RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 231 - Testo della trasmissione di sabato 19 agosto 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’appello del Papa per la liberazione del sacerdote rapito il 15 agosto, per il quale oggi è stato chiesto un ingente riscatto

 

Nel prossimo viaggio in Baviera dal 9 al 14 settembre, il Papa visiterà Monaco, Ratisbona, Altötting e Frisinga, e Marktl Am Inn, il paese dove è nato

 

Benedetto XVI nomina il gesuita argentino Josè G. Funes nuovo direttore della Specola vaticana

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Libano, un nuovo raid israeliano rompe la tregua: rimasti uccisi, nell’azione, tre presunti Hezbollah libanesi ed un militare israeliano. Ai nostri microfoni Béchara Raï

 

La ragione, esigenza di infinito per l’uomo: al via domani la XXVII edizione del Meeting di Rimini promosso da Comunione e Liberazione. Con noi Riccardo Piol

 

Alla presenza del Papa, nel cortile del Palazzo apostolico di Castelgandolfo, questa sera il dramma sacro di Charles Peguy “Il mistero della carità di Giovanna d’Arco”: ce ne parla Jean-Paul Lucet

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Colombia. In occasione della “Settimana per la pace 2006” la Chiesa colombiana lancia un appello contro la povertà

 

Tragedia nel mare di Lampedusa: almeno 10 morti per l’imbarcazione, con a bordo 120 clandestini, affondata in nottata

 

Emergenza siccità in Cina: colpite oltre 10 milioni di persone

 

Conclusosi nei giorni scorsi il vertice annuale della comunità economica regionale

 

A 100 anni dalla nascita, le spoglie di don Antonio Seghezzi verranno traslate nella nuova cripta ipogea

 

24 ORE NEL MONDO:

Arrestato in Pakistan un alto responsabile di Al-Qaeda: potrebbe fornire informazioni sul nascondiglio di Osama Bin Laden

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 agosto 2006

 

 

APPELLO DI BENEDETTO XVI PER LA LIBERAZIONE DEL SACERDOTE IRACHENO, RAPITO IL 15 AGOSTO A BAGHDAD. IN UN TELEGRAMMA AL PATRIARCA EMMANUEL III DELLY,

IL PAPA PREGA PER IL POPOLO IRACHENO, COSI’ DURAMENTE PROVATO

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Accorato appello di Benedetto XVI per la liberazione del sacerdote Saad Syrop Hanna, rapito a Baghdad il 15 agosto, subito dopo la celebrazione per la solennità dell'Assunta. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, indirizzato al Patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly, il Papa esprime la sua “vicinanza spirituale” alla Chiesa e al popolo dell’Iraq, così duramente provato. Il Pontefice, si legge nel telegramma, “rivolge un accorato appello ai rapitori affinché il giovane sacerdote possa essere rilasciato immediatamente” e possa così “tornare a servire Dio, la comunità cristiana e i suoi concittadini”.

 

 Il Santo Padre non manca poi di rivolgere un pensiero a “tutte le vittime dei rapimenti” in Iraq, e prega affinché questo “terribile flagello” possa avere fine. Il Papa incoraggia i cattolici iracheni “a continuare a lavorare assieme a tutti i credenti e a tutti gli uomini di buona volontà”, affinché sia garantito “un futuro di armoniosa e pacifica coesistenza” per “l’amata nazione” dell’Iraq.

 

Secondo l’agenzia MISNA, per la liberazione di padre Saad Syrop Hanna sarebbe stato chiesto un ingente riscatto. Purtroppo, non è la prima volta che viene rapito un sacerdote in Iraq. Tuttavia, riferisce sempre la MISNA che cita fonti religiose locali, è la prima volta che il sequestro dura così a lungo. Negli altri casi, infatti, la liberazione degli ostaggi era avvenuta entro 24 ore dal rapimento.

 

 

NEL PROSSIMO VIAGGIO IN BAVIERA DAL 9 AL 14 SETTEMBRE, IL PAPA VISITERA’

MONACO, RATISBONA, ALTÖTTING E FRISINGA, E MARKTL AM INN,

IL PAESE DOVE E’ NATO. CON IL FRATELLO GEORG PREGHERA’

SULLA TOMBA DEI GENITORI E DELLA SORELLA

 

La Sala Stampa della Santa Sede ha reso noto oggi il programma del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Baviera, sua terra natale, in programma dal 9 al 14 settembre prossimo. Il Papa torna dunque per la seconda volta in Germania, dopo il viaggio a Colonia dell’anno scorso, in occasione della GMG. Sui dettagli del quarto viaggio internazionale di Benedetto XVI, il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Benedetto XVI nei luoghi della sua infanzia: quello del Papa è un viaggio che ha certamente una forte valenza personale, ma offrirà anche molti incontri con i fedeli e la Chiesa locale. E numerosi saranno i discorsi e le omelie che il Santo Padre pronuncerà nella sua Baviera. Il Papa partirà dall’aeroporto di Ciampino alle 13.45 di sabato 9 settembre per arrivare all’aeroporto Franz Joseph Strauss di Monaco alle 15.30. Qui la cerimonia di benvenuto e il primo discorso ufficiale del Pontefice. Quindi, il trasferimento al Seminario Gregorianum di Monaco. Alle 17.30 il primo abbraccio dei fedeli: Benedetto XVI pregherà alla Colonna della Madonna, nella storica Marienplatz di Monaco. Il Papa incontrerà poi nella residenza reale il presidente federale, Kohler, il cancelliere Merkel e il ministro presidente della Baviera, Stoiber. La serata si conclude con il trasferimento nel palazzo arcivescovile di Monaco. Un ritorno in quella che è stata la sua residenza: dal 1977 al 1982, infatti, il Papa è stato arcivescovo di Monaco e Frisinga.

 

Domenica 10 settembre, il Papa celebrerà la Santa Messa sulla spianata della Neue Messe di Monaco, dove è attesa una moltitudine di fedeli. Benedetto XVI pranzerà poi nel palazzo arcivescovile con il seguito papale e i cardinali ospiti. Nel pomeriggio, il Pontefice celebrerà i Vespri nella cattedrale di Monaco. Il giorno dopo, lunedì 11 settembre, Benedetto XVI si trasferirà in elicottero ad Altötting, dove nella mattinata si recherà al Santuario mariano. Qui celebrerà la Santa Messa. Si terrà poi la processione del Santissimo, accompagnato dalla Statua della Madonna e l’inaugurazione della Cappella dell’Adorazione. Successivamente il Pontefice si recherà a piedi al Convento di Santa Maddalena di Altötting.

