RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 214  - Testo della trasmissione di mercoledì 2 agosto 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Alla prima udienza generale in Piazza San Pietro, dopo la sosta valdostana, Benedetto XVI implora nuovamente la cessazione delle violenze in Terra Santa, esortando ad ogni impegno la diplomazia internazionale. Affettuoso saluto del Papa ai 40 mila chierichetti presenti all’udienza per il pellegrinaggio europeo dei ministranti

 

E’ morto oggi il cardinale olandese Johannes Willebrands: aveva 96 anni. Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, il porporato è stato uno dei protagonisti dell’ecumenismo.  Il cordoglio del Papa

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Assisi celebra la Festa del Perdono: ce ne parla il cardinale Attilio Nicora, che ha presieduto la Messa oggi alla Porziuncola

 

L’impegno dei Gesuiti, oggi, a 450 anni dalla morte di Sant’Ignazio di Loyola: intervista con padre Peter-Hans Kolvenbach

 

Si inaugura questa sera in Svizzera la 59.ma edizione del Festival Internazionale del Film di Locarno: con noi, Frédéric Maire e Tiziana Finzi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Preoccupazione della Conferenza episcopale di Inghilterra e del Galles circa l’intenzione di Amnesty International di abbandonare la sua posizione neutrale in materia di aborto

 

“Uno stratagemma amministrativo per snaturare la legge 40, scavalcando il Parlamento e calpestando la democrazia”: così, l’Osservatore Romano ha commentato  la decisione del ministro italiano Livia Turco, di revisionare le “linee guida” della legge sulla procreazione assistita

 

Primo incontro ecumenico, oggi a Bangalore, in India, degli indiani di religione cristiana “perseguitati” a causa della loro fede

 

I vescovi messicani in apprensione per la crescita della tensione politica nel Paese in seguito alle presidenziali dello scorso 2 luglio

 

Assegnato a Manila il premio “Ramon Magsaysay”, considerato il Nobel per la pace dell’Asia

 

Misteriosamente scomparsi dal museo russo dell’Ermitage, a San Pietroburgo, 221 pezzi per un valore di oltre cinque milioni di dollari

 

24 ORE NEL MONDO:

Israele riprende i bombardamenti in Libano, causando decine di morti.  Hezbollah spara 170 razzi in territorio israeliano

 

In Uganda, il capo dei ribelli Joseph Kony sembra pronto ad un cessate-il-fuoco

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 agosto 2006

 

 

ALLA PRIMA UDIENZA GENERALE IN PIAZZA SAN PIETRO, DOPO LA SOSTA VALDOSTANA,BENEDETTO XVI IMPLORA NUOVAMENTE LA CESSAZIONE DELLE VIOLENZE IN TERRA SANTA, ESORTANDO AD OGNI IMPEGNO LA DIPLOMAZIA INTERNAZIONALE. AFFETTUOSO SALUTO DEL PAPA AI 40 MILA CHIERICHETTI PRESENTI ALL’UDIENZA PER IL PELLEGRINAGGIO EUROPEO DEI MINISTRANTI

 

Pace per la “cara e martoriata regione del Medio Oriente”, dalla quale giungono quotidianamente “immagini agghiaccianti” di morte. L’esclamazione di Benedetto XVI, dopo l’appello di domenica scorsa all’Angelus, ha avuto una nuova, forte eco questa mattina anche in Piazza San Pietro, durante la prima udienza generale dopo il soggiorno di Les Combes. L’appello, espresso con toni molto accorati, ha concluso l’udienza che il Papa aveva dedicato al pellegrinaggio europeo dei ministranti – più familiarmente chierichetti - ritratti dal Pontefice come giovani legati a Gesù da un’amicizia particolare, sull’esempio degli Apostoli. La cronaca  dell’udienza generale nel servizio di Alessandro De Carolis:

 

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Appena settantadue ore fa, la richiesta di Benedetto XVI di rinunciare alle armi, sottolineata con quell’avverbio perentorio e insieme implorante: “immediatamente”. Oggi, dalla ribalta di Piazza San Pietro, la nuova insistita richiesta del Papa: basta ostilità e violenze, basta con l’olocausto quotidiano che non risparmia nemmeno i bambini, ma si lasci ogni spazio alla mediazione internazionale, che restituisca un futuro sereno alla Terra Santa:

 

“I nostri occhi sono pieni delle agghiaccianti immagini dei corpi straziati di tante persone, soprattutto di bambini – penso, in particolare a Cana, in Libano.  Desidero ripetere che nulla può giustificare lo spargimento di sangue innocente, da qualunque parte esso venga!  Con il cuore colmo di afflizione, rinnovo ancora una volta un pressante appello all’immediata cessazione di tutte le ostilità e di tutte le violenze, mentre esorto la comunità internazionale e quanti sono coinvolti più direttamente in questa tragedia a porre al più presto le condizioni per una definitiva soluzione politica della crisi, capace di consegnare un avvenire più sereno e sicuro alle generazioni che verranno”. (applausi)

 

L’udienza generale era iniziata nel segno della festa e dell’allegria portate, sotto il sole un po’ velato e più sopportabile di Piazza San Pietro, dai circa 42 mila chierichetti di molti Paesi d’Europa, già a Roma da qualche giorno per partecipare al raduno europeo dei ministranti. Il loro responsabile, Martin Gatcher, ausiliare di Basel in Svizzera, ha presentato al Papa i giovani e la loro particolare esperienza di servizio all’altare. In essa, Benedetto XVI – indossando il foulard bianco dei ministranti e parlando in tedesco in omaggio ai circa 35 mila ministranti giunti dalla sola Germania - ha individuato il segno di un’amicizia particolare con Gesù, che dall’altare si dilata in tutti gli ambienti della vita: dalla famiglia alla scuola, nel segno del Vangelo:

 

LIEBE FREUNDE, IN WIRKLICHKEIT SEID IHR SCHON JETZT APOSTEL JESU!...

Cari amici, voi in realtà siete già apostoli di Gesù! Quando partecipate alla Liturgia svolgendo il vostro servizio all’altare, voi offrite a tutti una testimonianza. Il vostro atteggiamento raccolto, la vostra devozione che parte dal cuore e si esprime nei gesti, nel canto, nelle risposte, tutto questo è apostolato. E’ un vincolo di amicizia che ha la sua fonte e il suo culmine nell’Eucaristia. Voi siete molto vicini a Gesù Eucaristia, e questo è il più grande segno della sua amicizia per voi. Non dimenticatelo”.

