RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 228  - Testo della trasmissione di mercoledì 16 agosto 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Non è la scienza a rispondere ai quesiti fondamentali dell’uomo, ma l’amore di Dio: lo ha affermato Benedetto XVI all’udienza generale, dedicata all’Assunta. Il ricordo del Papa per Frère Roger Schutz, fondatore della Comunità di Taizé, a un anno dalla morte

 

Conclusa la missione del cardinale Roger Etchegaray in Libano: “il Papa – ha detto il porporato - resta attento alle necessità spirituali e materiali di tutti i libanesi”: la testimonianza di mons. Béchara Raï

 

Oggi la terza ed ultima parte dell’intervista rilasciata da Benedetto XVI a tre tv tedesche e alla Radio Vaticana: tra i temi affrontati, il primato del Papa e la collegialità, l’ecumenismo, il ruolo della Chiesa europea

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Continuano ad arrivare sfollati nel sud del Libano. I soldati israeliani proseguono il loro ritiro

 

Cercare nuove vie per la pace in Terra Santa: così il patriarca di Gerusalemme, Michel Sabbah, durante la Messa celebrata ieri nella Basilica dell’Annunciazione, a Nazareth. Forte appello ad Israele perché ponga fine all’occupazione dei Territori palestinesi

 

Migliaia di persone oggi a Taizé ricordano il primo anniversario della morte di Frère Roger, assassinato da una squilibrata durante la celebrazione eucaristica: i cristiani – diceva il priore – mostrino al mondo l’essenziale, Cristo, sorgente della riconciliazione: ai nostri microfoni Frère Alois

 

CHIESA E SOCIETA’:

‘Giustizia sociale e riconciliazione’. Questo il tema della XIII settimana per la pace, che sarà presentata domani a Bogotà nella sede della Conferenza episcopale colombiana

 

Congresso mondiale di Toronto: aumentano le richieste di finanziamenti da destinare alla lotta contro l’aids in Africa

 

Processato in Cina il giornalista arrestato nei mesi scorsi con l’accusa di spionaggio

 

Cina e India possono svolgere un ruolo fondamentale per combattere la povertà in Africa. Così il consigliere speciale del segretario generale dell’ONU

 

24 ORE NEL MONDO:

I radicali di Hamas  annunciano che formeranno un nuovo governo di unità nazionale con il partito del presidente palestinese, Abu Mazen.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 agosto 2006

 

 

NON E’ LA SCIENZA A RISPONDERE AI QUESITI FONDAMENTALI DELL’UOMO,

MA L’AMORE DI DIO: LO HA AFFERMATO BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE,

DEDICATA ALL’ASSUNTA. IL RICORDO DEL PAPA PER FRÈRE ROGER SCHUTZ,

 FONDATORE DELLA COMUNITA’ DI TAIZÉ, AD UN ANNO DALLA MORTE

 

E’ stata un’udienza generale più breve del consueto quella celebrata stamane da Benedetto XVI nel cortile della sua residenza estiva di Castel Gandolfo. Dopo aver posto l’accento, all’Angelus di ieri, su Maria Regina della pace, il Papa è tornato a parlare oggi dell’Assunta come di un segno di speranza che invita gli uomini a cercare nell’amore di Dio le risposte ai grandi quesiti dell’esistenza. Benedetto XVI ha poi concluso i suoi saluti ai 4 mila pellegrini presenti ricordando la figura di Frère Roger Schutz, il fondatore della Comunità ecumenica di Taizé, ucciso il 16 agosto di un anno fa. Il servizio di Alessandro De Carolis.  

 

**********

Lo aveva fatto ieri all’Angelus, spingendo i cristiani a considerare la terra un presente transitorio verso la meta definitiva del Paradiso. Oggi, Benedetto XVI ha ripreso i medesimi concetti, riaffermando che non l’intelligenza umana – per quanto scienza e tecnica ne rivelino la straordinarietà – potrà mai dare le risposte di verità che l’uomo cerca, ma solo l’Amore di Dio. In questo amore, l’uomo trova sia il senso della storia, sia la consolazione rispetto al mistero della morte e della sofferenza: risposte che Maria si premura di far percepire all’umanità con la sua delicatezza materna.

 

(acclamazioni folla)

 

Nello stesso scenario del cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, affacciato alla finestra solitamente utilizzata per la recita dell’Angelus, il Papa ha riannodato le sue riflessioni ispirate alla solennità dell’Assunta, proseguendo nella sostanza la catechesi iniziata 24 ore prima. La festa celebrata ieri dalla Chiesa, ha osservato Benedetto XVI rivolgendosi alle circa 4 mila persone presenti all’udienza, “è stata sempre molto sentita dal popolo cristiano”. L’Assunta è una festa che parla di “sicura speranza” e di “consolazione”, ma “si è però talmente presi dalle vicende di ogni giorno – ha proseguito - da dimenticare talora questa consolante realtà spirituale, che costituisce un’importante verità di fede”. Come fare allora, si è chiesto il Pontefice, perché “questo segno luminoso di speranza sia percepito sempre più dall’odierna società? Riducendo ai suoi limiti l’onnipotenza di certa mentalità umana:

 

“C’è oggi chi vive come se non dovesse mai morire o come se tutto dovesse finire con la morte; alcuni si comportano ritenendo che l’uomo sia l’unico artefice del proprio destino, come se Dio non esistesse, giungendo qualche volta persino a negare che ci sia spazio per Lui nel nostro mondo. I grandi successi della tecnica e della scienza, che hanno notevolmente migliorato la condizione dell’umanità, lasciano però senza soluzione i quesiti più profondi dell’animo umano. Solo l’apertura al mistero di Dio, che è Amore, può colmare la sete di verità e di felicità del nostro cuore; solo la prospettiva dell’eternità può dare valore autentico agli eventi storici e soprattutto al mistero della fragilità umana, della sofferenza e della morte”.

 

Maria aveva saputo percepire appieno quella prospettiva di eternità. E grazie alla sua perfetta adesione alla volontà di Dio è diventata il primo essere umano a vivere sulla terra senza considerarla una “patria definitiva” e mostrare all’uomo la strada per il cielo. “Per questo, pur tra le mille difficoltà quotidiane – è stata l’esortazione conclusiva di Benedetto XVI - non dobbiamo perdere la serenità e la pace”:

 

“Il segno luminoso dell’Assunta in cielo rifulge ancor più quando sembrano accumularsi all’orizzonte ombre tristi di dolore e di violenza. Ne siamo certi: dall’alto Maria segue i nostri passi con dolce trepidazione, ci rasserena nell’ora del buio e della tempesta, ci rassicura con la sua mano materna. Sorretti da questa consapevolezza, proseguiamo fiduciosi nel nostro cammino di impegno cristiano là dove la Provvidenza ci conduce”.

