RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 228 - Testo della trasmissione di mercoledì 16 agosto 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Continuano ad arrivare sfollati
nel sud del Libano. I soldati israeliani proseguono il loro ritiro
CHIESA E SOCIETA’:
Processato in Cina il giornalista arrestato
nei mesi scorsi con l’accusa di spionaggio
I radicali di Hamas annunciano che formeranno
un nuovo governo di unità nazionale con il partito del presidente palestinese, Abu Mazen.
16 agosto 2006
NON E’ LA SCIENZA A RISPONDERE AI
QUESITI FONDAMENTALI DELL’UOMO,
MA L’AMORE DI DIO: LO HA AFFERMATO
BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE,
DEDICATA ALL’ASSUNTA. IL RICORDO
DEL PAPA PER FRÈRE ROGER SCHUTZ,
FONDATORE DELLA COMUNITA’ DI TAIZÉ, AD UN ANNO
DALLA MORTE
E’ stata un’udienza generale più breve del consueto quella
celebrata stamane da Benedetto XVI nel cortile della
sua residenza estiva di Castel Gandolfo. Dopo aver posto l’accento, all’Angelus
di ieri, su Maria Regina della pace, il Papa è tornato a parlare oggi
dell’Assunta come di un segno di speranza che invita gli uomini a cercare
nell’amore di Dio le risposte ai grandi quesiti dell’esistenza. Benedetto XVI
ha poi concluso i suoi saluti ai 4 mila pellegrini presenti ricordando la
figura di Frère Roger Schutz, il fondatore della
Comunità ecumenica di Taizé, ucciso il 16 agosto di un anno fa. Il servizio di
Alessandro De Carolis.
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Lo aveva fatto ieri all’Angelus, spingendo i cristiani a
considerare la terra un presente transitorio verso la meta definitiva del
Paradiso. Oggi, Benedetto XVI ha ripreso i medesimi concetti, riaffermando che
non l’intelligenza umana – per quanto scienza e tecnica
ne rivelino la straordinarietà – potrà mai dare le risposte di verità che
l’uomo cerca, ma solo l’Amore di Dio. In questo amore, l’uomo trova sia il
senso della storia, sia la consolazione rispetto al mistero della morte e della
sofferenza: risposte che Maria si premura di far percepire all’umanità con la
sua delicatezza materna.
(acclamazioni folla)
Nello stesso scenario del cortile
del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, affacciato alla finestra solitamente
utilizzata per la recita dell’Angelus, il Papa ha riannodato le sue riflessioni
ispirate alla solennità dell’Assunta, proseguendo nella sostanza la catechesi
iniziata 24 ore prima. La festa celebrata ieri dalla Chiesa, ha osservato
Benedetto XVI rivolgendosi alle circa 4 mila persone presenti all’udienza, “è
stata sempre molto sentita dal popolo cristiano”. L’Assunta è una festa che
parla di “sicura speranza” e di “consolazione”, ma “si è però
talmente presi dalle vicende di ogni giorno – ha proseguito - da dimenticare
talora questa consolante realtà spirituale, che costituisce un’importante
verità di fede”. Come fare allora, si è chiesto il Pontefice, perché “questo
segno luminoso di speranza sia percepito sempre più dall’odierna società?
Riducendo ai suoi limiti l’onnipotenza di certa mentalità umana:
“C’è oggi chi vive come se non dovesse mai morire o come se tutto
dovesse finire con la morte; alcuni si comportano ritenendo che l’uomo sia
l’unico artefice del proprio destino, come se Dio non esistesse, giungendo
qualche volta persino a negare che ci sia spazio per Lui nel nostro mondo. I
grandi successi della tecnica e della scienza, che hanno notevolmente
migliorato la condizione dell’umanità, lasciano però senza soluzione i quesiti
più profondi dell’animo umano. Solo l’apertura al mistero di Dio, che è Amore,
può colmare la sete di verità e di felicità del nostro cuore; solo la
prospettiva dell’eternità può dare valore autentico agli eventi storici e
soprattutto al mistero della fragilità umana, della sofferenza e della morte”.
Maria aveva saputo percepire
appieno quella prospettiva di eternità. E grazie alla sua perfetta adesione
alla volontà di Dio è diventata il primo essere umano a vivere sulla terra
senza considerarla una “patria definitiva” e mostrare all’uomo la strada per il
cielo. “Per questo, pur tra le mille difficoltà quotidiane – è stata
l’esortazione conclusiva di Benedetto XVI - non dobbiamo perdere la serenità e
la pace”:
“Il segno luminoso dell’Assunta in cielo rifulge ancor più quando sembrano accumularsi all’orizzonte ombre tristi
di dolore e di violenza. Ne siamo certi: dall’alto Maria segue i nostri passi
con dolce trepidazione, ci rasserena nell’ora del buio e della tempesta, ci
rassicura con la sua mano materna. Sorretti da questa consapevolezza,
proseguiamo fiduciosi nel nostro cammino di impegno cristiano là dove
Tra i saluti
in varie lingue indirizzati ai gruppi presenti, Benedetto XVI ha ricordato, tra
gli altri, alcuni Istituti religiosi femminili impegnati nei Capitoli generali:
le Piccole Suore della Sacra Famiglia e le Missionarie Figlie del Calvario. Poi, il ricordo riconoscente, venato di commozione, di un grande
dell’ecume-nismo: Frère Roger Schutz, il fondatore
della Comunità di Taizé, assassinato dal gesto di una folle, un anno fa:
“La sua
testimonianza di fede cristiana e di dialogo ecumenico è stata un prezioso insegnamento
per intere generazioni di giovani. Chiediamo al Signore che il sacrificio della
sua vita contribuisca a consolidare l’impegno di pace
e di solidarietà di quanti hanno a cuore il futuro dell’umanità”.
