RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 226 - Testo della trasmissione di lunedì 14 agosto 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
Oggi
la Chiesa ricorda San Massimiliano Maria Kolbe,
sacerdote e martire
CHIESA E SOCIETA’:
In
corso a Toronto, in Canada, il 16.mo Congresso
mondiale sull’AIDS
Nello Sri Lanka, strage
di bambine in un orfanotrofio colpito dall’esercito di Colombo: 43 le piccole
vittime. Attaccata anche una chiesa, almeno 15 i morti. Ai nostri microfoni,
l’appello per la pace del vescovo srilankese, Anthony
Raymond Peiris
14 agosto 2006
CREDERE
E’ BELLO: IL CATTOLICESIMO NON E’ UN CUMULO DI PROIBIZIONI
MA
COSI’
IL PAPA NELL’INTERVISTA RILASCIATA A TRE TV TEDESCHE
E ALLA
RADIO VATICANA
Far capire all’uomo di oggi che “credere è bello”, per
“riscoprire Dio”, il suo “volto umano”, in Gesù Cristo, perchè “il
cattolicesimo non è un cumulo di proibizioni ma un’opzione positiva”. Questo il
messaggio che il Papa vuole lanciare nel suo prossimo viaggio apostolico in
Germania, nella sua Baviera, dal 9 al 14 settembre. E’ quanto ha rivelato lo
stesso Benedetto XVI nella lunga intervista rilasciata a Castel
Gandolfo, il 5 agosto scorso, a tre TV tedesche e
alla Radio Vaticana e trasmessa ieri sera. L’intervista, in tedesco, ha toccato
molti argomenti. Ce ne Parla Sergio Centofanti.
**********
Benedetto XVI parla delle speranze di pace in Medio
Oriente, ma anche delle sfide attuali della Chiesa e di se stesso. Afferma che
il Papa “non è un monarca assoluto”, ma “un’istanza unificatrice” che “promuove
la molteplicità” nella “integrazione dinamica del tutto”. Sua intenzione è
quella di sviluppare gli strumenti della collegialità come il Sinodo e il
Concistoro. Sottolinea la necessità che le diverse confessioni cristiane diano
una testimonianza comune ad un mondo che fa sempre più difficoltà a credere. E
rileva che uno dei problemi fondamentali di oggi è lo squilibrio tra la
crescita del potere tecnico dell’uomo e il deficit della sua capacità morale:
uno squilibrio che va superato con la formazione della persona umana. La sola
razionalità sganciata da Dio invece è insufficiente. Risponde poi a quanti
criticano
Ma veniamo all’intervista. La versione integrale è
disponibile sul nostro sito www.radiovaticana.va.
Oggi, nel nostro Radiogiornale, ve ne offriamo una prima
parte. Nei prossimi giorni trasmetteremo il resto. La prima domanda è relativa
ai motivi della sua prossima visita in Baviera:
R. – Ja, das auf jeden Fall. Der Grund des Besuchs war eigentlich eben
doch …
Certamente. Il motivo della visita era proprio che io
volevo vedere ancora una volta i luoghi, le persone presso cui
sono cresciuto, che mi hanno segnato e hanno formato la mia vita; volevo
ringraziare queste persone. E naturalmente volevo anche esprimere un messaggio
che vada aldilà della mia terra, come è coerente con
il mio ministero. I temi me li sono lasciati indicare molto semplicemente dalle
ricorrenze liturgiche. Il tema fondamentale è che noi dobbiamo riscoprire Dio e
non un Dio qualsiasi, ma il Dio con un volto umano, poiché quando vediamo Gesù
Cristo vediamo Dio. E a partire da questo dobbiamo trovare le vie per
incontrarci a vicenda nella famiglia, fra le generazioni e poi anche fra le
culture e i popoli, e le vie per la riconciliazione e la convivenza pacifica in
questo mondo. Le vie che conducono verso il futuro non le troviamo se non
riceviamo, per così dire, la luce dall’alto. Non ho quindi scelto dei temi
molto specifici, ma è la liturgia che mi guida a esprimere il messaggio
fondamentale della fede, che naturalmente si inserisce nell’attualità di oggi,
in cui vogliamo anzitutto cercare la collaborazione dei popoli, e le vie
possibili verso la riconciliazione e la pace.
D. – Come Papa, Lei è responsabile per
R. – Nun, ich würde zunächst sagen, Deutschland gehört zum Westen, …
Io direi anzitutto che
D. – Santo Padre, proprio un anno fa Lei era a Colonia con
i giovani, e credo che Lei abbia anche sperimentato che la gioventù è
straordinariamente pronta ad accogliere, e che Lei personalmente è stato accolto molto bene. In questo prossimo viaggio Lei
porta forse anche un messaggio speciale per i giovani?
R. – Ich würde zunächst einmal sagen: Die Botschaft ist: Ich freu’ mich,
…
Io direi anzitutto: sono molto felice che vi siano giovani
che vogliono stare insieme, che vogliono stare insieme nella fede, e che
vogliono fare qualcosa di buono. La disponibilità al bene è molto forte nella
gioventù, basti pensare alle molte forme di volontariato. L’impegno per offrire
in prima persona un proprio contributo di fronte ai bisogni di questo mondo, è
una cosa grande. Un primo impulso può essere quindi di incoraggiare in questo:
Andate avanti! Cercate le occasioni per fare il bene! Il mondo ha bisogno di
questa volontà, ha bisogno di questo impegno! E poi forse una parola
particolare sarebbe questa: il coraggio di decisioni definitive! Nella gioventù
c’è molta generosità, ma di fronte al rischio di impegnarsi per una vita
intera, sia nel matrimonio, sia nel sacerdozio, si prova paura. Il mondo è in
movimento in modo drammatico. Continuamente. Posso già fin d’ora disporre della
mia vita intera con tutti i suoi imprevedibili eventi futuri? Con una decisione
definitiva non è forse che lego io stesso la mia libertà e che tolgo qualcosa
alla mia flessibilità? Risvegliare il coraggio di osare decisioni definitive,
che in realtà sono le sole che rendono possibile la crescita, il cammino in
avanti e il raggiungimento di qualcosa di grande nella vita, le sole che non
distruggono la libertà, ma le offrono la giusta direzione nello spazio;
rischiare questo, questo salto - per così dire - nel definitivo, e con ciò accogliere
pienamente la vita, questo è qualcosa che sarei lieto di poter comunicare.
