RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 231 - Testo
della trasmissione di sabato 19 agosto 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Benedetto
XVI nomina il gesuita argentino Josè G. Funes nuovo direttore della Specola vaticana
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il Vangelo di domani: il
commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Emergenza
siccità in Cina: colpite oltre 10 milioni di persone
Conclusosi
nei giorni scorsi il vertice annuale della comunità economica regionale
Arrestato in Pakistan
un alto responsabile di Al-Qaeda: potrebbe fornire informazioni
sul nascondiglio di Osama Bin
Laden
19 agosto 2006
APPELLO
DI BENEDETTO XVI PER LA LIBERAZIONE DEL SACERDOTE IRACHENO, RAPITO IL 15 AGOSTO
A BAGHDAD. IN UN TELEGRAMMA AL PATRIARCA EMMANUEL III DELLY,
IL
PAPA PREGA PER IL POPOLO IRACHENO, COSI’ DURAMENTE PROVATO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Accorato appello di Benedetto XVI per la liberazione del
sacerdote Saad Syrop Hanna, rapito a Baghdad il 15 agosto, subito dopo la
celebrazione per la solennità dell'Assunta. In un telegramma a firma del
cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, indirizzato al Patriarca di
Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly, il Papa esprime la sua “vicinanza spirituale” alla
Chiesa e al popolo dell’Iraq, così duramente provato. Il Pontefice, si legge
nel telegramma, “rivolge un accorato appello ai rapitori affinché il giovane
sacerdote possa essere rilasciato immediatamente” e possa così “tornare a
servire Dio, la comunità cristiana e i suoi concittadini”.
Il Santo Padre non
manca poi di rivolgere un pensiero a “tutte le vittime dei rapimenti” in Iraq,
e prega affinché questo “terribile flagello” possa avere fine. Il Papa
incoraggia i cattolici iracheni “a continuare a lavorare assieme a tutti i
credenti e a tutti gli uomini di buona volontà”, affinché sia garantito “un
futuro di armoniosa e pacifica coesistenza” per “l’amata nazione” dell’Iraq.
Secondo l’agenzia MISNA, per la liberazione di padre Saad Syrop Hanna
sarebbe stato chiesto un ingente riscatto. Purtroppo, non è la prima volta che viene rapito un sacerdote in Iraq. Tuttavia, riferisce
sempre la MISNA che cita fonti religiose locali, è la prima volta che il
sequestro dura così a lungo. Negli altri casi, infatti, la liberazione degli
ostaggi era avvenuta entro 24 ore dal rapimento.
NEL PROSSIMO VIAGGIO IN
BAVIERA DAL 9 AL 14 SETTEMBRE, IL PAPA VISITERA’
MONACO, RATISBONA, ALTÖTTING E FRISINGA, E MARKTL AM
INN,
IL PAESE DOVE E’ NATO. CON IL FRATELLO GEORG
PREGHERA’
SULLA TOMBA DEI GENITORI E DELLA SORELLA
La Sala Stampa
della Santa Sede ha reso noto oggi il programma del viaggio apostolico di
Benedetto XVI in Baviera, sua terra natale, in programma dal 9 al 14 settembre
prossimo. Il Papa torna dunque per la seconda volta in Germania, dopo il
viaggio a Colonia dell’anno scorso, in occasione della GMG. Sui dettagli del
quarto viaggio internazionale di Benedetto XVI, il servizio di Alessandro
Gisotti:
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Benedetto XVI nei luoghi della sua infanzia: quello del
Papa è un viaggio che ha certamente una forte valenza personale, ma offrirà
anche molti incontri con i fedeli e la Chiesa locale. E numerosi saranno i
discorsi e le omelie che il Santo Padre pronuncerà nella sua Baviera. Il Papa
partirà dall’aeroporto di Ciampino alle 13.45 di
sabato 9 settembre per arrivare all’aeroporto Franz Joseph Strauss di Monaco alle
15.30. Qui la cerimonia di benvenuto e il primo discorso ufficiale del
Pontefice. Quindi, il trasferimento al Seminario Gregorianum
di Monaco. Alle 17.30 il primo abbraccio dei fedeli: Benedetto XVI pregherà
alla Colonna della Madonna, nella storica Marienplatz
di Monaco. Il Papa incontrerà poi nella residenza reale il presidente federale,
Kohler, il cancelliere Merkel
e il ministro presidente della Baviera, Stoiber. La
serata si conclude con il trasferimento nel palazzo arcivescovile di Monaco. Un
ritorno in quella che è stata la sua residenza: dal 1977 al 1982, infatti, il
Papa è stato arcivescovo di Monaco e Frisinga.
Domenica 10 settembre, il Papa celebrerà la Santa Messa
sulla spianata della Neue Messe di Monaco, dove è
attesa una moltitudine di fedeli. Benedetto XVI pranzerà poi nel palazzo arcivescovile
con il seguito papale e i cardinali ospiti. Nel pomeriggio, il Pontefice
celebrerà i Vespri nella cattedrale di Monaco. Il giorno dopo, lunedì 11 settembre,
Benedetto XVI si trasferirà in elicottero ad Altötting,
dove nella mattinata si recherà al Santuario mariano. Qui celebrerà la Santa
Messa. Si terrà poi la processione del Santissimo, accompagnato dalla Statua
della Madonna e l’inaugurazione della Cappella dell’Adorazione. Successivamente
il Pontefice si recherà a piedi al Convento di Santa Maddalena di Altötting.
In serata, dopo
aver celebrato i vespri mariani con i religiosi e i seminaristi della Baviera
nella Basilica di Sant’Anna di Altötting, Benedetto
XVI si trasferirà in auto a Marktl am Inn, suo paese natale. Un
momento che si preannuncia di grande emozione. Il Papa visiterà la chiesa
parrocchiale di Sant’Oswald, dove venne
battezzato. Quindi, si recherà in elicottero a Ratisbona,
al seminario maggiore di San Wolfgang. Il giorno
successivo, martedì 12 settembre, il Papa celebrerà la Santa Messa sulla
spianata dell’Islinger Feld
di Ratisbona. Nel pomeriggio, poi, incontrerà i
rappresentanti della scienza, nell’aula magna dell’Università di Ratisbona, dove il giovane teologo Joseph
Ratzinger insegnò dogmatica e storia del dogma.
