RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 217 - Testo della trasmissione di sabato 5 agosto 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Festa della Trasfigurazione del
Signore: il commento di padre Marko Ivan Rupnik al Vangelo di domani
CHIESA E SOCIETA’:
Numerose iniziative di
preghiera e solidarietà nel Triveneto per quanti soffrono in Medio Oriente
Almeno 151 i morti nelle
inondazioni che hanno colpito nei giorni scorsi la Corea del Nord
Adottata in Ghana una
Convenzione per ridurre l’effetto serra
Bombardamenti nel Libano meridionale: oggi è stata
la giornata peggiore. Gli israeliani
combat-tono per la prima volta nella città di Tiro. Coinvolto anche l’esercito libanese
Proseguono le violenze anche in Iraq: uccisi due
soldati americani. Allarme per la diaspora dei cristiani: in 600 mila hanno
lasciato il Paese
5 agosto 2006
L’ANNUNCIO DEL VANGELO IN OGNI AMBITO E CIRCOSTANZA DELLA VITA QUOTIDIANA
E’ VOCAZIONE PROPRIA DI OGNI CRISTIANO:
DALL’INTENZIONE MISSIONARIA
PER IL MESE DI AGOSTO, UNA
RIFLESSIONE SUGLI INSEGNAMENTI DI BENEDETTO XVI
CIRCA IL RUOLO APOSTOLICO DEI
LAICI NELLA SOCIETA’
“I fedeli cristiani siano
coscienti della propria vocazione in ogni ambiente e circostanza”. Suona così
l’intenzione missionaria di preghiera per il mese di agosto
2006. Nella Messa di inizio Pontificato, Benedetto XVI pronunciò, in un
passaggio dell’omelia, una frase divenuta più tardi uno slogan e un programma
di vita per giovani, adulti, famiglie: essere
cristiani è bello e annunciarlo è motivo di gioia. Il Papa ha sollecitato a più
riprese i laici cristiani ad essere protagonisti di
questa “rivoluzione” di fede nei propri ambienti di vita. Alessandro De Carolis
ripropone nel suo servizio una carrellata di alcune significative esortazioni
del Pontefice.
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“Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli
altri l’amicizia con lui. Il compito del pastore, del pescatore di uomini può
spesso apparire faticoso. Ma è bello e grande, perché in definitiva è un
servizio alla gioia, alla gioia di Dio che vuol fare il suo ingresso nel
mondo”.
E’ il 24 aprile 2005, giorno della Messa di inizio Pontificato di
Benedetto XVI, e queste appena ascoltate sono parole che appartengono già alla
storia per l’eco suscitata in tutta la cristianità. Sin dai suoi primi
interventi pubblici, a cominciare dalla GMG di Colonia dell’agosto 2005,
Benedetto XVI è deciso nell’in-dicare una rotta precisa ai giovani e a tutti i
credenti. Poco prima di partire per il grande raduno tedesco, parlando dai microfoni
della nostra emittente, il Papa lancia un messaggio che fa il giro del mondo,
attraverso giornali e tv: “Vorrei fare capire loro - afferma rivolgendosi ai giovani
- che è bello essere cristiani! L’idea genericamente diffusa è che i cristiani
debbano osservare un’immensità di comandamenti, divieti, principi e simili e
che quindi il cristianesimo sia qualcosa di faticoso e oppressivo da vivere e
che si è più liberi senza tutti questi fardelli. Io invece vorrei mettere in
chiaro che essere sostenuti da un grande Amore e da una rivelazione non è un fardello ma sono ali e che è bello essere cristiani”.
Benedetto
XVI sa bene che per essere capace di librarsi in volo, ovvero di essere
cristiani solidi e incisivi, l’uomo o la donna di fede hanno continuo bisogno
di nutrimento soprannaturale. Quel cibo è l’Eucaristia: da essa
nascono i Santi, da essa parte la quotidiana rivoluzione quando il Vangelo è
vissuto. Il Papa lo ribadisce il 23 ottobre 2005, nella Messa che, al contempo,
conclude il Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia, vede la canonizzazione di
cinque Beati e celebra la Giornata missionaria mondiale:
“L’Eucaristia spinge
il cristiano ad essere ‘pane spezzato’ per gli altri,
a impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno. Ancor oggi, di fronte alle folle,
Cristo continua ad esortare i suoi discepoli: ‘Date
loro voi stessi da mangiare’. (…)
Cari amici, dobbiamo tutti ripartire dall’Eucaristia”.
