RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 226  - Testo della trasmissione di lunedì 14 agosto 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Credere è bello: il cattolicesimo non è un cumulo di proibizioni ma la gioia di scoprire il volto umano di Dio in Gesù Cristo: così il Papa nell’intervista rilasciata a tre TV tedesche e alla Radio Vaticana

 

Domani, nella festa dell’Assunzione, il Papa celebrerà alle 8.00 la Messa nella parrocchia San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo. Alle 12.00 l’appuntamento con l’Angelus. Intervista con padre Ermanno Toniolo

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Scattata la tregua in Libano: ad eccezione di due scontri costati la vita a due hezbollah, le armi tacciono e gli sfollati cominciano a tornare nel Sud del Paese. Con noi, Annick Bouvier

 

Oggi la Chiesa ricorda San Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote e martire

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il mondo cattolico si prepara a festeggiare, domani, la solennità dell’Assunzione: previste veglie, processioni e pellegrinaggi

 

Il latino non è una lingua morta: secondo l’Osservatore Romano potrebbe diventare uno strumento di comunicazione internazionale

 

In corso a Toronto, in Canada, il 16.mo Congresso mondiale sull’AIDS

 

Forte preoccupazione dell’ACNUR per il sovraffollamento dei campi nomadi in Kenya, dove ogni giorno arrivano più di cento profughi provenienti dalla Somalia

 

24 ORE NEL MONDO:

Nello Sri Lanka, strage di bambine in un orfanotrofio colpito dall’esercito di Colombo: 43 le piccole vittime. Attaccata anche una chiesa, almeno 15 i morti. Ai nostri microfoni, l’appello per la pace del vescovo srilankese,  Anthony Raymond Peiris

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 agosto 2006

 

CREDERE E’ BELLO: IL CATTOLICESIMO NON E’ UN CUMULO DI PROIBIZIONI

MA LA GIOIA DI SCOPRIRE IL VOLTO UMANO DI DIO IN GESU’ CRISTO:

COSI’ IL PAPA NELL’INTERVISTA RILASCIATA A TRE TV TEDESCHE

E ALLA RADIO VATICANA

 

Far capire all’uomo di oggi che “credere è bello”, per “riscoprire Dio”, il suo “volto umano”, in Gesù Cristo, perchè “il cattolicesimo non è un cumulo di proibizioni ma un’opzione positiva”. Questo il messaggio che il Papa vuole lanciare nel suo prossimo viaggio apostolico in Germania, nella sua Baviera, dal 9 al 14 settembre. E’ quanto ha rivelato lo stesso Benedetto XVI nella lunga intervista rilasciata a Castel Gandolfo, il 5 agosto scorso, a tre TV tedesche e alla Radio Vaticana e trasmessa ieri sera. L’intervista, in tedesco, ha toccato molti argomenti. Ce ne Parla Sergio Centofanti.

 

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Benedetto XVI parla delle speranze di pace in Medio Oriente, ma anche delle sfide attuali della Chiesa e di se stesso. Afferma che il Papa “non è un monarca assoluto”, ma “un’istanza unificatrice” che “promuove la molteplicità” nella “integrazione dinamica del tutto”. Sua intenzione è quella di sviluppare gli strumenti della collegialità come il Sinodo e il Concistoro. Sottolinea la necessità che le diverse confessioni cristiane diano una testimonianza comune ad un mondo che fa sempre più difficoltà a credere. E rileva che uno dei problemi fondamentali di oggi è lo squilibrio tra la crescita del potere tecnico dell’uomo e il deficit della sua capacità morale: uno squilibrio che va superato con la formazione della persona umana. La sola razionalità sganciata da Dio invece è insufficiente. Risponde poi a quanti criticano la Chiesa sulla questione dell’AIDS: in Africa, in mezzo a tante distruzioni, la Chiesa resta spesso l’unica realtà che educa e cura. E non solo l’AIDS, ma anche malattie che interessano meno l’Occidente come la tubercolosi e la malaria. Parla poi del grande Pontificato di Giovanni Paolo II e del ruolo della donna nella Chiesa: le donne – afferma – anche se non possono ricevere l’ordinazione sacerdotale, sono oggi ben presenti nei dicasteri della Santa Sede e con il loro slancio e la loro potenza spirituale – dice – “sapranno farsi il loro spazio” nella comunità ecclesiale, mentre noi “dovremmo cercare di metterci in ascolto di Dio, per non essere noi ad opporci a Lui”. Quindi parla dei cambiamenti che ha apportato alle cerimonie di beatificazione, decentralizzandole, e anche di cinema, ipotizzando un bel film su Sant’Agostino, uno dei Padri della Chiesa a lui più cari.

 

Ma veniamo all’intervista. La versione integrale è disponibile sul nostro sito www.radiovaticana.va. Oggi, nel nostro Radiogiornale, ve ne offriamo una prima parte. Nei prossimi giorni trasmetteremo il resto. La prima domanda è relativa ai motivi della sua prossima visita in Baviera:

 

R. – Ja, das auf jeden Fall. Der Grund des Besuchs war eigentlich eben doch …

Certamente. Il motivo della visita era proprio che io volevo vedere ancora una volta i luoghi, le persone presso cui sono cresciuto, che mi hanno segnato e hanno formato la mia vita; volevo ringraziare queste persone. E naturalmente volevo anche esprimere un messaggio che vada aldilà della mia terra, come è coerente con il mio ministero. I temi me li sono lasciati indicare molto semplicemente dalle ricorrenze liturgiche. Il tema fondamentale è che noi dobbiamo riscoprire Dio e non un Dio qualsiasi, ma il Dio con un volto umano, poiché quando vediamo Gesù Cristo vediamo Dio. E a partire da questo dobbiamo trovare le vie per incontrarci a vicenda nella famiglia, fra le generazioni e poi anche fra le culture e i popoli, e le vie per la riconciliazione e la convivenza pacifica in questo mondo. Le vie che conducono verso il futuro non le troviamo se non riceviamo, per così dire, la luce dall’alto. Non ho quindi scelto dei temi molto specifici, ma è la liturgia che mi guida a esprimere il messaggio fondamentale della fede, che naturalmente si inserisce nell’attualità di oggi, in cui vogliamo anzitutto cercare la collaborazione dei popoli, e le vie possibili verso la riconciliazione e la pace.

 

D. – Come Papa, Lei è responsabile per la Chiesa nel mondo intero. Ma naturalmente la sua visita fa rivolgere l’attenzione anche alla situazione dei cattolici in Germania. Ora, tutti gli osservatori concordano che l’atmosfera è buona, anche grazie alla Sua elezione. Ma naturalmente i problemi antichi sono rimasti, solo per fare alcuni esempi: sempre meno praticanti, sempre meno battesimi, in genere sempre meno influsso sulla vita sociale. Come vede Lei la situazione attuale della Chiesa cattolica in Germania?

