RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
90 - Testo della trasmissione di giovedì 31 marzo 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Arrestato
in Cina un sacerdote. Pechino preoccupata per la diffusione del sentimento
religioso
Il Messico ha
ratificato la convenzione ONU contro la tortura
Impegno congiunto in Asia
contro il traffico di esseri umani
Inaugurato un nuovo servizio
di informazione dei gesuiti in Africa orientale
I ribelli Hutu condannano il genocidio del 1994 in Rwanda e
annunciano di voler deporre le armi
In Iraq almeno 13 vittime per attentati kamikaze contro due
moschee sciite.
31 marzo 2005
LA STRAORDINARIA TESTIMONIANZA DI GIOVANNI PAOLO
II
NEL SUO
RAPPORTO DI PATERNITA’ CON IL POPOLO DEI FEDELI,
AL CENTRO DELLA RIFLESSIONE DEL TEOLOGO, MONS.
LUIGI NEGRI,
VESCOVO DI SAN MARINO-MONTEFELTRO
- Con noi, lo stesso
teologo -
Con sincera partecipazione, i
fedeli di tutto il mondo seguono, in questi giorni, il decorso della
convalescenza di Giovanni Paolo II. Ieri, in Piazza San Pietro, era palpabile
l’emozione tra i pellegrini quando il Papa si è affacciato dalla sua stanza per
benedirli e ringraziarli. Un legame, quello tra il Pastore e il suo popolo, che
rappresenta una nota caratterizzante di questo Pontificato. Oggi sulle pagine
del quotidiano Il Corriere della Sera, il giornalista Vittorio Messori,
autore del libro-intervista con Giovanni Paolo II, “Varcare la soglia della
Speranza”, sottolinea che “in nome dell’abbandono totale
alla Provvidenza e della sua concezione del papato (‘non ci si può dimettere
dalla paternità’) Giovanni Paolo II non si tirerà indietro”. Sulla
testimonianza di Padre, offerta ai fedeli dal Papa, ascoltiamo la riflessione
del teologo della “Cattolica” di Milano, mons. Luigi Negri, vescovo di San
Marino-Montefeltro, raccolta da Alessandro Gisotti:
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R. – La
paternità che egli ha vissuto e vive nei confronti del popolo cristiano è
assolutamente totale. D’altra parte, poiché la paternità è anche una virtù
reciproca, il modo con cui il popolo cristiano ha sentito e sente questa
paternità è il fatto su cui riflettere. Mi pare che la questione sia il grande
evento personale, cristiano ed umano di Giovanni Paolo II.
D. – Mons.
Negri, in questi ultimi due mesi segnati dalla sofferenza, il Papa è tornato
più volte a sottolineare il significato profondo del suo ministero.
Nell’Angelus del 6 febbraio scorso, dal Policlinico Gemelli, il Pontefice ha
sottolineato: “Anche qui continuo a servire la Chiesa e l’intera umanità”.
All’Angelus del 20 febbraio ha poi ribadito che il ministero petrino è
essenzialmente servizio all’unità della Chiesa. Il Papa sottolinea, dunque, con
forza questo legame inscindibile con la comunità dei fedeli…
R. – Certamente inscindibile e
che vuol portare avanti fino in fondo, perché ritiene che la sua modalità di
vivere questo compito debba continuare fino alla fine della sua vita. Questo io
credo sia una grande testimonianza, di fronte alla quale il popolo cristiano
non può che essere lieto. L’avvenimento di Giovanni Paolo II è qualcosa cui
nessuno oggi si sente di rinunziare.
D. – Si può dire che per il
Santo Padre le preghiere e la vicinanza spirituale dei fedeli sono una linfa
che si rinnova ogni giorno?
R. – Indubbiamente, perché come
ho accennato prima, la paternità, come ogni virtù, implica la reciprocità.
Quindi, un padre che si sente amato dai figli e si sente amato nell’aspetto più
acuto della sua paternità, che è il servizio a tutte le Chiese, ne viene
sostanzialmente edificato. Credo che il Papa stia dando moltissimo, come ha
dato sempre, ma che il popolo cristiano stia restituendogli moltissimo. Questa
è una cosa bellissima, dal punto di vista spirituale.
D. – “E’ guardando a Cristo e
seguendolo con paziente fiducia – ha sottolineato il Papa all’Angelus del 27
febbraio – che riusciamo a comprendere come ogni forma umana di dolore
racchiuda in sé una promessa divina di salvezza e di gioia”. E’ questo il
messaggio forte che il Pontefice vuole offrire ai fedeli in questo momento, con
la sua testimonianza?
R. – E’ il messaggio
dell’imitazione della Passione, della Morte, della Risurrezione. In questo
senso, proprio per la radicalità con cui lo pone e per la grande tenerezza che
anche umanamente ispira, è come se ci rendesse più familiari la morte e la
Risurrezione in modo meno aspro. Vedendo la modalità con cui il Papa si
assimila al cammino doloroso e glorioso di Cristo, ci sentiamo più confortati
che angosciati.
**********
RINUNCIA E NOMINA
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Providence (U.S.A.), presentata da mons. Robert E. Mulvee, in conformità al canone 401 § 1
del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto Giovanni Paolo II ha nominato
mons. Thomas J. Tobin, finora
vescovo di Youngstown.
Mons. Thomas J. Tobin è nato in Pittsburgh
(Pennsylvania) ed è stato ordinato sacerdote per la diocesi della stessa città
il 21 luglio 1973. E’ stato nominato vescovo titolare di Novica ed Ausiliare di
Pittsburgh il 3 novembre 1992 e consacrato il 27 dicembre successivo. Nella diocesi, ha ricoperto gli incarichi di
Vicario Generale e Moderatore della Curia. E’ stato trasferito alla sede
residenziale di Youngstown (Ohio) il 5 dicembre 1995. In seno alla Conferenza
Episcopale, è membro di vari comitati.
