RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 214 - Testo della trasmissione di mercoledì 2 agosto 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Assegnato
a Manila il premio “Ramon Magsaysay”, considerato il
Nobel per la pace dell’Asia
Israele riprende i bombardamenti in Libano,
causando decine di morti. Hezbollah spara 170 razzi in territorio israeliano
In Uganda, il capo dei ribelli Joseph
Kony sembra pronto ad un cessate-il-fuoco
2 agosto 2006
ALLA
PRIMA UDIENZA GENERALE IN PIAZZA SAN PIETRO, DOPO LA SOSTA VALDOSTANA,BENEDETTO XVI IMPLORA NUOVAMENTE LA CESSAZIONE DELLE
VIOLENZE IN TERRA SANTA, ESORTANDO AD OGNI IMPEGNO LA DIPLOMAZIA INTERNAZIONALE.
AFFETTUOSO SALUTO DEL PAPA AI 40 MILA CHIERICHETTI PRESENTI ALL’UDIENZA PER IL
PELLEGRINAGGIO EUROPEO DEI MINISTRANTI
Pace per la “cara e martoriata regione del Medio Oriente”,
dalla quale giungono quotidianamente “immagini agghiaccianti” di morte.
L’esclamazione di Benedetto XVI, dopo l’appello di domenica scorsa all’Angelus,
ha avuto una nuova, forte eco questa mattina anche in Piazza San Pietro,
durante la prima udienza generale dopo il soggiorno di Les
Combes. L’appello, espresso con toni molto accorati,
ha concluso l’udienza che il Papa aveva dedicato al pellegrinaggio europeo dei
ministranti – più familiarmente chierichetti - ritratti dal Pontefice come giovani
legati a Gesù da un’amicizia particolare, sull’esempio degli Apostoli. La
cronaca dell’udienza
generale nel servizio di Alessandro De Carolis:
**********
Appena settantadue ore fa, la richiesta di Benedetto XVI
di rinunciare alle armi, sottolineata con quell’avverbio
perentorio e insieme implorante: “immediatamente”.
Oggi, dalla ribalta di Piazza San Pietro, la nuova insistita richiesta del
Papa: basta ostilità e violenze, basta con l’olocausto quotidiano che non risparmia
nemmeno i bambini, ma si lasci ogni spazio alla mediazione internazionale, che restituisca un futuro sereno alla Terra Santa:
“I nostri occhi sono
pieni delle agghiaccianti immagini dei corpi straziati di tante persone,
soprattutto di bambini – penso, in particolare a Cana,
in Libano. Desidero ripetere che nulla
può giustificare lo spargimento di sangue innocente, da qualunque parte esso venga! Con il cuore colmo di afflizione, rinnovo
ancora una volta un pressante appello all’immediata cessazione di tutte le
ostilità e di tutte le violenze, mentre esorto la comunità internazionale e
quanti sono coinvolti più direttamente in questa tragedia a porre al più presto
le condizioni per una definitiva soluzione politica della crisi, capace di consegnare
un avvenire più sereno e sicuro alle generazioni che verranno”. (applausi)
L’udienza generale era iniziata nel segno della festa e
dell’allegria portate, sotto il sole un po’ velato e più sopportabile di Piazza
San Pietro, dai circa 42 mila chierichetti di molti Paesi d’Europa, già a Roma
da qualche giorno per partecipare al raduno europeo dei ministranti. Il loro
responsabile, Martin Gatcher,
ausiliare di Basel in Svizzera, ha presentato al Papa
i giovani e la loro particolare esperienza di servizio
all’altare. In essa, Benedetto XVI – indossando il
foulard bianco dei ministranti e parlando in tedesco in omaggio ai circa 35
mila ministranti giunti dalla sola Germania - ha individuato il segno di
un’amicizia particolare con Gesù, che dall’altare si dilata in tutti gli
ambienti della vita: dalla famiglia alla scuola, nel segno del Vangelo:
“LIEBE
FREUNDE, IN WIRKLICHKEIT SEID IHR SCHON JETZT APOSTEL JESU!...
Cari amici, voi in
realtà siete già apostoli di Gesù! Quando partecipate alla Liturgia svolgendo
il vostro servizio all’altare, voi offrite a tutti una testimonianza.
Il vostro atteggiamento raccolto, la vostra devozione che parte dal cuore e si esprime
nei gesti, nel canto, nelle risposte, tutto questo è apostolato. E’ un vincolo
di amicizia che ha la sua fonte e il suo culmine nell’Eucaristia. Voi siete
molto vicini a Gesù Eucaristia, e questo è il più grande segno della sua amicizia per voi. Non dimenticatelo”.
Dopo averla interrotta per il suo soggiorno valdostano,
Benedetto XVI ha ripreso oggi, almeno nello spirito, la sua catechesi sul
rapporto tra gli Apostoli e la Chiesa per mettere in risalto
come i chierichetti altro non siano che piccoli discepoli che Gesù, al
pari dei suoi compagni, ha chiamato non “servi ma amici”. Un’amicizia
sperimentata personalmente anche dal giovanissimo Jospeh
Ratzinger, che nel 1935 iniziava come chierichetto
“un lungo cammino”. Un ricordo personale che Benedetto XVI ha accompagnato, tra
l’altro, ad una raccomandazione: quella di non prestare il servizio all’altare
con “sciatteria”. Ascoltate piuttosto la voce di Gesù, ha ribadito ancora. “Ascoltatela
con grande disponibilità, se vi chiama a donarvi senza riserve nella via del sacerdozio.
Ascoltatela con fiducia qualunque sia la strada della vostra vocazione, perché
Cristo vuole stabilire anche con voi un legame di amicizia”:
“L’amicizia con Gesù
è il dono più bello della vita, e voi avete la gioia di rinnovarlo ogni volta
che svolgete il vostro servizio nella liturgia. Rimanete sempre fedeli a questa
amicizia, leggendo e meditando il Vangelo, nutrendovi dell’Eucaristia e
fermandovi in adorazione davanti al Tabernacolo. Così diventerete veri
discepoli del Signore, pronti a rispondere con gioia e fiducia alla sua
vocazione, specialmente se vi inviterà a lasciare tutto per diventare con Lui ‘pescatori
di uomini’. Cari ministranti, prego per voi, perché
siate sempre amici ed apostoli di Gesù!”.