 

In serata, dopo aver celebrato i vespri mariani con i religiosi e i seminaristi della Baviera nella Basilica di Sant’Anna di Altötting, Benedetto XVI si trasferirà in auto a Marktl am Inn, suo paese natale. Un momento che si preannuncia di grande emozione. Il Papa visiterà la chiesa parrocchiale di Sant’Oswald, dove venne battezzato. Quindi, si recherà in elicottero a Ratisbona, al seminario maggiore di San Wolfgang. Il giorno successivo, martedì 12 settembre, il Papa celebrerà la Santa Messa sulla spianata dell’Islinger Feld di Ratisbona. Nel pomeriggio, poi, incontrerà i rappresentanti della scienza, nell’aula magna dell’Università di Ratisbona, dove il giovane teologo Joseph Ratzinger insegnò dogmatica e storia del dogma.

 

In serata, nel Duomo cittadino, altro momento significativo del viaggio apostolico: si terrà infatti una celebrazione ecumenica dei Vespri. Mercoledì 13 settembre, il Papa benedirà il nuovo organo della Alte Kapelle di Ratisbona, poi visiterà la casa del fratello, mons. Georg Ratzinger. Con lui nel pomeriggio si recherà al cimitero di Ziegetzdorf, dove si soffermerà in preghiera sulla tomba dei genitori e della sorella Maria. Quindi, il Papa passerà il pomeriggio nella sua casa di famiglia a Pentling. Giovedì 14 settembre, ultimo giorno del viaggio in Baviera, il Papa si recherà a Frisinga, dove alle 10.45 è in programma un incontro con i sacerdoti e diaconi permanenti della Baviera, nella Cattedrale cittadina. Benedetto XVI si trasferirà infine all’aeroporto di Monaco, dove si svolgerà la cerimonia di congedo. La partenza è prevista per le 12.45 e l’arrivo a Roma per le 14.30.

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BENEDETTO XVI NOMINA IL GESUITA ARGENTINO JOSE’ G. FUNES

 NUOVO DIRETTORE DELLA SPECOLA VATICANA

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Il Papa ha nominato direttore della Specola Vaticana il padre gesuita José Gabriel Funes, astronomo, già membro della medesima Istituzione scientifica della Santa Sede. Padre Funes sostituisce nell’incarico il padre gesuita americano George V. Coyne. Il nuovo direttore dell’Osservatorio astronomico vaticano è nato 43 anni fa a Cordoba, in Argentina. Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1985, è stato ordinato sacerdote nel 1995. Ha una laurea in astronomia, conseguita all’Università nazionale di Cordoba ed ha completato i suoi studi teologici alla Pontificia Università Gregoriana. Nel 2000 ha conseguito il dottorato in Astronomia all'Università di Padova ed è autore di numerose ricerche sui dischi delle galassie.

 

L'origine della Specola, istituto di ricerca scientifica direttamente dipendente dalla Santa Sede, si può far risalire all'epoca in cui Gregorio XIII, nel contesto della preparazione della riforma del calendario, fece erigere in Vaticano nel 1578 la Torre dei Venti. Dopo una lunga parentesi di inattività, Leone XIII, col Motu Proprio “Ut mysticam” del 1891, vi fondò la nuova Specola Vaticana. Nel 1910 san Pio X dette all’istituto più ampi spazi, assegnandole un villino nei giardini vaticani, mentre nel 1934 Pio XI la rinnovò totalmente, trasferendola a Castel Gandolfo e affidandone la gestione alla Compagnia di Gesù. A partire dai primi anni '80, a causa dell'eccessiva luminosità del cielo a Castel Gandolfo, la Specola ha aperto una sede a Tucson, in Arizona, con proprio osservatorio dal 1993. Qui, gli astronomi trascorrono buona parte dell'anno per le osservazioni e le ricerche, mentre Castel Gandolfo resta la sede della direzione, della biblioteca, dei calcolatori e del museo.

 

 

IL PAPA NOMINA IL CARDINALE CRESCENZIO SEPE SUO INVIATO SPECIALE

ALL’ASIAN MISSION CONGRESS, IN PROGRAMMA AD OTTOBRE IN THAILANDIA

 

Il Papa ha nominato il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli, Suo Inviato Speciale alla celebrazione dell'Asian Mission Congress, che avrà luogo a Chang Mai in Thailandia, dal 19 al 22 ottobre 2006.

 

 

NOMINE

 

In Uganda, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Kampala, presentata dal cardinale Emmanuele Wamala, per sopraggiunti limiti d’età. Il Santo Padre ha nominato suo successore mons. Cyprian Kizito Lwanga, finora vescovo di Kasana-Luweero. 

 

Benedetto XVI ha nominato membri della Congregazione delle Cause dei Santi il cardinale Agostino Vallini, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, e mons. Giovanni Paolo Benotto, vescovo di Tivoli.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina si apre con la situazione in Medio Oriente: violata la tregua in Libano; tre miliziani Hezbollah uccisi in uno scontro a fuoco con truppe israeliane.  

Servizio vaticano - Due pagine dedicate al ricordo della Giornata mondiale della Gioventù a Colonia, svoltasi un anno fa.

 

Servizio estero - In rilievo l'Iraq: Baghdad sempre segnata da sanguinosi atti di violenza.

 

Servizio culturale - Un articolo di Luciana Frapiselli dal titolo "Tra sete, nastri, volants e ventagli la nostalgia di De Nittis per un'epoca al tramonto": un ritratto del pittore vissuto tra Parigi e Londra alla fine del XIX secolo.

 

Servizio italiano - In primo piano un nuovo dramma dell'immigrazione, al largo di Lampedusa.   

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 agosto 2006

 

 

IN LIBANO, UN NUOVO RAID ISRAELIANO ROMPE LA TREGUA: RIMASTI UCCISI, NELL’AZIONE, TRE PRESUNTI HEZBOLLAH LIBANESI ED UN MILITARE ISRAELIANO.