In serata, nel Duomo cittadino,
altro momento significativo del viaggio apostolico: si terrà infatti una
celebrazione ecumenica dei Vespri. Mercoledì 13 settembre, il Papa benedirà il nuovo organo della Alte Kapelle
di Ratisbona, poi visiterà la casa del fratello,
mons. Georg Ratzinger. Con
lui nel pomeriggio si recherà al cimitero di Ziegetzdorf,
dove si soffermerà in preghiera sulla tomba dei genitori e della sorella Maria.
Quindi, il Papa passerà il pomeriggio nella sua casa di famiglia a Pentling. Giovedì 14 settembre, ultimo giorno del viaggio
in Baviera, il Papa si recherà a Frisinga, dove alle
10.45 è in programma un incontro con i sacerdoti e diaconi permanenti della
Baviera, nella Cattedrale cittadina. Benedetto XVI si trasferirà infine
all’aeroporto di Monaco, dove si svolgerà la cerimonia di congedo. La partenza
è prevista per le 12.45 e l’arrivo a Roma per le 14.30.
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BENEDETTO
XVI NOMINA IL GESUITA ARGENTINO JOSE’ G. FUNES
NUOVO DIRETTORE DELLA SPECOLA VATICANA
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Il Papa ha nominato direttore della Specola Vaticana il
padre gesuita José Gabriel Funes, astronomo, già
membro della medesima Istituzione scientifica della Santa Sede. Padre Funes sostituisce nell’incarico il padre gesuita americano George
V. Coyne. Il nuovo direttore dell’Osservatorio
astronomico vaticano è nato 43 anni fa a Cordoba, in Argentina. Entrato nella
Compagnia di Gesù nel 1985, è stato ordinato sacerdote nel 1995. Ha una laurea
in astronomia, conseguita all’Università nazionale di Cordoba ed ha completato
i suoi studi teologici alla Pontificia Università Gregoriana. Nel 2000 ha
conseguito il dottorato in Astronomia all'Università di Padova ed è autore di
numerose ricerche sui dischi delle galassie.
L'origine della
Specola, istituto di ricerca scientifica direttamente dipendente dalla Santa
Sede, si può far risalire all'epoca in cui Gregorio XIII, nel contesto della
preparazione della riforma del calendario, fece erigere in Vaticano nel 1578 la
Torre dei Venti. Dopo una lunga parentesi di inattività, Leone XIII, col Motu Proprio “Ut mysticam” del
1891, vi fondò la nuova Specola Vaticana. Nel 1910 san Pio X dette all’istituto
più ampi spazi, assegnandole un villino nei giardini vaticani, mentre nel 1934
Pio XI la rinnovò totalmente, trasferendola a Castel Gandolfo e affidandone la
gestione alla Compagnia di Gesù. A partire dai primi anni '80, a causa
dell'eccessiva luminosità del cielo a Castel Gandolfo, la Specola ha aperto una
sede a Tucson, in Arizona, con proprio osservatorio
dal 1993. Qui, gli astronomi trascorrono buona parte dell'anno per le
osservazioni e le ricerche, mentre Castel Gandolfo resta la sede della direzione,
della biblioteca, dei calcolatori e del museo.
IL
PAPA NOMINA IL CARDINALE CRESCENZIO SEPE SUO INVIATO SPECIALE
ALL’ASIAN
MISSION CONGRESS, IN PROGRAMMA AD OTTOBRE IN THAILANDIA
Il Papa
ha nominato il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo
metropolita di Napoli, Suo Inviato Speciale alla celebrazione dell'Asian Mission Congress, che avrà luogo a Chang
Mai in Thailandia, dal 19 al 22 ottobre 2006.
NOMINE
In Uganda, il Papa ha accettato la rinuncia al governo
pastorale dell’arcidiocesi di Kampala, presentata dal cardinale Emmanuele Wamala, per sopraggiunti limiti d’età. Il Santo Padre ha
nominato suo successore mons. Cyprian Kizito Lwanga, finora vescovo di Kasana-Luweero.
Benedetto
XVI ha nominato membri della Congregazione delle Cause dei Santi il cardinale
Agostino Vallini, prefetto del Supremo Tribunale
della Segnatura Apostolica, e mons. Giovanni Paolo Benotto,
vescovo di Tivoli.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina si apre con la situazione in Medio
Oriente: violata la tregua in Libano; tre miliziani Hezbollah uccisi in uno
scontro a fuoco con truppe israeliane.
Servizio vaticano - Due pagine dedicate al ricordo
della Giornata mondiale della Gioventù a Colonia, svoltasi un anno fa.
Servizio estero - In rilievo l'Iraq: Baghdad sempre
segnata da sanguinosi atti di violenza.
Servizio culturale - Un articolo di Luciana Frapiselli dal titolo "Tra sete, nastri, volants e ventagli la nostalgia di De Nittis
per un'epoca al tramonto": un ritratto del pittore vissuto tra Parigi e
Londra alla fine del XIX secolo.
Servizio italiano - In primo piano un nuovo dramma
dell'immigrazione, al largo di Lampedusa.
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19 agosto 2006
IN LIBANO, UN NUOVO RAID ISRAELIANO ROMPE
NEL PAESE
DEI CEDRI SONO ARRIVATI, INTANTO, 50 SOLDATI FRANCESI
PER
RINFORZARE L’UNIFIL,
- Con noi mons. Bechara
Rai e con Alberto Piatti -
Dopo sei
giorni di cessate-il-fuoco, una nuova azione militare
israeliana ha provocato in Libano la morte di tre presunti Hezbollah.
Nell’incursione, confermata dallo Stato ebraico, è rimasto ucciso anche un
soldato israeliano. Il primo ministro libanese, Fuad
Siniora, ha definito il raid una “chiara violazione della cessazione delle ostilità dichiarata dal Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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La tregua è stata infranta, all’alba, con un’azione
condotta da soldati israeliani nella valle della Bekaa.