D. – Santo Padre, una domanda sulla situazione della
politica estera. Quale influsso positivo Lei può esercitare sulla situazione,
sugli sviluppi nel Medio Oriente?
R. – Wir haben natürlich keine politischen Möglichkeiten, und wir wollen
auch …
Naturalmente non abbiamo alcuna possibilità politica, e
noi non vogliamo alcun potere politico. Ma noi vogliamo appellarci ai cristiani
e a tutti coloro che si sentono in qualche modo uniti
alla Santa Sede ed interpellati da essa, affinché vengano mobilitate tutte le
forze che riconoscono che la guerra è la peggiore soluzione per tutti. Non
porta nulla di buono per nessuno, neppure per gli apparenti vincitori. Noi lo
sappiamo molto bene in Europa, in seguito alle due guerre mondiali. Ciò di cui
tutti hanno bisogno è la pace. E vi è una forte comunità cristiana nel Libano,
vi sono cristiani fra gli arabi, vi sono cristiani in Israele, e cristiani di
tutto il mondo si impegnano per questi paesi cari a tutti noi. Vi sono forze
morali che sono pronte a far comprendere che l’unica soluzione è l’imparare a
vivere insieme. Queste forze noi vogliamo mobilitare. Tocca ai politici di
trovare poi le strade affinché questo possa avvenire il più presto possibile e
soprattutto in modo durevole.
D. – Tema: la famiglia. Circa un mese fa Lei era a
Valencia per l’Incontro mondiale delle famiglie. Chi ha ascoltato con
attenzione ha notato che Lei non ha mai pronunciato la parola “matrimoni
omosessuali”, non ha mai parlato di aborto, né di contraccezione. Osservatori
attenti si sono detti: interessante! Evidentemente la sua intenzione è di
annunciare la fede e non di girare il mondo come “apostolo della morale”. Può dirci il Suo commento?
R. – Ja, natürlich. Zuerst muss man sagen: Ich hatte ganze zwei mal …
Naturalmente sì. Anzitutto bisogna dire che io avevo in tutto due volte venti minuti di tempo per parlare.
E se uno ha così poco tempo non può subito cominciare con il dire “No”. Bisogna
sapere prima che cosa veramente vogliamo, non è vero? E il cristianesimo, il
cattolicesimo, non è un cumulo di proibizioni, ma una opzione
positiva. Ed è molto importante che lo si veda
nuovamente, poiché questa consapevolezza oggi è quasi completamente scomparsa. Si è sentito dire tanto su ciò che non è permesso, che ora bisogna
dire: Ma noi abbiamo un’idea positiva da proporre: l’uomo e la donna sono fatti
l’uno per l’altra, esiste – per così dire – una scala: sessualità, eros, agape,
che sono le dimensioni dell’amore, e così si forma dapprima il matrimonio come
incontro colmo di felicità di uomo e donna, e poi la famiglia, che garantisce
la continuità fra le generazioni, in cui si realizza la riconciliazione delle
generazioni e in cui si possono incontrare anche le culture. Anzitutto,
dunque, è importante mettere in rilievo ciò che vogliamo. In secondo luogo, si
può poi anche vedere, perché certe cose non le vogliamo. E io credo che occorra
riconoscere che non è un’invenzione cattolica che l’uomo e la donna siano fatti
l’uno per l’altra, affinché l’umanità continui a
vivere: lo sanno in fondo tutte le culture. Per quanto riguarda l’aborto, esso
non rientra nel sesto, ma nel quinto comandamento: “Non uccidere!”. E questo
dovremmo presupporlo come ovvio, ribadendo sempre di nuovo: la persona umana
inizia nel seno materno e rimane persona umana fino al suo ultimo respiro.
Perciò deve sempre essere rispettata come persona umana. Ma ciò diventa più
chiaro se prima è stato detto il positivo.
D. – Santo Padre, parliamo dei suoi viaggi. Lei è in
Vaticano, forse Le costa essere un po’ lontano dalla
gente e separato dal mondo, anche qui nel bellissimo ambiente di Castel Gandolfo. Ma Lei fra poco
avrà 80 anni. Lei pensa, con l’aiuto di Dio, di poter fare ancora molti viaggi?
Ha un’idea di quali vorrebbe fare? In Terra Santa, in Brasile? Lo sa già?
R. – Nun, so ganz einsam bin ich nicht. Natürlich gibt es sozusagen die
Burg, …
A dire il vero non sono così solo. Naturalmente ci sono –
per così dire – le mura che rendono difficile l’accesso, ma c’è una “famiglia
pontificia”, ogni giorno molte visite, in particolare quando
sono a Roma. Vengono i Vescovi, altre persone, ci sono visite di Stato, di
personalità che però vogliono parlare con me anche
personalmente e non solo di questioni politiche. In questo senso c’è una
molteplicità di incontri che grazie a Dio mi vengono
donati continuamente. Ed è anche importante che la sede del Successore di
Pietro sia un luogo di incontro – non è vero? Dal tempo di Giovanni XXIII, poi,
il pendolo si è spostato anche nell’altra direzione: sono i Papi che hanno cominciato
a fare visite. Devo dire che io non mi sento molto forte tanto da mettere in
agenda ancora molti grandi viaggi, ma dove questi permettono di rivolgere un
messaggio, dove rispondono a un vero desiderio, lì vorrei andare, con il
“dosaggio” che mi è possibile. Qualcosa è già previsto: il prossimo anno in
Brasile c’è l’incontro del CELAM, il Consiglio Episcopale Latino Americano, e
penso che lì la mia presenza sia un passo importante, considerate, da una
parte, la vicenda drammatica che l’America del Sud sta vivendo e, dall’altra
parte, tutta la forza di speranza che allo stesso tempo è operante in quella
regione. Poi vorrei andare nella Terra Santa, e spero di poterla visitare in
tempo di pace, e per il resto vedremo che cosa mi riserva
D. – Mi permetta di insistere. Gli austriaci parlano anche
loro tedesco e La aspettano a Mariazell …
R. – Ja, das ist vereinbart. Das habe ich einfach so ein bisschen
leichtsinning …
Sì, è stato concordato. Io l’ho promesso semplicemente, in
modo un po’ imprudente. E’ un posto che mi è piaciuto tanto che ho detto: Sì,
tornerò dalla Magna Mater Austriae.
Naturalmente questa è diventata subito una promessa, che io manterrò, e la
manterrò volentieri.
