RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 216 - Testo della trasmissione di venerdì 4 agosto 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In un documento del Consiglio coreano dei leader
religiosi l’invito al dialogo fra Seoul e Pyongyang
Duri combattimenti nel Sud del Libano tra truppe
israeliane e guerriglieri hezbollah che hanno lanciato altri razzi in Galilea. Nella
notte nuovi bombardamenti su Beirut
Italia: il governo abbassa da 10 a 5 anni i tempi
necessari agli stranieri per ottenere la cittadinanza. Intanto altri 200
immigrati sbarcano a Lampedusa
4 agosto 2006
LA
CHIESA CELEBRA OGGI LA MEMORIA DI SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY,
IL
SANTO CURATO D’ARS, EMBLEMA DELLA SANTITA’ DEL SACERDOZIO
DA
SEMPRE AL CENTRO DEL MAGISTERO DI BENEDETTO XVI
Tra la fine del 17° secolo e la metà del 18°, la Chiesa si
arricchisce di una straordinaria figura di sacerdote e di parroco: Giovanni
Maria Vianney, passato alla storia come il Santo
Curato d’Ars, dal nome del semisconosciuto villaggio francese nel quale visse
gran parte della sua vita. La Chiesa ne ricorda oggi la figura, divenuta un
simbolo di quali segni di santità possa lasciare nelle
anime una vocazione al sacerdozio vissuta con fedeltà ai propri doveri e
profondità spirituale. Sin dall’inizio del suo magistero, Benedetto XVI ha
colto ogni circostanza per riflettere su questo Sacramento che rende un uomo,
consacrato da Dio, capace di parlare e agire in persona Christi. Ripercorriamo allora
alcune tappe di questi insegnamenti, nel servizio di Alessandro De Carolis.
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“Scelti tra il popolo, costituiti nelle cose che
riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati”. Una frase-sintesi,
un’icona verbale per qualsiasi sacerdote. A pronunciarla, poco più di due mesi
fa a Varsavia, è stato Benedetto XVI, durante l’incontro con il clero polacco.
In circa 15 mesi di Pontificato, in diverse occasioni il Papa ha avuto modo di
esprimersi sullo spessore spirituale del ministero ordinato e sul ruolo
pastorale del sacerdote all’interno della Chiesa. Una catechesi che può essere
letta come un “unicum” magisteriale.
“Abbiamo ormai lasciato alle nostre spalle il tempo di
quella crisi di identità che ha travagliato tanti sacerdoti”, osserva Benedetto
XVI il 13 maggio 2005, a nemmeno un mese dalla propria elezione, nel
tradizionale incontro del Vescovo di Roma con il clero della diocesi. “Rimangono però ben presenti – prosegue - quelle cause di
‘deserto spirituale’ che affliggono l’umanità del
nostro tempo e conseguentemente minano anche la Chiesa che vive in questa
umanità. Come non temere che esse possano insidiare anche la vita dei
sacerdoti? È indispensabile, dunque, ritornare sempre di nuovo alla radice del
nostro sacerdozio. Questa radice, come ben sappiamo, è una
sola: Gesù Cristo Signore”:
“Questa,
cari amici, è anche la vera natura del nostro sacerdozio. In realtà,
tutto ciò che è costitutivo del nostro ministero non può essere il prodotto
delle nostre capacità personali. Questo vale per l’amministrazione dei
Sacramenti, ma vale anche per il servizio della Parola: siamo mandati non ad
annunciare noi stessi o nostre opinioni personali, ma il mistero di Cristo e,
in Lui, la misura del vero umanesimo. Siamo incaricati non di dire molte
parole, ma di farci eco e portatori di una sola ‘Parola’, che è il Verbo di Dio
fatto carne per la nostra salvezza”.
Il sacerdote, ripete in più occasioni il
Papa, fa parte di quella schiera prediletta che Cristo un giorno ha stretto
attorno a sé. Una schiera di amici. “Per questa amicizia dobbiamo impegnarci
ogni giorno di nuovo”, dice nella Messa crismale del Giovedì Santo di
quest’anno. Naturalmente, riconosce in un’altra occasione, una tale “dedizione
ha per ciascuno di voi, di noi, un costo personale, significa tempo,
preoccupazioni, dispendio di energie. Conosco questa vostra fatica quotidiana e
voglio ringraziarvi, da parte del Signore. Ma vorrei anche aiutarvi, in quanto
posso, a non cedere sotto questa fatica”. Per vivere in pienezza la propria
vocazione, ogni sacerdote sa bene quali siano
anzitutto le fonti da cui trarre vigore spirituale e umano: l’Eucaristia
quotidiana, l’adorazione:
“Il sacerdote deve essere soprattutto un uomo
di preghiera. Il mondo nel suo attivismo frenetico perde spesso l'orientamento.
Il suo agire e le sue capacità diventano distruttive, se vengono meno le forze
della preghiera, dalle quali scaturiscono le acque della vita capaci di
fecondare la terra arida”.
Sacerdoti come uomini che irrigano terre riarse, in altre
parole: che donano la vita. Il 5 febbraio di quest’anno, la cronaca ne offre un
drammatico esempio. A Trabson, in Turchia, un
sedicenne uccide don Andrea Santoro, sacerdote “fidei
donum” della diocesi di Roma. Il 2
marzo, davanti alla comunità del clero capitolino, Benedetto XVI afferma:
“Abbiamo il luminoso esempio di Don Andrea, che ci mostra l'"essere"
sacerdote sino in fondo: morire per Cristo nel momento della preghiera e così
testimoniare, da una parte, l'interiorità della propria vita con Cristo e,
dall'altra, la propria testimonianza per gli uomini (…) È una testimonianza che
ispira tutti a seguire Cristo, a dare la vita per gli altri e a trovare proprio
così la Vita”.