NEL PAESE DEI CEDRI SONO ARRIVATI, INTANTO, 50 SOLDATI FRANCESI

PER RINFORZARE L’UNIFIL, LA FORZA DELLONU

- Con noi mons. Bechara Rai e con Alberto Piatti -

 

Dopo sei giorni di cessate-il-fuoco, una nuova azione militare israeliana ha provocato in Libano la morte di tre presunti Hezbollah. Nell’incursione, confermata dallo Stato ebraico, è rimasto ucciso anche un soldato israeliano. Il primo ministro libanese, Fuad Siniora, ha definito il raid una “chiara violazione della cessazione delle ostilità dichiarata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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La tregua è stata infranta, all’alba, con un’azione condotta da soldati israeliani nella valle della Bekaa. L’esercito dello Stato ebraico ha dichiarato di aver agito per bloccare il flusso di armi provenienti dalla Siria e dall’Iran, destinate   agli Hezbollah. Secondo l’emittente televisiva “al Jazeera”, l’attacco aveva in realtà per obiettivo l’eliminazione di un membro dell’ufficio politico della formazione sciita. Poco prima, la sicurezza libanese aveva anche denunciato un raid aereo  israeliano compiuto, nella notte, nell’est del Paese. Ma l’aviazione israeliana ha ammesso, in questo caso, soltanto il sorvolo sulla valle della Bekaa. Le operazioni militari israeliane compiute nella notte e questa mattina sono comunque le prime da quando, lunedì scorso, è entrata in vigore la tregua voluta dall’ONU.

 

Intanto, un primo contingente composto da 50 militari francesi è arrivato in Libano per rinforzare l’UNIFIL, la forza di interposizione delle Nazioni Unite incaricata di monitorare la tregua. Durante una conversazione telefonica, il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Romano Prodi, e il presidente francese, Jacques Chirac, “hanno convenuto sulla necessità e sulla valenza politica di una significativa ed ampia partecipazione dei Paesi membri dell’Unione Europea alla missione” delle Nazioni Unite.

 

Il vice segretario generale dell’ONU ha poi espresso soddisfazione per le truppe promesse da Italia e Finlandia e l’impegno assicurato da Nepal, Indonesia, Malaysia e Bangladesh. Ma il governo israeliano ha già precisato che i Paesi senza relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico, tra cui Indonesia, Malaysia e Bangladesh, non dovrebbero fornire uomini all’UNIFIL. Le tappe della missione sono, comunque, già fissate: le Nazioni Unite hanno annunciato che un primo scaglione di 3.500 caschi blu prenderà posizione entro il 2 settembre e che la missione sarà a ranghi completi entro il 4 novembre. Da registrare, infine che la nave San Marco della Marina militare italiana, con a bordo 500 tonnellate di aiuti, ha raggiunto stamani il porto di Beirut.

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Dopo 33 giorni di guerra e sei di tregua, la situazione in Libano resta dunque critica. Ma come stanno vivendo i libanesi e gli sfollati, che stanno cercando di rientrare nelle loro case, il rischio di una nuova degenerazione della crisi? Giada Aquilino lo ha chiesto al vescovo maronita di Byblos, mons. Bechara Rai:

 

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R. – Quello che si aspettava realmente è il cessate-il-fuoco, non il cessare delle operazioni di guerra. Purtroppo, ci saranno delle violazioni e questo renderà la gente insicura. Per il momento, la situazione è stabile, ma ci dispiace tanto per la violazione della tregua, perchè è una violazione della risoluzione. 

 

D. – Da una parte, l’azione israeliana; dall’altra, l’esercito libanese che si è schierato sul confine con Israele e i primi arrivi dei Caschi Blu francesi. La popolazione civile come vive questi momenti?

 

R. – Si aspettava veramente il rispetto della risoluzione e, quindi, con buona volontà tutti quanti si sono impegnati per il ritorno. Adesso il popolo, purtroppo, sta perdendo un poco la fiducia. Nello stesso tempo, però, confida nella buona volontà, nel Signore e nel Libano, che vuole ad ogni costo mantenere una convivenza fra la gente e la pace voluta da tutto il popolo.

 

D. – Ma la gente, gli sfollati, stanno rientrando nelle proprie case?

 

R. – Stanno rientrando, nonostante tutto. Questa è una volontà che conferma come il popolo libanese voglia realmente la pace e non voglia vivere in uno stato di guerra. Questa è una volontà che va contro tutte le violazioni.

 

D. – In questo quadro di rinnovata tensione, quali sono la speranza e l’impegno della Chiesa libanese?

 

R. – Il popolo libanese, ormai, è abituato alla guerra. E’ “esperto” già da 31 anni. Ha sempre avuto la volontà contraria, la volontà di vivere e di vivere pacificamente. La paura è che l’emorragia delle partenze sia piuttosto dalla parte cristiana. Quanto a noi, stiamo facendo di tutto per richiamare i cristiani al significato della loro presenza, al significato storico. Loro hanno il merito di aver creato un Libano differente da tutti i Paesi vicini del Medio Oriente e hanno un messaggio sociale, religioso ed anche morale da portare.

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E in Libano sono molteplici le organizzazioni che si adoperano per affrontare l’emergenza umanitaria. Tra queste, figura anche l’AVSI, organizzazione non governativa senza fini di lucro, presente in Libano dal 1966. Ascoltiamo, al microfono di Emanuela Campanile, il segretario generale dell’AVSI, Alberto Piatti, raggiunto telefonicamente a Beirut:

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R. – La situazione a sud è veramente complicata. La strada lungo la costa fino a Tiro ha tutti i ponti distrutti. Un gruppo di noi andrà nel sud per vedere la possibilità di raggiungere il porto.

 

D. – Che tipo di rapporto si è creato tra voi e i libanesi che state soccorrendo?

 

R. – Ottimo, direi. Siamo qui da più di 10 anni. C’è una discreta conoscenza del Paese e c’è un’assoluta reciproca fiducia.

