RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
324 - Testo della trasmissione di domenica 20 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Messaggio
dei vescovi boliviani, in vista delle elezioni nel Paese, in programma a
dicembre
Estendere i diritti umani in Cina e garantire maggiore libertà religiosa:
questo l’imperativo del presidente Bush in visita nel Paese asiatico.
In Iraq, sale a 50 il bilancio dei morti dell’attentato di ieri, durante
un funerale a Bakuba. E decine anche oggi le vittime in diverse esplosioni.
20
novembre 2005
LA MISSIONE DELLA CHIESA E’ ANNUNCIARE CRISTO IN
OGNI TEMPO,
PERCHE’ TUTTI GLI UOMINI REALIZZINO LA LORO
VOCAZIONE DI FIGLI DI DIO.
LO HA DETTO ALL’ANGELUS BENEDETTO XVI,
CHE HA PREGATO PER LE BEATIFICAZIONI DEI MARTIRI
MESSICANI,
PER LA SCELTA DELLA VITA CONTEMPLATIVA E PER LE
VITTIME DELLA STRADA
- Intervista con Angelo Comastri -
Un Regno costruito con la Croce,
nel quale il potere esercitato è quello dell’amore. Un amore del quale la
Chiesa, da duemila anni, si fa annunciatrice nel mondo, per realizzare la
vocazione e le aspirazioni dell’uomo di ieri come di oggi. E’ il messaggio di
Benedetto XVI all’Angelus di oggi, solennità di “Cristo Re dell’Universo”. Una
circostanza che ha visto ancora una volta il Papa parlare dell’importanza del
Concilio Vaticano II, ma anche di manifestare la propria vicinanza spirituale
al Messico che oggi eleva agli onori degli altari 13 martiri. Il servizio di
Alessandro De Carolis:
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L’essenza della regalità di
Cristo capovolge gli schemi umani del predominio. Per trent’anni è una regalità
nascosta “in un’esistenza ordinaria a Nazareth”. Poi è vissuta nell’annuncio di
un Regno non appartenente al mondo, dove pace, perdono e fraternità sono le
leggi principali. Infine è una regalità sublimata dal sacrificio della morte e,
più ancora, della Risurrezione. All’Angelus di oggi, in una Piazza San Pietro
soleggiata ma fredda e con diverse migliaia di fedeli raccolti sotto la
finestra del Pontefice, Benedetto XVI ha spiegato in poche pennellate il “senso
messianico” che si cela dietro la definizione di “Cristo Re dell’universo”. Nel
Libro dell’Apocalisse, ha ricordato Benedetto XVI, Cristo dice di sé stesso:
“Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine”. La stessa frase, ha notato
il Papa subito dopo, che dà il titolo ad un paragrafo della Costituzione
pastorale Gaudium et spes del Concilio Vaticano II:
“In quella bella pagina, che riprende alcune parole
del Servo di Dio Papa Paolo VI, leggiamo: “Il Signore è il fine della storia
umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il centro del
genere umano, la gioia d’ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni”.
Dopo 40
anni, lo forza innovatrice scaturita dall’assise conciliare non ha esaurito la
sua carica, come più volte ricordato in queste settimane dal Papa nelle varie
celebrazioni dedicate al Vaticano II:
“Alla luce della centralità di Cristo, la Gaudium et spes interpreta la
condizione dell’uomo contemporaneo, la sua vocazione e dignità, come pure gli
ambiti della sua vita: la famiglia, la cultura, l’economia, la politica, la
comunità internazionale. E’ questa la missione della Chiesa ieri, oggi e
sempre: annunciare e testimoniare Cristo, perché l’uomo, ogni uomo possa
realizzare pienamente la sua vocazione”.
Diversi i pensieri di rilievo di
Benedetto XVI al momento dei saluti, dopo la recita dell’Angelus. Il primo, un
saluto in spagnolo riservato soprattutto alla Chiesa e ai fedeli del Messico,
che oggi pomeriggio a Guadalajara partecipano alla solenne Beatificazione di 13
martiri dei primi decessi del secolo scorso. Il secondo pensiero del Papa si
lega alla memoria liturgica di domani della Presentazione di Maria Santissima
al tempio, per tradizione una giornata di preghiera dedicata alla vita
contemplativa.
“A nome di tutta la Chiesa esprimo gratitudine a quanti consacrano la
loro vita alla preghiera nella clausura, offrendo un’eloquente testimonianza
del primato di Dio e del suo Regno. Esorto ad essere loro vicini con il nostro
sostegno spirituale e materiale”.
L’ultimo pensiero, di impronta
sociale, è stato suggerito al Pontefice dalla Giornata dedicata in Francia alle
vittime della strada. “Invito tutti gli automobilisti – è stata l’esortazione
di Benedetto XVI - a una condotta prudente e responsabile, così da combattere
efficacemente, insieme con le autorità, contro questo male sociale e per
ridurre il numero delle vittime”.
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La regalità di Cristo, improntata
al servizio e all’amore, scardina dunque la mentalità umana, che considera la
supremazia in termini di potere, prestigio, vantaggio personale. Una
caratteristica che l’arcivescovo Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato
della Città del Vaticano, riprende e commenta, al microfono di Giovanni Peduto:
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R. – Dobbiamo subito precisare
che Gesù è “Re” non alla maniera umana. La regalità di Cristo dobbiamo capirla alla
luce del Vangelo. Bisogna ricordare che, dopo la moltiplicazione dei pani, la
gente, presa dall’entusiasmo, cercò Gesù per farlo re e Gesù scappò. E dicono
gli evangelisti che si ritirò sul monte solo a pregare. I Vangeli non lo
dicono, ma io sono convinto che Gesù pianse. Pianse nel vedere come la gente
era distante dal suo cuore e soprattutto dal cuore di Dio, perché la gente
cercava un re potente, un re che desse soltanto il pane per lo stomaco, mentre
Gesù sapeva che l’uomo ha bisogno del pane per l’anima. Ha bisogno di un
nutrimento che riempia il vuoto interiore che lo rende infelice.
