RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
310 - Testo della trasmissione di domenica 6 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Inaugurato a Bali in Indonesia il primo santuario mariano.
Clima teso per le elezioni in Azerbaigian. Dopo
gli scontri dei giorni scorsi, oggi i cittadini alle urne, ma gli osservatori
internazionali denunciano i primi casi di brogli
In Argentina, concluso il Summit delle Americhe
senza un accordo per la creazione di un’area di libero commercio
6
novembre 2005
LEGGERE E MEDITARE LA SACRA SCRITTURA CON
ASSIDUITA’
PER RINSALDARE LA FEDE, COME 40 ANNI FA INSEGNO’
LA DEI VERBUM .
L’INVITO DEL PAPA ALL’ANGELUS IN PIAZZA SAN PIETRO
Quarant’anni
fa, la Chiesa riscoprì, sotto una nuova luce, l’essenza della Rivelazione di
Gesù, grazie alla costituzione conciliare Dei
Verbum. Davanti a una Piazza San Pietro gremita di persone nonostante la
pioggia, Benedetto XVI si è soffermato stamattina all’Angelus sull’anniversario
del documento conciliare, ribadendo la centralità del Vangelo nella vita della
Chiesa e la responsabilità dei vescovi nel trasmetterne integralmente il messaggio.
Il servizio di Alessandro De Carolis:
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Una Parola di Dio letta
personalmente più e più volte, meditata con l’intelletto e con il cuore,
“ruminata” quasi, per cogliervi all’interno l’essenza della Rivelazione di
Gesù, così come la Chiesa, dalla sua nascita, trae vita e orientamento dal
Vangelo, trasmesso nei secoli dai vescovi. Benedetto XVI ha dedicato l’Angelus
di questa mattina al significato che il Concilio Vaticano II raggiunse con
l’approvazione, avvenuta il 18 novembre 1965, della costituzione dogmatica Dei Verbum, un documento che il Papa
stesso ha definito “una delle colonne portanti dell’intero edificio
conciliare”.
Sotto il cielo scuro di una Roma
che ha conosciuto le piogge di inizio novembre ma non ancora i primi rigori dell’autunno,
migliaia di persone radunatesi in Piazza San Pietro hanno ascoltato dal
Pontefice – che fu giovane consulente al Concilio – l’importanza della Dei Verbum, dedicata – ha spiegato il
Papa - alla Rivelazione di Dio fatta da Cristo con la sua missione terrena,
alla trasmissione di questo mistero, all’ispirazione e all’interpretazione
della Sacra Scrittura, tutti elementi fondamentali della vita e
dell’insegnamento che da duemila anni la Chiesa testimonia e diffonde nel
mondo:
“Gli apostoli e i loro successori, i vescovi, sono i depositari del
messaggio che Cristo ha affidato alla sua Chiesa, perché fosse trasmesso
integro a tutte le generazioni. La Sacra Scrittura dell’Antico e del Nuovo
Testamento e la sacra tradizione contengono tale messaggio, la cui comprensione
progredisce nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo. Questa stessa
tradizione fa conoscere il canone integrale dei Libri sacri e li rende rettamente
comprensibili e operanti, così che Dio, il quale ha parlato ai Patriarchi e ai
Profeti, non cessa di parlare alla Chiesa e, per mezzo di questa, al mondo”.
Benedetto XVI ha riaffermato una
verità evidente agli occhi della fede: la Chiesa, ha detto, “non vive di se
stessa ma del Vangelo e dal Vangelo sempre trae orientamento per il suo
cammino”. Grazie alla Dei Verbum,
un nuovo e “forte impulso” è stato dato “alla valorizzazione della
Parola di Dio”. Lo dimostrano 40 anni di teologia, di catechesi, di ecumenismo,
fioriti dal Vaticano II:
“Tra i molteplici frutti di questa primavera biblica mi piace
menzionare la diffusione dell’antica pratica della lectio divina, o
“lettura spirituale” della Sacra Scrittura. Essa consiste nel rimanere a
lungo sopra un testo biblico, leggendolo e rileggendolo, quasi “ruminandolo”
come dicono i Padri, e spremendone, per così dire, tutto il “succo”, perché
nutra la meditazione e la contemplazione e giunga ad irrigare come linfa la
vita concreta”.
Nel concludere il suo intervento
prima della recita dell’Angelus, il Papa ha ricordato come l’atteggiamento di
Maria che accoglie l’arcangelo Gabriele leggendo le Scritture sia una metafora
della Chiesa stessa che, come il Concilio Vaticano II scrisse nella Dei Verbum, resta in “religioso ascolto
della Parola di Dio”:
“Preghiamo perché, come Maria, la Chiesa sia docile ancella della
divina Parola e la proclami sempre con ferma fiducia, così che “il mondo intero
ascoltando creda, credendo speri, sperando ami”.
Tra i messaggi di saluto in sei
lingue dopo la preghiera mariana, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero
particolare a centinaia di pellegrini provenienti da alcune località del centro
Italia, oltre che agli appartenenti dell’UNITALSI del Comune versiliano di
Pietrasanta.