 

D. – Quando lei dice “cerchiamo di aiutarli”, che cosa intendete in concreto?

 

R. – Innanzitutto, cerchiamo di riabilitare quelle strutture ad uso comunitario, quali scuole, ambulatori e dispensari; laddove è possibile, stiamo studiando anche un programma per aiutare le persone più povere a ristrutturare o a ricostruire la casa. Questo problema si pone soprattutto, ed è bene che il mondo lo sappia, per i cristiani; gli sciiti hanno ricevuto 150 milioni di dollari dalla Siria e credo che risolveranno, più o meno agevolmente, i loro problemi. Nel sud, i pochi villaggi cristiani rimasti hanno un’assoluta necessità di solidarietà.

 

D. – Lei parlava della comunità cristiana. Quindi, che cosa chiedete?

 

R. – Chiediamo aiuti ai fratelli europei di tutto il mondo, perchè i cristiani possano vivere in Libano, perché lo sconfitto di questa guerra è il Libano.

 

D. – Lei pensa che siano abbandonati a loro stessi?

 

R. – Mi sembra di sì, a parte il fatto che il Santo Padre ha inviato in Libano il cardinale Etchegaray per la Messa di Ferragosto, che è stato un segno fondamentale.

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LA RAGIONE, ESIGENZA DI INFINITO PER L’UOMO:

AL VIA DOMANI LA XXVII EDIZIONE DEL MEETING DI RIMINI

 PROMOSSO DA COMUNIONE E LIBERAZIONE

- Intervista con Riccardo Piol -

 

“La ragione è esigenza di infinito e culmina nel sospiro e nel presentimento che questo infinito si manifesti”. E’ il titolo della XXVII edizione del “Meeting per l’amicizia fra i popoli” in programma alla Fiera di Rimini da domani al 26 agosto. Tratto da una conversazione di don Giussani con gli universitari di Comunione e Liberazione nel 1992, il tema del Meeting di quest’anno sottolinea il rapporto tra ragione umana e infinito. Il ruolo centrale della persona, la bioetica, il rapporto con l’islam, la scienza, l’arte, l’economia sono alcuni dei grandi temi della kermesse estiva, completata da mostre, concerti e spettacoli. Al microfono di Luca Collodi, uno dei promotori del Meeting di Rimini, Riccardo Piol, riflette con noi sul significato della manifestazione.

 

 

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R. – La mia riflessione è che il Meeting di Rimini sia un momento di incontro e approfondimento squisitamente umano. Si parla di problematiche di grande attualità: il rapporto con il mondo islamico. Sicuramente l’agenda dell’anno pone il Meeting in un periodo fortunato per il mondo politico: dopo le vacanze si ricomincia a parlare di politica e diversi sono i politici che vengono al Meeting. Vengono però non per ridurre il Meeting ad una tribuna, ma per utilizzare le occasioni del Meeting, o meglio per essere invitati a parlare e per confrontarsi su tematiche ben precise, di cui hanno la responsabilità, con uno sguardo sempre rivolto all’estero, al Medio Oriente, all’Europa e alle problematiche dell’Europa, ma anche del commercio internazionale. Quindi, è riduttivo parlare del Meeting come occasione di incontro politico, perché in realtà vuol dire parlare solo di una parte del programma, tralasciando ben altre presenze.

 

D. – Si potrebbe dire che a Rimini si parla dell’uomo, impegnato nelle sue varie dimensioni?

 

R. – Assolutamente. Il titolo stesso di questa edizione, che è tratto da un dialogo che Giussani negli anni ’90 ebbe con degli studenti universitari, punta sul fattore principale che caratterizza l’uomo: la ragione. Ma la ragione non come misura, ma come esigenza di infinito. Il titolo dice: “La ragione è esigenza di infinito e culmina nel sospiro, nel presentimento che questo infinito si manifesti”. Potrebbe sembrare un titolo adatto solo per un certo tipo di incontro: religioso, filosofico. In realtà è un tipo di incontro che pone una statura, una grandezza dell’uomo che lo rende quindi capace, proprio per questo desiderio di infinito, per questa apertura alla realtà, questa tensione tanto a guardare al mistero, quanto a costruire.

 

D. – Tra l’altro al Meeting per l’amicizia dei popoli non partecipano soltanto cristiani. Un dato da sottolineare…

 

R. – E’ da sottolineare, perché la possibilità di dialogo e di incontro come quest’anno, con diverse personalità, rappresentanti del mondo islamico, non è un indistinto conoscersi o un indistinto parlare, senza confrontarsi, senza veramente venirsi incontro. Si parla sempre dell’islam moderato. La possibilità di far conoscere, di far parlare e presentarsi, far sì che la posizione di alcune personalità del mondo islamico sia resa nota soprattutto al mondo occidentale, è fondamentale. Il Meeting ha voluto sempre facilitare questa presenza, proprio perché queste persone, che sono certe della loro identità culturale e religiosa, ma anche aperte al dialogo, usano un giudizio ben preciso. Dare lo spazio e la possibilità quest’anno, come negli anni passati, è un dovere ed anche un gusto per la verità, che è il gusto per la verità che il cristianesimo insegna e che ci lascia sempre curiosi e desiderosi di conoscere ed imparare.

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ALLA PRESENZA DEL PAPA, NEL CORTILE DEL PALAZZO APOSTOLICO

 DI CASTELGANDOLFO, QUESTA SERA IL DRAMMA SACRO DI CHARLES PEGUY

“IL MISTERO DELLA CARITA’ DI GIOVANNA D’ARCO”

- Intervista con Jean-Paul Lucet -

 

Alla presenza del Santo Padre, nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, viene rappresentato questa sera il dramma sacro di Charles Peguy Il mistero della carità di Giovanna d’Arco, profonda “opera di teologia vissuta”, come la ebbe a descrivere Giovanni Paolo II nel 1988, che si avvale dell’interpretazione rigorosa e appassionata di tre grandi attrici della Comédie Française. Un’iniziativa dell’Arcidiocesi del Principato di Monaco, in collaborazione con l’Ambasciata monegasca presso la Santa Sede. Il servizio di Luca Pellegrini.

