RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 232 - Testo della trasmissione di domenica 20 agosto 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il rischio, per tutti e anche per gli uomini di chiesa, di “un’attività eccessiva” che indurisce il cuore: lo sottolinea è il Papa all’Angelus, richiamandosi alla figura di San Bernardo di Chiaravalle. Una preghiera a Maria per “il dono della pace vera e duratura per il mondo intero”

 

Si è aperta a Rimini la 27.ma edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli promosso da Comunione e liberazione: intervista con Giorgio Vittadini

 

Il messaggio del Papa al cardinale Marian Jaworski, arcivescovo di Lviv dei Latini, in occasione degli 80 anni del porporato

 

La preghiera di Benedetto XVI per la complessa situazione in Medio Oriente e per le altre situazioni di guerra nel mondo, espressa ieri sera in occasione della pièce teatrale su Giovanna d’Arco rappresentata a Castelgandolfo

 

Benedetto XVI compirà un pellegrinaggio al Santuario del Volto Santo a Manoppello, in Abruzzo, il prossimo 1° settembre: lo ha comunicato ieri la sala stampa della Santa Sede

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dopo la violazione israeliana del cessate-il-fuoco, il governo libanese critica duramente l’azione di Israele, lanciando però anche un monito ai cittadini del Libano: con noi Dimyanos Kattar

 

Al via, oggi ad Erice, in Sicilia, la 36.ma sessione dei seminari internazionali sulle emergenze planetarie: con noi, il prof. Antonino Zichichi

 

A 1650 anni dalla morte, le sacre spoglie di Sant’Antonio Abate saranno esposte da oggi alla venerazione dei fedeli nella parrocchia dedicata all’eremita egiziano vicino Catania, in Sicilia: ce ne parla don Vittorio Rocca

 

CHIESA E SOCIETA’:

Un nuovo naufragio si è verificato a largo di Lampedusa. In mattinata sbarcati altri 54 clandestini, mentre proseguono le ricerche dei 40 dispersi nell’incidente di ieri

 

Rafforzare la politica europea comune: così l’ex presidente della Repubblica italiano Ciampi, durante l’assegnazione del premio internazionale ‘Alcide De Gasperi’

 

A Roma la Domus Aurea sarà aperta ai turisti a restauro in corso

 

In Cina cresce il bilancio del tifone ‘sagomai’ che ha colpito la zona orientale del Paese

 

24 ORE NEL MONDO:

In Afghanistan oltre 70 militanti talebani uccisi negli scontri tra governativi appoggiati da truppe NATO e ribelli 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

20 agosto 2006

 

 

IL RISCHIO, PER TUTTI E ANCHE PER GLI UOMINI DI CHIESA,

DI “UN’ATTIVITÀ ECCESSIVA” CHE INDURISCE IL CUORE:

A SOTTOLINEARLO E’ IL PAPA ALL’ANGELUS, RICHIAMANDOSI ALLA FIGURA

DI SAN BERNARDO DI CHIARAVALLE. UNA PREGHIERA A MARIA

PER “IL DONO DELLA PACE VERA E DURATURA PER IL MONDO INTERO”

 

Un richiamo al primato della preghiera e della contemplazione per tenere lontano i pericoli, per tutti e anche per gli uomini di Chiesa, di “un’attività eccessiva” che indurisce il cuore. E’ quanto ha sottolineato Benedetto XVI dedicando la sua riflessione all’Angelus domenicale, recitato nel cortile del Palazzo Apostolico di Castelgandolfo, alla figura di San Bernardo di Chiaravalle, vissuto tra l’XI e del XII secolo. Al centro della preghiera, l’invocazione a Maria “perché ottenga il dono della pace vera e duratura per il mondo intero”. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Le molte occupazioni conducono spesso alla “durezza del cuore”, “non sono altro che sofferenza dello spirito, smarrimento dell’intelligenza, dispersione della grazia”: con queste provocatorie parole di un grande dottore della Chiesa, Benedetto XVI sottolinea l’importanza del raccoglimento interiore, che definisce “elemento essenziale della pietà”. Lo fa con forza ricordando che San Bernardo di Chiaravalle parlava a un Papa, Papa Eugenio III ma anche sottolineando a braccio che “parlava a tutti i Papi e a tutti noi”, quando scriveva, nel De consideratione, che “occorre guardarsi dai pericoli di una attività eccessiva, qualunque sia la condizione e l’ufficio che si ricopre”. E Benedetto XVI aggiunge:

 

 “L’ammonimento vale per ogni genere di occupazioni, fossero pure quelle inerenti al governo della Chiesa”.

 

Del Santo vissuto dal 1091 al 1153, il Papa dice che “seppe armonizzare l’aspirazione del monaco alla solitudine e alla quiete del chiostro con l’urgenza di missioni importanti e complesse che ha realizzato al servizio della Chiesa. Afferma che “la ricchezza e il pregio della sua teologia non stanno tanto nell’aver percorso vie nuove, quanto piuttosto nell’essere riuscito a proporre le verità della fede con uno stile così chiaro ed incisivo da affascinare l’ascoltatore e da disporne l’animo al raccoglimento e alla preghiera. Per poi ricordare anche l’impegno con cui lottò per dominare il suo temperamento impetuoso, come pure l’umiltà con cui seppe riconoscere i propri limiti e manchevolezze.

 

E il Papa sembra poi focalizzare il fulcro di tutti gli insegnamenti del Santo quando afferma che “per lui la forza più grande della vita spirituale è l’amore”. E il Papa sottolinea:

 

 “Nel suo amore Dio risana la nostra volontà e la nostra intelligenza malata innalzandole al più alto grado di unione con Lui, cioè alla santità e all’unione mistica”.

 

Dio, che è Amore, - spiega Benedetto XVI - crea l’uomo per amore e per amore lo riscatta; la salvezza di tutti gli esseri umani, mortalmente feriti dalla colpa originale e gravati dai peccati personali, consiste nell’aderire fermamente alla divina carità, rivelataci pienamente in Cristo crocifisso e risorto. Di questo San Bernardo tratta, - ricorda il Papa - nel “breve ma sostanzioso” Liber de diligendo Deo.

 

Il Papa ricorda poi la devozione di San Bernardo a Maria per cui meritò il titolo di “Dottore mariano” e ricorda  il suo celebre discorso in cui paragona Maria alla stella alla quale i naviganti guardano per non smarrire la rotta. Benedetto XVI Invita dunque alla preghiera alla Madre di Gesù:

 

“Invochiamola perchè ottenga il dono della pace vera e duratura per il mondo intero”.