Paradossalmente, Gesù ha detto “io sono re” quando era già sotto giudizio,
quando era processato, quando era la vigilia della Passione. Lo ha detto
davanti a Pilato, che sicuramente lo doveva guardare con scherno, o per lo meno
con compassione, perché lui si sentiva rappresentante dell’imperatore, mentre
cos’era Lui, questo povero rabbì di Galilea? Eppure Gesù disse a Pilato “Io
sono re”, ma aggiunse subito, “il mio regno non è di questo mondo”, perché il
Regno di Dio è il regno dell’amore totale. E’ il regno dell’amore senza
violenze, è il regno dell’amore senza infingimenti, è il regno dell’amore senza
sfruttamenti. Ecco perché il trono di Cristo è la croce, e sulla croce Gesù ha
svelato la sua regalità, la regalità di Dio, perché nella croce e sulla croce
Gesù ha detto all’umanità “io vi amo”, nonostante i vostri peccati, nonostante
le vostre ingratitudini, nonostante quello che mi avete fatto: voi mi avete
inchiodato sulla croce, ma io vi amo ancora. E con quell’atto di amore
pronunciato sulla croce, Gesù ha realizzato la più grande vittoria di Dio
perché ha inserito dentro la storia umana l’amore stesso di Dio, la sua
regalità. E qui potrebbe sorgere la domanda: ma quell’atto di amore è stato
soffocato? Quell’atto d’amore è stato compresso? Quell’atto d’amore - uno
potrebbe addirittura dire con maggiore malignità - è inefficace. Ma se
guardiamo la storia quell’atto d’amore è efficace, eccome. La carità di
Francesco d’Assisi da dove viene? Dalla croce. La carità di San Vincenzo de’
Paoli, da dove viene? Dalla croce. La carità di San Giovanni Bosco, da dove
viene? Dalla croce. La carità di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, da dove
viene? Dalla croce. La carità di Raoul Follereau, da dove viene? Dalla croce.
La carità di madre Teresa di Calcutta, da dove viene? Dalla croce. La carità di
Giovanni Paolo II che, anche negli ultimi giorni della sua vita, voleva
spendere le poche energie che ancora gli restavano, da dove veniva? L’ha detto
lui stesso: veniva dalla croce. E questo è ciò che noi vediamo, quello che è
più vistoso. Tutta la carità che c’è nel mondo parte da quell’atto di amore
perché in quell’atto di amore, l’amore stesso di Dio è entrato dentro la storia
umana e la sta cambiando.
D. – La Chiesa ci insegna che
con il Battesimo anche noi diveniamo come Gesù, re, sacerdoti e profeti. Che
significa?
R. – Noi diventiamo re alla
maniera di Cristo, cioè capaci di vincere con l’amore. Diventiamo sacerdoti
cioè capaci di offrire noi stessi come offerta di amore. Diventiamo profeti
cioè capaci di annunciare, di dire, qual è il vero Regno di Dio che è il regno
della bontà, il regno delle beatitudini, è la regalità di Cristo che passa in
noi e nella nostra vita, attraverso il Battesimo, come anche il suo sacerdozio,
come anche la sua profezia. Ma tutto a partire dal mistero della croce che è il
mistero attraverso il quale l’amore di Dio entra dentro l’odio umano e lo
redime.
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A GUADALAJARA, LA
BEATIFICAZIONE DI 13 MARTIRI MESSICANI,
VITTIME DELLA PERSECUZIONE RELIGIOSA DEI PRIMI DEL
NOVECENTO
- Intervista con padre Francisco Ramirez -
“Esempio permanente e stimolo
per una testimonianza coerente della propria fede nella società attuale”. Con
queste parole, Benedetto XVI ha indicato all’Angelus di oggi l’eccellenza di
vita dei 13 martiri messicani che oggi pomeriggio, alle 17 ora locale, verranno
beatificati nello stadio della città di Guadalajara. La celebrazione sarà
presieduta dal prefetto della Congregazione per le cause dei Santi, cardinale
José Saraiva Martins. Tra questi futuri beati c’è anche un martire di
quattordici anni, José Luis Sánchez del Río, assassinato “in odio alla fede” il
10 febbraio del 1928. Catturato e minacciato di morte dalle forze governative,
rifiutò di rinnegare la sua fede e morì gridando “Viva Cristo Re”. Dario Acosta
Zurita fu assassinato a Veracruz il 25 luglio 1931 appena tre mesi dopo la sua
ordinazione sacerdotale, e il laico avvocato e padre di famiglia, Anacleto
González Flores, ucciso con sette suoi compagni martiri tra il 1927 e il 1928.
Per un profilo biografico dei Beati, ascoltiamo il rettore del Collegio
messicano a Roma, padre Francisco Ramirez, al microfono di Giovanni Peduto:
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R. – Questi
Beati sono nati tutti alla fine del XIX secolo. Tutti appartenevano ad
un’organizzazione religiosa, come per esempio all’Associazione Cattolica della
Gioventù messicana. Qualcuno aveva studiato in seminario, qualcun altro faceva
parte dell’Adorazione notturna del Santissimo Sacramento. Tutti avevano fatto
un percorso di fede, vivendo la fede all’interno della società. Siamo a cavallo
tra il XIX e il XX secolo, e questi martiri hanno sempre avuto il
riconoscimento del popolo di Dio, del popolo cristiano. Anacleto González Flores
è stato un uomo di Dio con grandissime qualità umane e cristiane, autore di
libri, di articoli, di discorsi. Luís Padilla Gomez è stato presidente
diocesano dell’Associazione Cattolica della Gioventù messicana. Ramon Vargas ha
studiato medicina e poi ha esercitato la professione di medico. Salvador Huerta
Gutiérrez era capofamiglia e lo è sempre stato con somma responsabilità. Miguel
Gómez Loza è stato avvocato e spesso, nell’esercizio della sua professione, ha
patito il carcere per difendere i più poveri.
D. – Padre
Ramirez, qual è l’ambiente in cui è maturato il martirio, le condizioni
socio-politiche del tempo?
R. – Il Messico
nasce come nazione indipendente nel 1821, dopo l’esperienza di circa 300 anni
di dominazione spagnola. Dopo questa data, i gruppi dominanti del Paese
cercarono di erigere un modello sociale adatto al Messico ma sfortunatamente
non si riuscì a conciliare gli interessi opposti. Per quali motivi? Perché
tutti i leader erano in realtà impreparati per svolgere questo lavoro.
All’inizio del 1900, precisamente nel 1910, c’è una rivoluzione di carattere
economico. In questi anni, viene approvata una legge per cui viene soppresso il
culto religioso: non si può più celebrare la liturgia e si chiudono le chiese.