 

         Tra i saluti in varie lingue indirizzati ai gruppi presenti, Benedetto XVI ha ricordato, tra gli altri, alcuni Istituti religiosi femminili impegnati nei Capitoli generali: le Piccole Suore della Sacra Famiglia e le Missionarie Figlie del Calvario. Poi, il ricordo riconoscente, venato di commozione, di un grande dell’ecume-nismo: Frère Roger Schutz, il fondatore della Comunità di Taizé, assassinato dal gesto di una folle, un anno fa:

 

“La sua testimonianza di fede cristiana e di dialogo ecumenico è stata un prezioso insegnamento per intere generazioni di giovani. Chiediamo al Signore che il sacrificio della sua vita contribuisca a consolidare l’impegno di pace e di solidarietà di quanti hanno a cuore il futuro dell’umanità”.

 

(applausi)

**********

 

 

CONCLUSA LA MISSIONE DEL CARDINALE ETCHEGARAY IN LIBANO:

“IL PAPA – HA DETTO IL PORPORATO - RESTA ATTENTO

ALLE NECESSITA’ SPIRITUALI E MATERIALI DI TUTTI I LIBANESI”

- Intervista con mons. Béchara Raï -

 

         “Ora che le armi tacciono, il Libano potrà far sentire meglio che il suo cuore batte sempre per l’unità della Patria e per la pace tra i popoli”: è quanto ha detto stamane  il cardinale Roger Etchegaray, Inviato Speciale del Papa in Libano, a conclusione del suo viaggio nel Paese dei Cedri. Il porporato, che ieri ha celebrato la Messa nel Santuario mariano di Harissa, ha assicurato che “il Papa resta molto attento alle sofferenze e alle necessità sia spirituali che materiali di tutti i libanesi”. Ha quindi lanciato un appello affinché siano intensificati gli aiuti al Paese, che – ha detto - saranno necessari “per lungo tempo”: il suo pensiero si è rivolto in particolare alle centinaia di migliaia di sfollati che “cercano spesso in lacrime di ritrovare le loro case e le loro terre”. Il cardinale Etchegaray, che ha visitato anche un campo profughi, ha sottolineato “che i cristiani e i musulmani sono pronti a fare di tutto per ricostruire insieme il loro Paese ferito”.  Ieri, durante la Messa celebrata nel Santuario di Nostra Signora del Libano ad Harissa, il porporato aveva ribadito che nel “clima di odio che respiriamo troppo spesso … solo il perdono può condurci alla riconciliazione”. Ma come è stata vissuta questa celebrazione dai libanesi? Romilda Ferrauto lo ha chiesto al vescovo di Byblos dei Maroniti Béchara Raï, presente al rito:

 

**********

R. – E’ stata una giornata particolarmente gioiosa e ricca di speranza per il popolo libanese. Ci siamo ritrovati in migliaia nel Santuario di Nostra Signora del Libano, attorno alla persona del cardinale Etchegaray, che ha dato questo messaggio di speranza, a nome del Santo Padre, ma ha anche portato un suo personale messaggio, pieno di calore e di cuore nel quale si riconosce direttamente il cardinale Etchegaray. Il popolo libanese, che seguiva la Messa, con molta gioia e con molta gratitudine per il Santo Padre, ha accolto la sua preghiera, la sua benedizione, la sua solidarietà e il suo dono di carità offerto al popolo libanese, come segno di unione con questo –diciamo - martoriato Paese. E’ stata una giornata particolarmente gioiosa, che ha fatto dimenticare ai libanesi tutti i guai, tutti i malanni e tutte le perdite di questa guerra distruttrice.

 

D. – Mons. Raï, come stanno vivendo i libanesi queste ore di tregua? Con quale spirito?

 

R. – Appena è uscita la notizia della Risoluzione, i rifugiati hanno ripreso la strada del ritorno, sapendo bene che non ritroveranno le loro case. Si tratta in maggioranza di musulmani, provenienti dal sud del Libano. Hanno ripreso la strada del ritorno, con molta gioia e con molta serenità, anche se sanno bene di andare verso l’ignoto, anche se sanno bene di non trovare la loro casa, perché troveranno soltanto le macerie di una casa distrutta. Questo è per loro un segno, perché vogliono testimoniare la loro volontà di vivere in questa terra libanese, perché vogliono testimoniare - dal Libano - la loro volontà di pace, contro ogni tipo di guerra, perché vogliono riaffermare, nuovamente, al mondo che il Libano non vuole morire, che il Libano può vivere insieme, musulmani e cristiani, dando così testimonianza al mondo intero che non c’è conflitto di religione e di civiltà, ma che piuttosto c’è un dialogo di vita. Questo lo abbiamo toccato con mano, personalmente. Sono stato a visitare i rifugiati a nome del  patriarca Sfeir e non ho notato che serenità, gioia, riconoscenza per la Chiesa, per le Organizzazioni umanitarie, per il Santo Padre. Ma ho anche notato un grande sorriso che copriva tutti i loro malanni e con gioia e speranza si stavano preparando a riprendere la via del ritorno. Ancora una volta in questa guerra distruttrice, il Libano e i libanesi hanno dato una testimonianza al mondo intero che la vita vale molto di più ed è molto più forte dei cannoni. 

**********

 

 

OGGI LA TERZA ED ULTIMA PARTE DELL’INTERVISTA RILASCIATA DA BENEDETTO XVI

A TRE TV TEDESCHE E ALLA RADIO VATICANA: TRA I TEMI AFFRONTATI,

IL PRIMATO DEL PAPA E LA COLLEGIALITA’, L’ECUMENISMO,

IL RUOLO DELLA CHIESA EUROPEA

 

Trasmettiamo oggi la terza ed ultima parte della lunga intervista rilasciata da Benedetto XVI a tre TV tedesche e alla Radio Vaticana, il 5 agosto a Castel Gandolfo, e trasmessa per la prima volta lunedì scorso. Tanti gli argomenti affrontati dal Papa: oggi vi offriamo le tematiche più specificamente ecclesiali a partire dal ministero petrino. Ascoltiamo l’intervista:

 

**********

D. – Come Vescovo di Roma, Lei è successore di San Pietro. Il ministero di Pietro come può mostrarsi in modo appropriato ai tempi d’oggi? E come vede Lei il rapporto di tensione ed equilibrio fra il primato del Papa da una parte e la collegialità dei Vescovi dall’altra?