E’ questa la “pasta” autentica del sacerdote come alter Christus.
Il Papa, quasi come un vademecum, ne coglie le singole parti di eccellenza che
compongono o dovrebbero la fibra sacerdotale ideale. Lo fa al
cospetto dei sacerdoti polacchi, nella cattedrale di Varsavia, lo scorso 25 maggio
2006, con una serie di suggerimenti pastorali: “Siate accessibili nelle
parrocchie e nei confessionali, accompagnate i nuovi movimenti e le associazioni,
sostenete le famiglie, non trascurate il legame con i giovani, ricordatevi dei
poveri e degli abbandonati”:
“Siate autentici
nella vostra vita e nel vostro ministero. Fissando Cristo, vivete una vita
modesta, solidale con i fedeli a cui siete mandati.
Servite tutti; Se vivrete di fede, lo Spirito Santo vi suggerirà cosa dovrete
dire e come dovrete servire”.
Del resto, pochi istanti prima, Benedetto XVI aveva
osservato:
“Dai sacerdoti i
fedeli attendono soltanto una cosa: che siano degli specialisti nel promuovere
l'incontro dell'uomo con Dio. Al sacerdote non si chiede di essere esperto in economia,
in edilizia o in politica. Da lui ci si attende che sia esperto nella vita
spirituale”.
Nella filigrana della vocazione al sacerdozio si coglie
dunque il senso della missionarietà della Chiesa. Nel suo primo dialogo con il
clero romano del maggio 2005, Benedetto XVI risponde ad un’obiezione
sull’argomento mettendo in risalto una contraddizione. “Da molti – asserisce -
ci viene indicata la tentazione di pensare così
riguardo agli altri: ‘Ma perché non li lasciamo in pace? Hanno la loro
autenticità, la loro verità. Noi abbiamo la nostra. Dunque, conviviamo
pacificamente, lasciando ciascuno com'è, affinché cerchi nel miglior modo la
sua autenticità’”:
“Ma se siamo
convinti e abbiamo l'esperienza del fatto che senza Cristo la vita è incompleta,
manca una realtà, la realtà fondamentale, dobbiamo anche essere convinti che
non facciamo torto a nessuno se gli mostriamo Cristo e gli offriamo la
possibilità di trovare così anche la sua vera autenticità, la gioia di aver
trovato la vita”.
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Oggi, dunque,
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Giovanni Maria Vianney nasce
presso Lione, in Francia, nel 1786 da una famiglia di contadini. Vive nel
periodo della Rivoluzione francese: è nel tempo della persecuzione che decide
di seguire Cristo e farsi sacerdote. E’ pieno di buona volontà, ma la sua
formazione culturale è scarsa e non riesce proprio a imparare il latino. Viene sospeso dal seminario: non può diventare prete. Un
parroco lungimirante lo aiuta a studiare: finalmente a 29 anni viene ordinato sacerdote. Ma i superiori non credono molto
nelle sue capacità … come lui stesso in fondo: sarà sempre tormentato da un
sentimento di inadeguatezza a svolgere il ministero sacerdotale. Lo mandano ad
Ars, un piccolo villaggio vicino Lione: ha appena 300
abitanti e poco inclini alla pratica religiosa.
Il nuovo Curato non corre a far proseliti: si inginocchia nella Chiesa
davanti al Tabernacolo
e prega. Gli abitanti sanno che c’è, ma non lo vedono: spinta
forse più dalla curiosità, una donna anziana si decide a fargli visita. E’
sempre in adorazione del Santissimo. Un’altra entra in Canonica: la dispensa è
vuota. “Come fa a vivere?” domanda. “Vedete – rispose lui – vivo!”.
Due anni dopo accorrono da tutta
“Questo è il bel compito dell'uomo: pregare ed amare. Se
voi pregate ed amate, ecco, questa è la felicità dell'uomo sulla terra. La
preghiera nient'altro è che l'unione con Dio. Quando qualcuno ha il cuore puro
e unito a Dio, è preso da una certa soavità e dolcezza che inebria, è
purificato da una luce che si diffonde attorno a lui misteriosamente. In questa
unione intima, Dio e l'anima sono come due pezzi di cera fusi insieme, che nessuno
può più separare…E’ una felicità questa che non si può comprendere”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - Titolo di
apertura: "Cresce il tributo di vite pagato dalle popolazioni”: i razzi
degli Hezbollah sull'Alta Galilea provocano otto morti e decine di feriti. A seguire, Medio
Oriente: Stati Uniti e Gran Bretagna puntano su una risoluzione dell'ONU a
breve. La Francia pretende garanzie prima dell'invio
di una forza d'interposizione. Afghanistan: strage in un mercato vicino Kandahar.
Servizio vaticano - Pensieri eucaristici di Raissa e Jacques Maritain nel
centenario della conversione. Convegno in memoria di Ettore Vernazza
di cui è in corso il processo di beatificazione.
Servizio estero - Sri Lanka:
migliaia di civili in fuga dalla zona dei combattimenti. Repubblica Democratica
del Congo: le elezioni sollecitano un rafforzato
sostegno della comunità internazionale. Nucleare: Mosca esorta Teheran ad attenersi alle richieste ONU.
Servizio culturale - Una raccolta di saggi sulla
“visività della letteratura”. La morte del soprano Elizabeth Schwartzkopf.