 

Tra i saluti nelle varie lingue, in polacco un riferimento al Vangelo dell’odierna domenica, in cui Cristo dice: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”, con l’auspicio che “sia sempre in noi la fame di questo cibo, affinché, ristorati da esso, possiamo camminare verso la vita eterna e che  Maria, la “Donna eucaristica”, ottenga per noi questa grazia”.

 

In lingua italiana, il saluto in particolare alle religiose Figlie della Divina Carità e ai gruppi di fedeli provenienti da Lumezzane, Spilamberto, Annicco e Giarre, come pure la Piccola Fraternità Francescana di Santa Elisabetta, da Pisa, l’Associazione culturale “Giuseppe Amico Medico” di San Cataldo e le Polisportive Giovanili Salesiane.

 

A  tutti l’augurio di una buona domenica”.

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CON UN MESSAGGIO DEL PAPA, CHE INVITA A PREGARE PER IL MEDIO ORIENTE,

SI E’ APERTA A RIMINI LA 27.MA EDIZIONE DEL MEETING PER L’AMICIZIA FRA I POPOLI PROMOSSO DA COMUNIONE E LIBERAZIONE

- Intervista con Giorgio Vittadini -

 

Con un messaggio del Papa, si è aperta a Rimini la 27.ma edizione del Meeting di Comunione e Liberazione sul tema “La ragione è esigenza di infinito e culmina nel sospiro e nel presentimento che questo infinito si manifesti”. Fino a sabato prossimo si susseguiranno 120 incontri con 400 relatori su temi religiosi, culturali, politici, di scienza e arte, 18 spettacoli, 12 mostre, 10 manifestazioni sportive. Nel messaggio di saluto al Meeting, inviato al vescovo di Rimini mons. De Nicolò, tramite il cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano, Benedetto XVI lancia un nuovo appello alla pace in Medio Oriente esortando “tutti a pregare il Dio della pace”, perché “i popoli residenti in quelle terre si riconoscano fratelli e collaborino alla costruzione di una pace giusta e duratura”. Nel messaggio, il Papa invita gli uomini “a riscoprire la perenne verità del cristianesimo”. Da Rimini, ci riferisce Luca Collodi.

 

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“L’uomo avverte un’ansia di ricerca continua”. Una ricerca dell’Infinito, dettata spesso da “inquietudine, insoddisfazione, desiderio, impossibilità di acquietarsi nelle mete raggiunte”. Ma questa ricerca rimane “condannata a svolgersi nel limite di ciò che è finito”, perché condizionato “dalla sua temporalità e dalla sua spazialità”, oltre che dai limiti umani. Ma allora come incontrare Dio? Si chiede il Papa. “Il Meeting 2006 tiene ben presente tale sfida dell’essere umano, si legge nel messaggio inviato a Rimini, riproponendo con vigore la perenne verità del cristianesimo”. “Dio, l’Infinito, si è calato nella nostra finitudine per essere percepito dai nostri sensi”. “Sta qui la rivoluzione cristiana”. Dio raggiunge la ricerca razionale dell’uomo che a Lui tende”.  Benedetto XVI coglie l’occasione del Meeting per l’Amicizia tra i Popoli promosso da Comunione e Liberazione, per lanciare un nuovo appello di pace per il Medio Oriente, “Regioni che sono state testimoni della storia della Salvezza”. Nella messa inaugurale del Meeting, seguita da almeno 5mila persone tra volontari e organizzatori, il vescovo di Rimini, mons. Mariano De Nicolò ha sottolineato come i cristiani possono essere “autentico fermento della società degli uomini”.

 

“Nei prossimi giorni voi parlerete di politica, educazione, arte, cultura. Siate sorretti sempre dalla convinzione che in tutte queste cose i cristiani possono essere autentico fermento della società, se profondamente innestati in Cristo e guidati dal suo spirito”.

 

Il Meeting ha aperto i lavori occupando i 168 mila metri quadrati della Fiera di Rimini, con 3.041 volontari, giovani e anziani, che hanno regalato una settimana di ferie alla manifestazione di Cl, provenienti dall’Italia ma anche da Spagna, Portogallo, Ungheria, Romania, Russia, Stati Uniti, Messico e Argentina, Nigeria e Kenia. Ma cosa dobbiamo aspettarci dall’edizione di quest’anno? Lo abbiamo chiesto a Giorgio Vittadini, figura storica di Comunione e Liberazione, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà:

 

R. – Che sia dipanato il titolo: “la ragione è apertura all’infinito e non misura di tutte le cose”, contro molto del razionalismo moderno, che poi diventa difesa dell’ideologia. Secondo, mostrare come la fede sia una posizione ragionevole rispetto alla realtà, in quanto corrisponde alle esigenze ultime del cuore e della ragione stessa. Questo non evidentemente con discorsi teorici, ma attraverso la testimonianza di tutte le persone che vengono al Meeting: cardinali, uomini religiosi, ebrei, musulmani, cattolici, politici, economisti, artisti, scienziati e quanti altri.

 

D. - Una domanda che di questi tempi ai rappresentanti di Comunione e Liberazione si fa sempre: al Meeting di Rimini si parla più di Chiesa o di politica?

 

R. - Al meeting di Rimini si parla della vita che è fatta dell’annuncio cristiano, che è fatta della risposta ai bisogni degli uomini attraverso gesti di carità, che è fatta attraverso opere che rispondono ai bisogni, che è fatta di arte, che è fatta di scienza e anche di politica. Limitarsi ad un aspetto della vita vuol dire umiliare la fede.

 

D. - Qual è il progetto culturale di fede che propone Comunione e liberazione?

 

R. - Il cuore umano è esigenza di verità, di giustizia, di bellezza in modo oggettivo e questo accomuna tutti gli uomini. Se non si dicesse innanzitutto questo, non si saprebbe qual è il punto di partenza da cui cercare una risposta. Secondo, la fede nasce dall’avvenimento cristiano, da un incontro con un Dio fatto uomo, che è risposta a queste esigenze. Tutto questo si riassume nel termine “esperienza cristiana”, un’esperienza che è fatta di una domanda e di una risposta. Questo incontro corrisponde - storicamente e oggi - a questo. Ed è possibile verificarlo in termini personali. Quindi più che un progetto è una proposta di vita.