(applausi)
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CONCLUSA
“IL PAPA – HA DETTO IL PORPORATO - RESTA ATTENTO
ALLE NECESSITA’ SPIRITUALI E
MATERIALI DI TUTTI I LIBANESI”
- Intervista con mons. Béchara Raï -
“Ora che le
armi tacciono, il Libano potrà far sentire meglio che il suo cuore batte sempre
per l’unità della Patria e per la pace tra i popoli”: è quanto ha detto stamane
il cardinale Roger Etchegaray, Inviato Speciale del Papa in
Libano, a conclusione del suo viaggio nel Paese dei Cedri. Il porporato, che
ieri ha celebrato
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R. – E’ stata una giornata
particolarmente gioiosa e ricca di speranza per il popolo libanese. Ci siamo ritrovati
in migliaia nel Santuario di Nostra Signora del Libano, attorno alla persona
del cardinale Etchegaray, che ha dato questo messaggio di speranza, a nome del Santo Padre, ma ha anche portato un suo personale
messaggio, pieno di calore e di cuore nel quale si riconosce direttamente il
cardinale Etchegaray. Il popolo libanese, che seguiva
D. – Mons.
Raï, come stanno vivendo i libanesi queste ore di tregua? Con quale spirito?
R. – Appena è uscita la
notizia della Risoluzione, i rifugiati hanno ripreso la strada del ritorno,
sapendo bene che non ritroveranno le loro case. Si tratta in maggioranza di musulmani,
provenienti dal sud del Libano. Hanno ripreso la strada del ritorno, con molta
gioia e con molta serenità, anche se sanno bene di andare verso l’ignoto, anche
se sanno bene di non trovare la loro casa, perché troveranno soltanto le
macerie di una casa distrutta. Questo è per loro un segno, perché vogliono
testimoniare la loro volontà di vivere in questa terra libanese, perché
vogliono testimoniare - dal Libano - la loro volontà di pace, contro ogni tipo
di guerra, perché vogliono riaffermare, nuovamente, al mondo che il Libano non
vuole morire, che il Libano può vivere insieme, musulmani e cristiani, dando
così testimonianza al mondo intero che non c’è conflitto di religione e di
civiltà, ma che piuttosto c’è un dialogo di vita. Questo lo abbiamo toccato con
mano, personalmente. Sono stato a visitare i rifugiati a
nome del patriarca Sfeir
e non ho notato che serenità, gioia, riconoscenza per
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OGGI
A TRE TV TEDESCHE E ALLA RADIO VATICANA: TRA I TEMI AFFRONTATI,
IL PRIMATO DEL PAPA E
IL RUOLO DELLA CHIESA EUROPEA
Trasmettiamo oggi la
terza ed ultima parte della lunga intervista rilasciata da Benedetto XVI a tre
TV tedesche e alla Radio Vaticana, il 5 agosto a Castel Gandolfo, e trasmessa
per la prima volta lunedì scorso. Tanti gli argomenti affrontati dal Papa: oggi
vi offriamo le tematiche più specificamente ecclesiali a partire dal ministero
petrino. Ascoltiamo l’intervista:
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D. – Come
Vescovo di Roma, Lei è successore di San Pietro. Il ministero di Pietro come
può mostrarsi in modo appropriato ai tempi d’oggi? E come vede Lei il rapporto
di tensione ed equilibrio fra il primato del Papa da una parte e la collegialità
dei Vescovi dall’altra?
R. – Ein Spannungsbogen ist es natürlich, und soll es auch sein. …
Un rapporto
di tensione ed equilibrio naturalmente c’è, deve anche esserci. Molteplicità e
unità devono sempre nuovamente trovare il loro rapporto reciproco e questo
rapporto, nelle mutevoli situazioni del mondo, deve essere ristabilito. Oggi
abbiamo una nuova polifonia delle culture, in cui l’Europa non è più la sola
determinante, ma le comunità cristiane dei diversi continenti stanno
acquistando il loro proprio peso, il loro proprio
colore. Dobbiamo imparare sempre nuovamente questa sinergia. Per questo abbiamo
sviluppato diversi strumenti. Le cosiddette “visite ad
limina” dei Vescovi, che ci sono sempre state, vengono ora valorizzate molto di
più, per parlare veramente con tutte le istanze della Santa Sede e anche con
me. Io parlo personalmente con ogni singolo Vescovo. Ho già potuto parlare con
quasi tutti i Vescovi dell’Africa e con molti di quelli dell’Asia. Adesso
verranno quelli dell’Europa Centrale, della Germania,
della Svizzera e in questi incontri, in cui appunto Centro e Periferia si
incontrano in uno scambio franco, cresce il corretto rapporto reciproco in una
tensione equilibrata. Abbiamo anche altri strumenti, come il Sinodo, il
Concistoro, che io ora terrò regolarmente e che vorrei sviluppare, in cui anche
senza un grande ordine del giorno si possono discutere insieme i problemi
attuali e cercare delle soluzioni. Sappiamo da una parte che il Papa non è
affatto un monarca assoluto, ma che, nell’ascolto collettivo di Cristo, deve -
per così dire – personificare la totalità. Ma la consapevolezza che occorre
un’istanza unificatrice, che crei anche l’indipendenza dalle forze politiche e
garantisca che le cristianità non si identifichino troppo con le nazionalità,
questa consapevolezza appunto, che vi è bisogno di una tale istanza superiore e
più ampia, che crea unità nella integrazione dinamica del tutto, e d’altra
parte accoglie, accetta e promuove la molteplicità, questa consapevolezza è
molto forte. Perciò credo che, in questo senso, vi sia veramente un’adesione
intima al ministero petrino nella volontà di svilupparlo ulteriormente, in modo
che risponda sia alla volontà del Signore, sia ai bisogni dei tempi.
