RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 227  - Testo della trasmissione di martedì15 agosto 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nella festa dell'Assunzione, il Papa affida alla Regina della Pace le ansie dell'umanità per ogni luogo straziato dalla violenza: il suo pensiero va al Libano, alla Terra Santa, all’Iraq e allo Sri Lanka

 

Il Papa terrà l’udienza generale domani alle 11.00 a Castel Gandolfo

 

Il ruolo della donna nella Chiesa, la questione dell’AIDS e la sfida della modernità, tra i temi trattati dal Papa nell’intervista rilasciata a tre TV tedesche e alla Radio Vaticana. Oggi la seconda parte dell’intervista

 

Nessun accordo di pace potrà durare se non è accompagnato dalla pace nei cuori: così, il cardinale Roger Etchegaray, Inviato Speciale del Papa in Libano, nella Messa di stamani nel santuario mariano ad Harissa

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Regge la tregua in Libano, dove i soldati israeliani lasciano il Sud e gli sfollati tornano a casa

 

Mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, commenta le parole del Papa sul ruolo della donna nella Chiesa

 

CHIESA E SOCIETA’:

Autorizzata dal leader nordcoreano Kim Jong Il la costruzione di una chiesa ortodossa a Pyongyang

 

Lettera ai governanti dai 600 giovani che hanno partecipato all’Incontro internazionale sulla pace ad Assisi: “Aiutateci a costruire la pace”

 

Al Congresso mondiale di Toronto sull’AIDS, presentato il Rapporto UNICEF sulla diffusione del virus in Africa

 

Circa 10 mila sfollati nell’Isola di Java, a causa di una fiumana di fango bollente proveniente da un pozzo minerario

 

La penisola di Bakassi consegnata al Camerun dopo una disputa decennale con la Nigeria, per decisione della Corte internazionale di giustizia

 

24 ORE NEL MONDO:

Oggi, nel Duomo di  Monterotondo, i funerali di Angelo Frammartino, il giovane volontario italiano ucciso giovedì scorso a Gerusalemme

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 agosto 2006

 

NELLA FESTA DELL'ASSUNZIONE IL PAPA AFFIDA ALLA REGINA DELLA PACE

LE ANSIE DELL'UMANITÀ PER OGNI LUOGO STRAZIATO DALLA VIOLENZA

 

Nella Festa dell’Assunzione della Vergine il Papa, durante l’Angelus a Castel Gandolfo,  invoca Maria, Regina della pace, perché ottenga la concordia per tutto il mondo. Il suo pensiero è andato ancora una volta al Libano e alla Terra Santa, ma anche all’Iraq e allo Sri Lanka. Il servizio è di Sergio Centofanti.

 

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Il Papa parla della “consolante verità di fede” dell’Assunzione in cielo di Maria: “nel suo trionfo – rileva – il popolo cristiano pellegrino nella storia intravede il compimento delle sue attese e il segno certo della sua speranza”.  “Maria – aggiunge Benedetto XVI – è  esempio e sostegno per tutti i credenti: ci incoraggia a non perderci di fiducia dinanzi alle difficoltà e agli inevitabili problemi di tutti i giorni. Ci assicura il suo aiuto e ci ricorda che l’essenziale è cercare e pensare alle cose di lassù, non a quelle della terra” :

 

“Presi dalle occupazioni quotidiane rischiamo infatti di ritenere che sia qui, in questo mondo nel quale siamo solo di passaggio, lo scopo ultimo dell’umana esistenza. Invece è il Paradiso la vera meta del nostro pellegrinaggio terreno. Quanto diverse sarebbero le nostre giornate se ad animarle fosse questa prospettiva! Così è stato per i santi. Le loro esistenze testimoniano che quando si vive con il cuore costantemente rivolto al cielo, le realtà terrene sono vissute nel loro giusto valore perché ad illuminarle è la verità eterna dell’amore divino”.

 

Quindi il Papa invoca l’intercessione della Vergine per la pace:

 

“Alla Regina della pace, che contempliamo nella gloria celeste, vorrei affidare ancora una volta le ansie dell’umanità per ogni luogo del mondo straziato dalla violenza”.

 

Il Papa si unisce a quanti si sono raccolti nel Santuario di Nostra Signora del Libano ad Harissa per una Celebrazione eucaristica presieduta dal cardinal Roger Etchegaray, che si è recato in Libano come suo Inviato Speciale, “per portare conforto e concreta solidarietà a tutte le vittime del conflitto e pregare per la grande intenzione della pace”. Ed esprime la sua comunione anche con i pastori e i fedeli della Chiesa in Terra Santa, riuniti nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, attorno al rappresentante pontificio in Israele e Palestina, l’arcivescovo Antonio Franco, “per pregare per le stesse intenzioni”.  Il pensiero del Papa si volge infine anche ad altri due Paesi sconvolti da drammatiche guerre:

 

“Il mio pensiero va pure alla cara Nazione dello Sri Lanka, minacciata dal deterioramento del conflitto etnico; all’Iraq, dove la spaventosa e quotidiana scia di sangue allontana la prospettiva della riconciliazione e della ricostruzione. Ottenga Maria per tutti sentimenti di comprensione, volontà di intesa e desiderio di concordia!”