 

D. – Torno su questo tema: che cos’è la fede? Che tipo di fede può incontrare una persona che arriva a Rimini, al Meeting?

 

R. – La fede è riconoscimento di una presenza che corrisponde al proprio destino, una presenza eccezionale e come per i primi Apostoli, il modo in cui si vede la fede è vedere un’umanità diversa. Quello che si può vedere a Rimini – anche da gente che non crede, anche da gente di altre religioni – è quest’umanità positiva, costruttiva, aperta, capace di dialogo, cioè qualcosa di strano. Strano, pensando ai nostri limiti, ai nostri peccati, a tutto quello che noi non siamo. Eppure da tutto questo “non essere” nasce qualcosa di costruttivo per tutto il mondo. Questo può incontrare una persona che viene a Rimini.

 

Da Rimini, Luca Collodi, Radio Vaticana

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IL MESSAGGIO DEL PAPA AL CARDINALE MARIAN JAWORSKI, ARCIVESCOVO DI LVIV

DEI LATINI, IN OCCASIONE DEGLI 80 ANNI DEL PORPORATO

- A cura di Fausta Speranza -

 

Il Papa ha inviato un messaggio al cardinale Marian Jaworski, arcivescovo di Lviv dei Latini, in occasione del compimento di 80 anni da parte del porporato, esprimendo i suoi auguri vivi e cordiali. “Rendo grazie a Dio – scrive il Papa – per il vostro generoso servizio alla Chiesa in particolare per il vostro contributo in Ucraina”.

 

Il Cardinale Marian Jaworski è nato il 21 agosto 1926 a Lviv.  Dopo l'esame di maturità, è entrato, nel 1945, nel Seminario Maggiore di Lviv che, in seguito all'occupazione della città delle truppe bolsceviche, venne trasferito a Kalwaria Zebrzydowska, in Polonia. Qui, dunque, ha continuato gli studi di filosofia e teologia. È stato ordinato sacerdote il 25 giugno 1950. Negli anni 1970-1980 è stato Segretario del Consiglio Scientifico dell'Episcopato Polacco. Il 24 maggio 1984 Giovanni Paolo II lo ha nominato Vescovo titolare di Lambesi ed amministratore apostolico a Lubaczòw. Nel 1991, poi, è stato nominato arcivescovo metropolita di Lviv dei Latini, tornando così alla sua città nativa.  Diventato Pastore dell'Arcidiocesi di Lviv, si è adoperato per la riorganizzazione dell'attività pastorale. Ciò ha implicato, tra l'altro, il paziente lavoro di rifondazione di parrocchie, la richiesta di restituzione delle chiese, spesso trasformate ed adoperate per finalità profane (sale da concerti, cinema, teatri, sport). Inoltre, va ricordato il suo impegno scientifico: è autore di 142 pubblicazioni a carattere teologico e filosofico. Il suo pensiero verte maggiormente sulla problematica della filosofia della religione.

 

 

LA PREGHIERA DI BENEDETTO XVI PER LA COMPLESSA SITUAZIONE IN MEDIO ORIENTE

E PER LE ALTRE SITUAZIONI DI GUERRA NEL MONDO, ESPRESSA IERI SERA

IN OCCASIONE DELLA PIECE TEATRALE SU GIOVANNA D’ARCO

RAPPRESENTATA A CASTELGANDOLFO

 

Il pensiero di Benedetto XVI, anche ieri sera, si è rivolto alla complessa situazione in Medio Oriente e alle altre situazioni di guerra nel mondo. L’occasione è stata la rappresentazione della piece teatrale “Il mistero della carità di Giovanna D’Arco”, dello scrittore francese, Charles Peguy, eseguita ieri sera in suo onore, in lingua originale, nel cortile del Palazzo Apostolico di Castelgandolfo. L’iniziativa è stata promossa dall’arcidiocesi del Principato di Monaco in collaborazione con l’ambasciata monegasca presso la Santa Sede. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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Il Santo Padre si è soffermato sull’attualità del messaggio dell’opera, richiamando l’attenzione sulla sofferenza derivante dai confitti che sconvolgono l’area mediorientale così come altre aree del mondo.

 

“…DANS LE CONTEXTE INTERNATIONAL QUE NOUS CONNAISSONS …”

 

“Nel contesto internazionale che noi conosciamo oggi – dice Benedetto XVI - di fronte ai drammatici avvenimenti del Medio Oriente, davanti alle situazioni di sofferenza provocate dalla violenza in numerose regioni del mondo, il messaggio trasmesso da Charles Peguy nelMistero della carità di Giovanna d'Arco’ rimane una fonte di riflessione molto feconda”. Per Benedetto XVI, “in questo testo di grande ricchezza, Peguy ha saputo rendere con forza il grido che Giovanna fa salire con passione verso Dio, supplicandogli di far cessare la miseria e la sofferenza che lei ha visto attorno a sé, esprimendo inoltre l’inquietudine dell’uomo e la sua ricerca di felicità”. L’opera, “rappresentata da tre attrici di grande talento – ha affermato il Papa –”, stimola una profonda riflessione su temi sempre presenti nel pensiero dei nostri contemporanei, e ci introduce “al cuore del Mistero cristiano”. La pièce - ha aggiunto il Santo Padre – “ci ha anche mostrato che l’accorato grido di Giovanna, che traduce il suo dolore e il suo sgomento, manifesta soprattutto la sua fede ardente e lucida, contraddistinta dalla speranza e dal coraggio. Trascinandoci ancora più lontano nella meditazione - prosegue il Papa - Peguy ci fa intravedere nel 'Mistero' la Passione di Cristo, colui, che, in definitiva, offre un senso alla preghiera della giovane donna, la cui forza d’animo non può che commuoverci”. Da qui l’auspicio di Benedetto XVI:  “Possa Dio ascoltare la preghiera della santa di Domremy e la nostra e donare al nostro mondo la pace alla quale esso aspira”. Oltre che l’arcivescovo di Monaco, mons. Bernard Barsi, l’ambasciatore monegasco e le altre personalità presenti, il Pontefice ha voluto infine ringraziare le attrici e il regista, Jean-Paul Lucet, “che – ha affermato il Papa - ha saputo valorizzare con una grande sobrietà gli elementi essenziali di questo capolavoro di Charles Peguy”.