L’Eucaristia – e con essa il soffio dello
Spirito Santo - è il punto di partenza per vivere da cristiani nel mondo delle
professioni, sui banchi di scuola, nell’agone politico, in famiglia. Benedetto
XVI ne parla al raduno mondiale dei Movimenti ecclesiali e delle nuove comunità,
davanti alla sterminata platea che affolla la Messa di Pentecoste in Piazza San
Pietro, il 4
giugno scorso. “E il giorno dopo, rivolgendosi ai partecipanti al convegno
della diocesi di Roma, intitolato “La gioia della fede”, spiega ancora il punto
di origine della forza missionaria: “Nella misura in cui
ci nutriamo di Cristo e siamo innamorati di Lui, avvertiamo anche dentro di noi
lo stimolo a portare altri verso di Lui: la gioia della fede
infatti non possiamo tenerla per noi, dobbiamo trasmetterla”:
“Questo bisogno diventa ancora
più forte e urgente in presenza di quella strana
dimenticanza di Dio che esiste oggi in vaste parti del mondo, e in certa misura
anche qui a Roma. Da questa dimenticanza nasce molto rumore effimero, molte
inutili contese, ma anche una grande insoddisfazione e un senso di vuoto.
Perciò, cari fratelli e sorelle, nel nostro umile servizio di testimoni e
missionari del Dio vivo dobbiamo essere portatori di quella speranza che nasce
dalla certezza della fede: aiuteremo così i nostri fratelli e concittadini a
ritrovare il senso e la gioia della propria vita”.
Dirsi cristiani senza sentirsi
coinvolti dal dovere della testimonianza è, dunque, una contraddizione in
termini. E il 13 marzo 2006, per i 40 anni del Decreto conciliare “Ad gentes”, Benedetto XVI è molto
chiaro sul punto:
“Questo, come dicevo, non costituisce qualcosa di facoltativo, ma la
vocazione propria del Popolo di Dio, un dovere che ad esso
incombe per mandato dello stesso Signore Gesù Cristo. Anzi, l’annuncio e la
testimonianza del Vangelo sono il primo servizio che i cristiani possono
rendere a ogni persona e all'intero genere umano, chiamati come sono a comunicare
a tutti l'amore di Dio, che si è manifestato in
pienezza nell’unico Redentore del mondo, Gesù Cristo”.
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NOMINE
In Polonia, il Santo Padre ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Zamość-Lubaczów,
presentata da mons. Jan Śrutwa,
in conformità al can. 401 par. 2 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha
quindi nominato nuovo
vescovo di Zamość-Lubaczów mons. Wacław
Depo, del clero della diocesi di Radom,
finora rettore del Seminario della medesima diocesi. Mons.
Wacław
Depo è nato il 27 settembre
In Italia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Isernia-Venafro
presentata da mons. Andrea Gemma, della Piccola Opera della Divina Provvidenza,
per raggiunti limiti di età.
CELEBRATE
STAMANI DAL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO ANGELO SODANO,
NELLA
BASILICA VATICANA, LE ESEQUIE DI MONS. GABRIEL
MONTALVO,
NUNZIO
APOSTOLICO NEGLI USA FINO ALL’ANNO SCORSO
Sono stati celebrati stamattina, dal cardinale segretario
di Stato Angelo Sodano, all’Altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro,
i funerali dell’arcivescovo Gabriel Montalvo, nunzio
apostolico negli Stati Uniti d’America fino al dicembre dell’anno scorso. Il
presule si è spento a Roma mercoledì scorso. Era nato a Santafé
de Bogotá, in Colombia, nel 1930 ed è stato ordinato
sacerdote nel 1953. Il cardinale Sodano lo ha ricordato come uomo di pace,
mite, aperto al dialogo in spirito di intesa e di conciliazione. Fine
diplomatico al servizio della causa del Vangelo in varie Nazioni, sapeva
ascoltare e consigliare con una rara capacità di penetrazione psicologica che
si rivelava in giudizi ponderati e precisi. “Cercò sempre di portare il lievito
del Vangelo nella vita degli individui e delle nazioni” ha detto nella sua
omelia il porporato ripensando ai passi compiuti da mons. Montalvo
nei contatti con le Chiese e i Paesi dell’Est. “Aveva una vera passione per la
pace dei popoli – ha aggiunto il cardinale Sodano – che scaturiva da una
profonda esperienza di Dio e da un profondo amore per la gente di oggi”. Quindi
ha concluso con queste parole:
“In questo momento per tanti nostri
fratelli tragicamente coinvolti nel doloroso conflitto del Medio
Oriente, il nostro compianto arcivescovo interceda dal cielo per tutti coloro
che lavorano per la pace, perché termini presto questa inutile strage e gli
uomini tornino ad essere fratelli fra di loro, figli dello stesso Padre che sta
nei cieli”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - Titolo di
apertura: “L’orrore di una guerra non dichiarata”: la città di Haifa bersagliata dai razzi lanciati dagli Hezbollah che
colpiscono sempre più in profondità il territorio israeliano. Decine di civili
uccisi nei raid aerei nella valle della Bekaa e in
Sud Libano - Violenze anche nei Territori palestinesi. Francia e USA vicini ad
un accordo all’ONU: intenso lavoro diplomatico di Annan
per favorire l’approvazione di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza
all’inizio della prossima settimana.