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NELLA MESSA PER LA SOLENNITA’ DELL’ASSUNZIONE DI MARIA IN CIELO,

IL PAPA NELLA PARROCCHIA PONTIFICIA DI CASTEL GANDOLFO, HA SOTTOLINEATO

CHE ATTRAVERSO MARIA COMPRENDIAMO CHE L’AMORE DI DIO PREVALE SEMPRE

SULLA VIOLENZA DEL MONDO

 

Prima dell’Angelus, il Papa ha celebrato la Santa Messa per la Solennità dell’Assunzione di Maria, nella parrocchia pontificia San Tommaso da Villanova, in Castel Gandolfo. Benedetto XVI ha affermato che nel volto della Vergine possiamo vedere la bellezza di Dio e, attraverso il suo esempio, sperimentare che l’amore di Dio vince sempre il male. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(cori)

 

Maria, dimora di Dio, ci indica la via per trovare la vera felicità. Nell’omelia, tenuta a braccio, il Papa ha sottolineato come Maria ci mostri che non l’odio, ma l’amore di Dio vince nella storia e, con questo amore, prevale la pace. Richiamandosi alla Prima Lettura, tratta dall’Apocalisse di San Giovanni, Benedetto XVI ha affermato che Dio sconfigge il drago, simbolo di tutti i poteri della violenza del mondo. Riflessione corredata da un’invocazione a Maria per la pace tra i popoli:

 

“Preghiamo Maria, la Regina della Pace, perché aiuti per la vittoria della pace, oggi”.

 

Maria, ha affermato il Papa, è Beata per tutte le generazioni perché ha creduto, “perché è unita a Dio, vive con Dio”. Maria, ha proseguito, “ha preparato qui in terra la dimora per Dio con corpo e anima” ed ha “aperto la terra per il cielo”. E questo, ha detto, “è tutto il contenuto del dogma dell’Assunzione di Maria alla gloria del cielo”.  Quindi, è tornato a sottolineare il significato fondamentale delle parole di Elisabetta alla Madre di Dio: “Beata colei che ha creduto”:

 

“Il primo e fondamentale atto per trovare dimora in Dio e per trovare così la felicità definitiva è credere. E’ la fede, la fede in Dio, quel Dio che si è mostrato in Gesù Cristo e si fa sentire nella Parola divina della Sacra Scrittura”.

 

Credere, ha detto ancora, “non è aggiungere un’opinione ad altre”. Se Dio non c’è, infatti, “la vita è vuota, il futuro è vuoto”. Se Dio c’è, invece, “tutto è cambiato, la vita è luce, il nostro avvenire è luce e abbiamo l’orientamento per come vivere”. Maria, è la riflessione del Pontefice, oltre a questo “atto fondamentale della fede, che è un atto vitale” aggiunge nel Magnificat: “Stende la sua misericordia su quelli che lo temono”. Parla dunque del “timor di Dio”. Un timore, ha spiegato il Papa, che non è angoscia, giacché come figli “non abbiamo angoscia del Padre”:

 

“Timor di Dio è quel senso di responsabilità che noi dobbiamo avere, responsabilità, per la porzione del mondo che ci è affidata nella nostra vita. Responsabilità di amministrare bene questa parte del mondo e della storia che siamo noi e così servire per l’edificazione giusta del mondo, servire per la vittoria del bene e della pace”.

 

In una parrocchia gremita di fedeli, che hanno pregato per la pace in Medio Oriente, il Papa ha dunque voluto ribadire che “proprio vedendo il volto di Maria” possiamo vedere la “bellezza di Dio, la sua bontà, la sua misericordia”.

 

(cori)

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IL PAPA TERRA’ L’UDIENZA GENERALE DOMANI ALLE 11.00  A CASTEL GANDOLFO

 

Domani mattina alle 11.00  il Papa terrà l’udienza generale del mercoledì nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle 10.50 in onda media (585 kHz), modulazione di frequenza (105 e 93,3 MHz) e onda corta (5885 kHz).

 

 

 

IL RUOLO DELLA DONNA NELLA CHIESA, LA QUESTIONE DELL’AIDS E LA SFIDA

DELLA MODERNITA’, TRA I TEMI TRATTATI DAL PAPA NELL’INTERVISTA RILASCIATA

A TRE TV TEDESCHE E ALLA RADIO VATICANA.

OGGI LA SECONDA PARTE DELL’INTERVISTA

 

Ha fatto il giro del mondo l’intervista rilasciata da Benedetto XVI  a tre TV tedesche e alla Radio Vaticana, e trasmessa ieri dal nostro Radiogiornale. Molti commentatori hanno messo in risalto la frase in cui il Papa afferma che  “il cattolicesimo non è un cumulo di proibizioni ma un’opzione positiva” e che bisogna far capire all’uomo di oggi che “credere è bello”, per “riscoprire” il “volto umano” di Dio in Cristo.  Molti gli argomenti toccati dal Papa in questa lunga intervista, di cui oggi vogliamo offrirvi la seconda parte. Tra questi il ruolo della donna nella Chiesa. Ascoltiamo le parole di Benedetto XVI: 

 

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R. – Ja, darüber wird natürlich sehr nachgedacht. …

Su questo argomento naturalmente si riflette molto. Come Lei sa, noi riteniamo che la nostra fede, la costituzione del Collegio degli Apostoli ci impegnino e non ci permettano di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne. Ma non bisogna neppure pensare che nella Chiesa l’unica possibilità di avere un qualche ruolo di rilievo sia di essere sacerdote. Nella storia della Chiesa vi sono moltissimi compiti e funzioni. A cominciare dalle sorelle dei Padri della Chiesa, per giungere al medioevo, quando grandi donne hanno svolto un ruolo molto determinante, e fino all’epoca moderna. Pensiamo a Ildegarda di Bingen, che protestava con forza nei confronti di Vescovi e del Papa; a Caterina da Siena e a Brigida di Svezia. Così anche nel tempo moderno le donne devono – e noi con loro – cercare sempre di nuovo il loro giusto posto. Oggi, esse sono ben presenti nei Dicasteri della Santa Sede. Ma c’è un problema giuridico: quello della giurisdizione, cioè il fatto che secondo il Diritto Canonico il potere di prendere decisioni giuridicamente vincolanti è legato all’Ordine sacro. Da questo punto di vista vi sono quindi dei limiti. Ma io credo che le stesse donne, con il loro slancio e la loro forza, con la loro – per così dire - preponderanza, con la loro “potenza spirituale”, sapranno farsi il loro spazio. E noi dovremmo cercare di metterci in ascolto di Dio, per non essere noi ad opporci a Lui, ma anzi ci rallegriamo che l’elemento femminile ottenga nella Chiesa il posto operativo che gli conviene, a cominciare dalla Madre di Dio e da Maria Maddalena.