NUOVE RIVELAZIONI SULL’ATTENTATO AL PAPA: SI ACCREDITA L’IPOTESI
DEL COMPLOTTO
INTERNAZIONALE. GIOVANNI PAOLO II HA SEMPRE SOSPETTATO
CHE DIETRO LA MANO DI ALI
AGCA FOSSERO ALTRI I MANDANTI
- Intervista con il
cardinale Roberto Tucci -
Torna in primo piano sulla stampa italiana e internazionale l’attentato a
Giovanni Paolo II del 13 maggio 1981. Trascorsi ormai 24 anni da quel
drammatico evento, non è stata fatta ancora piena luce riguardo possibili
mandanti e delle ipotesi di complicità dietro la mano dell’attentatore Ali
Agca, che ricordiamo è stato condannato all’ergastolo nel 1982 e sta tutt’ora
scontando la pena nelle prigioni turche, dove è stato trasferito nel 2000.
Nuove rivelazioni sulla cosiddetta ‘pista bulgara’ sono rimbalzate sui
giornali dai documenti della STASI, ovvero i Servizi segreti dell’ex Germania
Est, che il governo di Berlino ha inviato alla Bulgaria, già nel 2002.
Rivelazioni che sembrano accreditare l’ipotesi di un complotto internazionale
orchestrato dal KGB, i Servizi segreti moscoviti dell’ex Unione Sovietica.
Quali reazioni in Vaticano? Rosario Tronnolone ha intervistato il cardinale
Roberto Tucci:
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R. –
Credo che sia abbastanza chiaro che il sospetto che sempre c’è stato in molti
ambienti, sia di magistrati sia di persone che studiano la storia
contemporanea, su questa “pista bulgara” sia fondato.
D. –
Il Papa, in particolare, che cosa ha detto sull’attentato di cui è stato
vittima?
R. –
Il Papa è stato sempre molto ‘sobrio’ per quanto riguarda l’organizzazione che
c’era dietro all’attentato. Quasi non ne ha mai parlato esplicitamente se non
nell’ultimo libro, “Memoria e identità” che è del 2005. Il Papa dichiara a
proposito del suo incontro con Alì Agca, quando andò a visitarlo in prigione,
che “Agca sapeva come sparare, e sparò certamente per colpire. Soltanto, fu
come se qualcuno avesse guidato e deviato il proiettile”. Poi, in un altro
brano, dice apertamente che altro è la mano che ha sparato e altro è la mano
che ha guidato. Quindi dice chiaramente che c’è stata un’organizzazione dietro
all’attentato contro di lui.
D. – Sul quotidiano “La Repubblica”
di questa mattina, si parla di un probabile nuovo libro-rivelazione di Alì Agca
e, tra le cose che dichiara, c’è: “Avevo dei complici in Vaticano”. Lei ne ha
sentito parlare?
R. – Credo che sia una gran
balla: comunque, Alì Agca è stato sempre un depistatore più che un rivelatore
di fatti veri. Il Papa dice in questo libro che ho citato prima: “Alì Agca,
come tutti dicono, è un assassino professionista. Questo vuol dire che
l’attentato non fu un’iniziativa sua, che fu qualcun’altro a idearlo, che
qualcun’altro lo aveva a lui commissionato”. Oggi vengono fuori delle carte
della STASI: la cosa più interessante è sapere veramente se c’è stata una
decisione ad alto livello nelle gerarchie moscovite del tempo, per decidere
l’attentato. Poi, l’organizzazione viene affidata alla Bulgaria che si serve di
un personaggio come Alì Agca che non era strettamente implicato solo per motivi
politici in questa azione, ma anche per motivi probabilmente religiosi, perché
come origine viene fuori dal gruppo dei “Lupi Grigi”, che è un gruppo
fondamentalista islamico. Usano Alì Agca. E la STASI, il servizio segreto
comunista della Germania orientale, deve cercare di fare da copertura e fare in
modo, con la disinformazione, di creare un forte ostacolo a chi sospettava queste
trame dietro all’attentato di Alì Agca.
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RESPINTA L’ENNESIMA RICHIESTA DEI GENITORI DI TERRI SCHIAVO DI RIPRENDERE
L’ALIMENTAZIONE, SEMBRA NON CI SIA PIU’ SPERANZA DI SALVARE LA DONNA.
IL
CARDINALE MARTINO AFFERMA CHE “L’ANGOSCIOSA,
STRAZIANTE AGONIA IMPONE UN SUSSULTO DI
UMANITA’”
- Con
noi il porporato -
Le speranze di salvare Terri Schiavo sembrano ormai inesistenti. Sia la
Corte d’appello federale della Florida che la Corte suprema degli Stati Uniti
hanno bocciato nelle ultime ore l’ennesima richiesta della famiglia di
riattaccare il tubo dell’alimentazione. Sono ormai 13 giorni che la donna è
privata di acqua e cibo. “L’angosciosa, straziante agonia – sottolinea il
presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, cardinale Martino – al di
là delle possibili strumentalizzazioni politiche, impone un sussulto di
umanità”. Ma ascoltiamo lo stesso cardinale Renato Raffele Martino:
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R. – La prolungata interruzione degli
alimenti nel suo stato impropriamente definito “vegetativo”, giacché la donna è
sì incapace di comunicare, ma probabilmente, come sostengono alcuni massimi
esperti del settore, soffre della sua condizione, va configurandosi come
un’ingiusta condanna a morte di un innocente, in una delle forme più disumane e
crudeli, quale quella per fame e per sete. E poiché di condanna si tratta, con
tanto di tribunali implicati, non è fuori luogo ricordare che l’antica saggezza
insegnava “in dubio pro reo”. A maggior ragione, il buon senso prima che il
buon cuore e in ogni caso il doveroso e ineludibile rispetto della persona
umana, dovrebbero imporre “in dubio pro vita” ed evitare quello che in pratica
e senza eufemismi rappresenterebbe un omicidio cui è impossibile assistere
inerti, senza diventarne complici.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il Medio Oriente: fazioni radicali palestinesi attaccano il quartier
generale dell’Autorità palestinese a Ramallah; Israele chiede il disarmo dei
gruppi estremisti e rallenta l’adozione di misure di distensione. Sempre in
prima, in evidenza l’articolo dal titolo “Terri Schiavo è stata messa a morte
sulla base di tre falsità”. L’autore dell’articolo è Gian Luigi Gigli,
Presidente della Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici
Cattolici.