 

R. – Ein Spannungsbogen ist es natürlich, und soll es auch sein. …

Un rapporto di tensione ed equilibrio naturalmente c’è, deve anche esserci. Molteplicità e unità devono sempre nuovamente trovare il loro rapporto reciproco e questo rapporto, nelle mutevoli situazioni del mondo, deve essere ristabilito. Oggi abbiamo una nuova polifonia delle culture, in cui l’Europa non è più la sola determinante, ma le comunità cristiane dei diversi continenti stanno acquistando il loro proprio peso, il loro proprio colore. Dobbiamo imparare sempre nuovamente questa sinergia. Per questo abbiamo sviluppato diversi strumenti. Le cosiddette “visite ad limina” dei Vescovi, che ci sono sempre state, vengono ora valorizzate molto di più, per parlare veramente con tutte le istanze della Santa Sede e anche con me. Io parlo personalmente con ogni singolo Vescovo. Ho già potuto parlare con quasi tutti i Vescovi dell’Africa e con molti di quelli dell’Asia. Adesso verranno quelli dell’Europa Centrale, della Germania, della Svizzera e in questi incontri, in cui appunto Centro e Periferia si incontrano in uno scambio franco, cresce il corretto rapporto reciproco in una tensione equilibrata. Abbiamo anche altri strumenti, come il Sinodo, il Concistoro, che io ora terrò regolarmente e che vorrei sviluppare, in cui anche senza un grande ordine del giorno si possono discutere insieme i problemi attuali e cercare delle soluzioni. Sappiamo da una parte che il Papa non è affatto un monarca assoluto, ma che, nell’ascolto collettivo di Cristo, deve - per così dire – personificare la totalità. Ma la consapevolezza che occorre un’istanza unificatrice, che crei anche l’indipendenza dalle forze politiche e garantisca che le cristianità non si identifichino troppo con le nazionalità, questa consapevolezza appunto, che vi è bisogno di una tale istanza superiore e più ampia, che crea unità nella integrazione dinamica del tutto, e d’altra parte accoglie, accetta e promuove la molteplicità, questa consapevolezza è molto forte. Perciò credo che, in questo senso, vi sia veramente un’adesione intima al ministero petrino nella volontà di svilupparlo ulteriormente, in modo che risponda sia alla volontà del Signore, sia ai bisogni dei tempi.

 

D. – La Germania come terra della Riforma è naturalmente segnata in modo particolare dai rapporti fra le diverse confessioni. I rapporti ecumenici sono una realtà sensibile, che ogni tanto può trovarsi in difficoltà. Quali possibilità vede di migliorare il rapporto con la Chiesa evangelica, o quali difficoltà vede su questa strada?

 

R. – Vielleicht ist es wichtig, zunächst einmal zu sagen, dass die evangelische …

Forse è importante dire anzitutto che la Chiesa evangelica presenta una notevole varietà. In Germania abbiamo, se non sbaglio, tre comunità maggiori: Luterani, Riformati, Unione Prussiana. Inoltre oggi si formano anche numerose Chiese libere (Freikirchen) e, all’interno delle Chiese classiche, movimenti come la “Chiesa confessante” e così via. Si tratta quindi anche di un insieme a molte voci, con il quale, rispettando la molteplicità delle voci, dobbiamo nella ricerca dell’unità entrare in dialogo e stabilire una collaborazione. La prima cosa da fare è che in questa società ci preoccupiamo tutti insieme di rendere chiari i grandi orientamenti etici, di trovarli noi stessi e tradurli, e così garantire la coesione etica della società, senza la quale essa non può realizzare il fine della politica, che è la giustizia per tutti, una buona convivenza, la pace. In questo senso si realizzano già molte cose: di fronte alle grandi sfide morali già ci troviamo ormai veramente uniti a causa del comune fondamento cristiano. Naturalmente poi si tratta di testimoniare Dio in un mondo che ha difficoltà a trovarLo, come abbiamo già detto: di rendere visibile il Dio col volto umano di Gesù Cristo, offrendo così agli uomini l’accesso a quelle fonti, senza le quali la morale si isterilisce e perde i suoi riferimenti. Si tratta anche di donare la gioia, perché non siamo isolati in questo mondo. Solo così nasce la gioia davanti alla grandezza dell’uomo, che non è un prodotto mal riuscito dell’evoluzione, ma immagine di Dio. Ci dobbiamo muovere su questi due piani – su quello dei grandi riferimenti etici e su quello che mostra - a partire dall’interno di tali riferimenti e orientandosi verso di essi - la presenza di Dio, di un Dio concreto. Se facciamo questo, e se poi soprattutto i singoli raggruppamenti cercano di non vivere la fede in modo particolaristico, ma sempre a partire dai suoi fondamenti più profondi, allora, anche se forse non arriveremo così presto a delle manifestazioni esterne di unità, matureremo però verso un’unità interiore, che se Dio vuole un giorno porterà anche a forme esterne di unità.

 

D. – Santo Padre, il cristianesimo si è diffuso in tutto il mondo a partire dall’Eu-ropa. Ora, molti che si occupano dell’argomento dicono che il futuro della Chiesa si trova negli altri continenti. È vero? O in altre parole, che futuro ha il cristianesimo in Europa, dove sembra che esso si stia riducendo a faccenda privata di una minoranza?