D. – Io La ammiro ogni mercoledì, quando tiene l’udienza
generale. Vengono 50.000 persone. Deve essere stancante, molto stancante. Lei
riesce a resistere?
R. – Ja, der liebe Gott wird mir schon die Kraft geben, dann. …
Sì, il Buon Dio mi darà la forza necessaria. E quando si
vede l’accoglienza cordiale, naturalmente si rimane incoraggiati.
D. – Santo Padre, Lei ha appena detto di aver fatto una
promessa un po’ imprudente. Vuol dire che nonostante il Suo ministero,
nonostante i molti vincoli protocollari, Lei non si lascia portar via la sua
spontaneità?
R. – Ich versuche es jedenfalls. Denn soviel auch fixiert ist, ein
bisschen …
In ogni caso, io ci provo. Poiché, per quanto le cose
siano fissate, io vorrei cercare di conservare e di realizzare anche qualcosa
di propriamente personale.
D. – Santo Padre, Lei ha parlato dell’esperienza della
comunità. Lei verrà ora in Germania già per la seconda volta dopo
R. – Nun, ich würde sagen: An sich ist natürlich schon seit dem Ende …
Direi che naturalmente già con la fine della seconda
guerra mondiale è cominciata una trasformazione interiore della società
tedesca, anche della mentalità tedesca, che tale trasformazione è stata ancora
rafforzata dalla riunificazione. Noi ci siamo inseriti molto più profondamente
nella società mondiale e ovviamente stiamo in certa misura sotto l’influsso
della sua mentalità. E così appaiono anche aspetti del carattere tedesco che
prima non ci si aspettava. E forse siamo stati dipinti un po’ troppo come
sempre tutti disciplinati e riservati, cosa che ha
anche un certo fondamento. Ma sono contento se ora emerge di più e si rende
visibile a tutti che i tedeschi non sono solo riservati, puntuali e
disciplinati, ma sono anche spontanei, allegri, ospitali. Questo è molto bello.
Ed allora il mio augurio che queste virtù si sviluppino ulteriormente,
ricevendo ancora slancio e durevolezza dalla fede cristiana.
D. – Quale ruolo hanno nella vita di un Papa lo humour e le leggerezza dell’esse-re?
R. – Ich bin nicht ein Mensch, dem dauerns viele Witze einfallen. …
(ride) Io non sono un uomo a cui
vengano in mente continuamente delle barzellette. Ma saper vedere anche
l’aspetto divertente della vita e la sua dimensione gioiosa e non prendere
tutto così tragicamente, questo lo considero molto importante, e direi che è anche
necessario per il mio ministero. Un qualche scrittore aveva detto che gli
angeli possono volare, perché non si prendono troppo sul serio. E noi forse
potremmo anche volare un po’ di più, se non ci dessimo così tanta importanza.
D. – Quando si svolge un compito importante come il Suo,
Santo Padre, si viene naturalmente anche molto osservati. Gli altri parlano di
Lei. E leggendo sono rimasto colpito da ciò che dicono molti osservatori, che
Papa Benedetto è una personalità diversa dal Cardinal Ratzinger.
Come Lei vede se stesso, se posso permettermi questa domanda?
R. – Ich bin ja schon mehrmals zerteilt worden, in den früheren Professor
und …
Io sono stato già sezionato diverse volte: il professore
del primo periodo e quello del periodo intermedio, il primo Cardinale e quello
successivo. Adesso si aggiunge un altro sezionamento. Naturalmente le
circostanze e la situazione e anche gli uomini influiscono, perché si rivestono
responsabilità diverse. Ma – diciamo così – la mia personalità fondamentale e
anche la mia visione fondamentale sono cresciute, ma in tutto ciò che è essenziale
sono rimaste identiche. Sono contento se ora vengono
percepiti anche aspetti che prima non venivano così notati.
D. – Si può dire che il suo compito le piace, che non è un
peso per Lei?
R. – Das wäre ein bisschen zu viel, weil es doch mühsam ist. …
Questo sarebbe un po’ troppo, perché in realtà è faticoso,
ma in ogni caso cerco di trovare anche in questo la gioia.
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DOMANI, NELLA FESTA DELL’ASSUNZIONE, IL PAPA
CELEBRA ALLE 8.00 LA MESSA
NELLA
PARROCCHIA SAN TOMMASO DA VILLANOVA A CASTEL GANDOLFO.
ALLE
12.00 L’APPUNTAMENTO CON
L’ANGELUS
-
Intervista con padre Ermanno Toniolo -
Domani, il Papa festeggerà a Castel
Gandolfo
**********
R. – Innanzitutto, confermo che la festa dell’Assunzione è
la più grande delle feste mariane, come sentita, come vissuta e come celebrata
dal Popolo di Dio, specialmente in Oriente. Per quanto riguarda, invece, il
significato profondo, teologico di questa festa, possiamo risalire al principio
primo, a Dio Padre. Il nostro Papa ha mandato una lettera enciclica a tutta
D. – Alla definizione dommatica
di Maria assunta in anima e corpo in cielo si è arrivati dopo quasi duemila
anni, mentre fin dai primi secoli cristiani in Oriente già si parlava di ‘dormitio Virginis’, quindi dell’assunzione di Maria
al cielo. Come mai questo ritardo?
R. – Io penso che la dogmatizzazione
delle verità deve necessariamente percorrere un lungo cammino ed essere molto
attenta e prudente, perché dire ‘dogma’ vuol dire ‘verità definita’.
Ora, per arrivare a una verità definita come verità divina, bisogna avere i fondamenti
biblici, i fondamenti tradizionali, bisogna ricorrere ad un’immensa categoria metodologica,
e in particolare bisogna che tutta
D. – Abbiamo parlato del significato di questa verità di
fede, e cioè dell’Assunzione di Maria in anima e corpo in cielo; ma vediamo
cosa dice oggi questa solennità all’uomo del nostro tempo …
R. – Innanzitutto, possiamo dire, partendo da Dio, che noi
siamo gli amati da Dio. Dio ci ha tutti predestinati alla gloria. Ci ha tutti
predestinati – ricordiamo San Paolo – ad essere suoi figli
immacolati e santi nell’amore. Ci ha già glorificati con Cristo, direbbe San Paolo
nella Lettera ai Romani; già sediamo con Cristo nei Cieli. Quindi, tutti noi
già siamo glorificati anche se non vediamo ancora
realizzato questo progetto di Dio. Fedele, Dio, che compirà ciò che ha
promesso. E dunque il senso dell’Assunzione, oggi, è la sicurezza di essere gli
amati da Dio. L’Uomo è la creatura amata da Dio, centro dell’universo, costituito
quasi punto di ricapitolazione di tutto il creato invisibile e visibile per
portare il mondo a Dio. Cristo è diventato il ricapitolatore
di tutte le creature e il salvatore delle creature decadute, nel Suo sangue
versato, ma anche il datore della vita nella sua glorificata umanità, che siede
alla destra del Padre. Maria chi è? Il campione della redenzione. Il campione
dell’accoglienza della grazia. Il campione del vivere nella grazia senza
intaccare mai l’amicizia con Dio, e quindi Immacolata sempre. Maria è la
realizzazione del progetto di Dio. Noi contempliamo in Lei ciò che Dio avrebbe
voluto, ma in pienezza non ha potuto realizzare per ciascuno di noi. Ma lo
realizzerà lo stesso, nonostante le tribolazioni, possiamo dire, le seduzioni,
le aberrazioni del mondo. Lo realizzerà lo stesso perché ultimo a vincere sarà sempre Dio.