Nelle
vaticane, una pagina sul cammino della Chiesa in Italia. Una pagina dedicata al
tema “Verso il quinto centenario della morte di san Francesco di Paola,
fondatore dell’Ordine dei Minimi”.
Nelle
estere, Indonesia: paura e sconforto nelle isole terremotate; a Nias tre
persone in salvo dopo oltre cinquanta ore sotto le macerie.
Nella
pagina culturale, per la rubrica “Incontri”, il giornalista e scrittore Gaspare
Barbiellini Amidei intervistato da Franco Lanza. Il titolo dell’articolo è “Un
forte bisogno di verità attanaglia oggi molte ‘teste frastornate’”.
Nelle pagine italiane, in primo
piano statali; contratto: si punta all’accordo dopo il voto. Tregua
all’interno della maggioranza.
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31 marzo 2005
ESTRATTI
DALLE MACERIE ALCUNI SOPRAVVISSUTI NELLE ZONE DELL’INDONESIA
COLPITE
DAL TERREMOTO, MENTRE SONO 624 I MORTI ACCERTATI
- Intervista con padre Barnabas Winkler -
Nell’Indonesia
colpita dal terremoto si contano le vittime: 624 i morti accertati finora. Si
lotta contro il tempo per estrarre i sopravvissuti dalle macerie. Stamattina,
nell’isola di Nias, i soccorritori ne hanno tirati fuori almeno tre e sono
stati ritrovati 13 dispersi. Migliorano, intanto, le condizioni di padre
Barnabas Winkler, l’amministratore apostolico di Sibolga, rimasto ferito a
Nias. Dall’ospedale di Medan, il missionario altoatesino racconta, al microfono
di Andrea Sarubbi, i drammatici momenti vissuti:
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R. –
Sono stati momenti molto concitati. Ero appena andato a dormire quando ha
cominciato a tremare tutta la stanza. Subito è caduta una pietra della parete.
Ho cominciato a preparare le cose da portare via, ma c’è stato un altro crollo
sulla sinistra. Sono rimasto intrappolato sotto le macerie e per fortuna avevo
abbastanza spazio per respirare. Tutti gli altri confratelli sono fuggiti dalla
casa perché avevano paura dello tsunami. Io sono rimasto solo sotto le macerie.
D. – Padre Winkler, che cosa ha
pensato in quelle due ore che sono passate prima che la venissero a tirare
fuori?
R. – Ho pensato che non potevo
far altro che aspettare che qualcuno venisse a soccorrermi, altrimenti dovevo
aspettare la morte.
D. – È rimasto ferito
gravemente?
R. – Ho avuto una
ferita alla testa, che però ha sanguinato molto. I miei vestiti erano pieni di
sangue. Chi mi ha soccorso ha pensato che fossi grave, ma è soltanto una
ferita… anche se piuttosto grande. Adesso me l’hanno ricucita, ma devono di
nuovo intervenire, perché quando mi hanno operato a Nias non avevano le
attrezzature adatte. Comunque, sto bene.
D. – In tre mesi due terremoti.
Come sta la gente di Nias, nella sua diocesi?
R. – È molto provata. Quasi non
c’è famiglia che non abbia perso qualche caro. In alcune famiglie sono tutti
morti: è davvero terribile!
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ELEZIONI PARLAMENTARI CARICHE DI TENSIONE OGGI
NELLO ZIMBABWE.
ANCHE LA CHIESA LOCALE HA INVITATO A VIGILARE
PERCHE’ NON CI SIANO IRREGOLARITA’
- Intervista con Raffaello Zordàn -
Elezioni
parlamentari cariche di tensione oggi nello Zimbabwe, dove sono chiamati al
voto 5 milioni ed 800 mila cittadini. Si confrontano lo Zanu, partito del
presidente Mugabe, e l’opposizione del Movimento per il Cambiamento
Democratico. Si temono brogli ed anche la Chiesa locale ha invitato a
controllare la regolarità dei risultati. Il malcontento verso Mugabe, intanto,
sembra in crescita, come conferma Raffaello Zordàn, del mensile comboniano
Nigrizia:
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R. –
Non so se sarà un vero e proprio referendum contro. Sicuramente motivi di
malcontento ci sono e non da oggi. Intanto, va ricordato che Mugabe, l’eroe
della liberazione dal regime razzista rhodesiano, è un esempio in negativo di
come un leader politico, quando prende il potere poi non riesce ad utilizzare
questo potere con il buon governo, ma lo usa per finalità proprie della propria
etnia o addirittura del proprio sottogruppo etnico al quale appartiene. Sul
piatto della bilancia di queste elezioni c’è il malcontento della gente che già
nelle elezioni precedenti aveva denunciato brogli. Sono brogli e intimidazioni
che sono state denunciate a più riprese anche da voci autorevoli all’interno
della Chiesa. Il problema principale, irrisolto, è la riforma agraria e quindi
l’utilizzo dell’esproprio senza indennizzo. Di fronte a questa cosa anche molti
lavoratori delle fattorie dei bianchi non si sono trovati d’accordo, perché
capivano che il sistema sarebbe imploso ed infatti è quello che sta succedendo.
D. – Questo tentativo di dare la
terra ha scontentato poi di fatto gran parte dei cittadini dello Zimbabwe?