 

Dopo averla interrotta per il suo soggiorno valdostano, Benedetto XVI ha ripreso oggi, almeno nello spirito, la sua catechesi sul rapporto tra gli Apostoli e la Chiesa per mettere in risalto come i chierichetti altro non siano che piccoli discepoli che Gesù, al pari dei suoi compagni, ha chiamato non “servi ma amici”. Un’amicizia sperimentata personalmente anche dal giovanissimo Jospeh Ratzinger, che nel 1935 iniziava come chierichetto “un lungo cammino”. Un ricordo personale che Benedetto XVI ha accompagnato, tra l’altro, ad una raccomandazione: quella di non prestare il servizio all’altare con “sciatteria”. Ascoltate piuttosto la voce di Gesù, ha ribadito ancora. “Ascoltatela con grande disponibilità, se vi chiama a donarvi senza riserve nella via del sacerdozio. Ascoltatela con fiducia qualunque sia la strada della vostra vocazione, perché Cristo vuole stabilire anche con voi un legame di amicizia”:

 

“L’amicizia con Gesù è il dono più bello della vita, e voi avete la gioia di rinnovarlo ogni volta che svolgete il vostro servizio nella liturgia. Rimanete sempre fedeli a questa amicizia, leggendo e meditando il Vangelo, nutrendovi dell’Eucaristia e fermandovi in adorazione davanti al Tabernacolo. Così diventerete veri discepoli del Signore, pronti a rispondere con gioia e fiducia alla sua vocazione, specialmente se vi inviterà a lasciare tutto per diventare con Lui ‘pescatori di uomini’. Cari ministranti, prego per voi, perché siate sempre amici ed apostoli di Gesù!”.

 

(musica)

        

Oltre al tedesco e all’italiano, il Papa ha salutato i giovani chierichetti in 11 lingue. Ed ha avuto un pensiero anche per i giovani partecipanti al Campionato mondiale di Twirling e per il gruppo che compie il pellegrinaggio in bicicletta da Lurago d'Erba a Gerusalemme, promosso dall'Opera Don Guanella. “Possa anche questa iniziativa - ha auspicato Benedetto XVI - contribuire alla causa della pace in Terra Santa, duramente provata dagli eventi bellici di questi giorni”.  Al termine, come di consueto, il Papa si è intrattenuto a lungo con i pellegrini in piazza, prima di fare ritorno a Castel Gandolfo.

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         Particolarmente calorosa, in Piazza San Pietro, l’accoglienza a Benedetto XVI da parte dei 42 mila ministranti. I chierichetti hanno accompagnato l’arrivo del Santo Padre con canti e applausi. Tra i ragazzi, c’era per noi Tiziana Campisi:

 

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(canto)

 

         Una festa di colori ha accolto in Piazza San Pietro il Papa. Bandiere e striscioni, per lo più tedeschi, testimoniavano il lungo pellegrinaggio di migliaia di chierichetti che hanno voluto manifestare calorosamente il loro affetto a Benedetto XVI. Hanno camminato per raggiungere la Tomba di San Pietro e per riflettere sulla sua testimonianza di fede e, nelle ore di viaggio per raggiungere Roma, si sono interrogati sul servizio che la domenica rendono all’altare. Ma lasciamoci raccontare da alcuni di loro le giornate dell’incontro internazionale che li hanno visti protagonisti:

 

R. – Sono stati due giorni intensissimi. E’ stato bello essere qua. Abbiamo potuto vivere questi momenti che ci hanno sicuramente rinnovato la fede e in questo modo abbiamo potuto anche rinnovare il nostro impegno di servire all’altare”.

 

 

R. – E’ stato bello venire a Roma. E’ la prima volta e questo mi ha insegnato a seguire di più Dio”.

 

R. – Sono state proprio bellissime queste giornate e significano molto per me”.

 

D. – Come hai vissuto questo pellegrinaggio verso Roma? E’ stato difficile, faticoso anche a causa del caldo?

 

R. – Sì, un po’ per il caldo sì. Però è stata un’esperienza molto bella e spero di tornare.

 

D. – C’è qualcosa che ti è rimasto particolarmente impresso di queste ore?

 

R. – Vedere il Papa, perché non lo avevo mai visto. Mi ha molto colpito.

 

D. – La tua esperienza, puoi raccontarla?

 

R. – E’ stato molto bello, perché mi ha dato anche dei buoni insegnamenti.

 

D. – Che cosa ha fatto fruttificare in te questa esperienza?

 

R. – Vado avanti e servo ancora di più Gesù.

 

D. – Cosa significa per te essere ministrante?

 

R. – Servire Dio, ascoltare la Parola di Dio.

 

R. – Servire Gesù.

 

         E ieri grande partecipazione anche alla Messa presieduta dall’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn in Piazza San Pietro. Il porporato ha incoraggiato i chierichetti ad aver fede nello Spirito Santo, di fronte alle difficoltà e in particolare di fronte a quanti criticano il loro servizio alla Chiesa: 

 

“Cari chierichetti, ministranti di tutta l’Europa, qui davanti alla Tomba dell’Apostolo Pietro, a cui Gesù ha affidato il suo gregge, vi dico, non come una mia idea, ma con la certezza della fede: voi non siete gli ultimi di una storia passata. Portate nel vostro cuore e nella vostra vita la speranza per il mondo; portate in voi Cristo e lo Spirito Santo”.

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È MORTO OGGI IL CARDINALE OLANDESE JOHANNES WILLEBRANDS: AVEVA 96 ANNI. PRESIDENTE EMERITO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL'UNITÀ

DEI CRISTIANI, IL PORPORATO È STATO UNO DEI PROTAGONISTI DELL’ECUMENISMO. 

IL CORDOGLIO DEL PAPA

 

         Lutto nella Chiesa cattolica: è morto stamane il cardinale olandese Johannes Willebrands: aveva 96 anni. Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, il porporato è stato uno dei protagonisti dell’ecumenismo. Benedetto XVI lo ricorda in due  telegrammi inviati al cardinale Adrianus Johannes Simonis, arcivescovo di Utrecht, e al cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani: il Papa, esprimendo il suo cordoglio, ringrazia il Signore “per questo pastore infaticabile al servizio del Popolo di Dio e dell’unità della Chiesa” che ha dato “un nuovo slancio al dialogo ecumenico”. Il servizio di Sergio Centofanti:

 

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         Nato a Bovenkarspel, nei Paesi Bassi, nel 1909, il cardinale Willebrands avrebbe compiuto 97 anni il 4 settembre prossimo. Ordinato sacerdote a 24 anni, ha compiuto gli studi presso la facoltà di Filosofia del Pontificio Ateneo Angelicum di Roma. Docente di Filosofia e poi rettore  del Seminario Maggiore di Warmond, in Olanda, mostra subito un vivo interesse per la causa dell'unione dei cristiani organizzando nel 1951  la conferenza cattolica per la questioni ecumeniche. Nel 1958 l'episcopato olandese lo designa delegato per le attività ecumeniche e due anni più tardi  Giovanni XXIII lo nomina segretario dell'appena costituito Segretariato per l'Unione dei Cristiani, che durante i lavori del Concilio Vaticano II s'occupò - sotto la guida del cardinale Bea - della preparazione dei documenti relativi all'ecumenismo, alla libertà religiosa e ai rapporti con le religioni non cristiane. Consacrato vescovo nel 1964,  promuove un gran numero di iniziative per rendere più intenso il dialogo tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese cristiane, contattando in particolare ortodossi, anglicani e luterani. Nell’aprile 1969 Paolo VI lo nomina presidente del Segretariato per l'Unione dei Cristiani creandolo poco dopo cardinale. Nel 1975 diventa arcivescovo di Utrecht e  Primate d'Olanda, continuando nello stesso tempo a presiedere il Segretariato per l'Unione dei Cristiani.  È stato presidente della Conferenza Episcopale Olandese e anche vicario castrense per i Paesi Bassi. Dal 1989 è presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. È stato anche Camerlengo del Collegio Cardinalizio.