L’esercito dello Stato ebraico ha dichiarato di aver agito per bloccare il flusso di armi
provenienti dalla Siria e dall’Iran, destinate agli Hezbollah. Secondo
l’emittente televisiva “al Jazeera”, l’attacco aveva
in realtà per obiettivo l’eliminazione di un membro dell’ufficio politico della
formazione sciita. Poco prima, la sicurezza libanese aveva anche denunciato un
raid aereo israeliano
compiuto, nella notte, nell’est del Paese. Ma l’aviazione israeliana ha
ammesso, in questo caso, soltanto il sorvolo sulla valle della Bekaa. Le operazioni militari israeliane compiute nella
notte e questa mattina sono comunque le prime da quando,
lunedì scorso, è entrata in vigore la tregua voluta dall’ONU.
Intanto, un primo contingente composto da
50 militari francesi è arrivato in Libano per rinforzare l’UNIFIL, la forza di
interposizione delle Nazioni Unite incaricata di monitorare la tregua. Durante
una conversazione telefonica, il presidente del
Consiglio dei ministri italiano, Romano Prodi, e il presidente francese, Jacques Chirac, “hanno convenuto
sulla necessità e sulla valenza politica di una significativa ed ampia
partecipazione dei Paesi membri dell’Unione Europea alla missione” delle
Nazioni Unite.
Il vice segretario generale dell’ONU ha poi espresso
soddisfazione per le truppe promesse da Italia e Finlandia
e l’impegno assicurato da Nepal, Indonesia, Malaysia e Bangladesh.
Ma il governo israeliano ha già precisato che i Paesi senza relazioni
diplomatiche con lo Stato ebraico, tra cui Indonesia, Malaysia e Bangladesh, non dovrebbero fornire uomini all’UNIFIL. Le
tappe della missione sono, comunque, già fissate: le Nazioni Unite hanno
annunciato che un primo scaglione di 3.500 caschi blu prenderà posizione entro
il 2 settembre e che la missione sarà a ranghi completi entro il 4 novembre. Da
registrare, infine che la nave San Marco della Marina militare italiana, con a
bordo 500 tonnellate di aiuti, ha raggiunto stamani il porto di Beirut.
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Dopo 33 giorni di guerra e sei di tregua, la
situazione in Libano resta dunque critica. Ma come stanno vivendo i libanesi e
gli sfollati, che stanno cercando di rientrare nelle loro case, il rischio di
una nuova degenerazione della crisi? Giada Aquilino lo ha chiesto al vescovo
maronita di Byblos, mons. Bechara
Rai:
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R. – Quello che si aspettava realmente è il cessate-il-fuoco, non il cessare delle operazioni di guerra.
Purtroppo, ci saranno delle violazioni e questo renderà la gente insicura. Per
il momento, la situazione è stabile, ma ci dispiace tanto per la violazione
della tregua, perchè è una violazione della risoluzione.
D. – Da una parte, l’azione israeliana; dall’altra,
l’esercito libanese che si è schierato sul confine con Israele e i primi arrivi
dei Caschi Blu francesi. La popolazione civile come vive questi momenti?
R. – Si aspettava veramente il rispetto della risoluzione
e, quindi, con buona volontà tutti quanti si sono impegnati per il ritorno.
Adesso il popolo, purtroppo, sta perdendo un poco la fiducia. Nello stesso
tempo, però, confida nella buona volontà, nel Signore e nel Libano, che vuole
ad ogni costo mantenere una convivenza fra la gente e la pace voluta da tutto
il popolo.
D. – Ma la gente, gli sfollati, stanno rientrando nelle
proprie case?
R. – Stanno rientrando, nonostante tutto. Questa è una
volontà che conferma come il popolo libanese voglia
realmente la pace e non voglia vivere in uno stato di guerra. Questa è una
volontà che va contro tutte le violazioni.
D. – In questo quadro di rinnovata tensione, quali sono la
speranza e l’impegno della Chiesa libanese?
R. – Il popolo libanese, ormai, è abituato alla guerra. E’
“esperto” già da 31 anni. Ha sempre avuto la volontà contraria, la volontà di
vivere e di vivere pacificamente. La paura è che l’emorragia delle partenze sia
piuttosto dalla parte cristiana. Quanto a noi, stiamo facendo di tutto per
richiamare i cristiani al significato della loro presenza, al significato
storico. Loro hanno il merito di aver creato un Libano differente da tutti i
Paesi vicini del Medio Oriente e hanno un messaggio sociale, religioso ed anche
morale da portare.
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E in Libano sono molteplici le organizzazioni che si
adoperano per affrontare l’emergenza umanitaria. Tra queste, figura anche
l’AVSI, organizzazione non governativa senza fini di lucro, presente in Libano
dal 1966. Ascoltiamo, al microfono di Emanuela Campanile, il segretario
generale dell’AVSI, Alberto Piatti, raggiunto telefonicamente a Beirut:
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R. – La situazione a sud è veramente complicata. La strada
lungo la costa fino a Tiro ha tutti i ponti distrutti. Un gruppo di noi andrà
nel sud per vedere la possibilità di raggiungere il porto.
D. – Che tipo di rapporto si è creato tra voi e i libanesi
che state soccorrendo?
R. – Ottimo, direi. Siamo qui da più di 10 anni. C’è una
discreta conoscenza del Paese e c’è un’assoluta reciproca fiducia.
D. – Quando lei dice “cerchiamo di aiutarli”, che cosa
intendete in concreto?
R. – Innanzitutto, cerchiamo di riabilitare quelle
strutture ad uso comunitario, quali scuole, ambulatori e dispensari; laddove è
possibile, stiamo studiando anche un programma per aiutare le persone più
povere a ristrutturare o a ricostruire la casa. Questo problema si pone
soprattutto, ed è bene che il mondo lo sappia, per i cristiani; gli sciiti
hanno ricevuto 150 milioni di dollari dalla Siria e credo che risolveranno, più
o meno agevolmente, i loro problemi. Nel sud, i pochi villaggi cristiani
rimasti hanno un’assoluta necessità di solidarietà.
D. – Lei parlava della comunità cristiana. Quindi, che
cosa chiedete?
R. – Chiediamo aiuti ai fratelli europei di tutto il
mondo, perchè i cristiani possano vivere in Libano, perché lo sconfitto di
questa guerra è il Libano.