 

D. – In tutto il mondo i credenti attendono dalla Chiesa cattolica risposte ai problemi globali più urgenti, come l’AIDS e la sovrappopolazione. Perché la Chiesa cattolica insiste tanto sulla morale anteponendola ai tentativi di soluzione concreta per questi problemi cruciali dell’umanità, ad esempio nel continente africano?

 

R. – Ja, nun, das ist die Frage: Stellen wir wirklich die Moral so heraus? …

Già, questo è il problema: insistiamo veramente tanto sulla morale? Io direi – me ne sono convinto sempre più anche nel dialogo con i Vescovi africani – che la questione fondamentale, se vogliamo fare dei passi avanti in questo campo, si chiama educazione, formazione. Il progresso può essere progresso vero solo se serve alla persona umana e se la persona umana stessa cresce; se non cresce solo il suo potere tecnico, ma anche la sua capacità morale. E penso che il vero problema della nostra situazione storica sia lo squilibrio fra la crescita incredibilmente rapida del nostro potere tecnico e quella della nostra capacità morale, che non è cresciuta in modo proporzionale. Perciò la formazione della persona umana è la vera ricetta, la chiave di tutto direi, e questa è anche la nostra via. E questa formazione ha – per dirla in breve - due dimensioni. Anzitutto naturalmente dobbiamo imparare: acquisire sapere, capacità, know-how come si suol dire. In questa direzione l’Europa, e l’America negli ultimi decenni, hanno fatto molto, ed è una cosa importante. Ma se si diffonde solo know-how, se si insegna solo come si costruiscono e usano le macchine, e come si impiegano i mezzi di contraccezione, allora non bisogna poi meravigliarsi che alla fine ci si ritrovi con le guerre e con le epidemie di AIDS. Noi abbiamo bisogno di due dimensioni: ci vuole allo stesso tempo la formazione del cuore – se così posso esprimermi – con cui la persona umana acquisisce dei riferimenti e impara così anche ad usare correttamente la tecnica, che pure ci vuole. Ed è questo che cerchiamo di fare. In tutta l’Africa e anche in molti paesi dell’Asia abbiamo una grande rete di scuole di ogni grado, dove anzitutto si può imparare, acquisire vera conoscenza, capacità professionale, e con ciò raggiungere autonomia e libertà. Ma in queste scuole noi cerchiamo appunto non solo di comunicare know-how, ma di formare persone umane, che vogliano riconciliarsi, che sappiano che dobbiamo costruire e non distruggere, e che abbiano i riferimenti necessari per saper convivere. In gran parte dell’Africa le relazioni fra musulmani e cristiani sono esemplari. I Vescovi hanno formato comitati comuni insieme con i musulmani per vedere come creare pace nelle situazioni di conflitto. E questa rete delle scuole, dell’apprendimento e della formazione umana, che è molto importante, viene completata da una rete di ospedali e di centri di assistenza, che raggiunge capillarmente anche i villaggi più remoti. E in molti luoghi, dopo tutte le distruzioni della guerra, la Chiesa è rimasta l’ultimo potere intatto – non potere, ma realtà! Una realtà dove si cura, dove si cura anche l’AIDS, e dove, d’altra parte, si offre un’educazione che aiuta a stabilire i giusti rapporti con gli altri. Perciò credo che dovrebbe venire corretta l’immagine secondo cui seminiamo attorno a noi solo dei rigidi “No”. Proprio in Africa si opera molto, perché le diverse dimensioni della formazione si possano integrare e così diventi possibile il superamento della violenza e anche delle epidemie, fra cui bisogna contare anche la malaria e la tubercolosi.

 

D. – Le società moderne nelle decisioni importanti riguardo alla politica e alla scienza non si orientano secondo i valori cristiani e la Chiesa – lo sappiamo dalle inchieste – viene considerata perlopiù solo come una voce ammonitrice o addirittura frenante. La Chiesa non dovrebbe uscire da questa posizione difensiva e assumere un atteggiamento più positivo riguardo al futuro e alla sua costruzione?

 

R. – Ja, ich würde sagen, das ist auf jeden Fall ein Auftrag an uns, …

Direi che in ogni caso abbiamo il nostro compito di mettere meglio in rilievo ciò che noi vogliamo di positivo. E questo dobbiamo anzitutto farlo nel dialogo con le culture e con le religioni, poiché il continente africano, l’anima africana e anche l’anima asiatica restano sconcertate di fronte alla freddezza della nostra razionalità. È importante dimostrare che da noi non c’è solo questo. E reciprocamente è importante che il nostro mondo laicista si renda conto che proprio la fede cristiana non è un impedimento, ma invece un ponte per il dialogo con gli altri mondi. Non è giusto pensare che la cultura puramente razionale, grazie alla sua tolleranza, abbia un approccio più facile alle altre religioni. Ad essa manca in gran parte “l’organo religioso” e con ciò il punto di aggancio a partire dal quale e con il quale gli altri vogliono entrare in relazione. Perciò dobbiamo, possiamo mostrare che proprio per la nuova interculturalità, nella quale viviamo, la pura razionalità sganciata da Dio non è sufficiente, ma occorre una razionalità più ampia, che vede Dio in armonia con la ragione, dobbiamo mostrare che la fede cristiana che si è sviluppata in Europa è anche un mezzo per far confluire ragione e cultura e per tenerle insieme in un’unità comprensiva anche dell’agire. In questo senso credo che abbiamo un grande compito, di mostrare cioè che questa Parola, che noi possediamo, non appartiene – per così dire – ai ciarpami della storia, ma è necessaria proprio oggi.