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BENEDETTO XVI COMPIRÀ UN PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO DEL VOLTO SANTO

A MANOPPELLO, IN ABRUZZO, IL PROSSIMO 1° SETTEMBRE: LO HA COMUNICATO IERI

LA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

- A cura di Fausta Speranza -

 

Il 1° settembre prossimo Benedetto XVI compirà un pellegrinaggio al Santuario del Volto Santo a Manoppello, in provincia di Pescara, in Abruzzo. Lo ha comunicato ieri la Sala Stampa della Santa Sede. Il Papa dovrebbe raggiungere il Santuario in elicottero, per una visita che si protrarrà per tutta la mattinata. Saranno presenti gli arcivescovi di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte; di Pescara-Penne, mons. Tommaso Valentinetti; di Lanciano-Ortona, mons. Carlo Ghidelli; e il vescovo di Trivento, mons. Domenico Angelo Scotti. Ad accogliere il Papa saranno anche i religiosi cappuccini che custodiscono il Santuario, con il Guardiano, padre Carmine Cucinelli, e poi sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli dell’arcidiocesi di Chieti-Vasto. Il “Volto Santo”, che dà il nome al Santuario, è un velo leggero di 17 x 24 cm, con l’immagine di un volto maschile dai capelli lunghi e con la barba divisa a bande. Non si riscontrano tracce di pigmenti di colore: si tratta di un’immagine “acheropita”, ovvero non realizzata da mani umane, né dipinta, né tessuta. Gli studi del gesuita tedesco padre Heinrich Pfeiffer hanno permesso di ricostruire le origini e la storia tanto avventurosa quanto appassionante della reliquia. Punto di partenza è la perfetta sovrapponibilità del volto della Sindone con il volto di Manoppello, il che induce a pensare che le due immagini si siano formate nello stesso tempo, al momento della deposizione del corpo di Gesù nel sepolcro di Gerusalemme, quando il velo fu posto probabilmente in fretta sopra la Sindone. Su quanto avvenne del piccolo e sottilissimo sudario dopo la Risurrezione, il padre Pfeiffer formula due ipotesi. Secondo la prima, lo avrebbe avuto la Madre del Signore, “cui spettava quasi di diritto”, che lo portò con sé ad Efeso, e poi da Maria Santissima il velo passò a Giovanni e proseguì il suo cammino verso qualche altra località dell’Asia Minore. Nella seconda ipotesi, sarebbe rimasto unito alla Sindone, per esserne separato solo alcuni secoli dopo. Non mancano diversi riferimenti storici per ricostruire i movimenti della reliquia fino all’affidamento ai frati cappuccini del convento di Manoppello. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

20 agosto 2006

 

 

DOPO LA VIOLAZIONE ISRAELIANA DEL CESSATE IL FUOCO,

 IL GOVERNO LIBANESE CRITICA DURAMENTE L’AZIONE DI ISRAELE,

 LANCIANDO PERÒ ANCHE UN MONITO AI CITTADINI DEL LIBANO

- Intervista con Dimyanos Kattar -

 

Dopo la violazione israeliana del cessate il fuoco previsto dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il governo libanese critica duramente l’azione di Israele, lanciando però anche un monito ai cittadini del Libano. Da parte sua, Kofi Annan esprime la preoccupazione della comunità internazionale. Roberta Moretti:

 

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“Chiunque violerà il cessate il fuoco, lanciando missili e razzi contro Israele, sarà portato davanti ai tribunali militari con l’accusa di tradimento, perché ognuno di questi lanci sarà a vantaggio di Israele”: è quanto ha affermato stamani, in una conferenza stampa a Beirut, il ministro della Difesa libanese, Elias Murr, ribadendo la posizione del premier Sinora, che ha definito un “crimine contro l’umanità” l’offensiva militare israeliana. Nella notte di ieri – lo ricordiamo – Israele aveva compiuto un’incursione aerea nella valle libanese della Bekaa, provocando la morte di tre presunti Hezbollah. Nell’azione aveva perso la vita anche un soldato israeliano. Israele ha giustificato il blitz con la necessità di bloccare forniture di armi dalla Siria e dall’Iran a Hezbollah e ha minacciato di compiere nuove incursioni se il traffico non sarà interrotto. In proposito, il quotidiano Haaretz riferisce che il ministro degli esteri israeliano, Tzipi Livni, avrebbe appena nominato un inviato per avviare un negoziato con la Siria. Dal canto suo, il ministro della Difesa libanese ha sottolineato che l’esercito di Beirut, che secondo notizie diffuse due giorni fa sarebbe schierato lungo i confini del nord del Libano con la Siria, “non avrà alcuna flessibilità sul traffico d’armi”. Intanto, mentre la comunità internazionale e il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, esprimono “profonda preoccupazione” per la rottura della tregua, si è riunita oggi per la prima volta a Gerusalemme la commissione di indagine, voluta dal ministro della Difesa israeliano, per indagare sul modo in cui è stata condotta la guerra contro gli Hezbollah. Da segnalare, infine che in settimana, probabilmente mercoledì, si terrà a Bruxelles una riunione tra gli Stati membri dell’Unione Europea (UE) per discutere del loro contributo alla missione UNIFIL in Libano. Lo ha annunciato la Presidenza di turno finlandese. Un vertice urgente dei Paesi contibutori era stato sollecitato poco prima dalla Francia, alla guida della missione.

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E come abbiamo ascoltato, dopo oltre un mese di guerra, la situazione in Libano appare sempre più critica. Sono necessarie, infatti, non solo la ricostruzione delle infrastrutture distrutte dall’offensiva israeliana, ma anche la ricomposizione del tessuto politico e sociale del Paese. Al microfono di Bernard Decottignies, della nostra redazione francese, ascoltiamo Dimyanos Kattar, già ministro dell’Economia e delle Finanze nel governo di Rafik Hariri:

 

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R. – Le résultat au niveau humain, au niveau de confiance, est catastrophique. …

Il risultato a livello umano, a livello della fiducia, direi che è catastrofico. Da un punto di vista più pragmatico, è necessario sapere che prima del 12 luglio il Libano stava attraversando un periodo di tensione politica. La tavola rotonda di dialogo non aveva portato i risultati sperati, l’economia era sprofondata in una forte disoccupazione e il governo cercava di far fronte ad un forte indebitamento. Quindi, questo mese ha svolto un ruolo di amplificatore per quanto riguarda la situazione della fiducia e della riconciliazione nazionale, per quanto riguarda la perdita del lavoro: l’11 luglio la disoccupazione era stimata al 10 per cento, oggi si pensa che la disoccupazione raggiungerà a Natale il 25 per cento. Per quanto riguarda le finanze pubbliche, è necessario sottolineare il problema dell’indebitamento, il problema degli sfollati, il problema della ricostruzione e quello che riguarda la perdita di risorse stabili.