D. – La
Germania come terra della Riforma è naturalmente segnata in
modo particolare dai rapporti fra le diverse confessioni. I rapporti ecumenici
sono una realtà sensibile, che ogni tanto può trovarsi in difficoltà. Quali
possibilità vede di migliorare il rapporto con
R. – Vielleicht ist es wichtig, zunächst einmal zu sagen, dass die
evangelische …
Forse è
importante dire anzitutto che
D. – Santo
Padre, il cristianesimo si è diffuso in tutto il mondo a partire dall’Eu-ropa. Ora, molti che si occupano dell’argomento dicono
che il futuro della Chiesa si trova negli altri continenti. È vero? O in altre
parole, che futuro ha il cristianesimo in Europa, dove sembra che esso si stia
riducendo a faccenda privata di una minoranza?
R. – Ich würde es zunächst ein bisschen nuancieren. …
Anzitutto io
vorrei introdurre qualche sfumatura. In verità, come sappiamo, il cristianesimo
è sorto nel Vicino Oriente. E per lungo tempo il suo
sviluppo principale è rimasto là e si è diffuso in Asia molto di più di quanto
noi oggi pensiamo dopo i cambiamenti portati dall’Islam. D’altra parte, proprio
per questo motivo il suo asse si è spostato
sensibilmente verso l’Occidente e l’Europa, e l’Europa – ne siamo fieri e ce ne
rallegriamo – ha ulteriormente sviluppato il cristianesimo nelle sue grandi
dimensioni anche intellettuali e culturali. Ma credo che sia importante ricordarci
dei cristiani d’Oriente, poiché al momento vi è il pericolo che essi, che sono
stati sempre ancora una minoranza importante, adesso emigrino. E vi è il grande
pericolo che proprio questi luoghi d’origine del cristianesimo rimangano privi di cristiani. Penso che dobbiamo aiutare
molto perché essi possano restare. Ma ora veniamo alla Sua domanda. L’Europa è
diventata certamente il centro del cristianesimo e del suo impegno missionario.
Oggi gli altri continenti, le altre culture, entrano con peso uguale nel
concerto della storia del mondo. Così cresce il numero delle voci della Chiesa,
e questo è bene. È bene che si possano esprimere i diversi temperamenti, i doni
propri dell’Africa, dell’Asia e dell’America, in particolare anche dell’America
Latina. Tutti naturalmente sono toccati non solo dalla parola del
cristianesimo, ma anche dal messaggio secolaristico
di questo mondo, che porta anche negli altri continenti la prova dirompente che
noi abbiamo subito in noi stessi. Tutti i Vescovi delle altre parti del mondo
dicono: noi abbiamo ancora bisogno dell’Europa, anche se l’Europa ora è solo
una parte di un tutto più grande. Noi abbiamo tuttora una responsabilità al
riguardo. Le nostre esperienze, la scienza teologica che è stata qui
sviluppata, tutta la nostra esperienza liturgica, le nostre tradizioni, anche
le esperienze ecumeniche che abbiamo accumulato: tutto ciò è molto importante
anche per gli altri continenti. Perciò bisogna che noi oggi non capitoliamo
dicendo: “Ecco, siamo solo una minoranza, cerchiamo almeno di conservare il
nostro piccolo numero!”. Dobbiamo invece conservare vivo il nostro dinamismo,
aprire rapporti di scambio, cosicché di là vengano anche forze nuove per noi.
Oggi vi sono sacerdoti indiani ed africani in Europa, anche in Canada, dove
molti sacerdoti africani lavorano; è interessante. Vi è questo dare e ricevere
vicendevole. Ma anche se in futuro dovremo essere
piuttosto coloro che ricevono, dovremmo tuttavia rimanere sempre capaci di dare
e sviluppare in tal senso il necessario coraggio e dinamismo.
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16 agosto 2006
CONTINUANO
AD ARRIVARE SFOLLATI E A PARTIRE SOLDATI ISRAELIANI
DAL
SUD DEL LIBANO, DOVE I CASCHI BLU DOVREBBERO RILEVARE,
ENTRO
DUE GIORNI, ALCUNE POSIZIONI.
DA
DOMANI, INOLTRE, TRUPPE LIBANESI SI DISPIEGHERANNO NEL SUD
In
Libano, si continua a lavorare per la pace: il segretario generale aggiunto
delle Nazioni Unite per le missioni di peace-keeping
ha annunciato
che, entro 15 giorni, almeno 3500 caschi blu dell’ONU verranno dispiegati nel
sud del Libano. Il capo di Stato maggiore
israeliano ha affermato, poi, che le forze dello Stato ebraico potrebbero
rimanere nell’area meridionale libanese, fino al completo dispiegamento del
contingente internazionale. Sul terreno, intanto, scontri sporadici nei pressi
del confine tra Israele e Libano, hanno causato la morte 5 Hezbollah, ma non
hanno fatto vacillare il cessate-il-fuoco. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
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Il
Libano è diventato un crocevia tra chi cerca di arrivare e chi vuole partire: migliaia
di sfollati, almeno 900 mila secondo fonti locali, stanno cercando di
raggiungere i loro villaggi nel sud, dove molte case, strade e ponti sono stati
distrutti. Chi si mette in viaggio, spera di trovare la propria casa ancora in piedi ma deve fare attenzione agli ordigni rimasti inesplosi
tra le macerie. Oltre ai profughi, sono diretti verso il sud diversi convogli umanitari,
non più esposti al rischio di bombardamenti ma fortemente rallentati da file e
ingorghi: operatori umanitari hanno riferito che si impiegano sei ore per
andare da Sidone a Tiro, anziché 45 minuti. Nella
notte è partita, con destinazione Beirut, anche la nave ‘San Marco’ della marina militare italiana, con
a bordo 500 tonnellate di generi alimentari.