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NESSUN ACCORDO DI PACE POTRA’ DURARE SE NON E’ ACCOMPAGNATO DALLA PACE

NEI CUORI: COSI’, IL CARDINALE ROGER ETCHEGARAY, INVIATO SPECIALE DEL PAPA

IN LIBANO, NELLA MESSA DI STAMANI NEL SANTUARIO MARIANO AD HARISSA.

IL PORPORATO HA RIBADITO CHE IL VERO CAMMINO DELLA PACE

E’ SOPRATTUTTO SPIRITUALE E DEVE QUINDI FONDARSI SUL PERDONO

 

Una vera pace si costruisce con il perdono e la conversione dei cuori: è l’esortazione ai fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà rivolta oggi dal cardinale Roger Etchegaray, Inviato Speciale del Papa in Libano. Il porporato che ha celebrato stamani una Messa nel Santuario mariano libanese ad Harissa, ha ribadito l’importanza della preghiera per ottenere la pace. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Cristo non solo ci dona la pace, Egli è la nostra pace”: il cardinale Roger Etchegaray ha sottolineato come la pace e la preghiera siano legate l’una all’altra. Pregare, ha affermato “è la prova più sicura che noi abbiamo preso sul serio la pace”. Sono venuto in Libano, ha detto il porporato, come “messaggero del Papa”, messaggero di pace. Con questo spirito, ha aggiunto, “siamo uniti a quanti si raccolgono in preghiera nella città di Nazareth”. Li come in questo luogo “noi condividiamo le sofferenze, le angosce, le speranze dei popoli” travolti da una “guerra fratricida della quale Benedetto XVI ha detto: “nulla può giustificare lo spargimento di sangue da qualsiasi parte provenga”. Quindi, ha parlato di un’emorragia “particolarmente grave” per il popolo libanese. Il cardinale Etchegaray si è riferito ad un dato drammatico: “Il 30 per cento delle vittime” di questa guerra “ha meno di 12 anni”. Ha così rivolto il pensiero alle madri di famiglia e ai tanti sfollati libanesi.

 

Di fronte all’ampiezza di tale orrore, è stata la riflessione dell’Inviato del Papa, non ci sarà “alcun rimedio” finché “non andremo alle radici del male”; fino  a quando “umilmente ciascuno non riconoscerà che i nemici non sono soltanto gli altri, ma anche loro stessi”. Il vero cammino per la pace, ha constatato, “è spirituale ancor più che politico”. Per questo, “nessuna pace stabilita da un accordo potrà tenere se non sarà accompagnata anche dalla pace dei cuori”. Ma, ha aggiunto, “solo Dio può addolcire i cuori induriti” specie in un’epoca in cui “la violenza si infiltra nella vita quotidiana suscitando quella paura che rende l’uomo una bestia”. Nessuna religione, ha avvertito, può pretendere di “catturare Dio per metterlo nel proprio campo contro l’altro”. Tutte le fedi sono, invece, “chiamate a fare appello a Dio clemente e misericordioso”. Ancora, ha affermato, in questo “clima di odio che respiriamo troppo spesso”, capiamo che “solo il perdono può condurci alla riconciliazione”, un perdono che “non è né l’usura del tempo, né la dimenticanza, né il calcolo interessato”. Solo quando l’uomo sarà in grado di perdonare, allora la terra vivrà “in una pace ricolma di gioia”.

 

Il cardinale Etchegaray non ha mancato di rivolgere l’attenzione al conflitto israelo-palestinese: si tratta, ha evidenziato, di “uno di quei drammi che se non si troverà rapidamente una soluzione equa, non lascerà alcuna parte, alcuno Stato innocente né indenne per il proprio avvenire”. Finché non avremo “verità e giustizia” per entrambi i popoli “non avremo pace durevole nel mondo”. Specie in questo luogo, ha aggiunto, “vivere insieme è una sfida e un programma”. L’Inviato del Papa ha pregato anche per le vittime delle altre guerre, quelle dimenticate, e per il popolo iracheno così duramente provato.

 

Ha poi ricordato che, proprio 21 anni fa, Giovanni Paolo II lo inviò in Libano, in un momento di grande prova per il popolo libanese afflitto da un’altra terribile guerra. Il porporato ha voluto ripetere le parole di allora: “Libano, tu non morirai”. “Sotto le macerie fumanti della violenza e della vendetta”, ha proseguito il cardinale Etchegaray, scopriamo che “la tua anima è ancora intatta”. Il Libano è una “terra di comunione e condivisione”. “Non le mancheranno mai il mare e le montagne: la montagna per darle identità, il mare per dialogare”. Il Libano, è stata l’esortazione finale del porporato, “sia sempre fedele alla sua vocazione di far coesistere le culture e le religioni”.