 

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La voce profonda, fascinosa dell’attrice francese Françoise Seigner nel personaggio di Giovanna d’Arco. Afflato mistico, paradigma storico, mistero cristiano: nel 1909 Charles Peguy, convertitosi alla fede cattolica, sente l’urgenza di dar sfogo e luogo alle sue idee di solidarietà, coraggio, trascendenza che già avevano animato il suo impegno civile e politico. E trasforma una precedente Giovanna d’Arco letta e scritta in chiave socialista nel dramma Il mistero della carità di Giovanna d’Arco, primo capitolo di una trilogia “misterica”, lunga e complessa meditazione cristiana che Jean-Paul Lucet, curatone un opportuno adattamento, allestisce questa sera per il Santo Padre. “Opera cristiana che va alle sorgenti della vocazione di Giovanna alla santità”, l’aveva descritta Giovanni Paolo II nel luglio del 1988 al termine di una analoga rappresentazione. Opera complessa e letterariamente difficile, il “mistero” di Peguy è stata scelto per più di un motivo dal regista francese, così come ha motivato ai nostri microfoni:

 

R. – La raison est que Péguy est un des auteurs essentiels français du debut …

La ragione è che Péguy è un autore francese essenziale dell’inizio del secolo scorso, che ha scelto come soggetto un personaggio storico come Giovanna d’Arco e, partendo da lei, ha espresso tutto il suo sentimento sulla situazione della Francia, sulla fede, sul suo rapporto con la Chiesa … Il discorso che lui fa, scritto all’inizio del secolo scorso, corrisponde esattamente a quello che noi viviamo attualmente, alle nostre sensazioni per quanto riguarda la situazione del mondo, quel nostro senso di ribellione, di rassegnazione o, al contrario, una fede relegata nell’ambito di una sorta di dogma della teologia. Mi sembra che queste diverse posizioni corrispondessero alle nostre attitudini attuali, e presentare un testo di questo genere al Papa è come dire che noi tutti abbiamo, e in particolare in Francia, motivi di interrogarci sulla spiritualità, che ci sembrano fondamentali.

 

Il teologo Hans Urs von Balthasar, nello scrivere un lungo, appassionato commento al dramma di Peguy, ebbe a riconoscere come “tutta l’arte e la teologia di Peguy sfocia sempre più in preghiera”. Ha avvertito e ha dato spazio anche lei a questa dimensione della preghiera nell’allestire lo spettacolo teatrale?

 

R. – Totalement. Totalement: et c’est la grande richesse et la grande dualitÉ

Assolutamente. Assolutamente sì: e questa è la grande ricchezza e la grande dualità di Péguy. Quando si parla di religione dell’incarnazione è assolutamente necessario unire i due aspetti. Non possiamo parlare di incarnazione, non possiamo parlare di spiritualità e non di preghiera … Il testo – indipendentemente da quale dei tre aspetti giochi – per gli artisti, è preghiera, ma è una preghiera “carnale”: non una preghiera di silenzio, nel senso di fare il vuoto in se stessi e quindi di abbandono a Dio, ma al contrario, una preghiera attiva. E in Péguy, questa è la sua grande ricchezza ed è proprio ciò che fa sì che questo spettacolo, il mistero, tocchi i credenti e i non credenti. I credenti vedono in questa poesia ovviamente un appello a Dio; al contrario, i non credenti vi trovano in qualche modo una ragione di speranza in rapporto ad un’azione che – vista la trascendenza – non può mancare. Perfino i non credenti, pur non praticandola, comprendono la preghiera. Mi piace molto questo modo di riferirsi a questo spettacolo come ad una grande preghiera …

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 20 agosto, 20.ma Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci ripropone il Vangelo sul “pane vivo disceso dal cielo”, in cui Gesù afferma che se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” e il pane che Lui darà è la sua carne “per la vita del mondo”. Molti presenti, increduli, si chiedono: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. Ma Gesù risponde:

 

“Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me … Chi mangia questo pane vivrà in eterno”.

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marco Ivan Rupnik:

 

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Più volte Cristo riprende il tema dell’unità tra Lui e il Padre e tra Lui e l’umanità. Insiste che in noi ci sarà la vita solo se rimaniamo con Lui, anzi in Lui. Non c’è dubbio che la vita dell’uomo dipende dall’unione con Cristo. La linfa vitale si versa nell’umanità per mezzo dell’unione con Cristo. Ma qual è la vita che confluisce da Lui in noi e che rimane per sempre? “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita in eterno”. Il sacrificio del corpo e del sangue è avvenuto nella Pasqua di Cristo. La vita che rimane è quella che assume la Pasqua, come modo del suo compimento. La Pasqua è l’amore realizzato. L’uomo avrà dunque la vita in eterno se questa coinciderà con l’amore pasquale. Tale vita, che è amore, l’uomo non riesce a darsela da solo, ma gli viene partecipata in dono da Colui che è il Salvatore pasquale.

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CHIESA E SOCIETA’

19 agosto 2006

 

IN OCCASIONE DELLA “SETTIMANA PER LA PACE 2006” LA CHIESA

COLOMBIANA LANCIA UN APPELLO CONTRO LA POVERTA’.

Chiesto inoltre MAGGIORE RISPETTO DEL DIRITTO UMANITARIO e una soluzione negoziale  PER I CONFLITTI ARMATI

 

BOGOTA’. = La Chiesa cattolica Colombiana nei giorni scorsi, nel corso della conferenza stampa di presentazione della XIII “Settimana per la pace” (che si svolgerà dal 3 al 10 settembre) ha lanciato un accorato appello alle autorità e alla società civile affinché siano intensificati gli sforzi per affrontare la povertà     estrema nonché l’iniquità. Nello stesso tempo, la Chiesa ha chiesto che siano realizzati al più presto i cosiddetti “accordi umanitari” tra il governo e i gruppi guerriglieri, attivi da decenni nel Paese, con lo scopo di portare sollievo alle popolazioni più direttamente colpite dai conflitti. “Costruire la pace esige molta chiarezza”, ha affermato mons. Henao Gaviria, Direttore del segretariato nazionale per la pastorale sociale, che di seguito ha elencato le priorità da realizzare. Queste soluzioni, necessarie e auspicabili a giudizio del presule, devono essere inserite nelle grandi tematiche della pace: “la riconciliazione e la riparazione”. Il presule ha insistito, ancora una volta, sulla “necessità di trovare uno sbocco negoziato” ai conflitti armati che lacerano la nazione, sottolineando il dovere di rispettare “pienamente il diritto internazionale umanitario per poter offrire così protezione alle popolazioni civili”, rispettando nello stesso tempo il divieto sul “reclutamento di minorenni”. Da parte sua, il segretario della Conferenza episcopale, mons. Fabián Marulanda López, ha invitato tutti a partecipare agli eventi organizzati in tutto il Paese in occasione della “Settimana per la pace”. Mons. Marulanda, nel chiedere nuovamente la liberazione di tutti gli ostaggi nelle mani di gruppi armati, ha ricordato che “non si tratta di chiedere un piacere bensì il rispetto di un diritto dei colombiani”. Nel corso dell’incontro giornalistico hanno preso la parola Raúl Rosende, Capo dell’Ufficio per il coordinamento umanitario dell’ONU (OCHA) e il Difensore del Popolo, Volmar Pérez. L’alto rappresentante ONU ha approfittato della circostanza per rendere un omaggio all’ostinatezza del  popolo colombiano che lavora “ogni giorno in favore della cultura della pace e rifiutano la paralisi del timore e del ricatto della violenze”. Infine, Volmar Pérez ha salutato come “molto positive e piene di speranze” le recenti dichiarazioni del presidente dell’Episcopato colombiano, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja, che ha parlato di “progressi positivi nelle conversazioni con la guerriglia delle FARC”. (L. B.)