 

R. – Nun, ich würde zunächst sagen, Deutschland gehört zum Westen, …

Io direi anzitutto che la Germania appartiene all’Occidente, anche se con una sua coloritura caratteristica, e nel mondo occidentale oggi viviamo un’ondata di nuovo drastico illuminismo o laicismo, comunque lo si voglia chiamare. Credere è diventato più difficile, poiché il mondo in cui ci troviamo è fatto completamente da noi stessi e in esso Dio, per così dire, non compare più direttamente. Non si beve alla fonte, ma da ciò che, già imbottigliato, ci viene offerto. Gli uomini si sono ricostruiti il mondo loro stessi, e trovare Lui dietro a questo mondo è diventato difficile. Questo non è specifico della Germania, ma è qualcosa che si verifica in tutto il mondo, in particolare in quello occidentale. D’altra parte l’Occidente oggi viene toccato fortemente da altre culture, in cui l’elemento religioso originario è molto forte, e che sono inorridite per la freddezza che riscontrano in Occidente nei confronti di Dio. E questa presenza del sacro in altre culture, anche se velata in molte maniere, tocca nuovamente il mondo occidentale, tocca noi, che ci troviamo al crocevia di tante culture. E anche dal profondo dell’uomo in Occidente e in Germania sale sempre nuovamente la domanda di qualcosa “di più grande”. Lo vediamo nella gioventù, nella quale c’è la ricerca di un “più”: in certo modo il fenomeno religione - come si dice - ritorna, anche se si tratta di un movimento di ricerca spesso piuttosto indeterminato. Ma con tutto ciò la Chiesa è di nuovo presente, la fede si offre come risposta. E io penso che proprio questa visita, come già quella a Colonia, sia una opportunità perché si veda che credere è bello, che la gioia di una grande comunità universale significa un sostegno, che dietro di essa c’è qualcosa di importante e che quindi insieme ai nuovi movimenti di ricerca vi sono anche nuovi sbocchi alla fede, che ci conducono gli uni verso gli altri e che sono anche positivi per la società nel suo insieme.

 

D. – Santo Padre, proprio un anno fa Lei era a Colonia con i giovani, e credo che Lei abbia anche sperimentato che la gioventù è straordinariamente pronta ad accogliere, e che Lei personalmente è stato accolto molto bene. In questo prossimo viaggio Lei porta forse anche un messaggio speciale per i giovani?

 

R. – Ich würde zunächst einmal sagen: Die Botschaft ist: Ich freu’ mich, …

Io direi anzitutto: sono molto felice che vi siano giovani che vogliono stare insieme, che vogliono stare insieme nella fede, e che vogliono fare qualcosa di buono. La disponibilità al bene è molto forte nella gioventù, basti pensare alle molte forme di volontariato. L’impegno per offrire in prima persona un proprio contributo di fronte ai bisogni di questo mondo, è una cosa grande. Un primo impulso può essere quindi di incoraggiare in questo: Andate avanti! Cercate le occasioni per fare il bene! Il mondo ha bisogno di questa volontà, ha bisogno di questo impegno! E poi forse una parola particolare sarebbe questa: il coraggio di decisioni definitive! Nella gioventù c’è molta generosità, ma di fronte al rischio di impegnarsi per una vita intera, sia nel matrimonio, sia nel sacerdozio, si prova paura. Il mondo è in movimento in modo drammatico. Continuamente. Posso già fin d’ora disporre della mia vita intera con tutti i suoi imprevedibili eventi futuri? Con una decisione definitiva non è forse che lego io stesso la mia libertà e che tolgo qualcosa alla mia flessibilità? Risvegliare il coraggio di osare decisioni definitive, che in realtà sono le sole che rendono possibile la crescita, il cammino in avanti e il raggiungimento di qualcosa di grande nella vita, le sole che non distruggono la libertà, ma le offrono la giusta direzione nello spazio; rischiare questo, questo salto - per così dire - nel definitivo, e con ciò accogliere pienamente la vita, questo è qualcosa che sarei lieto di poter comunicare.

 

D. – Santo Padre, una domanda sulla situazione della politica estera. Quale influsso positivo Lei può esercitare sulla situazione, sugli sviluppi nel Medio Oriente?

 

R. – Wir haben natürlich keine politischen Möglichkeiten, und wir wollen auch …

Naturalmente non abbiamo alcuna possibilità politica, e noi non vogliamo alcun potere politico. Ma noi vogliamo appellarci ai cristiani e a tutti coloro che si sentono in qualche modo uniti alla Santa Sede ed interpellati da essa, affinché vengano mobilitate tutte le forze che riconoscono che la guerra è la peggiore soluzione per tutti. Non porta nulla di buono per nessuno, neppure per gli apparenti vincitori. Noi lo sappiamo molto bene in Europa, in seguito alle due guerre mondiali. Ciò di cui tutti hanno bisogno è la pace. E vi è una forte comunità cristiana nel Libano, vi sono cristiani fra gli arabi, vi sono cristiani in Israele, e cristiani di tutto il mondo si impegnano per questi paesi cari a tutti noi. Vi sono forze morali che sono pronte a far comprendere che l’unica soluzione è l’imparare a vivere insieme. Queste forze noi vogliamo mobilitare. Tocca ai politici di trovare poi le strade affinché questo possa avvenire il più presto possibile e soprattutto in modo durevole.

 

D. – Tema: la famiglia. Circa un mese fa Lei era a Valencia per l’Incontro mondiale delle famiglie. Chi ha ascoltato con attenzione ha notato che Lei non ha mai pronunciato la parola “matrimoni omosessuali”, non ha mai parlato di aborto, né di contraccezione. Osservatori attenti si sono detti: interessante! Evidentemente la sua intenzione è di annunciare la fede e non di girare il mondo come “apostolo della morale”. Può dirci il Suo commento?

 

R. – Ja, natürlich. Zuerst muss man sagen: Ich hatte ganze zwei mal …

Naturalmente sì. Anzitutto bisogna dire che io avevo in tutto due volte venti minuti di tempo per parlare. E se uno ha così poco tempo non può subito cominciare con il dire “No”. Bisogna sapere prima che cosa veramente vogliamo, non è vero? E il cristianesimo, il cattolicesimo, non è un cumulo di proibizioni, ma una opzione positiva. Ed è molto importante che lo si veda nuovamente, poiché questa consapevolezza oggi è quasi completamente scomparsa. Si è sentito dire tanto su ciò che non è permesso, che ora bisogna dire: Ma noi abbiamo un’idea positiva da proporre: l’uomo e la donna sono fatti l’uno per l’altra, esiste – per così dire – una scala: sessualità, eros, agape, che sono le dimensioni dell’amore, e così si forma dapprima il matrimonio come incontro colmo di felicità di uomo e donna, e poi la famiglia, che garantisce la continuità fra le generazioni, in cui si realizza la riconciliazione delle generazioni e in cui si possono incontrare anche le culture. Anzitutto, dunque, è importante mettere in rilievo ciò che vogliamo. In secondo luogo, si può poi anche vedere, perché certe cose non le vogliamo. E io credo che occorra riconoscere che non è un’invenzione cattolica che l’uomo e la donna siano fatti l’uno per l’altra, affinché l’umanità continui a vivere: lo sanno in fondo tutte le culture. Per quanto riguarda l’aborto, esso non rientra nel sesto, ma nel quinto comandamento: “Non uccidere!”. E questo dovremmo presupporlo come ovvio, ribadendo sempre di nuovo: la persona umana inizia nel seno materno e rimane persona umana fino al suo ultimo respiro. Perciò deve sempre essere rispettata come persona umana. Ma ciò diventa più chiaro se prima è stato detto il positivo.