Questo provoca una risposta da parte dei cattolici, una risposta che qualcuno
vede “ispirata” dall’enciclica Rerum
Novarum di Leone XIII, in cui il Papa invita a vivere “tutto in Cristo”.
Questi cattolici sono stati veramente in sintonia con la responsabilità storica
e le rivendicazioni sociali del momento. Una cosa è chiara: quando si pronuncia
la parola cristeros, qualcuno pensa
che essa abbia a che fare con persone che fanno la guerra, guerriglieri… Ma
questi uomini hanno sempre agito partendo dalla loro fede: si chiama
“resistenza pacifica attiva”, sempre nel pieno della responsabilità derivante
dalla promessa battesimale, per la trasformazione della struttura sociale.
D. – Qual è in
breve il messaggio all’uomo di oggi, di questi uomini che hanno dato la vita
per Cristo?
R. – Mi sembra provvidenziale.
Domenica, 13 novembre, all’Angelus, Benedetto XVI ha detto che per i laici è di
grande importanza la competenza professionale, il senso della famiglia, il
senso civico e le virtù sociali. Il Santo Padre ha detto che la risposta dei laici
non deve essere soltanto un fatto personale, ma deve essere un fatto
organizzato, cioè deve essere un apostolato organizzato, necessario per poter
influire sulla mentalità generale, sulle condizioni sociali e sulle
istituzioni. Mi sembra provvidenziale che proprio in prossimità di questa
grande festa della fede per la Chiesa, soprattutto per la Chiesa del Messico,
il Santo Padre richiami alla memoria un documento molto importante del
Concilio, la Apostolicam Actuositatem,
in cui nell’articolo 4 si dice precisamente questo: “apostolato” vuol dire per
i laici entrare in unione vitale con Cristo e costruire una solida spiritualità
alimentata dalla partecipazione attiva alla liturgia. Questo mi sembra un
messaggio molto importante.
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L’IMPEGNO DEL PAPA PER LA
“SANTA CAUSA” DELL’UNITA’ DEI CRISTIANI
RIBADITO IN UN SUO MESSAGGIO DI CONGRATULAZIONI AL
PATRIARCA ECUMENICO
ORTODOSSO,
BARTOLOMEO I, INSIGNITO DELLA LAUREA HONORIS
CAUSA
PER LA DIFESA DEI BENI DEL CREATO
“Un
opportuno riconoscimento dell’azione di vostra Santità per favorire la crescita
nell’opinione pubblica della comprensione dei valori insiti nella Creazione”.
Con queste parole, Benedetto XVI ha definito in un messaggio indirizzato al
Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, la laurea honoris causa in “Conservazione dei beni
culturali”, conferita ieri dall’Università di Bologna al primate ortodosso, che
ieri ha presieduto un rito sacro nella Basilica di San Petronio. Ce ne parla
Stefano Andrini:
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“Attendo
con gioia di incontrarla personalmente quando, a Dio piacendo, potrò farLe
visita nel Patriarcato ecumenico”. Così ha scritto Benedetto XVI al patriarca
ecumenico Bartolomeo I nel messaggio letto ieri sera dal cardinale Roger
Etchegaray al termine dei Vespri in rito bizantino presieduti dall’arcivescovo
di Costantinopoli nella Basilica di San Petronio. “In occasione della sua
visita a Bologna e a Ravenna - prosegue il Papa - mi è gradito porgerle il mio
fraterno saluto. La laurea honoris causa
che la Facoltà dei Beni culturali dell’Università di Bologna intende
attribuirle rappresenta un opportuno riconoscimento dell’azione di Vostra
Santità per favorire la crescita nell’opinione pubblica della comprensione dei
valori insiti nella Creazione”. La Basilica di San Vitale, scelta come solenne
contesto di tale evento, aggiunge il Papa “richiama alla memoria il tempo in
cui Oriente ed Occidente erano più vicini, e lo slancio della fede innalzava al
Signore templi di incomparabile bellezza spirituale. Tale viva memoria invita
ad intensificare ogni sforzo possibile per camminare verso la piena unità di
tutti i discepoli di Cristo”. “Con totale fiducia in Dio e piena docilità
all’azione della sua grazia”, conclude Benedetto XVI, “vorrei fin d’ora confermare
il mio impegno a dedicarmi, con ogni energia, alla santa causa della promozione
dell’unità dei cristiani, che sta molto a cuore a Vostra Santità. Assicurando
la mia preghiera per la sua alta missione, sono lieto di scambiare con lei il
mio fraterno abbraccio di pace”. Da parte sua Bartolomeo I, rivolgendosi al
cardinale Roger Etchegaray, ha risposto: “La preghiamo di ricambiare i saluti
al Santo Padre, assicurandogli il nostro costante ricordo nella preghiera per
l’altissima missione spirituale alla quale è stato chiamato, nel succedere
all’indimenticabile Papa Giovanni Paolo II. Si fa sempre più vivo il desiderio
di poter incontrare presto di persona Sua Santità, a Dio piacendo”.
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20
novembre 2005
OGGI, GIORNATA MONDIALE DELL’INFANZIA:
L’UNICEF AL LAVORO PER STRAPPARE DA ANONIMATO E MISERIA MILIONI DI
BAMBINI.