 

R. – Ich würde es zunächst ein bisschen nuancieren. …

Anzitutto io vorrei introdurre qualche sfumatura. In verità, come sappiamo, il cristianesimo è sorto nel Vicino Oriente. E per lungo tempo il suo sviluppo principale è rimasto là e si è diffuso in Asia molto di più di quanto noi oggi pensiamo dopo i cambiamenti portati dall’Islam. D’altra parte, proprio per questo motivo il suo asse si è spostato sensibilmente verso l’Occidente e l’Europa, e l’Europa – ne siamo fieri e ce ne rallegriamo – ha ulteriormente sviluppato il cristianesimo nelle sue grandi dimensioni anche intellettuali e culturali. Ma credo che sia importante ricordarci dei cristiani d’Oriente, poiché al momento vi è il pericolo che essi, che sono stati sempre ancora una minoranza importante, adesso emigrino. E vi è il grande pericolo che proprio questi luoghi d’origine del cristianesimo rimangano privi di cristiani. Penso che dobbiamo aiutare molto perché essi possano restare. Ma ora veniamo alla Sua domanda. L’Europa è diventata certamente il centro del cristianesimo e del suo impegno missionario. Oggi gli altri continenti, le altre culture, entrano con peso uguale nel concerto della storia del mondo. Così cresce il numero delle voci della Chiesa, e questo è bene. È bene che si possano esprimere i diversi temperamenti, i doni propri dell’Africa, dell’Asia e dell’America, in particolare anche dell’America Latina. Tutti naturalmente sono toccati non solo dalla parola del cristianesimo, ma anche dal messaggio secolaristico di questo mondo, che porta anche negli altri continenti la prova dirompente che noi abbiamo subito in noi stessi. Tutti i Vescovi delle altre parti del mondo dicono: noi abbiamo ancora bisogno dell’Europa, anche se l’Europa ora è solo una parte di un tutto più grande. Noi abbiamo tuttora una responsabilità al riguardo. Le nostre esperienze, la scienza teologica che è stata qui sviluppata, tutta la nostra esperienza liturgica, le nostre tradizioni, anche le esperienze ecumeniche che abbiamo accumulato: tutto ciò è molto importante anche per gli altri continenti. Perciò bisogna che noi oggi non capitoliamo dicendo: “Ecco, siamo solo una minoranza, cerchiamo almeno di conservare il nostro piccolo numero!”. Dobbiamo invece conservare vivo il nostro dinamismo, aprire rapporti di scambio, cosicché di là vengano anche forze nuove per noi. Oggi vi sono sacerdoti indiani ed africani in Europa, anche in Canada, dove molti sacerdoti africani lavorano; è interessante. Vi è questo dare e ricevere vicendevole. Ma anche se in futuro dovremo essere piuttosto coloro che ricevono, dovremmo tuttavia rimanere sempre capaci di dare e sviluppare in tal senso il necessario coraggio e dinamismo.

**********

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

16 agosto 2006

 

CONTINUANO AD ARRIVARE SFOLLATI E A PARTIRE SOLDATI ISRAELIANI

DAL SUD DEL LIBANO, DOVE I CASCHI BLU DOVREBBERO RILEVARE,

ENTRO DUE GIORNI, ALCUNE POSIZIONI.

DA DOMANI, INOLTRE, TRUPPE LIBANESI SI DISPIEGHERANNO NEL SUD

 

In Libano, si continua a lavorare per la pace: il segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite per le missioni di peace-keeping ha  annunciato che, entro 15 giorni, almeno 3500 caschi blu dell’ONU verranno dispiegati nel sud del Libano.  Il capo di Stato maggiore israeliano ha affermato, poi, che le forze dello Stato ebraico potrebbero rimanere nell’area meridionale libanese, fino al completo dispiegamento del contingente internazionale. Sul terreno, intanto, scontri sporadici nei pressi del confine tra Israele e Libano, hanno causato la morte 5 Hezbollah, ma non hanno fatto vacillare il cessate-il-fuoco. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

**********

Il Libano è diventato un crocevia tra chi cerca di arrivare e chi vuole partire: migliaia di sfollati, almeno 900 mila secondo fonti locali, stanno cercando di raggiungere i loro villaggi nel sud, dove molte case, strade e ponti sono stati distrutti. Chi si mette in viaggio, spera di trovare la propria casa ancora in piedi ma deve fare attenzione agli ordigni rimasti inesplosi tra le macerie. Oltre ai profughi, sono diretti verso il sud diversi convogli umanitari, non più esposti al rischio di bombardamenti ma fortemente rallentati da file e ingorghi: operatori umanitari hanno riferito che si impiegano sei ore per andare da Sidone a Tiro, anziché 45 minuti. Nella notte è partita, con destinazione Beirut, anche la nave ‘San Marco’ della marina militare italiana, con a bordo 500 tonnellate di generi alimentari.

 

In Libano è poi previsto il dispiegamento e l’arrivo di caschi blu e soldati libanesi per dare stabilità e garantire la sicurezza. Secondo fonti ufficiali, entro due giorni il contingente dell’ONU già nel Paese dei cedri, la forza di interposizione UNIFIL, dovrebbe rilevare alcune posizioni occupate ma non considerate strategiche. Il segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite per le missioni di peace-keeping ha annunciato il dispiegamento, entro 15 giorni, di almeno 3500 caschi blu. E da domani le truppe libanesi inizieranno, inoltre, a prendere posizione a sud del fiume Litani, come previsto dalla risoluzione dell’ONU. Sono invece già partiti diversi soldati dello Stato ebraico, felici di tornare in Israele. Il capo di Stato maggiore dell’esercito ha precisato che forze israeliane potrebbero rimanere per mesi, nel Libano meridionale, fino al completo dispiegamento di una forza internazionale.

 

E dopo i combattimenti che hanno visto sul terreno contrapposti i militari israeliani e i guerriglieri sciiti, alla guerra condotta con le armi segue quella delle parole: gli Hezbollah dichiarano di aver vinto e di successo per i combattenti libanesi, parlano anche Iran e Siria. Israele, invece, sostiene di aver riportato una netta vittoria e di aver raggiunto importanti obiettivi. Sulla stessa lunghezza d’onda anche gli Stati Uniti che, nei giorni scorsi, hanno nuovamente accusato l’Iran di aver appoggiato i ribelli in Iraq e gli Hezbollah in Libano.

**********

 

 

CERCARE NUOVE VIE PER LA PACE IN TERRA SANTA:

COSI’ IL PATRIARCA DI GERUSALEMME MICHEL SABBAH, DURANTE LA MESSA

CELEBRATA IERI NELLA BASILICA DELL’ANNUNCIAZIONE, A NAZARETH.

