RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
330 - Testo della trasmissione di sabato 26 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Domani in Armenia il referendum costituzionale: il
commento di Fulvio Scaglione
I
Frati Minori Cappuccini festeggiano i quattro decenni in Ciad: con noi padre
Aldo Broccato
Il
Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
L’allarme dei vescovi della Repubblica Democratica
del Congo: si rischia una nuova guerra
La Conferenza episcopale salvadoregna denuncia
l’aumento della violenza nel Paese
La Federazione delle Conferenze Episcopali Asiatiche
nomina il suo nuovo presidente
Al via oggi l’apertura del valico di Rafah che consente ai palestinesi di
andare e tornare dall’estero senza dover chiedere il permesso di Israele
26
novembre 2005
STRETTISSIMA
COLLABORAZIONE TRA CHIESA, FAMIGLIA, SCUOLA E ISTITUZIONI LAICHE PER FORMARE I
GIOVANI:
LA RICHIESTA DI BENEDETTO XVI, DURANTE L’UDIENZA
AI VESCOVI POLACCHI
L’educazione dei giovani alla
fede è stato il tema al centro del discorso del Papa nell’udienza stamane ai
vescovi polacchi in visita ad Limina. Il servizio di Roberta Gisotti.
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I giovani, loro il futuro della
Polonia e per questo Benedetto XVI ha dedicato loro l’intero discorso, lungo
articolato, che chiama in causa i pastori della Chiesa, le famiglie, la scuola,
l’università, i media.
Anzitutto, ha detto il Papa,
seguendo l’insegnamento di Giovanni Paolo II occorre incontrare l’uomo, quindi
il giovane, prima ascoltandolo e comprendendolo, poi valutando l’ambito
familiare prioritario nella formazione della persona, e le condizioni sociali,
considerando le difficoltà economiche e la disoccupazione che incidono oggi
nella vita di numerose famiglie polacche:
“L’educazione alla fede deve consistere prima di tutto nello
sviluppare ciò che nell’uomo è buono”.
Occorre quindi valorizzare i
fenomeni positivi, la propensione di tanti giovani verso il volontariato ed il
desiderio diffuso di approfondire questioni religiose e fare esperienza di Dio.
Il Papa ha raccomandato di “abituare i bambini e i giovani al gusto della
preghiera” e di avviare nelle parrocchie scuole di preghiera e centri di
esercizi spirituali, “senza badare al costo materiale”, “accessibili a tutti”:
“La formazione della giovane generazione è un compito che spetta ai
genitori, alla Chiesa e allo Stato. Perciò, rispettando un’opportuna autonomia,
è necessaria una strettissima collaborazione della Chiesa con la scuola, con
gli atenei e con altre istituzioni laiche che si occupano dell’educazione della
gioventù”.
Ma riguardo la religione e la
catechesi a scuola Benedetto XVI ha puntualizzato che non si possono ridurre
questa materie a “scienze di religione”:
“L’insegnamento della religione a scuola svolto dai docenti chierici e
laici, sostenuto dalla testimonianza dei docenti credenti, deve conservare la
sua autentica dimensione evangelica di trasmissione e di testimonianza di fede”.
Infine ancora l’urgenza per la
Chiesa polacca di non disperdere il ricco patrimonio culturale di valori
cristiani di fronte all’avanzata del secolarismo, rafforzando i media cattolici
e stabilendo benevoli contatti con gli ambienti dei giornalisti e degli altri
operatori dei media.
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OGGI ALLE 17.00 BENEDETTO XVI PRESIEDERA’ NELLA
BASILICA DI SAN PIETRO
LA CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA PRIMA
DOMENICA DI AVVENTO
- Intervista
con l'arcivescovo Angelo Comastri -
Oggi alle 17.00
nella Basilica di San Pietro Benedetto XVI presiederà la Celebrazione dei Primi
Vespri della 1a Domenica d’Avvento. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca
dell’evento a partire dalle 16.50 sull’onda media di 585 kHz e sulla
modulazione di frequenza di 105 MHz.
Inizia dunque
un nuovo Anno Liturgico. L’Avvento è un tempo forte della fede. Si vive con
maggiore intensità l’attesa della venuta di Cristo: la prima venuta nella
grotta di Betlemme, l’avvento glorioso alla fine dei tempi, nella preghiera
costante perché il Signore venga ogni giorno nei nostri cuori. Sul significato
di questo tempo liturgico Giovanni Peduto ha intervistato l'arcivescovo Angelo
Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano:
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R. - L’Avvento e il Natale sono due eventi cristiani che oggi sono
molto spesso sommersi dal detrito e dal chiasso di una società consumistica. Il
Natale è una delle feste cristiane più a rischio di incomprensione perché il
Natale cristiano è il momento in cui Dio, l’eterno entra dentro questo tempo
“malvagio” ed entra in punta di piedi. Entra con la povertà, entra con la mitezza,
entra con la potenza vera che Dio possiede, che è la potenza della bontà
disarmata. Betlemme è già in sintesi tutta la vita di Gesù. Gesù nasce a
Betlemme nel più assoluto disagio. Maria, la donna più grande di tutta la storia umana, non ha neanche le minime
cose che possiede una qualsiasi madre quando nasce un figlio. Dice
l’evangelista Luca che Maria lo avvolse in fasce, ma non pensiamo a fasce di
marca. Erano sicuramente poveri panni preparati con tanto cuore ma poveri panni
con i quali Maria avvolse il corpicino di Gesù e lo depose in una mangiatoia.
In greco è scritto en fatne che è la parte più interna della grotta dove
abitualmente c’è fieno e sterco di bestie. E’ impressionante! Il figlio di Dio
che entra dentro la storia umana e trova questa accoglienza, trova questo
luogo. Che cosa ci vuole dire Dio a Betlemme? Perché Dio nasce povero?
L’approfondimento del mistero della povertà ci porta a capire la novità di Dio
che Gesù ci ha svelato. Perché Gesù nasce povero? Dobbiamo partire dalla grande
rivelazione che Gesù ci ha fatto: Dio è amore.