 

D. – Santo Padre, parliamo dei suoi viaggi. Lei è in Vaticano, forse Le costa essere un po’ lontano dalla gente e separato dal mondo, anche qui nel bellissimo ambiente di Castel Gandolfo. Ma Lei fra poco avrà 80 anni. Lei pensa, con l’aiuto di Dio, di poter fare ancora molti viaggi? Ha un’idea di quali vorrebbe fare? In Terra Santa, in Brasile? Lo sa già?

 

R. – Nun, so ganz einsam bin ich nicht. Natürlich gibt es sozusagen die Burg, …

A dire il vero non sono così solo. Naturalmente ci sono – per così dire – le mura che rendono difficile l’accesso, ma c’è una “famiglia pontificia”, ogni giorno molte visite, in particolare quando sono a Roma. Vengono i Vescovi, altre persone, ci sono visite di Stato, di personalità che però vogliono parlare con me anche personalmente e non solo di questioni politiche. In questo senso c’è una molteplicità di incontri che grazie a Dio mi vengono donati continuamente. Ed è anche importante che la sede del Successore di Pietro sia un luogo di incontro – non è vero? Dal tempo di Giovanni XXIII, poi, il pendolo si è spostato anche nell’altra direzione: sono i Papi che hanno cominciato a fare visite. Devo dire che io non mi sento molto forte tanto da mettere in agenda ancora molti grandi viaggi, ma dove questi permettono di rivolgere un messaggio, dove rispondono a un vero desiderio, lì vorrei andare, con il “dosaggio” che mi è possibile. Qualcosa è già previsto: il prossimo anno in Brasile c’è l’incontro del CELAM, il Consiglio Episcopale Latino Americano, e penso che lì la mia presenza sia un passo importante, considerate, da una parte, la vicenda drammatica che l’America del Sud sta vivendo e, dall’altra parte, tutta la forza di speranza che allo stesso tempo è operante in quella regione. Poi vorrei andare nella Terra Santa, e spero di poterla visitare in tempo di pace, e per il resto vedremo che cosa mi riserva la Provvidenza.

 

D. – Mi permetta di insistere. Gli austriaci parlano anche loro tedesco e La aspettano a Mariazell

 

R. – Ja, das ist vereinbart. Das habe ich einfach so ein bisschen leichtsinning …

Sì, è stato concordato. Io l’ho promesso semplicemente, in modo un po’ imprudente. E’ un posto che mi è piaciuto tanto che ho detto: Sì, tornerò dalla Magna Mater Austriae. Naturalmente questa è diventata subito una promessa, che io manterrò, e la manterrò volentieri.

 

D. – Io La ammiro ogni mercoledì, quando tiene l’udienza generale. Vengono 50.000 persone. Deve essere stancante, molto stancante. Lei riesce a resistere?

 

R. – Ja, der liebe Gott wird mir schon die Kraft geben, dann. …

Sì, il Buon Dio mi darà la forza necessaria. E quando si vede l’accoglienza cordiale, naturalmente si rimane incoraggiati.

 

D. – Santo Padre, Lei ha appena detto di aver fatto una promessa un po’ imprudente. Vuol dire che nonostante il Suo ministero, nonostante i molti vincoli protocollari, Lei non si lascia portar via la sua spontaneità?

 

R. – Ich versuche es jedenfalls. Denn soviel auch fixiert ist, ein bisschen …

In ogni caso, io ci provo. Poiché, per quanto le cose siano fissate, io vorrei cercare di conservare e di realizzare anche qualcosa di propriamente personale.

 

D. – Santo Padre, Lei ha parlato dell’esperienza della comunità. Lei verrà ora in Germania già per la seconda volta dopo la Sua elezione. Con la Giornata Mondiale della Gioventù, e forse anche per altro verso con i campionati mondiali di calcio, l’atmosfera è in certo senso cambiata. Si ha l’impressione che i tedeschi siano diventati più aperti al mondo, più tolleranti, più gioiosi. Che cosa si augura Lei ancora da noi tedeschi?

 

R. – Nun, ich würde sagen: An sich ist natürlich schon seit dem Ende …

Direi che naturalmente già con la fine della seconda guerra mondiale è cominciata una trasformazione interiore della società tedesca, anche della mentalità tedesca, che tale trasformazione è stata ancora rafforzata dalla riunificazione. Noi ci siamo inseriti molto più profondamente nella società mondiale e ovviamente stiamo in certa misura sotto l’influsso della sua mentalità. E così appaiono anche aspetti del carattere tedesco che prima non ci si aspettava. E forse siamo stati dipinti un po’ troppo come sempre tutti disciplinati e riservati, cosa che ha anche un certo fondamento. Ma sono contento se ora emerge di più e si rende visibile a tutti che i tedeschi non sono solo riservati, puntuali e disciplinati, ma sono anche spontanei, allegri, ospitali. Questo è molto bello. Ed allora il mio augurio che queste virtù si sviluppino ulteriormente, ricevendo ancora slancio e durevolezza dalla fede cristiana.

 

D. – Quale ruolo hanno nella vita di un Papa lo humour e le leggerezza dell’esse-re?

 

R. – Ich bin nicht ein Mensch, dem dauerns viele Witze einfallen. …

(ride) Io non sono un uomo a cui vengano in mente continuamente delle barzellette. Ma saper vedere anche l’aspetto divertente della vita e la sua dimensione gioiosa e non prendere tutto così tragicamente, questo lo considero molto importante, e direi che è anche necessario per il mio ministero. Un qualche scrittore aveva detto che gli angeli possono volare, perché non si prendono troppo sul serio. E noi forse potremmo anche volare un po’ di più, se non ci dessimo così tanta importanza.

 

D. – Quando si svolge un compito importante come il Suo, Santo Padre, si viene naturalmente anche molto osservati. Gli altri parlano di Lei. E leggendo sono rimasto colpito da ciò che dicono molti osservatori, che Papa Benedetto è una personalità diversa dal Cardinal Ratzinger. Come Lei vede se stesso, se posso permettermi questa domanda?

 

R. – Ich bin ja schon mehrmals zerteilt worden, in den früheren Professor und …

Io sono stato già sezionato diverse volte: il professore del primo periodo e quello del periodo intermedio, il primo Cardinale e quello successivo. Adesso si aggiunge un altro sezionamento. Naturalmente le circostanze e la situazione e anche gli uomini influiscono, perché si rivestono responsabilità diverse. Ma – diciamo così – la mia personalità fondamentale e anche la mia visione fondamentale sono cresciute, ma in tutto ciò che è essenziale sono rimaste identiche. Sono contento se ora vengono percepiti anche aspetti che prima non venivano così notati.

 

D. – Si può dire che il suo compito le piace, che non è un peso per Lei?

 

R. – Das wäre ein bisschen zu viel, weil es doch mühsam ist. …

Questo sarebbe un po’ troppo, perché in realtà è faticoso, ma in ogni caso cerco di trovare anche in questo la gioia.