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A
VICENZA, LA BEATIFICAZIONE DI EUROSIA FABRIS, MAESTRA DI SANTITA’ FAMILIARE. IL
RITO PRESIEDUTO NEL POMERIGGIO DA MONS. NOSIGLIA,
ALLA
PRESENZA DEL CARDINALE SARAIVA MARTINS
-
Intervista con padre Fabio Longo -
Fu
conosciuta da tutti semplicemente come “Mamma Rosa”. La sua grandezza fu quella
di aver saputo trasformare una famiglia numerosissima – nove figli più quattro adottivi
– in una scuola di santità. Ed è questo tratto di eccellenza evangelica che la
Chiesa riconosce a Eurosia Fabris, la donna vicentina che oggi pomeriggio verrà
beatificata durante una solenne cerimonia nella cattedrale di Vicenza. A
presiedere il rito e a tenere l’omelia sarà il vescovo Cesare Nosiglia, mentre
la formula di Beatificazione verrà letta, a nome del Papa, dal cardinale
Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nata nel
1866 nel vicentino, Eurosia plasmò il marito e i figli con la mitezza del suo
carattere e una fede profonda, alimentata dal carisma francescano cui era
legata dalla militanza nel Terz’Ordine. Morì nel 1932. Sulle caratteristiche di
santità della nuova Beata, Giovannni Peduto ha intervistato il vice postulatore
della Causa di beatificazione, padre Fabio Longo:
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R. - Eurosia è stata una Mamma che con assoluta
dedizione e spirito di sacrificio ha vissuto lo stato matrimoniale come una
vocazione, nel compimento generoso e perseverante dei suoi impegni di sposa e
di madre. La sua vita semplice è “straordinariamente ordinaria”. E’ la conferma
di quanto ci ha insegnato il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, che cioè “la
santità non è privilegio di pochi” e che “le vie della santità sono molteplici
e adatte alla vocazione di ciascuno”.
D. – Padre, ci descriva
l’ambiente in cui Eurosia ha vissuto...
R. - Mamma Rosa esprime tutta la ricchezza
dell’ambiente socio-religioso vicentino del periodo a cavallo tra il XIX e il
XX secolo, caratterizzato da una fede operosa, da una fedeltà a tutta prova
alla Chiesa e da una concezione della vita intesa come un dono ricevuto dal
Signore per operare il bene. Questi valori Eurosia li testimoniò con animo francescano,
soprattutto da quando, nel 1916, entrò a far parte dell’Ordine francescano secolare,
di cui visse gli impegni con spirito di povertà e di perfetta letizia, anche in
momenti difficili della sua vita.
D. - Un episodio
peculiare della sua vita?
R. - La tragedia che colpì Carlo Barban nel 1885, a
seguito della morte della sua giovanissima moglie, fu l’evento che determinò la
vocazione della Fabris. Non solo perché la indusse a farsi carico di una
famiglia venuta a trovarsi in gravi difficoltà, ma perché scoprì che il Signore
la chiamava allo stato coniugale, vissuto come una risposta al Dio dell’amore
che le chiedeva di collaborare con Lui, con il dono totale di stessa.
D. – Qual è il messaggio
di Eurosia per l’uomo di oggi?
R. - San Giovanni Calabria, che conobbe Eurosia
Fabris, nel 1947 così scriveva ad uno dei figli di “Mamma Rosa”: “L’esempio di
una santa, madre di famiglia, sarebbe oggi molto efficace e provvidenziale;
perché mai, come in questo generale smarrimento, c’è bisogno di questi esempi,
per arginare la corruzione che dilaga e salvare la famiglia, unico mezzo per
risanare l’odierna società tanto malata”. La Chiesa conferma il pensiero di un
Santo, additando Eurosia Fabris all’imitazione di tutte le mamme, nel cui cuore
è racchiuso il futuro della nostra società.
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6
novembre 2005
CONTINUA LO STATO DI GUERRIGLIA URBANA IN FRANCIA:
DOPO LA RIVOLTA NEI SOBBORGHI PARIGINI, LE VIOLENZE COLPISCONO PER LA PRIMA
VOLTA IL CENTRO DELLA CAPITALE E SI ESTENDONO ANCHE AD ALTRE CITTÀ FRANCESI
- Intervista con Giuseppe Bettoni -
Quasi
1.300 automobili distrutte e 312 persone fermate: queste le cifre della decima
notte di violenze nei sobborghi parigini e in provincia. La rivolta si è ormai
estesa ad altre città della Francia. Diverse auto sono state date alle fiamme a
Rennes, Nantes, Rouen, Lione e Tolosa. Per la prima volta è stato anche colpito
il centro di Parigi, dove una bottiglia molotov è stata lanciata contro alcune
automobili. Intanto, il ministro francese dell’Interno, Nicolas Sarkozy, si è
riunito ieri sera con i responsabili delle forze dell'ordine per rafforzare il
dispositivo di sicurezza. Ma cosa dire della risposta
della politica? Fausta Speranza lo ha chiesto al professor Giuseppe Bettoni,
docente di geopolitica all’Università Roma Tre:
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R. –
C’è una diatriba interna tra de Villepin, il primo ministro attuale, e Sarkozy,
ministro degli Interni, il più importante candidato alla successione a Chirac.
C’è una diatriba interna per una questione molto importante invece di lungo
periodo: la gestione delle periferie francesi, dove buona parte della comunità
maghrebina, marocchina, tunisina, algerina non è mai veramente riuscita ad
integrarsi nella comunità attuale francese. Da una parte c’è Sarkozy, che
reagisce molto duramente e impone una fermezza di tutto rilievo, perché vuole
conquistarsi un elettorato per le prossime elezioni. Dall’altra, de Villepin,
che invece non ha nessun interesse in questa cosa e vuole solamente disinnescare
un conflitto che potrebbe andare sul lungo periodo.