D. – Lei pensa che siano abbandonati a loro stessi?
R. – Mi sembra di sì, a parte il fatto che il Santo Padre
ha inviato in Libano il cardinale Etchegaray per
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LA RAGIONE, ESIGENZA DI INFINITO
PER L’UOMO:
AL VIA DOMANI LA XXVII EDIZIONE DEL
MEETING DI RIMINI
PROMOSSO DA COMUNIONE E LIBERAZIONE
- Intervista con Riccardo Piol -
“La ragione è esigenza di infinito e culmina nel sospiro e
nel presentimento che questo infinito si manifesti”. E’ il titolo della XXVII
edizione del “Meeting per l’amicizia fra i popoli” in programma alla Fiera di
Rimini da domani al 26 agosto. Tratto da una conversazione di don Giussani con gli universitari di Comunione e Liberazione
nel 1992, il tema del Meeting di quest’anno sottolinea il rapporto tra ragione
umana e infinito. Il ruolo centrale della persona, la bioetica, il rapporto con
l’islam, la scienza, l’arte, l’economia sono alcuni dei grandi temi della
kermesse estiva, completata da mostre, concerti e spettacoli. Al microfono di Luca
Collodi, uno dei promotori del Meeting di Rimini, Riccardo Piol,
riflette con noi sul significato della manifestazione.
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R. – La mia riflessione è che il Meeting di Rimini sia un
momento di incontro e approfondimento squisitamente umano. Si parla di
problematiche di grande attualità: il rapporto con il mondo islamico.
Sicuramente l’agenda dell’anno pone il Meeting in un periodo fortunato per il
mondo politico: dopo le vacanze si ricomincia a parlare di
politica e diversi sono i politici che vengono al Meeting. Vengono però
non per ridurre il Meeting ad una tribuna, ma per utilizzare le occasioni del
Meeting, o meglio per essere invitati a parlare e per confrontarsi su tematiche
ben precise, di cui hanno la responsabilità, con uno sguardo sempre rivolto
all’estero, al Medio Oriente, all’Europa e alle problematiche dell’Europa, ma
anche del commercio internazionale. Quindi, è riduttivo parlare del Meeting
come occasione di incontro politico, perché in realtà vuol dire parlare solo di
una parte del programma, tralasciando ben altre presenze.
D. – Si potrebbe dire che a Rimini si parla dell’uomo,
impegnato nelle sue varie dimensioni?
R. – Assolutamente. Il titolo stesso di questa edizione,
che è tratto da un dialogo che Giussani negli anni
’90 ebbe con degli studenti universitari, punta sul fattore principale che
caratterizza l’uomo: la ragione. Ma la ragione non come misura, ma come
esigenza di infinito. Il titolo dice: “La ragione è esigenza di infinito e
culmina nel sospiro, nel presentimento che questo infinito si manifesti”.
Potrebbe sembrare un titolo adatto solo per un certo tipo di incontro: religioso,
filosofico. In realtà è un tipo di incontro che pone una statura, una grandezza
dell’uomo che lo rende quindi capace, proprio per questo desiderio di infinito,
per questa apertura alla realtà, questa tensione tanto a guardare al mistero,
quanto a costruire.
D. – Tra l’altro al Meeting per l’amicizia dei popoli non
partecipano soltanto cristiani. Un dato da sottolineare…
R. – E’ da sottolineare, perché la possibilità di dialogo
e di incontro come quest’anno, con diverse personalità, rappresentanti del
mondo islamico, non è un indistinto conoscersi o un indistinto parlare, senza
confrontarsi, senza veramente venirsi incontro. Si parla sempre dell’islam
moderato. La possibilità di far conoscere, di far parlare e presentarsi, far sì
che la posizione di alcune personalità del mondo islamico sia resa nota
soprattutto al mondo occidentale, è fondamentale. Il Meeting ha voluto sempre
facilitare questa presenza, proprio perché queste persone, che sono certe della
loro identità culturale e religiosa, ma anche aperte al dialogo, usano un
giudizio ben preciso. Dare lo spazio e la possibilità quest’anno, come negli
anni passati, è un dovere ed anche un gusto per la verità, che è il gusto per
la verità che il cristianesimo insegna e che ci lascia sempre curiosi e
desiderosi di conoscere ed imparare.
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ALLA PRESENZA DEL PAPA, NEL CORTILE
DEL PALAZZO APOSTOLICO
DI CASTELGANDOLFO, QUESTA SERA IL DRAMMA SACRO
DI CHARLES PEGUY
“IL MISTERO DELLA CARITA’ DI
GIOVANNA D’ARCO”
- Intervista con Jean-Paul Lucet -
Alla
presenza del Santo Padre, nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo,
viene rappresentato questa sera il dramma sacro di Charles Peguy Il mistero della
carità di Giovanna d’Arco,
profonda “opera di teologia vissuta”, come la ebbe a descrivere Giovanni Paolo
II nel 1988, che si avvale dell’interpretazione rigorosa e appassionata di tre
grandi attrici della Comédie Française.
Un’iniziativa dell’Arcidiocesi del Principato di Monaco, in
collaborazione con l’Ambasciata monegasca presso la Santa Sede. Il servizio di Luca Pellegrini.
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La voce
profonda, fascinosa dell’attrice francese Françoise Seigner nel personaggio di Giovanna d’Arco. Afflato
mistico, paradigma storico, mistero cristiano: nel 1909 Charles
Peguy, convertitosi alla fede cattolica, sente
l’urgenza di dar sfogo e luogo alle sue idee di solidarietà, coraggio,
trascendenza che già avevano animato il suo impegno
civile e politico. E trasforma una precedente Giovanna d’Arco letta e scritta
in chiave socialista nel dramma Il mistero della carità di Giovanna d’Arco,
primo capitolo di una trilogia “misterica”, lunga e
complessa meditazione cristiana che Jean-Paul Lucet, curatone un opportuno adattamento, allestisce questa
sera per il Santo Padre. “Opera cristiana che va alle sorgenti della vocazione
di Giovanna alla santità”, l’aveva descritta Giovanni Paolo II nel luglio del
1988 al termine di una analoga rappresentazione. Opera
complessa e letterariamente difficile, il “mistero”
di Peguy è stata scelto per più di un motivo dal regista
francese, così come ha motivato ai nostri microfoni:
R. – La raison est que Péguy est un des auteurs essentiels français du
debut …
La ragione è che Péguy è un
autore francese essenziale dell’inizio del secolo scorso, che ha scelto come
soggetto un personaggio storico come Giovanna d’Arco e, partendo da lei, ha
espresso tutto il suo sentimento sulla situazione della
Francia, sulla fede, sul suo rapporto con la Chiesa … Il discorso che
lui fa, scritto all’inizio del secolo scorso, corrisponde esattamente a quello
che noi viviamo attualmente, alle nostre sensazioni per quanto riguarda la
situazione del mondo, quel nostro senso di ribellione, di rassegnazione o, al
contrario, una fede relegata nell’ambito di una sorta di dogma della teologia.