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DOMANI, NELLA FESTA DELL’ASSUNZIONE, IL PAPA CELEBRA ALLE 8.00 LA MESSA

NELLA PARROCCHIA SAN TOMMASO DA VILLANOVA A CASTEL GANDOLFO.

ALLE 12.00 L’APPUNTAMENTO CON  L’ANGELUS

- Intervista con padre Ermanno Toniolo -

 

Domani, il Papa festeggerà a Castel Gandolfo la Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria: alle 8.00 celebrerà la Messa nella Parrocchia San Tommaso da Villanova. Poi alle 12.00, il consueto appuntamento per l’Angelus nel cortile del Palazzo Apostolico. Sull’importanza e il significato della festa dell’Assunzione, Giovanni Peduto ha intervistato padre Ermanno Toniolo, docente di mariologia:

 

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R. – Innanzitutto, confermo che la festa dell’Assunzione è la più grande delle feste mariane, come sentita, come vissuta e come celebrata dal Popolo di Dio, specialmente in Oriente. Per quanto riguarda, invece, il significato profondo, teologico di questa festa, possiamo risalire al principio primo, a Dio Padre. Il nostro Papa ha mandato una lettera enciclica a tutta la Chiesa, “Deus caritas est”: è da Dio-amore che tutto sgorga. Un progetto d’amore che percorre tutta la storia. Ma non è una storia segnata soltanto da sangue, da guerre, da contraddizioni purtroppo volute dall’uomo; è una storia nella quale Dio misteriosamente cammina, perché dopo aver mandato il Figlio, tutti possano essere recuperati in Lui e ridiventare in Lui un solo corpo, una sola famiglia nell’eternità beata. Il termine, dunque, dell’amore di Dio – Deus caritas est – è che tutti gli uomini, partecipando oggi alla pienezza della sua grazia, possano domani partecipare alla pienezza eterna della sua beatitudine che è indescrivibile e inimmaginabile. Maria è il modello compiuto.

 

D. – Alla definizione dommatica di Maria assunta in anima e corpo in cielo si è arrivati dopo quasi duemila anni, mentre fin dai primi secoli cristiani in Oriente già si parlava di ‘dormitio Virginis, quindi dell’assunzione di Maria al cielo. Come mai questo ritardo?

 

R. – Io penso che la dogmatizzazione delle verità deve necessariamente percorrere un lungo cammino ed essere molto attenta e prudente, perché dire ‘dogma’ vuol dire ‘verità definita’. Ora, per arrivare a una verità definita come verità divina, bisogna avere i fondamenti biblici, i fondamenti tradizionali, bisogna ricorrere ad un’immensa categoria metodologica, e in particolare bisogna che tutta la Chiesa sia consenziente, il sensus fidei. Ora, la verità dell’Assunzione di Maria era recepita da tutte le Chiese, era nel cuore di tutti gli uomini. Non può essere corrotta dalla morte Colei che ha generato Dio; non può essere corrotta dalla morte Lei che è l’Immacolata Vergine; non può essere, la Tutta Santa, annoverata insieme con tutti noi peccatori. Ecco allora che il senso della fede dice:Lei doveva avere una fine speciale, proprio perché speciale è il suo inizio, speciale la sua vita, speciale la sua collaborazione con Cristo e soprattutto singolare ed unico il suo rapporto con Dio e la sua maternità divina’. E allora, la dogmatizzazione è, per così dire: mettiamo il punto definitivo di sicurezza su quello che tutta una Chiesa da sempre ha sentito e vissuto.

 

D. – Abbiamo parlato del significato di questa verità di fede, e cioè dell’Assunzione di Maria in anima e corpo in cielo; ma vediamo cosa dice oggi questa solennità all’uomo del nostro tempo …

 

R. – Innanzitutto, possiamo dire, partendo da Dio, che noi siamo gli amati da Dio. Dio ci ha tutti predestinati alla gloria. Ci ha tutti predestinati – ricordiamo San Paolo – ad essere suoi figli immacolati e santi nell’amore. Ci ha già glorificati con Cristo, direbbe San Paolo nella Lettera ai Romani; già sediamo con Cristo nei Cieli. Quindi, tutti noi già siamo glorificati anche se non vediamo ancora realizzato questo progetto di Dio. Fedele, Dio, che compirà ciò che ha promesso. E dunque il senso dell’Assunzione, oggi, è la sicurezza di essere gli amati da Dio. L’Uomo è la creatura amata da Dio, centro dell’universo, costituito quasi punto di ricapitolazione di tutto il creato invisibile e visibile per portare il mondo a Dio. Cristo è diventato il ricapitolatore di tutte le creature e il salvatore delle creature decadute, nel Suo sangue versato, ma anche il datore della vita nella sua glorificata umanità, che siede alla destra del Padre. Maria chi è? Il campione della redenzione. Il campione dell’accoglienza della grazia. Il campione del vivere nella grazia senza intaccare mai l’amicizia con Dio, e quindi Immacolata sempre. Maria è la realizzazione del progetto di Dio. Noi contempliamo in Lei ciò che Dio avrebbe voluto, ma in pienezza non ha potuto realizzare per ciascuno di noi. Ma lo realizzerà lo stesso, nonostante le tribolazioni, possiamo dire, le seduzioni, le aberrazioni del mondo. Lo realizzerà lo stesso perché ultimo a vincere sarà sempre Dio.

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IL CARDINALE AGOSTINO CACCIAVILLAN COMPIE OGGI 80 ANNI

 

Il cardinale Agostino Cacciavillan, presidente emerito dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, compie oggi 80 anni. I nostri più affettuosi auguri al porporato. Il cardinale Cacciavillan è nato a Novale di Valdagno, in provincia di Vicenza, il 14 agosto 1926. Ordinato sacerdote il 26 giugno 1949 e consacrato vescovo nel 1976, è stato creato cardinale nel 2001. Dopo aver ricoperto numerosi incarichi al servizio della diplomazia vaticana, il 5 novembre 1998 è stato nominato presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (A.P.S.A.), ufficio che ha lasciato nel 2002. Con l’odierno 80.mo compleanno del cardinale Agostino Cacciavillan, il numero dei cardinali elettori scende a 119, mentre i cardinali non elettori diventano 71. Il Collegio Cardinalizio conta in tutto 190 porporati.

 

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Prima pagina – “Finalmente prevalga la pace sulla violenza e sulla forza delle armi”: all’Angelus l’auspicio di Benedetto XVI di fronte agli ultimi sviluppi che fanno sperare che cessino gli scontri e che sia prontamente ed efficacemente assicurata l’assistenza umanitaria alle popolazioni.

Israeliani ed Hezbollah fanno tacere le armi, dopo cruenti combattimenti susseguitisi a pochi minuti prima dell’entrata in vigore della tregua alle 8 di lunedì 14.

 

Servizio vaticano - Una pagina sul cammino della Chiesa in Africa.

 

Servizio estero – L’intervento della Santa Sede alla seconda sessione speciale del Consiglio per i diritti umani dedicata alla situazione in Libano: “Il cessate-il-fuoco immediato è il primo passo per rompere il circolo vizioso della violenza, ricorrendo alla ragione e alla buona volontà”. 