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 agosto 2006

 

REGGE LA TREGUA IN LIBANO, DOVE I SOLDATI ISRAELIANI LASCIANO IL SUD

E GLI SFOLLATI TORNANO A CASA. SUL TERRENO, INTANTO, DUE CIVILI MORTI

PER L’ESPLOSIONE DI DUE ORDIGNI SGANCIATI NEI GIORNI SCORSI

DA AEREI ISRAELIANI NEL SUD DEL LIBANO

 

In Medio Oriente, il cessate-il-fuoco sembra tenere, nonostante alcuni sporadici episodi di violenza: questa mattina due civili sono morti per la deflagrazione di due ordigni sganciati, nei giorni scorsi, da aerei israeliani nel sud del Libano. La notte scorsa sono stati sparati, inoltre, diversi colpi di mortaio, da parte di guerriglieri Hezbollah, contro postazioni presidiate da soldati dello Stato ebraico. Fortunatamente, non ci sono state vittime. Ieri, poi, sei combattenti sciiti sono rimasti uccisi in scontri isolati con soldati israeliani. Ma la situazione sul terreno appare comunque tranquilla. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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La tregua sembra reggere e gli sfollati tornano a casa. Almeno un milione di persone sta cercando di districarsi tra strade e ponti distrutti per tornare nel sud, dove oltre 15 mila abitazioni sono crollate durante i bombardamenti. E proprio nel sud del Libano, l’esercito dello Stato ebraico ha reso noto di essere pronto ad abbandonare le proprie posizioni. Fonti locali riferiscono che il ritiro dei soldati israeliani dal Libano potrebbe essere completato entro la prossima settimana. La rapidità dell’operazione dipenderà dai tempi di dispiegamento della forza internazionale di interposizione e di 15 mila soldati libanesi. Secondo fonti militari israeliane, un’avanguardia del contingente multinazionale delle Nazioni Unite potrebbe arrivare già nelle prossime 48 ore.

 

Sul versante politico, il presidente americano George Bush ha definito la risoluzione dell’ONU, che ha portato alla cessazione delle ostilità, un “passo avanti significativo” verso la pace in Medio Oriente. Il governo di Beirut ha definitivamente accolto, inoltre, la risoluzione delle Nazioni Unite precisando che è stata accettata da tutte le componenti libanesi. Il leader degli Hezbollah ha proclamato, poi, la vittoria dei guerriglieri sciiti, festeggiata in Libano e in Iran, e ha escluso che la prossima tappa sarà il disarmo dei suoi combattenti. Sull’altro fronte, il premier israeliano, Ehud Olmert, si è assunto tutte le responsabilità della guerra davanti al Parlamento. Israele – ha spiegato il primo ministro - non intende però scusarsi per il conflitto contro gli Hezbollah in Libano, dove non c'è stata nessuna reazione “sproporzionata”. “La nostra guerra e la guerra contro il terrorismo – ha concluso Olmert – non è iniziata ieri e non finirà nel prossimo futuro”.

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MONS. BRUNO FORTE, ARCIVESCOVO DI CHIETI-VASTO,

COMMENTA LE PAROLE DEL PAPA SUL RUOLO DELLA DONNA NELLA CHIESA

- Intervista di Manuela Campanile -

 

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R. – Quando il Papa ha detto nell’intervista che il fatto che la donna sia esclusa dal ministero sacerdotale non vuole assolutamente dire una inferiorità, ma semplicemente indicare una diversità di forme di espressione, di partecipazione nella Chiesa: egli ha tradotto con un linguaggio esistenziale e personale quello che dice questa verità teologica. Cioè, non essere prete non significa che la donna sia in una condizione di inferiorità; significa – come lo è stata Maria nei confronti di Gesù – di vivere una partecipazione nella reciprocità.

 

D. – Allora perché non possono essere interscambiabili i ruoli all’interno della Chiesa?

 

R. – Perché ci sono dei ruoli legati ad una identità sacramentale, che è quella del vescovo, del presbitero, del diacono, cioè realtà sacramentali legate alla figura – potremmo dire – ‘paterna’. E ci sono dei ruoli, invece, legati al carisma e che si caratterizzano nella specificità maschile e femminile dove invece la donna ha un amplissimo spazio. Per esempio: la catechista. ‘Catechista’ significa colui o colei cui è affidata la responsabilità della trasmissione della fede alle nuove generazioni, per esempio la vita contemplativa. Noi abbiamo nella Chiesa moltissime contemplative, che sono radice e fondamento e abbiamo esperienza contemplativa anche nella santità vissuta nella vita familiare, da parte – in modo speciale – delle donne. Per esempio, la vita caritativa: la donna ha una capacità di protagonismo nella carità che spesso l’uomo non ha, proprio per le sue attitudini di trasmissione della vita che sono legate alle sue capacità di ascolto, di accoglienza dell’altro, di generazione – appunto – della vita nel cuore dell’altro. Ecco: su questo triplice piano che potremmo dire ‘profetico’, in qualche modo, caritativo e legato anche alla trasmissione della vita che ha la sua sorgente nei sacramenti, la donna ha uno spazio di protagonismo amplissimo che tutta la storia della Chiesa dimostra  e che essa sempre più, sotto l’azione dello Spirito, potrà manifestare. Dunque, ciò che il Papa ha detto è soprattutto l’impulso a uomini e donne nella Chiesa, a valorizzare il protagonismo femminile restando in ascolto degli impulsi dello Spirito che ci faranno sempre più capire come oggi, per il nostro tempo, quello che la donna ha vissuto in altri tempi e che ha avuto ruoli fondamentali nella storia della comunità – si pensi ad una Santa Caterina da Siena o ad una Santa Teresa d’Avila – può oggi esercitare, perché la Chiesa sia in questa società complessa dell’epoca in cui ci troviamo, segno e profezia del Regno.

 

D. – E secondo lei, attraverso questa analisi e guardando all’oggi, la donna in cosa potrebbe essere maggiormente coinvolta, sempre all’interno della Chiesa?

 

R. – Io valorizzerei la dimensione della profezia, cioè la donna al servizio della Parola di Dio, per la trasmissione della fede, come catechista, come teologa, come contemplativa della Parola, come testimone nel dialogo: la donna ha straordinaria capacità di ascolto dell’altro, e quindi anche di dialogo. Secondo, in rapporto alla liturgia, la donna come capace di preparare all’accoglienza dell’altro che si compie nell’evento liturgico che è il culmine di tutta la vita della Chiesa, e la donna come capace di accogliere e trasmettere la vita, che dalla sorgente eucaristica o battesimale viene data a tutti, nella Chiesa.