Servizio vaticano - Concelebrazione
eucaristica nelle Grotte Vaticane in memoria di Paolo VI. Le esequie
dell’arcivescovo Gabriel Montalvo, nunzio apostolico,
presiedute nella Basilica Vaticana dal cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato
Servizio estero - Iraq: la maggioranza delle
violenze sono rivolte contro i civili. Sri Lanka: i
secessionisti Tamil comunicano la sospensione
delle azioni a Mutur
Servizio culturale – l’elzeviro di Mario
Gabriele Giordano
Servizio italiano
- Incidenti sul lavoro: ancora due morti a Roma e a Napoli: a
seguire, i temi delle “grandi opere” e dell’immigrazione
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5 agosto 2006
MAI PIU’ HIROSHIMA: 61 ANNI FA IL BOMBARDAMENTO
ATOMICO CHE DISTRUSSE LA CITTA’ GIAPPONESE,
TRAGICO
EPILOGO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
-
Intervista con padre Walter Brennan -
Un giorno che
ha cambiato drammaticamente il corso della storia: il 6 agosto del 1945, alle
ore 8.15, Hiroshima veniva rasa al suolo da un attacco
atomico. Tre giorni dopo anche la città di Nagasaki subiva la stessa sorte,
tragico epilogo della Seconda Guerra Mondiale. Nel bombardamento americano
delle due città giapponesi persero la vita decine di migliaia di persone e un
numero imprecisato morì, nei decenni a seguire, a causa delle radiazioni. La
Chiesa cattolica giapponese osserva - da oggi sino al 15 agosto - un periodo di
preghiera e raccoglimento in ricordo dell’olocausto nucleare. Per una testimonianza
su come il popolo giapponese commemori questo evento, 61 anni dopo, Alessandro
Gisotti ha raggiunto telefonicamente in Giappone il padre gesuita Walter Brennan, da oltre mezzo secolo nel Paese del Sol Levante:
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R. – I’ve been
in
Ormai vivo in Giappone da 51 anni; mi sono accorto che,
quando sono arrivato, i giapponesi erano fortemente
determinati ad accettare la Costituzione che MacArthur
aveva dato loro e che negava ai giapponesi di avere un esercito o qualsiasi
tipo di difesa militare. Ora, l’opinione pubblica sta gradualmente cambiando ed
i giapponesi stanno pensando di modificare la Costituzione perché proprio
accanto a noi abbiamo la Corea del Nord che ha una certa capacità di utilizzo
di missili. Poi, i Giapponesi sono sempre preoccupati delle mosse che può fare la Cina …
D. – Pensa che ci sia oggi una sorta di mancanza di
memoria storica, soprattutto da parte delle nuove generazioni?
R. – Well, I hesitate to say that, because living
in
Bè, non potrei sostenere questa
affermazione: da quando sono in Giappone, ho vissuto praticamente sempre a
Hiroshima e non passa giorno in cui nei quotidiani non si parli della bomba
atomica. C’è sempre qualche ragione per ricordare la sofferenza della gente,
cosicché penso che i giovani che vivono a Hiroshima hanno una profonda
coscienza di quanto è avvenuto in questa città!
D. – Cosa ci può dire della comunità cristiana? Come i
cristiani ricordano questo evento?
R. – Well, you know, immediately after the war a
German Gesuit gathered money …
Vede, subito dopo la guerra, un gesuita tedesco raccolse
denaro in tutto il mondo e costruì una grande cattedrale, la Cattedrale della
Pace. Noi abbiamo qui una comunità cristiana molto piccola, circa un migliaio
di persone; ovviamente, abbiamo sempre celebrato Messe commemorative,
organizzato concerti commemorativi e molto spesso la gente si reca in
processione dal Parco della Pace alla Cattedrale. Ma i cristiani, ovviamente,
anche quelli che sanno che io sono americano, mai direbbero una parola sulla
bomba atomica in mia presenza, perché i giapponesi non vogliono offendere
nessuno.
D. – Ci sono ancora ferite aperte …
R. – Well, of course, the suffering is pretty much
past, because the people – …
Ovviamente, la sofferenza in gran parte è del passato.
Tanti di quelli che sono morti, sono morti poco dopo l’esplosione della bomba
atomica. Per cui, anche se oggi vedi gente che porta le cicatrici di quell’evento, tuttavia la sofferenza in gran parte è
passata. Molta gente si è ammalata di cancro, di leucemia, ma ormai sono una
minoranza nella popolazione.