D. – E del ruolo della politica
negli anni scorsi, che cosa dire?
R. – Trent’anni di politica di gestione delle periferie francesi,
condotta in una maniera personalmente, credo, devastante, e per molti altri più
o meno sbagliata. Periferie dove vengono mandate decine di migliaia di persone
che non ricevono una vera opportunità di integrazione sociale.
D. – E’ vero che si tratta di un
gruppo apolitico e disorganizzato, come lo definisce la stampa?
R. – Sicuramente sì,
nell’immediato. La stampa dice bene quando afferma così, ma trascura un
aspetto. Dovete sapere che all’interno della comunità musulmana francese ci
sono due parti molto importanti. Il Consiglio della comunità del culto musulmano
- creato da Sarkozy proprio per avere un interlocutore ufficiale dei musulmani
- è composto da due comunità. La prima, la più importante, che è quella
moderata, è quella che fa capo al presidente, il rettore della moschea di
Parigi, il quale però è molto vicino al governo algerino. L’altra parte, quella
dei musulmani più francesi, più legati alla “patria”, è legata alla comunità
marsigliese,e sicuramente più integralista nel culto. C’è un problema importante.
Se vuoi interloquire con i musulmani più moderati vai ad interloquire con quelli
però legati ad un governo straniero, quello algerino. Se vuoi interloquire con
dei musulmani più vicini al governo francese, vai però ad interloquire con
musulmani più integralisti. Quindi, è un po’ una quadratura del cerchio, non
facile da gestire. C’è però un problema profondamente interno alla comunità musulmana. Dalil Boubakeur, il rettore della moschea di Parigi, presidente di
questo culto musulmano, quando si è recato sui luoghi degli scontri è stato
preso a sassate alla sua uscita dalla moschea, perché è stato rigettato da
molti dei musulmani di quei quartieri. Quindi, anche lì il problema è ancora
più di ampia dimensione.
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L’OBLIO INTERNAZIONALE, NEMICO DEI TERREMOTATI IN
PAKISTAN.
DOPO LA DENUNCIA DEL PRESIDENTE MUSHARRAF, LE ONG
CHIEDONO ATTENZIONE
PER ARGINARE I PERICOLI INVERNALI DEL FREDDO E
DELLA FAME
- Intervista con Suhail Sidiq -
Due giorni fa, il presidente
pakistano, Musharraf, aveva stigmatizzato il comportamento dell’Occidente nei
riguardi della tragedia provocata dal terremoto nel Kashmir. A dire del capo
dello Stato, la solidarietà delle prime settimane è andata scemando al punto
che oggi il Paese si sente dimenticato, rispetto ad altre tragedie come lo tsunami o l’uragano Katrina che hanno
potuto beneficiare di un’attenzione mediatica più prolungata e di analoghi
aiuti umanitari. Adesso, si profila all’orizzonte un doppio pericolo per le popolazioni
colpite: il freddo e la fame. Sulla questione, il collega francese Jean-Michel
Petaux ha sentito Suhail Sidiq, membro dell’organismo Sisma Pakistan:
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R. – LE DANGER ,VOILA, IL Y A UN DOUBLE DANGER, C’EST
CELUI DE …
Il pericolo in realtà è un
doppio pericolo: quello dell’oblio, come l’abbiamo già constatato dai media. Il
terremoto in Pakistan è passato in subordine, se non addirittura in ultima
posizione nei giornali. Questo indica chiaramente che la tragedia è stata dimenticata.
E’ necessario quindi che i media si “sveglino” e restituiscano la giusta importanza
a questo dramma. I morti sono 50 mila più 80 mila feriti, il che porta il
totale a circa 150 mila vittime. Il rischio adesso è che se ne aggiungano altre
23 mila a causa del freddo. E’ la prima volta che, nell’ambito di un dramma, se
ne debba temere un secondo, mentre lo si potrebbe evitare il secondo inviando
denaro, coperte, tende, medicinali per dare a queste persone la speranza di
riuscire a sopravvivere tre-quattro mesi: se si riesce a reggere da novembre a
marzo, la ricostruzione potrà essere affrontata serenamente.
D. – Perché gli aiuti
arrivano meno rapidamente?
R. – IL Y A PLUS D’UNE RAISON. …
Le ragioni sono molteplici.
Prendiamo ad esempio lo tsunami: i
luoghi colpiti sono di interesse turistico, la gente c’è stata o aspira a
recarvisi, un giorno, in vacanza. Ecco perché c’è stato un interesse fortissimo
e immediato da parte di tutti i media e di tutti gli Stati. Questa può essere
una parte della spiegazione. Per quanto riguarda il Pakistan, poi l’approccio è
più difficile: da anni è presentato come un Paese in preda al fanatismo,
sconvolto dal terrorismo, mentre le vittime del terremoto sono nella
maggioranza bambini e adulti che vivono da decenni nelle montagne del Kashmir,
che non conoscono l’uso della corrente elettrica, che come unica medicina
conoscono quella a base di erbe, quindi una medicina rudimentale. A volte non
c’è nemmeno una strada che porta ai villaggi, dove si arriva a dorso d’asino o
di mulo. Se invece si presentasse il popolo pakistano nella sofferenza in cui
vive, forse si riuscirebbe a prescindere dai pregiudizi e dai cliché.
D. – Qual è il modo più semplice
di centralizzare le offerte?