Servizio italiano - I temi dell'economia e
dell'immigrazione.
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4 agosto 2006
INFURIANO
I COMBATTIMENTI NELLO SRI LANKA TRA GUERRIGLIERI TAMIL
ED ESERCITO REGOLARE: MIGLIAIA DI CIVILI IN
FUGA.
E’ ancora emergenza in Sri Lanka, dove dal 26 luglio scorso si susseguono i combattimenti
tra ribelli Tamil ed esercito regolare, a maggioranza
cingalese. Le ultime notizie riferiscono di migliaia di civili in fuga dalle
zone delle violenze, soprattutto dalla cittadina a
maggioranza musulmana di Muttur, nella parte
nord orientale del Paese. Negli scontri ancora in corso,
altre 5 persone sono rimaste uccise oggi, dopo che ieri le vittime erano
state 21. La
Croce Rossa Internazionale ha invocato un corridoio umanitario per i soccorsi. Ma
qual è la situazione oggi nel Paese asiatico? Ce ne parla il nunzio apostolico
in Sri Lanka, l’arcivescovo Mario Zenari,
raggiunto telefonicamente a Colombo da Giada Aquilino:
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R. – Siamo in un’atmosfera
piuttosto tesa. Sono scoppiate nuove violenze, originate dal controllo di una
riserva d’acqua, che era stata chiusa; alcune popolazioni, che dipendevano da essa sono rimaste all’asciutto; ambedue le parti, sia il
governo sia le Tigri Tamil, reclamano le loro
ragioni. È difficile sapere chi ha ragione e chi ha torto. I combattimenti tra
l’esercito regolare e i ribelli da una decina di giorni interessano in
particolare la zona di Trincomalee. E’ una regione
mista di popolazioni, ma la maggioranza è musulmana. Questa povera gente è
intrappolata tra i due schieramenti, quindi si parla di morti, di persone che
stanno fuggendo. Per questo le agenzie delle Nazioni Unite hanno chiesto dei
corridoi umanitari per portare i soccorsi agli sfollati e ai feriti.
D. – Dalle notizie che avete
dalla diocesi di Trincomalee, quali sono le condizioni
di vita della popolazione civile?
R. – Sono in contatto costante
con alcuni sacerdoti della zona. Ho saputo direttamente dai nostri operatori
che sono sul terreno – quindi Caritas locali e ONG - che, purtroppo, non c’è
ancora la possibilità di accedere a molte delle zone devastate dalle violenze e
quindi di portare soccorsi alla popolazione.
D. – Sono stati lanciati degli
appelli?
R. – La Comunità internazionale
e soprattutto la Norvegia – che riveste un ruolo importante ormai da alcuni
anni nella mediazione di questo conflitto – hanno lanciato degli appelli, hanno
cercato di contattare tutte e due le parti e di spingerle al dialogo, tentando
così di risolvere i problemi attraverso il dialogo.
D. – Qual è l’auspicio della
Chiesa dello Sri Lanka?
R. – Viviamo in sintonia con il
Santo Padre e con i suoi appelli, per le emergenze che riguardano anche altre
popolazioni, oltre a quelle del Medio Oriente.
D. – Per lo Sri Lanka ci sono iniziative particolari, anche interreligiose?
R. – Ci sono sempre contatti
tra i nostri vescovi, le altre nostre istituzioni e le due parti, quindi il
governo e i Tamil. Certamente si tratta di contatti
molto discreti, perché questo è il nostro modo di lavorare e perché - come più
di una volta è stato rilevato da prominenti personalità politiche di questo Paese
- la Chiesa cattolica, avendo fedeli di ambedue le principali etnie, sia
cingalesi sia tamil, rappresenta un fattore di
stabilità per dimostrare che il dialogo va continuato e che il ricorso alla
forza non ha senso. Ci sono contatti anche a livello interreligioso, dei buoni
contatti. Certo, è giunto il momento, soprattutto da parte della società
civile, di fare di più per scongiurare il ritorno alla guerra e, al contempo,
per incoraggiare e spingere le parti sulla via del dialogo.
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DIVERSE
ASSOCIAZIONI IN ITALIA AL FIANCO DI QUANTI HANNO BENEFICIATO DELL’INDULTO PER
OFFRIRE LORO AIUTO. DI FRONTE ALLE PERPLESSITÀ
DESTATE
DA ALCUNI REATI COMMESSI DA DETENUTI APPENA SCARCERATI,
L’INVITO
DEGLI OPERATORI SOCIALI A NON GUARDARE NEGATIVAMENTE
Sono tante le associazioni che
in Italia si stanno attivando in questi giorni per offrire aiuto a quanti hanno
lasciato le carceri in seguito all’entrata in vigore, quattro giorni fa, della
legge sull’indulto. Diversi coloro che stanno seguendo programmi di
reinserimento sociale. Ma perplessità hanno destato i reati commessi da alcuni
detenuti appena scarcerati. Come guardare dunque a queste persone che stanno beneficiando
dell’indulto? Luca Collodi ne ha parlato con Luca Massari,
responsabile dell’area carcere della Caritas ambrosiana, e con don Oreste Benzi, fondatore dell’associazione “Papa Giovanni XXIII”.
Luca Massari:
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R. – Molte di queste persone hanno, o almeno sperano, sono
convinte di avere un luogo dove andare. In molti casi, questo indulto sta
riunendo delle famiglie: ci sono dei padri che tornano a casa o dei figli che
tornano a casa. Se le persone sono accompagnate e seguite, l’indulto può essere
anche un’occasione perché le persone incomincino ad interrogarsi perché ci sia
un’autocritica e quindi cambiare vita.