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CHIESA E SOCIETA’

15 agosto 2006

 

 

Il presidente della Corea del nord ha AUTORIZZATO LA COSTRUZIONE

A PYONGYANG DI una chiesa ortodossa consacrata, domenica scorsa,

dal metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad

 

MOSCA. = Il leader nordcoreano, Kim Jong Il, ha permesso la costruzione di una chiesa ortodossa russa dedicata alla Santissima Trinità, a Pyongyang. Domenica scorsa si è svolta la cerimonia di consacrazione alla presenza del metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad, capo del dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Il metropolita ha anche consacrato sacerdote il parroco della nuova chiesa, il nordcoreano Fjodor Kim che ha studiato al seminario di Mosca. Kirill ha ringraziato Kim Jong Il per la sua iniziativa. L’importanza politica dell’avvenimento – secondo il quotidiano “Avvenire” – è sottolineata dal fatto che alla cerimonia ha preso parte anche il vice premier della Corea del Nord, Kwaw Pom Ki. Dal 1945, con l’instaurazione del regime comunista, la Corea del Nord ha svolto una costante politica anti religiosa. Secondo l’arcivescovo di Seoul, il cardinale sudcoreano Cheong Jinsuk, prima del 1945 in Corea del Nord c’erano 55 mila cattolici in circa 50 parrocchie con 166 sacerdoti e religiosi, di cui oggi non si sa più niente. (E. B.)

 

 

“Aiutateci a costruire la pace”. E’ quanto chiedono ai governanti

i 600 giovani che hanno partecipato

all’incontro internazionale sulla pace,

conclusosi domenica scorsa ad assisi

 

ASSISI. = Il terrorismo, le divisioni tra popoli nel nome della religione, che sono all’origine di molte guerre, preoccupano fortemente i giovani. Proprio per questo, a conclusione del IV meeting internazionale “I giovani verso Assisi”, conclusosi domenica scorsa nella città di San Francesco, 600 ragazzi di 27 nazioni hanno scritto un messaggio di pace, che attraverso alcuni diplomatici accreditati presso la Santa Sede, è giunto a molti capi di Stato. Visti gli episodi di guerra e gli allarmi di attentati verificatisi in questi giorni, i giovani scrivono: “Non si sta creando una cultura del sospetto, del timore, del giudizio e della discriminazione tra i popoli? Non è forse questa la guerra più pericolosa?” Nella lettera i giovani sottolineano che in centinaia, percorrendo tanti chilometri, sono accorsi ad Assisi da diversi Paesi per condividere in fraternità e letizia il sogno della pace in nome Dio. “Questa pace – osservano i ragazzi – perché non fa notizia?” I giovani affermano di conoscere tante ingiustizie di natura politica, economica e sociale nei rispettivi Paesi. Per questo – chiedono ai capi di Stato – “eliminiamole insieme. Ascoltateci e con noi investite sulla pace”. Nei sette giorni di confronti e dibattiti, il meeting ha definito sette specifiche richieste indirizzate ai governanti. Così, oltre ad impegnarsi di più per ridurre il debito dei Paesi poveri, si chiede anche di contrastare le cause delle ingiustizie, di ascoltare di più i bisogni dei popoli e di lavorare per il bene comune. I ragazzi chiedono ai governanti di dare più spazio  a politiche per i giovani: incrementare quindi gli scambi culturali e soprattutto di “non investire più sulla costruzione delle armi ma sulla formazione umana”. (E. B.)

 

 

Nei prossimi quattro anni, in africa, il virus dell’aids porterà

a quota 16 milioni il numero di orfani. è la stima del rapporto unicef,

presentato durante il congresso mondiale sull’aids di Toronto.

rinnovato l’appello a finanziare le ricerce sulla prevenzione

 

TORONTO. = Il virus dell’AIDS nell’Africa subshariana potrebbe portare, entro il 2010, a circa 16 milioni il numero di orfani, pari al 30% dei 53 milioni di bambini africani, con un aumento di quattro milioni rispetto a quelli odierni. E’ la stima presentata durante il congresso mondiale sull'AIDS di Toronto, contenuta nel rapporto redatto da UNICEF, UNAIDS e dal programma per la lotta all’AIDS della presidenza degli Stati Uniti (PEPFAR). Secondo il rapporto quasi tutti gli orfani africani per l’AIDS sono adolescenti fra 12 e 17 anni e sebbene i più piccoli (da zero a 5 anni) siano il 16%, sono anche i più fragili perché hanno un continuo bisogno di assistenza al quale la società non è in grado di rispondere.  Si prevede che soltanto in cinque Paesi (Comore, Ghana, Mauritius, Rwanda e Zimbabwe) il numero degli orfani potrà stabilizzarsi o addirittura ridursi leggermente. Tuttavia nella maggior parte dei Paesi a Sud del Sahara (Ciad, Gabon, Guinea-Bissau, Malawi, Mozambico, Namibia, Sudafrica e Swaziland) si prevede che gli orfani aumenteranno del 15%, o anche oltre, entro i prossimi quattro anni. Anche se in alcuni Paesi la comparsa di nuovi casi dovesse rallentare, l’intervallo fra la comparsa dell’infezione e la morte farà sì che il numero degli orfani continuerà a salire ancora per anni. Come rileva il rapporto, sopravvivere senza i genitori nell’Africa subsahariana significa essere estremamente vulnerabili: non andare più a scuola, mangiare cibi poco nutrienti e poco sicuri, soffrire di ansia e depressione, essere più esposto al rischio di infezioni da HIV. Il quadro, certamente preoccupante, come affermato più volte a Toronto in questi giorni, sottolinea ancora una volta la necessità della prevenzione del virus. L’appello a finanziare nuove ricerche sulla prevenzione è uno dei motivi dominanti del congresso  mondiale sull'AIDS in corso a Toronto.