(musica)
Oltre al tedesco e all’italiano, il Papa
ha salutato i giovani chierichetti in 11 lingue. Ed ha avuto un pensiero
anche per i giovani partecipanti al Campionato mondiale
di Twirling e per il gruppo che compie il pellegrinaggio
in bicicletta da Lurago d'Erba a Gerusalemme, promosso
dall'Opera Don Guanella. “Possa anche questa iniziativa
- ha auspicato Benedetto XVI - contribuire alla causa della pace in Terra
Santa, duramente provata dagli eventi bellici di questi giorni”. Al termine,
come di consueto, il Papa si
è intrattenuto a lungo con
i pellegrini in piazza, prima
di fare ritorno a Castel
Gandolfo.
**********
Particolarmente
calorosa, in Piazza San Pietro, l’accoglienza a Benedetto XVI da parte dei 42
mila ministranti. I chierichetti hanno accompagnato l’arrivo del Santo Padre con
canti e applausi. Tra i ragazzi, c’era per noi Tiziana Campisi:
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(canto)
Una festa di
colori ha accolto in Piazza San Pietro il Papa. Bandiere e striscioni, per lo più tedeschi, testimoniavano il lungo pellegrinaggio di
migliaia di chierichetti che hanno voluto manifestare calorosamente il loro
affetto a Benedetto XVI. Hanno camminato per raggiungere la Tomba di San Pietro
e per riflettere sulla sua testimonianza di fede e, nelle ore di viaggio per
raggiungere Roma, si sono interrogati sul servizio che la domenica rendono
all’altare. Ma lasciamoci raccontare da alcuni di loro le giornate
dell’incontro internazionale che li hanno visti protagonisti:
R. – Sono stati due giorni intensissimi. E’ stato bello
essere qua. Abbiamo potuto vivere questi momenti che
ci hanno sicuramente rinnovato la fede e in questo modo abbiamo potuto anche
rinnovare il nostro impegno di servire all’altare”.
R. – E’ stato bello venire a Roma. E’ la prima volta e
questo mi ha insegnato a seguire di più Dio”.
R. – Sono state proprio bellissime queste giornate e
significano molto per me”.
D. – Come hai vissuto questo pellegrinaggio verso Roma? E’
stato difficile, faticoso anche a causa del caldo?
R. – Sì, un po’ per il caldo sì. Però è stata
un’esperienza molto bella e spero di tornare.
D. – C’è qualcosa che ti è rimasto particolarmente
impresso di queste ore?
R. – Vedere il Papa, perché non lo avevo mai visto. Mi ha
molto colpito.
D. – La tua esperienza, puoi raccontarla?
R. – E’ stato molto bello, perché mi ha dato anche dei
buoni insegnamenti.
D. – Che cosa ha fatto fruttificare in te questa
esperienza?
R. – Vado avanti e servo ancora di più Gesù.
D. – Cosa significa per te essere ministrante?
R. – Servire Dio, ascoltare la Parola di Dio.
R. – Servire Gesù.
E ieri
grande partecipazione anche alla Messa presieduta dall’arcivescovo di Vienna,
il cardinale Christoph Schönborn
in Piazza San Pietro. Il porporato ha incoraggiato i chierichetti ad aver fede
nello Spirito Santo, di fronte alle difficoltà e in particolare di fronte a
quanti criticano il loro servizio alla Chiesa:
“Cari chierichetti, ministranti di tutta l’Europa, qui
davanti alla Tomba dell’Apostolo Pietro, a cui Gesù ha
affidato il suo gregge, vi dico, non come una mia idea, ma con la certezza
della fede: voi non siete gli ultimi di una storia passata. Portate nel vostro
cuore e nella vostra vita la speranza per il mondo; portate in voi Cristo e lo Spirito
Santo”.
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È
MORTO OGGI IL CARDINALE OLANDESE JOHANNES WILLEBRANDS: AVEVA 96 ANNI.
PRESIDENTE EMERITO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER
DEI
CRISTIANI, IL PORPORATO È STATO UNO DEI PROTAGONISTI DELL’ECUMENISMO.
IL
CORDOGLIO DEL PAPA
Lutto nella Chiesa cattolica: è morto stamane
il cardinale olandese Johannes Willebrands:
aveva 96 anni. Presidente emerito del Pontificio Consiglio per
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Nato a Bovenkarspel, nei Paesi Bassi, nel 1909, il cardinale Willebrands avrebbe compiuto 97 anni il 4 settembre prossimo.
Ordinato sacerdote a 24 anni, ha compiuto gli studi presso la facoltà di
Filosofia del Pontificio Ateneo Angelicum di Roma.
Docente di Filosofia e poi rettore del Seminario Maggiore di Warmond, in Olanda, mostra subito un vivo interesse per la
causa dell'unione dei cristiani organizzando nel 1951 la conferenza cattolica per la questioni
ecumeniche. Nel
I funerali
del cardinale Willebrands dovrebbero svolgersi l’8
agosto nella Cattedrale di Utrecht: a rappresentare il Papa ci sarà il
cardinale Walter Kasper, attuale presidente del
Pontificio Consiglio per
Ma
riascoltiamo la voce del cardinale Willebrands in una intervista rilasciata al programma tedesco della Radio
Vaticana nel 1989:
Die
Liebe, die Christus von Petrus gefragt hat, beschränkt sich nicht …
“L’amore che Cristo ha chiesto a Pietro, non è
circoscritto ad un gruppo, nemmeno alla Chiesa cattolica: tutti sono sue
pecorelle. E per questo, l’amore è rivolto a tutti i cristiani, e questo amore
chiede prima di tutto l’unità, perché è una grande
sofferenza quando una famiglia è divisa. In questo spirito io ho inteso il mio nuovo
compito e l’ho svolto con tutto il cuore e con tutte le forze – spirituali e
materiali – che Dio mi ha dato; il Signore mi ha benedetto e Gli sono
profondamente riconoscente per essersi servito così a lungo della mia opera per
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Con la morte
del cardinale Willebrands il numero dei cardinali
scende a 190, di cui 120 elettori e 70 non elettori.
RINUNCIA E NOMINA
In Brasile, Benedetto XVI ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Paranaguá
presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Alfredo Ernest
Novak, dei Padri Redentoristi.
