RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
313 - Testo della trasmissione di mercoledì 9 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Aperto alla Lateranense il Congresso
sull’infinito: intervista con il cardinale Paul Poupard
OGGI IN PRIMO PIANO:
Prosegue la visita in Italia del presidente
iracheno Talabani: con noi Fulvio Scaglione
Pubblicato il Rapporto UNESCO sull’alfabetizzazione: ce
ne parla Giovanni Puglisi
Convegno nazionale dei sacerdoti
Fidei donum: intervista con mons. Giuseppe Andreozzi
CHIESA E SOCIETA’:
Oggi
la Chiesa celebra la Festa della Dedicazione della Basilica di San Giovanni in
Laterano
Il cardinale Tomko apre il
Congresso eucaristico internazionale universitario a Murcia, in Spagna
Riuniti in assemblea
generale, a Monopoli, in Puglia 170 Superiori Maggiori italiani
In Thailandia i vescovi rilanciano il “dialogo di vita con i
musulmani”
In Azerbaigian proteste a Baku per chiedere l’annullamento delle legislative di domenica scorsa
Non si fermano gli scontri nelle periferie di
Parigi
9
novembre 2005
LA BELLEZZA DEL CREATO E’ IL SEGNO DELLA
MISERICORDIA DI DIO PER L’UOMO.
LO HA DETTO BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE IN
PIAZZA SAN PIETRO.
LA SACRA SCRITTURA, HA AFFERMATO IL PAPA,
“SVEGLIA” LA RAGIONE DI CHI NEGA
LA
PRESENZA DI UN DIO CREATORE
Di fronte all’inspiegabile
grandezza del Creato ci sono alcuni che vorrebbero dimostrarne scientificamente
la casualità priva di guida, ma “la Sacra Scrittura sveglia la ragione che
dorme”. E’ il commento spontaneo con il quale Benedetto XVI ha concluso questa
mattina la catechesi dell’udienza generale, dedicata al tema della misericordia
di Dio cantata dal Salmo 135. L’udienza, svoltasi in Piazza San Pietro sotto un
sole luminoso, ha visto la partecipazione di 25 mila persone di quattro
continenti - tra cui pellegrini dalla Cina e dal Malawi - nel giorno della
Dedicazione della Basilica Lateranense. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Sin dall’antichità, i Salmi
hanno sempre celebrato di volta in volta la giustizia di Dio, la sua onnipotenza,
la sua giustizia. Molti hanno anche cercato versi di lode per esaltarne la
misericordia, come il Salmo 135 della Liturgia dei Vespri, che Benedetto XVI ha
spiegato questa mattina in Piazza San Pietro alle migliaia di pellegrini giunti
a Roma per la 25.ma udienza generale dell’anno, in una splendida giornata di
tardo autunno.
(Salmo)
Detto anche “Il grande Hallel”,
il Salmo 135, ha detto il Papa, è più che un semplice canto di misericordia, ma
“cerca di definire gli atteggiamenti” che si stabiliscono all’interno della
relazione tra Dio e l’uomo: la fedeltà, la lealtà, l’amore e quindi la
misericordia:
“All’interno di tale rapporto, Dio non appare nella Bibbia come un
Signore impassibile e implacabile, né un essere oscuro e indecifrabile, simile
al fato, contro la cui forza misteriosa è inutile lottare. Egli si manifesta
invece come una persona che ama le sue creature, veglia su di esse, le segue
nel cammino della storia e soffre per le infedeltà che spesso il popolo oppone
al suo hesed, al suo amore misericordioso e paterno”.
“Il primo segno di questa carità
divina”, ha proseguito Benedetto XVI, “è da ricercarsi nel Creato”, prima
ancora che nella storia. C’è una “rivelazione cosmica aperta a tutti”, che
parla attraverso i segni della natura: la terra e il cielo, l’acqua, il sole,
le stelle.
“Esiste, dunque, un messaggio divino, segretamente inciso nel creato e
segno del hesed, della fedeltà amorosa di Dio che dona alle sue
creature l’essere e la vita, l’acqua e il cibo, la luce e il tempo. Bisogna
avere occhi limpidi per contemplare questo svelamento divino, ricordando il
monito del Libro della Sapienza, che ci invita a conoscere
dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia l’Autore”.
Il Papa ha concluso come spesso
accade citando le parole di un antico Padre della Chiesa, in questo caso San
Basilio Magno, che esprime tutto il suo stupore per la Creazione, nonostante vi
siano alcuni - osserva – che “tratti in inganno dall'ateismo che portavano
dentro di sé, immaginarono l'universo privo di guida e di ordine, come in balìa
del caso”. Una frase che Benedetto XVI ha commentato a braccio così:
“Trovo che queste parole di questo Padre del IV secolo sono di una
attualità sorprendente (…) Quanti sono oggi questi ‘alcuni’ che tratti in
inganno dall’ateismo pensano che tutto sarebbe privo di ordine, come in balia
del caso. Il Signore con la Sacra Scrittura risveglia la ragione che dorme e ci
dice che all’inizio c’è la Parola creatrice, la ragione creatrice che ha creato
tutto, che ha creato il progetto intelligente del cosmo che è anche amore.
Lasciamoci risvegliare da questa Parola di Dio, preghiamo che rischiari anche
la nostra mente per percepire il messaggio del creato inscritto nel nostro
cuore: che il principio di tutto è la ragione creatrice, che è amore e bontà.
La sua misericordia rimane in eterno”.
(applausi)
Dopo la sintesi della catechesi
e i saluti rivolti dal Papa ai pellegrini in sette lingue, tra cui l’ungherese,
Benedetto XVI ha dapprima rivolto, tra gli altri, un’esortazione ai
rappresentanti del Terz’Ordine Francescano secolare a “diffondere dappertutto”
il Vangelo con “rinnovato slancio apostolico” sull’esempio del Santo d’Assisi,
quindi - con il tradizionale saluto ai giovani,
ai malati e agli sposi novelli – ha ricordato
l’importanza del 9 novembre, giorno in cui si celebra la Festa della
Dedicazione della Basilica Lateranense, la Cattedrale di Roma:
“Vi invito cari Fratelli e Sorelle, ad unirvi a tutta la Chiesa nel
rivolgere a Cristo Salvatore, Redentore dell’uomo e della storia, un’ardente
preghiera perché l’umanità accolga il dono della sua liberazione e della sua
salvezza”.