In
Libano è poi previsto il dispiegamento e l’arrivo di caschi blu e soldati libanesi
per dare stabilità e garantire la sicurezza. Secondo fonti
ufficiali, entro due giorni il contingente dell’ONU già nel Paese dei
cedri, la forza di interposizione UNIFIL, dovrebbe rilevare alcune posizioni
occupate ma non considerate strategiche. Il segretario generale aggiunto delle
Nazioni Unite per le missioni di peace-keeping
ha annunciato il dispiegamento, entro 15 giorni, di almeno 3500 caschi blu.
E da domani le truppe libanesi inizieranno, inoltre, a prendere posizione a sud
del fiume Litani, come previsto dalla risoluzione
dell’ONU. Sono invece già partiti diversi soldati dello Stato ebraico, felici
di tornare in Israele. Il capo di Stato maggiore dell’esercito ha precisato che
forze israeliane potrebbero rimanere per mesi, nel Libano meridionale, fino al
completo dispiegamento di una forza internazionale.
E dopo
i combattimenti che hanno visto sul terreno contrapposti
i militari israeliani e i guerriglieri sciiti, alla guerra condotta con le armi
segue quella delle parole: gli Hezbollah dichiarano di aver vinto e di successo
per i combattenti libanesi, parlano anche Iran e Siria. Israele, invece,
sostiene di aver riportato una netta vittoria e di aver raggiunto importanti
obiettivi. Sulla stessa lunghezza d’onda anche gli Stati Uniti che, nei giorni
scorsi, hanno nuovamente accusato l’Iran di aver appoggiato i ribelli in Iraq e
gli Hezbollah in Libano.
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CERCARE
NUOVE VIE PER LA PACE IN TERRA SANTA:
COSI’
IL PATRIARCA DI GERUSALEMME MICHEL SABBAH, DURANTE LA MESSA
CELEBRATA
IERI NELLA BASILICA DELL’ANNUNCIAZIONE, A NAZARETH.
FORTE
APPELLO AD ISRAELE
PERCHE’
PONGA FINE ALL’OCCUPAZIONE DEI TERRITORI PALESTINESI
In questi giorni difficili, abbiamo sentito forte la voce
“sincera, chiara, ostinata” del Papa che ha chiesto, senza equivoci, “di
abbandonare le vie della guerra per riprendere le vie della pace”: è quanto
sottolineato dal patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel
Sabbah, nella Messa per la pace, celebrata nella
Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, ieri pomeriggio, alla presenza
del nunzio in Israele e delegato apostolico per la Palestina, mons. Antonio
Franco. Nell’omelia, mons. Sabbah ha sottolineato la
necessità di intraprendere nuove vie per la pace e ha chiesto con forza agli
israeliani di porre fine all’occupazione dei territori palestinesi. Ce ne parla
Alessandro Gisotti:
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“La guerra – ha
avvertito mons. Michel Sabbah
– non può essere la via per costruire la pace e la sicurezza”. Quindi, ha
affermato che “l’esitazione, anno dopo anno, a stabilire la pace in questa
terra santa e il mantenimento di una situazione di instabilità nella regione” è
stato “il grande peccato dei responsabili dei nostri Paesi”. Noi, ha
proseguito, in ogni palestinese, libanese ed israeliano, che siano
soldati dello Stato ebraico, combattenti di Hamas a
Gaza o Hezbollah nel Sud del Libano, vediamo innanzitutto “degli esseri umani
che Dio ha onorato della sua immagine e della sua dignità inviolabile”. Tutti,
è stata l’esortazione di mons. Sabbah, sono “chiamati
da Dio alla vita, non alla morte, alla pace non alla guerra, all’amore non
all’odio”. Proprio la dignità della persona umana, ha ribadito, “resta la base
necessaria per ogni sforzo di pace e ricostruzione”.
Di fronte alla morte e alla demolizione, ha aggiunto il
patriarca di Gerusalemme, “noi arabi d’Israele diciamo agli Israeliani che
desideriamo la loro sicurezza e tranquillità”. In un mondo arabo “che è arrabbiato
contro di voi”, ha detto ancora, “noi vi amiamo dell’amore di cui Dio vi ama”.
Ma, ha aggiunto, riteniamo che “la demolizione e la morte provocata a Gaza e
nel Libano non sia la strada per la pace”. Voi, ha proseguito mons. Sabbah, “fate delle guerre affermando che è vostro diritto difendervi”, ma così facendo “vi esponete sempre più
all’ostilità e all’insicurezza”. Questa, ha avvertito, sarebbe la vostra vera
vittoria: “Mettere fine all’occupazione che avete imposto al popolo
palestinese”. Mons. Sabbah
ha dunque sottolineato che è necessario “prendere nuove strade per arrivare
alla pace e alla sicurezza” per tutta la regione. Il Patriarca di Gerusalemme
ha infine ribadito l’impegno dei cristiani “a costruire la pace e la giustizia”
in Terra Santa, rinnovando l’invocazione a Maria affinché conceda
pace a tutti gli uomini di buona volontà.