R. – C’EST BIEN CLAIREMENT DE LES VERSER A UNE ONG
CONNUE. …
Ovviamente, quello di versarle
ad una ONG conosciuta. In Internet sono state create pagine apposta per questo,
facilmente e rapidamente accessibili. Bisogna aiutarli affinché, con il denaro
che inviamo in segno di fiducia nei loro confronti, possano acquistare i materiali
migliori al prezzo migliore e sul posto. Questa è l’unica soluzione valida:
quella di acquistare sul posto, in Pakistan, i prodotti di cui c’è necessità,
nel momento stesso in cui servono per la popolazione che ne ha bisogno.
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LA TRATTA DEGLI ESSERI UMANI IN EUROPA, LA
VERGOGNA DEI NUOVI SCHIAVI
DEL
DUEMILA: NEL VECCHIO CONTINENTE, UN MILIONE DI PERSONE
Comprati e venduti:
sono le vittime della tratta degli esseri umani, i nuovi schiavi invisibili
dell’Europa unita. Se ne è discusso a Siracusa in un convegno organizzato dal
Ministero per le pari opportunità. Si tratta di un mercato vergognoso nelle
mani della criminalità organizzata, che sfrutta le falle normative degli Stati
membri e le ipocrisie dei sistemi economici europei. Un fenomeno drammatico in
forte espansione in particolare in Italia, dove si stima vi siano oltre 50 mila
donne vittime di sfruttamento sessuale, molte delle quali minorenni. In
crescita anche la tratta di uomini e bambini che vengono poi sfruttati nel
mercato del lavoro. Un fenomeno che è stato duramente condannato anche da Benedetto
XVI che si è appellato alle coscienze dei cattolici. Il servizio è di Stefano Leszczynski.
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(musica)
Nella
sola Unione Europea si stima che almeno un milione di persone ogni anno sia
vittima della tratta, nella stragrande maggioranza sono donne e bambini, anche
se negli ultimi anni il fenomeno ha coinvolto sempre più uomini adulti. Ma cosa
s’intende esattamente quando si parla di vittime della tratta? Ce lo spiega
Lucio Babolin, presidente del Coordinamento nazionale delle comunità
d’accoglienza.
“Parliamo di
persone che contro la loro volontà sono costrette, nel proprio paese o al di
fuori di esso, a svolgere un’attività illecita in una situazione che è di fatto
di riduzione in schiavitù”.
Schiavi
dunque, commerciati e sfruttati per trarne benefici economici. Un orrore che
spesso si compie alla luce del sole, nell’ambito della prostituzione,
dell’accattonaggio e persino nei campi, durante la raccolta stagionale di
frutta e ortaggi. Paghe irrisorie, documenti sequestrati dai trafficanti,
minacce: queste le componenti delle nuove schiavitù.
“Per
quanto riguarda la tratta di tipo sessuale, ormai le stime sono abbastanza
precise. Parliamo di circa 50 mila donne, prevalentemente straniere, tra le
quali c’è una cifra consistente di minorenni. Molto più complesso è tentare di
definire il fenomeno quando parliamo di adulti e, in particolare, quando
parliamo di riduzione di schiavitù per motivi di lavoro e ci riferiamo ai
minori”.
Le rotte
del commercio degli esseri umani verso l’Italia passano per il Nordest, per i
Balcani e l’Adriatico, per il Mediterraneo, ma sono soltanto la fase finale di
un percorso molto più lungo che ha le sue origini in Asia, Estremo Oriente,
Africa nera. La comunità internazionale cerca nuove strategie per combattere il
fenomeno e chiede un impegno preciso ai singoli Stati. Franco Frattini,
commissario europeo per la Giustizia e la sicurezza.
“L’Europa deve avere una voce sola nel contrastare il traffico di esseri
umani e deve cominciare con i Paesi terzi, non europei, in sede di negoziato, a
porre questo problema come una pregiudiziale per accordi politici. Noi non
possiamo favorire, aiutare e finanziare coloro che purtroppo chiudono gli occhi
sui grandi flussi di traffico di esseri umani”.
Intanto,
ancora nessuno Stato membro dell’Unione ha ratificato la Convenzione internazionale
sui migranti, il Protocollo di Palermo contro il crimine organizzato e, tanto
meno, la Convenzione europea sulle azioni antitratta. I fenomeni della tratta e
dell’immigrazione clandestina sono ben distinti, anche se le vittime delle
nuove schiavitù sono sempre più spesso persone che cercavano soltanto un lavoro
normale:
“Cercavo lavoro e ho visto una pubblicità sul giornale per raccogliere
arance. Mi ha risposto una signora molto gentile. Io sono andata in questo
parco dove mi aveva detto che mi avrebbe aspettato. Quando sono arrivata c’era
un’altra coppia, marito e moglie. Mi sono sentita sicura, perché vedendo una
coppia allora non poteva succedere niente. Non so… Mia madre era preoccupata,
perché quando sono partita avevo 19 anni. E poi questa signora mi ha portato in
Ungheria, mi ha venduto e sono cominciati tuttI questi viaggi, tutte queste
vendite. Sono entrata da Trieste e poi sono stata portata a Rimini. Mi ha comprato
un ragazzo jugoslavo”.
Irina –
il nome è di fantasia – è una delle oltre 4 mila donne che dal 1998 si sono
salvate grazie alla normativa sulla protezione sociale. Ma ci sono ancora
tanti, uomini, donne e bambini che attendono ancora di tornare ad essere
liberi.