Al suo posto, il Papa ha nominato padre João Alves
dos Santos, Francescano Cappuccino, finora provinciale
della Provincia dei Cappuccini di São Paulo. Il nuovo
presule, 50 anni, è entrato nel suo ordine
religioso nel 1976. Ha compiuto in patria gli studi di filosofia di teologia,
quindi dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto, tra gli altri, gli incarichi di
parroco, di promotore vocazionale provinciale della Provincia cappuccina di São Paulo, di formatore e docente in varie case di
formazione della sua famiglia religiosa.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – “Nulla può giustificare lo spargimento
di sangue innocente”: Benedetto XVI all’udienza generale in Piazza San Pietro
invita tutti a continuare a pregare per la cara e martoriata regione. Catechesi
speciale del Papa per il pellegrinaggio europeo dei ministranti. Il cordoglio
del Pontefice per la morte del cardinale Willebrands.
Divampa sempre più la guerra in Libano: Israele intensifica le operazioni.
Servizio vaticano - A vent’anni dalla morte di padre
Discepoli
Servizio estero - Medio
Oriente: secondo i dati UNICEF, duecento bambini uccisi nell’offensiva; Annan chiede l’invio di una forza internazionale: Francia e
Stati Uniti non trovano ancora un’intesa. Iraq: una serie di attacchi e di attentati
insanguinano diverse città del Paese. Nucleare: Ahmadinejad
afferma che l’Iran non rinuncerà all’arricchimento dell’Uranio. Atlante geopolitico: Perù, Garcia, una
sfida a favore dei più poveri.
Servizio culturale - gli atti del convegno genovese
su Newman e Rosmini
Servizio italiano - Incidenti sul lavoro: un morto
e un ferito nel bresciano. Manovra
bis: l’Esecutivo pone e vota la fiducia per la settima volta in due mesi; CSM:
Mancino eletto vicepresidente.
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2 agosto 2006
ASSISI CELEBRA LA FESTA DEL PERDONO
- Ai
nostri microfoni il cardinale Attilio Nicora -
Assisi al centro di numerose iniziative e celebrazioni per
l’odierna solennità del Perdono, nella festa della Dedicazione della Porziuncola. Ricordiamo che oggi è possibile ottenere
l’indulgenza plenaria: occorre la Confessione sacramentale – che può essere fatta
anche negli otto giorni seguenti alla festa –, la partecipazione alla Messa e
la Comunione eucaristica in una chiesa francescana o in una qualunque
parrocchia, la recita del Padre Nostro, del Credo e di una preghiera secondo le
intenzioni del Papa. Stamani, alla Porziuncola, una
Messa solenne è stata presieduta dal Legato Pontificio della Basilica Patriarcale,
il cardinale Attilio Nicora, al termine
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R. – E’ la celebrazione di un aspetto fondamentale del
messaggio cristiano: il perdono di Dio che ci è dato in Gesù crocifisso,
fondamentale nel messaggio cristiano perché da una parte sottolinea la
consapevolezza che noi siamo sotto la presa del mistero del male se Dio non
interviene; e dall’altra parte, perché annuncia con gioia che Dio è
intervenuto, che ci riscatta dalla schiavitù del peccato e da un destino di
morte senza ritorno, che ci apre alla possibilità di essere
nuovi. Tutto questo lo fa non domandandoci dei riti esteriori o degli
adempimenti formali, ma domandandoci di aprire il cuore e di lasciarlo pervadere
dalla grazia dell’amore crocifisso del suo Figlio e quindi un perdono che
diventa cambiamento del cuore, in vista del cambiamento della vita.
D. – Cosa non è il perdono cristiano?
R. – Una semplice copertura formale o nel senso del far
finta di niente o nel senso di far dipendere il perdono stesso dal pagamento di
un prezzo, dall’adempimento di una qualche cosa. Così non può essere certamente
inteso il perdono in senso cristiano. Il perdono deve essere inteso anzitutto
come cosa seria e drammatica, perché fa riferimento alla realtà del peccato che
c’è nella nostra vita, almeno all’origine, poi il Battesimo che è la prima
grande forma del perdono ce ne libera, ma possiamo ricaderci; dall’altra parte
perché mette in gioco un cambiamento interiore, non è esteriore, non è
un’imputazione esterna di una giustizia formale, ma è l’accoglienza di una
grazia di Dio che ci riscatta dal profondo del cuore e ci fa figli e quindi ci
abilita a vivere da figli in Gesù.
D. – Perché è così difficile perdonare?
R. – Perché il nostro orgoglio ci rende difficile
comprendere che se Dio si comportasse con noi come noi
pretendiamo di comportarci con gli altri, noi per primi saremmo irrimediabilmente
condannati. Non abbiamo l’umiltà di riconoscerci che noi per primi abbiamo ricevuto
grazia, siamo stati graziati. Pensiamo di poterci mettere in qualche modo al posto
di Dio, considerandoci giusti, pretendendo quindi dagli altri delle riparazioni
o dei riconoscimenti che premiano il nostro orgoglio ferito. Tutto questo è
radicalmente fuori dalla logica di Dio, il quale mette
la sua gioia non nell’inchiodare l’altro al male compiuto, ma nel vederlo
finalmente liberato e capace di camminare di nuovo in avanti nella speranza.
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A 450
ANNI DALLA MORTE DI
SANT’IGNAZIO DI LOYOLA
-
Intervista con padre Peter-Hans Kolvenbach
-
Due giorni dopo la memoria di Sant’Ignazio di Loyola i
gesuiti ricordano oggi il beato Pietro Favre, uno dei
co-fondatori della Compagnia di Gesù e primo
sacerdote gesuita. Nato nella Savoia nel 1506 è morto a soli 41 anni, stremato
dalla fatica, dopo aver diffuso in Europa il nuovo Ordine religioso, noncurante
delle sue cattive condizioni di salute. Una tenacia apostolica che lo accomunava allo stesso Ignazio di Loyola, ricordato lunedì
scorso dal preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Peter-Hans Kolvenbach, durante
l’omelia nella Chiesa del Gesù a Roma a 450 anni dalla morte del Santo. Ma
quali sono i punti nodali dell’opera del gesuiti,
oggi, e quali gli obiettivi che si pone? Padre Eberhard
von Gemmingen lo ha chiesto
allo stesso padre Kolvenbach:
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R. – Sein Eifer,
den Menschen zu helfen, hatte Ignatius zum Aufbau …
Il suo grande desiderio di aiutare le persone aveva
indotto Ignazio ad istituire un apostolato dell’istruzione. Ma anche la
sensibilità di Ignazio nei riguardi dei problemi sociali rappresenta ancora
oggi un impegno per
D. – In
quali Paesi del mondo i gesuiti stanno meglio, sia pur relativamente, in quanto
a diffusione e a crescita spirituale?