FORTE APPELLO AD ISRAELE

PERCHE’ PONGA FINE ALL’OCCUPAZIONE DEI TERRITORI PALESTINESI

 

In questi giorni difficili, abbiamo sentito forte la voce “sincera, chiara, ostinata” del Papa che ha chiesto, senza equivoci, “di abbandonare le vie della guerra per riprendere le vie della pace”: è quanto sottolineato dal patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, nella Messa per la pace, celebrata nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, ieri pomeriggio, alla presenza del nunzio in Israele e delegato apostolico per la Palestina, mons. Antonio Franco. Nell’omelia, mons. Sabbah ha sottolineato la necessità di intraprendere nuove vie per la pace e ha chiesto con forza agli israeliani di porre fine all’occupazione dei territori palestinesi. Ce ne parla Alessandro Gisotti:

 

**********

 “La guerra – ha avvertito mons. Michel Sabbah – non può essere la via per costruire la pace e la sicurezza”. Quindi, ha affermato che “l’esitazione, anno dopo anno, a stabilire la pace in questa terra santa e il mantenimento di una situazione di instabilità nella regione” è stato “il grande peccato dei responsabili dei nostri Paesi”. Noi, ha proseguito, in ogni palestinese, libanese ed israeliano, che siano soldati dello Stato ebraico, combattenti di Hamas a Gaza o Hezbollah nel Sud del Libano, vediamo innanzitutto “degli esseri umani che Dio ha onorato della sua immagine e della sua dignità inviolabile”. Tutti, è stata l’esortazione di mons. Sabbah, sono “chiamati da Dio alla vita, non alla morte, alla pace non alla guerra, all’amore non all’odio”. Proprio la dignità della persona umana, ha ribadito, “resta la base necessaria per ogni sforzo di pace e ricostruzione”.

 

Di fronte alla morte e alla demolizione, ha aggiunto il patriarca di Gerusalemme, “noi arabi d’Israele diciamo agli Israeliani che desideriamo la loro sicurezza e tranquillità”. In un mondo arabo “che è arrabbiato contro di voi”, ha detto ancora, “noi vi amiamo dell’amore di cui Dio vi ama”. Ma, ha aggiunto, riteniamo che “la demolizione e la morte provocata a Gaza e nel Libano non sia la strada per la pace”. Voi, ha proseguito mons. Sabbah, “fate delle guerre affermando che è vostro diritto difendervi”, ma così facendo “vi esponete sempre più all’ostilità e all’insicurezza”. Questa, ha avvertito, sarebbe la vostra vera vittoria: “Mettere fine all’occupazione che avete imposto al popolo palestinese”. Mons. Sabbah ha dunque sottolineato che è necessario “prendere nuove strade per arrivare alla pace e alla sicurezza” per tutta la regione. Il Patriarca di Gerusalemme ha infine ribadito l’impegno dei cristiani “a costruire la pace e la giustizia” in Terra Santa, rinnovando l’invocazione a Maria affinché conceda pace a tutti gli uomini di buona volontà.

**********

 

 

MIGLIAIA DI PERSONE OGGI A TAIZÉ RICORDANO IL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI FRÈRE ROGER, ASSASSINATO DA UNA SQUILIBRATA

 DURANTE LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA: I CRISTIANI – DICEVA IL PRIORE –

MOSTRINO AL MONDO L’ESSENZIALE, CRISTO, SORGENTE DELLA RICONCILIAZIONE

- Intervista con Frère Alois -

 

Migliaia di persone confluiscono oggi a Taizé, in Francia, per ricordare il primo anniversario della morte di Frère Roger, ucciso il 16 agosto dell’anno scorso. Aveva 90 anni. Questa sera, alla stessa ora dell’assassinio del fondatore della Comunità ecumenica di Taizé, verrà celebrata una Messa presieduta dal vescovo di Nanterre Gérard Daucourt. Il servizio di Sergio Centofanti:

 

**********

Uomo mite, uomo di Dio, Frère Roger, muore assassinato da una squilibrata mentre è in preghiera nella Chiesa della Riconciliazione di Taizé. Sono le 20.30: si sta celebrando l’Eucaristia. Anche lui, come Gesù, ha amato i suoi fino alla fine.  Benedetto XVI ne parla nell’udienza generale la mattina successiva a Castel Gandolfo, alla vigilia della Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia: “una notizia terrificante”, dice: e rivela di aver ricevuto il giorno prima  una lettera “molto commovente” del religioso in cui il Priore di Taizé gli spiegava di non poter essere presente a Colonia per motivi di salute ma assicurava la sua vicinanza spirituale ribadendo i suoi “sentimenti di profonda comunione” con il Papa.

 

Nato nel 1915 a Provence, in Svizzera, Frère Roger nel 1940, in un’Europa sconvolta dagli orrori della guerra e del nazismo, fonda la Comunità monastica di Taizé, in Francia, basata sul dialogo ecumenico e sulla fratellanza universale. Viene ricercato dalla Gestapo per l’aiuto dato ai perseguitati di ogni sorta. “Siate presenti nel vostro tempo – dice Frère Roger - amate i diseredati. Amate il vostro prossimo, qualunque sia la sua visione religiosa e ideologica”. Invita i cristiani all’intraprendenza perchè “Dio – dice -  non ci ha creato per essere passivi”. Ma ascoltiamo la voce dello stesso Frère Roger:

 

“Come possiamo prepararci a costruire la pace e la riconciliazione in un momento in cui in tutto il mondo questa pace è minacciata dall’odio e dalla violenza? Cominciamo a sperimentare all’interno di noi stessi la pace del cuore, l’unità interiore! Oggi sta per suonare l’ora dei cristiani: dobbiamo mostrare al mondo l’essenziale, Cristo, la sorgente della riconciliazione, per costruire la pace dell’intera famiglia umana”.

 

Secondo Frère Roger tutto parte dalla preghiera: i giovani che pregano – sottolineava – “sono portatori di pace dove ci sono situazioni di crisi e di contrasto: la loro forza è una semplicissima fiducia in Dio”. Predica la semplicità del cuore e la compassione per gli ultimi. “Senza fare inutili astinenze – affermava – attenetevi alle opere che Dio comanda: portate i fardelli degli altri accettate le ferite meschine di ogni giorno”. Era grande amico di Giovanni Paolo II, che una volta ebbe a dire: “Si passa a Taizé come si passa accanto ad una fonte. Il viaggiatore si ferma, si disseta e continua il cammino”.