(musica)
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GRANDE PARTECIPAZIONE DI PUBBLICO, AI MUSEI
VATICANI, PER LA MOSTRA
DAL TITOLO: “LA PAROLA SCOLPITA. LA BIBBIA ALLE
ORIGINI DELL’ARTE CRISTIANA”.
NEL 40.MO DELLA DEI VERBUM SULLE SACRE SCRITTURE, ESPOSTI
CIRCA 200 SARCOFAGI CON LE STORIE DELL’ANTICO E
DEL NUOVO TESTAMENTO
- Intervista con il dott. Umberto Utro -
Le scene
della Bibbia scolpite nella pietra di frammenti e sarcofagi del III-V secolo
dopo Cristo e rilette insieme da cattolici, protestanti e ortodossi: è il
percorso proposto dalla mostra “La parola scolpita. La Bibbia alle origini
dell’arte cristiana”, in corso ai Musei Vaticani fino al 7 gennaio.
L’esposizione, promossa dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità
dei cristiani e dall’Alleanza biblica universale, celebra il 40.mo anniversario
della costituzione dogmatica Dei Verbum, promulgata da Paolo VI il 18
novembre 1965 per promuovere un più facile accesso alle Sacre Scritture. Al
microfono di Roberta Moretti, ascoltiamo il responsabile del reparto per l’arte
paleocristiana dei Musei Vaticani, il dott. Umberto Utro:
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R. - L’arte cristiana delle origini si
caratterizza come un’arte tratta dalla Sacra Scrittura: mentre la Parola si
iniziava a tramandare nei codici, con il terzo, quarto e quinto secolo vediamo
fiorire su queste fronti di sarcofagi le scene scolpite dell’Antico Testamento,
il profeta Giona inghiottito dalla balena e rigettato sulla riva oppure, ad
esempio, i tre fanciulli nella fornace, Noè salvato dall’arca con la colomba
che porta il ramoscello di ulivo. Queste sono tutte scene che indicano la
salvezza dalla morte e poi le scene del Nuovo Testamento, dei miracoli di
Cristo: la risurrezione di Lazzaro, la moltiplicazione dei pani e dei pesci. E’
bellissimo vedere come queste immagini, dapprima un po’ incerte, che diventano
sempre più sicure dal punto di vista artistico.
D. – Ci fa un esempio?
R. – La scena del passaggio del Mar Rosso, è
veramente un pezzo per cui varrebbe visitare la mostra. Su un grande sarcofago
di marmo, si vede come in una successione quasi cinematografica l’esercito che
esce dalla città con il faraone su una biga con uno scudo alzato in aria,
proprio a simboleggiare l’avanzata, poi ad un tratto si vede il mare e lì, si
vedono cadere tutti i soldati, ce n’è addirittura uno che capitombola e
davanti, come un muro, si vede la figura di Mosè che tende il bastone secondo
il testo proprio del libro dell’Esodo per chiudere il mare. Alle sue spalle,
invece, c’è il popolo ebraico salvato, la sorella di Aronne, Maria, che suona
il tamburello e la colonna di fuoco che guida il popolo nel deserto.
D. – Quarant’anni fa, la Dei Verbum ha dato un impulso concreto e significativo nel favorire
l’accesso alla Bibbia da parte di tutti. Secondo lei, può questa mostra, in
qualche modo, invitare i visitatori ad avvicinarsi alle Sacre Scritture, a
leggere i Testi Sacri, come è auspicato anche dal Papa?
R. – La mostra si propone anche questo obiettivo,
sia attraverso la diffusione di questo piccolo volume che contiene due testi
della Bibbia, il Vangelo di Marco e il libro di Giona. Ma la mostra è
strutturata anche in modo tale da permettere proprio questo accostamento,
perché per il visitatore è possibile leggere il brano della Bibbia accanto alla
sua raffigurazione. E questo credo sia un modo eccezionale per poter far risalire
dalla parola scolpita alla parola creduta, scritta, diffusa e annunciata a
tutti gli uomini.
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6
novembre 2005
“RESTARE
DISTANTE DALLE LITI E DALLE POLITICHE PARTIGIANE, DIVENTANDO
STRUMENTO
DI UNIFICAZIONE”: È QUANTO HA CHIESTO LA COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE DEL KENYA AL CAPO DI STATO, MWAI KIBAKI,
IN
VISTA DEL REFERENDUM SULLA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE,
IN
PROGRAMMA IL PROSSIMO 21 NOVEMBRE
NAIROBI. = La Chiesa kenyota ha
sollecitato il presidente del Paese africano, Mwai Kibaki, a tenersi fuori
dalla campagna referendaria in corso e a lasciare che siano i cittadini a
prendere decisioni indipendenti sulla nuova proposta di Costituzione sottoposta
al vaglio dell’elettorato il prossimo 21 novembre. Al termine di un incontro
presieduto dal vescovo di Nakuru, Peter J. Kairo, la Commissione giustizia e
pace della Conferenza episcopale del Paese ha chiesto al capo di Stato di
“restare distante dalle liti e dalle politiche partigiane, diventando strumento
di unificazione”. La Commissione ha poi condannato le violenze che infiammano
la campagna elettorale tra i sostenitori del “sì” e del “no”, sostenendo che
“la battaglia per una nuova Costituzione si è ridotta a un circo di tipo etnico
e politico”. I vescovi hanno criticato inoltre il modo in cui i politici
utilizzano le già scarse risorse finanziarie del Paese per farsi propaganda a
spese dello sviluppo della nazione, “che diventa sempre più povera e più
divisa”. “Il Kenya appartiene a tutti – hanno concluso i componenti della
Commissione – e spetta a tutti prendersi la responsabilità di salvaguardarlo”.