 

         I funerali del cardinale Willebrands dovrebbero svolgersi l’8 agosto nella Cattedrale di Utrecht: a rappresentare il Papa ci sarà il cardinale Walter Kasper, attuale presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.

 

         Ma riascoltiamo la voce del cardinale Willebrands in una intervista rilasciata al programma tedesco della Radio Vaticana  nel 1989:

 

Die Liebe, die Christus von Petrus gefragt hat, beschränkt sich nicht …

“L’amore che Cristo ha chiesto a Pietro, non è circoscritto ad un gruppo, nemmeno alla Chiesa cattolica: tutti sono sue pecorelle. E per questo, l’amore è rivolto a tutti i cristiani, e questo amore chiede prima di tutto l’unità, perché è una grande sofferenza quando una famiglia è divisa. In questo spirito io ho inteso il mio nuovo compito e l’ho svolto con tutto il cuore e con tutte le forze – spirituali e materiali – che Dio mi ha dato; il Signore mi ha benedetto e Gli sono profondamente riconoscente per essersi servito così a lungo della mia opera per la Sua Chiesa”.

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         Con la morte del cardinale Willebrands il numero dei cardinali scende a 190, di cui 120 elettori e 70  non elettori.

 

 

 

 

RINUNCIA E NOMINA

 

In Brasile, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Paranaguá presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Alfredo Ernest Novak, dei Padri Redentoristi. Al suo posto, il Papa ha nominato padre João Alves dos Santos, Francescano Cappuccino, finora provinciale della Provincia dei Cappuccini di São Paulo. Il nuovo presule, 50 anni, è entrato nel suo ordine religioso nel 1976. Ha compiuto in patria gli studi di filosofia di teologia, quindi dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto, tra gli altri, gli incarichi di parroco, di promotore vocazionale provinciale della Provincia cappuccina di São Paulo, di formatore e docente in varie case di formazione della sua famiglia religiosa.

 

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina – “Nulla può giustificare lo spargimento di sangue innocente”: Benedetto XVI all’udienza generale in Piazza San Pietro invita tutti a continuare a pregare per la cara e martoriata regione. Catechesi speciale del Papa per il pellegrinaggio europeo dei ministranti. Il cordoglio del Pontefice per la morte del cardinale Willebrands. Divampa sempre più la guerra in Libano: Israele intensifica le operazioni.

 

Servizio vaticano - A vent’anni dalla morte di padre Discepoli

 

Servizio estero - Medio Oriente: secondo i dati UNICEF, duecento bambini uccisi nell’offensiva; Annan chiede l’invio di una forza internazionale: Francia e Stati Uniti non trovano ancora un’intesa. Iraq: una serie di attacchi e di attentati insanguinano diverse città del Paese. Nucleare: Ahmadinejad afferma che l’Iran non rinuncerà all’arricchimento dell’Uranio. Atlante geopolitico: Perù, Garcia, una sfida a favore dei più poveri.

 

Servizio culturale - gli atti del convegno genovese su Newman e Rosmini

 

Servizio italiano - Incidenti sul lavoro: un morto e un ferito nel bresciano. Manovra bis: l’Esecutivo pone e vota la fiducia per la settima volta in due mesi; CSM: Mancino eletto vicepresidente.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

2 agosto 2006

 

ASSISI CELEBRA LA FESTA DEL PERDONO

- Ai nostri microfoni il cardinale Attilio Nicora -

 

Assisi al centro di numerose iniziative e celebrazioni per l’odierna solennità del Perdono, nella festa della Dedicazione della Porziuncola. Ricordiamo che oggi è possibile ottenere l’indulgenza plenaria: occorre la Confessione sacramentale – che può essere fatta anche negli otto giorni seguenti alla festa –, la partecipazione alla Messa e la Comunione eucaristica in una chiesa francescana o in una qualunque parrocchia, la recita del Padre Nostro, del Credo e di una preghiera secondo le intenzioni del Papa. Stamani, alla Porziuncola, una Messa solenne è stata presieduta dal Legato Pontificio della Basilica Patriarcale, il cardinale Attilio Nicora, al termine la Supplica alla Madonna degli Angeli e il Canto dei Pellegrini. Nel pomeriggio, l’arrivo a Santa Maria degli Angeli dei partecipanti alla XXVI Marcia francescana, sul tema: “Illumina le tenebre del mio cuore”. Sarà, infine, la recita dei Secondi Vespri della solennità a chiudere le celebrazioni del 2006, primo anno di un percorso quadriennale con cui l’ordine dei Frati Minori si prepara a celebrare, nel 2009, l’VIII centenario di fondazione, con l’approvazione della “Protoregola”. Ma qual è il senso di questa solennità del Perdono di Assisi? Antonella Palermo lo ha chiesto allo stesso cardinale Attilio Nicora:

 

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R. – E’ la celebrazione di un aspetto fondamentale del messaggio cristiano: il perdono di Dio che ci è dato in Gesù crocifisso, fondamentale nel messaggio cristiano perché da una parte sottolinea la consapevolezza che noi siamo sotto la presa del mistero del male se Dio non interviene; e dall’altra parte, perché annuncia con gioia che Dio è intervenuto, che ci riscatta dalla schiavitù del peccato e da un destino di morte senza ritorno, che ci apre alla possibilità di essere nuovi. Tutto questo lo fa non domandandoci dei riti esteriori o degli adempimenti formali, ma domandandoci di aprire il cuore e di lasciarlo pervadere dalla grazia dell’amore crocifisso del suo Figlio e quindi un perdono che diventa cambiamento del cuore, in vista del cambiamento della vita.

 

D. – Cosa non è il perdono cristiano?

 

R. – Una semplice copertura formale o nel senso del far finta di niente o nel senso di far dipendere il perdono stesso dal pagamento di un prezzo, dall’adempimento di una qualche cosa. Così non può essere certamente inteso il perdono in senso cristiano. Il perdono deve essere inteso anzitutto come cosa seria e drammatica, perché fa riferimento alla realtà del peccato che c’è nella nostra vita, almeno all’origine, poi il Battesimo che è la prima grande forma del perdono ce ne libera, ma possiamo ricaderci; dall’altra parte perché mette in gioco un cambiamento interiore, non è esteriore, non è un’imputazione esterna di una giustizia formale, ma è l’accoglienza di una grazia di Dio che ci riscatta dal profondo del cuore e ci fa figli e quindi ci abilita a vivere da figli in Gesù.

