo sfondo del libro è la drammatica esperienza delle Chiese d’Asia, dei cristiani perseguitati che Giovanni “esorta a rimanere saldi nelle fede e a non identificarsi con il mondo”. Giovanni disvela “a partire dalla morte e risurrezione di Cristo” “il senso della storia umana”, laddove le sofferenze patite “rivelano sia la malvagità dell’uomo, quando si abbandona alle suggestioni del male, sia la superiore conduzione degli avvenimenti da parte di Dio”.

 

Tra le visioni fondamentali di Giovanni è quella dell’Agnello, “che è sgozzato eppure sta ritto in piedi” sul trono dove è già assiso Dio stesso, a significare che Gesù, in questa Terra è un agnello indifeso, ucciso con la violenza e tuttavia risorto ha vinto la morte ed è partecipe del potere divino.

 

“E così il veggente vuol dirci: “Abbiate fiducia in Gesù, non abbiate paura dei poteri contrastanti della persecuzione. L’Agnello ferito, morto, vince.

 

E c’è poi la visione della “Donna che partorisce un figlio Maschio e quella complementare del Drago”, “precipitato dai cieli ma ancora molto potente”. La Donna – ha spiegato il Santo Padre – rappresenta Maria e tutta la Chiesa, “che partorisce in tutti i tempi, con grande dolore, sempre Cristo”, e “sempre è “minacciata dal potere del Drago”. “Indifesa appare debole”, perseguitata ma protetta dalle consolazioni di Dio.

 

“E questa donna alla fine vince. E non il drago; questa è la grande profezia di questo libro che ci dà fiducia”.

 

Il Veggente di Patmos dischiude così ai cristiani un orizzonte radioso, che culmina nella visione della Gerusalemme celeste, dove “non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”.

 

Infine la preghiera del Papa tradotta nella forma aramaica “Marana tha”:

 

“Con il Veggente di Patmos, con San Paolo, con la Cristianità nascente preghiamo anche noi: “Vieni, Gesù! Vieni, trasforma il mondo. Vieni già oggi e vinca la pace!”, Amen”.

 

         Nei consueti saluti dopo la catechesi, nelle varie lingue, Benedetto XVI ha rivolto un indirizzo particolare alle suore di Maria Santissima Consolatrice, riunite in Capitolo generale e ai 500 allievi della Scuola di formazione del Corpo forestale dello Stato italiano, che in segno di omaggio hanno intonato il loro inno.

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LA SPERANZA CRISTIANA SIA ALIMENTATA DALL’AZIONE CELEBRATIVA:

COSI’, IL PAPA NEL MESSAGGIO, A FIRMA DEL CARDINALE ANGELO SODANO,

PER LA SETTIMANA LITURGICA NAZIONALE, IN CORSO A VARESE

 

“La speranza cristiana sia alimentata dall’azione celebrativa, che è azione di Dio”: è l’auspicio di Benedetto XVI contenuto in una lettera, a firma del cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, indirizzata ai partecipanti alla 57.ma Settimana liturgica nazionale, in corso a Varese, sul tema “Celebriamo Gesù Cristo, speranza del mondo”. Questo appuntamento che “costituisce una tappa di preparazione” al prossimo Convegno nazionale ecclesiale di Verona - si legge nel messaggio - sarà “occasione di rinnovata consapevolezza e responsabilità pastorale a servizio del Vangelo”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Il credente va aiutato a comprendere che per custodire, ravvivare, testimoniare, comunicare la speranza deve ritornare a celebrare, a contemplare Gesù, il Risorto”. E’ quanto scrive il cardinale Angelo Sodano, a nome del Santo Padre, nel messaggio per la Settimana nazionale liturgica inviato a mons. Luca Brandolini, presidente del Centro di Azione Liturgica. Nel documento viene ribadito che “riflettere sul significato della celebrazione liturgica come fonte di speranza per tutti” vuol dire “porre l’attenzione sull’evento della morte e risurrezione di Cristo, fondamento della nostra speranza”. Il Risorto, prosegue il messaggio a nome del Pontefice, “è la sorgente della nostra speranza ed ogni celebrazione immette nel cuore dell’uomo quel mistero di speranza pienamente realizzato in Cristo”.

 

Il tema stesso del Convegno, Celebriamo Gesù Cristo, speranza del mondo indica che, “attraverso la celebrazione liturgica, l’uomo inserito nel Mistero pasquale viene trasfigurato dal Risorto”. Per questo, la preghiera “apre la nostra vita al progetto di Dio e ci spinge a farci docili strumenti nelle sue mani per trasformare… la storia del nostro ambiente”. La celebrazione liturgica, si legge ancora, “abbraccia così i vari aspetti dell’esistenza: il mondo degli affetti e delle relazioni, la fragilità e le debolezze condivise, l’esperienza del lavoro e del riposo, sempre proclamando il primato dell’amore di Dio”.

 

“L’esperienza della bontà di Dio nella liturgia – prosegue il messaggio a firma del cardinal Sodano – diventa rinnovamento del dono della speranza”. Ancora, la celebrazione liturgica, “liberando il cuore dell’uomo dalle angustie quotidiane, dona nuova fiducia”. Per tale ragione, conclude il messaggio, “il momento celebrativo comunica la gioia di sperare in un mondo migliore, di vivere nella Chiesa, di essere amati da Dio e di poterlo riamare, di essere perdonati e salvati”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina si apre con l'udienza generale.

 

Servizio vaticano - Lettera del cardinale Angelo Sodano al vescovo Luca Brandolini in occasione della 57.ma Settimana liturgica nazionale.