Nei giorni scorsi, l’arcivescovo di Nairobi, Raphael S. Ndingi Mwana’a Nzeki, e
il vescovo presbiteriano, revendo Lawi Imathiu, avevano esortato i politici a
scongiurare altre violenze durante la campagna per il referendum, momento
culminante di un percorso iniziato l’anno scorso con la diffusione di una prima
bozza della carta (Boma draft), che limitava i poteri del presidente, e
proseguito con un nuovo testo (Kilifi draft), che invece ne ripristinava
sostanzialmente le facoltà. (R.M.)
AL
VIA DOMANI A MONOPOLI, FINO ALL’11 OTTOBRE,
LA
45.MA ASSEMBLEA GENERALE DELLA CONFERENZA ITALIANA
DEI
SUPERIORI MAGGIORI (CISM), SUL TEMA:
“IL
SUPERIORE MAGGIORE E IL SUO CONSIGLIO: UN SERVIZIO DI COMUNIONE
MONOPOLI.
= “Il superiore maggiore e il suo consiglio: un servizio di comunione e di corresponsabilità”:
su questo tema, prende il via domani a Monopoli, fino all’11 novembre, la 45.ma
Assemblea generale della Conferenza italiana dei superiori maggiori. La riflessione
proposta, che si colloca nell’ambito dell’Istruzione “Ripartire da Cristo”, è
stata preparata attraverso un questionario inviato a 206 superiori di Istituti,
“ai quali – si legge nell’Istruzione – è stato affidato il servizio
dell’autorità, compito esigente e talvolta contrastato”. L’Assemblea intende
riflettere su tale compito, ricordando che, se il superiore non può rinunciare
alla sua missione di animazione, di aiuto fraterno, di proposta, di ascolto e
di dialogo con una presenza costante, le comunità devono offrire, secondo
l’antica sapienza della vita monastica, un contributo non vago, ma convinto e
personale al cammino di vita fraterna, in modo che tutti i membri siano
corresponsabili nell’edificazione della Chiesa e in comunione con essa. Durante
l’Assemblea verrà eletto, inoltre, il nuovo presidente della CISM, ruolo
ricoperto finora da don Mario Aldegani, della Congregazione di San Giuseppe,
giunto al termine del suo mandato. (R.M.)
“DOTTRINA
SOCIALE DEL CRISTIANESIMO E RESPONSABILITÀ SOCIALE”:
È
IL TEMA DEL SIMPOSIO PROMOSSO NEI GIORNI SCORSI A PECHINO, IN CINA,
DALL’ISTITUTO PER LO STUDIO DEL CRISTIANESIMO DELL’ACCADEMIA SOCIALE CINESE,
CON LA FONDAZIONE “MISEREOR” DI AACHEN, IN GERMANIA
PECHINO. = Lo studio del
cristianesimo sta facendo passi avanti in Cina, suscitando interesse in campo
accademico e sociale. In questa cornice, si inquadra il Simposio “Dottrina
sociale del Cristianesimo e responsabilità sociale”, tenutosi nei giorni scorsi
a Pechino e promosso dall’Istituto per lo studio del Cristianesimo
dell’Accademia sociale cinese, in collaborazione con la Fondazione “Misereor”
per lo Sviluppo Sociale di Aachen, in Germania. Intervenendo all’incontro, il
dott. Zhuo Xin Ping, che nell’Accademia sociale cinese dirige l’Istituto per lo
Studio delle religioni e l’Istituto per lo Studio del cristianesimo, e il
presidente di “Misereor” hanno confermato la fruttuosa collaborazione tra le
due realtà. Il Simposio di quest’anno rappresenta infatti l’approfondimento di
un seminario congiunto tenuto nell’ottobre del 2001. “La nostra discussione –
ha commentato Zhuo Xin Ping – ha dimostrato ulteriormente il legame tra la
dottrina sociale cristiana e il servizio sociale, portando testimonianze
concrete”. Il presidente di “Misereor” ha sottolineato come l’impegno della
Chiesa nel sociale intenda portare l’umanità a camminare insieme verso la
giustizia e la solidarietà. Diversi esperti, studiosi, teologi, sacerdoti e
laici hanno partecipato al Simposio, offrendo un contributo sui temi: “La
relazione fra religione e società”; “Società, cultura e globalizzazione”;
“Religione cristiana e servizio sociale”; “L’etica sociale del cristianesimo e
la responsabilità sociale”; “La questione sociale e il servizio sociale delle
Chiese cristiane”; “Ambiente, giustizia sociale e servizio sociale”. (R.M.)
SENSIBILIZZARE
L’OPINIONE PUBBLICA AFRICANA SUL VIRUS DELL’HIV/AIDS E CREARE UN AMBIENTE
FAVOREVOLE ALL’INTEGRAZIONE DELLE PERSONE AMMALATE:
È
LO SCOPO DELLA CAROVANA MULTIRELIGIOSA PARTITA NEI GIORNI SCORSI
DA
NOUAKCHOTT, IN MAURITANIA, CON DESTINAZIONE ABUJA, IN NIGERIA
NOUAKCHOTT. = Una carovana
composta da capi religiosi cristiani, musulmani e di altre religioni ha
lasciato venerdì Nouakchott, in Mauritania, con destinazione Abuja, capitale
della Nigeria, dopo aver attraversato Senegal, Mali, Burkina Faso e Niger.