R. – Si è visto che le fattorie
occupate illegalmente sono poi state assegnate ad ex dirigenti di Lozano. Ai
piccoli contadini è stato dato magari sì un pezzo di terra, ma senza un
documento che stabilisca un titolo di proprietà. Quindi, è stato fatto un
grandissimo pasticcio, senza contare che comunque i coloni bianchi, che sono
legittimamente proprietari di quella terra, avrebbero dovuto essere liquidati
in maniera più equa. Tutti sanno che la riforma della terra è comunque un
passaggio cruciale, importante e necessario. Allora il problema è capire se
l’opposizione può avere la sua grande occasione. Naturalmente si troverà di
fronte a problemi enormi sui temi fondamentali, quello della democrazia, ma
anche quello di un’economia che funzioni.
D. – Tutte queste tensioni
possono influire sul clima di queste elezioni? C’è il rischio che ci siano
violenze?
R. – Sicuramente influiscono.
Non so quanto converrà a Mugabe e ai suoi partigiani fare delle operazioni di
esplicita violenza. Intanto, perché ci sono osservatori internazionali dappertutto.
Ricordiamo peraltro che l’Unione Europea ha in piedi sanzioni contro Mugabe da
almeno quattro anni. Il che vuol dire che Mugabe e i suoi non possono andare
all’estero, vuol dire che i loro beni all’estero sono congelati, che non si
vendono armi al regime dello Zimbabwe. Preoccupazioni, in questo senso, le ha
sviluppate anche l’amministrazione Bush. Io credo che si possa anche pensare
che ci sia un colpo di coda violento, ma sarebbe sterile, non porterebbe da
nessuna parte, perché questo gruppo dirigente è fortemente screditato. Perché
lo Zimbabwe possa riaffacciarsi sulla scena internazionale in maniera seria
deve avere nuovi dirigenti. Credo che la gente l’abbia capito. Pensiamo che
l’abbia capito anche una parte del partito al potere.
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IL DECLINO DEGLI ECOSISTEMI METTE A GRAVE RISCHIO
IL FUTURO DELLE RISORSE:
E’ QUANTO EMERGE DAL MILLENNIUM ECOSYSTEM
ASSESSMENT,
IL PIÙ AMPIO STUDIO SULLO STATO DEL PIANETA
- Interviste con Gianfranco Bologna e Riccardo
Valentini -
“L’attività umana pone una tale
pressione sulle funzioni naturali della terra che la capacità degli ecosistemi
del pianeta di sostenere generazioni future non può più essere data per
scontata. A lanciare l’allarme è il ‘Millennium
Ecosystem Assessment’, il rapporto sullo stato degli ecosistemi del pianeta
della FAO e del WWF, presentato ieri a Roma. Il testo sottolinea come sia
difficile ridurre la fame e la povertà, migliorare le condizioni di salute
dell’uomo e proteggere l’ambiente entro il 2015. Sui punti focali del rapporto
ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore scientifico e
culturale del WWF Italia, Gianfranco Bologna:
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R. – Il rapporto dimostra come negli ultimi 50 anni la
pressione umana nei confronti dei sistemi naturali del pianeta sia stata senza
precedenti. Per i prossimi 50 anni si prevede, inoltre, che accompagnando
questa pressione con l’incremento della popolazione, la situazione si
aggraverà. Quindi, il messaggio fondamentale è che ci sono oggi le possibilità
per uscire da questa situazione. Ci sono soluzioni tecnologiche, politiche ed
economiche. Vuol dire fondamentalmente cominciare ad affiancare la ‘contabilità
di carattere ecologico’ a quella economica.
D. – Qual è lo stato attuale
degli ecosistemi del pianeta?
R. – Gli ecosistemi della Terra
oggi sono molto degradati. Quasi tutti soffrono in maniera molto pesante: le
attività umane superano quella che dovrebbe essere la capacità di rigenerazione
degli ecosistemi.
Sui
rischi che comporta il degrado ambientale per i Paesi industrializzati,
ascoltiamo Riccardo Valentini, membro del Board del Millennium Ecosystem
Assessment:
R. – I Paesi industrializzati
beneficiano di queste risorse naturali. Ma nel futuro i ‘servizi’ resi
dall’ambiente saranno sempre meno disponibili. In questo momento noi siamo
delle ‘cicale’: stiamo utilizzando le risorse del pianeta senza pensare alle
conseguenze. Il grido d’allarme di questo rapporto, quindi, è molto chiaro: se
non si inverte la tendenza del declino ambientale, ci ritroveremo nel futuro
con problemi molto gravi. Problemi che non riguardano soltanto i Paesi poveri.
Questa emergenza ritornerà come un boomerang anche nei Paesi industrializzati.
L’uso insostenibile delle
risorse aumenta il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Ma come conciliare
la salvaguardia ambientale con i processi della globalizzazione? Ancora
Riccardo Valentini:
R. – Questo è effettivamente il
tema del futuro: si tratta di collegare sfide globali con azioni locali. Il
problema del clima, per esempio, è una sfida globale che bisogna affrontare
partendo da azioni locali. Il degrado ambientale si può risolvere soltanto
attraverso azioni sui Paesi, sulle regioni e a livello del singolo cittadino. Ma
manca ancora un meccanismo che consenta di passare da un’iniziativa locale ad
una globale.