 

Servizio estero - Medio Oriente: l'Unione Europea definisce gli impegni dei propri Stati nel rafforzamento della missione in Libano; fissata per venerdì una riunione dei Ministri degli esteri.  

 

Servizio culturale - Un articolo di Carmine Di Biase dal titolo "Papini nel ricordo della figlia Viola": pubblicato "La bambina guardava".

 

Servizio italiano - In primo piano la questione degli incidenti sul lavoro.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

23 agosto 2006

 

 

Infranta ancora la tregua in Libano. L’artiglieria israeliana ha bombardato

 la cittadina di Shebaa, mentre Amnesty International accusa

lo Stato ebraico di pesanti crimini di guerra

- Intervista con Riccardo Noury -

 

Infranta ancora la tregua in Libano. Stamani l’artiglieria israeliana ha bombardato la cittadina libanese di Shebaa, nel settore orientale della cosiddetta ‘linea blu’ che segna il confine tra Libano ed Israele. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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Le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro la zona est di Shebaa, a poca distanza da una postazione dell’esercito libanese, che venerdì scorso ha preso posizione nell’area. Lo ha riferito la tv libanese LBC, che non ha parlato di vittime. Israele conferma e parla di atto “di deterrenza” contro 5 sospetti che si aggiravano al confine. Soldati israeliani avrebbero rapito inoltre due cittadini libanesi, mentre i combattenti sciiti hanno assaltato un carro armato uccidendo un soldato ebraico. Il tutto avviene mentre sul piano internazionale si sta delineando la struttura della forza di pace dell’ONU. Anche la Russia vede di buon occhio la guida italiana e sembra che il presidente Putin stia riflettendo sulla possibilità di mettere a disposizione i suoi uomini. Venerdì prossimo la riunione straordinaria dei ministri degli esteri europei dovrebbe sciogliere gli ultimi nodi relativi al comando della missione. Intanto dal Palazzo di Vetro di New York sono giunte chiarificazioni fondamentali sulle regole d’ingaggio. Secondo un documento diffuso ieri, i Caschi blu potranno sparare per proteggere se stessi e i civili, ma anche per far rispettare il proprio mandato. Restano i dubbi sul disarmo di Hezbollah: questo non spetta ai soldati UNIFIL che però potranno usare la forza per difendere l’esercito libanese. Il premier israeliano Olmert ha chiesto che la forza ONU si collochi anche al confine con la Siria. La richiesta ha suscitato le ire di Damasco che ha definito “un atto ostile” questa possibilità. Intanto la guerra continua a dividere il quadro politico israeliano tanto che oggi il ministro per i rapporti con il parlamento, Jacob Edery, ha chiesto al primo ministro la costituzione di un governo di emergenza nazionale che riunisca tutte le forze politiche. Da Beirut il premier libanese, Fuad Siniora, ha sollecitato gli Stati Uniti a fare pressione su Israele affinché tolga il blocco aereo e navale imposto al Paese dei cedri dall’inizio del conflitto.

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In questo quadro Amnesty International ha accusato pesantemente Israele di crimini di guerra compiuti in Libano. In un rapporto, reso noto oggi, l’organizzazione umanitaria denuncia la deliberata distruzione di infrastrutture civili, abitazioni, ponti, strade, cisterne e depositi di carburante, più che di obiettivi militari degli Hezbollah. Ma perché, secondo Amnesty, lo Stato ebraico avrebbe adottato una strategia di attacchi così indiscriminata? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Riccardo Noury, di Amnesty International Italia:

 

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R. – Perché, secondo quanto ha dichiarato il capo di Stato maggiore dell’Esercito israeliano, gli attacchi avevano l’obiettivo di premere la pressione sul governo libanese e soprattutto di inviare un messaggio preciso alla popolazione: doveva rivoltarsi contro Hezbollah, che era la causa principale del conflitto in corso. Questa dichiarazione, insieme al modello di attacchi che Amnesty ha verificato, con la propria missione in Libano, nel corso delle ultime due settimane, fanno supporre che ci sia stata veramente una strategia deliberata di colpire obiettivi e infrastrutture civili in Libano.

 

D. – Una sorta di messaggio indiretto, quindi, alla popolazione civile, che però non rischia di ritorcersi contro Israele?

 

R. – Il risultato politico, secondo molti commentatori, è stato quello. Una strategia militare che aveva l’obiettivo di delegittimare Hezbollah e di far rivoltare, appunto, la popolazione contro questo gruppo armato, ha ottenuto, a quanto pare, l’effetto contrario. Ma questa è una valutazione politica ed il costo umano di questa strategia è impressionante, perchè questo rapporto non parla direttamente delle perdite civili, ma parla di quella che è stata una politica vera e propria di violazione del diritto umanitario, attraverso attacchi indiscriminati contro tutte quelle infrastrutture che sono indispensabili per la sopravvivenza della popolazione civile.

 

D. – C’è una qualche responsabilità di Hezbollah in tutto questo?

 

R. – Hezbollah è complice tanto quanto Israele e questo sarà oggetto di un rapporto, che verrà reso pubblico nelle prossime settimane. In più Hezbollah ha certamente fatto ricorso ad una politica che viola il diritto umanitario, ovvero quella del ricorso agli scudi umani. Ma questo non avrebbe dovuto esimere Israele dal prendere le opportune precauzioni. Non è sostenibile che, se un guerrigliero si nasconde in un palazzo o c’è un lanciarazzi sul tetto di un palazzo, debba essere bombardato un quartiere. 