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IL
CARDINALE AGOSTINO CACCIAVILLAN COMPIE OGGI 80 ANNI
Il cardinale Agostino Cacciavillan,
presidente emerito dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica,
compie oggi 80 anni. I nostri più affettuosi auguri al porporato. Il cardinale Cacciavillan è nato a Novale di Valdagno, in provincia di Vicenza, il 14 agosto 1926.
Ordinato sacerdote il 26 giugno 1949 e consacrato vescovo nel 1976, è stato creato
cardinale nel 2001. Dopo aver ricoperto numerosi incarichi al servizio della diplomazia
vaticana, il 5 novembre 1998 è stato nominato presidente dell’Amministrazione
del Patrimonio della Sede Apostolica (A.P.S.A.),
ufficio che ha lasciato nel 2002. Con l’odierno 80.mo compleanno del cardinale Agostino Cacciavillan, il numero dei cardinali elettori scende a
119, mentre i cardinali non elettori diventano 71. Il Collegio Cardinalizio
conta in tutto 190 porporati.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – “Finalmente prevalga la pace sulla
violenza e sulla forza delle armi”: all’Angelus l’auspicio di Benedetto XVI di
fronte agli ultimi sviluppi che fanno sperare che cessino gli scontri e che sia
prontamente ed efficacemente assicurata l’assistenza umanitaria alle
popolazioni.
Israeliani ed Hezbollah
fanno tacere le armi, dopo cruenti combattimenti susseguitisi a pochi minuti prima dell’entrata in vigore della tregua
alle 8 di lunedì 14.
Servizio vaticano - Una pagina sul cammino
della Chiesa in Africa.
Servizio estero – L’intervento della Santa Sede
alla seconda sessione speciale del Consiglio per i diritti umani dedicata alla
situazione in Libano: “Il cessate-il-fuoco
immediato è il primo passo per rompere il circolo vizioso della violenza,
ricorrendo alla ragione e alla buona volontà”.
Servizio culturale - Un articolo di Claudio Bellinati dal titolo “Un capolavoro di arte e di fede”:
l’“Assunzione della Vergine” di Andrea Mantegna.
Servizio italiano - In
primo piano l’articolo dal titolo “Militari italiani in Libano: si attende
il Consiglio dei Ministri di venerdì 18”: la CDL chiede chiarezza sulle regole
e sulle modalità dell’ingaggio.
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14 agosto 2006
SCATTATA LA TREGUA IN LIBANO: AD ECCEZIONE DI DUE SCONTRI COSTATI
LA VITA
A DUE HEZBOLLAH, LE ARMI
TACCIONO E GLI SFOLLATI
COMINCIANO A TORNARE NEL SUD DEL PAESE
-
Intervista con Annick Bouvier
-
In Libano è
scattata stamani l’attesa e invocata tregua, voluta dall’ONU, tra forze israeliane
ed Hezbollah. Diversi soldati dello Stato ebraico
sono rientrati in Israele e i guerriglieri sciiti hanno smesso di lanciare
razzi. In Libano non sono mancati, comunque, episodi di violenza anche dopo il cessate-il-fuoco: due combattenti
sciiti sono stati uccisi da soldati israeliani nel sud del Paese dei cedri. Sulla situazione in Libano,
ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco:
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In Libano si è passati alle 8 in punto, le 7 in Italia,
dal fragore delle armi ad una nuova fase di cessazione delle ostilità. Un
silenzio surreale e carico di speranza ha riempito i primi minuti dopo la
tregua: la popolazione libanese, stremata ed abituata a continui boati ed
esplosioni, ha potuto constatare l’effettiva applicazione del cessate-il-fuoco, preceduto, nella
notte, da intensi scontri costati la vita a 7 combattenti sciiti e a due riservisti
israeliani. Da questa mattina, invece, sembra aprirsi un nuovo scenario: dal
cielo libanese sono scomparsi gli aerei da guerra israeliani e, nel sud del
Libano, i guerriglieri Hezbollah hanno arrestato il
consueto lancio di razzi verso lo Stato ebraico. Le truppe
israeliane, che cominciano a ritirarsi, hanno ricevuto l’autorizzazione ad aprire il fuoco in caso
di attacchi. Il ministro della Difesa israeliano, Amir
Peretz, ha anche espresso la speranza che si sia
creata una nuova situazione in grado di permettere l’apertura di negoziati con
il governo libanese e con l’Autorità Nazionale Palestinese. Sull’altro fronte,
il ministro delle Finanze libanese ha confermato che la tregua sembra tenere.
Le uniche eccezioni riguardano due scontri avvenuti nel sud e costati la vita a
due combattenti Hezbollah.
Il cessate-il-fuoco
sembra comunque consolidarsi e questo è sicuramente il risultato più importante che rende
secondari anche i rispettivi proclami di vittoria lanciati, in queste ore, da
Israele e dagli Hezbollah. La relativa stabilità
comincia, poi, ad avere primi effetti positivi anche sulla situazione
umanitaria: la tregua ha spinto,
infatti, migliaia di sfollati a rimettersi in marcia per tornare ai propri
villaggi nel sud. L’esercito israeliano ha però annunciato che chiunque fosse trovato lungo le
strade meridionali libanesi privo di permesso, rischierà di essere attaccato
dai soldati dello Stato ebraico. Secondo fonti ufficiali,
sono ancora diverse migliaia i militari israeliani che presidiano l’area. Nella
terra dei cedri, resta in vigore, inoltre, il blocco aereo, navale e terrestre.