(Salmo)
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ALTRE UDIENZE
Sempre oggi, dopo l’udienza generale,
il Papa ha ricevuto l’arcivescovo Mario Giordana, nunzio apostolico in Haiti.
NOMINE
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale della diocesi di Burlington (U.S.A.), presentata
da mons. Kenneth A. Angell, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons.
Salvatore R. Matano, finora vescovo coadiutore della medesima diocesi.
Il Papa ha nominato membri
ordinari della Pontificia Accademia per la Vita il prof. Adriano Pessina e il prof. Paolo Preziosi. Il prof. Pessina
è nato a Monza il 3 agosto 1953. E’ professore straordinario di Filosofia
Morale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. E’ membro del
Consiglio Direttivo della rivista "Medicina e Morale". Il prof.
Preziosi è nato ad Avellino il 10 dicembre 1931. E’ direttore dell'Istituto di
Farmacologia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. E’ membro
dell'Accademia Europea‑Londra, membro del Consiglio Direttivo della International
Union of Pharmacology (IUPHAR), membro corrispondente della Accademie
Nationale de Pharmacologie di Parigi.
INAUGURATO OGGI ALLA PONTIFICIA UNIVERSITA’
LATERANENSE
IL CONGRESSO SULL’INFINITO IN SCIENZA, FILOSOFIA E
TEOLOGIA
- Intervista
con il cardinale Paul Poupard -
Presso la Pontificia Università
Lateranense si sono aperti questa mattina i lavori del Congresso internazionale
sul tema: “L’infinito in scienza, filosofia e teologia”. L’appuntamento si
inserisce nel progetto Stoq – Scienza, teologia e questione ontologica - finalizzato
al dialogo tra la visione cristiana del mondo e dell’uomo e lo sviluppo
attuale delle scienze. La prolusione è
stata tenuta dal cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura,
dicastero che ha avviato il progetto STOQ nel 2003. Giovanni Peduto ha chiesto
al porporato qual è la concezione cristiana dell’infinito:
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R – La concezione cristiana
dell’infinito è naturalmente Dio, perché Dio è infinito. Ma in quale modo si
riflette sull’infinito? La prima riflessione riguarda naturalmente il paradosso
che noi siamo finiti e, quindi, in quale misura noi, spiriti finiti, possiamo
parlare dell’infinito. Ecco il quesito fondamentale.
D. – Dio è infinito, e il mondo?
R. – In questo Congresso gli
scienziati ne parleranno, ma credo piuttosto che parleranno dell’universo in
espansione: espansione vuol dire a
partire da un certo punto. Invece
quando si parla dell’infinito di Dio si nega proprio che ci sia un punto
di partenza.
D. – Evoluzionismo e
creazionismo non si contrappongono…
R. – Per essere preciso dovrei
fare una distinzione tra “evoluzione” ed “evoluzionismo”. Giovanni Paolo II nel
lontano 1996 ebbe a dire che la teoria dell’evoluzionismo era più che
un’ipotesi. Il che vuol dire che oramai nel consesso degli scienziati di tutto
il mondo è una convinzione. Ma interpellato su questo, dopo qualche
interpretazione mediatica non del tutto esatta, come se il Papa avesse
canonizzato l’evoluzionismo come teoria che fa a meno di Dio, ho coniato
quell’espressione per dire che al termine dell’evoluzione l’uomo è un inizio
assoluto.
D. – Eminenza, Darwin credeva in
Dio. Come mai, poi, il suo evoluzionismo è stato preso per attaccare la Chiesa?
R. – E’ un fatto questo che mi è
familiare dopo gli anni trascorsi a studiare, su richiesta di Papa Giovanni
Paolo II, il caso di Galileo Galilei. Come si spiega che Galileo Galilei, che
era un credente è stato strumentalizzato durante tre secoli dai non credenti
contro la Chiesa? Lo stesso è stato per Darwin.
D. – L’uomo ha sete di infinito
e lo cerca sempre, anche se non lo sa…
R. – Certo. Diceva un poeta:
l’uomo è una persona che è caduta dall’infinito e all’infinito sogna sempre di
tornare. Noi abbiamo la chiave nel primo Libro della Genesi: siamo fatti a
somiglianza di Dio. Per questo abbiamo in noi questo desiderio di tornare alla
sorgente. E’ questo che è alla base di ogni discorso su Dio. Noi, fatti a Sua
immagine, ne abbiamo nostalgia. Siamo tutti in attesa non soltanto di tornare
al paradiso perduto, ma di andare verso il Paradiso promesso.
D. – Cosa ci dice oggi la
scienza sulla realtà dell’uomo?
R. – La scienza ci può dire sempre di più, ed è molto importate per noi
conoscere sempre di più sull’uomo, ma la scienza – pensiamo alle definizioni di
tanti illustri scienziati - vale solo
per ciò che è misurabile e ripetibile, e l’uomo per definizione non è
misurabile, come diceva spesso Giovanni Paolo II, ed è irripetibile. Più una
realtà è umana e meno può essere definita dalla scienza. In una parola: qual è
la realtà più profonda dell’uomo? L’amore. Cosa ne dice la scienza e tutte le
scienze? Tante cose, ma lascia intatto il suo mistero.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la
prima pagina l'udienza generale.
Servizio
vaticano - L'omelia del Cardinale Jozef Tomko, Inviato Speciale del Santo
Padre, durante la Santa Messa di apertura del primo Congresso Eucaristico
internazionale universitario in corso a Murcia, in Spagna.
Servizio
estero - Francia: il coprifuoco contiene, ma non ferma la rivolta; il Primo
Ministro de Villepin annuncia misure a favore dei giovani delle periferie.
Servizio
culturale - Un articolo di Franco Patruno dal titolo "Attualità dei
'Discorsi sul fil ideale' ": il volume "Pio XII e il cinema".