 

D. – Perché è così difficile perdonare?

 

R. – Perché il nostro orgoglio ci rende difficile comprendere che se Dio si comportasse con noi come noi pretendiamo di comportarci con gli altri, noi per primi saremmo irrimediabilmente condannati. Non abbiamo l’umiltà di riconoscerci che noi per primi abbiamo ricevuto grazia, siamo stati graziati. Pensiamo di poterci mettere in qualche modo al posto di Dio, considerandoci giusti, pretendendo quindi dagli altri delle riparazioni o dei riconoscimenti che premiano il nostro orgoglio ferito. Tutto questo è radicalmente fuori dalla logica di Dio, il quale mette la sua gioia non nell’inchiodare l’altro al male compiuto, ma nel vederlo finalmente liberato e capace di camminare di nuovo in avanti nella speranza.

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L’IMPEGNO DEI GESUITI, OGGI,

A 450 ANNI DALLA MORTE  DI SANT’IGNAZIO DI LOYOLA

- Intervista con padre Peter-Hans Kolvenbach -

 

Due giorni dopo la memoria di Sant’Ignazio di Loyola i gesuiti ricordano oggi il beato Pietro Favre, uno dei co-fondatori della Compagnia di Gesù e primo sacerdote gesuita. Nato nella Savoia nel 1506 è morto a soli 41 anni, stremato dalla fatica, dopo aver diffuso in Europa il nuovo Ordine religioso, noncurante delle sue cattive condizioni di salute. Una tenacia apostolica che lo accomunava allo stesso Ignazio di Loyola, ricordato lunedì scorso dal preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Peter-Hans Kolvenbach, durante l’omelia nella Chiesa del Gesù a Roma a 450 anni dalla morte del Santo. Ma quali sono i punti nodali dell’opera del gesuiti, oggi, e quali gli obiettivi che si pone? Padre Eberhard von Gemmingen lo ha chiesto allo stesso padre Kolvenbach:

 

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R. – Sein Eifer, den Menschen zu helfen, hatte Ignatius zum Aufbau

Il suo grande desiderio di aiutare le persone aveva indotto Ignazio ad istituire un apostolato dell’istruzione. Ma anche la sensibilità di Ignazio nei riguardi dei problemi sociali rappresenta ancora oggi un impegno per la Compagnia di Gesù. Siamo sempre tenuti a trovare ogni via per testimoniare l’amore di Dio. Ovviamente,  450 anni dopo la morte di Ignazio il mondo è cambiato, ma i problemi e le necessità di fondo dell’uomo sono rimasti gli stessi. Ecco perché non stupisce che la Compagnia di Gesù sia impegnata oggi in ambiti simili a quelli in cui operava ai tempi di Ignazio. Così l’apostolato dell’istruzione è a tutt’oggi  uno dei più importanti campi del nostro impegno. E l’intervento attivo a favore dei poveri e degli emarginati rappresentano un compito ed una sfida costanti per la Compagnia di Gesù. Dobbiamo continuare a ricercare costantemente ogni modo per testimoniare in maniera credibile l’amore di Dio mediante il nostro impegno per la giustizia. L’attività missionaria, per la quale Francesco Saverio partì per le Indie, è ancora oggi un vasto campo d’azione nel quale l’Ordine vuole realizzare il proprio carisma. E in quanto a numero di gesuiti attivi in terre di missione, la Compagnia di Gesù è il maggiore Ordine missionario.

 

D. – In quali Paesi del mondo i gesuiti stanno meglio, sia pur relativamente, in quanto a diffusione e a crescita spirituale?

 

R. – Heutzutage gibt es in der gesellschaft jesu

Oggi nella Compagnia di Gesù ci sono ancora 897 novizi, e di questo siamo profondamente grati. Ma le cifre riguardo alla crescita nei diversi Paesi dipendono da tanti fattori che sono in parte di ordine religioso ma in parte sono da ricondurre a circostanze sociali. Una società vecchia con pochi giovani produrrà, in termini numerici, meno vocazioni di una società la cui età media è inferiore ai 30 anni. Considerato a vasto raggio, le province indiane ed africane hanno sicuramente una crescita maggiore. Soprattutto in Indonesia ci sono molte vocazioni, nelle Filippine e in Corea e negli ultimi anni anche in Vietnam. Per quanto riguarda l’Europa, è sicuramente il Portogallo il Paese con il maggior numero di nuove vocazioni, seguito dalle due province polacche.

 

D. – Quali sono i punti forti che la Compagnia di Gesù ha stabilito in questo anno giubilare?

 

R. – Die von den einzelnen Provinzen gesetzten Arzente sind sehr mannigfaltig. …

I punti forti variano ampiamente tra le singole province. Pellegrinaggi e manifestazioni culturali, relazioni sulla storia e la spiritualità della Compagnia, concerti con musiche tratte dalle “Riduzioni” realizzate dai gesuiti in Paraguay, mostre ed esercizi spirituali sulle tracce di Ignazio, pubblicazioni e celebrazioni eucaristiche, ma anche manifestazioni sportive per i nostri alunni, come qui in Italia. Accanto a queste attività volte all’esterno, però, in questo anno giubilare si tratta soprattutto di curare il rinnovamento interiore dei gesuiti e dell’intera famiglia ignaziana. A questo scopo sono stati organizzati convegni sugli esercizi spirituali e sulle costituzioni, esercizi spirituali praticati insieme e giorni di ritiro spirituale. Da ricordare la Messa del 22 aprile in San Pietro, con la quale abbiamo celebrato il nostro giubileo insieme al Santo Padre.

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OGGI AL VIA IL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI LOCARNO

- Ai nostri microfoni Frédéric Maire e Tiziana Finzi -

 

Si inaugura questa sera in Svizzera la 59.ma edizione del Festival Internazionale del Film di Locarno, in programma fino al 12 agosto, con le tradizionali sezioni, i grandi film in Piazza Grande e il nuovo concorso dedicato ai “Cineasti del presente”, a conferma del ruolo che la manifestazione assegna al cinema: non solo momento di spettacolo, ma di riflessione e dibattito. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

 

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Confermare l’identità storica del Festival in quanto spazio di scoperta e di libertà; forgiare nuovi ambiti, proporre nuovi percorsi, incoraggiare la curiosità intellettuale dello spettatore, che a Locarno è giovane, cinefilo, esigente. Sono tanti, e non solo questi, i motivi che fanno della edizione 2006 del Festival cinematografico svizzero un momento di particolare interesse, luogo deputato nel divenire crocevia cinematografico d’Europa e autentico giro del mondo alla scoperta di opere scelte con cura, innovative sul piano formale e significative di nuove tendenze e percorsi artistici. Insomma, molta vitalità ed entusiasmo, che hanno animato il lavoro del nuovo Direttore Artistico del Festival, Frédéric Maire, al quale abbiamo chiesto quali sono state le basi sulle quali ha voluto forgiare il programma del Festival locarnese:

 

“Penso che nell’insieme del lavoro di gruppo, che abbiamo voluto creare, la riflessione che era al centro, appunto, era quella di dire: il Festival di Locarno deve ricentrarsi essenzialmente sul cinema, solo il cinema e tutto il cinema: sarebbe a dire il cinema senza nessuna eccezione. Avremo, quindi, nel cartellone di quest’anno anche dei film di genere, dei film molto sperimentali e dei film provenienti da tutti i Paesi. Con solo il cinema si vuol intendere dire che il film è al centro del Festival”. 