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ORE DI ANGOSCIA E INCERTEZZA PER I TRE CATTOLICI CONDANNATI A MORTE

IN INDONESIA. CRESCE IL MOVIMENTO PER L’ABOLIZIONE DELLA PENA CAPITALE

NEL PAESE ASIATICO. CE NE PARLA MONS. NOVATUS RUGAMBWA,

CONSIGLIERE DI NUNZIATURA A GIAKARTA

 

La Corte Suprema indonesiana ha respinto la seconda richiesta di grazia dei tre cattolici condannati a morte a Palu - Sulawesi centrali, definendola contraria alla legge 22/2002 sulla grazia. E’ quanto riferisce oggi l’agenzia AsiaNews che sottolinea come cresca nel Paese asiatico il coro di voci che chiede la cancellazione della sentenza capitale. Dal canto suo, il presidente Susilo Bambang Yudhoyono, cui spetta il potere di grazia, non si è ancora pronunciato. L’11 agosto scorso, Benedetto XVI aveva chiesto alle autorità indonesiane un atto di clemenza per motivi umanitari. L’appello del Papa ha dato coraggio a quanti, cattolici e non, si stanno impegnando in queste ore per la messa al bando della pena capitale in Indonesia. Ecco la testimonianza di mons. Novatus Rugambwa, consigliere presso la nunziatura in Indonesia, raggiunto telefonicamente a Giakarta da Alessandro Gisotti:

 

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R. - Il messaggio del Santo Padre ha incoraggiato tutti a fare più manifestazioni. C’è il desiderio che la loro vita sia salvata. Oggi a mezzanotte ci sarà un programma al riguardo alla televisione. E poi, nei giornali cercano di difendere la vita, di dire che forse è meglio non eseguire questa pena di morte. Penso che il problema grosso sia che le autorità non vogliono o non sanno dirci che cosa accadrà, quando e come. Si vive in una situazione di incertezza.

 

D. - Incertezza di un’attesa che sarà vissuta drammaticamente dai tre condannati…

 

R. - Loro stessi, anche le loro famiglie, non sanno neanche oggi che cosa succederà. Quindi è una situazione che non fa bene a nessuno. Da parte dei cattolici ci sono tanti movimenti in difesa della vita. Hanno fatto delle manifestazioni, hanno fatto sentire la loro voce in difesa della vita dei tre, soprattutto nella zona in cui sono nati che è di maggioranza cattolica.

 

D. - La Chiesa, come sottolineava lei, è per la clemenza per questi tre condannati a morte, ma è sempre in difesa della vita… non solo per i cristiani…

 

R. - E’ quello che vogliamo dire a tutti, che non è la prima volta e non sarà l’ultima che siamo per la difesa della vita. C’è anche un gruppo che sta suscitando un dibattito pubblico a favore dell’abolizione della pena di morte, insomma sta cominciando una lotta.

 

D. - Quindi la speranza è che da questa situazione così difficile possa anche nascere un movimento per l’abolizione della pena di morte, come in tanti altri Paesi è successo anche sulla spinta, ieri, di Giovanni Paolo II, oggi, di Benedetto XVI?

 

R. - E’ proprio così, nel senso che oggi la gente ci sta pensando. Il problema  è che forse ci sono delle tradizioni religiose che ammettono la pena di morte. Però c’è una forza nella società civile di questo Paese che comincia a pensare che bisogna impegnarsi per la difesa della vita secondo ciò che i due Papi, da lei menzionati, hanno detto.

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DALLA SCHIAVITÙ TRADIZIONALE ALLE MODERNE FORME DI SFRUTTAMENTO:

UN PERCORSO DI SOPRUSI E SOFFERENZE DENUNCIATO

NELL’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE DI COMMEMORAZIONE

DELLA TRATTA NEGRIERA E DELLA SUA ABOLIZIONE

- Intervista con Pier Paolo Romani -

 

Ricordare l’orribile piaga della schiavitù per combattere le moderne forme di sfruttamento: con questo intento, l’UNESCO celebra oggi la Giornata internazionale di commemorazione della tratta negriera e della sua abolizione. Nella notte tra il 22 e il 23 agosto del 1791, un’insurrezione di schiavi a Santo Domingo segnò l’inizio del processo che porterà gradualmente all’abolizione della schiavitù. Ce ne parla Roberta Moretti:

 

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“Da questo santuario africano del dolore nero imploriamo il perdono dal cielo”: Giovanni Paolo II pronunciò queste parole il 22 febbraio del 1992 a Gorée, l’isola senegalese dove vennero deportati, dal 15.mo al 18.mo secolo, circa 17 milioni di africani, prima di essere imbarcati, come schiavi, verso le Americhe e le Antille. La traversata atlantica, che durava da uno a tre mesi, si svolgeva spesso in condizioni disumane. Dal continente americano, i prodotti del duro lavoro degli schiavi, come zucchero, cotone, caffè e tabacco, venivano poi trasportati e venduti in Europa, con immensi profitti. Dall’Europa, infine, navi cariche di armi, tessuti, perle e altri prodotti manifatturieri partivano alla volta di Gorée, per comprare altri schiavi e dare il via a una nuova tratta.