Servizio
italiano - In rilievo il tema della finanziaria.
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9 novembre 2005
PROSEGUE LA VISITA IN ITALIA DEL PRESIDENTE
IRACHENO TALABANI.
DOMANI
L’UDIENZA DAL PAPA
-
Intervista con Fulvio Scaglione -
Prosegue
la visita a Roma del presidente iracheno, Jalal Talabani, proprio mentre in
Iraq si registrano ancora gravi violenze. Sette poliziotti iracheni sono
rimasti uccisi oggi nell’esplosione di un’autobomba a Baquba, a nord di
Baghdad. Nella città, con l’avvicinarsi delle elezioni legislative del 15
dicembre, sono riesplosi gli scontri tra sciiti e sunniti. Ci sono ancora polemiche,
inoltre, sulle rivelazioni dell’inchiesta di Rainews24 secondo cui, a Fallujah
nel novembre 2004, le forze americane avrebbero usato armi
chimiche contro i civili, in particolare bombe al
fosforo. Talabani, che ieri ha incontrato il presidente del Consiglio italiano, Berlusconi, ha
chiesto alla forza multinazionale in Iraq un ritiro non immediato, ma graduale
e concordato con Baghdad. Domani il capo dello Stato sarà ricevuto in udienza da Benedetto XVI.
Ma che significato ha questa visita in Vaticano alla luce del difficile
percorso dell’Iraq verso la democrazia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a
Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:
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R – Credo che abbia un significato importantissimo anche
perché nel suo cammino verso la democrazia l’Iraq necessita di un sostegno
costante. In questo momento – è inutile
nasconderlo – questo nucleo iniziale di democrazia in Iraq sopravvive grazie alla presenza delle truppe straniere
che lo proteggono. E’ assolutamente necessario che la popolazione irachena
senta intorno ai propri rappresentanti più o meno provvisori che siano, il
calore politico e morale del resto della comunità internazionale. Da questo
punto di vista ugualmente la parola del Santo Padre è importantissima.
D. – Lo stesso Talebani nel corso della sua visita in
Italia ha chiesto che il ritiro delle truppe occidentali non sia immediato. Ma
questo non rischia di renderlo inviso a parte della sua popolazione?
R. – Naturalmente. La grossa contraddizione insita nel
problema iracheno è proprio questa: senza le truppe straniere, e in particolare
americane, il Paese resta completamente esposto al terrorismo,
all’insurrezione. Con le truppe straniere – in particolare quelle americane –
il Paese resta esposto ad una fortissima critica interna che non
necessariamente sfocia in opposizione armata, ma che certamente la potenzia.
Quindi il rischio è, in effetti, che questa situazione di provvisorietà diventi
lunghissima come per altro abbiamo visto succedere anche in altri Paesi: dalla
Bosnia, all’Afghanistan, al Kosovo.
D. – La Chiesa è sempre stata spiritualmente vicina
all’Iraq sin dagli appelli contro la guerra di
Giovanni Paolo II. Questa vicinanza, oggi, come può concretizzarsi?
R. – Io credo che possa concretizzarsi innanzitutto in un
dialogo molto serrato e produttivo sulle condizioni in cui vivono i cristiani
in Iraq, che può sembrare un aspetto secondario, ma non lo è proprio alla luce
dei contrasti che lì sono etnici, ma anche religiosi. In questo marasma di contrasti, i cristiani che
sono una minoranza, ma una minoranza molto vivace, attiva rischiano di essere
schiacciati tra le maggioranze. Qui, intanto, su questo terreno si può misurare
la convinzione democratica dei dirigenti iracheni e la loro volontà di aprire
il Paese a degli stili di vita e a dei diritti del cittadino più alla pari con
i tempi. Io credo che su questo terreno si giochi, comunque anche la partita
del consenso che – è inutile nasconderlo – i nuovi dirigenti iracheni stanno
combattendo con profitto ma devono ancora vincere.
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AD UN
MESE DAL DISASTROSO TERREMOTO IN KASHMIR
E’
ANCORA DEBOLE LA RISPOSTA DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE
-
Intervista con Lucio Melandri -
Soldati pachistani e indiani
si sono stretti la mano al varco aperto sulla linea di controllo che divide il
Kashmir tra India e Pakistan per soccorrere le popolazioni colpite dal sisma.
Il gesto costituisce un importante segno di speranza per la regione contesa dai
governi di Islamabad e Nuova Delhi ad un mese dal terremoto che ha causato oltre 73 mila
morti. Secondo altre fonti, le vittime sarebbero più di 80 mila. A queste
drammatiche cifre bisogna aggiungere il dato, ancora incerto, relativo ai
dispersi. E in migliaia attendono ancora i soccorsi nelle zone più impervie.
Ascoltiamo il direttore delle operazioni dell’organizzazione
umanitaria Intersos, Lucio Melandri, raggiunto telefonicamente a Balakot da Debora Donnini:
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R. – Il bilancio sicuramente è tragico per il numero delle
vittime che ancora, purtroppo, non si è potuto accertare definitivamente.
Alcuni dei centri sono crollati totalmente e temiamo che molte delle vittime si
trovino ancora sotto le macerie. Chiaramente ad un mese di distanza non c’è
alcuna speranza di trovare dei sopravvissuti. Il bilancio è altrettanto tragico
per coloro che, invece, sono sopravvissuti e si trovano nelle aree più remote
in mezzo a queste montagne nelle quali ormai l’inverno è iniziato. La neve sta
iniziando a cadere e il clima è rigidissimo.
D. – Che cosa state facendo come Intersos?
R. – Noi eravamo già presenti in Pakistan e quindi abbiamo
avuto la possibilità di intervenire il giorno dopo il terremoto e quindi grazie
anche al sostegno del ministero degli affari esteri italiano siamo riusciti ad
installare dei campi che ospitano centinaia di famiglie e a distribuire generi
di prima necessità. Dopodiché, grazie anche alla collaborazione con il governo
pakistano e l’esercito pakistano, ci siano addentrati nelle aree più remote
delle vallate di alta montagna dove anche lì siamo riusciti a stabilire dei
centri di soccorso e dove stiamo ospitando diverse migliaia di persone.