 

Tiziana Finzi è la responsabile della programmazione del Festival. Quale l’aspetto preciso del suo lavoro per Locarno?

 

“L’aspetto è molto bello, perché unisce un approfondimento della cultura in generale e di essere a confronto con società e mondi così diversi, ma accomunati dall’immagine in movimento, dal cinema, dalla voglia di oltrepassare qualsiasi frontiera e confrontarsi, tutti insieme, su una grande piazza, nelle sale che abbiamo a disposizione, in un’atmosfera locarnese, che da sempre è nota nel mondo per essere assolutamente aperta all’interscambio culturale e a livello globale”.

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CHIESA E SOCIETA’

2 agosto 2006

 

 

PREOCCUPAZIONE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI INGHILTERRA E DEL GALLES

CIRCA L’INTENZIONE DI AMNESTY INTERNATIONAL DI ABBANDONARE LA SUA POSIZIONE NEUTRALE IN MATERIA DI ABORTO: “UN SIMILE CAMBIAMENTO DI POLITICA

– AFFERMANO I VESCOVI – COMPROMETTEREBBE L’IMMAGINE DELL’ORGANIZZAZIONE”

- A cura di Roberta Moretti -

 

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LONDRA. = Anche la Chiesa anglo-gallese è preoccupata per la proposta avanzata dai vertici di Amnesty international di inserire nella sua agenda il diritto di abortire. Come è noto, l’organizzazione per i diritti umani ha iniziato a consultare i propri membri per capire se abbandonare la posizione neutrale sull’aborto e iniziare a fare pressione sui Paesi che lo considerano un crimine. In una dichiarazione diffusa ieri, la Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles chiede ad Amnesty international di mantenere la propria neutralità. “Qualsiasi campagna di ampio respiro per proteggere gli esseri umani – si legge nella nota - deve includere un forte impegno nella tutela dei diritti umani del bambino non nato, l’essere umano più indifeso”.  Secondo i presuli, appoggiare la rimozione di tali diritti “non è coerente con i valori di fondo di Amnesty”. “Un simile cambiamento di politica – precisano – comprometterebbe, agli occhi di molti, l’immagine dell’organizzazione quale paladina dei diritti umani e dividerebbe quasi sicuramente i suoi membri”, minando “il lavoro vitale per il quale l’organizzazione è stata fondata ed è giustamente rinomata”. “Al centro del lavoro di Amnesty – ricorda la Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles - c’è sempre stata una particolare attenzione per i più vulnerabili. Una sollecitudine condivisa dalla Chiesa”, che ha sempre apprezzato il ruolo da essa svolto nelle campagne “per il rispetto e la protezione dei diritti umani di ogni uomo, donna e bambino”. “Se vuole estendere la sua missione – concludono quindi i vescovi inglesi e gallesi – la esortiamo a includere i non nati per restare fedele alla sua visione originaria”. Fondata nel 1961 e con sede a Londra, Amnesty international annovera tra i suoi membri anche numerosi cattolici. Un’adesione che, come ha confermato il vescovo di East Anglia, Michael Charles Evans, sarebbe sicuramente compromessa, se l’organizzazione dovesse perseverare sulla nuova linea.

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“UNO STRATAGEMMA AMMINISTRATIVO PER SNATURARE LA LEGGE 40, SCAVALCANDO IL PARLAMENTO E CALPESTANDO LA DEMOCRAZIA”: COSI’, L’OSSERVATORE ROMANO HA COMMENTATO OGGI LA DECISIONE DEL MINISTRO DELLA SALUTE ITALIANO, LIVIA

TURCO, DI REVISIONARE LE “LINEE GUIDA” DELLA LEGGE SULLA PROCREAZIONE

ASSISTITA, RIMASTA INVARIATA DOPO IL REFERENDUM DELLO SCORSO ANNO

 

ROMA. = “Il governo ancora una volta sembra aver scelto di aprire una dura offensiva nel campo della bioetica, inaugurando una strategia interventista mai praticata prima d’ora dal potere esecutivo, neppure ai tempi del divorzio e dell’aborto, quando la DC scendeva in campo come partito e mai come forza di governo”: questo, il commento dell’Osservatore Romano di oggi in merito alla decisione del ministro della Salute italiano, Livia Turco, di incaricare Maura Cossutta, deputato dei Comunisti italiani nella passata legislatura, per la revisione delle “Linee guida” della Legge 40 sulla procreazione assistita, rimasta invariata dopo il referendum dello scorso anno. Un’iniziativa contestata sia da settori del centrodestra che del centrosinistra, definita dall’Osservatore Romano uno “stratagemma amministrativo” per “snaturare, stravolgere, quindi peggiorare la Legge 40, scavalcando il Parlamento e calpestando la democrazia”. “Il ministro della Salute – afferma il quotidiano vaticano – invece di tentare di modificare surrettiziamente la legge 40, dovrebbe adoperarsi perché sia attuata, per quanto possibile, nella sua interezza e fedelmente applicata”. “D’altra parte – conclude – la scelta, ideologica, del ministro Turco è comunque in perfetta coerenza con il ritiro, in sede UE, del sostegno dell’Italia alla dichiarazione etica riguardante la ricerca sulle cellule staminali embrionali”. (R.M.)

 

 

PRIMO INCONTRO ECUMENICO, OGGI A BANGALORE, IN INDIA, DEGLI INDIANI

DI RELIGIONE CRISTIANA “PERSEGUITATI” A CAUSA DELLA LORO FEDE. TEMA DELL’INIZIATIVA: “LE SPINE… E UNA CORONA”

 

BANGALORE. = “Le spine… e una corona” è il tema del primo Incontro ecumenico “di preghiera e denuncia”, promosso oggi a Bangalore, in India, dagli abitanti di religione cristiana “perseguitati” a causa della loro fede. Fra i partecipanti, sette vedove che hanno perso il marito perché cristiano e oltre 150 pastori che sono stati, o sono tuttora, perseguitati a causa del cristianesimo. “E’ attraverso il sangue dei martiri – ha detto all’agenzia AsiaNews il presidente del Consiglio dei cristiani indiani, Sajan George – che l’India è stata evangelizzata, e questo è il nostro prezioso patrimonio. San Tommaso – ha aggiunto – Apostolo che ha portato qui il Vangelo, ha trovato la morte in India: seguendo il suo esempio, viviamo nella speranza aspettando la resurrezione, sicuri che il sangue versato dai martiri non è caduto invano”. “Questo incontro – ha precisato George – è il primo del suo genere nella storia dei cristiani di qui. Vogliamo arrivare a creare una rete di incoraggiamento e di assistenza pratica alle vittime della persecuzione ed alle loro famiglie. Speriamo e preghiamo – conclude – affinché tramite la nostra preghiera la nostra fede possa rinascere e rigenerarsi”. (R.M.)