Mi sembra che queste diverse posizioni corrispondessero
alle nostre attitudini attuali, e presentare un testo di questo genere al Papa
è come dire che noi tutti abbiamo, e in particolare in Francia, motivi di
interrogarci sulla spiritualità, che ci sembrano fondamentali.
Il teologo Hans Urs von Balthasar, nello scrivere
un lungo, appassionato commento al dramma di Peguy,
ebbe a riconoscere come “tutta l’arte e la teologia di Peguy
sfocia sempre più in preghiera”. Ha avvertito e ha dato spazio anche lei a
questa dimensione della preghiera nell’allestire lo spettacolo teatrale?
R. – Totalement. Totalement: et c’est la grande richesse et la grande dualitÉ …
Assolutamente. Assolutamente sì: e questa è la grande
ricchezza e la grande dualità di Péguy. Quando si
parla di religione dell’incarnazione è assolutamente necessario unire i due
aspetti. Non possiamo parlare di incarnazione, non possiamo parlare di
spiritualità e non di preghiera … Il testo – indipendentemente da quale dei tre
aspetti giochi – per gli artisti, è preghiera, ma è una preghiera “carnale”:
non una preghiera di silenzio, nel senso di fare il vuoto in se stessi e quindi
di abbandono a Dio, ma al contrario, una preghiera attiva. E in Péguy, questa è la sua grande ricchezza ed è proprio ciò
che fa sì che questo spettacolo, il mistero, tocchi i credenti e i non
credenti. I credenti vedono in questa poesia ovviamente un appello a Dio; al
contrario, i non credenti vi trovano in qualche modo una ragione di speranza in
rapporto ad un’azione che – vista la trascendenza – non può mancare. Perfino i
non credenti, pur non praticandola, comprendono la preghiera. Mi piace molto
questo modo di riferirsi a questo spettacolo come ad una grande preghiera …
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Domani, 20 agosto, 20.ma
Domenica del Tempo Ordinario,
“Come il Padre, che
ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia
di me vivrà per me … Chi mangia questo pane vivrà in eterno”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del
teologo gesuita padre Marco Ivan Rupnik:
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Più volte Cristo riprende il tema dell’unità tra Lui e il
Padre e tra Lui e l’umanità. Insiste che in noi ci sarà la vita solo se
rimaniamo con Lui, anzi in Lui. Non c’è dubbio che la vita dell’uomo dipende
dall’unione con Cristo. La linfa vitale si versa nell’umanità per mezzo
dell’unione con Cristo. Ma qual è la vita che confluisce da Lui in noi e che
rimane per sempre? “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita
in eterno”. Il sacrificio del corpo e del sangue è avvenuto nella Pasqua di
Cristo. La vita che rimane è quella che assume la Pasqua, come modo del suo
compimento. La Pasqua è l’amore realizzato. L’uomo avrà dunque la vita in
eterno se questa coinciderà con l’amore pasquale. Tale vita, che è amore,
l’uomo non riesce a darsela da solo, ma gli viene
partecipata in dono da Colui che è il Salvatore pasquale.
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19 agosto 2006
IN OCCASIONE DELLA “SETTIMANA PER LA PACE 2006” LA
CHIESA
COLOMBIANA LANCIA UN APPELLO CONTRO LA POVERTA’.
Chiesto inoltre MAGGIORE RISPETTO DEL DIRITTO
UMANITARIO e una soluzione negoziale PER I CONFLITTI ARMATI
BOGOTA’. = La Chiesa cattolica Colombiana
nei giorni scorsi, nel corso della conferenza stampa di presentazione della
XIII “Settimana per la pace” (che si svolgerà dal 3 al 10 settembre) ha
lanciato un accorato appello alle autorità e alla società civile affinché siano
intensificati gli sforzi per affrontare la povertà estrema nonché l’iniquità. Nello
stesso tempo, la Chiesa ha chiesto che siano realizzati
al più presto i cosiddetti “accordi umanitari” tra il governo e i gruppi guerriglieri,
attivi da decenni nel Paese, con lo scopo di portare sollievo alle popolazioni
più direttamente colpite dai conflitti. “Costruire la pace esige molta chiarezza”,
ha affermato mons. Henao Gaviria,
Direttore del segretariato nazionale per la pastorale sociale, che di seguito
ha elencato le priorità da realizzare. Queste soluzioni, necessarie e
auspicabili a giudizio del presule, devono essere inserite nelle grandi
tematiche della pace: “la riconciliazione e la
riparazione”. Il presule ha insistito, ancora una volta, sulla “necessità di
trovare uno sbocco negoziato” ai conflitti armati che lacerano la nazione,
sottolineando il dovere di rispettare “pienamente il diritto internazionale
umanitario per poter offrire così protezione alle popolazioni civili”,
rispettando nello stesso tempo il divieto sul “reclutamento di minorenni”. Da
parte sua, il segretario della Conferenza episcopale, mons. Fabián
Marulanda López, ha
invitato tutti a partecipare agli eventi organizzati in tutto il Paese in
occasione della “Settimana per la pace”. Mons. Marulanda, nel chiedere nuovamente la liberazione di tutti
gli ostaggi nelle mani di gruppi armati, ha ricordato che “non si tratta di
chiedere un piacere bensì il rispetto di un diritto dei colombiani”. Nel corso
dell’incontro giornalistico hanno preso la parola Raúl
Rosende, Capo dell’Ufficio per il coordinamento
umanitario dell’ONU (OCHA) e il Difensore del Popolo, Volmar
Pérez. L’alto rappresentante ONU ha approfittato
della circostanza per rendere un omaggio all’ostinatezza del popolo colombiano che lavora “ogni
giorno in favore della cultura della pace e rifiutano la paralisi del timore e
del ricatto della violenze”. Infine, Volmar Pérez ha salutato come “molto positive e piene di speranze”
le recenti dichiarazioni del presidente dell’Episcopato colombiano, mons. Luis Augusto Castro Quiroga,
arcivescovo di Tunja, che ha parlato di “progressi
positivi nelle conversazioni con la guerriglia delle FARC”. (L. B.)