D. – Come valuta la macchina degli aiuti internazionali?
R. – Ci sentiamo di soffrire anche un po’ di solitudine
nel senso che l’entità del fenomeno è stata talmente vasta che la popolazione colpita
supera diversi milioni di persone. Purtroppo la risposta della comunità
internazionale è stata molto debole. Sono pochi gli organismi internazionali,
le Nazioni Unite hanno ricevuto pochissime risorse dalla comunità
internazionale.
D. – Attualmente qual è l’emergenza maggiore?
R. – L’emergenza maggiore oggi rimane ancora quella della
protezione delle persone che si trovano nelle comunità montane. Ormai i centri
urbani sono stati tutti raggiunti. Nelle montagne, invece, a causa ancora delle
frane – non più tardi di due giorni fa c’è stata ancora una scossa molto forte
che ha provocato ulteriori smottamenti – è ancora molto difficile arrivare. Gli
elicotteri sono scarsi. Noi di Intersos abbiamo dovuto organizzare dei convogli
con i quali abbiamo trasportato a bordo dei muli gli aiuti alimentari, le
tende, le coperte per la popolazione. Questa rimane ancora l’emergenza
primaria.
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I GOVERNI SI ADOPERINO PER GARANTIRE
ALFABETIZZAZIONE PER TUTTI.
E’
L’ALLARME LANCIATO DALL’UNESCO IN UN RAPPORTO PRESENTATO OGGI A LONDRA
-
Intervista con Giovanni Puglisi -
Prestando
un’attenzione solo secondaria ai 771 milioni di adulti analfabeti nel mondo, i
governi non garantiscono “educazione per tutti”. A denunciarlo è il rapporto
dell’UNESCO dal titolo “L’alfabetizzazione, una sfida per la vita”, presentato
oggi a Londra. Nel documento, fra gli altri aspetti, l’UNESCO sottolinea come
il 64 % degli analfabeti nel mondo sia di sesso femminile: un dato che non
migliora affatto rispetto a quello del 1990. A detenere il tasso di
alfabetizzazione più basso sono i Paesi dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia
meridionale. “Se la tendenza attuale persiste – avverte l’agenzia dell’ONU –
nel 2015 solo l’86% degli adulti nel mondo saprà leggere e scrivere, contro l’82%
di quelli attuali. Eugenio Bonanata ha raccolto il commento di Giovanni
Pugliesi, presidente della Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO:
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R. – Mi sembra estremamente interessante come dato che i
tre quarti degli analfabeti vivono in 12 Paesi, che posso enucleare: India,
Cina, Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Etiopia, Indonesia, Egitto, Brasile, Iran,
Marocco e Congo. Leggere questo elenco ti fa venire la pelle d’oca, perché i
due terzi di questi Paesi sono Paesi travagliati dalla guerra, dalle epidemie,
dai disastri. Questo, indubbiamente, non agevola il superamento dei problemi.
Poi, per qualche Paese la situazione è paradossale, perché pensi un po’
l’India, un Paese che produce il maggior numero di ingegneri informatici però è
uno dei Paesi in cui è concentrato uno dei tassi più alti di analfabetismo.
Pensi a Paesi come l’Iran, il Bangladesh, il Pakistan dove stiamo discutendo
nel mondo se debbano avere o non debbano avere la bomba atomica, con tutto quel
che questo comporta in investimenti di ricchezze, e questi Paesi sono i Paesi
dove si conta il maggiore tasso di analfabetismo. Credo che questo Rapporto
meriterebbe di essere molto più capillarmente conosciuto, perché fa capire dove
stanno i veri mali del mondo contemporaneo.
D. – In previsione, che ne sarà degli obiettivi stabiliti
a Dakar, che prevedono di dimezzare entro il 2014 il tasso di analfabetismo nel
mondo e di garantire l’istruzione per tutti, la parità fra i sessi, eccetera …
R. – Guardi, io credo che da questo Rapporto venga fuori
che saranno almeno 30 gli Stati che nel 2015 non potranno raggiungere i
sufficienti livelli di alfabetizzazione stabiliti a Dakar, quindi io credo che
il dato sia abbastanza negativo. Spero soltanto che i cosiddetti Paesi a
sviluppo economico avanzato e tutti gli altri Paesi, decidano di investire di
più in educazione e in alfabetizzazione. Se lei pensa che ci sono dei Paesi nei
quali un libro serve per almeno sei studenti, credo che siamo a livelli
veramente drammatici!
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GRAZIE ALL’IMPEGNO MISSIONARIO
DI DIVERSI SACERDOTI, NEGLI ULTIMI
CINQUANT’ANNI, LA
CHIESA NEL TERZO MONDO È CRESCIUTA. L’INCREMENTO
DEI PRESBITERI SI DEVE ANCHE ALL’INVITO RIVOLTO ALLE
DIOCESI DELL’OCCIDENTE
DA PIO XII, NELL’ENCICLICA
FIDEI DONUM, AD INVIARE MISSIONARI
PER UN SERVIZIO
TEMPORANEO
-
Intervista con mons. Giuseppe Andreozzi -
A
cinquant’anni dall’Enciclica Fidei Donum
di Pio XII, che invitava la Chiesa occidentale all’impegno missionario, è
cresciuto il numero dei sacerdoti in Africa e nell’America Latina. Restano
tuttavia da affrontare altre problematiche in molte diocesi del Terzo Mondo. Di
queste e delle nuove prospettive dinanzi alle quali si pongono oggi i sacerdoti
Fidei donum, ossia quelli che vengono
inviati per un servizio temporaneo in missione, si discute da ieri a Chianciano
Terme, in un Convegno organizzato dalla CEI. Al microfono di Tiziana Campisi
mons. Giuseppe Andreozzi, direttore dell’Ufficio cooperazione tra le Chiese
della CEI.
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R. – La presenza dei Fidei
donum italiani in servizio attivo ammonta a 560. La maggior parte di questi
si trova in America Latina dove ne abbiamo un numero consistente, 340. In
Africa ce ne sono 135.