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MIGLIAIA
DI PERSONE OGGI A TAIZÉ RICORDANO IL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI FRÈRE
ROGER, ASSASSINATO DA UNA SQUILIBRATA
DURANTE
MOSTRINO
AL MONDO L’ESSENZIALE, CRISTO, SORGENTE DELLA RICONCILIAZIONE
-
Intervista con Frère Alois -
Migliaia di persone confluiscono oggi a Taizé, in Francia,
per ricordare il primo anniversario della morte di Frère Roger, ucciso il 16
agosto dell’anno scorso. Aveva 90 anni. Questa sera, alla stessa ora
dell’assassinio del fondatore della Comunità ecumenica di Taizé, verrà celebrata una Messa presieduta dal vescovo di Nanterre Gérard Daucourt. Il servizio di Sergio Centofanti:
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Uomo mite, uomo di Dio, Frère Roger, muore assassinato da
una squilibrata mentre è in preghiera nella Chiesa
della Riconciliazione di Taizé. Sono le 20.30: si sta celebrando l’Eucaristia.
Anche lui, come Gesù, ha amato i suoi fino alla fine. Benedetto XVI ne parla nell’udienza generale
la mattina successiva a Castel Gandolfo, alla vigilia della Giornata Mondiale
della Gioventù di Colonia: “una notizia terrificante”,
dice: e rivela di aver ricevuto il giorno prima
una lettera “molto commovente” del religioso in cui il Priore di Taizé
gli spiegava di non poter essere presente a Colonia per motivi di salute ma
assicurava la sua vicinanza spirituale ribadendo i suoi “sentimenti di profonda
comunione” con il Papa.
Nato nel
“Come
possiamo prepararci a costruire la pace e la riconciliazione in un momento in
cui in tutto il mondo questa pace è minacciata dall’odio e dalla violenza?
Cominciamo a sperimentare all’interno di noi stessi la pace del cuore, l’unità
interiore! Oggi sta per suonare l’ora dei cristiani: dobbiamo mostrare al mondo
l’essenziale, Cristo, la sorgente della riconciliazione, per costruire la pace
dell’intera famiglia umana”.
Secondo Frère Roger tutto parte dalla preghiera: i giovani
che pregano – sottolineava – “sono portatori di pace
dove ci sono situazioni di crisi e di contrasto: la loro forza è una
semplicissima fiducia in Dio”. Predica la semplicità del cuore e la compassione
per gli ultimi. “Senza fare inutili astinenze – affermava – attenetevi alle
opere che Dio comanda: portate i fardelli degli altri accettate le ferite meschine
di ogni giorno”. Era grande amico di Giovanni Paolo II, che una volta ebbe a
dire: “Si passa a Taizé come si passa accanto ad una fonte. Il viaggiatore
si ferma, si disseta e continua il cammino”.
Ascoltiamo il nuovo Priore di Taizé, Frère Alois, al microfono di Xavier Sartre:
R. – Il faut dire d’abord qu’il nous manque beaucoup, parce-que sa
présence …
Prima di tutto devo dire che ci manca moltissimo, perché
la sua presenza, anche quando già era molto anziano, era una presenza che univa
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16 agosto 2006
“GIUSTIZIA SOCIALE E RICONCILIAZIONE” . QUESTO IL TEMA DELLA XIII SETTIMANA
PER LA PACE, CHE SARA’ PRESENTATA DOMANI A BOGOTA’ NELLA
SEDE
DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE COLOMBIANA.
LA MANIFESTAZIONE SARA’
CELEBRATA DAL 3 AL 10 SETTEMBRE
BOGOTA’. = Domani, nella sede della
Conferenza episcopale colombiana, a Bogotà, mons. Luis Augusto Castro Quiroga,
arcivescovo di Tunja e presidente della Conferenza
episcopale della Colombia, e mons. Héctor Fabio Henao, direttore del Segretariato nazionale per la pastorale
sociale, lanceranno la XIII “Settimana per la pace” che, quest'anno, si
celebrerà dal 3 al 10 settembre con lo scopo di riflettere sulla “Giustizia
sociale e la riconciliazione". Il Comitato di presidenza dei vescovi
colombiani spiega: “Sono queste parole che invitano a persistere nel consolidamento
di nuove strategie per la sensibilizzazione, la formazione e la mobilitazione
di tutti i settori della società affinché sia favorito un impegno responsabile
con la scelta della pace”. Queste settimane, che si realizzano dal 1993,
vogliono essere anche “uno scenario dove fare visibili gli sforzi di migliaia
di persone che lavorano per raggiungere la pace e dove – prosegue ancora il documento
- favorire l’identificazione di iniziative che aiutino a dare più dignità alla
vita”. Da 12 anni, numerose organizzazioni, istituzioni e gruppi sviluppano infatti molte iniziative per riflettere e agire in favore
delle grandi tematiche legate all’educazione alla pace, intese - come diceva
Papa Giovanni Paolo II – come “cantiere aperto a tutti e non solo ai diplomatici,
ai politici o agli strateghi”. In alcune delle precedenti manifestazioni, si è
riflettuto su come “porre fine alla guerra” (1994) o sul fatto che “non c'è
pace senza giustizia e non c'è giustizia senza perdono” (2002).