IL PARLAMENTO ITALIANO PREMIA LO SCOUTISMO INTERNAZIONALE
- Intervista con Antonio Scalvi -
Sono diverse
le iniziative promosse in tutto il mondo in occasione dell’odierna Giornata
internazionale dell’infanzia. In Italia - dove la Giornata è stata celebrata a
Montecitorio, la Commissione
parlamentare per l’Infanzia ha assegnato a due sigle dello scoutismo
internazionale (la World Association of
Girl Guides and Girl Scouts e la World
Organization of the Scout Movement) il Premio parlamentare per l’Infanzia 2005 per l'azione educativa svolta
a favore dei bambini, dei ragazzi e degli adolescenti nel mondo. La
giornata di oggi coincide con la stesura della Convenzione internazionale sui
diritti dell’infanzia, proclamata dall’ONU il 20 novembre del 1989. Per
l’occasione, l’UNICEF-Italia ha lanciato una campagna incentrata sui diritti
dei “bambini invisibili”. Si stima infatti che nel mondo siano almeno 50
milioni i piccoli che non vengono neppure registrati all’anagrafe, oltre 100
milioni quelli analfabeti, centinaia di migliaia le vittime di catastrofi
naturali o guerre che non hanno la paradossale fortuna di finire sotto i
riflettori dei media. Per un bilancio sulla condizione dei minori, Eugenio
Bonanata ha intervistato Antonio Scalvi, presidente dell’UNICEF-Italia:
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R. – La Convenzione fissava una lunga serie di
interventi e di principi che in parte sono stati realizzati e in parte stiamo
cercando di realizzare. Per un periodo abbastanza lungo, siamo andati avanti su
interventi di sola sussistenza nei confronti dell’infanzia, in moltissimi
Paesi. Da due anni, abbiamo iniziato invece un lavoro circa la cultura dei
diritti, che va ben oltre la sussistenza. Dunque, non solo il diritto del
bambino ad essere curato - a mangiare e a bere - ma anche il diritto a studiare
e ad avere buone scuole. Sulle vaccinazioni in questi 16 anni molto è
migliorata la situazione nel mondo e gli interventi sono stati molto
significativi anche per prevenire una lunga serie di malattie. Si è introdotto,
tuttavia, il problema dell’AIDS: un problema enorme perché cominciano ad essere
milioni i bambini orfani nei Paesi in via di sviluppo. Su questi è abbastanza
difficile intervenire visto che non siamo d’accordo a metterli negli istituti,
perché una volta lì i bambini non maturano, non diventano persone adulte.
Nell’infanzia, c’è il futuro dei nostri Paesi perché l’infanzia di oggi formerà
il Paese di domani, quindi è tutta un’azione che noi svolgiamo perché si possa
andare avanti a testa alta per il futuro.
D. –
Dopo il devastante terremoto, quali sono le condizioni dei bambini in Paksitan?
R. –
Bambini ce ne sono ancora molti, ma circa 17 mila sono deceduti perché si
trovano dentro le scuole quando è avvenuto il sisma. In Pakistan - questa è una
notizia strana - non possono essere utilizzati i cellulari perché sono sotto
controllo da parte dell’antiterrorismo. Così diventa complicato raggiungere e
dare notizie sulle zone disastrate. Noi stiamo comunque finendo di raggiungere
tutte le aree. Non solo, abbiamo già vaccinato circa 160 mila bambini e
portiamo acqua potabile, ma forniamo anche coperte perché si va verso un inverno
in quei luoghi molto rigido.
D. – Cosa succede, invece, nel
nostro Paese?
R. –
Come agenzia internazionale stiamo anche muovendoci per i diritti dei nostri
giovani. Noi abbiamo sacche nelle città metropolitane, al sud ma non solo, dove
i bambini hanno pochissimi diritti. Lavorano pur essendo molto piccoli,
l’assistenza c’è, ma non c’è chi li segue nella prevenzione delle malattie.
Altro problema importante sono poi gli immigrati. Si contano ufficialmente già
più di 5.500 bambini, immigrati, minorenni, che sono nel nostro Paese in balia
delle autorità che in qualche modo devono risolvere il problema e che noi
stiamo osservando. Tutta la nostra azione è ora rivolta anche al nostro
territorio. Questa è dunque una nuova linea che vogliamo lanciare chiedendo anche
alleanze con altre associazioni.
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DOPO LA PACE, NELLA REPUBBLICA
DEMOCRATICA DEL CONGO
SI MUORE ANCORA: ALLARMANTE LA SITUAZIONE
SANITARIA,
SECONDO MEDICI SENZA FRONTIERE
- Con noi Gianfranco De Maio -
“Nonostante la pace sia stata ristabilita in
gran parte della Repubblica Democratica del Congo, la situazione sanitaria per
la popolazione rimane allarmante”. È la denuncia di Medici Senza Frontiere, che nei giorni scorsi a Kinshasa, Nairobi e Roma ha presentato il
rapporto: Accesso alle cure, mortalità e
violenza nell’ex Zaire. Dopo le intese di pace
siglate tra il 2002 e il 2003, al termine di una guerra civile che ha causato circa quattro milioni di morti,
perché ora questo nuovo allarme per
il Paese africano? Giada Aquilino lo ha chiesto a Gianfranco De Maio,
responsabile sanitario di Medici Senza Frontiere, che a lungo ha vissuto nel
Congo-Kinshasa:
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R. – Oggi si dice che la pace è arrivata e quindi la
Repubblica Democratica del Congo non è più in emergenza. Invece, quello che
sperimentavamo quotidianamente nei nostri ambulatori l’abbiamo verificato con
un’inchiesta, che ci mostra come esistano gli stessi livelli di mortalità del
2001, quando ancora imperversava la guerra: anzi tali indici sono peggiorati.
Si arriva ad un tasso di mortalità di 6 per 10 mila al giorno: una catastrofe.
Il nostro appello alle organizzazioni internazionali è quello di non abbassare
la guardia, non dire che si è passati alla fase della ricostruzione, perché
siamo ancora in emergenza.
D. –
Perché si continua a morire?
R. – Si
muore di infezioni respiratorie, di malaria, di diarrea. Si muore perché non si
riesce ad arrivare alle strutture sanitarie, quando esistono.
D. – Ma
come mai non è cambiata la situazione dal periodo della guerra ad oggi?
R. – Non è cambiata perché si lavora essenzialmente nella
capitale. A Kinshasa e in pochi altri centri, la situazione va migliorando e i
mercati si riaprono. Ma il Congo è un’enorme campagna e le persone continuano a
vivere nell’isolamento, con un’economia di sussistenza. Anche per ragioni
politiche, non si è ancora messa mano alla ricostruzione del Paese. La
Repubblica Democratica del Congo non è stata distrutta semplicemente negli
ultimi anni. E’ dal tempo della dittatura di Mobutu che il Paese è allo
sfascio.
D. –
Cosa serve dunque oggi alla Repubblica Democratica del Congo?
R. –
Serve non far credere ai politici del Congo e alla stessa comunità
internazionale che sia partita la ricostruzione. Dobbiamo mantenere alta la
guardia, basarci su dei parametri riguardanti la salute della gente e non
soltanto su dei parametri economici. Non ripetere insomma per l’ex Zaire lo
stesso errore che ogni volta – il Niger di recente lo ha provato – si commette,
cioè considerare che la ripresa si fondi semplicemente su questioni economiche.