D. – Ma in generale, oggi, com’è la situazione in Africa?
R. – In 50 anni è cambiata, dal punto di vista ecclesiale,
positivamente. Si sono costituite molte Chiese, molte diocesi. Ci sono vescovi
locali e c’è stata anche una forte crescita di vocazioni sacerdotali e del
numero dei sacerdoti locali. Però, a questa crescita, non corrisponde un
livello adeguato di formazione, per cui anche i vescovi africani chiedono alle
nostre Chiese di inviare formatori, formatori per i seminari, formatori per il
personale di servizio apostolico nelle diocesi, nelle curie.
D. – Con la Fidei
Donum di Pio XII anche i laici hanno collaborato insieme ai sacerdoti Fidei donum…
R. – L’incontro è stato positivo, felice. Precedentemente
l’impegno era molto più forte sul volontariato internazionale. Oggi non sono
pochi anche i laici, proprio come Fidei
donum, come amano definirsi in buona parte così anch’essi. Nella Conferenza
episcopale italiana il desiderio dei laici è stato in qualche modo accompagnato
attraverso anche l’istituzione di specifiche convenzioni tra vescovi per la
presenza di questi laici. In tre anni abbiamo contato 181 convenzioni. Con
qualche rientro oggi sono in servizio 150 laici.
D. – Da questo convegno ripartite verso coraggiose
prospettive. Quali?
R. – Coraggiosa prospettiva è che una diocesi abbia fiducia
che nel dare un proprio sacerdote si riceve. Si riceve nel cammino di fede, si
riceve in vocazioni, si riceve in crescita delle comunità. Dall’altra,
coraggiose prospettive sono anche
quelle sulle frontiere, sia geografiche, che culturali, che spirituali, dove
deve svolgersi oggi il servizio dei Fidei
donum. L’Africa sembra il continente più provato. L’Asia è stata più volte
richiamata come la sfida della missione per il Terzo Millennio.
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9 novembre 2005
OGGI LA CHIESA CELEBRA LA FESTA DELLA DEDICAZIONE
DELLA
BASILICA LATERANENSE, MADRE DI TUTTE LE CHIESE
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
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ROMA. =
La Basilica Lateranense, “madre di tutte le Chiese dell’Urbe e dell’Or-be”, è
stata la prima chiesa ad essere pubblicamente consacrata. L’imperatore romano
Costantino, dopo essersi convertito alla religione cristiana, donò infatti a
Papa Miliziade il Palazzo del Laterano. La Cattedrale di Roma è il simbolo
della fede dei cristiani nei primi secoli dopo Cristo, che sentivano la
necessità di riunirsi in un luogo comune e consacrato per celebrare la Parola
di Dio. La Basilica, consacrata da Papa Silvestro il 9 novembre del 324, fu
inizialmente dedicata al Santissimo Salvatore, e successivamente fu intitolata,
sotto il Pontificato di San Gregorio Magno, anche ai Santi Giovanni Battista e
Giovanni Evangelista, a ciascuno dei
quali era consacrato un oratorio annesso al battistero. La Basilica del Laterano,
coi palazzi adiacenti, fu inoltre per molti secoli sede abituale del vescovo di
Roma. L’ultimo fu Papa Bonifacio VIII, che proclamò nella cattedrale il primo
Giubileo del 1300. Poi, all’inizio del 1300, cominciò l’esilio avignonese e
quando nel 1378 il Papa tornò a Roma, andò a risiedere in Vaticano perché il
Patriarcato era stato distrutto. Per mille anni, la storia di Roma cristiana
gravitò intorno alla Basilica Lateranense, adornata con splendide opere d’arte
donate da Papi, imperatori, re e fedeli, segno della loro intensa fede in Cristo.
Nell’atrio, è collocata la statua di Costantino e la porta in bronzo, con
battenti provenienti dalla curia del Foro, è considerata il simbolo del
passaggio dalla Roma pagana a quella cristiana. L’altare papale racchiude,
inoltre, l’antico altare ligneo che sarebbe stato usato dai primi 33 Papi, da
San Pietro a San Silvestro. Il chiostro, dall’impareggiabile e raffinato gusto
decorativo, è ispirato all’arte araba. Attorno alla Basilica si può ammirare,
infine, una ricchissima sintesi architettonica: dall’obelisco egizio di granito
rosso, il più antico e il più alto dei 13 che adornano Roma, ai resti di età
imperiale; dal romanico al tardo Rinascimento e al barocco.
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IL
RELATIVISMO MORALE POTREBBE PROVOCARE UNA “CATASTROFE ANTROPOLOGICA”:
IL MONITO
LANCIATO DAL CARDINALE TOMKO, INVIATO SPECIALE DEL PAPA
AL
PRIMO CONGRESSO EUCARISTICO INTERNAZIONALE UNIVERSITARIO,
ORGANIZZATO
NELL’ATENEO CATTOLICO SAN ANTONIO DI MURCIA, IN SPAGNA
MURCIA. = Si apre oggi a Murcia, in Spagna, il primo
Congresso eucaristico internazionale universitario, organizzato dall’Ateneo cattolico della città intitolato a San Antonio
(UCAM), con l’intento di rendere omaggio al defunto Papa Giovanni Paolo II ed
offrire un contributo di riflessione nel contesto dell’Anno eucaristico.