D. – Voi avete la riprova che il volontariato e le
istituzioni stiano seguendo queste persone che stanno uscendo dal carcere?
R. – Ci sono casi in cui stiamo seguendo delle persone da
lungo tempo. Avevamo cominciato con i percorsi di formazione, di inserimento
lavorativo nel carcere e siamo arrivati alla fine della pena. Questi percorsi
si accelerano ma sono già in una direzione positiva.
Queste persone, effettivamente, hanno scelto di non compiere reati. Perché
questa loro scelta sia maturata fino in fondo e sia vera, bisogna anche che
abbiano delle opportunità di vita e stiamo cercando di offrirgliele.
Certamente, ci sono altre persone che non hanno ancora maturato questa scelta
fino in fondo; in questo momento è scattata la situazione un po’ più di
emergenza: ci sono i centri di accoglienza che si stanno attivando, i nostri
centri d’ascolto sono rimasti aperti in forma straordinaria e qui dobbiamo
aspettare un po’ di tempo per fare una valutazione seria delle cose. Ci sono
persone che vivevano nell’illecito perché erano in una situazione difficile
personale o anche perché avevano compiuto scelte sbagliate, per loro
responsabilità. Stiamo cercando di fare di tutto perché queste persone si
vedano offrire delle alternative. La situazione più difficile che incontriamo è
per gli stranieri: noi sappiamo che la grande parte di questi stranieri che
stanno uscendo dal carcere sono persone che non sono regolari sul territorio e
che ricevono il provvedimento d’espulsione.
D. – Don Oreste Benzi, qual è la
sua riflessione?
R. – L’indulto è un dono grande e ci voleva; però è stato
un po’ come aprire un pollaio, quindi lo sbandamento, dove vanno? Tant’è vero che specialmente gli extracomunitari non sanno
dove andare. Ci voleva una progettazione per aiutare le persone che, quando
uscivano, potessero trovare dei punti di riferimento.
Ciò che sta facendo adesso, che tenta di fare, il ministero degli Interni,
perché noi siamo stati convocati, assieme ad altre associazioni, per vedere
come possiamo venirgli incontro …
D. – L’opinione pubblica ha accolto questo indulto con una
certa perplessità …
R. – Ci sono già stati degli atti di persone che hanno
cercato anche di andare ad uccidere. Però, non dobbiamo per questo fatto
criticare l’atto che invece ci voleva. Il problema è questo, che condanniamo
quelli che non conosciamo ed allora, invece di vederli come persone che hanno
commesso un reato le vediamo come avanzi di galera …
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INIZIA OGGI, A PAMPLONA E JAVIER, L’INCONTRO NAZIONALE DEI
GIOVANI SPAGNOLI
PER CELEBRARE IL QUINTO CENTENARIO
DELLA NASCITA DI SAN FRANCESCO SAVERIO.
“ANDARE PER TUTTO IL MONDO E ANNUNCIARE IL VANGELO”: QUESTO
IL MESSAGGIO DELL’ARCIVESCOVO
DI PAMPLONA, FERNANDO SEBASTIÁN, AI RAGAZZI DI SPAGNA
Al via oggi l’incontro
nazionale spagnolo dei giovani nell’ambito del V centenario della nascita di
San Francesco Saverio. L’evento, della durata di tre giorni, avrà per cornice Pamplona e Javier. Il tema scelto
per l’incontro è: “Andate in tutto il mondo ed annunciate
il Vangelo”. L’iniziativa si pone in ideale continuità con la GMG di Colonia
2005. Ma come è nata la decisione di organizzare questo incontro nazionale per
i giovani di Spagna? Al microfono di Rafael Alvarez
risponde mons. Fernando Sebastián
Aguilar, arcivescovo di Pamplona:
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R. – Ha
nacido un poco a ….
L’incontro è nato all’ombra
delle esperienze annuali che abbiamo in Spagna con la famosa “Javieradas”, pellegrinaggi penitenziali di Quaresima dalla Navarra a Javier. Poi c’è stata
la splendida esperienza delle Giornate Mondiali della Gioventù di Papa Giovanni
Paolo II e di Benedetto XVI. Nel calendario delle iniziative per commemorare il
quinto centenario della nascita di San Francesco Saverio, c’è sembrata una
buona idea organizzare una Giornata di giovani cristiani provenienti da tutta
la Spagna.
D. – Quali saranno le tematiche
affrontate in questi giorni con i giovani cristiani e quali invece gli
obiettivi che vi proponete?
R. – “Ir por todo el
mundo….”
“Andare per
tutto il mondo e annunciare il Vangelo”, è lo slogan dell’incontro. Quello che noi vogliamo fare è, dunque, ispirarci all’esempio di
San Francesco Saverio che realmente rappresenta un’attrazione per i giovani,
per molti aspetti della sua vita: il suo carattere, così giovanile e impetuoso;
la sua vita avventurosa; e soprattutto la forza della sua conversione nella
radicalità del suo affidamento a Gesù Cristo. Poi c’è il valore della
sua vocazione e della sua missione fino agli estremi confini del mondo
conosciuto. Noi siamo consapevoli del fatto che sia una figura di forte
attrazione per tutta la Spagna. Facendo tesoro di quest’attrazione, vogliamo
mettere in luce questi aspetti: la scoperta di Gesù Cristo come Salvatore e
come Rivelatore della vita. Gesù come Salvatore è proprio l’idea che più vogliamo
sottolineare. E Gesù che ci guida nella verità, nell’amore, nella forza della
vita personale e comunitaria. Quindi, c’è la necessità di trasferire l’idea di
missione al nostro mondo, alla nostra vita, specie al mondo dei giovani.