 

D. – Da dove potrà venire il risanamento economico del Libano e quello finanziario? Pensa che arriverà, alla fine, un “Piano Marshall”?

 

R. – Moi je crois que c’est la communauté arabe internationale qui agit; …

Credo che si sia mossa la comunità araba internazionale; per quanto ne so ora più di tre miliardi di dollari arriveranno da tutti questi Paesi, e per questo penso che la questione della disponibilità di denaro per far fronte a queste emergenze non è il punto principale. Le due difficoltà maggiori potranno venire dalle armi e dalla distribuzione sul terreno.

 

D. – La situazione economica può essere paragonata, oggi, a quella che dominava al tempo della guerra civile, se così la si può definire?

 

R. – No. C’est totalement different. Après la guerre civile, les routes étaient …

No. E’ totalmente diverso. Dopo la guerra civile, le strade erano praticamente paralizzate, c’era una politica di comuni e di regioni. Oggi è il contrario: le strade sono attive, il governo è attivo …

 

D. – Alcuni già sono preoccupati: temono che, una volta svanita l’emozione, le difficoltà tra le comunità potrebbero risorgere …

 

R. – Moi je crois qu’au niveau populaire la solidarité a réussi; au niveau des classes …

Credo che, a livello popolare, la solidarietà abbia funzionato; a livello delle classi politiche ci sono alcuni esponenti vecchi, o corrotti, e ci saranno grandi problemi. Il Libano ha bisogno di un progetto di riconciliazione basato sui fondamenti della Nazione, che sono i fondamenti dello Stato. In Libano esiste una scissione totale tra il concetto di Nazione, che è progetto di confessione religiosa, e lo Stato, progetto istituzionale.

 

D. – Gli Hezbollah hanno in qualche modo una marcia in più, rispetto al governo libanese? Considerando il fatto che il movimento ha colto di sorpresa il governo proponendo un aiuto finanziario agli sfollati che tutto hanno perduto nei bombardamenti israeliani…

 

R. – Le problème surgit en l’an 2000, après la liberation du Sud de l’invasion …

Il problema era nato nel 2000: dopo che il Sud del Paese era stato liberato dall’invasione israeliana, lo Stato aveva promesso molte cose alla gente del Sud: progetti, fondi, investimenti. In realtà, poi, non è accaduto nulla e questo vuoto nelle promesse fatte è stato colmato dall’azione umanitaria e socio-economica di Hezbollah. Oggi, Hezbollah non è rimasto ad aspettare che le promesse non fossero mantenute, ha agito. Se lo Stato fa discorsi di verità, Hezbollah ha la volontà della verità. Ed è proprio in questo contesto che, se lo Stato non sarà sostenuto dalla comunità internazionale e araba in maniera seria sulla missione del Libano e non soltanto sul “concetto” di Libano, sarà estremamente difficile che lo Stato libanese possa creare una sorta di vera “concorrenza” a Hezbollah.

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AL VIA, OGGI A ERICE, IN SICILIA, LA 36.MA SESSIONE DEI SEMINARI NTERNAZIONALI SULLE EMERGENZE PLANETARIE. PER IL PRESIDENTE ITALIANO, GIORGIO NAPOLITANO, “E’ UN MOMENTO DI PROFICUO SCAMBIO DI IDEE E DI LEALE CONFRONTO”

- Con noi, il prof. Antonino Zichichi -

 

“Un momento di proficuo scambio di idee e di leale confronto”: con queste parole il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha definito, in un messaggio, i lavori dei Seminari internazionali sulle emergenze planetarie, al via oggi a Erice, in Sicilia, per la 36.ma sessione. Circa 100 scienziati di 26 Paesi si confronteranno, fino al 23 agosto, su otto delle 63 emergenze che minacciano il pianeta: dal terrorismo alle variazioni climatiche; dall’inquinamento delle sorgenti d’acqua alla difesa dai proiettili cosmici; dal conflitto cibernetico all’influenza aviaria; dalla proliferazione di armi nucleari alla crisi energetica. E proprio dell’allarmante diminuzione delle risorse di energia, ci parla, al microfono di Roberta Moretti, il prof. Antonino Zichichi, presidente della Federazione mondiale degli scienziati:

 

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R. – Con l’emergenza dei Paesi recentemente industrializzati come la Cina e l’India, nei rapporti pericolosi che ci sono tra l’economia e l’andamento del consumo nei Paesi industrializzati, si è raggiunta una situazione di stallo perché le richieste di energia aumentano a gran velocità. Le risorse di energia fossile scarseggiano e diventano sempre più costose, come anche il petrolio; le energie rinnovabili sono molto lente nel raggiungere i livelli significativi di produzione; l’inquinamento aumenta e si corre il rischio di modificare l’equilibrio geofisico del pianeta, metereologicamente parlando. Il problema del prossimo futuro è quello di sviluppare, costruire e far funzionare impianti a energia nucleare sicuri ed efficienti.

 

D. – All’esigenza di potenziare appunto gli impianti di energia nucleare si affianca però l’emergenza della proliferazione di armi nucleari…

 

R. – L’energia nucleare ha due componenti: la candela e le bombe. La candela sono le centrali nucleari, 10.000 tonnellate di petrolio producono la stessa quantità di energia che noi possiamo produrre con pochi kg di materiale nucleare. Questo  è il significato di energia nucleare di pace e viene confusa con quella di guerra. La proliferazione è un altro problema, che va affrontato con gli accordi internazionali, con le leggi, però il famoso trattato di non proliferazione in realtà non ha funzionato. Ci sono almeno 10 Paesi con armi nucleari, di tipo fissione, come quelle esplose a Hiroshima e Nagasaki.

 

D. – Ultimamente è calata la tensione dei media sulla diffusione dell’influenza aviaria. Non va più di moda parlarne o effettivamente è rientrata l’emergenza perché si sta trovando una soluzione?

 

R.- Il famoso virus dell’influenza aviaria non ha subito mutazioni quindi non ha ucciso delle persone. E’ rimasto bloccato negli animali. Questo però non significa che il pericolo del virus sia passato, il virus può cambiare. La ricerca scientifica è impegnata per vedere come combattere questa futura piaga.