Da qui la scelta del tema: “L’Eucaristia,
cuore della vita cristiana e fonte della missione evangelizzatrice della
Chiesa”. Alle celebrazioni, prende parte il cardinale Jozef Tomko, presidente del
Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici, Inviato speciale di Benedetto XVI. I lavori prevedono conferenze, tavole rotonde e catechesi su ambiti
collegati all’Eucaristia e alla religiosità popolare, quali la presenza reale
di Cristo nel Sacramento dell’altare, l’Eucaristia e l'iniziazione cristiana;
l’Eucaristia vincolo di unità familiare e comunitaria. Tra i relatori figurano,
con il cardinale Tomko, i porporati Carlos Amigo Vallejo, arcivescovo di
Siviglia, Nicolás de Jesús López Rodríguez, arcivescovo di Santo Domingo, il
cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio della
Salute, e il cardinale Darío Castrillón Hoyos, prefetto della Congregazione per
il Clero, nonché l’arcivescovo Paul Joseph Cordes, presidente del Pontificio
Consiglio “Cor Unum”. Interverranno
anche responsabili di movimenti e comunità ecclesiali, quali Comunione e
Liberazione, Comunità di Sant’Egidio, Cammino Neocatecumenale, Rinnovamento
Carismatico, Focolari. Nella giornata di ieri, il cardinale Tomko ha inaugurato
l’Anno accademico dell’Università cattolica San Antonio, dedicando il suo
discorso alla crisi etica delle società occidentali, in particolare additando
I
MEDIA PER UNA CULTURA DI PACE, RISPETTO E SOLIDARIETA’:
L’IMPEGNO
DELL’ASSOCIAZIONE CATTOLICA MONDIALE PER
(SIGNIS),
RIUNITA A CONGRESSO, A LIONE, IN FRANCIA. PRESENTE AI LAVORI
L’ARCIVESCOVO
JOHN P. FOLEY, CHE HA SOTTOLINEATO L’IMPORTANZA
DI UNA
RETE DI COMUNICAZIONE, COMUNIONE E COOPERAZIONE, RICHIAMANDO
IL
MESSAGGIO DELLA PROSSIMA GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI
LIONE. = “Un cambiamento
fondamentale” nel modo di comunicare attraverso i media “per contribuire ad un
mondo di pace, rispetto e solidarietà”. E’ quanto auspica l’Associazione cattolica mondiale
per la comunicazione (SIGNIS) in una Dichiarazione dal titolo “Media per
una cultura di pace”, presentata nell’ambito del Congresso mondiale, riunito in
questi giorni a Lione, in Francia. Presente ai lavori l’arcivescovo John P.
Foley, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, che ha
portato quest’oggi la benedizione del Papa a tutti i partecipanti, ed ha poi
richiamato nel suo intervento il messaggio della prossima Giornata mondiale
delle comunicazioni 2006, dedicata al tema “Media, rete di comunicazione,
comunione e cooperazione”: un “motto” che ben si addice – ha rilevato il
presule – al prezioso lavoro del SIGNIS, organizzazione non governativa,
fondata nel 2001, presente oggi in 140 Paesi di tutto il mondo, che riunisce i
professionisti di radio, televisione, cinema, video, educazione ai media,
Internet e nuove tecnologie. “All’inizio del XXI secolo - si legge nella Nota del SIGNIS - è
necessario sviluppare una cultura di pace” “per risolvere i conflitti, non
secondo la forza del potere, ma rispettando le norme accettate a livello
internazionale, la regola della legge e del negoziato, allo scopo di
raggiungere la pienezza di vita per ciascuno”. E “la pace coinvolge
necessariamente i media”, che hanno come obiettivo fondamentale “di contribuire
alla comprensione e alla solidarietà reciproche”, in società sempre più
“pluraliste e multiculturali”, che possono indurre “incomprensioni e paure”. Da
qui, gli obiettivi proposti dal SIGNIS di favorire la capacità dei media di
mettere individui, gruppi e popoli in comunicazione tra loro, di sviluppare la
capacità critica del pubblico, di fornire spazi per il dialogo inter-religioso
e interculturale e il dibattito democratico, di essere attenti alla forza
emotiva oltre che delle parole, dei suoni e delle immagini, di incoraggiare i
media a rispettare il pubblico, senza cedere a forme di censura economica e
politica e ad altre pressioni, di essere attenti al ruolo dei media nei
conflitti. Tale impegno, conclude la dichiarazione del SIGNIS, richiederà
“coraggio” e comporterà “rischi”, cosi come accade a “molti professionisti dei
media che continuano a subire opposizioni e violenze”. “Molti di loro hanno
perso la propria vita. Promuovere la cultura della pace è un modo per onorare
la memoria del loro sacrificio”. (R.G.)
RIUNITI
IN ASSEMBLEA GENERALE, A MONOPOLI, IN PUGLIA
170
SUPERIORI MAGGIORI ITALIANI, CHIAMATI A RIFLETTERE SUI COMPITI
DEGLI
ORGANI DI GOVERNO, “UN SERVIZIO DI COMUNIONE
E CORRESPONSABILITA”
- A
cura di padre Egidio Picucci -
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MONOPOLI.
= Proseguono a Monopoli, in Puglia, i lavori della 45.ma assemblea generale
della Conferenza italiana superiori maggiori, iniziati ieri mattina con una concelebrazione
presieduta da mons. Paolo Romeo, nunzio apostolico in Italia, immancabile
all’appuntamento che da qualche anno la conferenza organizza in regioni
diverse. Il tema di quest’anno, “Il superiore maggiore e il suo Consiglio: un
servizio di comunione e di corresponsabilità”, è stato illustrato dal
presidente don Mario Aldegani, il quale ha ricordato ai 170 partecipanti che i
compiti degli organismi di governo si riassumono nel guidare il cambiamento in
atto, nello svegliare realtà locali che rischiano di soffocare i segni del
cambiamento, nell’aiutare chi ha bisogno a disseppellire talenti nascosti e nel
saper creare nuovi assetti, perché governare secondo il principio della
continuità porta alla crisi di vitalità. Autorità come servizio, quindi, a imitazione
di Colui che è venuto per servire e non per essere servito. Molto interessante
l’analisi fatta tra i membri dei 130 Istituti che aderiscono alla Conferenza e
riguardante l’unità di vedute tra il provinciale e il suo Consiglio, identica
nel 75 per cento dei casi; il numero di consiglieri per il 53 per cento non
superiore ai 3,4 elementi, la loro elezione per il 61 per cento dovuta al
capitolo provinciale, la fisionomia del provinciale, generalmente un 60.enne,
proveniente dai vecchi seminari largamente discussi e tra i quali ha la
prevalenza assoluta quello della turnazione, seguita dalle riflessioni sulla
spiritualità dell’Istituto. Molto bassa, secondo l’indagine, la percentuale dei
provinciali entrati nell’Istituto come vocazioni adulte. Per domani, giovedì
10, è prevista l’elezione del nuovo presidente della Conferenza, che chiuderà i
lavori della mattinata di venerdì 11.