Ma se Dio è amore, Dio è dono infinito di sé, perché l’amore è dono. Dio
ha tanto amato il mondo da dare il Figlio. Cristo mi ha amato e ha dato se
stesso. Ma se l’amore è dono, Dio è
dono infinito di sé, ed ecco il passaggio: chi dona non possiede, proprio
perché dona. Dio è colui che non possiede perché Dio è tutto dono. L’unica
azione di cui Dio è capace è l’azione del dono. Dio è l’altruismo infinito. Dio
è l’opposto di ogni egoismo. Proprio perché allora Dio, è dono infinito di sé,
Dio non possiede. Dio è povero. E la povertà di Betlemme traduce il mistero di
Dio che non possiede ma dona perché Dio è il dono infinito di sé. E’ chiaro che
tutto questo poi converge nella Croce e nella Croce troverà la sua massima
espressione.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Benedetto XVI ha ricevuto questa
mattina in udienza l’arcivescovo Vsevolod di Scopelos, della Chiesa Ortodossa
Ucraina negli Stati Uniti d’America con il seguito. Oggi pomeriggio il Papa
riceverà il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i
Vescovi.
In
Madagascar, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Farafangana, padre Benjamin
Marc Ramaroson, Superiore Provinciale dei Padri Lazzaristi nel Paese africano.
A Malta, il Papa ha accettato la
rinuncia al governo pastorale della diocesi di Gozo, presentata da mons. Nikol
J. Cauchi, per sopraggiunti limiti
d’età. Il Santo Padre ha nominato suo successore mons. Mario Grech, del clero
della medesima diocesi, finora vicario giudiziale e parroco di Kercem.
In Spagna, il Santo Padre ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi delle Islas Canarias,
presentata da mons. Ramón Echaren Ystúriz, per sopraggiunti limiti d’età.
Benedetto XVI ha nominato suo successore mons. Francisco Cases Andreu, finora
vescovo di Albacete.
Sempre in Spagna, il Pontefice
ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
Orihuela-Alicante, presentata da mons. Victorio Oliver Domingo, per
sopraggiunti limiti d’età. Al suo posto, ha nominato mons. Rafael Palmero
Ramos, finora vescovo di Palencia.
ALL’INDOMANI DEL DISCORSO DI BENEDETTO XVI
ALL’UNIVERSITA’ CATTOLICA
PER
L’INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO, UNA RIFLESSIONE
DELLO STORICO GIORGIO RUMI SUL CONTRIBUTO OFFERTO
DAI CATTOLICI AL MONDO DELLA CULTURA
- Intervista con Giorgio Rumi -
La grande sfida delle Università cattoliche è “fare scienza
nell'orizzonte di una razionalità vera, aperta al trascendente, a Dio”. E’ uno
dei passaggi chiave del discorso che Benedetto XVI ha pronunciato ieri alla
“Cattolica” per l’apertura dell’Anno accademico. Un’occasione nella quale il
Papa ha messo l’accento sul contributo che i cattolici possono offrire al mondo
della cultura. D’altro canto, il Pontefice ha sottolineato che coniugare scienza
e fede è possibile alla luce della rivelazione di Cristo che ha unito a sé Dio
e uomo. Proprio da questo passaggio del discorso del Papa, muove la riflessione
dello storico Giorgio Rumi, docente all’Università Statale di Milano ed
editorialista dell’Osservatore Romano, al microfono di Alessandro Gisotti:
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R. – Il Papa ha detto bene. Non si capisce perché l’uomo contemporaneo,
così audace nella ricerca, dovrebbe trascurare a priori una dimensione – la
vita dello spirito – cui invece deve dedicarsi con uguale limpidezza di cuore.
D. - Il Papa ha sottolineato anche il rapporto fondamentale offerto dalle
Università cattoliche alla cultura dell’Europa. Qual è – secondo lei – il contributo
più significativo che i cristiani hanno dato e continuano a dare al mondo del
sapere nel vecchio continente?
R. – Nel Vecchio Continente, rifacendomi anche alla mia esperienza
personale, le Università cattoliche si sono distinte per l’attenzione alle
scienze sociali. Da questo, era partito anche Gemelli, accanto – nel caso di
Gemelli e della “Cattolica” – alle scienze neurologiche. Difatti il sogno della
sua vita era quello della facoltà di medicina, che poi si realizzò. Questo
riferimento alla questione sociale poi non si esaurisce: c’è tutto un modo di
porsi rispetto al tempo, non egoistico, ma altruistico, aperto agli uomini in
difficoltà che ci sono e se non sbaglio il Vangelo dice che ci saranno sempre…!
Il Papa fa giustizia di un pregiudizio anticristiano perché le Università,
dall’alba del Medioevo fino adesso, sono state istituzioni tipicamente
religiose. In molti luoghi le lauree toccava assegnarle al vescovo. Non era un
fatto cerimoniale, era un ricondurre naturalmente gli studi alla religione. Poi
ci sono state le incomprensioni dell’Ottocento, ma questa è un’altra storia.
D. – “Il fatto di essere cattolica – ha affermato il Papa – non mortifica
in nulla l’università, piuttosto la valorizza al massimo”. Un richiamo
all’identità degli atenei cattolici. In fondo, identità e dialogo viaggiano
insieme...
R. – Gli atenei cattolici sanno benissimo qual è il loro impegno, quale è
questa antica tradizione. Certamente, come le case vanno tenute in ordine,
pulite, lustrate tutti i giorni, è giusto il richiamo alla consapevolezza che
veniamo da lontano e che abbiamo tutti i titoli per dare il nostro contributo
all’avanzamento delle scienze.
D. – Come valuta questo rinnovato confronto fra laici e cattolici,
ravvivato dal grande interesse che tutti, credenti o meno, hanno per una figura
culturalmente stimolante quale è Benedetto XVI?
R. – Questa questione del
laico è impropria, in certi casi addirittura offensiva perché sembra ci sia
quasi una melior condicio del laico sul cattolico. Tutti siamo laici! Tutti
abbiamo un’idea religiosa, magari negativa, magari negazionista. Quindi mi pare
ci sia un po’ di montatura e poi questa distinzione è qualcosa di molto
italiano. Se lei va in Germania, anche in Francia e parla di laico non
capiscono di che cosa stia parlando. Laicista è un’altra questione. Se tu fai
per esempio dell’ateismo un’arma di battaglia allora è chiaro che il discorso
cambia.