 

 

 

 

I VESCOVI MESSICANI IN APPRENSIONE PER LA CRESCITA DELLA TENSIONE POLITICA NEL PAESE IN SEGUITO ALLE PRESIDENZIALI DELLO SCORSO 2 LUGLIO. IERI, IMPONENTE MANIFESTAZIONE A CITTA’ DEL MESSICO A SOSTEGNO DEL CANDIDATO SCONFITTO, LOPEZ OBRADOR, CHE CHIEDE IL RICONTEGGIO DELLE SCHEDE ELETTORALI

- A cura di Luis Badilla -

 

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CITTA’ DEL MESSICO. = Ieri, a Città del Messico, migliaia di sostenitori di Andres Lopez Obrador, il candidato di sinistra sconfitto alle elezioni presidenziali del 2 luglio, secondo il primo verdetto del tribunale elettorale, hanno preso il controllo della storica Piazza “El Zocalo” e di alcune delle più importanti vie d’accesso al centro della capitale. Sotto gli occhi della polizia, che non è intervenuta, sono stati organizzati comizi e discussioni. I dimostranti chiedono che siano ricontate una per una le schede che hanno assegnato la vittoria di stretta misura al conservatore Felipe Calderon. Il leader del partito di Azione Nazionale ha battuto l’esponente del partito della Rivoluzione Democratica per soli 244 mila voti, pari allo 0,58 per cento. Ieri, Lopez Obrador si è messo alla testa di una grande marcia. Intanto, sempre ieri si è svolta la prima Giornata di preghiera per la riconciliazione, la concordia e la pace, indetta dai vescovi del Messico dopo le presidenziali. La Conferenza episcopale del Paese aveva raccomandato di intensificare la preghiera durante l’intero periodo, con la partecipazione alla Santa Messa, ad una speciale “Ora Santa”, a momenti di adorazione eucaristica e alla preghiera del Rosario. “Uomini e donne, tutti siamo chiamati a cercare e costruire la pace e dunque ciascuno deve essere capace di dialogare e di vivere nella concordia”, affermano i presuli messicani, che manifestano preoccupazione per ogni “condotta intollerante e intransigente, nonché per ogni mancanza di rispetto dell’altro”. Poi, con riferimento specifico ad alcuni fatti di ieri, tramite un comunicato stampa i vescovi criticano i blocchi stradali contrari al “diritto costituzionale che garantisce il libero transito delle persone”. I vescovi si dichiarano perplessi di fronte al fatto che il candidato Lopez Obrador non abbia “mantenuto l’impegno di evitare che le sue manifestazioni potessero danneggiare terzi e di voler ora risolvere in strada ciò che deve decidere il tribunale elettorale che è, tra altro, un organismo del potere giudiziario”. Prima di concludere, riconoscendo al candidato conservatore, Felipe Calderon, “maturità politica e rispetto della legge e delle istituzioni”, il comunicato ricorda ancora una volta che “i messicani rifiutano la violenza verbale e fisica e vogliono la pace e la riconciliazione”.

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ASSEGNATO A MANILA IL PREMIO “RAMON MAGSAYSAY”, CONSIDERATO IL NOBEL

PER LA PACE DELL’ASIA. TRA GLI INSIGNITI, ANCHE L’INGEGNIERE CAMBOGIANO

CHE HA COSTRUITO LA RETE IDRICA PER L’ACQUA POTABILE A PHNOM PENH

 

MANILA. = Sono sei i cittadini insigniti quest’anno a Manila, nelle Filippine, con il prestigioso premio “Ramon Magsaysay”, considerato il “Nobel per la Pace” dell’Asia. Il riconoscimento viene assegnato dal 1957 a cittadini e associazioni che operano in Asia, distintisi per la dedizione alle proprie comunità nel segno della pace e dell’armonia sociale. Come riporta l’agenzia MISNA, tra i premiati di quest’anno c’è Antonio Meleto, direttore dell’associazione filippina “Gawad Kalinga”, che ha costruito nuove case per 40 mila famiglie colpite da disastri naturali, grazie alla raccolta di fondi tra i suoi connazionali all’estero. Viene dalle Filippine anche Eugenia Apostol, già editore della rivista Mr&Ms, premiata per il contribuito dato alla formazione di una coscienza civile durante gli anni della dittatura di Marcos. Il gruppo dei premiati continua con il dottor Sanduk Ruit, che ha aperto un centro di chirurgia oftalmica in Nepal. L’indiano, Arvid Kejriwal, ha invece organizzato una rete civica contro la corruzione dei funzionari pubblici, mentre il sudcoreano, Park Won Soon, è il fondatore di un’associazione di cittadini per la giustizia sociale oggi molto attiva. Anche fare bene il proprio lavoro nei servizi pubblici può valere il riconoscimento, come nel caso dell’ingegnere cambogiano, Ek Sonn Chann, che ha costruito la rete idrica per l’acqua potabile a Phnom Penh. Il premio “Ramon Magsaysayvenne istituito alla memoria del terzo presidente delle Filippine, una delle figure più amate della storia del Paese, nell’anno in cui morì in un incidente aereo. Il premio, che consiste in una medaglia commemorativa e 50 mila dollari, sarà consegnato in una cerimonia a Manila il 31 agosto. (R.M.)