Il blocco – ha precisato un portavoce militare israeliano - durerà fino a quando non
sarà predisposto un sistema per sorvegliare e prevenire l’ingresso di armi,
destinate ai guerriglieri sciiti. Per
quanto riguarda i corridoi umanitari, la tregua ha già consentito, infine, la
partenza di due convogli del Programma Alimentare Mondiale (PAM) verso la città
portuale libanese di Tiro, che non riceveva aiuti da almeno 15 giorni.
**********
A
poche ore dall’inizio della tregua, si intensifica, dunque, l’impegno
delle organizzazioni umanitarie che finalmente, una volta cessate le violenze
sul terreno, possono portare soccorso alle popolazioni colpite. In prima linea
su questo fronte è il Comitato Internazionale della Croce Rossa. Per una testimonianza
sulle ultime notizie dal terreno, Alessandro Gisotti ha intervistato Annick Bouvier, portavoce della
Croce Rossa per il Medio Oriente:
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R. – From a
humanitarian perspective, the situation remains very worrying …
Da un punto di vista umanitario, la situazione rimane
molto preoccupante. Vi sono persone che dovrebbero essere spostate in strutture
ospedaliere; come sapete, negli ultimi giorni non sempre abbiamo ricevuto
l’autorizzazione per portare i nostri convogli in determinati villaggi, in
particolare nel Libano del Sud. La priorità ora è veramente quella di poter
essere messi in grado di raggiungere la gente che ha urgentemente bisogno di aiuto,
come ad esempio i feriti, i malati che hanno bisogno di accedere ai trattamenti
medici; di poter raggiungere quelle regioni per portare gli aiuti di prima
necessità.
D. – Cosa ci può dire degli sfollati interni nel Libano
che – ci pare di comprendere – stanno già tornando nel Libano del Sud?
R. – It’s too early to really assess the movement of
the displaced people, …
E’ presto per fare una stima degli sfollati, anche se
negli ultimi giorni abbiamo potuto portare in Libano aiuti umanitari come
derrate alimentari, medicine, vestiti, coperte; la distribuzione avviene quando abbiamo constatato l’identità degli sfollati
tornati a casa.
D. – Quali sono le cose più importanti da fare, quali le
priorità per il momento attuale e per i giorni a venire?
R. – The priority is really help the civilian
population in term of medical help …
La priorità è l’aiuto da portare alla popolazione civile
in termini di assistenza medica e di carburante per far funzionare le pompe dei
pozzi nei villaggi, nonché l’urgente evacuazione dei feriti; con l’aiuto della
Croce Rossa libanese, è necessario raccogliere i corpi che sono rimasti
intrappolati nelle macerie delle case bombardate. E’ molto importante per i
familiari delle vittime sapere che siano morti, seppellirli secondo la loro
cultura e religione.
**********
Nonostante il cessate-il-fuoco
in Libano, la situazione in Medio Oriente ed in particolare, nei Territori
palestinesi, resta molto tesa: tre persone della
stessa famiglia sono rimaste uccise in un raid israeliano a Beit
Hanun, nel nord della Striscia di Gaza. L’azione è
stata compiuta dopo il lancio di un razzo verso Israele.
OGGI
SACERDOTE
E MARTIRE
-
Servizio di Sergio Centofanti -
Massimiliano Maria Kolbe nasce
in Polonia nel 1894. Entra nella famiglia Francescana dei Minori
Conventuali. Innamorato della Vergine,
fonda « La milizia di Maria Immacolata» per la salvezza delle anime. Nota con
profonda tristezza il propagarsi dell’indifferentismo
che – afferma – colpisce non solo i fedeli ma anche i religiosi. Sostiene con
forza la via dell’obbedienza: solo “l’obbedienza – dice - ci manifesta con
certezza la divina volontà. E' vero che il superiore può errare, ma chi
obbedisce non sbaglia. L'unica eccezione – aggiunge - si verifica
quando il superiore comanda qualcosa che chiaramente, anche in cose
minime, va contro la legge divina. In questo caso egli non è più interprete
della volontà di Dio”.
Nel 1921 fonda a Cracovia un giornale di poche pagine “Il
Cavaliere dell’Immacolata”: “Noi religiosi – afferma – possiamo abitare
baracche, girare con vesti rattoppate, nutrirci modestamente, ma le nostre
macchine tipografiche, che servono a diffondere la gloria di Dio, devono essere
le migliori e di ultimo modello”. Padre Kolbe, malato
di tubercolosi, lavora fino a sfinirsi: “il nostro
compito – scrive – è molto semplice:
sgobbare tutto il giorno, ammazzarsi di lavoro, essere ritenuto poco meno che
un pazzo da parte dei nostri e, distrutto, morire per l'Immacolata”.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale assiste feriti,
ammalati e profughi, in particolare ebrei. Nel febbraio del 1941 viene arrestato dai nazisti. Lascia i suoi confratelli con
queste parole: “Non dimenticate l’amore!”. E’ deportato nel campo di
concentramento di Auschwitz. Con il numero 16670 è addetto al trasporto
dei cadaveri al crematorio. Per la fuga di un prigioniero altri 10 detenuti vengono condannati a morire nel bunker della fame. Tra
questi c’è un padre di famiglia: padre Kolbe chiede
di poterlo sostituire. E’ accontentato.
Il sacerdote incoraggia tutti i condannati intonando canti
alla Vergine. Dopo 14 giorni solo quattro restano ancora in vita, fra cui padre
Massimiliano. Le guardie naziste decidono di finirli con un’iniezione di acido
fenico. Padre Kolbe tende il braccio dicendo “Ave
Maria”: sono le sue ultime parole. Era il 14 agosto 1941, vigilia
dell’Assunzione. Le sue ceneri si
mescolano insieme a quelle di tanti altri condannati,
nel forno crematorio. Anni prima aveva detto: “Vorrei essere come polvere, per
viaggiare con il vento e raggiungere ogni parte del mondo e predicare la Buona
Novella”. Giovanni Paolo II lo
canonizzerà il 10 ottobre 1982.