L’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica sul virus dell’HIV/AIDS e
creare un ambiente favorevole all’integrazione delle persone ammalate. L’arrivo
è previsto per il 4 dicembre. Tra i componenti della carovana vi sono anche
sieropositivi, che terranno conferenze, parteciperanno a raduni e, soprattutto,
racconteranno la loro esperienza personale. L’iniziativa è organizzata dal
Coordinamento regionale dei capi religiosi dell’Africa occidentale e centrale,
con l’appoggio delle autorità di ciascun Paese visitato. Una carovana simile,
chiamata “Corridor”, partirà da Abidjan, in Costa d’Avorio, e attraverserà
Togo, Benin e Ghana, per convergere su Abuja sempre il 4 dicembre. In quella
data, prenderà il via, nella capitale nigeriana, la Conferenza internazionale
sull’AIDS e le malattie sessualmente trasmissibili in Africa (CISMA). Urbani
Sangaré, vicepresidente dell’Alleanza dei leader religiosi del Mali, oltre che
esponente della comunità cattolica di questo Paese, ha spiegato che la religione
può contribuire alla lotta contro il virus, passando attraverso l’istruzione e
la cultura, e può aiutare a far vivere i malati in armonia con tutti gli altri.
(R.M.)
INDONESIA:
INAUGURATO A BALI IL PRIMO SANTUARIO MARIANO. PER GLI INDÙ LOCALI “NON È UNA
MINACCIA” E “NON SERVIRÀ AL PROSELITISMO”. IL VESCOVO DI DENPASAR: “DATE IL
BENVENUTO A CHI VIENE A CHIEDERE LA GRAZIA DI DIO”
BALI. = Inaugurato a Bali il
“Sanih Water”, il primo santuario dedicato alla Vergine. Alla messa inaugurale,
celebrata dal vescovo di Denpasar, mons. Banyamin Yosef Bria, hanno partecipato
circa 1.500 cattolici provenienti dalle diverse parrocchie del territorio oltre
ai leader locali indù. La grotta che accoglie il luogo di culto, riferisce
l’agenzia Asianews, si trova nel villaggio di Yeh Sanih a Kubutambahan, 60
chilometri a nord di Denpasar, governato dal “desa pakraman”, il sistema di gestione
rurale tipico dell’induismo. Nell’omelia, mons. Bria ha chiesto alla direzione
del Santuario di “dare il benvenuto a tutti coloro che si sarebbero presentati
per chiedere la grazia di Dio”. Presente alla cerimonia, anche Made Sukresna,
il capo villaggio secondo il quale il Santuario “non disturberà in alcun modo
lo stile di vita locale”, perché gli abitanti “sanno che il cattolicesimo è una
religione riconosciuta in Indonesia”. Il capo di un altro villaggio, Astra, ha
aggiunto che “fra la gente nessuno ha timore di questo luogo”. Nello stesso
tempo, ha voluto sottolineare che il Santuario contribuisce all’economia locale
e che la direzione del luogo di preghiera “ha tessuto ottimi rapporti con
tutti”. Il terreno che ospita il Santuario, in totale 3 ettari, è di proprietà
della Fondazione del Collegio di San Giuseppe, gestito dai sacerdoti della
Congregazione delle discipline del Signore. Made Sukresna ha anche aggiunto che
“tutte le religioni insegnano la bontà e nessun indù si sente minacciato dal
santuario”. (T. C.)
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6
novembre 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
Urne
aperte in Azerbaigian, Paese ricco di giacimenti petroliferi e di gas naturale,
dove si vota per il rinnovo del Parlamento. Circa 4 milioni e mezzo di elettori
sono chiamati a scegliere tra più di 1.500 candidati. Secondo i primi dati, ha
votato nella mattinata il 18 per cento degli aventi diritto. Poco dopo
l’apertura dei seggi, osservatori indipendenti hanno denunciato casi di
violazione elettorale: il partito del presidente Aliyev, il Nuovo Azerbaigian,
è accusato di aver promesso denaro in cambio di voti. L’accusa è stata respinta
dallo schieramento guidato dal capo di Stato azero, ma nel Paese si temono scontri
e gravi tensioni. Il servizio di Giuseppe d’Amato:
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Elezioni
e rivoluzioni sono eventi che, da un paio di anni, vanno a braccetto nell’ex
URSS. Dopo Georgia, Ucraina e Kirghizistan adesso si vota in Azerbaigian. Ma qui alle
spalle non c’è uno scontro geo-strategico tra Russia e Stati Uniti. Il Paese caucasico
è da oltre un decennio schierato con l’Occidente. Il voto parlamentare azero è, quindi, un test
diverso. E nelle capitali europee ed americane si è consapevoli di quanto sia
difficile coniugare i valori della democrazia con le esigenze della realpolitik.