 

Servizio culturale - Un articolo di Claudio Bellinati dal titolo “Un capolavoro di arte e di fede”: l’“Assunzione della Vergine” di Andrea Mantegna.

 

Servizio italiano - In primo piano l’articolo dal titolo “Militari italiani in Libano: si attende il Consiglio dei Ministri di venerdì 18”: la CDL chiede chiarezza sulle regole e sulle modalità dell’ingaggio.   

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 agosto 2006

 

 

SCATTATA LA TREGUA IN LIBANO: AD ECCEZIONE DI DUE SCONTRI COSTATI LA VITA

 A DUE HEZBOLLAH, LE ARMI TACCIONO E GLI SFOLLATI

COMINCIANO A TORNARE NEL SUD DEL PAESE

- Intervista con Annick Bouvier -

 

In Libano è scattata stamani l’attesa e invocata tregua, voluta dall’ONU, tra forze israeliane ed Hezbollah. Diversi soldati dello Stato ebraico sono rientrati in Israele e i guerriglieri sciiti hanno smesso di lanciare razzi. In Libano non sono mancati, comunque, episodi di violenza anche dopo il cessate-il-fuoco: due combattenti sciiti sono stati uccisi da soldati israeliani nel sud del Paese dei cedri. Sulla situazione in Libano, ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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In Libano si è passati alle 8 in punto, le 7 in Italia, dal fragore delle armi ad una nuova fase di cessazione delle ostilità. Un silenzio surreale e carico di speranza ha riempito i primi minuti dopo la tregua: la popolazione libanese, stremata ed abituata a continui boati ed esplosioni, ha potuto constatare l’effettiva applicazione del cessate-il-fuoco, preceduto, nella notte, da intensi scontri costati la vita a 7 combattenti sciiti e a due riservisti israeliani. Da questa mattina, invece, sembra aprirsi un nuovo scenario: dal cielo libanese sono scomparsi gli aerei da guerra israeliani e, nel sud del Libano, i guerriglieri Hezbollah hanno arrestato il consueto lancio di razzi verso lo Stato ebraico. Le truppe israeliane, che cominciano a ritirarsi, hanno ricevuto l’autorizzazione ad aprire il fuoco in caso di attacchi. Il ministro della Difesa israeliano, Amir Peretz, ha anche espresso la speranza che si sia creata una nuova situazione in grado di permettere l’apertura di negoziati con il governo libanese e con l’Autorità Nazionale Palestinese. Sull’altro fronte, il ministro delle Finanze libanese ha confermato che la tregua sembra tenere. Le uniche eccezioni riguardano due scontri avvenuti nel sud e costati la vita a due combattenti Hezbollah.

 

Il cessate-il-fuoco sembra comunque consolidarsi e questo è sicuramente il risultato più importante che rende secondari anche i rispettivi proclami di vittoria lanciati, in queste ore, da Israele e dagli Hezbollah. La relativa stabilità comincia, poi, ad avere primi effetti positivi anche sulla situazione umanitaria: la tregua ha spinto, infatti, migliaia di sfollati a rimettersi in marcia per tornare ai propri villaggi nel sud. L’esercito israeliano ha però annunciato che chiunque fosse trovato  lungo le strade meridionali libanesi privo di permesso, rischierà di essere attaccato dai soldati dello Stato ebraico. Secondo fonti ufficiali, sono ancora diverse migliaia i militari israeliani che presidiano l’area. Nella terra dei cedri, resta in vigore, inoltre, il blocco aereo, navale e terrestre. Il blocco – ha precisato un portavoce militare israeliano - durerà fino a quando non sarà predisposto un sistema per sorvegliare e prevenire l’ingresso di armi, destinate ai guerriglieri sciiti. Per quanto riguarda i corridoi umanitari, la tregua ha già consentito, infine, la partenza di due convogli del Programma Alimentare Mondiale (PAM) verso la città portuale libanese di Tiro, che non riceveva aiuti da almeno 15 giorni.

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         A poche ore dall’inizio della tregua, si intensifica, dunque, l’impegno delle organizzazioni umanitarie che finalmente, una volta cessate le violenze sul terreno, possono portare soccorso alle popolazioni colpite. In prima linea su questo fronte è il Comitato Internazionale della Croce Rossa. Per una testimonianza sulle ultime notizie dal terreno, Alessandro Gisotti ha intervistato Annick Bouvier, portavoce della Croce Rossa per il Medio Oriente:

 

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R. – From a humanitarian perspective, the situation remains very worrying …

Da un punto di vista umanitario, la situazione rimane molto preoccupante. Vi sono persone che dovrebbero essere spostate in strutture ospedaliere; come sapete, negli ultimi giorni non sempre abbiamo ricevuto l’autorizzazione per portare i nostri convogli in determinati villaggi, in particolare nel Libano del Sud. La priorità ora è veramente quella di poter essere messi in grado di raggiungere la gente che ha urgentemente bisogno di aiuto, come ad esempio i feriti, i malati che hanno bisogno di accedere ai trattamenti medici; di poter raggiungere quelle regioni per portare gli aiuti di prima necessità.

 

D. – Cosa ci può dire degli sfollati interni nel Libano che – ci pare di comprendere – stanno già tornando nel Libano del Sud?

 

R. – It’s too early to really assess the movement of the displaced people, …

E’ presto per fare una stima degli sfollati, anche se negli ultimi giorni abbiamo potuto portare in Libano aiuti umanitari come derrate alimentari, medicine, vestiti, coperte; la distribuzione avviene quando abbiamo constatato l’identità degli sfollati tornati a casa.

 

D. – Quali sono le cose più importanti da fare, quali le priorità per il momento attuale e per i giorni a venire?

 

R. – The priority is really help the civilian population in term of medical help …

La priorità è l’aiuto da portare alla popolazione civile in termini di assistenza medica e di carburante per far funzionare le pompe dei pozzi nei villaggi, nonché l’urgente evacuazione dei feriti; con l’aiuto della Croce Rossa libanese, è necessario raccogliere i corpi che sono rimasti intrappolati nelle macerie delle case bombardate. E’ molto importante per i familiari delle vittime sapere che siano morti, seppellirli secondo la loro cultura e religione.

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Nonostante il cessate-il-fuoco in Libano, la situazione in Medio Oriente ed in particolare, nei Territori palestinesi, resta molto tesa: tre persone della stessa famiglia sono rimaste uccise in un raid israeliano a Beit Hanun, nel nord della Striscia di Gaza. L’azione è stata compiuta dopo il lancio di un razzo verso Israele.

 

 

OGGI LA CHIESA RICORDA SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE

SACERDOTE E MARTIRE

- Servizio di Sergio Centofanti -

 

Massimiliano Maria Kolbe nasce in Polonia nel 1894. Entra nella famiglia Francescana dei Minori Conventuali.  Innamorato della Vergine, fonda « La milizia di Maria Immacolata» per la salvezza delle anime. Nota con profonda tristezza il propagarsi dell’indifferentismo che – afferma – colpisce non solo i fedeli ma anche i religiosi. Sostiene con forza la via dell’obbedienza: solo “l’obbedienza – dice - ci manifesta con certezza la divina volontà. E' vero che il superiore può errare, ma chi obbedisce non sbaglia. L'unica eccezione – aggiunge - si verifica quando il superiore comanda qualcosa che chiaramente, anche in cose minime, va contro la legge divina. In questo caso egli non è più interprete della volontà di Dio”.