L’anno scorso, il tema centrale recitava “Ognuno può fare possibile la pace se
difende la vita e la sua dignità”. La Colombia, fra i Paesi più ricchi al mondo
di risorse naturali e incredibile serbatoio di biodiversità,
è nell’elenco delle 10 nazioni più violente della terra (insieme, per esempio,
con l’Algeria, l’Iraq, lo Sri Lanka,
l’India e il Pakistan). In questo Paese, da molti decenni la violenza, la povertà,
la disuguaglianza sociale, i sequestri per estorsione e l’impunità raggiungono
dei picchi inquietanti. Nel 2005, la media giornaliera di
“morti ammazzati”, per motivi diversi (delinquenza comune, scontri
politici, guerriglie, narcotraffico, bande giovanili,
ecc.) era di 50 persone, secondo Rapporti incrociati dell’ONU, organizzazioni
umanitarie internazionali e ONG locali. La Chiesa stessa ha pagato prezzi molto
alti con l’uccisione di numerosi sacerdoti, diaconi, catechisti e 2 vescovi (mons.
Jesùs Jaramillo, il 2
ottobre 1989, e mons. Isaìas Duarte,
il 16 marzo 2002). L’impegno della Chiesa in favore della pace interna però non
è mai venuto a meno e oltre al suo Magistero, in diverse occasioni, essa ha
dato un suo contributo fattivo, attraverso delicate mediazioni tese alla
pacificazione di gruppi armati come – negli ultimi anni – dei paramilitari di
destra (AUC) e dell’Esercito di liberazione nazionale (ELN), gruppo con il
quale in questi giorni si lavora per riprendere i “colloqui esplorativi”.
Simbolo della violenza politica è la drammatica vicenda della signora Ingrid Betancourt, leader degli
ecologisti colombiani, rapita dalle FARC il 23 febbraio 2002, tuttora nelle
mani dei suoi sequestratori. Sono decine le persone sequestrate (militari,
imprenditori, politici, bambini, accademici, poliziotti) e oggi ancora recluse
nei così detti “santuari” della guerriglia. (E.B.)
aumentano le richieste di finanziamenti da destinare
alla lotta contro l’aids in africa. lo ha affermato il fondo globale durante il
congresso mondiale sull’aids in corso a toronto
TORONTO. = Comincia a funzionare la grande macchina dei
finanziamenti del Fondo Globale per la lotta ad AIDS, tubercolosi e malaria,
che fino ad oggi ha raccolto 8,9 miliardi di dollari da donazioni pubbliche e
private. In particolare, quella che si registra in questi giorni è addirittura
un’impennata di richieste di finanziamento da parte dei Paesi in via di sviluppo,
soprattutto da quelli africani, che vogliono combattere queste malattie. Sono
stati 97 i Paesi che hanno partecipato all’ultimo bando del Fondo Globale,
chiuso qualche giorno fa, per chiedere fondi da destinare a progetti che per il
40% riguardano la lotta all’AIDS, per il 31% la malaria e il per 29% la
tubercolosi, e che complessivamente
ammontano a 5,8 miliardi di dollari. Cifre che confermano la sensazione che
qualcosa nei Paesi di sviluppo stia realmente cambiando. “E’ una buona notizia”,
ha commentato durante il congresso mondiale sull’AIDS, in corso in questi
giorni a Toronto, il direttore esecutivo del Fondo Globale, Richard
Feachem. Considerando i finanziamenti appena assegnati,
attualmente il Fondo Globale alimenta circa 400 programmi in 132 Stati, per un
valore di circa 9 miliardi di dollari. Uno sforzo che, soltanto per l’AIDS, si
è tradotto in cure con terapie antiretrovirali per
circa 550 mila persone. L’obiettivo, entro i prossimi quattro anni, è destinare
farmaci ad un altro milione e mezzo di persone: una mossa cruciale affinché in
diverse Nazioni l’accesso alle terapie e alla prevenzione diventi presto una realtà.
D’altro canto, è anche molto importante che questi Paesi conducano campagne
nazionali contro le malattie. In questo quadro, le numerose richieste di
finanziamento – ha precisato Feachem – “dimostrano
che tanti Paesi stanno moltiplicando gli sforzi”. L’Africa è la grande protagonista
di questo risveglio. E’ infatti dal continente più
devastato dal virus dell’HIV che arriva ben il 50% delle richieste di finanziamento,
relative al 60% dei fondi assegnati. E i Paesi africani, ha detto al Congresso
di Toronto il ministro della Sanità etiope, Tedros Adhanom Ghebreyesus, sono consapevoli
che “il Fondo Globale è un importantissimo partner nella lotta contro AIDS,
tubercolosi e malaria”. (E.B.)
processato in cina il
giornalista arrestato nei mesi scorsi
con l’accusa di spionaggio. l’udienza si è svolta a
porte chiuse.