D. – Padre, c’è un altro anniversario importante:25 anni fa, Papa Giovanni Paolo II visitò Hiroshima …
R. – It was a rather surprising thing, because
before he came, the local press, …
Fu una cosa molto strana perché prima che lui arrivasse in
Giappone, la stampa locale, praticamente non aveva quasi parlato della sua
visita, non era stata preparata praticamente per niente. Ad un certo punto, ci
fu un risveglio improvviso quando si accorsero che
c’erano centinaia di corrispondenti in arrivo da tutto il mondo. E così,
all’improvviso, la stampa cominciò a riservargli molta attenzione, anche la
televisione … Fece veramente un’ottima impressione, quando venne, con il suo
discorso “No more war”, mai più la
guerra: lasciò un segno profondo in Giappone …
D. – Ci può raccontare un ricordo, delle sue sensazioni
riguardo a quella visita storica a Hiroshima? Lei era a
R. – Yes, I was there and we were trying to keep
the press out of the church, …
Sì, c’ero ed eravamo impegnati a tenere la stampa fuori dalla chiesa perché volevamo preparare per il Santo
Padre un’atmosfera di preghiera! Volevamo dare il benvenuto al Papa, e non
volevamo tutti quei giornalisti attorno! A me era stato detto di tenere tutta
la stampa fuori, al di là del cordone di delimitazione, e fu un’impresa
memorabile! Ma poi arrivò il Santo Padre, fu molto gentile e tenne il suo discorso
nel Parco della Pace: non nella cattedrale, ma nel Parco pubblico della Pace,
dove c’erano centinaia e centinaia di persone venute per ascoltarlo! Questo fu
di grande impatto; lui aveva una bella voce, anche col giapponese se la cavò
molto bene!
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DELLA
BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE.
STAMANI
QUESTA
SERA
-
Intervista con mons. Diego Coletti -
Ricorre oggi la memoria della Dedicazione della Basilica
di Santa Maria Maggiore, considerata il più antico santuario mariano
d’Occidente. Stamattina alle 10, l’arciprete della Basilica, il cardinale Bernard Francis Law, ha celebrato
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R. – Anche se questa leggenda non ha grandi
prove storico-critiche, è ricchissima di significati per la giusta
devozione nei confronti della Madre di Dio.
D. – Si ritiene che il miracolo della neve sia più una
leggenda. Tuttavia ha avuto un’enorme diffusione la devozione alla Madonna con
il titolo della Neve. Come mai?
R. – Credo che questa tradizione popolare nasconda un
significato bello che è l’intervento straordinario della presenza di
intercessione di Maria dentro le vicende concrete della vita. La tradizione
popolare indica che c’è stato un intervento soprannaturale di Maria per
indicare là dove era importante che si creasse un luogo di culto e di
particolare devozione nei confronti della stessa Madre di Dio. Credo che il significato
nascosto nel simbolo sia questo, cioè che anche la natura è sottoposta a questa
libertà e fantasia da parte di Dio che per i suoi figli, per l’umanità che Egli
ama, è disposto a fare cose straordinarie.
D. – Nella memoria della dedicazione della Basilica di
Santa Maria Maggiore e nel ricordare la Madonna della Neve, che cosa scoprire
ancora della figura di Maria?
R. – Credo che in connessione, direi quasi in
contemporanea, con il fatto che il Concilio di Efeso autorizzi a chiamarla
Madre di Dio, e che sembrerebbe quasi allontanarla in una specie di cielo
empireo lontano dall’umanità, Maria si china ad andare a cercarsi un luogo, un
orto, un campo, in cima ad un colle, perché segnala che lì volentieri si
lascerà incontrare dal popolo dei credenti. Non c’è una specie di sovraumana e
sovrana indifferenza da parte della Madre di Dio, ma c’è questa sua inclinazione
ad entrare in un dialogo, in un rapporto vivo, vero, con la storia degli
uomini.
D. – Come coniugare l’aspetto folcloristico, se così si
può definire, di questo ricordo della Madonna della Neve con una fede vera ed
autentica?
R. – Io credo che il rapporto corretto è come il rapporto
tra il simbolo e il suo significato. Gli aspetti, anche i più folcloristici,
sono da considerare soltanto come degli involucri, come dei contenitori che,
per chi evidentemente ha una sufficiente preparazione, possono essere visti
come una bella tradizione popolare, come un bel vaso che contiene però l’olio
buono dello Spirito di Gesù e della fede in Lui.
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Domani, domenica 6 agosto, Festa della Trasfigurazione del
Signore, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù si reca con Pietro,
Giacomo e Giovanni sopra un monte alto, in un luogo appartato. Qui si
trasfigura davanti a loro: le sue vesti diventano splendenti, bianchissime,
mentre accanto a Lui appaiono Elia e Mosè. Poi si forma una nube che li avvolge
e da cui esce una voce:
“Questi è il Figlio mio prediletto;
ascoltatelo!”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del
teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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(musica)
La trasfigurazione era con
(musica)
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5 agosto 2006
“GLI STRUMENTI DI INFORMAZIONE
SONO LA NUOVA ARMA DELL’EVANGELIZZAZIONE”: COSI’, IL PRESIDENTE DELLA
COMMISSIONE EPISCOPALE INDIANA PER LE
COMUNICAZIONI SOCIALI, L’ARCIVESCOVO GRACIAS, NEL DISCORSO INAUGURALE
DELLA CONFERENZA NAZIONALE PER L’INFORMAZIONE,
SVOLTASI NEI GIORNI SCORSI A DELHI
DELHI. = Gli strumenti di informazione “sono un dono speciale che
Dio ha fatto all’umanità” e per utilizzarli al meglio “la Chiesa deve
riconoscere la loro importanza”, cosicchè
“l’interesse che da sempre porta avanti nei confronti della difesa della
società e dell’evangelizzazione si arricchisca di una nuova arma”: è questo, in
sintesi, il senso dell’intervento pronunciato nei giorni scorsi a Delhi, In
India, dal presidente della Commissione episcopale indiana per le Comunicazioni
sociali e arcivescovo di Agra, mons. Oswald Gracias, all’apertura della Conferenza nazionale per
l’Informazione. “E’ essenziale – ha spiegato il presule ad AsiaNews – che i valori culturali
cristiani possano permeare la nostra società: ancora
più necessario nel caso dell’India, che vanta una ricca tradizione multiculturale e multireligiosa.