 

Nel 1921 fonda a Cracovia un giornale di poche pagine “Il Cavaliere dell’Immacolata”: “Noi religiosi – afferma – possiamo abitare baracche, girare con vesti rattoppate, nutrirci modestamente, ma le nostre macchine tipografiche, che servono a diffondere la gloria di Dio, devono essere le migliori e di ultimo modello”. Padre Kolbe, malato di tubercolosi, lavora fino a sfinirsi: “il nostro compito – scrive –  è molto semplice: sgobbare tutto il giorno, ammazzarsi di lavoro, essere ritenuto poco meno che un pazzo da parte dei nostri e, distrutto, morire per l'Immacolata”.

 

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale assiste feriti, ammalati e profughi, in particolare ebrei. Nel febbraio del 1941 viene arrestato dai nazisti. Lascia i suoi confratelli con queste parole: “Non dimenticate l’amore!”. E’ deportato nel campo di concentramento di Auschwitz.  Con il numero 16670 è addetto al trasporto dei cadaveri al crematorio. Per la fuga di un prigioniero altri 10 detenuti vengono condannati a morire nel bunker della fame. Tra questi c’è un padre di famiglia: padre Kolbe chiede di poterlo sostituire. E’ accontentato.

 

Il sacerdote incoraggia tutti i condannati intonando canti alla Vergine. Dopo 14 giorni solo quattro restano ancora in vita, fra cui padre Massimiliano. Le guardie naziste decidono di finirli con un’iniezione di acido fenico. Padre Kolbe tende il braccio dicendo “Ave Maria”: sono le sue ultime parole. Era il 14 agosto 1941, vigilia dell’Assunzione.  Le sue ceneri si mescolano insieme a quelle di tanti altri condannati, nel forno crematorio. Anni prima aveva detto: “Vorrei essere come polvere, per viaggiare con il vento e raggiungere ogni parte del mondo e predicare la Buona Novella”.  Giovanni Paolo II lo canonizzerà il 10 ottobre 1982. 

 

 

 

 

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CHIESA E SOCIETA’

14 agosto 2006

 

Il mondo cattolico si prepara a festeggiare DOMANI

 la solennità dell’assunzione. In molti Paesi, come ogni anno,

previste veglie, processioni e pellegrinaggi

 

ROMA. = Sono diverse le manifestazioni che avranno luogo oggi, nella vigilia della Solennità dell’Assunzione, ricorrenza che celebra l’Assunzione di Maria Santissima al Cielo in anima e corpo, come ha sempre creduto la Chiesa fin dagli inizi e come poi Pio XII il 1° novembre 1950 definì in maniera solenne. A Roma, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, alle 20.30 si terrà la “Veglia dell’Assunta – Pasqua della Madre di Dio” presieduta dall’arciprete della Basilica, il cardinale Bernard Francis Law. La liturgia segue l’antica tradizione della Basilica Liberiana e comprende il Lucernario, l’ufficio delle letture con tropari della liturgia russa, la Santa Messa della Vigilia e l’omaggio all’Assunta. Sempre a Roma, a mezzanotte, avrà luogo il tradizionale pellegrinaggio al Santuario di Castel di Leva, intitolato alla Madonna del Divino Amore. Anche in Polonia i pellegrinaggi, molto diffusi nel Paese in questo periodo, arriveranno al culmine proprio nel giorno della solennità dell’Assunzione. Solo al Santuario di Jasna Gora a Czestochowa, dopo due settimane di cammino, arriveranno a piedi più di 160 mila persone suddivise in circa 250 gruppi, percorrendo in tutto circa 650 chilometri. La tradizione dei pellegrinaggi polacchi a Czestochowa, che interessa non solo giovani ma anche atre categorie di persone come anziani, disabili e militari, è molto radicata nella storia. I gruppi più antichi sono quelli di Kalisz (370 anni) e di Gliwice (360 anni). Il più famoso pellegrinaggio è quello di Varsavia la cui tradizione risale al 1711. Il gruppo più numeroso, che conta almeno 10 mila pellegrini, è quello di Radom. Riprendendo uno specifico programma che riflette la vita della Chiesa in Polonia, i pellegrinaggi interesano anche altri Santuari. E’ così per quello della Divina Misericordia a Lagiewniki di Cracovia e di Kalwaria Zebrzydowska, ambedue visitati lo scorso maggio da Benedetto XVI. Avviene lo stesso anche per quello di Lichen, un Santuario mariano consacrato da Giovanni Paolo II con una gigantesca chiesa moderna, una delle più grandi costruzioni del genere erette in questi ultimi anni nel mondo. (E. B.)

 

 

Il Latino non E’ affatto una lingua morta: potrebbe invece diventare

uno strumento di comunicazione internazionale.

e’ l’idea rilanciata dall’osservatore romano nell’edizione di ieri

 

ROMA. = Il latino come lingua ufficiale nel mondo, in un futuro non tanto lontano. A rilanciare l’idea è l’Osservatore Romano che in un articolo apparso sull’edizione di ieri, firmato da Mario Gabriele Giordano, individua nel latino un “idoneo strumento di comunicazione internazionale”. Un’esigenza, questa, posta in generale dal processo di globalizzazione e in particolare dalla realtà dell’Unione Europea i cui Paesi hanno ininterrottamente usato il latino per circa venti secoli e il cui motto ufficiale – si legge nell’articolo – anche oggi suona bellamente nella stessa lingua: “in varietate concordia”, come del resto quello degli Stati Uniti, cioè “e pluribus unum”. L’autore riconosce l’attuale egemonia della lingua inglese che la rende dunque più idonea come lingua internazionale. Tuttavia si tratta pur sempre di una lingua “nazionale” che, come quella francese in passato, si è imposta per precise ragioni economiche e politiche. Per questo – si legge – la lingua inglese potrebbe ridimensionarsi con il venir meno di tali ragioni. Non è la stessa cosa per il latino che è rimasto vivo per millenni e che - prosegue l’articolo – possiede una caratteristica che nessuna altra lingua può vantare: il latino si era costituito come voce non di una particolare comunità ma del mondo, esprimendo una civiltà universale. Nell’articolo si ricorda inoltre come in Italia, negli anni sessanta e settanta - si eliminò il latino dai programmi della scuola dell’obbligo “con decisioni – scrive Giordano – assunte non certo per improponibili ragioni culturali o didattiche ma per ragioni ideologiche o, più impropriamente, demagogiche”. D’altro canto – ricorda però l’autore – è altrettanto vero che in Europa e nel mondo, il latino veniva invece fatto oggetto di una crescente attenzione attraverso concrete iniziative di studio e di diffusione. In questo quadro – prosegue – in Finlandia circa dieci anni fa veniva addirittura creata una radio, “Nuntii latini”, che tuttora trasmette aggiornati notiziari redatti nella lingua di Cicerone, destinati non certo a perdersi nel vento ma a raggiungere persone in carne ed ossa. Il testo sottolinea poi come in Italia lo studio del latino fu bollato come residuo di una concezione elitaria della scuola e come elemento di discriminazione sociale all'interno del processo educativo. E questo “palese pregiudizio maturato nel particolare clima politico del tempo” venne tra l'altro a sacrificare – scrive Giordano – la funzione strumentale dello studio del latino “quale occasione di riflessione sulla natura e la dinamica della struttura linguistica in generale con la ben nota conseguenza di una diffusa e persistente ignoranza nell’uso scritto dell’italiano”. (E. B.)