 

 

MISTERIOSAMENTE SCOMPARSI, DAL MUSEO RUSSO DELL’ERMITAGE A SAN PIETROBURGO, 221 PEZZI PER UN VALORE DI OLTRE CINQUE MILIONI DI DOLLARI

 

SAN PIETROBURGO. = Giallo all’Ermitage: 221 pezzi – per lo più gioielli e oggetti smaltati di produzione russa per un valore di oltre cinque milioni di dollari – sono misteriosamente scomparsi dai depositi del celebre museo di San Pietroburgo, in Russia. Non è chiaro quando e come siano stati compiuti i furti, per i quali è stata aperta un’inchiesta penale: per decenni, l’Ermitage non ha proceduto ad un rigoroso e complessivo inventario dei suoi immensi tesori. I pezzi volatilizzati potrebbero essere stati sottratti ancora in piena epoca sovietica, benché appaia molto più probabile che il furto sia avvenuto dopo il crollo dell’URSS, nel 1991, su commissione. “Può essere successo nel corso degli ultimi trent’anni – ha dichiarato ieri un portavoce della polizia di San Pietroburgo – perché soltanto 19 dei 221 pezzi scomparsi fanno capo ad un curatore ancora in vita”. Ma il mistero si infittisce: sembra che la curatrice responsabile della maggior parte dei pezzi scomparsi sia morta all’improvviso sul lavoro per un infarto, subito dopo l’inizio dell’inventario. La direzione dell’Ermitage ha dichiarato di “non avere dubbi” sul fatto che in questo “affare dai risvolti strani” siano coinvolti dipendenti del museo. Da parte sua, la Rosokhrankultura, agenzia federale preposta al controllo dei musei russi, ha attivato un’inchiesta sui sistemi di sicurezza dell’Ermitage. “Purtroppo – ha dichiarato Boris Boriaskov, direttore dell’agenzia – non è la prima volta che pezzi e documenti di grande importanza storica e culturale vanno persi in musei e archivi”. (R.M.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

2 agosto 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Roberta Moretti -

        

Israele, dopo la sospensione dei raid aerei di 48 ore, ha ripreso i bombardamenti sul Libano: almeno 10 civili, 10 guerriglieri Hezbollah e tre soldati libanesi sono rimasti uccisi in seguito agli ultimi attacchi. Oltre 100 razzi sono stati lanciati, poi, da guerriglieri sciiti verso lo Stato ebraico. Sul versante politico, intanto, il premier israeliano, Ehud Olmert, ha detto che il conflitto cesserà solo quando verrà dislocata una forza multinazionale nel sud del Paese dei cedri. Il nostro servizio:

 

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Nuove operazioni militari israeliane si sono diramate oggi, nel sud del Libano, lungo diverse direttrici e attraverso incursioni di terra appoggiate da raid aerei. Pesanti bombardamenti si sono succeduti a sud di Tiro e, durante uno di questi attacchi, sono rimasti uccisi almeno dieci civili. L’esercito israeliano ha riferito, inoltre, che dieci guerriglieri Hezbollah sono morti e che altri 5 sono stati catturati. Tre soldati libanesi sono rimasti uccisi, poi, in seguito ad un attacco dell’aviazione israeliana contro una base militare libanese. Sono anche stati distrutti due ponti nella regione di Ankar, al confine con la Siria. Sull’altro fronte, diverse decine di razzi lanciati da guerriglieri Hezbollah hanno colpito il nord di Israele e diverse località della Galilea, provocando la morte di un civile ed il ferimento di almeno 14 persone. Un razzo ha anche raggiunto una cittadina israeliana a circa 70 chilometri dal confine libanese.

 

Il governo israeliano ha dichiarato, tuttavia, che gran parte delle infrastrutture e delle postazioni dei guerriglieri sciiti sono state distrutte e annunciato risultati decisivi: “Se anche l’offensiva finisse adesso – ha detto ieri il premier, Ehud Olmert – potremmo dire senza esitazione che il volto del Medio Oriente è stato cambiato”. Ma verso lo Stato ebraico continuano a soffiare venti minacciosi: la guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha lanciato un appello ai musulmani affinché resistano ad Israele, definito “lupo selvaggio del sionismo”, e alle “aggressioni” degli Stati Uniti, denominati “il grande Satana”. E il leader radicale sciita iracheno, Moqtada Al Sadr, ha auspicato, per venerdì prossimo a Baghdad, “una manifestazione di oltre un milione” di persone in segno di solidarietà con gli Hezbollah. A Bruxelles, intanto, i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno chiesto la fine immediata delle ostilità, per poi poter trovare l’accordo su un cessate-il-fuoco “sostenibile”. Il primo ministro israeliano Olmert ha precisato, stamani, che il conflitto cesserà solo quando verrà dislocata una forza multinazionale. Ma sui tempi per arrivare ad una tregua si alternano diverse previsioni. Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha dichiarato che un cessate il fuoco tra Israele e il movimento sciita libanese degli Hezbollah è questione di giorni. Secondo il vice premier israeliano Shimon Peres, che ieri sera ha incontrato a Washington la signora Rice, la campagna militare dello Stato ebraico durerà ancora alcune settimane.

 

E’ certo, invece, che le operazioni militari continuano a rendere sempre più pesante il bilancio delle vittime: secondo l’UNICEF, i morti in Libano dall’inizio dell’offensiva israeliana, sono almeno 600. Tra questi, più di 200 sono bambini. L’agenzia dell’ONU ha anche lanciato un appello per non dimenticare la crisi umanitaria di Gaza: da gennaio, 63 minori sono stati uccisi durante raid e scontri nei Territori Palestinesi. La Caritas e Medici Senza Frontiere denunciano, inoltre, che i corridoi umanitari in Libano non sono operativi. Infine, i rappresentanti religiosi musulmani e cristiani libanesi, tra cui il capo della Chiesa maronita, il patriarca Nasrallah Sfeir, si sono riuniti ieri per chiedere che il Libano del sud sia sotto l’egida dello Stato libanese. E’ stato ribadito che le armi “dovrebbero essere soltanto nelle mani dello Stato”. I religiosi hanno inoltre appoggiato il piano in 7 punti, presentato la settimana scorsa a Roma, dal premier libanese Siniora. I partecipanti all’incontro hanno poi stigmatizzato quelle che sono state definite “le aggressioni di Israele” ed hanno chiesto alla comunità internazionale di imporre un cessate-il-fuoco immediato.

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Resta tesa la situazione in Iraq, all’indomani dell’ondata di violenza che ha provocato la morte di circa 60 persone in diversi attentati e il sequestro di 45 civili sciiti nei pressi di Ramadi, roccaforte della guerriglia sunnita. E’ di almeno 9 morti il bilancio delle violenze della mattinata, tre dei quali hanno perso la vita a causa di un triplice attacco dinamitardo in una piazza nel centro di Baghdad. Nei pressi di Baghdad, sono stai trovati, poi, tredici cadaveri. Sempre nella capitale, sconvolta nelle ultime settimane da un forte incremento delle violenze tra sciiti e sunniti, migliaia di persone appartenenti ai comitati popolari sciiti sono scese in piazza chiedendo di contrastare i terroristi e i fedeli di Saddam Hussein, in massima parte di fede sunnita. Da segnalare, infine, l’uccisione di un soldato americano nella provincia occidentale di al-Anbar e di un poliziotto iracheno a Mosul, nel nord.

 

Si continua a combattere anche in Afghanistan. Ieri, 18 guerriglieri talebani e un poliziotto sono rimasti uccisi in diversi raid aerei delle forze afghane e internazionali nella provincia meridionale di Helmand. Ne da’ notizia, oggi, la polizia locale. Sempre ieri, tre soldati britannici hanno perso la vita e altri quattro sono rimasti gravemente feriti duranti combattimenti nel nord di Helmand. Sono le prime vittime delle nuove forze NATO, stabilitesi ieri nel sud del Paese.