E’ arrivato il momento – ha aggiunto – che la Chiesa indiana dia
una risposta tempestiva, appropriata e competente a ciò che succede alla società”.
Secondo mons. Gracias, “la Chiesa, tramite il suo
Ministero delle comunicazioni sociali, dovrebbe contribuire in maniera
costruttiva a propagare tutto ciò che di buono e vero viviamo oggi”. “E’
importante – ha concluso – che essa sia la voce, ma anche l’interprete tramite
cui ascoltare gli eventi dal punto di vista della fede e dei valori del
Vangelo”. L’invito di mons. Gracias a modernizzare la
visione dei media riecheggia anche nel documento
conclusivo della Conferenza nazionale per l’informazione, in cui vengono
proposti anche spunti per la concreta attuazione di questo obiettivo. “Noi
crediamo – si legge nel testo – che la Chiesa debba parlare con più forza nel
Paese. Essa è parte inalienabile e significativa della società, ma ha bisogno
di ascoltare ed essere ascoltata con più attenzione, in modo che possa dare
voce e raccogliere il grido degli uomini comuni, con particolare attenzione per
i dalit, i tribali ed in generale le classi sociali
più basse ed emarginate”. Nel documento, si suggerisce di fondare uffici di
comunicazione sociale, collegati con la rete dei media
professionali, puntando sulla formazione professionale dei giovani.
(R.M.)
NEL TRIVENETO, IN ITALIA, NUMEROSE
INIZIATIVE DI PREGHIERA
E SOLIDARIETÀ PER QUANTI SOFFRONO IN MEDIO ORIENTE
PADOVA. = Continua incessante, anche nel Triveneto, in Italia, la
preghiera per le popolazioni martoriate dalla guerra in Medio Oriente. Lo rende
noto l’Osservatore Romano di oggi, che presenta diverse iniziative di preghiera
e solidarietà promosse dalle singole comunità parrocchiali del territorio.
Moltissimi fedeli hanno preso parte nei giorni scorsi, nella Cattedrale di
Padova, alla concelebrazione eucaristica per la pace in Terra Santa, presieduta
dal vescovo della città, Antonio Mattiazzo. “La
preghiera – ha spiegato il presule – non è un optional, è una reale necessità. Gli sforzi umani da soli non
bastano. Il male, infatti – ha precisato – è talmente radicato nel cuore
dell’uomo che non è possibile eliminarlo con le sole forze umane”. Un appello a
portare aiuti alle popolazioni in guerra è giunto, poi, dal vescovo di Belluno-Feltre, Giuseppe Andrich,
che ha invitato i fedeli a collaborare con la Caritas
diocesane, in diretto contatto con la Caritas italiana, già attiva per
questa nuova emergenza. Insistente, inoltre, si fa la preghiera dei monasteri
di clausura del Triveneto, nei quali viene accolto
l’invito alla preghiera che Benedetto XVI ha rivolto domenica scorsa alla
comunità cristiana. Dalle Lodi a Compieta, è un susseguirsi di suppliche a Dio,
secondo le intenzioni del Papa, nei monasteri delle Benedettine a Trieste,
delle Serve di Maria Oblate Sacerdotali a Verona, delle Clarisse a Montagnana, in provincia di Padova. Suppliche in una
pluralità di lingue sono rivolte anche dai pellegrini che in questo periodo si
recano nella Basilica di Sant’Antonio a Padova. Nella Messe celebrate dai
Francescani conventuali, custodi del santuario antoniano,
sono state inserite particolari intenzioni per un rapido ritorno alla normalità
nelle zone colpite da odio e violenza. Anche in un altro santuario, quello di
San Leopoldo Mandic, si prega con la stessa intensità.
Da segnalare, infine, l’impegno del Movimento giovanile salesiano Triveneto,
unito nella preghiera per la pace in Medio Oriente e in stretto contatto con la
casa “Don Bosco” di El Houssoun,
a 35 chilometri da Beirut. (R.M.)