Aiutare i ragazzi a credere in se stessi, e poi la valorizzazione del tesoro
del Vangelo che porta con sé la vocazione del missionario. Il missionario è
disposto a superare le difficoltà e rompere le barriere perché cosciente del
valore del Vangelo, e di quanto sia necessario il
Vangelo per tutti i fratelli che non conoscono Gesù. Francesco Saverio era
solito affermare: “Io porto alla Cina un tesoro che
vale più di tutti i tesori dell’imperatore”. Vogliamo quindi trasmettere questo
entusiasmo e questa valorizzazione del Vangelo ai nostri giovani affinché essi
lo vivano e lo annuncino al mondo intero.
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4 agosto 2006
“L’UMORISMO
DI DIO NELLA STORIA DELLA SALVEZZA”:
È IL
TEMA DELLA PRIMA DELLE DUE SETTIMANE TEOLOGICHE DELLA FUCI, LA FEDERAZIONE
DEGLI UNIVERSITARI CATTOLICI ITALIANI,
IN
CORSO A CAMALDOLI, IN TOSCANA.
L’INIZIATIVA
È GIUNTA ALLA SUA 50.MA
EDIZIONE
- A cura di Roberta Moretti -
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CAMALDOLI. = “L’umorismo di Dio nella storia della
salvezza”: è l’originale tema che ha accompagnato oltre 100 universitari
italiani, riuniti fino a oggi nel monastero benedettino di Camaldoli,
sull’Appennino tosco-emiliano, per la prima delle due Settimane Teologiche
della FUCI,
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IN UN DOCUMENTO DEL CONSIGLIO COREANO
DEI LEADER RELIGIOSI
L’INVITO AL DIALOGO PACIFICO FRA SEOUL
E PYONGYANG. RIPRESO L’INVIO DI AIUTI DAL SUD ALLA POPOLAZIONE NORDCOREANA
COLPITA DALLE ALLUVIONI
SEOUL. = I leader
religiosi coreani chiedono a tutti i fedeli di lavorare affinché possa riprendere
il dialogo fra le due Coree, bruscamente interrotto dopo i test missilistici compiuti
da Pyongyang lo scorso 4 luglio. L’appello, riferisce
l’agenzia Asianews, è stato lanciato in un documento
del Consiglio coreano dei leader religiosi, composto dai rappresentanti delle
sette religioni maggiori della penisola, dal titolo “Per la pace della penisola
e la riunificazione della nazione”. “I problemi della penisola coreana – si
legge nel testo – possono essere risolti con un metodo che sia
vincente per entrambi i governi: il dialogo pacifico. Questo si deve basare
però anche sulla profonda comprensione della situazione internazionale
attuale”. I leader scrivono che non bisogna interrompere tutte quelle operazioni
che aiutano la nazione, come l’invio di aiuti umanitari alle vittime delle
recenti alluvioni e la riunificazione delle famiglie separate dal confine e che
la situazione politica, davanti a tutto ciò, deve passare in secondo piano.
L’appello sembra essere stato accolto, quanto meno da Seoul,
che ha inviato ieri la prima nave di aiuti umanitari alla popolazione della
Corea del Nord, colpita a luglio da alluvioni ed inondazioni. Gli aiuti sono i
primi che Seoul spedisce al Nord, dopo la sospensione
decisa a seguito dei missili lanciati contro il Giappone e caduti in mare dopo
pochi secondi di volo. Nella nave vi sono stati caricati 100 tonnellate di
farina, 37 mila confezioni di spaghetti
liofilizzati e 15 mila coperte. (T.C.)
INDIA: DAL 10 OTTOBRE IN VIGORE
DI LAVORARE IN SALE DA THE, RISTORANTI, ALBERGHI E CENTRI RICREATIVI
DELHI. = I minori di 14 anni, in India, non potranno più
lavorare come domestici o garzoni di stalla. Lo ha deciso recentemente il
governo indiano. Il divieto, riferisce l’agenzia Asianews,
entrerà in vigore il prossimo 10 ottobre. Ai minori sarà proibito il lavoro in
sale da the, ristoranti, alberghi, centri ricreativi.“La decisione è stata
presa considerando i rischi propri di ogni attività”, ha detto un funzionario
del ministero del Lavoro. “Si vogliono evitare – ha spiegato ancora – traumi psichici
e abusi sessuali ai bambini”. La mancata osservanza della legge comporterà
sanzioni che vanno da una multa alla detenzione da 3 mesi a 2 anni. In India è
in vigore una normativa che proibisce l’impiego di bambini in attività
pericolose o faticose già dal 1986, ma le
violazioni sono ampiamente diffuse. Migliaia di minori ancora lavorano per
realizzare fuochi d’artificio, tessere tappeti, cucire palloni da football e
svolgono mansioni in fabbriche chimiche o di sostanze tossiche. Spesso sono gli
stessi genitori a costringere i loro figli, anche di 5 o 6 anni, al lavoro nei
ristoranti per molte ore al giorno, in condizioni
insalubri, e per paghe minime, anche solo per far loro avere da mangiare. Per questa ragione molti enti di tutela dei minori sono scettici
sull’effettiva capacità del governo di far rispettare la nuova legge, quando
non ha saputo far osservare i divieti già esistenti. Per tale motivo vi è chi
propone la pianificazione di appositi progetti per aiutare i minori costretti a
lavorare per sopravvivere. (A.Gr.)