Alla popolazione serve innanzitutto avere accesso alle cure gratuitamente e in
tutte le zone del Paese: perché nell’est, soprattutto, l’emergenza guerra non è
finita, ci sono delle bande armate che aggrediscono la popolazione e, per
questo, si muore ancora di violenza.
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20
novembre 2005
“E’ TEMPO CHE I CANDIDATI DIMOSTRINO CHE NON CERCANO
IL POTERE PER AMBIZIONI E INTERESSI DI GRUPPO O PERSONALI,
MA PER DIFENDERE LA VITA UMANA IN TUTTE LE SUE TAPPE, E PER GOVERNARE
SECONDO I VALORI ETICI E MORALI”: COSI’,
I VESCOVI BOLIVIANI, IN UN MESSAGGIO DIFFUSO IN VISTA DELLE ELEZIONI,
IN PROGRAMMA NEL PAESE IL
PROSSIMO 18 DICEMBRE
LA PAZ. = In un messaggio intitolato
“Camminiamo verso le elezioni con speranza”, l’episcopato boliviano, riunito
per l’annuale Assemblea plenaria a La Paz, ha invitato l’elettorato del Paese a
partecipare in massa alle consultazioni politiche attese per il prossimo 18
dicembre. Nel comunicato, i presuli hanno ricordato le difficoltà attraversate
dalla Bolivia per garantire la governabilità e la convivenza in una società
costantemente minacciata dalla violenza, dagli scioperi e dal confronto
radicale fra regioni e culture. Per questo, secondo i vescovi, la consultazione
elettorale può essere l’occasione per ricostruire “i destini della nazione”.
Tuttavia, non è sufficiente il semplice recarsi alle urne. Occorre “investire i
nuovi governanti di autorità democratica – ha precisato l’episcopato boliviano
– per condurre il Paese sul cammino dello sviluppo con equità e giustizia
sociale, condizioni indispensabili per recuperare lo Stato di diritto,
consolidare la democrazia e garantire l’unità nazionale”. Solo un voto
consapevole, “risultato di una profonda riflessione”, consentirà il
raggiungimento di questi obiettivi. Di qui, l’appello affinché i candidati
propongano piani concreti per combattere la corruzione e il nepotismo,
dimostrando di “cercare il potere non per ambizioni e interessi di gruppo o
personali, bensì per difendere la vita umana in tutte le sue tappe, per
governare secondo i valori etici e morali, per promuovere un’economia al
servizio dell’uomo, per lottare contro la povertà e per servire la nazione nei
suoi bisogni di base”. Sembrano tuttavia a rischio le elezioni politiche
boliviane. Una sentenza del Tribunale costituzionale, dello scorso
settembre, ha sancito che i 27 seggi del Senato debbano essere assegnati
alle province del Paese in modo proporzionale alla distribuzione della
popolazione sul territorio. Ne è seguita una disputa accesa, che ha indotto il
presidente della Repubblica, Eduardo Rodriguez Veltzé, a spostare la data delle
elezioni, previste inizialmente per il 4 dicembre. Contro questo decreto,
è stato presentato tuttavia ricorso di nullità al supremo organo
costituzionale. Se la Corte dovesse pronunciarsi per la sua ammissibilità,
occorrerebbe sospendere il processo elettorale fino alla sentenza definitiva.
(A. R.)
“IL
DEBITO DEI PAESI POVERI E’ UNA FORMA INSOPPORTABILE DI USURA”.
E’ LA DENUNCIA DEL
CARDINALE TARCISIO BERTONE,
ARCIVESCOVO DI GENOVA, DURANTE UN CONVEGNO
PROMOSSO DALLA COMMISSIONE DIOCESANA GIUSTIZIA E PACE
GENOVA. = “I
prestiti internazionali della Banca Mondiale e del Fondo Monetario e quelli da
Paese a Paese sono ormai ad usura e dovrebbero essere dichiarati illegali”. A
denunciarlo è l’arcivescovo di Genova, cardinale Tarcisio Bertone, parlando del
debito delle nazioni a basso reddito al convegno “Siamo ancora in debito,
l'Africa non può aspettare”, organizzato dalla Commissione diocesana Giustizia
e Pace in collaborazione con Italia-Africa, il comune di Genova e la Fondazione
giustizia e solidarietà. “Il debito infatti - ha spiegato il porporato -
diventa usura quando lede il diritto inalienabile alla vita, cioè tutti quei
diritti che non sono stati concessi all'uomo ma gli appartengono per natura”.
Dura la critica del cardinale Bertone nei confronti “dei tecnocrati, specie
quelli delle multinazionali, della Banca Mondiale e del Fondo Monetario, che
impongono alle popolazioni povere condizioni inaccettabili, come la
sterilizzazione obbligatoria o l'obbligo di chiudere le scuole cattoliche”. Nel
suo intervento, il porporato ha poi sottolineato la ferma condanna dell’usura
da parte della Chiesa cattolica, definendola “un omicidio indiretto quando
provoca la morte favorendo miseria e povertà”. Infine, l’arcivescovo di Genova
ha ricordato che il debito pesa per 6.000 dollari su ogni bambino nato nelle
nazioni a basso reddito e metà del prodotto interno lordo di quei Paesi viene
utilizzato per pagare gli interessi. (D.G.)
ACCORDO TRA CHIESA CATTOLICA ED OPERA
SVIZZERA DI MUTUA ASSISTENZA OPERAIA PER MIGLIORARE L’ISTRUZIONE IN BURKINA
FASO
OUAGADOUGOU. =
Promuovere un’educazione primaria di qualità in Burkina Faso. Questo
l’obiettivo della convenzione siglata nei giorni scorsi tra l’Opera Svizzera di
Mutua Assistenza Operaia (OSEO) ed il Segretariato nazionale per l’Insegnamento
cattolico (SNEC) del Burkina Faso. Nel 2006, la somma necessaria da stanziare
per il programma scolastico è, secondo l’Organizzazione elvetica, di 1 milione
e 220 mila franchi svizzeri. L’accordo ha una durata triennale, fino al 2007
quindi, ma è rinnovabile. Secondo la stampa locale, grazie ad esso si potranno
trovare soluzioni alternative ai problemi educativi di base ed incrementare il
tasso di scolarizzazione delle donne. Il progetto prevede anche di combattere
preventivamente l’analfabetismo, rivolgendo una particolare attenzione ai
bambini tra i 3 e i 6 anni. “L’efficacia di questo tipo di insegnamento è stato
dimostrato dopo 4 anni di sperimentazione, dal 1994 al 1998”, ha dichiarato
Paul Taryam Ilboudo, rappresentante dell’OSEO nel Paese africano. Secondo mons.