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“IL DIALOGO DI VITA CON I
MUSULMANI”. SU QUESTO TEMA SI È TENUTO
NELLA PROVINCIA MERIDIONALE THAILANDESE DI KRABI UN
SEMINARIO
ORGANIZZATO DALLA COMMISSIONE EPISCOPALE
PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO E CULTURALE
KRABI.
= Sui temi della convivenza e dell’integrazione tra fedi diverse si è tenuto di
recente un seminario nella provincia meridionale thailandese di Krabi, nella diocesi di Surat Thani. All’incontro,
promosso dalla locale Commissione episcopale per il Dialogo interreligioso e culturale, hanno preso parte numerosi
esponenti religiosi. L’obiettivo è stato quello di promuovere un dialogo
crescente fra le comunità musulmane e buddiste dell’area, le cui differenze di
carattere religioso sono spesso oggetto di strumentalizzazione politica. Il toh-kru (maestro islamico) Suhthorn
Simun, intervenuto in tale occasione, ha infatti ricordato come musulmani e
buddisti vivano nel reciproco rispetto, consapevoli di essere tutti ugualmente
partecipi della dignità umana. Sono piuttosto a livello politico i problemi che
da tempo causano violenze nel sud della Thailandia, in particolare nelle tre
province di Pattani, Narathiwat e Yala. Il 70 per cento circa della popolazione
vive in condizioni di povertà estrema che spingono frequentemente alla
violenza. Gli abitanti di queste zone sono tuttavia convinti – ha aggiunto il toh-kru – che l’unico modo per vivere
insieme in una comunità che unisce fedeli appartenenti a differenti credi
religiosi sia quello della comprensione e dell’amore reciproci. Indirizzate
verso questa strada, secondo quanto riferito dallo studioso, sono già alcune
scuole islamiche, nelle quali gli insegnanti si impegnano a che i loro alunni
possano imparare ad amare il loro Paese e cooperare per il superamento delle
sue divisioni interne. A questo proposito, il segretario generale della
Commissione, padre Phaisarn Arnamwat, ha sottolineato che i cattolici, seppur
minoritari nella regione, intendono fornire un valido apporto alla costruzione
di un comune terreno di pace. Così si era espresso d’altronde il Concilio
Vaticano II, parlando dell’esistenza di una fratellanza fra cattolici e
musulmani, tutti discendenti dal comune padre Abramo. Significativa la
decisione di tenere proprio nel sud della Thailandia il seminario. Come rileva
padre Arnamwat, qui il disastro provocato dallo tsunami del dicembre 2004 e i
soprusi subiti dalla popolazione a causa dell’odio interreligioso sono stati
devastanti: qui maggiori dovranno essere allora gli sforzi per riportare la
situazione alla normalità. Le province meridionali sono abitate in prevalenza
da musulmani, i quali costituiscono però una minoranza nel resto del Paese, dove
la religione professata dalla maggioranza degli abitanti è quella buddista. Si
aggiungono a questo variegato panorama i cattolici, oltre 6 mila nelle aree del
sud. (A. R.)
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9
novembre 2005
- A cura
di Fausta Speranza -
Gli effetti dello stato
d’emergenza in Francia cominciano a farsi sentire. Ma anche l’ultima notte è
trascorsa all’insegna dei tumulti, inscenati dai gruppi di giovani di origine
maghrebina. Non è chiaro se davvero le misure eccezionali del governo abbiano
avuto già un effetto. Il nostro servizio:
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Il
primo ministro Dominique de Villepin ha pubblicato un decreto che riprende una
legge in vigore 50 anni fa che dà, tra l’altro, a funzionari del governo il
potere di imporre il coprifuoco per assicurare il controllo del territorio.
Dunque, a Parigi e in altre 37 zone urbane, cittadine
o città, sono entrati in vigore gli eccezionali provvedimenti di sicurezza, dopo 13 notti di accesi disordini,
centinaia e centinaia di macchine date alle fiamme. Nelle ultime ore il numero
degli arresti è arrivato a 204, dai 151 delle precedenti notti. De Villepin ha
concentrato su queste operazioni altri 1500 poliziotti e ha fatto richiamare
8000 riservisti. Le maggiori città in cui entra in vigore il coprifuoco sono:
Marsiglia, Strasburgo, Lione e Tolosa, oltre alle periferie di Parigi dove i
disordini sono cominciati il 27 ottobre. Da parte sua, l’opposizione socialista
annuncia che monitorerà da vicino l’applicazione delle legge, votata nel 1955
quando la Francia temeva che
l’insurrezione in Algeria potesse espandersi in Francia. E sulla stampa
qualcuno esprime perplessità sulla linea dura del primo ministro: il quotidiano
Le Monde scrive che per il fatto di evocare “una legge datata all’era coloniale
francese” Villepin mostra di non avere
i nervi saldi che il suo ruolo politico richiede. Intanto, i timori su
possibili altre insurrezioni in altri Paesi europei hanno avuto ripercussioni
sul valore dell’euro che ha avuto una flessione. Mentre in tema di economia, ma
in ambito francese, resta da dire che qualcuno esprime preoccupazioni per
perdite a investimenti e al settore del turismo.
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Il movimento islamico palestinese
Hamas si è detto oggi pronto a negoziati con Israele. Mahmoud Zahar, uno dei
principali capi del gruppo radicale, lo ha affermato in un’intervista
rilasciata al corrispondente della radio israeliana accolto nella sua casa a
Gaza. Le sue parole suonano molto pragmatiche in vista delle elezioni
palestinesi del prossimo gennaio. Il capo di Hamas afferma che il voto non è
l’obiettivo del gruppo ma un possibile mezzo.
E aggiunge: se ci permetteranno di liberare le nostre terre, di
liberare i palestinesi detenuti in
Israele, di ricostruire ciò che è stato distrutto dall’occupazione israeliana,
allora noi potremmo effettivamente discutere.