RESTITUITI
ALLA NIGERIA 700 MILIONI DI DOLLARI SOTTRATTI ALLE CASSE
DELLO
STATO DAL DEFUNTO DITTATORE ABACHA E DEPOSITATI IN SVIZZERA
ABUJA. = Sono stati interamente restituiti alla Nigeria i
700 milioni di dollari che dal 1999 si trovavano in alcune banche svizzere e
che costituiscono una parte del tesoro sottratto alle casse dello Stato
nigeriano dal defunto dittatore, Sani Abacha. Lo ha
fatto sapere l’ambasciatore svizzero in Nigeria, Pierre Helg,
che nel corso di una cerimonia ufficiale ha sottolineato come le “altalenanti”
relazioni tra Svizzera e Nigeria, legate proprio alla questioni
dei fondi, siano ormai “al miglior livello possibile”. Come riporta l’agenzia
MISNA, i due Paesi sono stati protagonisti di un acceso braccio di ferro per il
destino di questi fondi sin da quando, tre anni fa, il
governo nigeriano ha cominciato a pretenderne la restituzione. In passato, Abuja aveva anche minacciato di ricorrere alle vie legali
per sbloccare i soldi, ma poi, con la mediazione lo scorso anno della Banca
Mondiale, Nigeria e Svizzera hanno sottoscritto un accordo per le restituzione. Si stima che, dal 1993 al
1998, Abacha abbia sottratto complessivamente
alle casse dello Stato oltre 2,2 miliardi di dollari per poi depositarli in
vari istituti bancari quasi tutti in Europa. Il saccheggio delle risorse pubbliche
attuato dal defunto capo di Stato è considerato uno dei più gravi mai
realizzati da un uomo di governo in tempi moderni. (R.M)
RITROVATA, IN UN BIDONE DELLA SPAZZATURA A SAN PIETROBURGO, UNA
DELLE OLTRE 200 OPERE SCOMPARSE MISTERIOSAMENTE DAL MUSEO RUSSO DELL’ERMITAGE
MOSCA. = E’ stata ritrovata in un bidone della
spazzatura a San Pietroburgo, grazie a una telefonata anonima, una delle opere
sparite dal celebre museo russo dell’Ermitage.
L’icona, una raffigurazione di tutti i Santi delle dimensioni di 40 cm per 32,
era considerata uno dei pezzi più preziosi fra i 221 sottratti al prestigioso
museo, la cui scomparsa era stata denunciata nei giorni scorsi. Chi l’aveva tenuta
fino a quel momento, deve essersi spaventato per il grande rilievo dato al caso dai media internazionali. Per decenni, l’Ermitage non ha proceduto a un rigoroso inventario dei suoi
immensi tesori e i pezzi volatilizzati – per lo più
gioielli e oggetti smaltati di produzione russa del valore complessivo di oltre
cinque milioni di dollari – potrebbero essere stati sottratti ancora in piena
epoca sovietica, benché appaia più probabile che il furto sia avvenuto dopo il
crollo dell’URSS, nel 1991, su commissione. Inoltre, sembra che la curatrice
responsabile della maggior parte dei pezzi scomparsi sia morta all’improvviso
sul lavoro per un infarto, subito dopo l’inizio dell’inventario. La direzione
dell’Ermitage ha dichiarato di “non avere dubbi” sul
fatto che in questo “affare dai risvolti strani”, su cui è stata aperta
un’inchiesta penale, siano coinvolti dipendenti del museo. (R.M.)
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4 agosto 2006
- A cura di Eugenio Bonanata -
Infuriano
bombardamenti e battaglie in Libano, in questo 24.mo
giorno di guerra. In nottata, l’aviazione israeliana è
tornata a colpire Beirut: centrati una strada, un ponte e una centrale
elettrica che produceva energia per l’intera valle della Bekaa.
Il nostro servizio:
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Un attacco massiccio, quello di
questa notte, avvenuto nonostante l’intervento televisivo del capo di
Hezbollah, lo sceicco Nasrallah, che proprio ieri
sera aveva minacciato di colpire Tel Aviv se fosse stata attaccata nuovamente
la capitale libanese. Ed ora si teme il peggio. Il municipio di Tel Aviv ha
avviato preparativi logistici in vista di possibili attacchi di razzi sparati
dai miliziani sciiti. Razzi che oggi sono caduti in sulla
Galilea, uccidendo una persona nel villaggio di nel villaggio di Maghar. Il premier
israeliano Olmert, in un’intervista al quotidiano tedesco
Suddeutsche Zeitung ha
affermato di essere convinto di poter sconfiggere Hezbollah nel giro di un paio
di giorni, mentre alla comunità internazionale è giunta una richiesta concreta:
“Vogliamo – ha detto – 15 mila uomini al confine tra Israele e Libano, ma che
sia un esercito multinazionale formato da soldati non in pensione”. Pronti,
dunque, a garantire la sicurezza allo Stato ebraico. La cronaca delle ultime
ore è, invece, concentrata sulle battaglie di terra. I guerriglieri Hezbollah
hanno affermato di aver ucciso sette soldati israeliani negli scontri nella
parte meridionale del Libano. Nella stessa zona hanno perso la vita cinque
miliziani Hezbollah. Almeno 25 civili sono inoltre rimasti uccisi o feriti in
un raid israeliano avvenuto nella valle orientale della Bekaa.