R. – Heutzutage
gibt es in der gesellschaft jesu …
Oggi nella Compagnia di Gesù ci sono ancora 897 novizi, e
di questo siamo profondamente grati. Ma le cifre riguardo alla crescita nei
diversi Paesi dipendono da tanti fattori che sono in parte di ordine religioso ma in parte sono da ricondurre a circostanze
sociali. Una società vecchia con pochi giovani produrrà, in termini numerici,
meno vocazioni di una società la cui età media è inferiore ai 30 anni.
Considerato a vasto raggio, le province indiane ed africane hanno sicuramente
una crescita maggiore. Soprattutto in Indonesia ci sono molte vocazioni, nelle
Filippine e in Corea e negli ultimi anni anche in Vietnam. Per quanto riguarda
l’Europa, è sicuramente il Portogallo il Paese con il maggior numero di nuove
vocazioni, seguito dalle due province polacche.
D. – Quali sono i punti forti che
R. – Die von den einzelnen Provinzen gesetzten Arzente
sind sehr mannigfaltig. …
I punti forti variano ampiamente tra le singole province.
Pellegrinaggi e manifestazioni culturali, relazioni sulla storia e la
spiritualità della Compagnia, concerti con musiche tratte dalle “Riduzioni”
realizzate dai gesuiti in Paraguay, mostre ed esercizi spirituali sulle tracce
di Ignazio, pubblicazioni e celebrazioni eucaristiche, ma anche manifestazioni
sportive per i nostri alunni, come qui in Italia. Accanto a queste attività
volte all’esterno, però, in questo anno giubilare si tratta soprattutto di
curare il rinnovamento interiore dei gesuiti e dell’intera famiglia ignaziana.
A questo scopo sono stati organizzati convegni sugli esercizi spirituali e
sulle costituzioni, esercizi spirituali praticati insieme e giorni di ritiro
spirituale. Da ricordare
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OGGI AL VIA IL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI
LOCARNO
- Ai
nostri microfoni Frédéric Maire
e Tiziana Finzi -
Si inaugura questa sera in Svizzera la 59.ma edizione del Festival Internazionale del Film di Locarno, in programma fino al 12 agosto, con le
tradizionali sezioni, i grandi film in Piazza Grande e il nuovo concorso
dedicato ai “Cineasti del presente”, a conferma del ruolo che la manifestazione
assegna al cinema: non solo momento di spettacolo, ma di riflessione e
dibattito. Il servizio di Luca Pellegrini:
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Confermare l’identità storica del Festival in quanto
spazio di scoperta e di libertà; forgiare nuovi ambiti, proporre nuovi
percorsi, incoraggiare la curiosità intellettuale dello spettatore, che a Locarno è giovane, cinefilo,
esigente. Sono tanti, e non solo questi, i motivi che fanno della
edizione 2006 del Festival cinematografico svizzero un momento di particolare
interesse, luogo deputato nel divenire crocevia cinematografico d’Europa e autentico
giro del mondo alla scoperta di opere scelte con cura, innovative sul piano
formale e significative di nuove tendenze e percorsi artistici. Insomma, molta
vitalità ed entusiasmo, che hanno animato il lavoro del nuovo Direttore
Artistico del Festival, Frédéric Maire,
al quale abbiamo chiesto quali sono state le basi sulle quali ha voluto
forgiare il programma del Festival locarnese:
“Penso che nell’insieme del lavoro
di gruppo, che abbiamo voluto creare, la riflessione che era al centro,
appunto, era quella di dire: il Festival di Locarno
deve ricentrarsi essenzialmente sul cinema, solo il
cinema e tutto il cinema: sarebbe a dire il cinema senza nessuna eccezione. Avremo, quindi, nel cartellone
di quest’anno anche dei film di genere, dei film molto sperimentali e dei film
provenienti da tutti i Paesi. Con solo il
cinema si vuol intendere dire che il film è al centro del Festival”.
Tiziana Finzi è la responsabile
della programmazione del Festival. Quale l’aspetto preciso del suo lavoro per Locarno?
“L’aspetto è molto bello, perché unisce un approfondimento
della cultura in generale e di essere a confronto con società e mondi così diversi, ma accomunati dall’immagine in movimento, dal
cinema, dalla voglia di oltrepassare qualsiasi frontiera e confrontarsi, tutti
insieme, su una grande piazza, nelle sale che abbiamo a disposizione, in
un’atmosfera locarnese, che da sempre è nota nel
mondo per essere assolutamente aperta all’interscambio culturale e a livello
globale”.
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2 agosto 2006
PREOCCUPAZIONE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI INGHILTERRA E DEL GALLES
CIRCA
L’INTENZIONE DI AMNESTY INTERNATIONAL DI ABBANDONARE LA SUA POSIZIONE NEUTRALE
IN MATERIA DI ABORTO: “UN SIMILE CAMBIAMENTO DI POLITICA
–
AFFERMANO I VESCOVI – COMPROMETTEREBBE L’IMMAGINE DELL’ORGANIZZAZIONE”
- A cura di Roberta Moretti -
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LONDRA. = Anche la Chiesa anglo-gallese è preoccupata per
la proposta avanzata dai vertici di Amnesty international di inserire nella sua agenda il diritto di abortire. Come è noto, l’organizzazione per i diritti umani ha iniziato a consultare i propri
membri per capire se abbandonare la posizione neutrale sull’aborto e iniziare a
fare pressione sui Paesi che lo considerano un crimine. In una dichiarazione
diffusa ieri, la Conferenza
episcopale dell’Inghilterra e del Galles chiede ad Amnesty international di
mantenere la propria neutralità. “Qualsiasi campagna
di ampio respiro per proteggere gli esseri umani – si legge nella nota - deve
includere un forte impegno nella tutela dei diritti umani del bambino non nato,
l’essere umano più indifeso”. Secondo i presuli, appoggiare la rimozione
di tali diritti “non è coerente con i valori di fondo di Amnesty”.