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PARTITO STAMANI PER LA RUSSIA
IL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO,
CHE PRESENTERA’ A SAN PIETROBURGO E A MOSCA
IL COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
- Servizio di Paolo Scappucci -
Il Presidente del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, nella
tarda mattinata di oggi è partito per la Russia dove, a San Pietroburgo e a
Mosca, su invito dell’arcivescovo Kondrusiewicz, presenterà il Compendio della
Dottrina Sociale della Chiesa, pubblicato lo scorso anno dal Dicastero vaticano
e di cui esiste già la traduzione in russo, dopo quelle in francese, inglese,
spagnolo, portoghese, cinese e coreano.
Il porporato, che è accompagnato
dal segretario del Pontificio Consiglio, vescovo Giampaolo Crepaldi, arriverà a
San Pietroburgo in serata e domattina celebrerà la Messa della prima domenica
d’Avvento nella Chiesa di Santa Caterina, tenendo l’omelia. Domenica sera, dopo
una visita all’Ermitage, parlerà ai seminaristi della città.
Lunedì 28 novembre, al mattino,
in un convegno inaugurato dal nunzio apostolico Antonio Mennini, rappresentante
della Santa Sede nella Federazione Russa, il cardinale Martino illustrerà le
linee portanti del Compendio, che Benedetto XVI nel messaggio per una analoga
presentazione in Messico ha definito
“un valido strumento che facilita nei vari ambiti uno studio più profondo e
sistematico degli orientamenti della Chiesa in campo politico, sociale ed
economico, favorendone al tempo stesso l’applicazione pratica nel contesto
concreto di ciascun Paese”. Dopo il cardinale Martino, parleranno del documento
anche l’arcivescovo Kondrusiewicz, un rappresentante della Chiesa ortodossa
russa e il Padre Jean-Yves Calves del Centre Sevres di Parigi.
La mattina di martedì 29
novembre, a Mosca il cardinale Martino incontrerà il metropolita di Smolensk e
Kaliningrad, Kirill, presidente del Dipartimento dei rapporti esterni della
Chiesa ortodossa russa, e nel pomeriggio il Patriarca di Mosca e di tutte le
Russie, Alessio II. La sera di martedì 30 novembre il Presidente di Giustizia e
Pace celebrerà la Messa nella cattedrale dell’Immacolata Concezione di Mosca,
tenendo l’omelia, e il giorno successivo, 1° dicembre, presenterà
l’insegnamento sociale della Chiesa Cattolica contenuto nel Compendio presso il
Centro Casa della Cultura della capitale russa, nell’ambito della Mostra del
libro culturale russo. Il rientro a Roma del porporato è previsto per il 2
dicembre.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo "La questione dell'educazione cristiana":
l'udienza di Benedetto XVI ai vescovi della Polonia. Il Papa ha ricordato che
Giovanni Paolo II è stato per noi un modello perfetto di educazione cristiana,
basata sull'incontro diretto e personale con l'uomo, sulla testimonianza da
persona a persona.
Servizio
vaticano - Il Messaggio del Santo Padre al cardinale Norberto Rivera Carrera,
arcivescovo di Mexico; la missione evangelizzatrice della Chiesa in America:
primato della verità sull'uomo, sua inviolabile dignità e diritti umani.
Servizio
estero - Uganda: appello a fermare le atrocità dei ribelli dell'Lra, dopo
vent'anni di sistematiche stragi.
Servizio
culturale - Un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo "L'antica e
sempre nuova funzione della fiaba".
Servizio
italiano - In rilievo il tema della finanziaria.
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26
novembre 2005
IN UN CONVEGNO A ROMA IL CARDINALE RUINI
SOTTOLINEA LA NECESSITA’
DI DIFENDERE LA DIGNITA’ DELL’UOMO DAGLI
INQUIETANTI SCENARI
DELLA PRODUZIONE DI ESSERI UMANI DA USARE COME
CAVIE
Si è concluso oggi il Congresso
internazionale sul valore scientifico, culturale e sociale dei metodi naturali
in occasione del centenario del matrimonio dei Beati Beltrame Quattrocchi e del
conferimento della laurea honoris causa in Medicina a Tor Vergata ai coniugi
Billings, ideatori dell’omonimo metodo per la regolazione naturale della
fertilità. L’iniziativa è stata promossa dall’Ufficio per la Pastorale
universitaria del Vicariato e dalle cinque facoltà di Medicina degli atenei
romani (Università Cattolica, Tor Vergata, La Sapienza I e II, Campus Biomedico).
L’intervento del Presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale
Camillo Ruini, ha aperto la sessione conclusiva del Congresso internazionale
che ha avuto per tema “L’amore umano e il dono della vita”. Ce ne parla Davide
Dionisi:
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Concludendo i lavori del
Congresso su Scienza ed etica per una procreazione responsabile, il presidente
della Conferenza episcopale italiana ha sottolineato che “è in via di ultimazione la mappatura del genoma umano che
certamente rappresenta una grande acquisizione con conseguenze di estremo interesse
per il futuro dell’uomo, ma proprio ora
sembra che si stia smarrendo la mappa dell’esistere umano, che si stiano perdendo le coordinate della
dignità e del destino della vita umana.
Conoscere di più l’uomo dal punto di vista scientifico - ha aggiunto - non
equivale automaticamente a saperne di più sul valore e sul senso della sua
esistenza, anzi, la molteplicità degli approcci con la tendenza ad
assolutizzare il punto di vista di ciascuno di essi può far perdere di vista
ciò che è essenziale”. Da qui il deciso ‘no’ al “dominio sui processi
generativi, frutto di nuove capacità tecnologiche, che va ben al di là del
legittimo aiuto alla procreazione umana” e che “apre inquietanti scenari sulla
produzione di esseri umani da usare come cavie o sulla clonazione”.