 

Ma guardiamo all’oggi: nonostante la condanna unanime, sancita da diverse Convenzioni internazionali e dall’abolizione formale da parte di tutti gli Stati del mondo – ultima la Mauritania, nel 1981 – la schiavitù non ha mai smesso di segnare la storia dell’uomo. Con le nuove rotte migratorie, la tratta di esseri umani costretti alla prostituzione, al lavoro forzato o all’accattonaggio coinvolge 200 milioni di per-sone nel mondo, con profitti che superano i 12 miliardi di dollari l’anno. A farne le spese sono soprattutto donne e bambini, impiegati anche nei conflitti armati. Ma quali sono le differenze fondamentali tra la schiavitù del passato e le moderne forme di sfruttamento? Il sociologo Pier Paolo Romani:

 

“Mentre un tempo lo schiavo era comprato e venduto mediante un atto legittimo, oggi una persona viene reclutata tramite la violenza, ad esempio il rapimento oppure l’inganno: le si promette un lavoro e poi nel Paese di destinazione viene sfruttato. O c’è anche il caso del ricatto: le vittime vengono minacciate direttamente oppure vengono minacciati i loro familiari. Una seconda diversità è nel fatto che nell’antica schiavitù lo schiavo aveva un costo elevato per il suo padrone. Oggi, purtroppo, la povertà sempre più diffusa, non solo materiale ma anche culturale, di vaste zone del pianeta, soprattutto del continente africano e del Sud-Est asiatico, fanno sì che i trafficanti abbiano un enorme bacino di potenziali schiavi da reclutare. Poi, una volta le differenze etniche avevano una loro importanza. Oggi, la differenza di razza o di religione non ha più senso, tant’è vero che le vittime arrivano dall’Est europeo, dall’Asia, dall’Africa, dal Sud America”.

 

 

 

Un fenomeno spesso sotterraneo e, dunque, difficile da combattere. Certamente negli ultimi anni qualche passo in avanti è stato fatto. Pier Paolo Romani:

 

“Nel dicembre del 2000, a Palermo, le Nazioni Unite hanno presentato la Convenzione internazionale contro la criminalità organizzata, cui erano collegati due importanti protocolli che andavano proprio uno nella direzione di combattere la tratta e l’altro a combattere la cosiddetta immigrazione clandestina. Dopo tre anni sono effettivamente entrati in vigore e l’Italia li ha ratificati lo scorso febbraio. Questo è importante, perché molto spesso le persone che vengono protette parlano e sono fondamentali per poi andare ad arrestare i trafficanti. Il punto è che ci sono Paesi di flussi migratori che poi sfociano in fenomeni di schiavitù: Asia o Paesi dell’Africa. Paesi che non hanno ratificato ancora la convenzione, perché i fenomeni di cui stiamo parlando hanno anche un’implicazione economica diretta sul PIL del Paese. Ricordo che diversi studiosi stimano che il 10 per cento del PIL thailandese è alimentato dal turismo sessuale”.

 

“La tratta e la schiavitù – dice il direttore dell’UNESCO, Koïchiro Matsuura, nel messaggio per la Giornata – devono essere portate davanti alla coscienza dell’umanità come un simbolo della negazione dei diritti umani più basilari”.

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SFIDA DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA TRA ISLAM E OCCIDENTE,

UNO DEI TEMI IN DISCUSSIONE AL MEETING DI RIMINI

- Intervista con Souad Sbai -

 

Sono migliaia i musulmani in Europa e nei Paesi Arabi convertiti al cristianesimo. Molti però sono costretti ad una vita in clandestinità per la paura di vendette da chi li ritiene traditori del Corano. Il Meeting di Comunione e Liberazione si interroga sulla “sfida della libertà religiosa tra Islam e Occidente”. Da Rimini, ce ne parla Luca Collodi:

 

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L’immigrazione musulmana può rappresentare un ponte tra il mondo arabo e la società moderna, a patto che l’immigrato sia realmente integrato nella cultura italiana. Se però l’immigrato arabo non si identifica in questo Paese, avverte la presidente delle donne marocchine In Italia Souad Sbai, rischia di cadere vittima dell’estremisno islamico.

 

“Bisogna smettere di vedere i musulmani come un monolite, ma riconoscere anche a loro libertà di scelta, anche di scelta religiosa. Oggi drammaticamente negata anche in Occidente, soprattutto in Occidente, dalle organizzazioni islamiche che pretendono il controllo sulla coscienza dei fedeli”.

 

Per favorire la piena cittadinanza bisogna rafforzare l’educazione, ma Souad Sbai invita l’Italia a  dire no alle scuole islamiche. I figli degli arabi devono frequentare la scuola pubblica ed i loro coetanei per diventare veri cittadini.

 

“In Marocco, in Egitto sono scuole proibite. Non ci sono scuole solo di religione. Non ci sono. Invece in Italia noi dovremmo subire questa situazione”.

 

E dal Meeting di Cl, la rappresentante delle donne marocchine denuncia la drammatica situazione di vita delle donne arabe in Italia, un vero ostacolo sulla via della piena integrazione e cittadinanza.

 

“L’86% di donne arabe immigrate in Italia sono analfabete. Vivono rinchiuse. La situazione di Hina è una delle tante. Ce ne saranno altre. Lo sostengo da tempo. Di Hina ce ne saranno purtroppo molte”.

 

Da Rimini, Luca Collodi, Radio Vaticana.

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DA QUESTO POMERIGGIO A STRESA IL SETTIMO CORSO DI STUDI ROSMINIANI

- Intervista con padre Umberto Muratore -

 

          Naturale e soprannaturale nel pensiero moderno’: questo il tema generale del VII corso dei Simposi Rosminiani, che si svolgerà a Stresa, Colle Rosmini, a partire da oggi pomeriggio sino a sabato. Oltre 200 i pensatori filosofi e teologi che si confronteranno sul tema. Nutrita la schiera dei relatori: Roberto Presilla, Giovanni Reale, Siro Lombardini, Dario Antiseri, Giuseppe Lorizio, Giovanni Ancona, Salvador Pié-Ninot, Leo Santorsola, Markus Krienke, Klaus Müller, Sergio Rostagno, Sergio Ubbiali, Umberto Muratore, Pier Paolo Ottonello. Qual è lo scopo di questi incontri? Giovanni Peduto lo ha chiesto a padre Umberto Muratore, superiore provinciale dei Rosminiani italiani e direttore del Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa, il quale organizza la Settimana in collaborazione col Servizio Nazionale CEI per il Progetto Culturale:

 

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R. – Lo scopo principale di questo corso è quello di attirare l’attenzione su una delle peculiarità più evidenti della Chiesa cattolica: la sua fede nel soprannaturale. Ma al tempo stesso vuole fare chiarezza su questa realtà, liberarla cioè dall’abuso che ne fanno molte religioni della new age.