 

 

Il virus dell’Aids e’ “il nemico pubblico numero uno” e per sconfiggerlo

bisogna rendere realmente accessibili, nel mondo, farmaci e prevenzione.

sono le parole d’ordine del 16.mo Congresso Mondiale sull'Aids,

apertosi ieri a toronto

 

TORONTO. = Qualcosa sta cambiando davvero nella lotta contro l’AIDS. Dopo tanti anni di appelli, attese e speranze rivolte al Sud del mondo, ci si muove finalmente su un terreno concreto. “È tempo di distribuire”, di rendere disponibili ovunque, nel mondo, cure e prevenzione. E’ lo slogan del 16.mo congresso mondiale contro l’AIDS che si è aperto ieri pomeriggio a Toronto, con 24 mila partecipanti tra politici, scienziati e rappresentanti di associazioni. A 25 anni dall’annuncio del primo caso di AIDS, il congresso vuole essere l’occasione per voltare pagina nella lotta all’epidemia che in questi 25 anni ha colpito 65 milioni di persone nel mondo, uccidendone 25 milioni. Prevenire nuove infezioni è la parola d’ordine per il presidente del congresso, Mark Weinberg che ha precisato: “dobbiamo tradurre in azioni i progressi fatti finora nelle conoscenze scientifiche”. Soltanto con un grande sforzo comune - ha detto la governatrice generale del Canada, Michaelle Jean - si potrà sperare di sconfiggere un'infezione che in Africa ha privato di almeno un genitore 28 milioni di bambini e che ne ha resi completamente orfani 12 milioni. La maggior parte delle persone colpite dal virus, soprattutto coloro che vivono nell'Africa subsahariana e nei Caraibi, non hanno armi per difendersi. Il lavoro da fare è dunque ancora lungo, secondo Peter Piot, direttore dell’agenzia delle Nazioni Unite per la lotta all'AIDS (UNAIDS), che si è detto comunque ottimista per i primi risultati ottenuti. Risultati concreti che si riferiscono soprattutto ai programmi di prevenzione e cura recentemente avviati in India e in alcuni Paesi africani. Se in passato la priorità era gestire la crisi - ha affermato ancora Piot - “adesso si tratta di dare una risposta sostenibile, con programmi destinati a durare per lunghi periodi”. In Africa, con quasi 25 milioni di infezioni, in Asia, con più di 8 milioni, e in America Latina, con oltre un milione e mezzo, si contano le vittime più numerose. Ma è proprio qui che si stanno muovendo i primi, sebbene timidi, passi per combattere il dilagare del virus. I primi risultati di queste inziative saranno presentati nei prossimi giorni, ma è chiaro che, per tutti, quello di Toronto è un congresso destinato a lasciare un segno. Come, esattamente dieci anni fa, il congresso di Vancouver segnò la rivoluzione della triterapia, con la possibilità di sopravvivere al virus e di convivere a lungo con esso, il congresso di Toronto - ha concluso Weinberg - “trasformerà in realtà l’accesso ai farmaci e alla prevenzione in ogni angolo del mondo”. (E. B.)

 

 

IN KENYA, OGNI GIORNO ARRIVANO PIU’ DI CENTO PROFUGHI

PROVENIENTI DALLA SOMALIA. L’ACNUR ESPRIME FORTE PREOCCUPAZIONE

PER IL SOVRAFFOLLAMENTO DEI CAMPI NOMADI

 

NAIROBI. = Cento persone al giorno: è la media dei profughi somali che migrano verso i campi nomadi di Dadaab, nel nord est del Kenya. A diffondere la notizia è stato l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), che ha espresso forte preoccupazione per il sovraffollamento degli accampamenti. L’intera regione di Dadaab, riferisce l’agenzia MISNA, ospita ormai da 14 anni circa 135 mila profughi, quasi tutti provenienti dalla Somalia. Gli ultimi ad arrivare, nel 2006, sono stati 18 mila somali fuggiti a causa dei recenti combattimenti tra le Corti Islamiche e i capi dei clan, che dagli anni ’90 controllavano Mogadiscio. “Se le cose continuano così - ha detto il responsabile dell’ufficio ACNUR a Dadaab, Nemia Temporal - potrebbero arrivare altre 12mila persone entro la fine dell’anno, portando a 30 mila il numero dei nuovi profughi”. Temporal ha poi aggiunto che la preoccupazione su una ripresa dei combattimenti farebbe aumentare i fuggitivi. “In questo caso - ha aggiunto il responsabile dell’ACNUR - dovremmo avviare trattative con il governo keniano per aprire un quarto campo profughi”. (A.Gr.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

14 agosto 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

Se la pace si affaccia, tra mille difficoltà, sul Medio Oriente è guerra aperta nello Sri Lanka e, ancora una volta, a pagare il prezzo più alto sono i bambini. Bombe sganciate da aerei delle forze governative sul territorio controllato dai ribelli Tamil hanno ucciso oggi almeno 43 bambine, accolte da un orfanotrofio. Altre 15 persone sono state uccise, secondo fonti tamil, dall’artiglieria governativa che ha colpito la chiesa di San Filippo ad Allaipiddy, dove le vittime si erano rifugiate. Anche nella capitale Colombo, è stata una giornata di sangue. Sette persone sono morte nello scoppio della bomba diretta contro un convoglio militare, che trasportava l’ambasciatore pakistano, in prossimità della residenza presidenziale. Per una testimonianza sul terribile momento che sta vivendo la popolazione srilankese, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente nello Sri Lanka, mons. Anthony Raymond Peiris, vescovo di Kurunegala:

 

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R. – The situation is very bad, in Sri Lanka, because of this war …

La situazione è veramente grave, qui in Sri Lanka, a causa di questa guerra. Quei bambini che sono morti, nella loro casa … L’esplosione della bomba a Colombo … La situazione è molto grave anche in campagna, specialmente nel Nord. Domani celebreremo la solennità dell’Assunta: due vescovi avrebbero dovuto partecipare alle celebrazioni ma non andranno a causa della situazione così tesa. I combattimenti continuano, la strada, qui, è stata bloccata. La festa dell’Assunta è una grande festa, nel nostro Paese, e tutti i cattolici – dal Nord, dal Sud, da Est e da Ovest – si riuniscono qui, cingalesi e tamil: vengono tutti qui. E’ la festa della Beata Vergine Madre di Dio, che è sempre stata una festa molto popolare, ma quest’anno la gente non potrà venire.