 

Ascoltiamo il nuovo Priore di Taizé, Frère Alois, al microfono di Xavier Sartre:

 

R. – Il faut dire d’abord qu’il nous manque beaucoup, parce-que sa présence …

Prima di tutto devo dire che ci manca moltissimo, perché la sua presenza, anche quando già era molto anziano, era una presenza che univa la Comunità. Alla fine, negli ultimi anni, Frère Roger parlava poco, ma la sua stessa presenza ci dava illa’ … Un anno dopo, sentiamo ancora molto il vuoto che si è creato con la sua tragica scomparsa. Al tempo stesso devo dire che sono grato di come abbiamo potuto vivere una continuità all’interno della Comunità, tra i fratelli, ma anche con i giovani, che vengono numerosi e sempre più numerosi, e le preghiere continuano, gli incontri continuano … il pellegrinaggio di fiducia che attraversa la terra continua. Si verifica come Frère Roger non abbia mostrato se stesso, ma – come Giovanni Battista – egli ha mostrato il Cristo.

**********

 

 

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

16 agosto 2006

 

 

GIUSTIZIA SOCIALE E RICONCILIAZIONE . QUESTO IL TEMA DELLA XIII SETTIMANA

PER LA PACE, CHE SARA’ PRESENTATA DOMANI A BOGOTA’ NELLA SEDE

 DELLA CONFERENZA EPISCOPALE COLOMBIANA.

 LA MANIFESTAZIONE SARA’ CELEBRATA DAL 3 AL 10 SETTEMBRE

 

BOGOTA’. = Domani, nella sede della Conferenza episcopale colombiana, a Bogotà, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja e presidente della Conferenza episcopale della Colombia, e mons. Héctor Fabio Henao, direttore del Segretariato nazionale per la pastorale sociale, lanceranno la XIII “Settimana per la pace” che, quest'anno, si celebrerà dal 3 al 10 settembre con lo scopo di riflettere sulla “Giustizia sociale e la riconciliazione". Il Comitato di presidenza dei vescovi colombiani spiega: “Sono queste parole che invitano a persistere nel consolidamento di nuove strategie per la sensibilizzazione, la formazione e la mobilitazione di tutti i settori della società affinché sia favorito un impegno responsabile con la scelta della pace”. Queste settimane, che si realizzano dal 1993, vogliono essere anche “uno scenario dove fare visibili gli sforzi di migliaia di persone che lavorano per raggiungere la pace e dove – prosegue ancora il documento - favorire l’identificazione di iniziative che aiutino a dare più dignità alla vita”. Da 12 anni, numerose organizzazioni, istituzioni e gruppi sviluppano infatti molte iniziative per riflettere e agire in favore delle grandi tematiche legate all’educazione alla pace, intese - come diceva Papa Giovanni Paolo II – come “cantiere aperto a tutti e non solo ai diplomatici, ai politici o agli strateghi”. In alcune delle precedenti manifestazioni, si è riflettuto su come “porre fine alla guerra” (1994) o sul fatto che “non c'è pace senza giustizia e non c'è giustizia senza perdono” (2002). L’anno scorso, il tema centrale recitava “Ognuno può fare possibile la pace se difende la vita e la sua dignità”. La Colombia, fra i Paesi più ricchi al mondo di risorse naturali e incredibile serbatoio di biodiversità, è nell’elenco delle 10 nazioni più violente della terra (insieme, per esempio, con l’Algeria, l’Iraq, lo Sri Lanka, l’India e il Pakistan). In questo Paese, da molti decenni la violenza, la povertà, la disuguaglianza sociale, i sequestri per estorsione e l’impunità raggiungono dei picchi inquietanti. Nel 2005, la media giornaliera di “morti ammazzati”, per motivi diversi (delinquenza comune, scontri politici, guerriglie, narcotraffico, bande giovanili, ecc.) era di 50 persone, secondo Rapporti incrociati dell’ONU, organizzazioni umanitarie internazionali e ONG locali. La Chiesa stessa ha pagato prezzi molto alti con l’uccisione di numerosi sacerdoti, diaconi, catechisti e 2 vescovi (mons. Jesùs Jaramillo, il 2 ottobre 1989, e mons. Isaìas Duarte, il 16 marzo 2002). L’impegno della Chiesa in favore della pace interna però non è mai venuto a meno e oltre al suo Magistero, in diverse occasioni, essa ha dato un suo contributo fattivo, attraverso delicate mediazioni tese alla pacificazione di gruppi armati come – negli ultimi anni – dei paramilitari di destra (AUC) e dell’Esercito di liberazione nazionale (ELN), gruppo con il quale in questi giorni si lavora per riprendere i “colloqui esplorativi”. Simbolo della violenza politica è la drammatica vicenda della signora Ingrid Betancourt, leader degli ecologisti colombiani, rapita dalle FARC il 23 febbraio 2002, tuttora nelle mani dei suoi sequestratori. Sono decine le persone sequestrate (militari, imprenditori, politici, bambini, accademici, poliziotti) e oggi ancora recluse nei così detti “santuari” della guerriglia. (E.B.)  

 

 

aumentano le richieste di finanziamenti da destinare alla lotta contro l’aids in africa. lo ha affermato il fondo globale durante il congresso mondiale sull’aids in corso a toronto

 

TORONTO. = Comincia a funzionare la grande macchina dei finanziamenti del Fondo Globale per la lotta ad AIDS, tubercolosi e malaria, che fino ad oggi ha raccolto 8,9 miliardi di dollari da donazioni pubbliche e private. In particolare, quella che si registra in questi giorni è addirittura un’impennata di richieste di finanziamento da parte dei Paesi in via di sviluppo, soprattutto da quelli africani, che vogliono combattere queste malattie. Sono stati 97 i Paesi che hanno partecipato all’ultimo bando del Fondo Globale, chiuso qualche giorno fa, per chiedere fondi da destinare a progetti che per il 40% riguardano la lotta all’AIDS, per il 31%  la malaria e il per 29% la tubercolosi, e che complessivamente  ammontano a 5,8 miliardi di dollari. Cifre che confermano la sensazione che qualcosa nei Paesi di sviluppo stia realmente cambiando. “E’ una buona notizia”, ha commentato durante il congresso mondiale sull’AIDS, in corso in questi giorni a Toronto, il direttore esecutivo del Fondo Globale, Richard Feachem. Considerando i finanziamenti appena assegnati, attualmente il Fondo Globale alimenta circa 400 programmi in 132 Stati, per un valore di circa 9 miliardi di dollari. Uno sforzo che, soltanto per l’AIDS, si è tradotto in cure con terapie antiretrovirali per circa 550 mila persone. L’obiettivo, entro i prossimi quattro anni, è destinare farmaci ad un altro milione e mezzo di persone: una mossa cruciale affinché in diverse Nazioni l’accesso alle terapie e alla prevenzione diventi presto una realtà. D’altro canto, è anche molto importante che questi Paesi conducano campagne nazionali contro le malattie. In questo quadro, le numerose richieste di finanziamento – ha precisato Feachem – “dimostrano che tanti Paesi stanno moltiplicando gli sforzi”. L’Africa è la grande protagonista di questo risveglio. E’ infatti dal continente più devastato dal virus dell’HIV che arriva ben il 50% delle richieste di finanziamento, relative al 60% dei fondi assegnati. E i Paesi africani, ha detto al Congresso di Toronto il ministro della Sanità etiope, Tedros Adhanom Ghebreyesus, sono consapevoli che “il Fondo Globale è un importantissimo partner nella lotta contro AIDS, tubercolosi e malaria”. (E.B.)