 

D.-  Al centro del dibattito anche l’emergenza culturale, con i risvolti del  terrorismo. Che hanno da dire in proposito gli scienziati?

 

R. – Penso che se vivessimo l’era della cultura scientifica non ci sarebbero le emergenze planetarie e non ci sarebbe terrorismo. La cultura scientifica nasce non come pretendono gli atei da un atto di ragione e di sfida alla Chiesa, ma piuttosto la scienza è nata come atto di fede in Colui che ha fatto il mondo, questo diceva Galilei. Se non fosse per la scienza, noi non potremmo dire ad un ateo guarda che tu stai commettendo un atto di fede nel nulla. Se vivessimo nell’era della scienza, intesa in questo modo, il terrorismo non ci sarebbe perchè il terrorismo ci fa tornare indietro di tremila anni. Il kamikaze che cosa è? E’ la risposta alle bombe di altissima precisione però è una risposta primitiva.

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A 1650 ANNI DALLA MORTE, LE SACRE SPOGLIE DI SANT’ANTONIO ABATE

SARANNO ESPOSTE DA OGGI ALLA VENERAZIONE DEI FEDELI

NELLA PARROCCHIA DEDICATA ALL’EREMITA EGIZIANO VICINO CATANIA, IN SICILIA

- Intervista con don Vittorio Rocca -

 

“Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri”: questo insegnamento di Gesù raccontato nel Vangelo di Matteo, è stato la spinta alla Santità per Sant’Antonio Abate, di cui quest’anno ricorre l’Anno Giubilare. Il 2006, infatti, è il 1650° anno dalla sua morte. Per l’occasione, le sacre spoglie dell’eremita egiziano sono giunte dalla Francia alla Sicilia e dal 20 al 27 agosto saranno esposte alla venerazione dei fedeli nella parrocchia di Sant’Antonio Abate in Aci Sant’Antonio, vicino Catania. Isabella Piro ha chiesto al parroco, don Vittorio Rocca, quale significato abbia oggi la scelta di vita del Santo:

 

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R. - E’ innanzitutto la scelta di radicare la vita sulla parola di Dio, una parola di Dio che poi deve diventare anche vita di carità, deve diventare una scelta a favore dei più bisognosi. Anche il Santo Padre nella sua enciclica “Deus  Caritas Est”, cita Sant’Antonio Abate tra i primi santi che hanno fatto della carità una scelta di vita.

 

D. - Sant’Antonio lottò contro le tentazioni del maligno nel deserto: in questo rivela un lato molto umano, tanto che, nella preghiera per l’Anno Giubilare, gli si chiede di “asciugare le nostre lacrime, o Amico e Protettore!”…

 

R. - Sì, è vero, è un santo che da questo punto di vista sentiamo molto vicino proprio perché è un uomo che ha dovuto fare i conti con la fragilità, tipica dell’esistenza umana, e ha dovuto superare tante avversità. Già il fatto stesso che viveva in un luogo aspro nel deserto, questo è significativo per noi. Anche oggi le nostre città possono sembrare dei deserti, possono sembrare cioè dei luoghi impervi, dei luoghi dove bisogna lottare. Allora Antonio ‘asciuga’ le nostre lacrime e ci dà il coraggio di ricominciare.

 

D. - Ma, in realtà, questo deserto di Sant’Antonio è anche un deserto metaforico, che ha un forte valore di silenzio?

 

R. - Sì, è vero. In un mondo dove si ricerca l’apparenza, il frastuono, Antonio sceglie il deserto, quindi sceglie una vita radicale, l’essenzialità, l’interiorità. Andare nel deserto significa ritrovare se stessi e ritrovarsi alla luce di Dio.

 

D. - Come insegnare, ai giovani, la forza di Sant’Antonio Abate?

 

R. - I giovani sono a volte sorprendenti perché a pelle riescono a cogliere il messaggio di Sant’Antonio meglio di tanti adulti che si portano tante “incrostazioni” della vita. Uno dei miei giovani mi diceva: “Sant’Antonio è stato coraggioso perché ha lasciato tutto e l’ha fatto perché ha incontrato tutto. Allora, è questo “tutto” che affascina.

 

D. - La Sua Parrocchia come si è preparata ad accogliere le sacre spoglie?

 

R. - La parrocchia si sta preparando ormai da quando il Santo Padre Giovanni Paolo II, di venerata memoria, ha concesso la possibilità dell’Anno giubilare, ormai due anni fa. In Sicilia la devozione nei confronti di Sant’Antonio Abate, è una devozione molto radicata perché il Santo è legato al mondo dell’agricoltura, degli animali e poi anche perché è il Santo che protegge dal fuoco. Qui c’è la lava dell’Etna e quindi avere la possibilità di accogliere le spoglie mortali di questo santo, ci riempie di profonda commozione e di profonda gioia.

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CHIESA E SOCIETA’

20 agosto 2006

 

 

Un nuovo naufragio si è verificato a largo di LampeDusa.

in mattinata sbarcati altri 54 clandestini,

mentre proseguono le ricerche dei 40 dispersi nell’incidente di ieri

 