Wenceslas Compaoré, direttore dello SNEC, “l’appoggio dell’OSEO favorirà la
produzione di testi didattici in quantità e qualità”. La convenzione, infine,
permetterà l’apertura di nuovi istituti e l’organizzazione di valutazioni
periodiche comparative tra scuole bilingue e scuole classiche. Stando ai dati
dell’Annuario statistico della Chiesa, in Burkina Faso la Chiesa cattolica
gestisce 16 scuole materne con 1.739 bambini; 83 elementari con 10.899 alunni;
44 medie inferiori e superiori con 13.161 studenti. (D.G.).
GARANTIRE ISTRUZIONE E ACCESSO
AI PUBBLICI UFFICI. QUESTE LE CONCLUSIONI
DEL SEMINARIO ORGANIZZATO DI RECENTE A BANGALORE,
NEL SUD DELL’INDIA, DALLA “DALIT CHRISTIAN FEDERATION”,
PER RISOLVERE I PROBLEMI DEI CRISTIANI DALIT
BANGALORE. = In un seminario organizzato di recente
dalla “Dalit Christian Federation”
a Bangalore, capitale dello Stato di Karnataka, nel sud dell’India, si è
discusso della condizione dei cristiani dalit, i fuoricasta della comunità
indiana convertiti al cristianesimo. Secondo quanto riferisce l’agenzia
AsiaNews, hanno preso parte a questo incontro politici, attivisti sociali,
leader dalit e oltre 500 persone giunte dalle aree rurali e urbane. I lavori si
sono conclusi sottolineando che solo un livello adeguato di istruzione e la
garanzia di un lavoro possano effettivamente “migliorare la situazione dei
cristiani oppressi”. Questo è stato, del resto, l’appello lanciato in occasione
dell’apertura della sessione, il 14 novembre, dal membro della Commissione
nazionale per le minoranze, V.V. Augustine. “Il 70% dei cristiani in India – ha
precisato l’esponente dell’organismo - sono poveri: non hanno né un impiego né
un tetto adeguato. Molti di loro fanno lavori umili, in particolar modo
nell’industria del pesce e nell’agricoltura”. Secondo V.V. Augustine, grave
sarebbe il crimine commesso dai politici, qualora rinunciassero ad occuparsi di
queste masse. Intervenendo sulla questione, l’ex parlamentare C. Narayanaswamy
ha ricordato che un impegno in tal senso era stato preso dal governo presieduto
da Deve Gowda, leader del partito Janata Dal (Jd). Tuttavia, la sua caduta non
aveva consentito l’adozione del disegno di legge predisposto a questo scopo. Il
presidente dell’All India Catholic Union, John Daval, ha rilevato, in
un’intervista ad AsiaNews, le difficoltà di questa battaglia a favore dei
cristiani dalit. Dal 1950, un decreto presidenziale li esclude dalle quote
riservate di posti di lavoro pubblici. La disposizione – che colpisce anche
quanti si sono convertiti all’Islam - non vale tuttavia per quanti sono
diventati indù, buddisti o sikh. Ora, tutto si gioca nella Corte suprema, che
ha deciso nel febbraio scorso di esaminare una richiesta per il riconoscimento
ai dalit cristiani degli stessi diritti dei “fuori-casta” appartenenti ad altre
religioni, per l’assegnazione di posti di lavoro negli uffici pubblici.
Tuttavia “la battaglia - ha proseguito John Daval – continua anche nel
Parlamento federale, in quello dei vari Stati e nel Consiglio per
l’integrazione nazionale”. Non manca poi un impegno attivo a livello
internazionale, nell’ambito delle Nazioni unite, del Congresso statunitense,
dell’Unione Europea, e del Congresso internazionale sulla discriminazione
razziale di Durban. Dayal ha insistito infine, d’accordo con Augustine, sulla
centralità del fattore educativo, che va sostenuto “attraverso borse di studio,
ammissioni preferenziali in scuole con alloggi gratuiti, o anche gruppi di
micro-finanza per favorire le attività imprenditoriali”. (A. R.)
“MYSTERIUM, L’EUCARISTIA NEI
CAPOLAVORI DELL’ARTE EUROPEA”. QUESTO
IL TITOLO
DI UNA MOSTRA PRESTIGIOSA CHE SI APRIRÁ IL PROSSIMO
24 NOVEMBRE A BRUXELLES. ATTESA LA PRESENTAZIONE
IN ANTEPRIMA
MONDIALE
DEL CROCIFISSO LIGNEO ATTRIBUITO A MICHELANGELO BUONARROTI
BRUXELLES.
= Da giovedì 24 novembre fino all’8 gennaio 2006, il Museo reale d’arte e di
storia di Bruxelles ospiterà una mostra dal titolo “Mysterium, l’Eucaristia nei
capolavori dell’arte europea”. L’evento, ammirato già da oltre 20 mila
visitatori nella Casa delle Esposizioni di Illegio, nell’alto Friuli, dove si è
tenuto fino al 30 ottobre scorso, si caratterizza per la preziosità e la rarità
delle opere presentate al pubblico. Grazie alla collaborazione dell’Istituto
italiano di cultura, e sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica e
del cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, un inedito Crocifisso in legno
rosso, che studi accurati attribuiscono a Michelangelo Buonarroti, verrà
mostrato in anteprima mondiale. Suggestiva è la storia di questo capolavoro:
pare che il suo autore non riuscisse mai a separarsene, tanto da utilizzarlo
come modello nel dipingere la Cappella Sistina e da stringerlo a sé prima di
morire. L’opera, facente parte di una collezione privata, costituisce del resto
solo una delle 58 esposte, fra le quali figurano due gioielli dei tesori
segreti della Santa Sede, straordinariamente concessi per tale occasione.