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OGGI POMERIGGIO,
L’INAUGURAZIONE IN TERRA SANTA DELLA BIBLIOTECA DEL CENTRO INTERNAZIONALE
“DOMUS GALILEAE”
DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE
- Intervista con Kiko Argüello -
Oggi pomeriggio importante inaugurazione in Terra Santa della Biblioteca
del Centro internazionale di Convegni e di Spiritualità “Domus Galileae”,
costruito a Koradzym dal Cammino neocatecumenale, sulla sommità del Monte delle
Beatitudini. Presenti personalità religiose e politiche di Israele. Da
Nazareth, Roberto Piermarini:
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E’ tutto pronto nella splendida
“Domus Galileae”, che si affaccia sul lago di Tiberiade, per l’inaugurazione
della Biblioteca che completa il Centro di Spiritualità costruito dal Cammino
neocatecumenale. Centro che comprende sale convegni, una cappella, il santuario
della parola, inaugurato da Giovanni Paolo II nel corso del suo pellegrinaggio
in Terra Santa nel 2000. Proprio a Koradzym, il Papa accanto a questo complesso
ha celebrato la Messa per 100 mila giovani, che tanto colpì l’opinione pubblica
israeliana. Per la solenne inaugurazione della Biblioteca saranno presenti 12
cardinali; 45 vescovi; gli ordinari cattolici di Terra Santa, con a capo il
patriarca di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah; il nunzio apostolico in Israele
e Palestina, mons. Pietro Sambi, che sarà latore di un messaggio del Papa; il
custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa; autorità politiche e
israeliane e una delegazione di rabbini. Al centro della Biblioteca, infatti,
troneggia un rotolo della Torah del ‘700, proveniente da una sinagoga del Nord
Africa e posto sotto una grande sfera di cristallo. Kiko Arguello, iniziatore
del Cammino neocatecumenale, che ha progettato la Domus Galileae, ne spiega il
significato:
“In fondo, Cristo nel sermone
della montagna ha detto: ‘Non passerà una iota, una tilde della legge della
Torah, senza che tutto si adempia’. Cristo crocifisso è l’adempimento totale
della Torah. Questa biblioteca che sarà dedicata allo studio delle abitudini e
del sermone della montagna, non possiamo non collegarla alla Torah, che dice
che Dio quando fece l’universo, come un architetto, ha guardato i piani, cioè
ha guardato la Torah per la costruzione di tutto l’universo. Per questo abbiamo
fatto una specie di cupola di vetro, con all’interno tutte le costellazioni
dell’universo e al centro una Torah bellissima. Oggi ci sarà l’inaugurazione e
i rabbini canteranno e daranno la benedizione a questa Torah. Speriamo che sia veramente
un momento importante di unione e di comunione, un ponte tra la Chiesa
cattolica e il mondo ebraico”.
La “Domus Galileae”, infatti,
proprio per il suo stile, che nelle sue moderne linee architettoniche si rifà
alle radici ebraiche, sta attirando sempre più l’attenzione dei rabbini, che
con le loro visite ne fanno un centro di dialogo interreligioso.
(musica)
Questa mattina i cardinali, i
vescovi e i rettori dei 54 seminari diocesani Redemptoris Mater del Cammino
neocatecumenale si sono recati in pellegrinaggio a Nazareth, dove hanno
celebrato un’Eucaristia davanti alla grotta dell’Annunciazione. Il rito è stato
presieduto dall’arcivescovo di Wan Shu, a Taiwan, il cardinale Paul Shau Shi,
il quale ha voluto ringraziare la Vergine Maria per il dono dei seminari
Redemptoris Mater e della nuova evangelizzazione, che hanno già dato alla
Chiesa oltre mille sacerdoti. Anche a Nazareth, folto il gruppo di pellegrini,
segno di un clima di distensione e di pace che si respira in tutta la Terra
Santa.
Da Nazareth, Roberto Piermarini,
Radio Vaticana.
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DA IERI A ROMA L’ASSEMBLEA NAZIONALE DELLE
SUPERIORI MAGGIORI D’ITALIA:
AL CENTRO DEI LAVORI LA RICONCILIAZIONE IN UNA
SOCIETA’ MULTIETNICA
E LA PROMOZIONE DI UN DIALOGO CHE PARTA DALLA PROPRIA
IDENTITA’ CRISTIANA
- Intervista con suor Giuseppina Alberghina -
“La vita religiosa femminile,
percorso di discernimenti e di riconciliazione per rendere visibile la speranza
in una società multietnica”: è questo il tema della 52.ma Assemblea nazionale
dell’USMI, l’Unione Superiore Maggiori d’Italia, iniziata ieri, 30 marzo, a Roma. Circa 400 le religiose
presenti all’incontro che durerà fino a domani. Ma in quali contesti portare la
riconciliazione? Giovanni Peduto lo ha
chiesto alla vice-presidente dell’USMI, suor Giuseppina Alberghina, superiora
generale delle Suore di Gesù Buon Pastore, meglio note come “Pastorelle”:
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R. – Noi riteniamo che i
contesti dentro i quali stabilire una riconciliazione partono proprio dal
territorio. Noi abbiamo una presenza capillare sul territorio italiano e,
quindi, all’interno anche delle Chiese locali. Questa capillarità è il nostro
contesto, cioè ci permette di raggiungere la vita delle persone che spesso sono
discriminate o sono in situazione di grave disagio. Allora, la prima
riconciliazione parte dall’accoglienza di queste persone, ma un’accoglienza che
non oscura la diversità delle identità. Anzi, noi come religiose ci teniamo
molto che i cristiani, i battezzati, abbiano un’identità forte, un’identità
chiara, un’identità cristiana che non ha paura del dialogo, proprio perché è
chiara.
D. – Parlare di
riconciliazione e di dialogo chiama oggi in primo luogo al rapporto con
l’Islam. Qual è l’esperienza dell’USMI in questo senso?
R. – Noi, come
esperienza a livello di assemblee nazionali, abbiamo dedicato già tre anni fa
proprio un’assemblea al dialogo interreligioso, con particolare riferimento
all’Islam. Su questo, noi abbiamo anche esperienza quotidiana nel territorio e
la cosa più importante che stiamo cercando di sottolineare e di incoraggiare è
la disponibilità a conoscere l’Islam, ma a partire da una propria identità.
Perché l’identità dell’Islam è molto forte, molto chiara, molto visibile e non
possiamo, noi, presentarci con le nostre timidezze per poter accogliere
quell’identità. Quindi, un dialogo che proprio perché è chiaro, non è violento,
non ha paura, non ipotizza crociate ma semplicemente parte dalla forza che
viene dal Vangelo.