Grande
due volte l’Olanda con oltre 8 milioni di abitanti turcofoni in prevalenza
musulmani sciti, l’Azerbaigian è una specie di “Kuwait”, crocevia anche delle
strategiche magistrali energetiche tra Asia ed Europa. Ilham
Aliev è succeduto al padre Hejdar nel 2003 alla presidenza azera dopo
contestate elezioni. Lo spettro del fondamentalismo islamico è stato spesso
usato per demonizzare l’opposizione, che non pare attualmente avere la stessa
forza di quella ucraina. Il blocco “Libertà” è composto da diversi
partiti. Il presidente Aliev ha giocato
d’anticipo. Il 17 ottobre sono stati arrestati due ministri e numerosi membri
dell’esecutivo, accusati di preparare un colpo di Stato. Il potenziale leader
dell’opposizione è stato bloccato all’estero. Venerdì sono stati fermati altri
due influenti membri del blocco “Libertà”. Le organizzazioni internazionali
hanno espresso preoccupazione per la situazione creatasi.
Per la Radio Vaticana,
Giuseppe D’Amato
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L’Iran ha annunciato che
procederà all’arricchimento di una maggiore quantità di uranio, rispetto a
quella inizialmente prevista. Il processo di arricchimento di uranio è uno dei
passi necessari per la realizzazione di un ordigno atomico ma il governo
iraniano ha sempre sostenuto di perseguire solo scopi civili. L’Iran ha anche
confermato di aver autorizzato gli ispettori dell’Agenzia internazionale per
l’energia atomica (AIEA), a tornare nel sito militare di Parchin, nei pressi
della capitale. Intanto, si registra una nuova polemica tra Iran e Italia: il
ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, ha dichiarato di non accettare
“lezioni di comportamento” dal portavoce del ministero degli Esteri iraniano.
Il portavoce di Teheran aveva accusato Fini di usare “un linguaggio non
compatibile” con la sua carica. Il ministro italiano aveva detti che non
avrebbe partecipato alla manifestazione, tenutasi giovedì scorso a Roma davanti
all’ambasciata iraniana, per il timore di effetti negativi per la sicurezza
degli italiani in Iran.
E’ morto in ospedale il bambino
palestinese di 12 anni che giovedì scorso era stato centrato da diversi colpi
di arma da fuoco sparati da circa 100 metri di distanza da una pattuglia di
soldati israeliani a Jenin. Il
ragazzino aveva mostrato, poco prima, una pistola giocattolo. L’esercito
israeliano ha presentato le proprie scuse per il grave incidente.
Il premier britannico, Tony
Blair, ha riferito che le forze di sicurezza potrebbero aver sventato altri due
attacchi terroristici dopo quelli del 7 luglio che hanno causato la morte di 52
persone a Londra. Blair ha ribadito che occorrono misure più severe ed ha
criticato “i ribelli laburisti” che mercoledì scorso hanno costretto il governo
ad accantonare nuove norme antiterrorismo. La norma più contestata è quella che
prevede di estendere da 14 a 40 giorni il fermo di polizia per chi è sospettato
di essere coinvolto in azioni terroristiche.
Il quarto vertice delle Americhe
tenutosi a Mar de Plata, in Argentina, si è concluso con intese di massima per sviluppare il mercato del lavoro, ridurre la
povertà e consolidare la democrazia. Ma non è stato trovato un accordo sull’area di libero commercio, l’ALCA, proposta per la prima
volta, nel 1994, dal presidente americano Bill Clinton. Il nostro servizio:
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Il ministro degli Esteri
argentino, Rafael Bielsa, ha detto che al termine del Summit, i 34 capi di
Stato e di governo hanno firmato una dichiarazione finale superando molti
ostacoli esistenti. Dai rinnovati propositi statunitensi di creare l’ALCA sono
scaturite, invece, due posizioni contrapposte illustrate anche nel documento
finale del Vertice: alcuni Paesi, tra i quali Messico, Canada, Cile e Colombia,
sono favorevoli ad un processo di integrazione economica e ad una liberalizzazione
del commercio dall’Alaska alla Terra del Fuoco. Altri
Stati, tra cui Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay, sostengono invece che
non sussistono ancora le condizioni necessarie per trovare un accordo di libero
accesso ai mercati a causa delle grandi differenze nei livelli di sviluppo e
nelle economie dei Paesi delle Americhe. Ancora più intransigente è la
posizione del governo venezuelano, che considera il progetto irrealizzabile. Il
principale nodo da sciogliere resta il rifiuto,
da parte dell’amministrazione statunitense, di negoziare l’eliminazione dei
sussidi alla produzione agricola. Secondo il presidente venezuelano, Ugo
Chavez, il mancato accordo sull’ALCA costituisce una
“vittoria morale” sugli Stati Uniti e nei confronti del capo della Casa Bianca,
George Bush, che ha lasciato Mar del Plata prima della chiusura del vertice per recarsi in Brasile e incontrare il capo di
Stato brasiliano, Lula da Silva. Non essendo stata raggiunta un’intesa
sull’ALCA, si è deciso di rinviare la discussione dopo la riunione del Doha
Round, nell’ambito della Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale
del Commercio che si terrà a dicembre ad Hong Kong.
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Il Ministero della sanità cinese ha dichiarato, stamani, di
non poter escludere l’influenza aviaria come causa della morte dei una
ragazzina di 12 anni. Il governo di Pechino ha invitato l’Organizzazione
mondiale della Sanità (OMS) a inviare esperti sul posto per compiere
accertamenti. Intanto, un milione di volatili sono stati abbattuti, con l'aiuto
dell'esercito, nella provincia di Liaoning, nella Cina nordorientale, a seguito
dell'annuncio di un nuovo focolaio di virus dei polli, il quarto in due
settimane.
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