ALMENO 151 MORTI E 29 DISPERSI: È IL
DRAMMATICO BILANCIO DELLE INONDAZIONI E DEGLI SMOTTAMENTI CHE HANNO COLPITO NEI
GIORNI SCORSI LA COREA DEL NORD
PYONGYANG. = Hanno provocato almeno 151 morti e 29 dispersi le
inondazioni e gli smottamenti che hanno colpito nei giorni scorsi la Corea del Nord. Lo rendono noto oggi fonti della Croce rossa
internazionale, secondo cui il bilancio sembra destinato a salire. Le
inondazioni hanno danneggiato circa 23 mila abitazioni, lasciando senza tetto almeno 17 mila famiglie. Danneggiati
pesantemente anche i raccolti. Resta comunque complesso, a causa del rigido
regime di Pyongyang, venire a conoscenza della reale
portata dei danni. Nei giorni scorsi, un gruppo di attvisti
sudcoreani aveva parlato addirittura di 10 mila tra
morti e dispersi. Questa mattina, il governo ha reso noto alla televisione nordcoreana di avere accettato aiuti internazionali per far
fronte all’emergenza. Alcuni giorni fa, Pyongyang aveva rifiutato aiuti dalla Croce rossa sudcoreana e dal Programma alimentare mondiale delle
Nazioni Unite (WFP). Il governo ha anche annunciato la riparazione e la
riapertura di 45 strade danneggiate dalle inondazioni. (R.M.)
SFRUTTARE IL VENTO, A CITTÀ DEL CAPO,
NEL SUD AFRICA, PER PRODURRE,
ENTRO IL 2020, IL 10 PER CENTO DEL FABBISOGNO ENERGETICO DELLA METROPOLI
CITTÀ DEL CAPO. = Sfruttare le forti raffiche
di vento di Città del Capo, nella Repubblica Sudafricana, per produrre entro il
2020 almeno il 10 per cento del fabbisogno energetico della città. Il progetto,
approvato dal sindaco Helen Zille,
costerà 10 milioni di dollari e, in una prima fase, permetterà la vendita
dell’energia eolica scontata del 50 per cento. Questa iniziativa, scrive
l’agenzia MISNA, consentirà l’incremento dell’acquisto di energia eolica
rispetto a quella nucleare. L’energia della centrale nucleare che rifornisce la
città si è dimostrata nel 2005 insufficiente con i diversi black-out. Per
questo il municipio di Città del Capo, ha deciso l’istallazione di 4 turbine
eoliche il prossimo novembre, e di altre 6 nel 2007. Secondo le previsioni,
entro la fine del prossimo anno lo 0,2 per cento del fabbisogno energetico
della città sarà prodotto dagli impianti eolici. Entro il 2020, invece,
l’intero parco eolico dovrebbe essere completo, rendendo la metropoli
sudafricana una delle città più ecologiche del mondo. (A.Gr.)
ADOTTATA
IN GHANA UNA CONVENZIONE PER RIDURRE L’EFFETTO
SERRA
ACCRA. = Il Ghana ha adottato formalmente un piano,
denominato “Secondo documento nazionale di comunicazione”, in merito alla
Convenzione ONU sui cambiamenti climatici e il Protocollo di Kyoto. Il documento obbliga il Paese a impegnarsi contro
l’effetto-serra, adottando misure sostenibili per la produzione di cibo e beni
economici. Lo ha annunciato ad Accra il viceministro per il Governo locale, lo Sviluppo rurale e la
scienza, Kofi Poku Adusei, spiegando che il Ghana è strettamente dipendente da
produzioni agricole a elevato uso d’acqua, come il cacao e il cotone, messe
seriamente in pericolo dai cambiamenti ambientali e dalla riduzione delle
piogge in alcune regioni del pianeta, a cominciare dall’Africa. Il governo di Accra, ha detto il ministro, ha già formulato con il
Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) un piano triennale per
sviluppare accordi e nuove tipologie di produzione agricola a livello nazionale
e, contestualmente, per istituire un organismo di controllo sulle emissioni in atmosfera
di anidride carbonica e di altri gas cosiddetti “serra” in quanto responsabili
del surriscaldamento globale. (R.M.)