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14 agosto 2006
Il mondo cattolico si prepara a festeggiare DOMANI
la solennità
dell’assunzione. In molti Paesi, come ogni anno,
previste veglie, processioni e pellegrinaggi
ROMA. = Sono diverse le manifestazioni che avranno luogo
oggi, nella vigilia della Solennità dell’Assunzione, ricorrenza che celebra
l’Assunzione di Maria Santissima al Cielo in anima e corpo, come ha sempre
creduto la Chiesa fin dagli inizi e come poi Pio XII il 1° novembre 1950 definì
in maniera solenne. A Roma, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, alle 20.30
si terrà la “Veglia dell’Assunta – Pasqua della Madre di Dio” presieduta
dall’arciprete della Basilica, il cardinale Bernard Francis Law. La liturgia segue
l’antica tradizione della Basilica Liberiana e comprende il Lucernario,
l’ufficio delle letture con tropari della liturgia
russa, la Santa Messa della Vigilia e l’omaggio all’Assunta. Sempre a Roma, a
mezzanotte, avrà luogo il tradizionale pellegrinaggio al Santuario di Castel di Leva, intitolato alla Madonna del Divino Amore.
Anche in Polonia i pellegrinaggi, molto diffusi nel Paese in questo periodo,
arriveranno al culmine proprio nel giorno della solennità dell’Assunzione. Solo
al Santuario di Jasna Gora a Czestochowa,
dopo due settimane di cammino, arriveranno a piedi più di 160 mila persone
suddivise in circa 250 gruppi, percorrendo in tutto circa 650 chilometri. La
tradizione dei pellegrinaggi polacchi a Czestochowa,
che interessa non solo giovani ma anche atre categorie di persone come anziani,
disabili e militari, è molto radicata nella storia. I gruppi più antichi sono
quelli di Kalisz (370 anni) e di Gliwice
(360 anni). Il più famoso pellegrinaggio è quello di Varsavia la cui tradizione
risale al 1711. Il gruppo più numeroso, che conta almeno 10 mila pellegrini, è
quello di Radom. Riprendendo uno specifico programma
che riflette la vita della Chiesa in Polonia, i pellegrinaggi interesano anche
altri Santuari. E’ così per quello della Divina Misericordia a Lagiewniki di Cracovia e di Kalwaria
Zebrzydowska, ambedue visitati lo scorso maggio da
Benedetto XVI. Avviene lo stesso anche per quello di Lichen,
un Santuario mariano consacrato da Giovanni Paolo II con una gigantesca chiesa
moderna, una delle più grandi costruzioni del genere erette in questi ultimi
anni nel mondo. (E. B.)
Il Latino non E’ affatto una lingua morta: potrebbe
invece diventare
uno strumento di comunicazione internazionale.
e’ l’idea rilanciata dall’osservatore romano
nell’edizione di ieri
ROMA. = Il latino come lingua ufficiale nel mondo, in un
futuro non tanto lontano. A rilanciare l’idea è l’Osservatore Romano che in un
articolo apparso sull’edizione di ieri, firmato da Mario Gabriele Giordano,
individua nel latino un “idoneo strumento di comunicazione internazionale”.
Un’esigenza, questa, posta in generale dal processo di globalizzazione
e in particolare dalla realtà dell’Unione Europea i cui Paesi hanno
ininterrottamente usato il latino per circa venti secoli e il cui motto
ufficiale – si legge nell’articolo – anche oggi suona bellamente nella stessa
lingua: “in varietate
concordia”, come del resto quello degli Stati Uniti, cioè “e pluribus unum”.
L’autore riconosce l’attuale egemonia della lingua inglese che la rende dunque
più idonea come lingua internazionale. Tuttavia si tratta pur sempre di una
lingua “nazionale” che, come quella francese in passato, si è imposta per
precise ragioni economiche e politiche. Per questo – si legge – la lingua
inglese potrebbe ridimensionarsi con il venir meno di tali ragioni. Non è la
stessa cosa per il latino che è rimasto vivo per millenni e che - prosegue
l’articolo – possiede una caratteristica che nessuna altra lingua può vantare:
il latino si era costituito come voce non di una particolare comunità ma del
mondo, esprimendo una civiltà universale. Nell’articolo si ricorda inoltre come
in Italia, negli anni sessanta e settanta - si eliminò il latino dai programmi
della scuola dell’obbligo “con decisioni – scrive Giordano – assunte non certo
per improponibili ragioni culturali o didattiche ma per ragioni ideologiche o,
più impropriamente, demagogiche”. D’altro canto – ricorda
però l’autore – è altrettanto vero che in Europa e nel mondo, il latino
veniva invece fatto oggetto di una crescente attenzione attraverso concrete
iniziative di studio e di diffusione. In questo quadro – prosegue – in
Finlandia circa dieci anni fa veniva addirittura
creata una radio, “Nuntii latini”, che tuttora trasmette
aggiornati notiziari redatti nella lingua di Cicerone, destinati non certo a
perdersi nel vento ma a raggiungere persone in carne ed ossa. Il testo
sottolinea poi come in Italia lo studio del latino fu bollato come residuo di
una concezione elitaria della scuola e come elemento di discriminazione sociale
all'interno del processo educativo. E questo “palese pregiudizio maturato nel
particolare clima politico del tempo” venne tra l'altro a sacrificare – scrive
Giordano – la funzione strumentale dello studio del latino “quale occasione di
riflessione sulla natura e la dinamica della struttura linguistica in generale
con la ben nota conseguenza di una diffusa e persistente ignoranza nell’uso
scritto dell’italiano”. (E. B.)
Il
virus dell’Aids e’ “il nemico pubblico numero uno” e per sconfiggerlo
bisogna rendere realmente
accessibili, nel mondo, farmaci e prevenzione.