 

 

 

Tragedia nel mare di Lampedusa. Un’imbarcazione con a bordo 120 clandestini è affondata in nottata. Recuperati dieci corpi senza vita e una settantina

di superstiti. Proseguono le ricerche dei dispersi

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

ROMA. = Il sogno di una vita migliore che si è concluso in disastro. E’ l’amara realtà per dieci immigrati clandestini, tra cui quattro donne, che sono morti a largo dell’isola di Lampedusa per il rovesciamento del barcone su cui viaggiavano. A bordo, in uno spazio di dieci metri, c’erano 120 persone. Fino ad ora sono stati recuperati 70 naufraghi. Nella zona proseguono le ricerche degli altri 40 dispersi, mentre i cadaveri saranno trasferiti a Porto Empedocle perché a Lampedusa mancano strutture per ospitarli. Tutto è avvenuto all’alba. La nave Minerva della marina militare si è avvicinata al barcone per portare i primi soccorsi. Il racconto drammatico è dei primi sopravvissuti giunti a terra. “Quando abbiamo visto la nave – hanno affermato - ci siamo spostati su un fianco per salire a bordo e il barcone ha cominciato ad ondeggiare fino a rovesciarsi”. Una dichiarazione che esclude quindi qualsiasi ipotesi di speronamento da parte della nave Minerva. I superstiti hanno inoltre confermato che l’imbarcazione della speranza era partita tre giorni fa dal porto libico di Al Zuwara, base strategica del traffico di clandestini tra l’Africa e Italia. Un traffico che, secondo il ministro dell’Interno italiano, Giuliano Amato, ha un volume crescente. In Italia si è passati infatti dai 13 mila sbarchi del 2004 ai 23 mila del 2005 e le previsioni per il futuro non sono rosee, visto che nei soli primi mesi del 2006 sono stati 2 mila gli sbarchi in più rispetto all’anno scorso. La domanda, sempre più urgente, riguarda le misure da adottare per contrastare il fenomeno. Il sindaco di Lampedusa, Bruno Siragusa, raccogliendo le proteste degli isolani, si è rivolto ancora una volta all’Unione Europea, chiedendo soluzioni concrete per bloccare le partenze. Per il ministro Amato questa non è solo l’ennesima tragedia, ma un grave crimine. Per evitare che tutto si ripeta – ha detto – è necessario che la magistratura punisca i responsabili. Un passo necessario per smantellare le reti criminali a capo dello sfruttamento dell’immigrazione clandestina, che permette facili quanto enormi guadagni. Parlando delle misure di contrasto, Amato ha poi aggiunto che l’Europa sta cercando di lavorare al fianco dell’Unione Africana, nell’ambito del progetto europeo FRONTEX, che prevede pattugliamenti comuni non solo delle coste libiche, ma soprattutto il controllo di quel gigantesco confine sud rappresentato dal deserto. Solo in questo modo – ha concluso – si potrà contrastare il cammino di tanti disperati che partono dall’entroterra africano.

 

 

 

EMERGENZA SICCITÀ IN CINA: colpite OLTRE 10 MILIONI di pERSONE.

le TEMPERATURE hanno raggiunto 42 gradi mentre MILIONI DI ETTARI

DI RACCOLTI sono andati PERDUTI

 

PECHINO. = “La peggiore siccità che ha colpito la regione cinese di Chonggin negli ultimi 50 anni”: sono queste le parole del funzionario del governo municipale, He lingyun, in riferimento alla situazione d’emergenza che da ormai 70 giorni attanaglia le province di Chongging e Suchuan, provocando la carenza di acqua per oltre 10 milioni di abitanti. Nell’intera nazione – informa l’agenzia Asia News - sono invece 18 milioni le persone in stato di “emergenza acqua”. Le perdite economiche in relazione al problema hanno raggiunto i 9,9 miliardi di yuan. La scorsa settimana, nella provincia di Chonggin, la temperatura media ha raggiunto i 42 gradi centigradi, provocando la morte di almeno una persona. Due terzi dei fiumi e dei laghi della zona sono prosciugati e oltre 200 bacini idrici sono stagnanti. A Chongqing, più di 7,65 milioni di persone non hanno sufficiente acqua potabile e circa 2,7 milioni di ettari di coltivazioni sono andati distrutti. Colpita anche la città di Dazhou, Sichuan, con 5 milioni di abitanti. Secondo l’agenzia statale Xinhua, “circa 2 milioni di persone in 20 contee della zona hanno difficoltà ad avere acqua da bere”. Colpite dalla siccità anche le regioni di Hebei, Mongolia Interna, Jilin, Gansu e Ningxia. Nella provincia dell’Hunan almeno 270 mila persone hanno penuria d’acqua dal mese di giugno. Ieri il ministro degli Affari civili ha reso noto che, in questi mesi, tifoni, inondazioni e siccità hanno causato oltre 2 mila morti e danni per 160 miliardi di yuan, circa 20 miliardi di dollari USA. (A.Gr.)