 

D. – Può ricordare in due parole ai nostri ascoltatori che cosa si intende per “soprannaturale”?

 

R. – Il soprannaturale per noi cattolici è la grazia, cioè una luce ed una forza che vengono direttamente da Dio. La luce e la vita stessa di Dio è qualcosa di extranaturale che piove continuamente sull’anima dei battezzati e non si può ottenere con alcuna tecnica umana, ma solo preparando la volontà ad accoglierlo come dono gratuito e medicina dell’anima peccatrice. E’ insomma la persona di Dio che cammina accanto all’uomo e aiuta l’uomo ad affrontare le sfide della vita.

 

D. – In tutto questo, che dire della figura di Antonio Rosmini?

 

R. – Rosmini dedica bellissime pagine al tema della grazia, fermandosi ad osservarne la natura, gli effetti, la necessità per l’uomo peccatore. Ma soprattutto mette in guardia dal razionalismo, il quale, in nome della ragione, vorrebbe tenere in ombra o addirittura negare questo elemento preziosissimo. Senza la coscienza della grazia una religione rischia di svuotarsi e impoverirsi dall’interno. La dottrina rischia di diventare una dottrina puramente terrestre; il vissuto, un misto di superstizione e di culto esteriore affine alla magia.

 

D. – Visto che parliamo di Rosmini, può dirci a che punto è la sua Causa di beatificazione?

 

R. – Direi che l’iter della beatificazione sta seguendo il suo corso. Il mese scorso la Chiesa ha riconosciuto ufficialmente le virtù eroiche, permettendoci così di chiamare Rosmini “Venerabile”, ora siamo all’ultimo esame del miracolo, che è già stato esaminato e approvato in sede diocesana. Quindi la beatificazione, che ci auguriamo presto.

 

D. – Un’ultima domanda. Secondo lei, che senso può avere oggi la beatificazione di Rosmini?

 

R. – Secondo me, la beatificazione di un pensatore così vasto e profondo come Rosmini significa offrire ai cristiani d’oggi un raro esempio di testimonianza della carità dell’intelligenza. Rosmini è la testimonianza vivente che la ragione, se ben usata, si accosta alla fede e la riconosce pur rimanendo ragione. Egli ha svolto brillantemente il compito affidatogli dal Papa Pio VIII, quello di condurre gli uomini alla religione mediante la ragione, cioè persuadendoli della bontà della religione. Una testimonianza che oggi aiuterebbe tanto la Chiesa, soprattutto in Europa, a recuperare al Vangelo quanti - ed è una delle più brutte piaghe odierne - se ne sono allontanati proprio pensando di fare una scelta ragionevole.

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CHIESA E SOCIETA’

23 agosto 2006

 

 

SCOMPARSO IL SACERDOTE CATTOLICO, PADRE JIM BROWN, NELLA PROVINCIA

CINGALESE DI JAFFNA, ISOLATA DAL RESTO DEL PAESE A CAUSA DI VIOLENTI

COMBATTIMENTI TRA L’ESERCITO E I SEPARATISTI TAMIL

- A cura di Roberta Moretti -

 

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COLOMBO = Preoccupazione della Chiesa dello Sri Lanka per la scomparsa, il 20 agosto scorso, di un sacerdote ad Allaipiddy, nella provincia settentrionale di Jaffna, isolata da settimane dal resto del Paese a causa di violenti combattimenti tra l’esercito e i ribelli delle Tigri di liberazione della Patria Tamil (LTTE). Padre Jim Brown, così si chiama il sacerdote, è stato visto l’ultima volta da un confratello a un checkpoint militare, mentre si recava nella località di Allaipiddy. Anche il laico che lo accompagnava, Wencelslaus Vimalan, risulta scomparso. Ordinato nel 2003, padre Brown, 34 anni, era stato nominato parroco di Allaipiddy solo poche settimane fa. Il 12 agosto la sua chiesa, intitolata a San Filippo Neri, era stata colpita dal fuoco dei combattimenti che infuriavano tra Marina militare e separatisti Tamil. Negli scontri erano morti numerosi civili che si erano rifugiati nell’edificio religioso. Il parroco aveva allora preso con sé circa 800 fedeli e si era diretto in cerca di riparo alla chiesa di Santa Maria, nella vicina Kayts. Convocato dai vertici della Marina militare di Allaipiddy, padre Brown era stato duramente rimproverato. Come riporta AsiaNews, il direttore del Centro di pace e riconciliazione di Jaffna, guidato dalla Chiesa locale, riferisce che un ufficiale avrebbe urlato in faccia al sacerdote accusandolo di aiutare le Tigri Tamil a scavare trincee. Padre Brown aveva invece scavato buche solo per potersi riparare dai bombardamenti. Il 20 agosto, infine, dopo mezzogiorno, padre Brown parte da Kayts sulla sua motocicletta con Vimalan per celebrare la Messa in un villaggio vicino, dove alcuni sfollati si erano rifugiati in un tempio indù. Ma arrivato a destinazione, le truppe della Marina non gli permettono di celebrare e così riparte per Allaipiddy. Sulla strada incontra un confratello, l’ultimo ad averlo visto. Secondo quanto riferisce AsiaNews, il Centro di pace e riconciliazione di Jaffna avrebbe lanciato un appello “alla comunità internazionale chiedendo di fare pressione sul governo cingalese, affinché si occupi subito di una questione così scottante”.