In merito al matrimonio, il
porporato ha specificato che “è in discussione il senso dell’unidualità
uomo-donna: esso appare minato dal diffondersi di una visione che riduce la
differenza sessuale a fattore culturale e di costume. C’è inoltre una diffusa
tendenza a depotenziare il valore dell’istituto del matrimonio” - ha continuato il cardinale Ruini -
“assimilando ad esso altri tipi di unione e convivenze, con il risultato che il
matrimonio non viene più percepito come espressione e garanzia della natura
stessa dell’amore umano, ma come frutto di convenzioni e accordi facilmente
modificabili. Infine - ha aggiunto il
cardinale - “nel contesto della vita sociale, tra gli esiti più pericolosi e
dalle conseguenze difficilmente prevedibili è da annoverare la perdita della
centralità della famiglia in quanto tale e dei valori tipicamente familiari sia
per il sostanziale modellarsi dell’organizzazione e dei servizi più sugli
individui che sui nuclei familiari”.
Poi il presidente della
Conferenza episcopale italiana ha lanciato un appello agli scienziati e ai
governanti invitandoli a non disgiungere mai una
riflessione sull'uomo e sulla sua dignità dalle delicate scelte che si stanno
compiendo nel campo della ricerca scientifica, in particolare per quanto concerne
le tecniche di riproduzione.
Infine l’appello alla difesa
della vita umana e della famiglia. Un appello, come ha tenuto a sottolineare lo
stesso Vicario di Roma, rivolto non solo ai cattolici: “È utile ribadire che
l’impegno per favorire una maggiore e più corretta attenzione ai temi della
vita umana e della famiglia, non è, e non può essere, esclusivo dei cattolici”
- ha evidenziato - “proprio perché tali problematiche non sono questioni
cattoliche, ma rappresentano aspetti decisivi per la vita di tutti”. In questa
prospettiva - ha concluso il Presidente
della CEI - “la difesa e la promozione
della vita umana e della famiglia costituiscono uno dei capisaldi della vita
sociale e della democrazia e rappresentano la condizione imprescindibile di uno
sviluppo autenticamente umano, incentrato sulla persona creata ad immagine di
Dio”.
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DOMANI
IN ARMENIA IL REFERENDUM SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE
- Intervista con Fulvio
Scaglione -
Giornata
di consultazione referendaria domani in Armenia. Oltre due milioni di elettori
sono chiamati ad esprimersi su una riforma costituzionale che prevede maggiori
poteri al Parlamento e al governo, a scapito di quelli del presidente, una più
ampia indipendenza del sistema giudiziario e il reintegro della doppia nazionalità.
Un referendum simile nel 2003 era stato invalidato per la forte astensione alle
urne. Sul progetto di riforma, Giada Aquilino ha raccolto il commento di Fulvio
Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di area ex sovietica:
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R. – La Costituzione
armena ha – abbastanza chiaramente – bisogno di una mano di vernice in senso un
po’ più democratico, e in secondo luogo perché nel frattempo in Armenia si è
sviluppato un dibattito politico e culturale che è stato accompagnato
dall’intervento delle istituzioni europee, particolarmente della Commissione di
Venezia e del Consiglio d’Europa, che ha contribuito intanto a rendere la
popolazione più cosciente dell’argomento e, in secondo luogo, anche a
migliorare e perfezionare proprio gli strumenti tecnici con cui questa riforma costituzionale
dovrebbe essere realizzata.
D. – Cosa significa per
l’Armenia ridurre i poteri del presidente, assicurare l’indipendenza della
giustizia e reintegrare la doppia nazionalità?
R. – I primi due vanno nella
direzione di una maggiore normalità e funzionalità democratica; gli
straordinari poteri presidenziali conferiti appunto dalla Costituzione armena
al presidente sono il frutto di anni durissimi, di anni di grandissima
instabilità, di guerre intestine, di tentativi di colpo di Stato per cui una
guida ‘forte’ era “quasi quasi” obbligatoria, o per lo meno necessaria. Adesso,
si spera di dare un impulso ad una transizione più democratica spostando
l’equilibrio dei poteri più a favore del Parlamento. Invece, per quanto
riguarda il bando sulla doppia nazionalità, c’è naturalmente il tentativo di
coinvolgere più profondamente gli armeni della diaspora, che sono spesso potenti
e sono comunque molto legati alla sorte della Madrepatria, della loro terra
d’origine, di legarli più strettamente, appunto, alle vicende concrete,
quotidiane dell’Armenia. Il bando sulla doppia nazionalità, di fatto, li tiene
fuori, impedisce loro di avere incarichi pubblici e comunque di giocare un
ruolo che forse loro si sentono in grado di giocare.
D. – Ma, al di là del referendum,
quali sono le emergenze per l’Armenia, come Paese?
R. – Certamente, la situazione
economica resta precaria e direi che l’Armenia ha bisogno, soprattutto, di
rientrare in un flusso di rapporti internazionali che la tirino un po’ fuori da
questo isolamento forzato in cui poi non riesce a decollare né da un punto di
vista economico, né da un punto di vista politico. Purtroppo per l’Armenia, nonostante
la sua posizione sia geografica sia strategica, piazzata com’è ai confini con
il mondo islamico, patisce il fatto di non essere economicamente decisiva. Il
confinante Azerbaigian, che ha il petrolio e ha risorse naturali molto più interessanti,
gode di rapporti internazionali molto più convenienti.