ROMA. = Un altro naufragio si è verificato a largo di Lampedusa. Secondo le prime informazioni due persone che viaggiavano a bordo di un barcone sono state recuperate da un peschereccio, in attesa dell’arrivo dei mezzi della Guardia costiera. Al momento non si conosce il numero dei clandestini che si trovavano sul natante. Intanto non hanno prodotto alcun risultato le ricerche dei 40 dispersi della ‘carretta del mare’ affondata ieri. Sul barcone viaggiavano circa 120 clandestini: dieci i corpi recuperati fino ad ora. Sulla base delle testimonianze fornite dei 70 supersiti, sono stati arrestati i 5 presunti scafisti. L’autorità giudiziaria ha anche aperto un’inchiesta per accertare se la nave della marina militare abbia provocato la sciagura durante i primi soccorsi. Intanto, sull’isola è di nuovo emergenza. Stamani sono sbarcati infatti altri 54 clandestini che viaggiavano a bordo di due barconi: tra loro anche una donna incinta di otto mesi e due neonati. Gli immigrati, partiti dalla Libia, provengono da Eritrea, Niger, Egitto e Sudan. Ieri le autorità avevano bloccato sulla terraferma altri 37 clandestini, sbarcati da un gommone che aveva eluso i controlli. Qualche minuto prima una motovedetta della finanza aveva condotto in porto 30 immigrati, intercettati nel pomeriggio al largo dell’isola. Agghiaccianti le loro testimonianze: hanno viaggiato per 5 giorni, rimanendo senza benzina, acqua e cibo. Alcuni hanno raccontato di un compagno di viaggio caduto in mare e mangiato da un pescecane. Le loro condizioni di salute sono state giudicate buone. Alcuni uomini però avevano difficoltà a camminare e presentavano evidenti segni di ustioni. Le bruciature – ha spiegato un volontario della Croce Rossa – sono provocate dalla combinazione fra la nafta, fuoriuscita dai bidoni, e l’acqua di mare. Sul piano istituzionale, esponenti della magistratura italiana hanno fatto sapere di avere “le mani legate” per debellare il traffico di clandestini nel Mediterraneo, come chiesto ieri dal ministro dell’Interno, Giuliano Amato. Per prevenire e controllare gli sbarchi – precisano - serve una maggiore cooperazione politica con gli altri Paesi. Intanto, l’ondata migratoria non accenna a diminuire neanche verso le isole Canarie, dove, gli ultimi sbarchi hanno portato ad oltre 16 mila il numero di clandestini giunti sulle isole dall’inizio dell’anno. “E’ una situazione insostenibile”, ha affermato in questi giorni il presidente delle Canarie, Anton Martin, che al governo e all’Unione Europea ha chiesto maggiore impegno per fronteggiare il fenomeno. (E. B).

 

 

RAFFORZARE LA POLITICA EUROPEA COMUNE: COSI’ L’EX PRESIDENTE ITALIANO

CIAMPI, DURANTE L’ASSEGNAZIONE DEL PREMIO INTERNAZIONALE ‘ALCIDE DE GASPERI’. A CONSEGNARGLI IL RICONOSCIMENTO, IL SUO SUCCESSORE,

IL PRESIDENTE GIORGIO NAPOLITANO

 

TRENTO.= “Un governo comune dell’economia e una politica estera, di sicurezza e di difesa per l’Europa unita”. È questa la proposta che l’ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha lanciato ieri da Trento, durante la cerimonia del prestigioso premio internazionale ‘Alcide De Gasperi’, assegnatogli dalla Provincia autonoma di Trento, “per aver raccolto il testimone” dello statista trentino, scomparso 52 anni fa.  A consegnargli il premio, il suo successore, il presidente, Giorgio Napolitano. Alla cerimonia erano presenti anche il presidente del consiglio, Romano Prodi, e l’ex sottosegretario di De Gasperi, Giulio Andreotti. Ciampi  ha dichiarato di essere sempre stato un ammiratore della grande dignità con cui De Gasperi ha rappresentato il Paese, nonché del suo europeismo lungimirante. Napolitano, dal canto suo, ha detto che il suo sincero omaggio a De Gasperi è frutto di una lunga, convinta e non semplice maturazione. Parlando di politica europea, Ciampi ha poi dichiarato: “I Paesi che più hanno a cuore i destini dell’Europa dovrebbero istituire un comitato di studio che produca proposte specifiche per completare il mercato unico, a cominciare dal settore finanziario, per rafforzare l’Eurogruppo e avvicinarsi al traguardo del governo comune dell’economia”. L’ex presidente ha poi elogiato gli sforzi dell’Europa per evitare l’aggravarsi della crisi israelo - libanese, dichiarando la sua volontà di una politica estera, di sicurezza e di difesa comuni per l’Europa, al fine di ottenere risultati più incisivi. Il presidente Napolitano, infine, si è pronunciato contro “il rischio di una frantumazione disordinata del sistema delle autonomie” e, insieme a Ciampi, ha elogiato il modello ‘Trentino Alto Adige’, promettendo di tornare a Trento e a Bolzano per parlarne. (A.Gr.)

 

 

A ROMA LA DOMUS AUREA SARÀ APERTA AI TURISTI A RESTAURO IN CORSO.

PREVISTI LAVORI DI IMPERMEABILIZZAZIONE DELL’EDIFICIO E UNA REVISIONE

COMPLESSIVA DEL PARCO DI COLLE OPPIO

ROMA. = La Domus Aurea, residenza dell’Imperatore Adriano, sarà aperta al pubblico a restauro in corso. L’iniziativa, comunicata ieri dal sovrintendente archeologico di Roma, Angelo Bottoni, prevede lavori di impermeabilizzazione dell’edificio, al fine di eliminare le infiltrazioni d’acqua e permettere l’accesso ai turisti attraverso la costruzione di un ponteggio. I lavori inizieranno nella prossima primavera per ragioni climatiche. “A causa dei problemi di natura statica - spiega Bottei - sarà realizzata anche una revisione degli interni”. Il progetto, una volta restaurata la Domus Aurea, potrebbe riguardare anche la revisione complessiva del parco del Colle Oppio. “Quest’area - ha spiegato il sovrintendente - ha una sistemazione non idonea perché non tiene in considerazione le terme di Traiano, che invece rappresentano, con il Colle, un tutt’uno. Chi visita il Colle Oppio non si rende conto di questo unicum”. (A.Gr.)

 

 

In cina cresce il bilancio del tifone sagomai che ha colpito

 la zona orientale del paese

 

PECHINO. = E’ salito a 441 il numero delle vittime di Saomai, il “supertifone” che il 10 agosto scorso ha colpito la costa orientale della Cina. Il nuovo bilancio è stato reso noto dall'agenzia Nuova Cina, dopo la scoperta di nuovi cadaveri. I corpi sono stati rinvenuti nella provincia costiera di Fujian, nel sud est del Paese, colpito dalle burrasche e dalle piogge torrenziali del tifone, il più violento degli ultimi 50 anni. Secondo le autorità cinesi, i disastri naturali registrati nel Paese nel 2006 sono i più gravi degli ultimi sei anni. Forti nevicate, alluvioni, tifoni e siccità hanno causato la morte di almeno 2 mila persone e colpito complessivamente 316 milioni di abitanti. Le perdite economiche stimate si aggirano intorno al miliardo di euro. Proprio in questi giorni, intanto, mentre prosegue l’opera distruttiva del tifone Sagomai, in altre tre province meridionali - Chongqing, Sichuan e Liaoning - 18 milioni di persone stanno invece soffrendo le conseguenze di una devastante siccità. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

20 agosto 2006

 

 

- A cura di Roberta Moretti -

 

 

Strage di guerriglieri Taleban in Afghanistan. Oltre 70 ribelli sono stati uccisi in una battaglia con le forze Nato e l’esercito afghano nella provincia meridionale di Kandahar. Lo scontro è avvenuto nella notte in un mercato del distretto di Panjwayi, a una trentina di chilometri da Kandahar, dove anche quattro poliziotti hanno perso la vita. Ieri, quattro soldati americani delle forze di coalizione e uno afghano sono morti in due diversi combattimenti nell’est e nel sud dell’Afghanistan. Intanto, è atteso per oggi nel Paese l’arrivo del ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeie, che incontrerà il presidente, Hamid Karzai, e altri membri del governo afghano. Sono 2700 i soldati tedeschi che partecipano alla missione NATO nel Paese.