 

 

NELL’ ISOLA DI JAVA, UN CENTRO ABITATO E UNA LINEA FERROVIARIA

SONO STATI INVASI DAL FANGO BOLLENTE PROVENIENTE DA UN POZZO MINERARIO. CIRCA 10 MILA gli sfollati. A RISCHIO ANCHE IMPORTANTI VIE DI COMUNICAZIONE

 

JAKARTA. = L’incessante fuoriuscita di fango bollente da un pozzo minerario nell’isola di Java, in Indonesia, ha provocato l’invasione di un centro abitato e di una linea ferroviaria. Fino ad ora, 10 mila persone sono state costrette ad abbandonare le loro case.  Dallo scorso 27 maggio, scrive l’agenzia Asianews, circa 50 mila metri cubi di fango, alla temperatura di 60 gradi centigradi, fuoriescono quotidianamente da tale pozzo minerario profondo 3 chilometri situato nei pressi della città industriale di Surabaya, nella parte orientale dell’isola. Circa 25 chilometri quadrati di territorio costituiti da terreni agricoli, canali di irrigazione e strade sono stati danneggiati dal fango bollente. Ad oggi, ogni tentativo di contrastare la fuoriuscita del fango è fallito. Il ministro dell’Ambiente, Rachmat Witoelar, per evitare l’alterazione dell’ecosistema, si è opposto all’eventualità di convogliarlo nel mare e ha proposto invece di realizzare una buca di contenimento. Le tre società proprietarie della miniera, riferendosi ad un recente terremoto che ha colpito l’area, hanno parlato di “cause naturali” all’origine del disastro. Per questo ritengono che i danni dovrebbero essere pagati dal governo. Dal canto suo il vice presidente indonesiano, Jusuf Kalla, riscontrando irregolarità nelle misure di sicurezza adottate, ha addossato invece la responsabilità ad una delle società, che deve ora risarcire le migliaia di danneggiati. (A.Gr.)

 

 

Ammainata la bandiera nigeriana nella penisola di Bakassi,

sostituita da quella del Camerun. la consegna ufficiale del territorio,

sancita dalla corte internazionale DI GIUSTIZIA DELL’ONU,

è avvenuta dopo una disputa pluridecennale,

che aveva portato i due Paesi sull’orlo di un conflitto

 

YAOUNDE’ – ABUJA. = La bandiera del Camerun sventola da ieri sulla penisola di Bakassi, in sostituzione di quella nigeriana. Una cerimonia, svoltasi ad Archibong Town, capitale dell’area, ricca di giacimenti petroliferi off-shore, ha sancito la consegna formale del territorio, sgombrato dalle truppe nigeriane nel fine settimana. Come informa l’agenzia MISNA, dopo una disputa pluridecennale, che aveva anche portato i due Paesi sull’orlo di un conflitto, la Corte internazionale di Giustizia dell’ONU aveva deciso nel 2002 che la Nigeria doveva consegnare Bakassi al confinante Camerun. I relativi documenti ufficiali sono stati firmati dai ministri della Difesa dei due Paesi e da un rappresentante dell’ONU. La parte meridionale della penisola resterà per due anni sotto l’amministrazione civile della Nigeria; gli abitanti potranno decidere se intendono restarvi con la possibilità di mantenere la nazionalità nigeriana, chiedere quella camerunese oppure trasferirsi altrove in Nigeria. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

15 agosto 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Alessandro Grifi -

 

Nel nord dello Sri Lanka, continuano gli scontri fra truppe inviate da Colombo e ribelli delle Tigri Tamil. Si teme una nuova guerra civile: le scuole sono rimaste chiuse e i ribelli hanno minacciato di attaccare obiettivi anche non militari. Nella zona, inoltre, è in vigore il coprifuoco: migliaia di persone sono state ospitate in chiese e abitazioni. Secondo diversi operatori umanitari, sono più di 100 mila i nuovi profughi nel nord-est dello Sri Lanka, dopo i violenti scontri scoppiati nelle scorse settimane nonostante la tregua siglata nel 2002. Gli episodi più gravi sono avvenuti ieri: le Tigri Tamil hanno accusato il governo di aver bombardato una scuola femminile. I ribelli hanno dichiarato che l’attacco ha provocato la morte di 61 studentesse. Secondo l’esecutivo di Colombo, invece, sono morti nel raid decine di guerriglieri. Poco prima, almeno 7 persone erano rimaste uccise in seguito ad un attacco suicida contro un convoglio dell’ambasciata del Pakistan, uno dei maggiori fornitori di armi dello Sri Lanka.

 

Il tifone ‘Saomai’ ha provocato la morte di quasi 300 persone in Cina. Lo ha riferito l’agenzia ufficiale ‘Nuova Cina’ aggiungendo che l’ultimo bilancio provvisorio è di 295 morti e di 94 dispersi. Saomai è il più violento tifone abbattutosi sulla Cina da 50 anni.

 

Forte rischio di una “marea nera” in Asia: migliaia di tonnellate di greggio si sono riversate nell’Oceano Indiano per una collisione avvenuta, ieri, fra una petroliera giapponese ed un mercantile di Singapore. Secondo varie fonti, il forte impatto – che comunque non ha provocato vittime - potrebbe aver fatto perdere alla petroliera fino a  4.500 tonnellate di greggio. Nelle ultime ore, la fuoriuscita è stata comunque bloccata. La collisione si è verificata mentre l’equipaggio della petroliera stava tentando di soccorrere il cargo, in preda ad un incendio. Secondo l’agenzia di stampa nipponica ‘Kyodo’, potrebbe essere il più grave incidente ambientale mai provocato da una petroliera giapponese.