 

 

processato in cina il giornalista arrestato nei mesi scorsi

con l’accusa di spionaggio. l’udienza si è svolta a porte chiuse.

per il momento non si conosce la sentenza. secondo i media locali

 l’uomo avrebbe firmato un documento in cui confessa

 di aver raccolto documenti segreti per conto di Taiwan

 

PECHINO. = Il giornalista di Hong Kong, Ching Cheong, arrestato 16 mesi fa nel Guangdong con l’accusa di spionaggio, è stato processato ieri a porte chiuse a Pechino. La sentenza non è ancora nota e il processo, velocissimo, - afferma AsiaNews - si è svolto in assenza di parenti e cronisti. Secondo le informazioni in suo possesso la moglie del giornalista, che confida in un imminente rilascio, ha affermato che l’uomo “sta bene mentalmente”, anche se dimagrito. Ieri intanto ad Hong Kong, nei pressi del Parlamento, almeno 100 persone hanno partecipato ad una veglia di solidarietà. Per quanto riguarda i motivi dell’arresto, mesi fa, l’agenzia Xinhua, citando fonti anonime, aveva spiegato che il giornalista avrebbe raccolto documenti “top secret” o “confidenziali” su aspetti politici, economici e militari, passati poi al governo di Taiwan. Secondo i media cinesi, Ching avrebbe anche firmato una “confessione” in cui conferma “tutti i suoi crimini”, fra cui quello di aver costruito “una rete di informatori” per “vendere segreti di Stato” a potenze straniere. In Cina la maggioranza delle informazioni sulla vita della nazione sono considerate “segreto di Stato” e la loro rivelazione attraverso i media viene bollata come “un attentato alla sicurezza dello Stato”. Attualmente nel Paese almeno 42 giornalisti sono detenuti per questo tipo di reato. Secondo fonti dell’agenzia di AsiaNews le ragioni vere dell’arresto di Ching Cheong sono da rintracciare nella sua ricerca su Zhao Ziyang e sul massacro di Tiananmen nell’89. (E.B.)

 

 

cina e india possono svolgere un ruolo fondamentale per combattere

la povertà in africa. così JEFFREY SACHS, il consigliere speciale

del segretario generale dell’onu, kofi annan

 

PECHINO. = “La Repubblica popolare cinese può svolgere un ruolo unico” nello sviluppo dell’Africa e nella lotta alla povertà del continente. Lo ha affermato Jeffrey Sachs, consigliere speciale del segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, durante un seminario sulle relazioni tra Cina e Africa, organizzato in questi giorni dalle Nazioni Unite a Pechino. A darne notizia è l’agenzia MISNA. “Non bisogna dimenticare che in questo Paese la povertà non è un ricordo lontano”, ha aggiunto Sachs, sottolineando che l’esperienza accumulata negli ultimi decenni fa di Pechino, insieme all’India, il migliore consigliere possibile per l’Africa. A proposito delle frequenti accuse formulate nei confronti di molti governi africani – soprattutto da parte occidentale - Sachs ha anche affermato che si è soliti parlare di corruzione per spiegare la situazione africana. Tuttavia – ha aggiunto – “i Paesi asiatici stanno crescendo ad un ritmo molto più veloce di quelli africani e i loro governi non sono certo meno corrotti”. (E.B.)

                                                                           

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

16 agosto 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco ed Eugenio Bonanata -

 

 

L’Iran è pronto a discutere la sospensione delle proprie attività nucleari. Lo ha affermato oggi il capo della diplomazia iraniana, Manouchehr Mottaki. Il diplomatico, intervenendo durante una conferenza, ha affermato la disponibilità a parlare di questa soluzione, pur considerandola “illogica”. L’affermazione giunge a pochi giorni dalla data del 22 agosto, termine entro il quale la comunità internazionale attende una risposta chiara da Teheran sul pacchetto di incentivi offerto in cambio della sospensione dell’arricchimento dell’uranio.

 

Non accenna a diminuire la violenza nella Striscia di Gaza: due militanti palestinesi sono stati uccisi, nella notte, durante un raid aereo israeliano a Khan Younes ed altri due hanno perso la vita al valico di Kissufim. Sembrano introvabili, invece, i due giornalisti della Fox Tv rapiti lunedì a Gaza da uomini armati. Al momento, il sequestro non è stato ancora rivendicato. Oggi, intanto, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, e il primo ministro, Ismail Haniyeh, hanno raggiunto un’intesa per un governo di unità nazionale. Secondo il portavoce dell’esecutivo, “presto inizieranno i negoziati tra il presidente e le fazioni palestinesi”. Come condizione preliminare, Haniyeh avrebbe chiesto ad Abu Mazen di fare pressione per il rilascio dei ministri e dei deputati di Hamas arrestati da Israele nelle scorse settimane.

 

Sembra una strage senza fine quella che si sta consumando in queste ore in Iraq. Dopo l’attentato di ieri a Mossul e le violenze a Kerbala, costati la vita a decine di persone, otto persone sono morte stamani, a Baghdad, per un attacco kamikaze compiuto nei pressi di un mercato. Poco prima, 8 passanti erano rimasti uccisi in una zona orientale della capitale, per l’esplosione di una bomba. Intanto, il presidente statunitense, George Bush, ha respinto l’idea di una spartizione dell’Iraq in base ai diversi gruppi etnici, come soluzione per far finire le violenze che scuotono il Paese. Lo ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca, spiegando che la maggior parte degli iracheni “non lo vuole”.