Tragedia nel mare di Lampedusa. Un’imbarcazione con a bordo 120 clandestini è affondata in nottata.
Recuperati dieci corpi senza vita e una settantina
di superstiti. Proseguono le ricerche dei dispersi
- A
cura di Eugenio Bonanata -
ROMA. = Il sogno di una vita migliore che si è concluso in
disastro. E’ l’amara realtà per dieci immigrati clandestini, tra cui quattro
donne, che sono morti a largo dell’isola di Lampedusa per il rovesciamento del
barcone su cui viaggiavano. A bordo, in uno spazio di dieci metri, c’erano 120
persone. Fino ad ora sono stati recuperati 70 naufraghi. Nella zona proseguono
le ricerche degli altri 40 dispersi, mentre i cadaveri saranno trasferiti a
Porto Empedocle perché a Lampedusa mancano strutture per ospitarli. Tutto è
avvenuto all’alba. La nave Minerva della marina militare si è avvicinata al
barcone per portare i primi soccorsi. Il racconto drammatico è dei primi
sopravvissuti giunti a terra. “Quando abbiamo visto la nave – hanno affermato -
ci siamo spostati su un fianco per salire a bordo e il barcone ha cominciato ad
ondeggiare fino a rovesciarsi”. Una dichiarazione che esclude quindi qualsiasi ipotesi
di speronamento da parte della nave Minerva. I
superstiti hanno inoltre confermato che l’imbarcazione della speranza era
partita tre giorni fa dal porto libico di Al Zuwara, base strategica del traffico di clandestini tra l’Africa
e Italia. Un traffico che, secondo il ministro dell’Interno italiano, Giuliano
Amato, ha un volume crescente. In Italia si è passati infatti
dai 13 mila sbarchi del 2004 ai 23 mila del 2005 e le previsioni per il futuro
non sono rosee, visto che nei soli primi mesi del 2006 sono stati 2 mila gli
sbarchi in più rispetto all’anno scorso. La domanda, sempre più urgente,
riguarda le misure da adottare per contrastare il fenomeno. Il sindaco di
Lampedusa, Bruno Siragusa, raccogliendo le proteste
degli isolani, si è rivolto ancora una volta all’Unione Europea, chiedendo
soluzioni concrete per bloccare le partenze. Per il ministro Amato questa non è
solo l’ennesima tragedia, ma un grave crimine. Per evitare che tutto si ripeta
– ha detto – è necessario che la magistratura punisca i responsabili. Un passo
necessario per smantellare le reti criminali a capo dello sfruttamento dell’immigrazione
clandestina, che permette facili quanto enormi guadagni. Parlando delle misure
di contrasto, Amato ha poi aggiunto che l’Europa sta cercando di lavorare al
fianco dell’Unione Africana, nell’ambito del progetto europeo FRONTEX, che
prevede pattugliamenti comuni non solo delle coste libiche, ma soprattutto il
controllo di quel gigantesco confine sud rappresentato dal deserto. Solo in
questo modo – ha concluso – si potrà contrastare il cammino di tanti disperati
che partono dall’entroterra africano.
EMERGENZA SICCITÀ IN CINA: colpite OLTRE 10 MILIONI
di pERSONE.
le TEMPERATURE hanno raggiunto 42 gradi mentre
MILIONI DI ETTARI
DI RACCOLTI sono andati PERDUTI
PECHINO. = “La peggiore siccità che ha colpito la regione
cinese di Chonggin negli ultimi 50 anni”: sono queste
le parole del funzionario del governo municipale, He lingyun, in riferimento alla
situazione d’emergenza che da ormai 70 giorni attanaglia le province di Chongging e Suchuan, provocando
la carenza di acqua per oltre 10 milioni di abitanti. Nell’intera nazione –
informa l’agenzia Asia News - sono invece 18 milioni le persone in stato di
“emergenza acqua”. Le perdite economiche in relazione al problema hanno raggiunto
i 9,9 miliardi di yuan. La scorsa settimana, nella
provincia di Chonggin, la temperatura media ha
raggiunto i 42 gradi centigradi, provocando la morte di almeno una persona. Due
terzi dei fiumi e dei laghi della zona sono prosciugati e oltre 200 bacini
idrici sono stagnanti. A Chongqing, più di 7,65
milioni di persone non hanno sufficiente acqua potabile e circa 2,7 milioni di
ettari di coltivazioni sono andati distrutti. Colpita anche la città di Dazhou, Sichuan, con 5 milioni di
abitanti. Secondo l’agenzia statale Xinhua, “circa 2
milioni di persone in 20 contee della zona hanno difficoltà ad avere acqua da
bere”. Colpite dalla siccità anche le regioni di Hebei,
Mongolia Interna, Jilin, Gansu
e Ningxia. Nella provincia dell’Hunan almeno 270 mila persone hanno penuria d’acqua
dal mese di giugno. Ieri il ministro degli Affari
civili ha reso noto che, in questi mesi, tifoni, inondazioni e siccità hanno
causato oltre 2 mila morti e danni per 160 miliardi di yuan,
circa 20 miliardi di dollari USA. (A.Gr.)
creare un’area di libero commercio che riunisca i
paesi dell’africa australe. è questo l’obiettivo del vertice annuale della
comunità economica
regionale conclusosi nei giorni scorsi
PRETORIA. = I Paesi della comunità economica dell’Africa
australe (SADC) hanno firmato al termine di un incontro a Maseru,
capitale del Lesothao, un protocollo di accordo sulle finanze e gli investimenti mirato a uniformare le
legislazioni nazionali. L’obiettivo è di arrivare alla creazione di un’area di
libero commercio entro il 2008, all’unione doganale nel 2010, ad un vero
mercato comune entro il 2015, ad una unione monetaria
nel 2016 e infine al conio di un’unica moneta per tutta la regione nel 2018.