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DA QUATTRO DECENNI IN CIAD PER COSTRUIRE LA CHIESA
LOCALE:
I FRATI MINORI CAPPUCCINI DELLA PROVINCIA
RELIGIOSA DI S. ANGELO E PADRE PIO
FESTEGGIANO IL TRAGUARDO E RILANCIANO IL LORO IMPEGNO MISSIONARIO
- Intervista con padre Aldo Broccato -
Quarant’anni in Ciad per i Frati
Minori Cappuccini della Provincia di Sant’Angelo e Padre Pio, missionari in
Africa dal 1965. Una realtà, quella africana, che li ha visti impegnati nella
costruzione di nuove diocesi, l’ultima quella di Gorè, e in una pastorale che
si è dovuta confrontare con svariati problemi socio-politici. Al microfono di
Tiziana Campisi, il ministro provinciale dei Frati Minori della Provincia,
padre Aldo Broccato, racconta la storia di questa missione:
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R. – Anzitutto, abbiamo
collaborato con la Chiesa locale per la nascita e la crescita di una Chiesa del
Ciad, che sta oggi diventando sempre più autonoma e che ha molti sacerdoti diocesani. Adesso, c’è anche una
vice-provincia che comprende il Ciad-Centroafrica e che quindi ha una certa autonomia
e un’identità propria con un cammino di formazione. Comincia già a dare i suoi
frutti: abbiamo i primi frati ciadiani e i primi sacerdoti frati, anch’essi del
Ciad. Infine, un altro risultato importante è che dall’antica diocesi di Moundou,
da cui si è staccata la diocesi di Doba, è nata un’altra diocesi, la diocesi di
Goré, dove, tra l’altro, nel 1999 è stato chiamato ad essere vescovo il nostro
confratello, Rosario Pio Ramolo.
D. – In quali specifiche
attività pastorali siete impegnati?
R. – A livello pastorale,
naturalmente siamo impegnati nell’evangelizzazione, in ragione anche di quelle
che sono le modalità delle diocesi stesse, soprattutto attraverso la
collaborazione dei catechisti e dei laici, perché lì c’è carenza di sacerdoti.
In alcuni villaggi, addirittura, la Messa viene celebrata una volta l’anno, se
il missionario riesce a raggiungerli. Ci sono, invece, comunità vive che ogni
domenica celebrano la Parola, che si radunano ogni domenica.
D. – Che tipo di problemi affrontate
ogni giorno?
R. – C’è il confronto con le
carenze a livello sanitario. Tante sono le malattie: quelle più tradizionali,
legate un po’ al clima tropicale, come la malaria, o ancor più, adesso, l’AIDS,
sempre più diffuso. Come missionari, siamo stati sempre impegnati attraverso i
dispensari, nel restauro e nella costruzione ex novo di alcuni presidi ospedalieri.
Poi c’è l’altro settore, quello della formazione e della scuola. Certamente,
c’è un confronto anche con l’islam, perché in Ciad è sempre crescente la
diffusione della religione musulmana. Il contatto avviene attraverso gli arabi
che vengono dalla Libia e che scendono giù, e che sostanzialmente in questi
ultimi anni detengono il potere politico ma soprattutto economico. C’è un
confronto che ha avuto anche dei momenti abbastanza tesi, però, in qualche
modo, si è giunti ad una buona convivenza. Bene o male si collabora, al di là
di tutto, per costruire comunque un Ciad che possa avere un minimo di dignità
come Paese, come popolazione, e che possa mettere a frutto le proprie risorse.
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I WIENER PHILHARMONIKER CHIUDONO QUESTA SERA NELLA
BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA A ROMA IL FESTIVAL DI MUSICA SACRA
- Intervista con Hans Albert Curtial -
Con la prestigiosa
orchestra dei Wiener Philharmoniker e il Wiener Singverein diretti dal
giapponese Seiji Ozawa per la Nona Sinfonia e il Te Deum di Bruckner, si chiude
questa sera alla Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma il IV Festival Internazionale
di Musica e Arte Sacra. Il concerto, trasmesso in diretta da Rai-Radio3 alle
ore 21, sarà preceduto dall’inaugurazione dopo il restauro della Cappella di
San Benedetto. Dal Presidente della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra, Hans
Albert Curtial, al microfono di A.V., le ragioni del Festival e un
ricordo della prima edizione coi Wiener Philharmoniker:
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R. - Abbiamo
una grande fascia di persone in tutto il mondo che si sono allontanate dalla
Chiesa, non vorrei dire da Dio, però dalla Chiesa. Per riconquistare questa
gente stiamo cercando attraverso il Festival di Musica Sacra di fare questo
famoso connubio fra musica e arte sacra nelle Basiliche di Roma con l’intento di farla tornare…
D. - L’arte in qualche modo ci parla di Dio...
R. - Quando i Wiener Philharmoniker hanno
eseguito per noi nel 2000,per la prima volta, nella Basilica di San Pietro la
Messa d’Incoronazione, sotto la direzione di Riccardo Muti, a gran parte di
questi 120 musicisti, abituati a suonare per i re, per grandi personaggi, alle
prime note sono spuntate le lacrime agli occhi. Ciò significa che sono stati
toccati dalla presenza di Dio in questo tempio ed è esattamente quello che
vogliamo accada alla gente.
D. - Il
Festival internazionale di musica e arte sacra si è dato fin dalla nascita,
quattro anni fa, un compito: riportare l’utilizzo della musica sacra in chiesa,
nella liturgia e in seno alla tradizione ecclesiale da cui proviene...
R. – Noi siamo
molto felici di aver come Papa Joseph Ratzinger perché capisce la musica, ama
la musica, sopratutto Mozart e tanti altri compositori. Siamo certi che il Papa
condivide il nostro progetto e il nostro desiderio di portare la bella musica
nelle chiese. E’ nostra intenzione fare una piccola Salisburgo a Roma e forse
non siamo tanto lontani.
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Domani 27 novembre, 1a Domenica
d’Avvento, la Liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù, riferendosi alla fine
dei tempi, invita i discepoli a vegliare nell’attesa del suo ritorno glorioso:
“Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa
ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché
non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo
dico a tutti: Vegliate!”.
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Il senso della vocazione
dell’uomo è l’amore. Qualsiasi cosa facciamo che non sia nell’amore, non serve
a nulla. Ma l’amore ha la sua origine e fonte in Dio. Perciò, il senso della
nostra vita è la comunione con Dio. Lungo la vita possono subentrare molte cose
che si pongono con priorità ed urgenza, e all’improvviso ci si può accorgere
dell’assenza di Dio. Sembra di vivere un tempo in cui Dio è assente, invece è
un tempo di purificazione da tutti i surrogati, dai fondamenti falsi e dalle
consolazioni illusorie. Anche questo nostro tempo sembra far sentire le assenze
di Dio, l’agitazione dei popoli e la stanchezza dell’attesa. Ma Dio viene sempre,
e prima o poi verrà definitivamente per ognuno, come pure per tutta la storia.