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31 marzo 2005
ARRESTATO IN CINA UN
SACERDOTE. PECHINO PREOCCUPATA PER LA DIFFUSIONE
DEL SENTIMENTO
RELIGIOSO: BATTEZZATI NELLA CAPITALE,
DURANTE LA VEGLIA
DI PASQUA, NELLA SOLA
CHIESA DI SAN SALVATORE, 48 ADULTI
ROMA. = E’ finito in manette ieri in Cina padre Zhao
Kexun, 75 anni. Secondo quanto riferisce la Kung Foundation, il
sacerdote è stato bloccato e portato via da agenti della pubblica sicurezza,
mentre tornava a casa, dopo aver celebrato Messa in una casa privata a
Shatifang. Il governo cinese permette la libertà religiosa solo al personale
registrato presso l’Ufficio Affari religiosi del Governo e in luoghi registrati
presso lo stesso Ufficio, che vengono monitorati continuamente. In base alle
nuove leggi sulla libertà religiosa, varate lo scorso 1 marzo, sacerdoti e
fedeli che si radunano in case private o fuori del controllo dello Stato sono
considerati fuorilegge. Secondo i dati dell’agenzia AsiaNews, a tutt’oggi vi
sono 18 vescovi e 20 sacerdoti nelle mani della polizia, in isolamento o
impossibilitati ad esercitare il loro ministero. In Cina vi sono almeno otto
milioni di cattolici, anche se i cattolici della Chiesa ufficiale sono quattro
milioni. Ogni anno nel Paese si convertono alla Chiesa cattolica almeno 150
mila adulti. Quest’anno durante la veglia di Pasqua, nella sola chiesa di San
Salvatore a Pechino, sono stati battezzate 48 persone. (B.C.)
FIAMMATA
DI VIOLENZA IN INDIA. I FONDAMENTALISTI INDU’ HANNO
ATTACCATO E FERITO
DIVERSI CRISTIANI CHE ASSISTEVANO ALLA PROIEZIONE
DEL FILM “THE PASSION”.
CRESCE LA PREOCCUPAZIONE, INTANTO, PER LA
CHIESA DELLO STATO DEL MAHARASHTRA, DOVE STA PER ESSERE
ADOTTATA UNA LEGGE ANTI-CONVERSIONE
KOCHI. = Ennesimo episodio di intolleranza religiosa
in India. Una folla di fondamentalisti indù ha fatto irruzione nella Kanai
Church, la più antica chiesa dello Stato del Kerala, mentre alcuni fedeli
cristiani assistevano alla proiezione del film “La Passione di Cristo” di Mel Gibson. Durante l’attacco sono state
ferite diverse persone, fra le quali donne e bambini. Il fatto è
avvenuto alla vigilia di Pasqua ed è stato condotto da 25 militanti del
Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS), l’ala paramilitare del Bharatiya Janata
Party (BJP). Secondo John Dayal, presidente dell’All India Catholic Union, intervistato da AsiaNews, “è probabile
che questi attacchi contro i cristiani siano una tattica dei fondamentalisti
indù per screditare il Congress Party”, al potere in Kerala. Il
presidente dello Stato, Oomen Chandy, è un cristiano. Cresce la preoccupazione,
intanto, della Chiesa del Maharashtra, lo Stato più secolarizzato dell’India,
dove il governo sta per varare una legge anti-conversione. Il ministro
dell’Interno, Sidharam Mhetre, ha annunciato che a breve verrà approvata una
norma sui cambiamenti di religione, modellata su quella del Tamil Nadu. La
norma prevede, tra l’altro, che chiunque voglia mutare la propria religione
debba consegnare un affidavit alle autorità pubbliche. Attivisti per i
diritti umani hanno spesso denunciato che sono proprio le norme anticonversione
a permettere ai fondamentalisti di perseguitare i fedeli delle altre
confessioni. Dopo mesi di proteste delle organizzazioni per la difesa della
libertà religiosa e di una vasta parte dell’opinione pubblica, lo scorso
maggio, il presidente del Tamil Nadu ha ritirato la legge. (B.C.)
IL MESSICO HA
RATIFICATO OGGI LA CONVENZIONE ONU CONTRO LA TORTURA.
IL PRESIDENTE FOX HA ASSICURATO L’IMPEGNO DEL SUO
GOVERNO, DICHIARANDOSI
PRONTO A QUALUNQUE VERIFICA INTERNAZIONALE
CITTA’
DEL MESSICO. = Il presidente messicano, Vicente Fox, ha firmato questa mattina
la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, una pratica “ancora
diffusa” nel Paese latinoamericano, secondo il rappresentante a Città del
Messico dell’Alto Commisariato ONU per i diritti umani, Anders Kompass. Il capo
di Stato ha assicurato l’impegno del suo governo nel combattere la tortura e
nel difendere i diritti umani di tutti i cittadini, sottolineando allo stesso
tempo che il Messico “terrà le porte aperte alle verifiche internazionali”. Il
segretario agli Interni, Santiago Creel, tuttavia, ha smentito l’accusa di
Kompass. “La tortura – ha detto – fa parte di un passato cui i messicani hanno
detto addio senza nessuna remora”. Secondo statistiche del governo, negli
ultimi due anni un solo caso, poi rivelatosi falso, sarebbe stato segnalato sul
territorio nazionale. Adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il
10 dicembre 1984 ed entrata in vigore il 26 giugno 1987, la Convenzione contro la tortura e altre pene o
trattamenti crudeli, disumani o degradanti, stabilisce, tra l’altro, che
“nessuna circostanza eccezionale, come uno stato o una minaccia di guerra,
l’instabilità politica interna o qualsiasi altra pubblica emergenza, può essere
invocata come giustificazione di atti di tortura”. (B.C.)
IMPEGNO
CONGIUNTO IN ASIA CONTRO IL TRAFFICO DI ESSERI UMANI.