Due attacchi terroristici in territorio britannico sono stati sventati
dopo quello dello scorso 7 luglio a
Londra. Lo ha detto il premier britannico Tony Blair, parlando davanti alla camera dei Comuni, alla vigilia del voto
dei deputati per l’approvazione di una disposizione del nuovo pacchetto di
norme antiterrorismo, che prevede l’estensione a 90 giorni del fermo dei sospetti terroristi, senza la previa
incriminazione formale.
E a Londra è stato richiamato d’urgenza il ministro delle finanze
britannico, Gordon Brown, da poco arrivato in Medio Oriente per degli incontri
con le autorità israeliane e palestinesi. A Londra infatti si deve votare oggi
la nuova legge anti-terrorismo, per la quale è ancora aperto un forte dibattito
alla Camera dei Comuni.
E sempre a Londra è in visita il
presidente cinese Hu Jintao, che sarà ricevuto oggi dal premier britannico Tony
Blair. Al centro dei colloqui bilaterali, la sicurezza internazionale e i
cambiamenti climatici. Domani Hu Jintao sarà in Germania.
Due mesi dopo le presidenziali che hanno confermato con l’89% dei
voti Hosni Mubarak alla presidenza del Paese, oltre trenta milioni di egiziani sono
chiamati oggi alle urne per eleggere un nuovo Parlamento. Si tratta della prima
tornata elettorale. Oltre 5 mila i candidati, di cui 23 le donne, che si
contendono i 444 seggi dell’assise, che ne conta altri dieci riservati a nomina
presidenziale. E mentre l’opposizione già denuncia possibili brogli in tutto il
Paese, l’unica novità rilevante è data dalla presenza dei “Fratelli musulmani”,
l’organizzazione proibita da mezzo secolo, ma tollerata, che oggi di fatto esce
dalla illegalità.
Bassa
affluenza alle urne e nessun incidente. Si è svolto, dunque, in maniera
regolare in Liberia il secondo turno delle elezioni presidenziali. In lizza 2
candidati: l’ex campione del Milan, Gorge Weah, ed Ellen Johnson Sirleaf, che già nel ’97 si era
presentata alle presidenziali, arrivando seconda dopo Charles Tay-lor.
Il repubblicano e magnate
dei media Michael Bloomberg è stato
riconfermato sindaco di New York,
sconfiggendo il candidato democratico Fernando Ferrer con il 59% delle
preferenze contro il 39% dei consensi raccolti dal rivale. Lo riferisce la commissione elettorale
comunicando i dati preliminari
definitivi.
Mettere in pratica l’accordo
sulla denuclearizzazione della penisola coreana faticosamente raggiunto nel
settembre scorso. Questo l’obiettivo principale dei negoziati a sei che, fino a
venerdì, impegneranno a Pechino i rappresentanti delle due Coree, Stati Uniti,
Cina, Russia e Giappone. Il servizio di Chiaretta Zucconi:
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Negoziati non certo facili,
perché di fatto da settembre Washington e Pyongyang, principali protagoniste di
una crisi che va ormai avanti da tre anni, sono rimaste ferme sullo stesso
punto. La Nord Corea chiede che i due reattori ad acqua leggera, dei quali il
Paese asiatico ha estremo bisogno per fronteggiare le croniche carenze
energetiche, gli siano forniti prima di rinunciare al programma di sviluppo
atomico. Gli Stati Uniti, appoggiati dai fedeli alleati giapponesi, sostengono
invece che la questione dei reattori debba essere affrontata dopo che i nord
coreani avranno rispettato gli impegni contenuti nell’accordo di due mesi fa e
in cui la Nord Corea accetta di abbandonare le proprie ambizioni atomiche, di
rientrare a far parte degli accordi nucleari internazionali e di aprire le
porte del Paese agli ispettori dell’Agenzia per l’energia atomica. Decisiva
potrebbe essere a questo punto la mediazione della Cina.
Per Radio Vaticana, da Tokyo,
Chiaretta Zucconi.
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Il governo azero deve “accettare la volontà del popolo”
con l’indizione di nuove elezioni. E’ quanto chiede l’opposizione dopo le
controverse legislative dello scorso 6 novembre in Azerbaigian. Nel Paese,
intanto, sono in corso manifestazioni di protesta. Il servizio di Amedeo
Lomonaco:
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In Azerbaigian, Paese ricco di petrolio e di giacimenti di
gas naturali, migliaia di persone con bandiere di color arancione - colore
simbolo della rivoluzione in Ucraina - stanno sfilando tra le strade della
capitale Baku per chiedere l’annullamento delle legislative di domenica scorsa.
Per il momento, sono stati annullati i risultati di due circoscrizioni. La
decisione è stata presa dalla commissione elettorale centrale che ha anche
richiesto la revisione dell’esito elettorale in altri distretti in seguito a
denunce di brogli e irregolarità. A spoglio quasi ultimato, il partito
attualmente al potere, “Nuovo Azerbagian” del presidente Aliev, avrebbe
ottenuto la maggioranza dei voti, conquistando 63 dei 125 seggi in Parlamento.
Ma gli osservatori dell’Organizzazione per la
Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) hanno definito “non
democratica e non trasparente” la consultazione. La Russia, invece, è in
disaccordo con le conclusioni dell’OSCE. Il presidente russo, Vladimir Putin,
si è congratulato telefonicamente con il capo di Stato azero per l’ormai
scontata vittoria nelle elezioni. “Il risultato della consultazione - ha detto
Putin - servirà a consolidare la democrazia e la stabilità”.
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A stragrande maggioranza, l’ONU ha chiesto agli Stati
Uniti di rimuovere l’embargo imposto a Cuba dal 1961. La mozione approvata
all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, non vincolante per Washington, mira
a togliere anche le sanzioni contro le imprese straniere che hanno rapporti
commerciali con Cuba. E’ la quattordicesima volta che l’ONU si esprime contro
l’embargo. In questa occasione, 182 Paesi si sono schierati contro gli Stati
Uniti, che hanno avuto dalla loro parte solo Israele, Palau e Isole Marshall.
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