sono le parole d’ordine
del 16.mo Congresso Mondiale sull'Aids,
apertosi ieri a toronto
TORONTO. = Qualcosa sta
cambiando davvero nella lotta contro l’AIDS. Dopo tanti anni
di appelli, attese e speranze rivolte al Sud del mondo, ci si muove
finalmente su un terreno concreto. “È tempo di distribuire”, di rendere
disponibili ovunque, nel mondo, cure e prevenzione. E’ lo slogan del 16.mo congresso mondiale contro l’AIDS che si è aperto ieri
pomeriggio a Toronto, con 24 mila partecipanti tra politici, scienziati e
rappresentanti di associazioni. A 25 anni dall’annuncio del primo caso di AIDS,
il congresso vuole essere l’occasione per voltare pagina nella lotta
all’epidemia che in questi 25 anni ha colpito 65 milioni di persone nel mondo,
uccidendone 25 milioni. Prevenire nuove infezioni è la parola d’ordine per il
presidente del congresso, Mark Weinberg
che ha precisato: “dobbiamo tradurre in azioni i progressi
fatti finora nelle conoscenze scientifiche”. Soltanto con un grande sforzo
comune - ha detto la governatrice generale del Canada, Michaelle
Jean - si potrà sperare di sconfiggere un'infezione
che in Africa ha privato di almeno un genitore 28 milioni di bambini e che ne
ha resi completamente orfani 12 milioni. La maggior parte delle persone colpite
dal virus, soprattutto coloro che vivono nell'Africa subsahariana
e nei Caraibi, non hanno armi per difendersi. Il
lavoro da fare è dunque ancora lungo, secondo Peter Piot, direttore dell’agenzia delle Nazioni Unite per la
lotta all'AIDS (UNAIDS), che si è detto comunque ottimista per i primi
risultati ottenuti. Risultati concreti che si riferiscono soprattutto ai
programmi di prevenzione e cura recentemente avviati in India e in alcuni Paesi
africani. Se in passato la priorità era gestire la crisi - ha affermato ancora Piot - “adesso si tratta di dare una risposta sostenibile,
con programmi destinati a durare per lunghi periodi”. In Africa, con quasi 25
milioni di infezioni, in Asia, con più di 8 milioni, e in America Latina, con
oltre un milione e mezzo, si contano le vittime più numerose. Ma è proprio qui
che si stanno muovendo i primi, sebbene timidi, passi per combattere il
dilagare del virus. I primi risultati di queste inziative
saranno presentati nei prossimi giorni, ma è chiaro che, per tutti, quello di
Toronto è un congresso destinato a lasciare un segno. Come, esattamente dieci
anni fa, il congresso di Vancouver segnò la rivoluzione della triterapia, con la possibilità di sopravvivere al virus e
di convivere a lungo con esso, il congresso di Toronto
- ha concluso Weinberg - “trasformerà in realtà
l’accesso ai farmaci e alla prevenzione in ogni angolo del mondo”. (E. B.)
IN KENYA, OGNI GIORNO ARRIVANO PIU’ DI CENTO PROFUGHI
PROVENIENTI DALLA SOMALIA. L’ACNUR ESPRIME FORTE
PREOCCUPAZIONE
PER IL SOVRAFFOLLAMENTO DEI CAMPI NOMADI
NAIROBI.
= Cento persone al giorno: è la media dei profughi
somali che migrano verso i campi nomadi di Dadaab,
nel nord est del Kenya. A diffondere la notizia è stato l’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), che ha espresso forte preoccupazione
per il sovraffollamento degli accampamenti. L’intera regione di Dadaab, riferisce l’agenzia MISNA, ospita ormai da 14 anni
circa 135 mila profughi, quasi tutti provenienti dalla
Somalia. Gli ultimi ad arrivare, nel 2006, sono stati 18 mila somali
fuggiti a causa dei recenti combattimenti tra le Corti Islamiche e i capi dei
clan, che dagli anni ’90 controllavano Mogadiscio. “Se le cose continuano così
- ha detto il responsabile dell’ufficio ACNUR a Dadaab,
Nemia Temporal - potrebbero
arrivare altre 12mila persone entro la fine dell’anno, portando a 30 mila il
numero dei nuovi profughi”. Temporal ha poi aggiunto
che la preoccupazione su una ripresa dei combattimenti farebbe aumentare i
fuggitivi. “In questo caso - ha aggiunto il responsabile dell’ACNUR - dovremmo
avviare trattative con il governo keniano per aprire un quarto campo profughi”.
(A.Gr.)
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14 agosto 2006
- A cura di Eugenio Bonanata -
Se la pace si affaccia, tra mille
difficoltà, sul Medio Oriente è guerra aperta nello Sri Lanka
e, ancora una volta, a pagare il prezzo più alto sono i bambini. Bombe sganciate
da aerei delle forze governative sul territorio controllato dai ribelli Tamil hanno ucciso oggi almeno 43 bambine, accolte da un
orfanotrofio. Altre 15 persone sono state uccise, secondo
fonti tamil, dall’artiglieria governativa che
ha colpito la chiesa di San Filippo ad Allaipiddy,
dove le vittime si erano rifugiate. Anche nella capitale
Colombo, è stata una giornata di sangue. Sette persone sono morte nello
scoppio della bomba diretta contro un convoglio militare, che trasportava
l’ambasciatore pakistano, in prossimità della residenza presidenziale. Per una
testimonianza sul terribile momento che sta vivendo la popolazione srilankese, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente
nello Sri Lanka, mons. Anthony
Raymond Peiris, vescovo di Kurunegala:
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R. – The
situation is very bad, in
La situazione è veramente grave, qui in Sri Lanka, a causa di questa guerra. Quei bambini che sono
morti, nella loro casa … L’esplosione della bomba a Colombo … La situazione è
molto grave anche in campagna, specialmente nel Nord.
Domani celebreremo la solennità dell’Assunta: due vescovi avrebbero dovuto
partecipare alle celebrazioni ma non andranno a causa
della situazione così tesa. I combattimenti continuano, la strada, qui, è stata
bloccata. La festa dell’Assunta è una grande festa, nel nostro Paese, e tutti i
cattolici – dal Nord, dal Sud, da Est e da Ovest – si riuniscono qui, cingalesi
e tamil: vengono tutti qui. E’ la festa della Beata
Vergine Madre di Dio, che è sempre stata una festa molto popolare, ma quest’anno
la gente non potrà venire.
D. – C’ è qualche iniziativa particolare della Chiesa
dello Sri Lanka per la pace?
R. – In questo momento noi vescovi dello Sri Lanka abbiamo rivolto un appello alla calma, abbiamo
chiesto ai ribelli Tamil di deporre le armi, di
sedere ad un tavolo negoziale per discutere e negoziare una soluzione
appropriata. Abbiamo chiesto di finire la guerra: noi non vogliamo la guerra,
noi vogliamo la pace! Ci siamo rivolti anche a tutti i cattolici del nostro
Paese, di tutte le diocesi, a tutti i sacerdoti, religiosi, fedeli, per
organizzare una campagna di preghiera …
D. – Come vediamo, drammaticamente, in Libano e in Sri Lanka, i civili e i bambini sono le prime vittime di ogni
guerra …
R. – Every war! Because it is the civilians, they
are the poor victims! …
Di ogni guerra! Perché infatti
sono i civili le vittime! Stiamo cercando di fare qualcosa per quei poveretti,
ma non è sufficiente. La situazione diventa sempre più tesa e sempre più grave,
perché non abbiamo più sicurezza, nemmeno al Sud: potrebbero bombardare pure le
città del Sud!