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5 agosto 2006
- A cura di
Eugenio Bonanata e Roberta Moretti -
Proseguono
le operazioni israeliane su Beirut e nel sud del Libano. L’offensiva dei
militari dello Stato ebraico si è concentrata anche sulla città di Tiro, mentre
razzi Hezbollah sono caduti su Haifa, nel nord di
Israele. Il nostro servizio:
**********
Nel 25.mo giorno di guerra, per la prima
volta i soldati libanesi hanno combattuto accanto agli Hezbollah per contrastare l’avanzata
l’esercito di Israele. E’ avvenuto a Tiro, la città più importante del Libano meridionale, che questa
notte è stata messa a ferro e fuoco dall’offensiva israeliana. Nelle operazioni
sarebbero morti tre capi di Hezbollah, un soldato libanese e quattro civili,
mentre l’esercito israeliano
ha ammesso la perdita di due uomini. I caccia israeliani hanno preso
di mira anche i sobborghi meridionali di Beirut, colpiti per una decina di
volte fino a stamani. Il bilancio parla di 4 vittime fra i civili libanesi, in
quella che è stata definita la peggiore giornata di bombardamenti per tutto il
Libano meridionale. Le forze armate israeliane hanno compiuto
infatti 250 incursioni aeree e sparato quattromila ordigni, per un
totale di 70 obiettivi strategici di Hezbollah centrati. Tutto è avvenuto entro 5
chilometri di terra alla frontiera tra i due Paesi, una zona in
cui Israele punta a creare una ‘fascia di sicurezza’,
dalla quale eliminare la presenza di Hezbollah. Il movimento
sciita oggi ha ripreso il lancio di razzi verso la Galilea, ferendo una decina
di persone ad Haifa, mentre
ieri tre civili israeliani erano stati uccisi. Ma la cronaca di ieri parla anche del raid israeliano
nella valle della Bekaa, verso il confine con la
Siria, costato la vita a 34 civili libanesi che lavoravano in un deposito di
frutta e verdura. Sul piano diplomatico, c’è da segnalare l’arrivo a Beirut
dell’assistente del segretario di Stato americano, Condoleezza
Rice, che oggi ha incontrato, senza rilasciare alcuna
dichiarazione, il premier libanese, Fuad Siniora, ed
il presidente del parlamento, Nabih Berri, l’unico esponente libanese, legittimato dal
leder degli Hezbollah, Nasrallah, a trattare
l’eventuale scambio dei due soldati israeliani con libanesi detenuti in
Israele.
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Intanto l’esercito israeliano prosegue la sua avanzata
anche in territorio palestinese. Nelle massicce operazioni, iniziate all’alba
di oggi nel sud della Striscia di Gaza, cinque civili palestinesi sono rimasti
uccisi. Tra le vittime anche una madre con i suoi due figli. Sale così a circa
170 il numero di palestinesi uccisi durante le operazioni militari israeliane,
iniziate nell’area per liberare un soldato israeliano rapito da miliziani
palestinesi la fine del mese di giugno.
Non si
arresta la tensione in Iraq. I corpi di 12 persone sono stati scoperti questa
mattina in diverse zone del Paese, dove continua l’escalation di violenze tra
sciiti e sunniti. Il nostro servizio:
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I
rapimenti seguiti da omicidi a carattere interconfessionale si sono
moltiplicati in Iraq, in particolare dopo l’attentato del febbraio scorso al
mausoleo sciita di Samarra. Questa mattina, nove
cadaveri sono stati ritrovati a Baghdad, cinque dei
quali con evidenti segni di tortura. I corpi senza vita di altre due persone
sono stati recuperati ad Amara, a sud della capitale, mentre il cadavere di un
poliziotto, ex membro del partito Baath di Saddam
Hussein, è stato rinvenuto nel fiume Tigri con una pallottola in testa. Da
segnalare, inoltre, l’uccisione, ieri, di due soldati americani nella provincia
di Al Anbar. Questa mattina,
intanto, un portavoce del ministero della Difesa iracheno ha annunciato
l’arresto, nelle ultime 24 ore, di 64 presunti terroristi, 27 dei quali a Mossul, nel nord, dove ieri, nel corso di un conflitto a
fuoco con alcuni membri di al Qaida,
nove poliziotti erano stati uccisi. Nel frattempo, prosegue l’esodo dei cristiani dal Paese
iracheno: lo ha ribadito il vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, mons. Andreos Abouna, il quale,
in una recente intervista,
rilasciata all’organizzazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, ha affermato che la popolazione cristiana è passata da un milione e 200
mila fedeli nel 2003, agli appena 600 mila di oggi. “Gli sviluppi politici di
questi ultimi 18 mesi - ha detto mons. Abouna - in
concreto non hanno aiutato per nulla”.
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Recrudescenza delle violenze anche in Afghanistan. Ieri oltre 25
talebani sono stati uccisi nel Sud del Paese nel corso di un’operazione
militare dell’esercito di Kabul. Due distinti attacchi alle
forze NATO, invece, sono avvenuti nel giro di 48 ore, lasciando sul
campo quattro militari canadesi. Come può essere interpretata questa nuova offensiva
talebana? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Stefano
Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali:
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R. – Naturalmente, c’è la situazione in Afghanistan che
non è ottimale, c’è una debolezza sostanziale del governo e quindi i talebani
cercano di approfittarne, di inserirsi anche nei contrasti tra i vari
potentati, tra i vari “signori della guerra” che ancora sono molto importanti
in Afghanistan. Ma io credo ci sia anche di più: a mio avviso c’è anche un tentativo
un po’ generalizzato delle forze fondamentaliste di
attaccare le forze multinazionali, di creare problemi in Afghanistan come in
Iraq, come in Libano, per cercare di dimostrare che bisogna andarsene dal mondo
islamico, sostanzialmente …
D. – Bisogna dire che le forze ISAF controllano il Sud
dell’Afghanistan solo da pochi giorni; prima la sicurezza era affidata agli
Stati Uniti. Come può essere percepito questo passaggio di consegne?