per il momento non si conosce la sentenza. secondo i media locali
l’uomo avrebbe
firmato un documento in cui confessa
di aver
raccolto documenti segreti per conto di Taiwan
PECHINO. = Il giornalista di Hong Kong, Ching Cheong, arrestato 16 mesi
fa nel Guangdong con l’accusa di spionaggio, è stato
processato ieri a porte chiuse a Pechino. La sentenza non è ancora nota e il
processo, velocissimo, - afferma AsiaNews - si è
svolto in assenza di parenti e cronisti. Secondo le informazioni in suo
possesso la moglie del giornalista, che confida in un imminente rilascio, ha affermato
che l’uomo “sta bene mentalmente”, anche se dimagrito. Ieri intanto ad Hong Kong, nei pressi del Parlamento, almeno 100 persone
hanno partecipato ad una veglia di solidarietà. Per quanto riguarda i motivi
dell’arresto, mesi fa, l’agenzia Xinhua, citando
fonti anonime, aveva spiegato che il giornalista avrebbe raccolto documenti
“top secret” o “confidenziali” su aspetti politici, economici e militari,
passati poi al governo di Taiwan. Secondo i media cinesi,
Ching avrebbe anche firmato una “confessione” in cui
conferma “tutti i suoi crimini”, fra cui quello di aver costruito “una rete di
informatori” per “vendere segreti di Stato” a potenze straniere. In Cina la
maggioranza delle informazioni sulla vita della nazione sono considerate
“segreto di Stato” e la loro rivelazione attraverso i media
viene bollata come “un attentato alla sicurezza dello Stato”. Attualmente nel Paese
almeno 42 giornalisti sono detenuti per questo tipo di reato. Secondo fonti dell’agenzia di AsiaNews
le ragioni vere dell’arresto di Ching Cheong sono da rintracciare nella sua ricerca su Zhao Ziyang e sul massacro di Tiananmen nell’89. (E.B.)
cina e india possono svolgere un ruolo fondamentale
per combattere
la povertà in africa. così JEFFREY SACHS, il consigliere speciale
del segretario generale dell’onu, kofi annan
PECHINO. = “La Repubblica popolare cinese può svolgere un
ruolo unico” nello sviluppo dell’Africa e nella lotta alla povertà del
continente. Lo ha affermato Jeffrey Sachs, consigliere speciale del segretario generale dell’ONU,
Kofi Annan, durante un
seminario sulle relazioni tra Cina e Africa, organizzato in questi giorni dalle
Nazioni Unite a Pechino. A darne notizia è l’agenzia MISNA. “Non bisogna
dimenticare che in questo Paese la povertà non è un ricordo lontano”, ha aggiunto
Sachs, sottolineando che l’esperienza accumulata
negli ultimi decenni fa di Pechino, insieme all’India, il migliore consigliere
possibile per l’Africa. A proposito delle frequenti accuse formulate nei
confronti di molti governi africani – soprattutto da parte occidentale - Sachs ha anche affermato che si è soliti parlare di corruzione
per spiegare la situazione africana. Tuttavia – ha aggiunto – “i Paesi asiatici
stanno crescendo ad un ritmo molto più veloce di
quelli africani e i loro governi non sono certo meno corrotti”. (E.B.)
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16 agosto 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco ed
Eugenio Bonanata -
L’Iran è pronto a discutere la
sospensione delle proprie attività nucleari. Lo ha affermato oggi il capo della
diplomazia iraniana, Manouchehr Mottaki.
Il diplomatico, intervenendo durante una conferenza, ha affermato la
disponibilità a parlare di questa soluzione, pur considerandola “illogica”. L’affermazione
giunge a pochi giorni dalla data del 22 agosto, termine entro il quale la
comunità internazionale attende una risposta chiara da Teheran
sul pacchetto di incentivi offerto in cambio della sospensione
dell’arricchimento dell’uranio.
Non
accenna a diminuire la violenza nella Striscia di Gaza: due militanti palestinesi
sono stati uccisi, nella notte, durante un raid aereo israeliano a Khan Younes ed altri due hanno perso la vita al valico di Kissufim. Sembrano introvabili, invece, i due giornalisti
della Fox Tv rapiti lunedì a Gaza da uomini armati.
Al momento, il sequestro non è stato ancora rivendicato. Oggi, intanto, il
presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, e il primo ministro, Ismail
Haniyeh, hanno raggiunto un’intesa per un governo di
unità nazionale. Secondo il portavoce dell’esecutivo, “presto inizieranno i
negoziati tra il presidente e le fazioni palestinesi”. Come condizione
preliminare, Haniyeh avrebbe chiesto ad Abu Mazen di fare pressione per
il rilascio dei ministri e dei deputati di Hamas
arrestati da Israele nelle scorse settimane.
Sembra una strage senza fine
quella che si sta consumando in queste ore in Iraq. Dopo l’attentato di ieri a Mossul e le violenze a Kerbala,
costati la vita a decine di persone, otto persone sono morte stamani, a
Baghdad, per un attacco kamikaze compiuto nei pressi di un mercato. Poco prima,
8 passanti erano rimasti uccisi in una zona orientale della capitale, per
l’esplosione di una bomba. Intanto, il presidente statunitense, George Bush, ha respinto l’idea di una spartizione dell’Iraq in
base ai diversi gruppi etnici, come soluzione per far finire le violenze che
scuotono il Paese. Lo ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca, spiegando
che la maggior parte degli iracheni “non lo vuole”.
Gli
scontri e le violenze sconvolgono anche lo Sri Lanka: soldati inviati dal governo di Colombo nel nord del
Paese hanno ucciso in combattimento almeno 5 presunti
ribelli Tamil. Secondo L’UNICEF, intanto, non c’è
“alcuna prova” che l'orfanotrofio bombardato sabato scorso, nel nordest dello Sri Lanka, ospitasse
bambini soldato, come invece sostenuto dall’esercito di Colombo. L’offensiva ha
causato, secondo fonti Tamil,
la morte di 61 studentesse. Il governo parla, invece, di decine di vittime tra
i guerriglieri.
Ultimo saluto, ieri, dei tanti amici che si sono stretti
attorno alla bara di Angelo Frammartino,
il volontario italiano di 24 anni ucciso giovedì scorso a Gerusalemme. Ieri
pomeriggio il rito funebre nel duomo di Monterotondo,
località nelle vicinanze di Roma. Presente, tra le rappresentanze
istituzionali, anche il presidente della Camera, Fausto Bertinotti.