 

 

 

creare un’area di libero commercio che riunisca i paesi dell’africa australe. è questo l’obiettivo del vertice annuale della comunità economica

regionale conclusosi nei giorni scorsi

 

PRETORIA. = I Paesi della comunità economica dell’Africa australe (SADC) hanno firmato al termine di un incontro a Maseru, capitale del Lesothao, un protocollo di accordo sulle finanze e gli investimenti mirato a uniformare le legislazioni nazionali. L’obiettivo è di arrivare alla creazione di un’area di libero commercio entro il 2008, all’unione doganale nel 2010, ad un vero mercato comune entro il 2015, ad una unione monetaria nel 2016 e infine al conio di un’unica moneta per tutta la regione nel 2018. “Sono queste le nostre sfide più importanti per favorire un vero sviluppo sociale ed economico della regione”, ha sottolineato il presidente dello Zambia, Levy Mwanawasa. I 13 capi di Stato e di governo partecipanti si sono inoltre accordati per la costituzione di una commissione ministeriale per   elaborare con il segretariato della SADC una nuova strategia per ridurre la povertà e l’incidenza dell’AIDS.  La SADC, con i suoi 230 milioni di abitanti, è considerata uno dei principali organismi regionali e vanta un prodotto interno lordo di oltre 200 miliardi di dollari. “Per unificare la nostra regione, dobbiamo cedere una piccola parte della nostra sovranità e realizzare obiettivi a lungo termine di cui potranno beneficiare tutti i nostri Paesi. Sono queste le parole del primo ministro africano del Lesotho, Pakalita Mosisili, al termine del vertice. Mosisli, eletto nuovo presidente della SADC alla chiusura del summit, ha inoltre aggiunto: “E’ necessario impegnarsi in modo duraturo per rafforzare l’integrazione perché in caso contrario il prezzo che dovremo pagare sarà molto alto”.( A.Gr.)

 

 

 

a 100 anni dalla nascita, le spoglie di don Antonio Seghezzi verranno

traslate nella nuova cripta ipogea. domani sera la celebrazione,

presieduta dal vescovo di bergamo, mons. Amodei

 

BERGAMO. = Domani a Premolo, in provincia di Bergamo, presso la Chiesa di Sant’Andrea Apostolo e Martire, verrà inaugurata la Cripta Ipogea nella quale verrà traslato il corpo del servo di Dio don Antonio Seghezzi. La cerimonia sarà presieduta da mons. Roberto Amadei, vecovo di Bergamo, e vedrà giungere da tutta Italia numerosi figli spirituali che vivranno uno storico momento verso la beatificazione del loro amato don Antonio Seghezzi. Figura esemplare nel mondo dell’Azione Cattolica, Don Antonio amava ripetere: “la più bella Azione Cattolica che io farò…sarà donarmi tutto ed essere pronto a fare ciò che più si comanderà per ora”. La Cripta Ipogea, realizzata su progetto dell’architetto Giansandro Schina, verrà presentata alla stampa questa sera. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 agosto 2006

 

 

- A cura di Roberta Moretti -

 

 

Medio Oriente. Ferma condanna del governo palestinese per l’arresto, nella notte, da parte delle forze israeliane, del vicepremier dell’ANP, Nasser Shaer, esponente di spicco di Hamas. Intanto, nella tarda mattinata, è giunta la notizia dell’arresto del presunto assassino del giovane volontario italiano, Angelo Frammartino, ucciso il 10 agosto scorso a Gerusalemme. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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Si chiama Ashraf Abdel Hanaisha ed è un giovane palestinese di 24 anni legato alla Jihad islamica. Catturato stamani in Cisgiordania, dove risiede, ha confessato di essere andato a Gerusalemme “per uccidere un ebreo”, ma a fare le spese del sua furia omicida è stato un volontario italiano. Angelo Frammartino è dunque morto “per errore”, accoltellato alle spalle mentre stava camminando nella parte orientale della Città Santa, in compagnia di tre amici. Intanto, cresce la tensione nei Territori a causa dell’arresto, in tarda notte, del vicepremier palestinese, Nasser Shaer. Il portavoce del primo ministro dell’ANP, Ismail Haniyeh, ha definito l’episodio “criminale”. Shaer, che è stato prelevato dalla sua casa di Ramallah, in Cisgiordania, era ricercato dal giorno del rapimento di un soldato israeliano da parte dell’ala militare di Hamas, a fine giugno. In risposta al sequestro, otto ministri e 28 parlamentari palestinesi erano stati arrestati. Quattro di loro erano poi stati liberati. Sul campo, intanto, un soldato israeliano è stato ucciso questa mattina a colpi di arma da fuoco da estremisti palestinesi in Cisgiordania: l’episodio è accaduto vicino a un posto di blocco nei pressi di Nablus, vicino all'insediamento ebraico di Beqaot. Da segnalare, infine, che oggi, per la prima volta da quasi due mesi, è stato riaperto in entrambe le direzioni il valico
di Rafah, tra Gaza e l’Egitto. Ne hanno dato notizia gli osservatori UE che controllano il punto di passaggio, precisando che l’apertura è limitata a casi umanitari. Era dal 25 giugno, quando a Gaza è stato rapito il soldato israeliano, Gilad Shalit, che a Rafah non venivano più consentiti contemporaneamente ingresso e uscita.

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Ancora violenze in Iraq, dove almeno 16 persone hanno perso la vita stamani in diversi attentati. Tra queste, anche le due guardie del corpo del generale iracheno, Jamil al-Haji, scampato miracolosamente a un attacco dinamitardo a Diwaniyah, a sud di Baghdad, mentre era a bordo della colonna motorizzata dell’esercito. Intanto, fonti americane hanno riferito dell’arresto di tre estremisti sciiti sospettati di aver guidato, lo scorso 9 luglio, il massacro di 42 sunniti nel quartiere di Al-Jihad, a Baghdad, sulla base della carta d’identità.

 

E’ finito in manette in Pakistan un alto responsabile della rete terroristica di Al-Qaeda. Matiur Rehman è considerato un uomo chiave, che potrebbe fornire informazioni sul nascondiglio di Osama bin Laden e sulle cellule di militanti islamici nel mondo. L’arresto, non ancora confermato dalle autorità, è stato compiuto nel quadro delle indagini degli attacchi terroristici sventati in Gran Bretagna.