R. – Probabilmente, i talebani sosterranno che non c’è
alcuna differenza. In realtà, la differenza c’è: le forze multinazionali sono
molto più direttamente sotto controllo ONU. Direi che questo dovrebbe essere un
tentativo di dimostrare l’efficacia di una missione che non è nazionale ma è, appunto, multinazionale: e probabilmente,
c’è un tentativo anche di sondare le forze per vedere qual è la loro capacità e
prontezza di reazione.
D. – E’ comunque, secondo lei, un Paese che può sperare in
una pace possibile?
R. – Io mi auguro di sì; ma credo che i tempi siano
abbastanza lunghi.
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In Sri Lanka, le Tigri Tamil hanno
riferito ieri di aver fermato l’offensiva su Mutur,
cittadina musulmana nella zona est del Paese, teatro in questi giorni di aspre
battaglie. Tuttavia il governo di Colombo è scettico e ha accusato i
separatisti di aver ucciso, dopo la dichiarazione, almeno un centinaio di
musulmani in fuga dalle zone di battaglia. Dal canto suo,
Da Cuba non ci sono novità circa le condizioni di
salute del presidente, Fidel Castro. E mentre mancano
notizie anche relativamente alle nuove dinamiche politiche, dopo l’assunzione
dei poteri da parte di Raul Castro,
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Il
comunicato conclude con queste parole: “alla Patrona
di Cuba,
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In Uganda, i
guerriglieri dell’Esercito di resistenza del signore (LRA), hanno dichiarato il
cessate-il-fuoco, in vista della ripresa dei colloqui di pace, in programma la settimana prossima
in Sudan. Lo ha annunciato ieri Vincent Otti, alto esponente del gruppo ribelle. Il governo ugandese, che accusa i ribelli di avere
in passato sfruttato tali tregue per riarmarsi, ha ripetutamente sostenuto che
accetterà un cessate il fuoco solo nell'ambito di un accordo di pace globale.
In Somalia, il
primo ministro,
Ali Mohamed Gedi, ha nominato sette nuovi ministri dopo che un’ondata
di dimissioni ha interessato il governo di transizione. I ministri dimissionari,
che sono una quarantina, avevano addotto come causa la riluttanza di Gedi a dialogare con le corti islamiche che controllano ormai parte
del Paese.
In Argentina,
condannato a 25 anni di carcere uno dei più efferati repressori della dittatura
argentina. Si tratta di Julio Simon, un’ex agente dei
servizi segreti che, nel 1978, aveva sequestrato e torturato una famiglia. E’
la prima condanna inflitta dopo l’annullamento della “legge dell'obbedienza
dovuta”, nei confronti di chi, nel periodo 1976-1983, si rese responsabile
della sparizione e della morte di migliaia di oppositori politici durante
quella che fu definita la “sporca guerra”.
In Thailandia
un giovane è morto per il virus dell’influenza aviaria. Si tratta del secondo
caso nel 2006 e del sedicesimo dal 2003. Lo ha reso noto oggi un funzionario
del ministero della Sanità precisando che l’uomo, dopo essere stato in contatto
con pollame infetto, è morto giovedì nella provincia di Uthai
Thani, a nord di Bangkok.
Il tifone Prapiroon, che si è abbattuto sulla Cina
meridionale tra giovedì e venerdì scorsi, ha provocato 31 morti e 14
dispersi. Più di tre milioni e mezzo di persone sono state colpite dal tifone
nella provincia di Guangdong. I danni economici sono
stati valutati intorno a due miliardi e mezzo di yuan
(311 milioni di dollari). Prapiroon, che in questi giorni ha
anche causato la morte di sei persone al suo passaggio nelle Filippine, è il
sesto tifone che si abbatte sulla Cina dall’inizio dell’anno.
Floyd Landis,
il ciclista americano che ha indossato la maglia gialla sugli Champs-Elysees di Parigi, è stato privato del titolo di
vincitore del Tour de France. L’Unione Ciclistica Internazionale,
ha annunciato che il trentenne nato in Pennsylvania è risultato positivo anche
alle controanalisi anti-doping. Landis era risultato
positivo ad un test medico dopo la diciassettesima tappa del Tour, il 20
luglio. Per lui ora è arrivata la squalifica per due anni, una multa di 450
mila euro e il licenziamento dalla sua squadra, la Phonak.
Con ogni probabilità, il successo nel Tour 2006 sarà
assegnato a tavolino allo spagnolo Oscar Pereiro Sio della Caisse d'Epargne-Iles Baleares, piazzatosi
secondo nella classifica generale conclusiva.
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