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LE PERPLESSITA’ DELLA CHIESA MESSICANA PER IL TENTATIVO DI IRRUZIONE,

DA PARTE DI SOSTENITORI DELL’ ASPIRANTE PRESIDENTE, LOPEZ OBRADOR,

NELLA CATTEDRALE DI CITTÀ DEL MESSICO

- A cura di Luis Badilla -

 

CITTA’ DEL MESSICO. = “Nessuno ha diritto ad aggredire verbalmente né fisicamente la spiritualità del nostro popolo”: con queste parole, la Chiesa del Messico ha criticato il tentativo, domenica scorsa, da parte di militanti del Partito di rivoluzione democratica (PRD), che appoggiano le aspirazioni presidenziali di Miguel Lopez Obrador, di fare irruzione nella cattedrale di Città del Messico, dedicata alla Madonna di Guadalupe, provocando tafferugli. Con cartelli con la scritta “Voto per voto e seggio per seggio”, che riassumono la richiesta di un nuovo conteggio dei 42 milioni di voti delle presidenziali del 2 luglio scorso, una cinquantina di manifestanti hanno cercato di entrare nella Cattedrale durante la messa che stava per celebrare il cardinale primate, Norberto Rivera. Il Messico – lo ricordiamo – è in attesa del verdetto del Tribunale elettorale federale (TFEPJ) che dovrebbe decidere chi, fra Felipe Calderon e Lopez Obrador, ha vinto veramente le elezioni. In un comunicato, il Comitato di presidenza della Conferenza episcopale messicana ha denunciato gli atti di violenza e di intolleranza che si stanno diffondendo in tutto il Paese, compreso il dilagare di scritte politiche sui manifesti con l’immagine della Madonna di Guadalupe e di Giovanni Paolo II. Un gesto giudicato “irriverente nei confronti dei cattolici in Messico”. “La violenza – si legge nel comunicato – non è mai una risposta giusta. E’ il rispetto dell’uomo, della sua coscienza e delle sue convinzioni religiose, ciò che può contribuire ad una convivenza pacifica e giusta tra i messicani, indipendentemente dalle differenze politiche, ideologiche e religiose”. Pochi giorni fa, dopo altri gravi atti di violenza in cui persero la vita un giudice e un giornalista, la Chiesa messicana, aveva sottolineato: “Tutti dobbiamo lavorare in favore del riconoscimento e del rispetto della dignità umana attraverso la sua tutela, promozione dei diritti umani fondamentali e inalienabili, poiché il bene comune consiste principalmente nella difesa dei diritti e dei doveri di ogni persona”. In queste ore in Messico c’è anche incertezza sui risultati delle elezioni per la nomina del governatore nel Chiapas. Inoltre, nella città di Oaxaca, capitale dell’omonimo Stato a 520 chilometri a sudest di Città del Messico, da tre mesi 70 mila docenti sono in lotta per un aumento salariale e già agli inizi di agosto un insegnante è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco. Infine, da ieri, lo stesso Tribunale elettorale federale è nel mirino dell’opinione pubblica: da più parti cominciano a levarsi dure critiche sul suo operato, definito “lento e poco trasparente”. Fonti vicine al Tribunale rispondono che l’organismo ha tempo fino al 31 agosto per decidere sulle eventuali irregolarità del voto e fino al 6 settembre per rendere pubblico il suo verdetto definitivo.

 

 

E’ TREGUA OGGI A KINSHASA, NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO,

DOPO L’ACCORDO DI CESSATE-IL-FUOCO RAGGIUNTO IERI SERA

TRA I SOLDATI FEDELI AL PRESIDENTE USCENTE, JOSEPH KABILA,

E I SOSTENITORI DEL RIVALE ALLE PRESIDENZIALI, JEAN PIERRE BEMBA

 

KINSHASA. = E’ tornata la tregua, oggi, nella capitale della Repubblica Democratica del Congo, Kinshasa, dopo l’accordo di cessate-il-fuoco raggiunto ieri sera tra i soldati fedeli al presidente uscente, Joseph Kabila, e i sostenitori del rivale alle elezioni presidenziali, Jean Pierre Bemba. Lo riferiscono fonti delle Nazioni Unite, secondo cui le parti torneranno alle proprie posizioni e poi riprenderanno il dialogo, come auspicato dalla comunità internazionale. I disordini, che hanno causato 16 morti, erano iniziati domenica, in seguito ai risultati del voto del 30 luglio scorso, che ha decretato il ballottaggio, il prossimo 29 ottobre, tra i due contendenti. Nelle ultime ore si sono moltiplicati gli appelli, lanciati dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dal segretario generale, Kofi Annan, e da altre realtà della comunità internazionale, affinché i due candidati si incontrino faccia a faccia per risolvere “politicamente” e “attraverso il dialogo” le loro divergenze. Anche la Chiesa aveva espresso nei giorni scorsi la sua preoccupazione. Ieri, prima dell’annuncio della tregua, l’arcivescovo di Kinshasa, il cardinale Frédéric Etsou-Nzabi-Bamungwabi, aveva dichiarato all’emittente diocesana ‘Radio Elikya’, citata dalla MISNA: “La popolazione ha parlato, la sua voce deve essere ascoltata”. Riprendendo un recente appello dei vescovi congolesi, intitolato “No alla violenza”, il porporato aveva invitato tutti gli attori politici, le forze dell’ordine e la popolazione a mantenere la calma e a “guardare verso il futuro, verso il secondo turno del 29 ottobre”. Un appello analogo era stato lanciato anche dall’arcivescovo di Kisangani e presidente della Conferenza episcopale nazionale (CENCO), mons. Laurent Monsengwo Pasinya: “Chiediamo in particolare al presidente Kabila e al vice-presidente Bemba – aveva dichiarato – di privilegiare la via del dialogo, della concertazione e della pace e dell’interesse superiore della nazione. Invitiamo i congolesi a mostrare la loro maturità, a mantenere la tranquillità e ad astenersi da ogni violenza e provocazione rifiutandosi di cedere ai sentimenti di natura etnica e regionale”. L’arcivescovo Monsengwo Pasinya si era rivolto anche alla comunità internazionale affinché prendesse “tutte le misure possibili per evitare al Paese l’anarchia e il caos, ponendo termine alle ostilità tra i belligeranti”. (R.M.)