Saranno ripercorse quindi le floride produzioni artistiche di 10 Paesi europei,
in un itinerario storico che va dal VI al XIX secolo, con uno sguardo specifico
al Medioevo e al Rinascimento. In particolare, sarà possibile contemplare il
più antico calice d’Europa, di Diacono Orso, risalente al VI secolo, nonché
quelli dell’architetto francese, Pierre Bossan, appartenuti al Beato Papa Pio
IX. All’inaugurazione della mostra, per la cui realizzazione sono intervenuti
anche il Ministero per i Beni e le Attività culturali, che ne ha il patrocinio,
il Ministero degli Affari esteri, la Regione Friuli Venezia Giulia e la
Fondazione Crup, prenderanno parte numerose personalità politiche ed esponenti
del Vaticano. Fra essi, l’arcivescovo di Udine, mons. Pietro Brollo,
l’arcivescovo di Malines-Bruxelles, il cardinale Godfried Danneels, il nunzio
apostolico presso il Regno del Belgio, mons. Karl-Josef Auber, e il nunzio
apostolico presso l’Unione Europea, mons. André Dupuy. (A. R.)
PER LA PRIMA VOLTA DOPO 57 ANNI, I
GRECO-CATTOLICI DI ORADEA, IN ROMANIA, CELEBRANO LA MESSA NELLA LORO
CATTEDRALE, RESTITUITA DAI FRATELLI ORTODOSSI, AI QUALI ERA STATA ASSEGNATA NEL
1948 DAL REGIME COMUNISTA
- A cura di Padre Anton
Lucaci -
ORADEA.
= “La via del dialogo porti sempre di più verso la piena comunione della
Chiesa”. È quanto scrive il Papa in un messaggio, a firma del cardinale
Segretario di Stato Angelo Sodano, letto durante la Divina liturgia, celebrata
oggi nella cattedrale greco-cattolica di San Nicola, ad Oradea, città della
Romania occidentale. La cattedrale è stata restituita il 15 novembre scorso
dalla Chiesa ortodossa rumena a quella cattolica, dopo 57 anni. Era, infatti,
il 1948 quando il regime comunista l’assegnò, come tutte le altre chiese
parrocchiali e le cappelle, alla comunità ortodossa. La restituzione è avvenuta
dopo lunghi colloqui tra i membri della Commissione composta da greco-cattolici
ed ortodossi, ma
specialmente tra i vescovi locali. Un esito positivo del dialogo tra Chiese
sorelle, dunque. Alla cerimonia di oggi, era assente mons. Lucian Mureşan,
il metropolita della Chiesa Romena Unita con Roma. Il suo messaggio è stato
letto dal vescovo greco-cattolico di Cluj-Gherla, mons. Florentin Crihalmeanu. Alla Divina liturgia, presieduta dal vescovo
locale, mons. Virgil Bercea, era
presente anche mons. Petroniu Sălăjanul, vescovo
vicario ortodosso dell’arcieparchia di Oradea. E’ stata una grande festa e un
grande pellegrinaggio di ringraziamento per l’eparchia greco-cattolica di
Oradea e non solo.
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20 novembre 2005
- A cura di Eugenio Bonanata -
Prosegue
in Cina la visita del presidente americano Bush, che a Pechino ha incontrato il
presidente cinese, Hu Jintao, e il premier, Wen Jiabao. Questioni centrali dei
colloqui, visti con ottimismo dalle parti, sono stati fra gli altri il rispetto
dei diritti umani e l’attuazione di una effettiva democrazia nel Paese cinese.
La giornata del presidente americano, penultima tappa di una missione asiatica
di otto giorni, si è aperta con la partecipazione ad una funzione nella chiesa
di Gangwashi, una delle cinque chiese protestanti riconosciute ufficialmente
nella capitale cinese. Il nostro servizio:
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Un gesto
forte quello di Bush, che proprio in chiesa ha iniziato la sua giornata di
visita a Pechino. “Spero - ha detto il presidente americano - che il governo
cinese non abbia paura di cristiani che si riuniscono per pregare”. Una società
è sana – ha proseguito Bush - se “accoglie tutte le fedi e dà alla gente la
possibilità di esprimersi nella preghiera dell’Onnipotente”. Sul
rispetto dei diritti umani, è intervenuto anche il segretario di Stato
americano, Coindoleezza Rice, che ha affermato: i progressi della Cina in
questo campo “non sono rapidi come avremmo sperato”. Il capo
della Casa Bianca, al termine del colloquio con il collega Hu, ha parlato
tuttavia di “conversazioni costruttive”, specificando che i due Paesi
“condividono opportunità e sfide del XXI secolo”. Sul versante economico,
invece, Bush ha chiesto impegni per la riduzione dell’enorme surplus
commerciale cinese nei confronti degli USA e per una maggiore flessibilità
dello yuan, la valuta cinese. Tra i temi affrontati, anche la cooperazione in
materia di energia. Bush ha infine ringraziato la Cina per la collaborazione
nella lotta al terrorismo e perché ospita i negoziati sui programmi nucleari
nord coreani. Senza assumere impegni concreti, le promesse del presidente
cinese si sono limitate agli aspetti economici e commerciali, mentre non sono
stati accolti gli spunti sui diritti umani. Il presidente Hu, che ha annunciato
di ricambiare la visita di Bush all’inizio dell’anno prossimo, ha anche parlato
di Taiwan, riaffermando la volontà di procedere verso "una pacifica
riunificazione". Tuttavia, ha specificato che la Cina non tollererà
l'indipendenza di Taiwan, mostrando apprezzamento per la posizione americana
che è favorevole ad “una sola Cina”.
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Il
presidente russo, Vladimir Putin, ha cominciato una visita in Giappone, nel
corso della quale affronterà con i leader di Tokyo soprattutto temi economici.
Putin aveva già avvertito che non farà concessioni su eventuali rivendicazioni
territoriali da parte giapponese sulle isole Curili, situate a nord
dell’arcipelago nipponico e inglobate dall’Unione Sovietica al termine della II
Guerra mondiale. Durante la visita, i due Paesi firmeranno un accordo in favore
della richiesta russa di aderire all’Organizzazione mondiale del commercio.