“Un simile cambiamento di politica – precisano – comprometterebbe, agli occhi
di molti, l’immagine dell’organizzazione quale paladina dei diritti umani e
dividerebbe quasi sicuramente i suoi membri”, minando “il lavoro vitale per il
quale l’organizzazione è stata fondata ed è giustamente rinomata”. “Al
centro del lavoro di Amnesty – ricorda la Conferenza
episcopale dell’Inghilterra e del Galles - c’è sempre stata una particolare
attenzione per i più vulnerabili. Una sollecitudine condivisa dalla Chiesa”,
che ha sempre apprezzato il ruolo da essa svolto nelle
campagne “per il rispetto e la protezione dei diritti umani di ogni uomo, donna
e bambino”. “Se vuole estendere la sua missione – concludono quindi i vescovi
inglesi e gallesi – la esortiamo a includere i non nati per restare fedele alla
sua visione originaria”.
Fondata nel 1961 e con sede a Londra, Amnesty international annovera tra i suoi membri anche numerosi
cattolici. Un’adesione che, come ha confermato il vescovo di East Anglia, Michael
Charles Evans, sarebbe
sicuramente compromessa, se l’organizzazione dovesse perseverare sulla nuova
linea.
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“UNO
STRATAGEMMA AMMINISTRATIVO PER SNATURARE LA
LEGGE 40, SCAVALCANDO IL PARLAMENTO E CALPESTANDO LA DEMOCRAZIA”: COSI’,
L’OSSERVATORE ROMANO HA COMMENTATO OGGI LA DECISIONE DEL MINISTRO DELLA SALUTE
ITALIANO, LIVIA
TURCO,
DI REVISIONARE LE “LINEE GUIDA” DELLA LEGGE SULLA PROCREAZIONE
ASSISTITA,
RIMASTA INVARIATA DOPO IL REFERENDUM DELLO SCORSO ANNO
ROMA. = “Il governo ancora una volta sembra aver scelto di
aprire una dura offensiva nel campo della bioetica, inaugurando una strategia
interventista mai praticata prima d’ora dal potere esecutivo, neppure ai tempi
del divorzio e dell’aborto, quando la DC scendeva in
campo come partito e mai come forza di governo”: questo, il commento
dell’Osservatore Romano di oggi in merito alla decisione del ministro della
Salute italiano, Livia Turco, di incaricare Maura Cossutta,
deputato dei Comunisti italiani nella passata legislatura, per la revisione
delle “Linee guida” della Legge 40 sulla procreazione assistita, rimasta
invariata dopo il referendum dello scorso anno. Un’iniziativa contestata sia da
settori del centrodestra che del centrosinistra, definita dall’Osservatore
Romano uno “stratagemma amministrativo” per “snaturare, stravolgere, quindi
peggiorare la Legge 40, scavalcando il Parlamento e calpestando la democrazia”.
“Il ministro della Salute – afferma il quotidiano
vaticano – invece di tentare di modificare surrettiziamente la legge 40,
dovrebbe adoperarsi perché sia attuata, per quanto possibile, nella sua
interezza e fedelmente applicata”. “D’altra parte – conclude – la scelta,
ideologica, del ministro Turco è comunque in perfetta coerenza con il ritiro,
in sede UE, del sostegno dell’Italia alla dichiarazione etica riguardante la ricerca
sulle cellule staminali embrionali”. (R.M.)
PRIMO
INCONTRO ECUMENICO, OGGI A BANGALORE, IN INDIA, DEGLI INDIANI
DI RELIGIONE
CRISTIANA “PERSEGUITATI” A CAUSA DELLA LORO FEDE. TEMA DELL’INIZIATIVA: “LE
SPINE… E UNA CORONA”
BANGALORE. = “Le spine… e una corona” è
il tema del primo Incontro ecumenico “di preghiera e denuncia”, promosso oggi a Bangalore, in
India, dagli abitanti di religione cristiana “perseguitati” a causa della loro
fede. Fra i partecipanti, sette vedove che hanno perso il marito perché
cristiano e oltre 150 pastori che sono stati, o sono tuttora, perseguitati a
causa del cristianesimo. “E’ attraverso il sangue dei martiri – ha detto
all’agenzia AsiaNews
il presidente del Consiglio dei cristiani indiani, Sajan
George – che l’India è stata evangelizzata, e questo
è il nostro prezioso patrimonio. San Tommaso – ha aggiunto – Apostolo che ha
portato qui il Vangelo, ha trovato la morte in India: seguendo il suo esempio,
viviamo nella speranza aspettando la resurrezione, sicuri che il sangue versato
dai martiri non è caduto invano”. “Questo incontro – ha precisato George – è il primo del suo genere nella storia dei
cristiani di qui. Vogliamo arrivare a creare una rete di incoraggiamento e di
assistenza pratica alle vittime della persecuzione ed alle loro famiglie.
Speriamo e preghiamo – conclude – affinché tramite la nostra preghiera la
nostra fede possa rinascere e rigenerarsi”. (R.M.)
I VESCOVI MESSICANI IN APPRENSIONE PER LA CRESCITA
DELLA TENSIONE POLITICA NEL PAESE IN SEGUITO ALLE PRESIDENZIALI DELLO SCORSO 2
LUGLIO. IERI, IMPONENTE MANIFESTAZIONE A CITTA’ DEL MESSICO A SOSTEGNO DEL
CANDIDATO SCONFITTO, LOPEZ OBRADOR, CHE CHIEDE IL RICONTEGGIO DELLE SCHEDE
ELETTORALI
- A cura di Luis Badilla -
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CITTA’ DEL MESSICO. = Ieri, a Città del
Messico, migliaia di sostenitori di Andres Lopez Obrador, il candidato di
sinistra sconfitto alle elezioni presidenziali del 2 luglio, secondo il primo
verdetto del tribunale elettorale, hanno preso il controllo della storica
Piazza “El Zocalo” e di
alcune delle più importanti vie d’accesso al centro della capitale. Sotto gli occhi
della polizia, che non è intervenuta, sono stati organizzati comizi e
discussioni. I dimostranti chiedono che siano ricontate una per una le schede che hanno assegnato la vittoria di stretta
misura al conservatore Felipe Calderon.
Il leader del partito di Azione Nazionale ha battuto l’esponente del partito
della Rivoluzione Democratica per soli 244 mila voti, pari allo 0,58 per cento.