 

 

“SALVAGUARDATE I BAMBINI DEL SUDAN DALLE VIOLENZE DELLE FORZE ARMATE”: 

È L’APPELLO LANCIATO AL GOVERNO SUDANESE DAL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN, IN UN RAPPORTO INVIATO AL CONSIGLIO DI SICUREZZA

- A cura di Alessandro Grifi -

 

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DARFUR. = “Maggiore impegno per la salvaguardia dei bambini nel Sudan, vittime di stragi, rapimenti, reclutamenti forzati, violenze e fame”: è quanto chiede a tutti i protagonisti della politica sudanese il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, in un rapporto inviato al Consiglio di sicurezza. Annan descrive le minacce che ancora gravano sull’infanzia sudanese, nonostante gli accordi di pace nel Sudan meridionale e i tentativi di pacificazione nel Darfur. “I processi di pace – afferma il segretario generale dell’ONU – costituiscono una grande opportunità per i dirigenti del Sudan per far cessare una volta per tutte le attività di reclutamento e l’uso dei bambini”. Annan ha anche sottolineato che la pratica interessa tutte le formazioni armate, regolari e non, esistenti nel Paese e nelle zone circostanti, come i gruppi d’opposizione armata del CIAD o i ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del signore (LRA). Kofi Annan ha dichiarato inoltre che si è ancora lontani da una cessazione delle violenze, nonostante sia stata registrata negli ultimi tempi una diminuzione dei reclutamenti forzati in Darfur.

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24 ORE NEL MONDO

23 agosto 2006

 

 

- A cura di Isabella Piro -

 

           

Il governo di Mosca è pronto a guidare il negoziato per chiudere la crisi nucleare iraniana. Lo ha annunciato Mikhail Kaminin, portavoce del ministero degli Esteri russo, dopo che ieri l’Iran si è detto “pronto ad aprire negoziati seri” con la comunità internazionale sul suo programma nucleare. L’annuncio è arrivato dal capo negoziatore iraniano, Ali Larijani, mentre giungeva al Palazzo di Vetro la risposta ufficiale alla proposta di collaborazione europea, in cambio della sospensione del programma atomico. E un invito alla soluzione diplomatica arriva anche dalla Cina, che chiede all’Iran di considerare tutte le preoccupazioni internazionali sul suo programma nucleare e invita ad un atteggiamento costruttivo le autorità di Teheran e le altre parti in causa. Russia e Cina, principali partner economici della Repubblica Islamica, si oppongono ad eventuali sanzioni che potrebbero essere adottate nei confronti dell’Iran.

 

È ripresa stamani a Baghdad la terza udienza del processo contro l’ex rais Saddam Hussein e sei coimputati per lo sterminio di 180 mila curdi avvenuto nel 1988 nel Kurdistan. Tra gli imputati, c’è anche Ali Majid, noto come ‘Ali il chimico’, accusato di essere responsabile di uccisioni di massa con l’uso di armi chimiche. Sul terreno, intanto, continua la violenza: otto cadaveri sono stati rinvenuti a sud della capitale, mentre un attentato a Mosul ha provocato un morto e 10 feriti. A Baquba, inoltre, un gruppo di uomini armati ha assassinato Ibrahim Nargues, direttore generale della Compagnia per le Industrie elettriche irachene, mentre altri 3 civili sono morti in vari attacchi nella stessa città.

 

Continuano gli scontri in Afghanistan tra forze Nato e ribelli Taliban: stamani 11 guerriglieri sono morti in un raid aereo delle truppe internazionali nella provincia meridionale di Kandahar. Secondo un portavoce dell’Isaf, i ribelli sono stati scoperti mentre preparavano un attentato contro le forze internazionali e afghane. Un soldato canadese, inoltre, è morto per le gravi ferite riportate ieri in un attentato suicida nel sud del Paese.

        

● Il presidente israeliano, Moshe Katsav, è stato interrogato oggi dalla polizia nella sua residenza. L’uomo è indagato per presunte molestie sessuali compiute nei confronti di una sua dipendente. Gli agenti avevano già perquisito nei giorni scorsi la dimora di Katsav, che rischia perfino di essere accusato di stupro. L’inchiesta era partita lo scorso luglio da una lamentela dello stesso Katsav che, senza una denuncia formale, aveva affermato di ritenersi vittima di un tentativo di estorsione da parte di una sua ex collaboratrice. La donna ha detto di essere stata costretta ad avere rapporti sessuali con Katsav. 

 

Sono state ritrovate stamattina le due scatole nere dell’aereo caduto ieri in Ucraina, vicino la città di Donetsk, un incidente costato la vita a 170 persone, fra cui 45 bambini e 5 passeggeri europei. Lo ha annunciato il ministero dei Trasporti russo. Il velivolo, un vecchio Tupolev, sembra si sia schiantato a causa di un incendio sprigionatosi a bordo, a 10mila metri d'altezza. Secondo gli esperti, l’equipaggio potrebbe aver perso il controllo dell’aereo dopo averlo portato ad un’altitudine eccessiva per sfuggire al maltempo. Esclusa, comunque, l’ipotesi di un attentato poiché il velivolo è caduto intatto a terra ed è stato successivamente divorato dalle fiamme.