 

Il premier giapponese, Junichiro Koizumi, ha compiuto oggi una visita al sacrario di Yasukuni, sollevando molte polemiche. Nel tempio shintoista sono sepolti anche diversi generali e militari giapponesi, responsabili di crimini e atrocità commessi durante la seconda guerra mondiale. I governi di Cina e Corea del Sud hanno protestato per la visita del primo ministro giapponese nel tempio.

 

L’India celebra oggi il 59.esimo anniversario dell’indipendenza, ma sulla festa incombe la minaccia del terrorismo, dopo l’allerta di Washington su possibili attacchi da parte di militanti islamici. Per questo, le misure di sicurezza sono state rafforzate e migliaia di poliziotti presidiano la capitale. Il premier indiano Manmohan Singh, nel discorso rivolto alla nazione, ha ricordato l’indipendenza dalla Gran Bretagna Londra, conquistata nel 1947. Il premier ha anche ribadito al Pakistan la richiesta di massimo impegno per arginare il terrorismo.

 

Lotta al terrorismo e sicurezza aerea. Sono i temi al centro della riunione che si terrà domani a Londra, alla presenza del ministro dell’Interno britannico, John Reid. La riunione è stata proposta dai governi di Londra ed Helsinki dopo l’annuncio, da parte della Gran Bretagna, degli attentati sventati con una serie di arresti. Intanto, un documento del dipartimento di polizia di New York, conferma che erano stati messi a punto piani per far saltare in aria, con esplosivo liquido,  aerei diretti negli Stati Uniti. Secondo la polizia americana, sarebbero almeno 50 le persone coinvolte, in tutto il mondo, nei progetti terroristici. Nel testo si precisa, inoltre, che ad ogni velivolo sarebbero stati assegnati tre terroristi.

 

Due soldati turchi sono stati uccisi oggi durante alcuni scontri armati con i ribelli separatisti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), nel sud est della Turchia. I combattimenti sono avvenuti sulle montagne di Gabar, nella provincia di Sirnak, vicino alla frontiera irachena. A renderlo noto, un comunicato del governatorato del Sirnak inviato a Diyarbakir, principale città del sud-est turco abitato in maggioranza da curdi.

 

In Iraq, almeno 4 persone sono rimaste uccise a Mossul, nel nord del Paese, per l’esplosione di un camion bomba guidato da un kamikaze. L’attentato è avvenuto vicino agli uffici dell’Unione patriottica del Kurdistan (PUK), partito del presidente iracheno, Jalal Talabani. A Kerbala, poi, 6 persone sono morte per scontri tra insorti e soldati dell’esercito iracheno.

 

Scontri e attacchi imperversano anche nel sud dell’Afghanistan: soldati della coalizione hanno ucciso un membro di al Qaeda nella provincia di Khost, nel sud-est. I taleban, invece, hanno attaccato e ucciso cinque poliziotti, nella provincia di Farah.

 

Sono ore di angoscia per i due giornalisti, uno statunitense e un neozelandese della televisione ‘Fox News’, sequestrati ieri a Gaza da miliziani armati. Il rapimento non è stato rivendicato, finora, da alcuna organizzazione. Intanto, il portavoce del governo palestinese, Ghazi Hammad, ha detto che sono buone le condizioni di Ghilad Shalit, il soldato rapito dal braccio armato di Hamas lo scorso 25 giugno. Per la sua liberazione - ha aggiunto il portavoce palestinese - Israele dovrà rilasciare detenuti palestinesi, in primo luogo donne e giovani.

 

Ultimo saluto, oggi, al giovane volontario italiano Angelo Frammartino, ucciso giovedì scorso a Gerusalemme: nel pomeriggio, alle ore 16, si terranno i funerali nel Duomo del suo paese d’origine, Monterotondo, vicino a Roma. La messa funebre sarà presieduta dal vescovo di Sabina – Poggio Mirteto, mons. Lino Fumagalli. Il giovane volontario, che si era recato a Gerusalemme per un progetto di solidarietà, ha sempre sostenuto che la pace e il dialogo tra i popoli restano l’unica strada percorribile. “Sarebbe bello – si legge in alcuni dei suoi scritti - sposare la pratica non violenta nell’affrontare ogni problematica e la pace come stadio al quale tendere”. “La violenza che c’è nel mondo - aggiungeva - non ce ne consente altra”. Per un ricordo di Angelo, ascoltiamo al microfono di Luca Collodi, il sindaco di Monterotondo, Antonino Lupi:

 

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E’ uno dei tanti ragazzi che sono l’espressione migliore della nostra gioventù, un ragazzo pulito che credeva fortemente sia nel valore dell’impegno civile sia nella politica. Riteneva, poi, che la non violenza fosse lo strumento per garantire la pace nel mondo, anche nei luoghi così disastrati, come appunto la città di Gerusalemme. Quindi, la scelta di andare volontario nell’ambito di questo progetto è proprio frutto di questa idea: vale la pena spendersi utilizzando gli strumenti del dialogo, là dove c’è tanto odio e questo odio può essere vinto soltanto con questi mezzi. Sicuramente, in questo ci appare assolutamente improprio l’aggettivo usato da un quotidiano italiano che definisce Angelo, “il volontario illuso vittima del pacifismo sbagliato”. Credo che questa sia la più grande offesa alla memoria di un ragazzo che, credendo nei valori della pace e della non violenza, ha dato la propria vita per questi ideali.

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La televisione cubana ha mostrato, per la prima volta, immagini video di Fidel Castro convalescente dopo l’operazione all’intestino. Il filmato documenta l’incontro tra il capo di Stato cubano ed il presidente venezuelano, Hugo Chavez. Castro appare pallido e stanco, ma sorride e parla con Chavez e con il fratello Raul, cui ha trasferito temporaneamente i poteri presidenziali. Il giornale del partito comunista cubano “Granma” aveva già pubblicato, ieri, alcune foto dell’incontro.

 

 

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