“Sono queste le nostre sfide più importanti per favorire un vero sviluppo
sociale ed economico della regione”, ha sottolineato il presidente dello
Zambia, Levy Mwanawasa. I
13 capi di Stato e di governo partecipanti si sono inoltre accordati per la
costituzione di una commissione ministeriale per elaborare con il segretariato della SADC
una nuova strategia per ridurre la povertà e l’incidenza dell’AIDS. La SADC, con i suoi 230 milioni di abitanti, è
considerata uno dei principali organismi regionali e vanta un prodotto interno
lordo di oltre 200 miliardi di dollari. “Per unificare la nostra regione,
dobbiamo cedere una piccola parte della nostra sovranità e realizzare obiettivi
a lungo termine di cui potranno beneficiare tutti i nostri Paesi.” Sono queste le parole del primo ministro africano del Lesotho, Pakalita Mosisili, al termine del vertice. Mosisli,
eletto nuovo presidente della SADC alla chiusura del summit, ha inoltre
aggiunto: “E’ necessario impegnarsi in modo duraturo per rafforzare
l’integrazione perché in caso contrario il prezzo che dovremo pagare sarà molto
alto”.( A.Gr.)
a 100 anni dalla nascita, le spoglie di don Antonio
Seghezzi verranno
traslate nella nuova cripta ipogea. domani sera la
celebrazione,
presieduta dal vescovo di bergamo, mons. Amodei
BERGAMO. = Domani a Premolo, in provincia di Bergamo, presso la Chiesa di
Sant’Andrea Apostolo e Martire, verrà inaugurata la
Cripta Ipogea nella quale verrà traslato il corpo del servo di Dio don Antonio Seghezzi. La cerimonia sarà presieduta da mons. Roberto Amadei, vecovo di Bergamo, e
vedrà giungere da tutta Italia numerosi figli spirituali che vivranno uno
storico momento verso la beatificazione del loro amato don Antonio Seghezzi. Figura esemplare nel mondo dell’Azione Cattolica,
Don Antonio amava ripetere: “la più bella Azione
Cattolica che io farò…sarà donarmi tutto ed essere pronto a fare ciò che più si
comanderà per ora”. La Cripta Ipogea, realizzata su progetto dell’architetto Giansandro Schina, verrà presentata alla stampa questa sera. (E.
B.)
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19 agosto 2006
- A cura di Roberta
Moretti -
Medio Oriente. Ferma condanna del governo palestinese per
l’arresto, nella notte, da parte delle forze israeliane, del vicepremier dell’ANP, Nasser Shaer, esponente di spicco di Hamas.
Intanto, nella tarda mattinata, è giunta la notizia dell’arresto del presunto assassino del giovane volontario italiano,
Angelo Frammartino, ucciso il 10 agosto scorso a
Gerusalemme. Il servizio di Roberta Moretti:
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Si chiama Ashraf Abdel Hanaisha ed è un giovane
palestinese di 24 anni legato alla Jihad islamica.
Catturato stamani in Cisgiordania, dove risiede, ha confessato di essere andato
a Gerusalemme “per uccidere un ebreo”, ma a fare le
spese del sua furia omicida è stato un volontario italiano. Angelo Frammartino è dunque morto “per errore”, accoltellato alle spalle mentre stava camminando nella
parte orientale della Città Santa, in compagnia di tre amici. Intanto,
cresce la tensione nei Territori a causa dell’arresto, in tarda notte, del vicepremier palestinese, Nasser Shaer. Il portavoce del primo ministro dell’ANP, Ismail Haniyeh, ha definito
l’episodio “criminale”. Shaer, che è stato prelevato
dalla sua casa di Ramallah,
in Cisgiordania, era ricercato dal giorno del rapimento di un soldato
israeliano da parte dell’ala militare di Hamas, a
fine giugno. In risposta al sequestro, otto ministri e
28 parlamentari palestinesi erano stati arrestati. Quattro di loro erano poi
stati liberati. Sul campo, intanto, un soldato israeliano è stato ucciso questa
mattina a colpi di arma da fuoco da estremisti palestinesi in Cisgiordania: l’episodio è accaduto vicino a un posto di blocco nei
pressi di Nablus, vicino all'insediamento ebraico di Beqaot. Da segnalare, infine, che oggi, per la prima volta
da quasi due mesi, è stato riaperto in entrambe le direzioni il valico
di Rafah, tra Gaza e l’Egitto. Ne hanno dato notizia
gli osservatori UE che controllano il punto di passaggio, precisando che
l’apertura è limitata a casi umanitari. Era dal 25 giugno, quando a Gaza è
stato rapito il soldato israeliano, Gilad Shalit, che a Rafah non venivano più consentiti contemporaneamente ingresso e
uscita.
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Ancora violenze in
Iraq, dove almeno 16 persone hanno perso la vita stamani in diversi attentati.
Tra queste, anche le due guardie del corpo del generale iracheno, Jamil
al-Haji, scampato miracolosamente a un attacco
dinamitardo a Diwaniyah, a sud di Baghdad, mentre era
a bordo della colonna motorizzata dell’esercito. Intanto, fonti americane hanno
riferito dell’arresto di tre estremisti sciiti sospettati di aver guidato, lo
scorso 9 luglio, il massacro di 42 sunniti nel quartiere di Al-Jihad,
a Baghdad, sulla base della carta d’identità.
E’ finito in manette in
Pakistan un alto responsabile della rete terroristica di Al-Qaeda.
Matiur Rehman è considerato
un uomo chiave, che potrebbe fornire informazioni sul nascondiglio di Osama bin Laden
e sulle cellule di militanti islamici nel mondo. L’arresto, non ancora
confermato dalle autorità, è stato compiuto nel quadro delle indagini degli
attacchi terroristici sventati in Gran Bretagna.