        

Nelle Filippine, sequestro lampo per decine di studenti presi in ostaggio da 20 presunti guerriglieri comunisti del Nuovo esercito del popolo. Il rapimento, che è avvenuto all’interno della scuola di Buayan, nel sud dell’isola di Mindanao, si è risolto pacificamente dopo due ore e i ribelli si sono dati alla fuga senza sparare neanche un colpo. Secondo una prima ricostruzione, si è trattato di una manifestazione di protesta: i guerriglieri volevano impartire ai ragazzi una lezione di comunismo.

 

Ancora violenza nello Sri Lanka, dove l’artiglieria dell’esercito governativo ha colpito presunte postazioni dei ribelli Tamil nel nord-est del Paese. Secondo quanto riferito da un responsabile militare locale, gli scontri sono iniziati stamattina dopo che, nella notte, le Tigri Tamil avevano lanciato colpi di mortaio contro l’esercito.

 

In Algeria, si allunga la lista delle vittime della violenza di matrice islamica: ieri un militare e un terrorista armato sono stati uccisi in uno scontro a fuoco nella foresta di Boumehni, vicino a Tizi Ouzou, capoluogo della Cabilia. Altri 17 soldati sono rimasti feriti. Intanto, l’esercito sta ammassando truppe nell’est del Paese per sferrare un’offensiva contro gli irriducibili del Gspc, il gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, vicino ad Al Qaida. Il movimento rifiuta di deporre le armi e di usufruire delle misure di clemenza previste dalla Carta di riconciliazione nazionale.

 

In Nepal, i ribelli maoisti ritireranno i loro guerriglieri e le armi in campi provvisori, nel quadro del processo di pace in corso nel regno himalayano. Lo ha annunciato oggi un loro portavoce. “Una volta che i nostri armati saranno confinati negli acquartieramenti – ha aggiunto – il governo dovrà garantire che anche le Forze armate del Nepal resteranno nelle loro caserme”.

 

La creazione di un mercato comune entro il 2015: questa la principale decisione annunciata nel corso del vertice dell’ASEAN, l’Associazione delle Nazioni del sud est asiatico, in corso a Kuala Lumpur, in Malaysia. Ma secondo gli economisti, persistono ancora molte barriere commerciali fra i Paesi appartenenti all’associazione: basti pensare al divieto di fusione ed acquisizione nel settore bancario e in quello dell’energia.

 

Allarme nei cieli olandesi: un aereo di linea statunitense Northwest Airlines è rientrato all’aeroporto di Amsterdam scortato da due caccia, dopo un imprecisato allarme a bordo. Lo riferisce l’agenzia Anp. La polizia ha fatto sbarcare i passeggeri. Non si conoscono ulteriori particolari, ma il Coordinatore nazionale per l’antiterrorismo ha assicurato che non vi sono elementi per innalzare il livello di allerta nel Paese.

 

In Indonesia, una bambina di 6 anni è risultata positiva al test dell’influenza aviaria. Lo ha annunciato ieri il dipartimento Controllo malattie infettive del ministero della Sanità indonesiano. La bambina è originaria di Bekasi, alla periferia di Giakarta; con lei, salgono a 60 i casi di contagio umano del virus, mentre sono 46 le vittime accertate.

 

Veniamo in Italia: un tavolo di lavoro congiunto tra il ministero della Giustizia e quello dell’Interno per combattere l’immigrazione clandestina. Lo hanno annunciato i responsabili dei due dicasteri, Clemente Mastella e Giuliano Amato. L’obiettivo del tavolo, afferma una nota del Viminale, è “la stesura di una bozza di provvedimento da sottoporre in tempi rapidi all’attenzione del Consiglio dei Ministri”. Ieri, intanto, il ministero dell’Interno, al termine di un vertice con le forze di sicurezza, ha deciso di istituire due pool investigativi specializzati nella lotta all’immigrazione clandestina e di inasprire le norme per il favoreggiamento di questo reato. Il primo pool sarà composto da magistrati ed opererà a Palermo ed Agrigento; il secondo spetterà agli investigatori e sarà inserito all’interno della Criminalpol. Richiesta anche una maggiore collaborazione giudiziaria con i Paesi d’origine degli immigrati. Ma gli sbarchi di clandestini non si fermano: un gommone con circa 20 persone a bordo è stato avvistato ieri sera a 50 miglia da Lampedusa, in acque maltesi.

 

E’ ancora mistero sulla sorte di due turisti italiani rapinati e sequestrati ieri nel Niger sud-orientale, al confine con il Ciad. Insieme a loro, rapite altre 19 persone rilasciate però dopo alcune ore. La Farnesina sta cercando di stabilire un contatto con i sequestratori ed ha inviato in Niger l’incaricato d’Affari in Costa D’Avorio, Giovanni Davoli.

 

Cina e Russia condurranno insieme, nel 2009, una missione su Marte, con l’obiettivo di raccogliere campioni di pietre del Pianeta rosso e di una delle sue lune. Lo ha annunciato Ye Paijian, scienziato dell’Istituto cinese per la tecnologia spaziale, citato dall’agenzia Nuova Cina. L’uomo ha precisato che il lancio verrà effettuato da tecnici e scienziati russi, mentre gli strumenti saranno fabbricati in Cina. Nel 2003, il Paese orientale è diventata la terza nazione, dopo Stati Uniti e Russia, ad aver inviato uomini nello spazio.

 

 

 

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