 

Si fa sempre più delicata la situazione nel nordest dello Sri Lanka, dove da tre settimane sono in corso violenti combattimenti tra forze governative e separatisti Tamil. Nella notte, l’aeronautica cingalese ha distrutto una base marittima da dove i ribelli facevano partire i loro attacchi contro le posizioni dell’esercito nella penisola di Jaffna, dove ormai è difficile accedere anche per le organizzazioni umanitarie. Molti guerriglieri Tamil sarebbero morti nel bombardamento. E proprio il segretariato di pace delle Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE) ha riferito oggi che dallo scorso 8 agosto sarebbero 141 i civili morti a causa dei bombardamenti. L’Unione Europea e gli Stati Uniti, che ieri hanno lanciato un appello ad entrambe le parti per il cessate il fuoco, discuteranno della situazione a metà settembre a Bruxelles insieme a Giappone e Norvegia, Paese mediatore nel conflitto.

 

Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha prorogato di una settimana il mandato della missione delle Nazioni Unite a Timor Est, che altrimenti sarebbe scaduto a mezzanotte, non essendo riuscito a raggiungere un accordo sul suo eventuale rafforzamento nell’ex colonia portoghese. Secondo fonti diplomatiche, il Consiglio sarebbe diviso, in particolare, sull’eventualità di dare alle missione una componente militare e di richiamare il Capitolo 7 della Carta dell’ONU, che autorizza il ricorso alla forza. La capitale timorese, Dili, è stata teatro, da aprile a giugno, di disordini nei quali sono morte 21 persone. Sono stati quindi inviati 3 mila soldati e poliziotti stranieri, ma le violenze sono cessate soltanto dopo la nomina, a inizio luglio, di un nuovo primo ministro, il popolare Premio Nobel per la pace, Josè Ramos-Horta. Questi ha più volte chiesto un maggior ruolo per l’ONU nel Paese.

 

Grande soddisfazione in Togo per lo storico accordo raggiunto ieri sera nella capitale del Burkina Faso, Ouagadougou, tra i partecipanti al dialogo intertogolese, in rappresentanza del governo, dell’opposizione e della società civile. L’intesa è destinata a porre fine alla crisi politica e alle violenze che lacerano il Togo da 13 anni, attraverso la formazione di un nuovo governo e l’organizzazione di elezioni legislative. “Il documento – ha precisato il ministro degli Esteri e della Cooperazione del Burkina Faso, Youssouf Ouedraogo – è stato siglato da tutte le delegazioni” e sarà firmato ufficialmente domani a Lomè, “alla presenza dei presidenti del Togo e dei Paesi vicini”.

 

Fondi economici, farmaci e un gran numero di operatori sanitari adeguatamente preparati: queste le chiavi per vincere la sfida contro l’AIDS nel mondo, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), a chiusura, ieri a Toronto, in Canada, della 16.ma Conferenza internazionale sul virus. Ad emergere, durante i lavori, un dato sui contributi: è l’Europa a dare il maggiore apporto al Fondo globale contro l’AIDS, con il 60 per cento delle quote. Resta comunque, più in generale, il duro monito dell’ONU nei confronti dei Paesi più sviluppati, accusati di non aver mantenuto tutte le promesse sui finanziamenti per la lotta al virus. Ce ne parla Elena Molinari:

 

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Secondo l’inviato speciale dell’ONU in Africa, Stephen Lewis, gli 8,3 miliardi di dollari donati dai Paesi più industrializzati del mondo lo scorso anno rischiano di essere stati spesi invano, se non dovessero arrivare i 15 miliardi promessi per il 2006 o i 18 dell’anno successivo. Le stravaganti promesse del G8 – ha detto seccamente – si sono rivelate fatue e i progetti intrapresi sono ora compromessi. Molto meno polemiche le conclusioni ufficiali della Conferenza, che ha visto tutti i partecipanti d’accordo sulla necessità di realizzare un approccio globale contro l’AIDS, basato cioè sull’accesso ai farmaci per tutti, ma anche sulla prevenzione e sul cambiamento culturale. Alla sei giorni di Toronto hanno partecipato i governi dei Paesi dell’ONU, i rappresentanti dell’ONG e della società civile, medici, ricercatori, scienziati. Obiettivo: dare un impulso decisivo alla lotta contro il male, che oggi è ben più gestibile di 25 anni fa, ma solo per chi ha la fortuna di essere nato in un Paese ricco.

 

Da New York, Elena Molinari per la Radio Vaticana.

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La magistratura federale tedesca ha confermato la notizia dell’arresto, questa mattina, di uno dei due uomini sospettati di aver piazzato due valige contenenti bombe su altrettanti treni in Germania. L’arresto è avvenuto questa mattina alla stazione di Kiel, sul Baltico, chiusa dalla polizia per cinque ore. Le autorità tedesche hanno diffuso ieri un video girato dalle telecamere di sicurezza della stazione di Colonia, che mostrava i due sospetti mentre portavano le valigie con le bombe da 25 chili a bordo di due treni, lo scorso 31 luglio. Le valigie, che non sono esplose a causa del malfunzionamento degli ordigni, erano state poi portate da ignari controllori dei treni all’ufficio oggetti smarriti di Coblenza e Dortmund. In una delle valigie sono stati trovati testi scritti in arabo e, in particolare, svariati numeri di telefono libanesi.

 

E’ stato liberato uno dei due cittadini tedeschi rapiti in Nigeria all’inizio del mese nella regione del Delta del Niger. L’uomo, impiegato della compagnia petrolifera tedesca Bilfinger Berger, era stato rapito il 3 agosto scorso insieme al suo autista da un gruppo di uomini armati mentre si recavano sul loro posto di lavoro. Sono molto frequenti, nella regione, i rapimenti di cittadini stranieri.

 

In Colombia, un taxi è saltato in aria ieri sera davanti ad un commissariato di polizia di Buenaventura, principale porto del Paese sull’Oceano Pacifico. Nella deflagrazione è morto il conducente del veicolo e sono rimaste ferite otto persone, fra cui due bambini. Lo ha reso noto Radio Caracol di Bogotà. Il colonnello Jaime Gutierrez, comandante della polizia regionale del Valle del Cauca, ha escluso che in città vi siano altre auto-bomba e ha ipotizzato che i responsabili dell’attentato possano essere le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC).

 

 

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