SEI
NAZIONI PRONTE AD INTERVENIRE PER COMBATTERE LA GRAVE
SITUAZIONE CHE AFFLIGGE LA REGIONE DEL MEKONG
HANOI. =
“La regione del Mekong è uno dei luoghi più caldi del pianeta per il traffico
di esseri umani”. Così oggi Jordan Ryan, rappresentante per il Vietnam
dell’UNDP (Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite), a conclusione di un
vertice ad Hanoi contro il traffico di esseri umani. Frutto dell’incontro: la
promessa di una stretta collaborazione tra sei nazioni per sconfiggere la
drammatica situazione. Cambogia, Cina, Laos, Myanmar (ex Birmania), Thailandia
e Vietnam, infatti, hanno dimostrato il comune intento di combattere il
traffico di esseri umani nella
regione del Mekong, dove, come ha sottolineato Ryan, l’economia in crescita ha
approfondito il divario tra ricchi e poveri. Nella regione, inoltre, sono
frequenti le attività criminali, che “spesso colpiscono i soggetti più
vulnerabili come donne, bambini e persone molto povere”. In Asia – ha
dichiarato recentemente l’UNICEF – le vittime di questo traffico sarebbero 200
mila e diverse sono le sanzioni per questo grave crimine: in Cina e Vietnam i
trafficanti rischiano la pena di morte, in Myanmar l’ergastolo e in Laos,
Cambogia e Thailandia dai 20 ai 50 anni. (M.V.S.)
INAUGURATO UN NUOVO
SERVIZIO DI INFORMAZIONE
DEI GESUITI IN AFRICA ORIENTALE
NAIROBI. = Presentato
in Kenya il “Jesuit Hakimani Centre News”,
uno strumento elettronico del settore sociale della provincia dell’Africa
Orientale della Compagnia di Gesù. Il mensile – riferisce l’agenzia MISNA – è
redatto e pubblicato dal Centro Hakimani di Nairobi, una struttura attiva nel
campo della giustizia economica, della lotta all’HIV/AIDS e della promozione
della pace attraverso attività di ricerca e formazione. I primi numeri hanno
trattato, tra l’altro, delle attività sociali intraprese da istituzioni legate
ai gesuiti dal Kenya alla Tanzania, dall’Etiopia all’Uganda. Queste
informazioni hanno dimostrato il grande potenziale per il lavoro in rete nel
settore sociale della regione: la possibilità di costituire un “Centro per la
Giustizia Sociale e la Pace” insieme con l’Associazione dei Religiosi dell’Uganda,
ad esempio, oppure la possibile collaborazione con il coordinatore della
commissione nazionale giustizia e pace in Etiopia. “Jesuit Hakimani Centre
News” è diretto dal gesuita Ludwig Van Heucke, impegnato da diversi anni a
Nairobi. (B.C.)
“LA FORMAZIONE DELLE NUOVE COMUNITA’”, TEMA CHE
ACCOMPAGNERA’
LA
SECONDA ASSEMBLEA ANNUALE DELLA CATHOLIC FRATERNITY.
L’INCONTRO
SI SVOLGERA’ A ROMA DAL 15 AL 17 APRILE PROSSIMI
- A
cura di Daniela Di Domenico -
ROMA. =
Dal 15 al 17 aprile 2005 si svolgerà, presso la “Casa Tra Noi” a Roma, la
seconda Assemblea europea dei Moderatori Generali delle Nuove Comunità.
Quest’ultime, nate all’interno del Rinnovamento Carismatico Cattolico,
appartengono alla Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities
and Fellow-ships. Tema principale dell’incontro sarà: “La Formazione delle
Nuove Comunità”. L’incontro, al quale parteciperanno i rappresentanti delle
Nuove Comunità di Francia, Polonia, Malta, Irlanda e Italia, i delegati delle
Comunità del Brasile, Argentina, Uraguay, Messico, impegnati nel nostro Paese,
sarà introdotto dal presidente della Comunità cattolica carismatica, Matteo
Calisi. I principali relatori saranno, invece, mons. Josef Clemens e Guzmàn
Carriquiry, Segretario e sotto Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici.
Le diverse comunità della Catholic Fraternity operano in vari ambiti
ecclesiali, tra cui la vita monastica, l’evangelizzazione, la catechesi nelle
diocesi e nelle parrocchie, la promozione dei diritti umani e i mass media.
Giovanni Paolo, il 7 novembre 2002, rivolgendosi alla Catholic of
Charismatic Covenant Communities and Fellowships, ha sottolineato che “la
grande sfida che dobbiamo affrontare in questo nuovo millennio, è quella di
rendere la Chiesa la casa e la scuola della comunione”. Il prossimo incontro
dei Moderatori Generali si terrà a Fatima dal 28 ottobre al 1 novembre 2005,
sul tema “Eucaristia e Nuova Evangelizzazione alla scuola di Maria”.
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31 marzo 2005
-
A cura di Amedeo Lomonaco -
A 11 anni dal genocidio in
Rwanda, i ribelli Hutu rinunciano alla lotta armata. Lo hanno reso noto
rappresentanti delle Forze democratiche di libera-zione del Rwanda (FDLR).
L’importante annuncio è stato dato a Roma presso la comunità di Sant’Egidio,
dove da due giorni si stanno svolgendo i colloqui tra membri Hutu e Tutsi. Il
servizio di Rita Anaclerio:
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Le Forze Democratiche di
Liberazione del Rwanda davanti a Dio, alla storia e al popolo ruandese
dichiarano la fine della lotta armata e la decisione di trasformare la lotta in
combattimento politico”. Sono le parole con cui Ignace Murwanashyaka,
presidente delle stesse forze armate, ha aperto uno spiraglio di pace per una
delle zone più tormentate dell’ultimo decennio. Violenze e guerre hanno
provocato la morte di circa quattro milioni di persone nella regione dei Grandi
Laghi. Il documento ufficiale è stato presentato a Roma nella sede della
Comunità di Sant’Egidio, il cui ruolo di mediazione nei negoziati fra la repubblica
democratica del Congo, il Rwanda e i ribelli Hutu è venuto allo scoperto dopo
almeno un mese di colloqui riservati. Un importante documento nel quale viene
condannata ufficialmente dalle Forze democratiche di Liberazione “ogni forma di
terrorismo commesso nella regione dei Grandi Laghi” e viene espresso l’augurio
del “ritorno dei rifugiati rwandesi nel loro Paese secondo le norme
internazionali in materia e nel rispetto dei diritti umani”. Inoltre, per la
prima volta viene denunciato “il genocidio commesso in Rwanda nel 1994” che
provocò quasi un milione di morti, in gran parte Tutsi e Hutu. Infine, il
presidente delle forze democratiche di Liberazione del Rwanda ha rinnovato
“l'impegno a cooperare con il governo e con la giustizia internazionale”, espressione
e manifestazione “della ferma volontà di apportare un contributo reale alla
risoluzione duratura e pacifica dei conflitti presenti nella regione dei Grandi
laghi”. E la missione dell’ONU nella Repubblica democratica del Congo si è
congratulata per l’annuncio dell’importante decisione che “apre nuove
prospettive di pace”.