Intanto, è tornato a parlare il premier libanese, Sinora. “Le chiavi per far
cessare subito questo massacro le ha solo Israele – ha riferito in
un’intervista al quotidiano italiano La Repubblica - il governo è stato chiaro:
abbiamo le nostre responsabilità, ma ora siamo vittime di una brutale
aggressione”. Infine, mentre l’UE ha condannato i massicci bombardamenti
israeliani, all’ONU si discute ancora circa una forza di pace da inviare
nell’area.
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Intanto, resta
caldo anche l’altro fronte su cui è impegnato
l’esercito israeliano, cioè la Striscia di Gaza, dove nella notte sono
proseguiti diversi raid israeliani in cui sono morti sei miliziani palestinesi.
Secondo fonti ospedaliere, in un’incursione
israeliana a Rafah altri due palestinesi sono stati
uccisi e un terzo è stato ferito da una granata sparata da un carro armato
israeliano. Il rapimento di un soldato dello Stato ebraico, avvenuto il 25
giugno in questa zona, è all'origine dell’offensiva di Israele.
In Iraq
la violenza non accenna a diminuire. Dieci persone, tra le quali tre
poliziotti, sono rimaste uccise un attentato con autobomba avvenuto oggi ad al-Hadhar, nel nord del Paese. Lo ha riferito una fonte
della polizia, precisando che l’attentato è avvenuto nei pressi di campo di
calcio dove era in corso una partita. In mattinata, la
guerriglia aveva scatenato una violenta offensiva su Mosul,
la terza città del Paese, a nord di Baghdad. Negli scontri almeno nove agenti
sono morti. Intanto per la prima volta, ieri, i vertici del Pentagono hanno
fatto riferimenti espliciti al rischio di una guerra civile nel Paese. Il
numero uno del Comando centrale delle forze USA in Iraq ha riconosciuto che la
situazione attuale di Baghdad è la peggiore dalla caduta del regime di Saddam
Hussein, mentre il presidente Bush ritiene che nel
Paese sia in corso un’escalation di “violenza settaria”. Ieri, infine, altri
due marines americani sono rimasti uccisi in
incidenti avvenuti nella provincia occidentale di Anbar.
Ed è
sempre alta la tensione anche nel sud dell’Afghanistan, dove la guerriglia ha
colpito ancora nella provincia di Kandahar,
considerata la roccaforte della milizia talebana.
Questa mattina un kamikaze, alla guida di un'autobomba, ha fatto esplodere il
suo mezzo contro un convoglio della NATO. Non è chiaro
in questo momento se vi siano vittime fra i soldati.
Infine, le forze della coalizione hanno comunicato l’uccisione di 25 ribelli,
avvenuta sempre nel sud del Paese.
In Italia, saranno dimezzati da 10 a cinque
anni i tempi necessari per concedere la cittadinanza agli stranieri. Il disegno
di legge, promosso dal ministro dell’Interno, Giuliano Amato, è stato approvato
dal Consiglio dei ministri, riunitosi stamani prima della pausa estiva. La
domanda di cittadinanza verrà accolta se lo straniero
dimostrerà una reale integrazione. Previsto un raddoppio, se non una
triplicazione delle domande. Intanto, prosegue senza sosta l’arrivo di immigrati lungo le coste
Italiane. Un barcone con a bordo 210 persone, tra cui
12 donne, è approdato al porto di Lampedusa, senza essere stato avvistato
prima. Gli stranieri sono stati bloccati dalla Guardia di finanza, che questa
mattina ha anche arrestato i 5 presunti scafisti di un barcone arrivato ieri
nell’isola con 203 persone a bordo.
Sempre questa mattina, il Consiglio dei ministri italiano ha approvato il ddl sulle intercettazioni.
Intanto, con l’approvazione, ieri, da parte della Camera del provvedimento
che contiene la manovra correttiva e il pacchetto di liberalizzazioni, anche
l’attività parlamentare si ferma per la pausa estiva. Alla ripresa, sarà la
legge finanziaria la prima sfida da affrontare per il governo
Prodi, che ha percorso in salita i primi due mesi e mezzo di legislatura.