Al via,
in Egitto, la seconda fase delle elezioni legislative che preannuncia un nuovo
confronto fra il Partito nazional democratico (PND) del presidente Mubarak e
quello dei Fratelli musulmani, che domenica scorsa si è confermato come la
principale forza di opposizione. Stamani, all’apertura dei seggi, nella
capitale Alessandria un collaboratore di un candidato dissidente del partito al
potere è rimasto ucciso in un agguato. Fra ieri e oggi, inoltre, la polizia
egiziana ha arrestato centinaia di seguaci della confraternita musulmana
soprattutto nella circoscrizione di el Raml, nella parte settentrionale di
Alessandria, dove i Fratelli musulmani sono molto forti e nel 2000 le elezioni
vennero annullate. Nella prima fase del voto, il movimento islamico ha
più che raddoppiato la presenza in Parlamento, conquistando 34 seggi su 164. Un
leader del movimento, ha puntato il dito contro la polizia che ha abbandonato
la linea neutrale tenuta nei confronti della Fratellanza nella prima fase delle
elezioni.
In Iraq,
16 persone sono morte nell’esplosione di un ordigno al passaggio di un
convoglio americano ad Haditha, a Nordest di Bagdad. Alla deflagrazione è
seguita un’intensa sparatoria in cui hanno perso la vita almeno 8 miliziani.
Intanto è salito ad almeno 50 morti il bilancio del tragico attentato
dell’autobomba che ieri, nei pressi di Baluba, ha investito una tenda dove una
famiglia sciita riceveva le condoglianze per il decesso di un parente.
Un
ingegnere indiano, il suo autista e due guardie afghane sono stati rapiti ieri
nell'Afghanistan occidentale. Lo ha reso noto oggi il Ministero dell’interno
afgano specificando che i talebani, attraverso una telefonata, hanno rivendicato
la responsabilità del rapimento.
I due
maggiori partiti israeliani, il Likud e i Laburisti, hanno trovato un accordo
sulla data delle elezioni anticipate. Si voterà il 28 marzo prossimo. Lo ha
dichiarato un esponente laburista, Benny Shahino, specificando che l'annuncio
formale è atteso per domani. Prima, il Likud affronterà una serie di colloqui
con i partiti minori. Le elezioni anticipate sono divenute indispensabili dopo
che il nuovo leader laburista, Peretz, ha annunciato la fine della collaborazione
con il governo.
Nove
soldati filippini sono rimasti uccisi e altri 20 feriti in un agguato teso da
guerriglieri maoisti sull'isola di Panay, nella provincia centrale di Iloilo.
Non si conoscono le perdite degli assalitori. I circa 8 mila guerriglieri del
Nuovo esercito del popolo (NPA), dalla fine degli anni Sessanta ad oggi hanno
ucciso oltre 40 mila persone, scoraggiando investimenti e rallentando lo
sviluppo della campagna. Di recente, il
vertice dell’organizzazione ha ordinato ai suoi seguaci di intensificare le
azioni contro il governo, approfittando della instabile situazione
politica.
Nello
Sri Lanka, inizierà al più presto la ripresa dei negoziati di pace con la
guerriglia Tamil, in lotta per l’autonomia della regione nord orientale del Paese.
E’ quanto ribadito dal neo presidente, Mahinda Rajapakse, investito del mandato
per i prossimi sei anni. Il capo di Stato ha sottolineato però l’intenzione di
non mettere a rischio l’unità territoriale del Paese.
Teheran
non permetterà all’AIEA di visitare i siti militari sospetti, a meno che
l’Agenzia internazionale per l'energia atomica non presenti "prove
concrete" per giustificare le ispezioni. Di fronte alle richieste di
trasparenza avanzate all’Iran dalla comunità internazionale, Asefi ha obiettato
che il Patto di non proliferazione non obbliga l'Iran ad aprire le porte di
siti di questo tipo. Asefi ha poi sottolineato la
disponibilità di Teheran a lavorare "solo nell'ambito delle misure di
sicurezza". La settimana prossima, intanto, il Consiglio dei governatori
dell’Aiea si riunirà per discutere nuovamente dell’adozione di sanzioni a
fronte del mancato rispetto di Teheran del Patto di non proliferazione.
In
Azerbaijan, 30 mila persone hanno manifestato ieri a Baku contro le
irregolarità delle elezioni legislative tenutesi nel Paese il 6 novembre scorso
e vinte dal partito del presidente Aliev. I manifestanti, molti dei quali
sventolavano manifesti color arancione per richiamarsi alla Rivoluzione di fine
2004 in Ucraina, hanno chiesto l’annullamento dello scrutinio e le dimissioni
del presidente. Il voto è stato duramente criticato anche dagli osservatori
internazionali.
Il
presidente ugandese, Yoweri Museveni, ha ufficialmente annunciato la sua
candidatura alle elezioni del prossimo anno. L'annuncio del leader
dell'organizzazione Movimento di resistenza nazionale (Nrmo), che cerca così la
sua quarta rielezione consecutiva, è stato fatto ieri in occasione di un
discorso tenuto nello stadio di Kampala. A sfidare l’egemonia del presidente,
rimasta intatta anche dopo l’introduzione del sistema multipartitico, sarà
Kizza Besigye, arrestato per tradimento al suo rientro in patria dopo un
autoesilio in Sudafrica durato 4 anni e in attesa di processo. Il suo arresto
ha provocato nei giorni scorsi proteste violente nella capitale Kampala, in cui
una persona è rimasta uccisa e diverse altre ferite.
La Gran
Bretagna è soddisfatta del confronto sviluppatosi in Arabia Sudita al Forum
sull’energia, che ieri ha riunito i rappresentanti di venti Paesi produttori e
consumatori. “E’ un’iniziativa - ha spiegato il cancelliere dello Scacchiere,
Gordon Brown - che porterà ad una maggiore stabilità a lungo termine sia del
petrolio sia dell’energia, e quindi dell'economia mondiale”. Secondo uno studio
del Congresso statunitense, sono stati i produttori OPEC, dando un colpo di
freno alla produzione, a spingere in alto prezzo il greggio. Dal canto loro, i
produttori ricordano che la mancanza di capacità di raffinazione ha vanificato
la possibilità di offrire maggiori quantità di greggio al mercato. A questo, ha
spiegato il ministro del Petrolio dell'Arabia Saudita, Ali al-Naimi, si
aggiunge l’opera degli speculatori che nei Paesi consumatori riscalda il
livello dei prezzi.
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