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In Iraq, dove si celebra oggi la festa sciita
dell’Arbaeen, due attentati kamikaze hanno sconvolto il nord del Paese
provocando la morte di almeno 13 persone. Il Dipartimento di Stato americano ha
confermato, intanto, la notizia del rapimento di un cittadino statunitense. Il
nostro servizio:
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Almeno sette persone sono
rimaste uccise a Samarra per la deflagrazione di un’autobomba vicino ad una
moschea sciita. Sono cinque, inoltre, i morti provocati da un altro
attentato suicida avvenuto a Tuz Khurmatu, località del Kurdistan iracheno a
circa 95 chilometri da Kirkuk. Le vittime erano agenti della guardia
nazionale. L’autobomba è esplosa davanti ad un posto di blocco
dell’esercito nei pressi di una moschea sciita. L’area è spesso teatro di
episodi di violenza tra estremisti della maggioranza curda e membri delle
comunità minoritarie araba e turcomanna. La tensione è ulteriormente salita
dopo la richiesta dei curdi di inserire anche l’importante centro petrolifero
di Kirkuk nel futuro assetto del Kurdistan. In questo scenario dominato
dall’instabilità, il Dipartimento di Stato americano ha confermato, inoltre,
che un cittadino statunitense è stato sequestrato lunedì scorso con i
tre giornalisti rumeni mostrati ieri in un video trasmesso dall’emittente
araba al Jazeera. Nel Paese arabo, intanto, sono state rafforzate le
misure di sicurezza: gli sciiti celebrano infatti l’Arbaeen, festività che
segna la conclusione dei quaranta giorni di lutto e cordoglio collettivi per il
martirio dell’Imam Hussein, assassinato quattordici secoli fa. L’anno scorso
questa festività è stata scossa da due attacchi dinamitardi a Kerbala e a
Baghdad che hanno provocato la morte di 180 persone.
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Il presidente palestinese, Abu
Mazen, ha convocato consultazioni di sicurezza e ha ordinato misure cautelative
straordinarie. La decisione è stata presa dopo che a Ramallah gruppi di
miliziani avevano aperto il fuoco in un centro commerciale. Secondo la radio
militare israeliana, i ribelli hanno poi proseguito la loro marcia dimostrativa
nella zona della Muqata, il quartier generale palestinese.
Libano
ancora senza governo, dopo la rinuncia di Karame a formare un nuovo esecutivo.
L’ex premier non ha comunque ancora ufficializzato la propria decisione al
presidente Lahoud, in attesa di una prossima riunione dei partiti filo-siriani.
A Beirut vacillano, intanto, i vertici dell’intelligence. Sembra ormai scontato
un congedo per il direttore dei servizi di sicurezza interni, Hajji, dopo
un’analoga decisione presa dal capo dei servizi segreti militari, Azar.
In Kirghizistan, il
Parlamento ha avviato il dibattito sul rientro del presidente Askar Akayev,
costretto a lasciare Bishkek la scorsa settimana in seguito all’irruzione dei
manifestanti nel palazzo presidenziale. Ad Akayev, che si trova a Mosca da
diversi giorni, viene chiesto di tornare a Bishkek per rassegnare formalmente
le dimissioni e consentire l’avvio delle procedure per la convoca-zione di
nuove elezioni, come previsto dalla costituzione. Lo ha reso noto il presidente
del Parlamento dopo aver incontrato l’inviato dell'Organizzazione per la
sicurezza e la cooperazione in Europa, Dimitri Rupel.
Sono
partite le trattative tra le nuove autorità del Kirghizistan e il presidente
Askar Akáyev, attualmente rifugiato in Russia. Il presidente del Parla-mento,
Tekebáyev, ha annunciato l’avvio di contatti con Mosca, per giungere alle
dimissioni ufficiali di Akáyev.
In
Cina 27 persone sono rimaste uccise in seguito ad una fuga di cloro avvenuta
dopo uno scontro da un camion cisterna ed un altro mezzo pesante nella
provincia orientale di Jiangsu. Lo ha reso noto l’agenzia ‘Nuova Cina’
precisando che l’incidente è avvenuto martedì scorso.
Non c’è
più alcun dubbio: il leader indipendentista ceceno, Aslan Mashkadov, è morto
l’8 marzo vicino a Grozni nel corso di una “operazione speciale” delle truppe
federali russe. Al termine di “sofisticati test genetici” il ministero della
Difesa russo ha reso noto, infatti, che l’identificazione del cadavere di
Maskhadov è ormai certa al cento per cento.
Gli
europei non temono l’Iran. Secondo un sondaggio della Cnn la maggioranza
degli intervistati, cittadini britannici, francesi e tedeschi, non credono che
Teheran rappresenti una minaccia nucleare per l’Europa. Nonostante i timori di
Washington e dell’Unione europea, gli intervistati sembrano credere al governo
di Teheran che continua a sostenere gli scopi pacifici del proprio programma
nucleare.
Nella Repubblica Centrafricana saranno il capo di Stato uscente Bozizé e
l’ex premier Ziguélé ad affrontarsi ad un secondo turno delle presidenziali. Lo
ha annunciato la commissione elettorale di Bangui, dopo il voto del 13 marzo
scorso. La data del ballottaggio non è stata ancora fissata.
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