 

D. – C’ è qualche iniziativa particolare della Chiesa dello Sri Lanka per la pace?

 

R. – In questo momento noi vescovi dello Sri Lanka abbiamo rivolto un appello alla calma, abbiamo chiesto ai ribelli Tamil di deporre le armi, di sedere ad un tavolo negoziale per discutere e negoziare una soluzione appropriata. Abbiamo chiesto di finire la guerra: noi non vogliamo la guerra, noi vogliamo la pace! Ci siamo rivolti anche a tutti i cattolici del nostro Paese, di tutte le diocesi, a tutti i sacerdoti, religiosi, fedeli, per organizzare una campagna di preghiera …

 

D. – Come vediamo, drammaticamente, in Libano e in Sri Lanka, i civili e i bambini sono le prime vittime di ogni guerra …

 

R. – Every war! Because it is the civilians, they are the poor victims! …

Di ogni guerra! Perché infatti sono i civili le vittime! Stiamo cercando di fare qualcosa per quei poveretti, ma non è sufficiente. La situazione diventa sempre più tesa e sempre più grave, perché non abbiamo più sicurezza, nemmeno al Sud: potrebbero bombardare pure le città del Sud!

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Non si fermano le violenze in Iraq: almeno tre civili sono morti stamani, a Baghdad, in seguito a nuove esplosioni. Ieri, più di 60 persone erano rimaste uccise, inoltre, in una serie di attentati condotti da ribelli a Zafaraniya, quartiere sud orientale della capitale. Gli attacchi, effettuati con razzi, ordigni e con una motobomba guidata da un kamikaze, hanno colpito il mercato del quartiere, dove vivono sia sciiti sia sunniti.

 

Violenze anche in Afghanistan, dove almeno 11 militanti talebani sono rimasti uccisi durante scontri tra ribelli e forze di sicurezza afghane. Lo riferiscono fonti locali precisando che i combattimenti sono avvenuti, questa mattina, nella turbolenta provincia di Helmand. Ieri, altri 20 insorti talebani erano morti in seguito a scontri scoppiati nella provincia sud orientale di Paktika.

 

Il livello dello stato di allerta antiterrorismo è stato ridotto in Gran Bretagna da “critico” a “severo” e negli Stati Uniti da “codice rosso” a “codice arancione”. Sia il ministro dell’Interno inglese, John Reid, sia quello statunitense, Michael Chertoff, hanno spiegato che la riduzione del livello di allarme, significa solo che il pericolo non è imminente.

 

Si è tenuto stamani a Roma, al Viminale, il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal ministro dell’Interno, Giuliano Amato. Nel testo, si legge che i dispositivi di prevenzione della minaccia terroristica internazionale “sono stati ulteriormente rinforzati” dopo l’attacco terroristico sventato in Gran Bretagna. Sono state tempestivamente diramate, in particolare, direttive per “l’ulteriore rafforzamento delle misure di sicurezza presso gli scali aerei, l’intensificazione delle attività di prevenzione ed il potenziamento dei servizi di vigilanza degli obiettivi sensibili”.

 

Sempre in Italia, c’è riserbo da parte degli investigatori sull’ordigno rudimentale trovato e fatto brillare ieri sera a Milano davanti ad un ristorante frequentato prevalentemente da extracomunitari islamici. Non lascia molto spazio alle interpretazioni la telefonata con cui è stato rivendicato il gesto, arrivata alla redazione del quotidiano Libero: “questo è l’inizio della guerra contro i musulmani” ha detto una persona, quasi sicuramente un italiano, parlando con tono calmo. Gli inquirenti al momento non tralasciano alcuna ipotesi. 

 

Farà rientro oggi in Italia la salma di Angelo Frammartino, il giovane volontario barbaramente ucciso giovedì a Gerusalemme. Al suo arrivo, all’aeroporto militare di Ciampino, previsto tra le 17 e le 19, ci sarà anche il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, il quale parteciperà anche ai funerali che si terranno domani nel Duomo di Monterotondo. Nel Paese alle porte di Roma, ieri si è svolta una veglia di preghiera in ricordo del ragazzo. Una veglia analoga si è svolta contemporaneamente anche a Gerusalemme nel luogo in cui Angelo è stato ucciso.

 

 Quattro lavoratori stranieri di una società petrolifera sono stati rapiti ieri sera da uomini armati a Port Harcourt, nella regione del delta del Niger. Lo hanno reso noto fonti locali precisando che, poco prima, erano stati rilasciati tre filippini sequestrati dieci giorni fa. Con quello odierno, sono saliti a cinque i sequestri di questo genere avvenuti nel mese di agosto in Nigeria, primo Paese africano per la produzione di petrolio.

 

Sono saliti a 218 i morti in Cina per il tifone “Sagomai”, il più violento abbattutosi sulle coste meridionali cinesi negli ultimi 50 anni. Il tifone ha colpito, soprattutto, le province di Zhejiang, Fujian e Jianxi. Decine di migliaia di persone sono state costrette a lasciare le loro case e più di 100 risultano disperse. Ai gravi danni provocati dal tifone, si sono aggiunti anche frane e inondazioni. Le autorità cinesi hanno già mobilitato 20 mila soldati per le operazioni di soccorso.

 

L’edizione on-line del giornale del partito comunista cubano,Granma’, ha pubblicato oggi nuove foto del convalescente presidente, Fidel Castro, ripreso con il fratello Raul e con il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, che è andato a trovarlo per il suo 80.mo compleanno, festeggiato ieri. Una delle foto mostra Castro steso sul suo letto, con una camicia rossa indosso, mentre riceve un regalo da Chavez. E’ stato “un pomeriggio indimenticabile” - ha riferito il quotidiano - “che ha portato nuova energia al comandante di mille battaglie che ora è impegnato nella lotta per la vita”. Ieri il presidente venezuelano Chavez è stato accolto all’aeroporto dell’Avana da Raul Castro, che così ha fatto la sua prima comparsa in pubblico da presidente ad interim.

 

Ripresi gli sbarchi di clandestini nell’isola di Lampedusa. Sono 260 gli extracomunitari intercettati dalle autorità italiane su un'imbarcazione in legno, a 19 miglia dalla costa.  Cinque donne, in cattive condizioni di salute, sono state trasbordate su un’imbarcazione della Marina Militare. Altri 135 immigrati sono stati fatti salire su una motovedetta della Capitaneria, mentre gli altri sono rimasti sul barcone che viene scortato nel porto di Lampedusa. In mattinata nell’isola erano stati condotti 30  extracomunitari intercettati nella notte.

 

In Russia, due minatori sono morti e un altro risulta disperso in seguito all'esplosione di gas grisù avvenuta in una miniera nella regione di Kemerovo in Siberia. Lo hanno indicato le autorità locali.

 

Un incidente al porto di Tokyo ha causato stamani uno stop dell’erogazione di elettricità per circa tre ore nella capitale giapponese. Il blackout è scattato alle 8 del mattino, dopo che una gru su un battello in un canale fluviale si è abbattuta su una linea ad alta tensione, spezzandone i cavi. L’incidente ha spento i semafori, bloccato diverse linee della metropolitana e molte persone sono rimaste prigioniere in ascensori, soprattutto nel cuore amministrativo della città, a Shinjuku.

 

 

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