Ieri, Lopez Obrador si è
messo alla testa di una grande marcia. Intanto, sempre ieri si è svolta la
prima Giornata di
preghiera per la riconciliazione, la concordia e la pace, indetta dai vescovi
del Messico dopo le presidenziali. La Conferenza episcopale del Paese aveva
raccomandato di intensificare la preghiera durante l’intero periodo, con la
partecipazione alla Santa Messa, ad una speciale “Ora Santa”, a momenti di
adorazione eucaristica e alla preghiera del Rosario. “Uomini e donne, tutti
siamo chiamati a cercare e costruire la pace e dunque ciascuno deve essere
capace di dialogare e di vivere nella concordia”, affermano i presuli
messicani, che manifestano preoccupazione per ogni “condotta intollerante e
intransigente, nonché per ogni mancanza di rispetto dell’altro”. Poi, con
riferimento specifico ad alcuni fatti di ieri, tramite un comunicato stampa i
vescovi criticano i blocchi stradali contrari al “diritto costituzionale che
garantisce il libero transito delle persone”. I vescovi si dichiarano perplessi
di fronte al fatto che il candidato Lopez Obrador non abbia “mantenuto l’impegno di evitare che le
sue manifestazioni potessero danneggiare terzi e di voler ora risolvere in
strada ciò che deve decidere il tribunale elettorale che è, tra altro, un
organismo del potere giudiziario”. Prima di concludere, riconoscendo al
candidato conservatore, Felipe Calderon,
“maturità politica e rispetto della legge e delle istituzioni”, il comunicato
ricorda ancora una volta che “i messicani rifiutano la violenza verbale e
fisica e vogliono la pace e la riconciliazione”.
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ASSEGNATO
A MANILA IL PREMIO “RAMON MAGSAYSAY”, CONSIDERATO IL
NOBEL
PER LA
PACE DELL’ASIA. TRA GLI INSIGNITI, ANCHE L’INGEGNIERE CAMBOGIANO
CHE HA
COSTRUITO LA RETE IDRICA PER L’ACQUA POTABILE A PHNOM PENH
MANILA. = Sono sei i cittadini insigniti quest’anno a
Manila, nelle Filippine, con il prestigioso premio “Ramon Magsaysay”,
considerato il “Nobel per la Pace” dell’Asia. Il riconoscimento viene assegnato dal 1957 a cittadini e associazioni che
operano in Asia, distintisi per la dedizione alle proprie comunità nel segno
della pace e dell’armonia sociale. Come riporta l’agenzia MISNA, tra i premiati
di quest’anno c’è Antonio Meleto, direttore dell’associazione filippina “Gawad Kalinga”, che ha costruito
nuove case per 40 mila famiglie colpite da disastri naturali, grazie alla
raccolta di fondi tra i suoi connazionali all’estero. Viene dalle Filippine
anche Eugenia Apostol, già editore della rivista Mr&Ms, premiata per il contribuito dato alla formazione
di una coscienza civile durante gli anni della dittatura di Marcos.
Il gruppo dei premiati continua con il dottor Sanduk Ruit, che ha aperto un centro di chirurgia oftalmica in
Nepal. L’indiano, Arvid Kejriwal,
ha invece organizzato una rete civica contro la corruzione dei funzionari
pubblici, mentre il sudcoreano, Park Won Soon, è il fondatore di
un’associazione di cittadini per la giustizia sociale oggi
molto attiva. Anche fare bene il proprio lavoro nei servizi pubblici può
valere il riconoscimento, come nel caso dell’ingegnere cambogiano, Ek Sonn Chann,
che ha costruito la rete idrica per l’acqua potabile a Phnom
Penh. Il premio “Ramon Magsaysay”
venne istituito alla memoria del terzo presidente
delle Filippine, una delle figure più amate della storia del Paese, nell’anno
in cui morì in un incidente aereo. Il premio, che consiste in una medaglia commemorativa e 50 mila dollari, sarà
consegnato in una cerimonia a Manila il 31 agosto. (R.M.)
MISTERIOSAMENTE SCOMPARSI, DAL
MUSEO RUSSO DELL’ERMITAGE A SAN PIETROBURGO, 221 PEZZI PER UN VALORE DI OLTRE
CINQUE MILIONI DI DOLLARI
SAN PIETROBURGO. = Giallo all’Ermitage: 221 pezzi – per lo più
gioielli e oggetti smaltati di produzione russa per un valore di oltre cinque
milioni di dollari – sono misteriosamente scomparsi dai depositi del celebre
museo di San Pietroburgo, in Russia. Non è chiaro
quando e come siano stati compiuti i furti, per i quali è stata aperta
un’inchiesta penale: per decenni, l’Ermitage non ha
proceduto ad un rigoroso e complessivo inventario dei suoi immensi tesori. I
pezzi volatilizzati potrebbero essere stati sottratti ancora in piena epoca
sovietica, benché appaia molto più probabile che il
furto sia avvenuto dopo il crollo dell’URSS, nel 1991, su commissione. “Può
essere successo nel corso degli ultimi trent’anni –
ha dichiarato ieri un portavoce della polizia di San Pietroburgo
– perché soltanto 19 dei 221 pezzi scomparsi fanno capo ad un curatore ancora
in vita”. Ma il mistero si infittisce: sembra che la curatrice responsabile
della maggior parte dei pezzi scomparsi sia morta all’improvviso sul lavoro per
un infarto, subito dopo l’inizio dell’inventario. La direzione dell’Ermitage ha dichiarato di “non avere dubbi” sul fatto che
in questo “affare dai risvolti strani” siano coinvolti dipendenti del museo. Da
parte sua, la Rosokhrankultura, agenzia federale
preposta al controllo dei musei russi, ha attivato un’inchiesta sui sistemi di
sicurezza dell’Ermitage. “Purtroppo – ha dichiarato
Boris Boriaskov, direttore dell’agenzia – non è la
prima volta che pezzi e documenti di grande importanza storica e culturale
vanno persi in musei e archivi”. (R.M.)