Il vescovo di Sabina – Poggio Mirteto, Lino Fumagalli,
durante l’omelia ha sottolineato l’esempio di Angelo “quale via per rafforzare
l’impegno per la pace”. Ascoltiamo il suo commento al microfono di Massimiliano
Menichetti:
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R. – Un ragazzo, un giovane che insieme a dieci giovani di Monterotondo ha trascorso il periodo estivo a Gerusalemme
con i bambini palestinesi, per offrire loro un momento di relax e di sorriso in
mezzo alle tante difficoltà. Hanno sempre operato per la pace e anche nel
funerale i compagni non hanno lasciato cadere la speranza di essere costruttori
di pace tra i popoli, tra le nazioni, tra gli uomini.
D. – Uno striscione ha accompagnato la bara di Angelo,
molti i messaggi letti dagli amici. Lei ha parlato di un esempio da seguire, in
questo ragazzo…
R. – Il manifesto che apriva il corteo con la bara di
Angelo recitava: “Creeremo condizioni di pace perché nascano figli della pace”.
E credo che questo sia l’insegnamento più grande che Angelo
lascia a ciascuno di noi. E’ proprio questa volontà tenace di
essere costruttori di pace, nonostante le difficoltà del mondo di oggi,
che ritengo possa essere accettata da tutti: credenti e non credenti.
D. – Ma concretamente, come si rafforza l’impegno per la
pace?
R. – Credo, prima di tutto,
mettendo la propria vita a disposizione di tutte quelle attività che sono in
grado di favorire la convivenza tra i popoli. Non bisogna far cadere la
speranza in un mondo migliore e, contemporaneamente, bisogna sentire la speranza
e la responsabilità di costruirlo con il proprio impegno e la propria
testimonianza. Non basta manifestare il cordoglio per una morte incomprensibile,
ma dal cordoglio deve nascere una più forte, più tenace volontà di poter raggiungere la pace, con tutti i mezzi possibili:
dal dialogo alla collaborazione, alla convivenza. Credo che, in questo, Angelo
possa essere un esempio e uno stimolo per tutti.
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Vertice
dei ministri degli Interni dell’UE oggi a Londra: al centro dei colloqui, la sicurezza
antiterrorismo, dopo gli attentati sventati in Gran Bretagna la settimana
scorsa. Ieri, intanto, sono scattate le manette per il 24.esimo sospettato di coinvolgimento negli attentati
sventati nei giorni scorsi.
I serbatoi di riserva dell’Ucraina
verranno riempiti di 24,5 miliardi di metri cubi di
metano russo. E’ quanto stabilito dall’accordo fra Russia e Ucraina, siglato
oggi a Soci, località balneare russa sul Mar Nero, durante un vertice informale
dei Paesi della CSI (la Comunità di Stati indipendenti che sulla carta ha
sostituito l’ex URSS). L’accordo dovrebbe tranquillizzare i mercati europei sui
rifornimenti per il prossimo inverno. Raggiunta anche un’intesa sui prezzi dei
rifornimenti russi all’Ucraina per il 2006 e il 2007, che, secondo le prime
anticipazioni, non dovrebbe comportare aumenti.
In Etiopia, è
salito a 700 il numero dei morti per le inondazioni che dal 6 agosto hanno
colpito il Paese. Migliaia i dispersi. La televisione pubblica ha riferito
delle ultime 194 vittime lungo il fiume Omo (nel sud del Paese), straripato
domenica scorsa. Seimila persone nei villaggi dell'area attendono di essere
portate in salvo da 2 elicotteri militari e 14 imbarcazioni messe a disposizione
per i soccorsi. Oggi, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha espresso il suo
dolore per la perdita di tante vite umane e ha assicurato che l’ONU continuerà
a portare soccorsi ai sopravvissuti.
Si aggrava anche il
bilancio del tifone “Saomai”, che si è abbattuto in Cina.
Sono 319 morti provocati dal più violento tifone degli
ultimi 50 anni. Colpite, soprattutto, le province di Zhejiang
e Fujian, nel sudest del Paese.
In Nigeria, sono
stati rilasciati i quattro lavoratori del settore petrolifero rapiti lo scorso
9 agosto da ribelli a largo del delta del Niger. I due nigeriani e i due ucraini
erano stati prelevati a bordo di una nave di rifornimento.
In Somalia, le Corti islamiche hanno conquistato all’alba
il porto di Hobyo, nel centro del Paese, continuando
così ad estendere il loro controllo. Intanto, i negoziati politici a Khartoum restano fermi, mentre il governo di transizione è
ancora situato a Baidoa.
Pioggia di critiche
sul premier giapponese Koizumi, per la controversa
visita compiuta ieri al sacrario bellico di Yasukuni,
dove si trovano 28 criminali di guerra processati alla fine del secondo
conflitto mondiale. L’ex premier, Nakasone, che nel
1985 fu l’ultimo capo di governo a visitare il tempio shintoista, ha sottolineato che Koizumi
avrebbe dovuto attribuire priorità non alla propria visita, ma alla soluzione
dei dissidi sul sacrario.
Un incidente
rischia di riaccendere la tensione tra Russia e Giappone: un pescatore
giapponese è stato ucciso stamani dal fuoco di una motovedetta russa, in un
tratto di oceano vicino alla controversa frontiera marittima fra i due Paesi.
Si tratta del più grave incidente del genere in oltre 50 anni di dispute
territoriali. Giappone e Russia si contendono alcune isole, conosciute in
Giappone come Territori settentrionali ed in Russia come Curili
meridionali.
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