Si fa sempre più delicata la situazione nel
nordest dello Sri Lanka,
dove da tre settimane sono in corso violenti combattimenti tra forze
governative e separatisti Tamil. Nella notte,
l’aeronautica cingalese ha distrutto una base marittima da dove i ribelli
facevano partire i loro attacchi contro le posizioni dell’esercito nella
penisola di Jaffna, dove ormai è difficile accedere
anche per le organizzazioni umanitarie. Molti guerriglieri Tamil
sarebbero morti nel bombardamento. E proprio il segretariato di pace delle
Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE) ha
riferito oggi che dallo scorso 8 agosto sarebbero 141 i civili morti a causa
dei bombardamenti. L’Unione Europea e gli Stati Uniti, che ieri hanno lanciato
un appello ad entrambe le parti per il cessate il fuoco, discuteranno della
situazione a metà settembre a Bruxelles insieme a Giappone e Norvegia, Paese
mediatore nel conflitto.
Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha
prorogato di una settimana il mandato della missione delle Nazioni Unite a
Timor Est, che altrimenti sarebbe scaduto a mezzanotte, non essendo riuscito a
raggiungere un accordo sul suo eventuale rafforzamento nell’ex colonia
portoghese. Secondo fonti diplomatiche, il Consiglio
sarebbe diviso, in particolare, sull’eventualità di dare alle missione una
componente militare e di richiamare il Capitolo 7 della Carta dell’ONU, che
autorizza il ricorso alla forza. La capitale timorese,
Dili, è stata teatro, da aprile a giugno, di disordini
nei quali sono morte 21 persone. Sono stati quindi inviati 3 mila soldati e
poliziotti stranieri, ma le violenze sono cessate soltanto dopo la nomina, a
inizio luglio, di un nuovo primo ministro, il popolare Premio Nobel per la
pace, Josè Ramos-Horta.
Questi ha più volte chiesto un maggior ruolo per l’ONU nel Paese.
Grande soddisfazione in Togo per lo storico
accordo raggiunto ieri sera nella capitale del Burkina
Faso, Ouagadougou, tra i
partecipanti al dialogo intertogolese, in
rappresentanza del governo, dell’opposizione e della società civile. L’intesa è
destinata a porre fine alla crisi politica e alle violenze che lacerano il Togo da 13 anni, attraverso la formazione di un nuovo
governo e l’organizzazione di elezioni legislative. “Il documento – ha
precisato il ministro degli Esteri e della Cooperazione del Burkina
Faso, Youssouf Ouedraogo – è stato siglato da tutte le delegazioni” e sarà
firmato ufficialmente domani a Lomè, “alla presenza
dei presidenti del Togo e dei Paesi vicini”.
Fondi economici,
farmaci e un gran numero di operatori sanitari adeguatamente preparati: queste
le chiavi per vincere la sfida contro l’AIDS nel mondo, secondo
l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), a chiusura, ieri a Toronto, in
Canada, della 16.ma Conferenza internazionale sul
virus. Ad emergere, durante i lavori, un dato sui contributi: è l’Europa a dare
il maggiore apporto al Fondo globale contro l’AIDS, con il 60 per cento delle
quote. Resta comunque, più in generale, il duro monito dell’ONU nei confronti
dei Paesi più sviluppati, accusati di non aver mantenuto tutte le promesse sui
finanziamenti per la lotta al virus. Ce ne parla Elena Molinari:
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Secondo l’inviato speciale dell’ONU in Africa, Stephen Lewis, gli 8,3 miliardi di dollari donati dai Paesi più
industrializzati del mondo lo scorso anno rischiano di essere stati spesi
invano, se non dovessero arrivare i 15 miliardi
promessi per il 2006 o i 18 dell’anno successivo. Le stravaganti promesse del
G8 – ha detto seccamente – si sono rivelate fatue e i progetti intrapresi sono
ora compromessi. Molto meno polemiche le conclusioni
ufficiali della Conferenza, che ha visto tutti i partecipanti d’accordo sulla
necessità di realizzare un approccio globale contro l’AIDS, basato cioè
sull’accesso ai farmaci per tutti, ma anche sulla prevenzione e sul cambiamento
culturale. Alla sei giorni di Toronto hanno
partecipato i governi dei Paesi dell’ONU, i rappresentanti dell’ONG e della
società civile, medici, ricercatori, scienziati. Obiettivo: dare un impulso
decisivo alla lotta contro il male, che oggi è ben più gestibile di 25 anni fa, ma solo per chi ha la fortuna di essere nato
in un Paese ricco.
Da New York, Elena Molinari per
la Radio Vaticana.
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La magistratura federale tedesca ha confermato
la notizia dell’arresto, questa mattina, di uno dei due uomini sospettati di
aver piazzato due valige contenenti bombe su altrettanti treni in Germania.
L’arresto è avvenuto questa mattina alla stazione di Kiel,
sul Baltico, chiusa dalla polizia per cinque ore. Le autorità tedesche hanno
diffuso ieri un video girato dalle telecamere di sicurezza della stazione di
Colonia, che mostrava i due sospetti mentre portavano
le valigie con le bombe da 25 chili a bordo di due treni, lo scorso 31 luglio.
Le valigie, che non sono esplose a causa del malfunzionamento degli ordigni,
erano state poi portate da ignari controllori dei treni all’ufficio oggetti
smarriti di Coblenza e Dortmund. In una delle valigie
sono stati trovati testi scritti in arabo e, in particolare, svariati numeri di
telefono libanesi.
E’ stato liberato uno dei due cittadini
tedeschi rapiti in Nigeria all’inizio del mese nella regione del Delta del
Niger. L’uomo, impiegato della compagnia petrolifera tedesca Bilfinger Berger, era stato
rapito il 3 agosto scorso insieme al suo autista da un gruppo di uomini armati mentre si recavano sul loro posto di lavoro. Sono
molto frequenti, nella regione, i rapimenti di cittadini stranieri.
In Colombia, un taxi è saltato in aria ieri
sera davanti ad un commissariato di polizia di Buenaventura,
principale porto del Paese sull’Oceano Pacifico. Nella deflagrazione è morto il
conducente del veicolo e sono rimaste ferite otto persone, fra cui due bambini.
Lo ha reso noto Radio Caracol di Bogotà.
Il colonnello Jaime Gutierrez,
comandante della polizia regionale del Valle del Cauca, ha escluso che in città vi siano altre auto-bomba e
ha ipotizzato che i responsabili dell’attentato possano essere le Forze armate
rivoluzionarie della Colombia (FARC).
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