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2 agosto 2006
- A cura
di Amedeo Lomonaco e Roberta Moretti -
Israele, dopo la sospensione dei
raid aerei di 48 ore, ha ripreso i bombardamenti sul Libano: almeno 10 civili,
10 guerriglieri Hezbollah e tre soldati libanesi sono
rimasti uccisi in seguito agli ultimi attacchi. Oltre 100 razzi sono stati
lanciati, poi, da guerriglieri sciiti verso lo Stato ebraico. Sul versante
politico, intanto, il premier israeliano, Ehud Olmert, ha detto che il conflitto cesserà solo quando verrà dislocata una forza multinazionale nel sud
del Paese dei cedri. Il nostro servizio:
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Nuove operazioni militari
israeliane si sono diramate oggi, nel sud del Libano, lungo diverse direttrici
e attraverso incursioni di terra appoggiate da raid aerei. Pesanti
bombardamenti si sono succeduti a sud di Tiro e, durante uno di questi attacchi,
sono rimasti uccisi almeno dieci civili. L’esercito
israeliano ha riferito, inoltre, che dieci guerriglieri Hezbollah
sono morti e che altri 5 sono stati catturati. Tre soldati libanesi sono
rimasti uccisi, poi, in seguito ad un attacco dell’aviazione israeliana contro
una base militare libanese. Sono anche stati distrutti due ponti nella regione
di Ankar, al confine con la Siria. Sull’altro fronte,
diverse decine di razzi lanciati da guerriglieri Hezbollah hanno colpito il nord di Israele e diverse località
della Galilea, provocando la morte di un civile ed il ferimento di almeno 14
persone. Un razzo ha anche raggiunto una cittadina israeliana a circa 70
chilometri dal confine libanese.
Il governo israeliano ha
dichiarato, tuttavia, che gran parte delle infrastrutture e delle postazioni
dei guerriglieri sciiti sono state distrutte e annunciato
risultati decisivi: “Se anche l’offensiva finisse adesso – ha detto ieri
il premier, Ehud Olmert –
potremmo dire senza esitazione che il volto del Medio Oriente è stato
cambiato”. Ma verso lo Stato ebraico continuano a soffiare venti minacciosi: la
guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha
lanciato un appello ai musulmani affinché resistano ad Israele, definito “lupo
selvaggio del sionismo”, e alle “aggressioni” degli Stati Uniti, denominati “il
grande Satana”. E il leader radicale sciita iracheno, Moqtada
Al Sadr, ha auspicato, per venerdì prossimo a
Baghdad, “una manifestazione di oltre un milione” di persone in segno di
solidarietà con gli Hezbollah. A Bruxelles, intanto,
i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno chiesto la fine immediata delle ostilità, per
poi poter trovare l’accordo su un cessate-il-fuoco
“sostenibile”. Il primo ministro israeliano Olmert
ha precisato, stamani, che il conflitto cesserà solo quando
verrà dislocata una forza multinazionale. Ma sui tempi per arrivare ad una tregua si alternano diverse
previsioni. Il segretario di Stato americano, Condoleezza
Rice, ha dichiarato che un cessate il fuoco tra
Israele e il movimento sciita libanese degli Hezbollah
è questione di giorni. Secondo il vice premier israeliano Shimon
Peres, che ieri sera ha incontrato a Washington la
signora Rice, la campagna militare dello Stato
ebraico durerà ancora alcune settimane.
E’ certo, invece, che le
operazioni militari continuano a rendere sempre più pesante il bilancio delle
vittime: secondo l’UNICEF, i morti in Libano dall’inizio
dell’offensiva israeliana, sono almeno 600. Tra questi, più di 200 sono
bambini. L’agenzia dell’ONU ha anche lanciato un appello per non dimenticare la
crisi umanitaria di Gaza: da gennaio, 63 minori sono stati
uccisi durante raid e scontri nei Territori Palestinesi. La Caritas e Medici
Senza Frontiere denunciano, inoltre, che i corridoi umanitari in Libano non
sono operativi. Infine, i
rappresentanti religiosi musulmani e cristiani libanesi, tra cui il capo della
Chiesa maronita, il patriarca Nasrallah Sfeir, si sono riuniti ieri per chiedere che il Libano del
sud sia sotto l’egida dello Stato libanese. E’ stato ribadito che le armi
“dovrebbero essere soltanto nelle mani dello Stato”. I religiosi hanno inoltre
appoggiato il piano in 7 punti, presentato la settimana scorsa a Roma, dal
premier libanese Siniora. I partecipanti all’incontro
hanno poi stigmatizzato quelle che sono state definite “le aggressioni di
Israele” ed hanno chiesto alla comunità internazionale di imporre un cessate-il-fuoco immediato.
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Resta tesa la situazione in Iraq, all’indomani dell’ondata di
violenza che ha provocato la morte di circa 60 persone in diversi attentati e
il sequestro di 45 civili sciiti nei pressi di Ramadi,
roccaforte della guerriglia sunnita. E’ di almeno 9
morti il bilancio delle violenze della mattinata, tre dei quali hanno perso la
vita a causa di un triplice attacco dinamitardo in una piazza nel centro di
Baghdad. Nei pressi di Baghdad, sono stai trovati, poi, tredici cadaveri. Sempre nella capitale, sconvolta nelle ultime settimane da un forte incremento delle
violenze tra sciiti e sunniti, migliaia
di persone appartenenti ai comitati popolari sciiti sono scese in piazza
chiedendo di contrastare i terroristi e i fedeli di Saddam Hussein, in massima parte
di fede sunnita. Da segnalare, infine, l’uccisione di
un soldato americano nella provincia occidentale di al-Anbar
e di un poliziotto iracheno a Mosul, nel nord.
Si continua a combattere anche in Afghanistan. Ieri, 18
guerriglieri talebani e un poliziotto sono rimasti uccisi in diversi raid aerei
delle forze afghane e internazionali nella provincia
meridionale di Helmand. Ne da’ notizia, oggi, la
polizia locale. Sempre ieri, tre soldati britannici hanno perso la vita e altri
quattro sono rimasti gravemente feriti duranti combattimenti nel nord di Helmand. Sono le prime vittime delle
nuove forze NATO, stabilitesi ieri nel sud del Paese.
Potrebbero essere diecimila i morti o i dispersi nelle inondazioni
che hanno investito la Corea del Nord dopo due settimane di piogge torrenziali,
iniziate lo scorso 10 luglio. Lo ha riferito l’organizzazione umanitaria sudcoreana “Buoni Amici”. Gli organi ufficiali di
informazione nordcoreani, pur definendo le
inondazioni le più gravi dell'ultimo secolo, parlano solo di alcune centinaia
di morti o dispersi.