Questo tempo liturgico ci richiama a rivedere quel rapporto d’amore con Dio,
che ci rende attenti e in grado di riconoscerlo. Solo l’amore è in grado di tenerci
svegli e farci riposare.
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26
novembre 2005
CONFLITTI E VIOLENZE ALL’ORDINE DEL GIORNO NELLA
REPUBBLICA DEMOCRATICA
DEL CONGO. MENTRE CONTINUANO GLI SCONTRI NELL’AREA
DEI GRANDI LAGHI,
SI DIFFONDONO
VOCI DELLA POSSIBILE ESPLOSIONE DI UNA NUOVA GUERRA.
LA CHIESA
CATTOLICA CONGOLESE CHIEDE AI FEDELI DI TUTTO IL MONDO DI RIUNIRSI IN PREGHIERA
PER LA PACE NEL PAESE
KINSHASA. = “Siamo preoccupati
per i messaggi che circolano sulla possibilità che nella Repubblica democratica
del Congo si stia preparando una nuova guerra, in concomitanza con
l’avvicinarsi delle elezioni generali previste per il 30 giugno 2006”. Per voce
dell’arcivescovo Laurent Monsengwo, la Chiesa cattolica del Congo Kinshasa ha
lanciato un appello ai fedeli del mondo intero affinché riservino una preghiera
speciale, la prima domenica d’avvento, per la pace nel Paese e in particolare
nella regione dei Grandi Laghi . “Una zona - ha ricordato il presidente della
conferenza episcopale del Congo - che ha vissuto una crisi di inimmaginabili
proporzioni con la morte di centinaia di migliaia di persone, atrocità
spaventose, violazione dei diritti umani e lo spostamento di intere
popolazioni”. Sono passati oramai sei anni dalla pace formalmente sancita a
Lusaka, che avrebbe dovuto mettere formalmente fine al sanguinoso conflitto che
ha coinvolto l’esercito regolare, varie milizie ribelli, e sei altri Paesi
africani interessati. Eppure le violenze non sono ancora cessate per questo
Paese ricco di risorse minerarie. Solo nell’ultima settimana cinquanta persone
sono morte in un’operazione dell’esercito regolare nella regione dei Grandi
Laghi al confine con l’Uganda. Questa zona non è la sola tuttavia a essere sconquassata
dalla presenza di gruppi armati.
Continuano infatti a giungere notizie allarmanti anche dal Katanga, altra zona
ricca di diamanti nel sud del Paese, dove dal 12 novembre è in atto uno scontro
tra le forze armate e le milizie Mayi Mayi. Circa 60 mila persone sono fuggite
dai loro villaggi per trovare rifugio nelle città vicine. “Le milizie Mayi Mayi commettono da diverso
tempo crimini orribili contro la popolazione civile” ha denunciato mons. Fulgence
Mateba, vescovo di Kilwa-Kasenga, preoccupato anche della situazione degli
sfollati. “Le località di Dubie e i suoi dintorni” ha detto il vescovo “sono
invasi da una marea umana che sta aggravando un dramma già pesante. Questa
gente ha bisogno di cibo, vestiti, alloggi, sementi, cure sanitarie”. (A.C.)
AUMENTA IL NUMERO DI OMICIDI IN SALVADOR. DI
FRONTE ALLA SPIRALE
DI VIOLENZA IN CUI VIVE IL PAESE, LA CONFERENZA
EPISCOPALE
DEL SALVADOR ESORTA A NON CADERE NELLA TRAPPOLA
DELL’ABITUDINE
AD ABUSI, MALTRATTAMENTI, UCCISIONI
SAN
SALVADOR.= “Si uccide per rubare; si uccide per vendetta; si uccide su commissione;
si uccide sotto l’effetto dell’alcool o delle droghe”. La conferenza episcopale
del Salvador ha scelto di intervenire pubblicamente sulla terribile spirale di
violenza che avvolge il Paese Centroamericano. E lo ha fatto con una lettera
aperta che sprona la società e le autorità a superare questa difficile
situazione. Sullo sfondo le statistiche rese note, solo poche settimane fa, con
i dati sull’incremento degli atti violenti in tutto il Paese. Secondo la
polizia nazionale, nei primi dieci mesi del 2005, ne sarebbero stati compiuti
oltre 3000, su 6 milioni appena di abitanti. Un dato allarmante, che supera
abbondantemente quello dello scorso anno, in cui si erano registrate quasi 1000
uccisioni in meno. “Dobbiamo rassegnarci alla violenza?” chiedono i prelati,
che riconoscono nell’abitudine agli episodi violenti uno dei principali
pericoli insinuatisi nella società salvadoregna. “Forse la cosa più grave - si
legge nella lettera - è che ci siamo abituati a considerare la violenza come
qualcosa di inevitabile, con cui siamo costretti a convivere”. Ma la strada
perché il bene vinca sul male è un'altra, sottolineano i vescovi. Quella
dell’analisi in primo luogo di una situazione molto complessa. In Salvador la
maggior parte degli atti di violenza sono attribuiti alle maras, bande giovanili particolarmente attive nei quartieri più
degradati della capitale. “Ma quello delle maras
- avvertono i presuli - è un problema grave e complesso, che ha bisogno di
essere analizzato per essere compreso”. Altro punto fondamentale per tentare di
far uscire il Paese da una pratica quotidiana di violenza, è l’attuazione di
politiche che mirino alla prevenzione, alla riabilitazione e all’inserimento
sociale dei giovani. E poi la necessità di modificare la legislazione troppo
permissiva sulla vendita e possesso di armi da fuoco. “Le armi da fuoco -
spiega la conferenza episcopale - sono un fattore decisivo per l’elevato numero
di omicidi. La legislazione permissiva e la vendita libera di questi strumenti
di morte devono essere oggetto di un profondo esame”. Non da ultimo viene
ricordato il ruolo delle famiglie. “Per vincere il male con il bene è
indispensabile l’apporto della famiglia, della scuola, dei mezzi di
comunicazione sociale, dei cristiani e degli stessi che sono direttamente
coinvolti in azioni violente”, sottolineano i vescovi salvadoregni. (A.C.)