 

Potrebbero essere diecimila i morti o i dispersi nelle inondazioni che hanno investito la Corea del Nord dopo due settimane di piogge torrenziali, iniziate lo scorso 10 luglio. Lo ha riferito l’organizzazione umanitaria sudcoreana “Buoni Amici”. Gli organi ufficiali di informazione nordcoreani, pur definendo le inondazioni le più gravi dell'ultimo secolo, parlano solo di alcune centinaia di morti o dispersi.

 

In Thailandia, tre agenti di polizia sono morti e migliaia di passeggeri sono rimasti bloccati per una bomba esplosa vicino ad una linea ferroviaria. L’episodio è avvenuto nella provincia meridionale di Pattani, vicina al confine della Malaysia. Secondo la polizia, i responsabili dell’attentato sono militanti islamici separatisti.

 

Tutto il mondo attento all’evoluzione delle condizioni di salute del presidente cubano, Fidel Castro, ricoverato nei giorni scorsi all’Avana per un’operazione gastro-intestinale. In un messaggio diffuso ieri sera in televisione, il leader maximo fa sapere che la sua salute è stabile. Qualunque sia l’evoluzione post-operatoria, sono in molti a ritenere che ci si trovi di fronte ad una svolta per la storia di Cuba. Quali cambiamenti ci si può attendere? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Roberto Da Rin, inviato all’Avana per il Sole 24 Ore:

 

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R. – Questa è una svolta epocale, indubbiamente. Detto questo, è tutto da discutere e da approfondire, nel processo di transizione, perché comunque la classe politica cubana è maturata all’interno di una logica anti-capitalistica. Quindi, certamente, ci saranno dei cambiamenti. Però io credo che, nel breve termine, aspettarsi stravolgimenti sia un errore. Comunque, la cosa pubblica sarà gestita da una struttura molto efficiente nella sua farraginosità. Questa sembra una contraddizione, ma non lo è. Certamente a Cuba c’è corruzione, c’è un sistema politico ingessato. Ma, al tempo stesso, funziona tutto bene, dal loro punto di vista; quindi non penso si possa pensare che il passaggio di consegne possa comportare una liberalizzazione dell’economia, un nuovo modello economico.

 

D. – E’ il momento, da parte della comunità internazionale, di fare pressioni sul discorso dei diritti umani. Cuba, più volte, è stata accusata di non osservare le prerogative fondamentali della persona …

 

R. – Io credo che l’Unione Europea, in questo momento, possa giocare un ruolo importante per varie ragioni. Però, penso anche che nessuno abbia interesse a emulare, in qualche modo, quel gioco che poi si è rivelato perdente, esercitato dagli Stati Uniti, di contrapposizione o di pressioni. Non credo che sia il momento di forzare la mano …

 

D. – C’è la possibilità che si riapra un dialogo con gli esuli?

 

R. – Tutto è possibile, però pare che gli esuli abbiano in realtà, ormai, una vita a Miami. Un conto è l’aspetto nostalgico, che poi diventa espressione di ‘anti-castrismo’ viscerale ed un conto è la reale volontà di rientrare in patria. Ecco: qui, magari, un rapporto si potrà modificare e intensificare, ma da qui a pensare al rientro, non la vedo così facile!

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In Uganda, l’accordo di pace tra i ribelli ugandesi dell'Esercito di Resistenza del signore e il governo del presidente, Yoweri Museveni, potrebbe essere a portata di mano. Stando infatti al responsabile amministrativo del distretto di Gulu, Walter Ochola, il capo dei famigerati ribelli, Joseph Kony, avrebbe dichiarato un cessate-il-fuoco unilaterale nei confronti delle autorità ugandesi. Altre fonti ridimensionano le parole di Kony affermando, invece, che il leader dei ribelli si sarebbe limitato a chiedere al governo di Kampala un generico cessate-il-fuoco. Il commento di Giulio Albanese, fondatore dell’Agenzia MISNA:

 

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"Premesso che le popolazioni autoctone del Nord Uganda - in particolare l’etnia acholi, prostrata da ogni genere di vessazioni - invocano a squarciagola un’intesa tra le parti, due potrebbero essere i possibili futuri scenari. Il primo è quello di un accordo di pace tra ribelli e governativi – nell’ambito della mediazione di Juba avviata dal vice presidente sudanese Riak Machar - lasciando inalterato il provvedimento giudiziario di cattura emesso dalla Corte internazionale dell'Aja nei confronti di Kony e dei suo luogotenenti. Una strategia politica, questa, che rischierebbe di tradursi in una sorta di pace a metà, visto e considerato che il leader degli “olum” (“erba”, così vengono chiamati ribelli in lingua acholi) sarebbe costretto a rimanere in uno stato di clandestinità insieme con i suoi fedelissimi. La seconda ipotesi negoziale, decisamente più complessa, soprattutto per le implicazioni giuridiche sul piano internazionale, è quella di una sospensione del provvedimento della Corte che potrebbe consentire a Kony di uscire allo scoperto per firmare la pace e trovare riparo in un Paese disposto a concedergli l'esilio. A pensarci bene questa seconda eventualità, qualora fosse ritenuta viabile, potrebbe servire ad estirpare definitivamente la zizzania dalla regione in attesa, in un futuro non necessariamente lontano, di applicare nuovamente il provvedimento sulla falsariga di quanto è successo recentemente con il presidente liberiano Charles Taylor.

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Altri quattro ministri del governo ad interim somalo hanno presentato, oggi, le dimissioni dopo che il primo ministro, Ali Mohamed Gedi, ha annunciato che, su sua richiesta, sono stati rinviati di 15 giorni i colloqui di pace con gli integralisti delle Corti Islamiche, che controllano Mogadiscio e gran parte del Paese. Ieri, altri otto membri del governo avevano annunciato le dimissioni. La settimana scorsa, avevano lasciato altri 18 alti esponenti del governo. Intanto, il premier Gedi ha dato, ieri, una settimana di tempo a tutti i cittadini di Baidoa, sede delle istituzioni di transizione somale, occupata da giorni da truppe etiopi, di consegnare tutte le armi.

 

Un importante accordo di pace è stato stipulato ieri, in Angola, tra il governo e il principale gruppo ribelle della Cabinda, regione del nord ricca di petrolio che da anni rivendica la propria indipendenza. Con la firma del trattato, i guerriglieri del Fronte di liberazione della Cabinda (FLEC) hanno ottenuto uno statuto speciale di regione autonoma che da’ al governo locale poteri generalmente esercitati da quello centrale. Tra questi, il diretto controllo della produzione di greggio, che sostiene gran parte dell’economia dell’Angola, e la possibilità di gestire alcuni settori dell’amministrazione.

 

 

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