 

Andiamo in Iraq. Almeno 14 pellegrini sciiti sono stati uccisi stamani da uomini armati a Baghdad, mentre partecipavano alle imponenti manifestazioni in omaggio all’imam, Moussa Khadim, nell’anniversario della sua morte, risalente a dodici secoli fa. Sarebbero almeno 200 i feriti.  Quattro presunti cecchini sono stati uccisi dalla polizia e altri tre sono stati arrestati. L’anno scorso, nella stessa occasione, presunti estremisti sunniti attaccarono a colpi di mortaio i fedeli sciiti in pellegrinaggio: dal fuggi-fuggi generale scaturì una calca spaventosa, che provocò la morte di quasi un migliaio di civili. E’ morto, infine, il soldato americano ferito nei giorni scorsi nella provincia di al Anbar. Lo hanno reso noto oggi, con un comunicato, le forze armate USA.

 

In Cisgiordania, un palestinese è stato ucciso questa mattina da militari israeliani, mentre era a bordo di un taxi che non si è fermato al posto di blocco di Hawara, presso Nablus, cercando di violare la vigilanza.  Nella sparatoria sono rimasti feriti anche gli altri tre passeggeri del mezzo.

 

L’Iran non sospenderà la sua attività di arricchimento dell’uranio, come chiestogli dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania: lo ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Hamid Reza Asefi, quando mancano due giorni alla promessa risposta, da parte della Repubblica Islamica, ad un pacchetto di incentivi offerto dalle grandi potenze in cambio della sospensione di questa attività. Il Consiglio di Sicurezza ha dato tempo all’Iran fino al 31 agosto per accettare la sospensione, pena l’adozione di sanzioni non specificate.

 

Un violento incendio è scoppiato ieri sera lungo un gasdotto nella Turchia orientale, dopo quello che, secondo alcune fonti, è stato un attentato alla linea che trasporta gas dall’Iran. Le fiamme sono divampate nella provincia di Agri, dove è attiva la guerriglia del Partito del lavoratori curdi (PKK). La fornitura di gas iraniano alla Turchia è iniziata nel dicembre scorso e pochi giorni fa Teheran aveva annunciato l’intenzione di utilizzare il gasdotto, che parte dai giacimenti di Tabriz, per esportare il combustibile in Europa.

 

Due persone sono rimaste leggermente ferite ieri sera in Ucraina, a causa di esplosioni a catena in un deposito militare contenente circa 35 mila tonnellate di munizioni, situato nella regione sudorientale di Zaporijia. Secondo un comunicato del ministero della Difesa, le esplosioni sono state provocate dal calore, ma il vice primo ministro ucraino, Andri Kliouev, ha osservato che è troppo presto per parlare delle cause dell'episodio. Lo stesso deposito era già stato teatro di un incidente simile nel maggio 2004, quando esplosioni in catena di munizioni erano durate circa una settimana, uccidendo cinque persone e costringendo all’evacuazione 7 mila abitanti dei villaggi vicini.

 

In Inguscezia, un gruppo di guerriglieri ha assassinato un giudice istruttorio della polizia e un agente in pensione mentre erano insieme in una casa nel villaggio di Aljasty. Dopo aver appiccato il fuoco all’edificio, i ribelli sono fuggiti verso una foresta alla frontiera con la Cecenia. La polizia sta perlustrando la zona. In un’altra località della repubblica nordcaucasica russa, Ali-Yurt, nella notte è morto un presunto guerrigliero per l’esplosione accidentale di una bomba che trasportava nella sua macchina. L’ordigno aveva una potenza equivalente a cinque chili di tritolo.

 

Nuove truppe etiopi hanno valicato oggi il confine con la Somalia, raggiungendo gli altri soldati inviati da Addis Abeba a Baidoa, sede delle istituzioni di transizione somale. Lo riferiscono fonti militari. Questa azione potrebbe ulteriormente alimentare le tensioni con le Corti Islamiche, che da giugno controllano Mogadiscio e gran parte del sud del Paese.

 

Nella Repubblica Democratica del Congo, il capo di Stato uscente, Joseph Kabila, è sempre in testa nella corsa alle presidenziali, ma non ha ancora raggiunto il termine minimo del 50 per cento dei suffragi. Il nuovo dato, diffuso oggi dalla Commissione elettorale indipendente (CEI), si riferisce all’85 per cento delle schede. Kabila, con il 48 per cento dei voti, è davanti al vice presidente, Jean Pierre Bemba che ha ottenuto finora il 17 per cento. Secondo molti analisti, sarà inevitabile una seconda tornata elettorale.

 

L'Alto Rappresentante europeo per la Politica Estera, Javier Solana, ha annunciato ieri di avere incaricato il rappresentante speciale per il Sudan, Pekka Haavisto, di recarsi la prossima settimana nel Paese africano nel tentativo “di evitare una recrudescenza della violenza” nella regione occidentale del Darfur, teatro dal febbraio 2003 di un conflitto interno ancora irrisolto. Solana ha chiesto a tutte le parti coinvolte “di rispettare l’accordo per il cessate il fuoco” siglato il 5 maggio scorso ad Abuja, in Nigeria e di “consentire che il meccanismo di monitoraggio prosegua”. Solana ha sottolineato che “il governo del Sudan dovrebbe aprire i negoziati ai non firmatari dell'accordo di pace del Darfur e questi ultimi dovrebbero aderirvi”. Giovedì i rappresentanti di Stati Uniti e Gran Bretagna hanno presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu una nuova bozza di risoluzione in cui si chiede l’autorizzazione al dispiegamento in Darfur di una missione di pace composta da almeno 17 mila caschi blu. Il provvedimento è stato finora osteggiato dal presidente sudanese, Omar Hassan el-Beshir.

 

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