LA FEDERAZIONE DELLE CONFERENZE EPISCOPALI
ASIATICHE NOMINA
IL SUO NUOVO PRESIDENTE. E’ MONS. ORLANDO QUEVEDO
EX PRESIDENTE
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE DELLE FILIPPINE.
TRA I COMPITI CHE IL NUOVO PRESIDENTE DOVRA’ AFFRONTARE,
L’ORGANIZZAZIONE DEL CONGRESSO MISSIONARIO ASIATICO PER IL 2006
BANGKOK. = Mons. Orlando
Quevedo, arcivescovo di Cotabato ed ex presidente della conferenza episcopale
delle Filippine è da venerdì il nuovo segretario generale della Federazione
delle conferenze episcopali dell’Asia. A deciderlo è stato il Comitato centrale
della Federazione, che si era riunito nei giorni scorsi a Hu Hin, in Thailandia. A sessantasei anni
mons. Quevedo è stato nominato a sostituire il suo predecessore, mons. Oswald
Gomis, arcivescovo di Colombo, per la sua profonda conoscenza delle
problematiche che coinvolgono le Chiese in Asia e il contributo dato alla
Federazione. Istituita a Hong Kong con il consenso della Santa Sede, la
Federazione si è fatta promotrice in questi anni di iniziative importanti. Tra
queste, l’organizzazione del primo incontro internazionale delle donne asiatiche,
avvenuto nell’agosto del 2005 a Hong Kong e l’Asia Youth Day, che dal 1999
punta a ripetere per i giovani asiatici l’esperienza delle Giornate Mondiali
della Gioventù. Tanti gli appuntamenti importanti per il nuovo presidente della
Federazione delle conferenze episcopali asiatiche. A cominciare dalla
preparazione del Copngresso Missionario Asiatico, che si svolgerà in Thailandia
nell’ottobre 2006. Il tema dell’incontro, organizzato con la collaborazione
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, sarà “La storia di Gesù
Cristo in Asia. Una celebrazione di fede e di vita”.
DALL’AVVENTO ALLA PENTECOSTE. INIZIA OGGI IL CICLO
DI INCONTRI
DEL “SABATO MARIANO”, IN SANTA MARIA IN VIA LATA,
ORGANIZZATI DAL CENTRO DI CULTURA MARIANA “MADRE
CHIESA”
ROMA.= Inizia oggi, nella Basilica di Santa Maria
in via Lata, il ciclo di incontri dal titolo “Il Sabato Mariano, dall’avvento
alla pentecoste”, organizzato dal Centro di cultura Mariana “Madre Chiesa” di
Roma. L’obiettivo degli incontri è quello di diffondere una solida conoscenza
di Maria, secondo la dottrina della Chiesa, e formare persone spiritualmente
impegnate a lavorare con Lei “per un mondo nuovo”. Giunto al suo ventottesimo
anno di esperienza il “Sabato mariano” ha raccolto attorno a sé, sacerdoti,
religiosi e laici. Anche quest’anno l’iniziativa si prefigge di mantenere viva
la memoria di Santa Maria in Sabato. Come ricorda l’associazione è infatti un
uso liturgico della Chiesa latina di consacrare il sabato alla Vergine, quale
memoria di quel “grande sabato”, in cui in Maria si raccolse tutta la fede
della Chiesa e dell’umanità, nell’attesa della Risurrezione di Cristo.
L’incontro di questo sabato, sarà guidato da mons. Angelo Amato, segretario
della Congregazione per la Dottrina della fede. (A.C.)
PROMOSSA DALLA CARITAS E DA ALTRE ORGANIZZAZIONI
NON GOVERNATIVE,
RIPARTE IN SPAGNA LA CAMPAGNA PER LA CANCELLAZIONE
DEL DEBITO ESTERO DEI PAESI PIU’ POVERI
MADRID.= “Debito esterno debito
eterno?”. Questo il titolo della campagna lanciata in Spagna da alcune
organizzazioni cristiane, per l’abolizione del debito che i Paesi più poveri
hanno contratto nei decenni passati nei confronti di Paesi industrializzati e
organizzazioni multilaterali. “Il debito estero accumulato dai Paesi in via di
sviluppo - denunciano Caritas, Justicia y Paz, Manos Unidas insieme alle altre
organizzazioni promotrici della campagna - è cresciuto in maniera esponenziale
anche in questi ultimi cinque anni. Oggi questo debito pesa come un fardello
sulle spalle della gente più povera, impedendo l’emancipazione da condizioni di
miseria e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo per il millennio,
fissati dall’ONU nel 2000”. L’obiettivo della nuova campagna, che è partita lo
scorso 25 novembre è di sensibilizzare l’opinione pubblica affinché cresca la
pressione sui governi occidentali per la cancellazione del debito. (A.C.)
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26 novembre 2005
- A cura
di Eugenio Bonanata -
Prosegue il passaggio di poteri
nei Territori occupati da Israele all’Autorità Nazionale Palestinese. Al via
oggi l’apertura del valico di Rafah che consente ai palestinesi di andare e
tornare dal vicino Egitto senza dover chiedere il permesso di Israele. Secondo
gli accordi, la sorveglianza del confine spetterà ai palestinesi, con la super
visione di una settantina di osservatori europei. Il nostro servizio:
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Una giornata importante per i
palestinesi che, per la prima volta nella loro tormentata storia, hanno potuto
attraversare liberamente il confine con l’Egitto. Così il primo gruppo di
passeggeri di un pullman ha segnato l’entrata in funzione del primo valico
palestinese, mentre centinaia di altre presone attendevano il proprio turno. Soprattutto
è la prima volta, da 38 anni, che non ci sono più le forze dello Stato ebraico
a controllare il valico. Un compito, questo, che da oggi spetta ai soldati
palestinesi, sebbene sotto la supervisione di un gruppo di osservatori europei.