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Non si fermano le violenze in Iraq: almeno tre civili sono
morti stamani, a Baghdad, in seguito a nuove esplosioni. Ieri, più di 60
persone erano rimaste uccise, inoltre, in una serie di attentati condotti da
ribelli a Zafaraniya, quartiere sud orientale della
capitale. Gli attacchi, effettuati con razzi, ordigni e con una motobomba guidata da un kamikaze, hanno colpito il mercato
del quartiere, dove vivono sia sciiti sia sunniti.
Violenze anche in Afghanistan, dove almeno 11 militanti
talebani sono rimasti uccisi durante scontri tra ribelli e forze di sicurezza afghane. Lo riferiscono fonti locali precisando che i
combattimenti sono avvenuti, questa mattina, nella turbolenta provincia di Helmand. Ieri, altri 20 insorti talebani erano morti in seguito
a scontri scoppiati nella provincia sud orientale di Paktika.
Il livello dello stato di allerta antiterrorismo è stato
ridotto in Gran Bretagna da “critico” a “severo” e negli Stati Uniti da “codice
rosso” a “codice arancione”. Sia il ministro dell’Interno inglese, John Reid, sia quello
statunitense, Michael Chertoff,
hanno spiegato che la riduzione del livello di allarme, significa solo che il pericolo
non è imminente.
Si è tenuto stamani a Roma, al Viminale,
il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica
presieduto dal ministro dell’Interno, Giuliano Amato. Nel testo, si
legge che i dispositivi di prevenzione della minaccia terroristica internazionale
“sono stati ulteriormente rinforzati” dopo l’attacco terroristico sventato in
Gran Bretagna. Sono state tempestivamente diramate, in particolare, direttive
per “l’ulteriore rafforzamento delle misure di sicurezza presso gli scali
aerei, l’intensificazione delle attività di prevenzione ed il potenziamento dei
servizi di vigilanza degli obiettivi sensibili”.
Sempre in Italia, c’è riserbo da parte degli investigatori
sull’ordigno rudimentale trovato e fatto brillare ieri sera a Milano davanti ad
un ristorante frequentato prevalentemente da extracomunitari islamici. Non
lascia molto spazio alle interpretazioni la telefonata con cui è stato
rivendicato il gesto, arrivata alla redazione del quotidiano Libero: “questo è l’inizio della guerra contro i musulmani” ha detto
una persona, quasi sicuramente un italiano, parlando con tono calmo. Gli inquirenti
al momento non tralasciano alcuna ipotesi.
Farà rientro oggi in Italia la
salma di Angelo Frammartino, il giovane volontario barbaramente
ucciso giovedì a Gerusalemme. Al suo arrivo, all’aeroporto militare di Ciampino, previsto tra le 17 e le 19, ci sarà anche il
presidente della Camera, Fausto Bertinotti, il quale
parteciperà anche ai funerali che si terranno domani nel Duomo di Monterotondo. Nel Paese alle porte di Roma, ieri si è
svolta una veglia di preghiera in ricordo del ragazzo. Una veglia analoga si è
svolta contemporaneamente anche a Gerusalemme nel luogo in cui Angelo è stato
ucciso.
Quattro lavoratori stranieri
di una società petrolifera sono stati rapiti ieri sera da uomini armati a Port Harcourt, nella regione del
delta del Niger. Lo hanno reso noto fonti locali
precisando che, poco prima, erano stati rilasciati tre filippini sequestrati
dieci giorni fa. Con quello odierno, sono saliti a cinque i sequestri di questo
genere avvenuti nel mese di agosto in Nigeria, primo Paese
africano per la produzione di petrolio.
Sono saliti a 218 i morti in Cina per il
tifone “Sagomai”, il più violento abbattutosi sulle coste meridionali cinesi
negli ultimi 50 anni. Il tifone ha colpito, soprattutto, le province di Zhejiang, Fujian e Jianxi. Decine di migliaia di persone sono state costrette
a lasciare le loro case e più di 100 risultano disperse. Ai gravi danni
provocati dal tifone, si sono aggiunti anche frane e inondazioni. Le autorità
cinesi hanno già mobilitato 20 mila soldati per le operazioni di soccorso.
L’edizione on-line del giornale del partito comunista
cubano, ‘Granma’, ha pubblicato
oggi nuove foto del convalescente presidente, Fidel
Castro, ripreso con il fratello Raul e con il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, che è andato a trovarlo
per il suo 80.mo compleanno,
festeggiato ieri. Una delle foto mostra Castro steso sul suo letto, con una
camicia rossa indosso, mentre riceve un regalo da Chavez.
E’ stato “un pomeriggio indimenticabile” - ha riferito
il quotidiano - “che ha portato nuova energia al comandante di mille battaglie
che ora è impegnato nella lotta per la vita”. Ieri il presidente
venezuelano Chavez è stato accolto all’aeroporto dell’Avana da Raul Castro,
che così ha fatto la sua prima comparsa in pubblico da presidente ad interim.
Ripresi gli sbarchi di clandestini nell’isola di
Lampedusa. Sono 260 gli extracomunitari intercettati dalle autorità italiane su
un'imbarcazione in legno, a 19 miglia dalla costa. Cinque donne, in cattive condizioni di
salute, sono state trasbordate su un’imbarcazione della Marina Militare. Altri 135
immigrati sono stati fatti salire su una motovedetta della Capitaneria, mentre gli
altri sono rimasti sul barcone che viene scortato nel
porto di Lampedusa. In mattinata nell’isola erano
stati condotti 30 extracomunitari
intercettati nella notte.
In Russia, due minatori sono morti e un altro risulta
disperso in seguito all'esplosione di gas grisù
avvenuta in una miniera nella regione di Kemerovo in
Siberia. Lo hanno indicato le autorità locali.
Un incidente al porto di Tokyo ha causato stamani uno stop
dell’erogazione di elettricità per circa tre ore nella capitale giapponese. Il
blackout è scattato alle 8 del mattino, dopo che una gru su un battello in un
canale fluviale si è abbattuta su una linea ad alta tensione, spezzandone i
cavi. L’incidente ha spento i semafori, bloccato diverse linee della metropolitana
e molte persone sono rimaste prigioniere in ascensori, soprattutto nel cuore
amministrativo della città, a Shinjuku.
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