Il servizio è di Giampiero Guadagni:
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Ottanta giorni vissuti spesso col fiato in gola. Dal
giorno dell’elezione al cardiopalma del presidente del Senato, il governo Prodi
ha già dovuto affrontare una lunga serie di insidie, anche attraverso il
ricorso a ben sette voti di fiducia. Il motivo principale sta in quella risicatissima maggioranza ottenuta nelle politiche di
aprile dall’Unione a Palazzo Madama, ma anche nelle posizioni assai diverse che
convivono nel centrosinistra su questioni essenziali: la politica estera,
anzitutto, come ha dimostrato il voto sul rifinanziamento
della missione in Afghanistan. Ma va anche ricordato l’acceso contrasto tra i
ministri Mastella e Di Pietro sul provvedimento di
indulto. E così, per l’Unione la pausa estiva è l’occasione per riflettere su
come rafforzare l’azione di governo. Prodi guarda soprattutto all’attuazione
del programma elettorale, del quale il pacchetto di liberalizzazioni appena
approvato è un esempio forte. Il leader della Margherita e vicepremier
Rutelli ritiene però necessario accelerare la
costruzione del Partito democratico. Una tesi questa respinta dalla sinistra
radicale, che vede come fumo agli occhi anche l’ipotesi di un allargamento
della maggioranza ad alcuni settori moderati della Casa delle libertà. D’altra
parte, nessuno nel centrodestra, almeno per il momento, sembra disposto ad
andare in soccorso di un governo la cui durata è ritenuta un’incognita. Si apre
semmai al dialogo sulla prossima legge finanziaria. Ma anche all’interno della
CDL le acque non sono affatto tranquille. L’UDC vuole smarcarsi dalla
leadership di Berlusconi. E l’ex presidente della Camera, Casini, parla
apertamente di una fase nuova del modo di fare opposizione. Di fronte a questa
situazione incerta, i cattolici presenti in entrambi gli schieramenti fanno
sentire la loro voce sui temi concreti. Come ad esempio sulla legge 40 che
regola la fecondazione assistita. Dopo il referendum, che aveva chiaramente
respinto il tentativo di abrogarla, nei giorni scorsi sembrava che il governo
si fosse orientato a creare una commissione, affidata a Maura Cossutta dei Comunisti italiani, per rivedere le linee
guida della legge. Ma dopo le proteste e le interpellanze dei cattolici di
maggioranza e opposizione, ieri la marcia indietro del ministro della Salute,
Livia Turco.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Ci
spostiamo a Cuba, dove il segreto di Stato invocato dalle autorità dell'Avana
continua a far aleggiare il mistero sulle reali condizioni di Fidel Castro, operato nei giorni scorsi in seguito ad
un’emorragia intestinale, la sorella del leader cubano, in esilio a Miami dal
1963, ha assicurato che Fidel sta ancora "molto male", ma tornerà presto alla guida di Cuba. Intanto,
il presidente americano Bush, offrendo il suo
appoggio, ha esortato i cittadini cubani ad attivarsi per un cambiamento
democratico nel loro Paese. Ce ne parla dall’Avana,
Paolo Mastrolilli:
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Nelle strade di La Habana la vita scorre normalmente, anche se su Cuba pesa
l’incognita del futuro dopo la malattia che ha colpito Fidel
Castro. I turisti continuano ad affollare il centro della capitale e le
spiagge, mentre il governo cerca di dare un’impressione di continuità,
sottolineando che il passaggio di poteri a Raul Castro è solo temporaneo. La presenza
della Polizia per le strade è diventata più visibile e il Comitato per la
difesa della rivoluzione hanno incrementato i pattugliamenti, secondo
l’emittente locale Radio Reloj. Le celebrazioni per la Festa del “Carnaval de La Habana”, in programma per il fine settimana, sono state sospese. Juanita Castro, la sorella di Fidel
che vive a Miami, ha detto che suo fratello sta meglio ed, infatti, è stato
trasferito dalla terapia intensiva ad un reparto di degenza. Secondo il
giornale Miami Herald, fonti della sezione di
interessi americani a Cuba sostengono che la malattia del lider è in fase terminale. Il
presidente Bush ha pubblicato ieri un comunicato con
quale appoggia i cubani che vogliono la transizione verso la democrazia. Dal
governo non sono venute nuove notizie. Il giornale Gramma ha ripubblicato una
vecchia dichiarazione di Raul, in cui dice che il comandante in capo della rivoluzione
è il Partito comunista e quindi la continuità è garantita da lui e dalla
commissione composta di sei persone a cui Castro ha
delegato i poteri. Diversa l’opinione dei dissidenti. Parlando con la Radio
Vaticana, Osvaldo Paya, presidente del Movimiento Cristiano de Liberación, ha detto che il “fideismo senza Fidel è
impossibile e che la marcia verso la democrazia è inarrestabile”.
Da La Habana,
per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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In Somalia, altri quattro ministri si sono dimessi ieri dal
governo di transizione, presieduto dal primo ministro Ali Mohamed
Gedi, accusato di non voler trovare un accordo con le
Corti islamiche che, negli ultimi tempi, hanno assunto il controllo di una
parte del Paese. In questo modo, salgono a 38, su un totale di 102, i ministri
che hanno abbandonato Gedi, il quale ha rifiutato di
rassegnare le sue dimissioni. In questo scenario, gli Stati Uniti hanno fatto
sapere che continueranno ad appoggiare il governo di transizione somalo. Ma per
un quadro sulla situazione nel Paese ascoltiamo, al microfono di Chris Altieri, la testimonianza di mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio:
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R. – In queste ultime settimane, penso ci sia senz’altro
una certa presenza etiopica. In questo caso, loro la giustificano per sostenere
il governo di transizione, che non è in esilio ma si
trova a Baidoa, nella parte sud-ovest del Paese. Un
governo nato due anni fa, soprattutto con gli sforzi della comunità
internazionale, che però è un governo che non governa nulla, un governo
estremamente debole ed estremamente frazionato. I cosiddetti tribunali islamici
controllano senz’altro Mogadiscio e la parte centrale
della Somalia. La situazione rimane piuttosto tesa perché ci sono, appunto,
dichiarazioni di guerra santa da parte degli islamici nei confronti
dell’Etiopia, che senz’altro è intervenuta per sostenere questo governo molto
fragile.
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La Commissione Europea ha stanziato stamani
nove milioni di euro per aiuti umanitari a Eritrea ed Etiopia. I fondi verranno impiegati per soddisfare bisogni immediati in termini
di cibo, acqua e assistenza medica e per soccorrere i numerosi sfollati
all’interno dei due Paesi.
Rapiti
nel sud della Nigeria un tedesco e tre filippini, impiegati
in una compagnia petrolifera nella regione del Delta del Niger. I sequestri
sono avvenuti in due azioni separate, presumibilmente ad
opera di ribelli separatisti. Solo ieri un altro tedesco è stato rapito
a Port Harcourt.
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