In Thailandia, tre agenti di polizia
sono morti e migliaia di passeggeri sono rimasti bloccati per una bomba esplosa
vicino ad una linea ferroviaria. L’episodio è avvenuto nella provincia
meridionale di Pattani, vicina al confine della
Malaysia. Secondo la polizia, i responsabili dell’attentato sono militanti
islamici separatisti.
Tutto il mondo attento all’evoluzione delle condizioni di salute
del presidente cubano, Fidel Castro, ricoverato nei
giorni scorsi all’Avana per un’operazione gastro-intestinale. In un messaggio
diffuso ieri sera in televisione, il leader maximo fa sapere che la sua salute
è stabile. Qualunque sia l’evoluzione post-operatoria, sono in molti a ritenere
che ci si trovi di fronte ad una svolta per la storia di Cuba. Quali
cambiamenti ci si può attendere? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto a Roberto Da Rin, inviato all’Avana per
il Sole 24 Ore:
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R. – Questa è una svolta
epocale, indubbiamente. Detto questo, è tutto da discutere e da approfondire,
nel processo di transizione, perché comunque la classe politica cubana è
maturata all’interno di una logica anti-capitalistica. Quindi, certamente, ci
saranno dei cambiamenti. Però io credo che, nel breve termine, aspettarsi
stravolgimenti sia un errore. Comunque, la cosa pubblica sarà gestita da una
struttura molto efficiente nella sua farraginosità.
Questa sembra una contraddizione, ma non lo è. Certamente a Cuba c’è
corruzione, c’è un sistema politico ingessato. Ma, al tempo stesso, funziona
tutto bene, dal loro punto di vista; quindi non penso si possa pensare che il
passaggio di consegne possa comportare una liberalizzazione dell’economia, un
nuovo modello economico.
D. – E’ il momento, da parte
della comunità internazionale, di fare pressioni sul discorso dei diritti
umani. Cuba, più volte, è stata accusata di non osservare le prerogative
fondamentali della persona …
R. – Io credo che l’Unione
Europea, in questo momento, possa giocare un ruolo importante per varie
ragioni. Però, penso anche che nessuno abbia interesse a emulare, in qualche
modo, quel gioco che poi si è rivelato perdente, esercitato dagli Stati Uniti,
di contrapposizione o di pressioni. Non credo che sia il momento di forzare la
mano …
D. – C’è la possibilità che si riapra un dialogo con gli esuli?
R. – Tutto è possibile, però
pare che gli esuli abbiano in realtà, ormai, una vita a Miami. Un conto è
l’aspetto nostalgico, che poi diventa espressione di ‘anti-castrismo’ viscerale
ed un conto è la reale volontà di rientrare in patria. Ecco: qui, magari, un
rapporto si potrà modificare e intensificare, ma da qui a pensare al rientro,
non la vedo così facile!
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In Uganda, l’accordo di pace tra
i ribelli ugandesi dell'Esercito di Resistenza del
signore e il governo del presidente, Yoweri Museveni, potrebbe essere a portata di mano. Stando infatti al responsabile amministrativo del distretto di Gulu, Walter Ochola, il capo dei
famigerati ribelli, Joseph Kony,
avrebbe dichiarato un cessate-il-fuoco unilaterale
nei confronti delle autorità ugandesi. Altre fonti
ridimensionano le parole di Kony affermando, invece,
che il leader dei ribelli si sarebbe limitato a
chiedere al governo di Kampala un generico cessate-il-fuoco.
Il commento di Giulio Albanese, fondatore dell’Agenzia MISNA:
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"Premesso che le
popolazioni autoctone del Nord Uganda - in particolare l’etnia acholi, prostrata da ogni genere di vessazioni - invocano a
squarciagola un’intesa tra le parti, due potrebbero essere i possibili futuri
scenari. Il primo è quello di un accordo di pace tra ribelli e governativi –
nell’ambito della mediazione di Juba avviata dal vice
presidente sudanese Riak Machar
- lasciando inalterato il provvedimento giudiziario di cattura emesso dalla
Corte internazionale dell'Aja nei confronti di Kony e dei suo luogotenenti. Una
strategia politica, questa, che rischierebbe di tradursi in una sorta di pace a
metà, visto e considerato che il leader degli “olum”
(“erba”, così vengono chiamati ribelli in lingua acholi) sarebbe costretto a rimanere in uno stato di
clandestinità insieme con i suoi fedelissimi. La seconda ipotesi negoziale,
decisamente più complessa, soprattutto per le implicazioni giuridiche sul piano
internazionale, è quella di una sospensione del provvedimento della Corte che
potrebbe consentire a Kony di uscire allo scoperto
per firmare la pace e trovare riparo in un Paese disposto a concedergli
l'esilio. A pensarci bene questa seconda eventualità, qualora fosse ritenuta
viabile, potrebbe servire ad estirpare definitivamente la zizzania dalla
regione in attesa, in un futuro non necessariamente
lontano, di applicare nuovamente il provvedimento sulla falsariga di quanto è
successo recentemente con il presidente liberiano Charles
Taylor.
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Altri quattro ministri del governo ad interim somalo hanno
presentato, oggi, le dimissioni dopo che il primo ministro, Ali Mohamed Gedi, ha annunciato che,
su sua richiesta, sono stati rinviati di 15 giorni i colloqui di pace con gli
integralisti delle Corti Islamiche, che controllano Mogadiscio e gran parte del
Paese. Ieri, altri otto membri del governo avevano annunciato le dimissioni. La
settimana scorsa, avevano lasciato altri 18 alti esponenti del governo.
Intanto, il premier Gedi ha dato, ieri, una settimana
di tempo a tutti i cittadini di Baidoa, sede delle
istituzioni di transizione somale, occupata da giorni
da truppe etiopi, di consegnare tutte le armi.
Un
importante accordo di pace è stato stipulato ieri, in Angola, tra il governo e
il principale gruppo ribelle della Cabinda, regione del nord ricca di petrolio che da anni
rivendica la propria indipendenza. Con la firma del trattato, i guerriglieri
del Fronte di liberazione della Cabinda (FLEC) hanno
ottenuto uno statuto speciale di regione autonoma che da’ al governo locale
poteri generalmente esercitati da quello centrale. Tra questi, il diretto
controllo della produzione di greggio, che sostiene gran parte dell’economia
dell’Angola, e la possibilità di gestire alcuni settori dell’amministrazione.
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