 

Gli scontri e le violenze sconvolgono anche lo Sri Lanka: soldati inviati dal governo di Colombo nel nord del Paese hanno ucciso in combattimento almeno 5 presunti ribelli Tamil. Secondo L’UNICEF, intanto, non c’è “alcuna prova” che l'orfanotrofio bombardato sabato scorso, nel nordest dello Sri Lanka, ospitasse bambini soldato, come invece sostenuto dall’esercito di Colombo. L’offensiva ha causato, secondo fonti Tamil, la morte di 61 studentesse. Il governo parla, invece, di decine di vittime tra i guerriglieri.

 

Ultimo saluto, ieri, dei tanti amici che si sono stretti attorno alla bara di Angelo Frammartino, il volontario italiano di 24 anni ucciso giovedì scorso a Gerusalemme. Ieri pomeriggio il rito funebre nel duomo di Monterotondo, località nelle vicinanze di Roma. Presente, tra le rappresentanze istituzionali, anche il presidente della Camera, Fausto Bertinotti. Il vescovo di Sabina – Poggio Mirteto, Lino Fumagalli, durante l’omelia ha sottolineato l’esempio di Angelo “quale via per rafforzare l’impegno per la pace”. Ascoltiamo il suo commento al microfono di Massimiliano Menichetti:

 

**********

R. – Un ragazzo, un giovane che insieme a dieci giovani di Monterotondo ha trascorso il periodo estivo a Gerusalemme con i bambini palestinesi, per offrire loro un momento di relax e di sorriso in mezzo alle tante difficoltà. Hanno sempre operato per la pace e anche nel funerale i compagni non hanno lasciato cadere la speranza di essere costruttori di pace tra i popoli, tra le nazioni, tra gli uomini.

 

D. – Uno striscione ha accompagnato la bara di Angelo, molti i messaggi letti dagli amici. Lei ha parlato di un esempio da seguire, in questo ragazzo…

 

R. – Il manifesto che apriva il corteo con la bara di Angelo recitava: “Creeremo condizioni di pace perché nascano figli della pace”. E credo che questo sia l’insegnamento più grande che Angelo lascia a ciascuno di noi. E’ proprio questa volontà tenace di essere costruttori di pace, nonostante le difficoltà del mondo di oggi, che ritengo possa essere accettata da tutti: credenti e non credenti.

 

D. – Ma concretamente, come si rafforza l’impegno per la pace?

 

R. – Credo, prima di tutto, mettendo la propria vita a disposizione di tutte quelle attività che sono in grado di favorire la convivenza tra i popoli. Non bisogna far cadere la speranza in un mondo migliore e, contemporaneamente, bisogna sentire la speranza e la responsabilità di costruirlo con il proprio impegno e la propria testimonianza. Non basta manifestare il cordoglio per una morte incomprensibile, ma dal cordoglio deve nascere una più forte, più tenace volontà di poter raggiungere la pace, con tutti i mezzi possibili: dal dialogo alla collaborazione, alla convivenza. Credo che, in questo, Angelo possa essere un esempio e uno stimolo per tutti.

**********

 

Vertice dei ministri degli Interni dell’UE oggi a Londra: al centro dei colloqui, la sicurezza antiterrorismo, dopo gli attentati sventati in Gran Bretagna la settimana scorsa. Ieri, intanto, sono scattate le manette per il 24.esimo sospettato di coinvolgimento negli attentati sventati nei giorni scorsi.

 

I serbatoi di riserva dell’Ucraina verranno riempiti di 24,5 miliardi di metri cubi di metano russo. E’ quanto stabilito dall’accordo fra Russia e Ucraina, siglato oggi a Soci, località balneare russa sul Mar Nero, durante un vertice informale dei Paesi della CSI (la Comunità di Stati indipendenti che sulla carta ha sostituito l’ex URSS). L’accordo dovrebbe tranquillizzare i mercati europei sui rifornimenti per il prossimo inverno. Raggiunta anche un’intesa sui prezzi dei rifornimenti russi all’Ucraina per il 2006 e il 2007, che, secondo le prime anticipazioni, non dovrebbe comportare aumenti.

 

In Etiopia, è salito a 700 il numero dei morti per le inondazioni che dal 6 agosto hanno colpito il Paese. Migliaia i dispersi. La televisione pubblica ha riferito delle ultime 194 vittime lungo il fiume Omo (nel sud del Paese), straripato domenica scorsa. Seimila persone nei villaggi dell'area attendono di essere portate in salvo da 2 elicotteri militari e 14 imbarcazioni messe a disposizione per i soccorsi. Oggi, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha espresso il suo dolore per la perdita di tante vite umane e ha assicurato che l’ONU continuerà a portare soccorsi ai sopravvissuti.

 

Si aggrava anche il bilancio del tifone “Saomai”, che si è abbattuto in Cina. Sono 319 morti provocati dal più violento tifone degli ultimi 50 anni. Colpite, soprattutto, le province di Zhejiang e Fujian, nel sudest del Paese.

 

In Nigeria, sono stati rilasciati i quattro lavoratori del settore petrolifero rapiti lo scorso 9 agosto da ribelli a largo del delta del Niger. I due nigeriani e i due ucraini erano stati prelevati a bordo di una nave di rifornimento.

 

In Somalia, le Corti islamiche hanno conquistato all’alba il porto di Hobyo, nel centro del Paese, continuando così ad estendere il loro controllo. Intanto, i negoziati politici a Khartoum restano fermi, mentre il governo di transizione è ancora situato a Baidoa.

 

Pioggia di critiche sul premier giapponese Koizumi, per la controversa visita compiuta ieri al sacrario bellico di Yasukuni, dove si trovano 28 criminali di guerra processati alla fine del secondo conflitto mondiale. L’ex premier, Nakasone, che nel 1985 fu l’ultimo capo di governo a visitare il tempio shintoista, ha sottolineato che Koizumi avrebbe dovuto attribuire priorità non alla propria visita, ma alla soluzione dei dissidi sul sacrario.

 

Un incidente rischia di riaccendere la tensione tra Russia e Giappone: un pescatore giapponese è stato ucciso stamani dal fuoco di una motovedetta russa, in un tratto di oceano vicino alla controversa frontiera marittima fra i due Paesi. Si tratta del più grave incidente del genere in oltre 50 anni di dispute territoriali. Giappone e Russia si contendono alcune isole, conosciute in Giappone come Territori settentrionali ed in Russia come Curili meridionali.

 

 

=======ooo=======