Israele potrà controllare quello che succede alla frontiera esclusivamente a
distanza. A vigilare costantemente il posto ci saranno infatti le telecamere
che invieranno immagini in tempo reale ad un centro di monitoraggio situato a 3
chilometri di distanza. Questo è il solo valico che collega Gaza con uno Stato
terzo. In questo quadro la speranza dell’Autorità Nazionale Palestinese è che
la fine dell’isolamento possa portare la rinascita economica dell’area, dove il
tenore di vita è spesso ai margini della sussistenza. Al momento la Striscia
non ha altri sbocchi verso il mondo esterno. Non c’è un porto, anche se
l’intesa mediata da Condoleeza Rice ne prevede la costruzione. Per la
riattivazione dell’aeroporto - bombardato 4 anni fa - si prevedono tempi molto
lunghi. Provvisoriamente, il traffico sia di passeggeri sia
di merci sarà limitato a sole quattro ore giornaliere, ma l’apertura si
estenderà via via che la missione europea sarà completamente operativa.
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Il presidente israeliano,
Katsav, ha affermato che le prossime elezioni politiche saranno un vero
referendum. Abbandonata Gaza, ha specificato il presidente alla radio
israeliana, il voto di marzo diventa automaticamente una consultazione sulla
sorte degli altri territori palestinesi.
Si intensifica la violenza in
Iraq in vista delle elezioni politiche, previste per il 15 dicembre. A Baghdad
un’autobomba è esplosa al passaggio di una pattuglia americana, uccidendo
quattro passanti. Sei iracheni sono stati uccisi inoltre in un attentato
suicida contro una stazione di benzina a Samara, nel nord del Paese. Intanto,
attraverso volantini distribuiti in diverse moschee di Ramadi, il braccio
iracheno di Al-Qaeda ha annunciato l’arrivo nel Paese di miliziani stranieri
“decisi a unirsi ai mujahiddin”.
In Afghanistan è morto uno dei
quattro soldati svedesi feriti in un attentato nella parte settentrionale del
Paese. Un altro soldato è in gravi condizioni. I militari appartengono
all’ISAF, la forza multinazionale presente nel Paese con circa 9 mila
unità.
In Cina è di almeno 14 morti e
circa 400 feriti il bilancio provvisorio del violento terremoto, di magnitudo
5,7 della scala Richter, che stamani ha scosso la provincia di Jiangxi, nella
parte orientale del Paese. Ingenti i danni materiali: più di 8 mila le case
distrutte e 130 mila quelle danneggiate. Oltre 400 mila sono gli evacuati per i
quali sono stati allestiti dei campi con tende.
Afflitta da oltre 10 anni di
guerra civile tra indipendentisti ed esercito filo russo, la Cecenia si reca
domani alle urne per le elezioni legislative. Nella corsa ai 40 seggi
dell’Assemblea del Popolo e ai 18 del Consiglio della Repubblica è
favoritissimo lo schieramento “Russia Unita”, che fa quadrato attorno al
presidente russo Putin. La commissione elettorale auspica una partecipazione
attorno al 60-70% degli elettori. Il
timore di attentati o di una massiccia offensiva militare da parte dei
guerriglieri indipendentisti ha spinto i cittadini a fare incetta di viveri,
mentre i circa 24 mila fra agenti e soldati russi battono a tappeto ogni angolo
della città.
La Siria ha deciso, ieri, di
collaborare con le Nazioni Unite nell’ambito dell’inchiesta sulla morte
dell’ex-premier libanese Rafik Hariri. Cinque dei suoi esponenti, sospettati di
aver preso parte all’attentato, verranno interrogati a Vienna. Escluso
dall’inchiesta, però, il capo dei servizi segreti militari.
In Gabon, è grande l’attesa per
le elezioni presidenziali di domani. Secondo le previsioni, il capo di Stato in
carica, Omar Bongo Ondimba, al potere da 38 anni, sarà confermato per un
ulteriore mandato. Quattro candidati sfidano il presidente uscente alla guida
di un Paese ricco di giacimenti petroliferi, dove però la metà della
popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. La commissione elettorale
nazionale ha sottolineato la mancanza di riferimenti certi sul numero degli
aventi diritto al voto, mentre l’opposizione denuncia carenze organizzative.
Al via oggi nello Zimbabwe le
elezioni per il Senato. Circa 3,3 milioni di elettori sono chiamati a scegliere
50 dei 66 membri che compongono l’organo. I restanti 16 saranno invece
designati dal capo dello Stato, Robert Mugabe, al potere dal 1980. Secondo gli
esperti, le elezioni non faranno altro che rafforzare la posizione del
presidente senza tuttavia comportare miglioramenti sostanziali della situazione
politico-economica del Paese. Forti divisioni si sono determinate nel principale
partito dell’opposizione, il Movimento per il cambiamento democratico (MDC): il
suo leader, Morgan Tsvangirai, ha infatti espulso 26 suoi collaboratori che
avevano deciso di presentarsi allo scrutinio.
In Algeria, le elezioni parziali
di giovedì scorso per il rinnovo di 131 consigli municipali e due consigli
regionali della regione berbera di Cabilia
vedono in testa i due principali partiti dell’opposizione. In prima
linea il Fronte delle Forze socialiste (Ffs), seguito dal suo rivale,
“Rassemblement pour la culture et la democratie (Rcd)”. Scarsa è stata tuttavia
l’affluenza alle urne.
Il ministro dell’Interno
senegalese ha oggi disposto l’arresto dell’ex-presidente del Ciad, Hissène
Habré. Accusato di crimini contro l’umanità, l’ex-capo di Stato, in esilio in
Senegal dalla caduta del suo regime nel 1990, era stato liberato proprio ieri
dopo dieci giorni di detenzione.
L’Indonesia ha confermato il
12.mo caso umano di influenza aviaria in un ragazzo che vive nella parte ovest
della provincia di Java. Un responsabile del ministero della Sanità locale ha
affermato che l’esito delle analisi è stato confermato contemporaneamente sia
da medici locali che dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il ragazzo è ricoverato
in ospedale dal 15 novembre; mentre sono già 7 le persone morte in Indonesia a
causa del virus.
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