RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 90 - Testo della trasmissione di giovedì 31 marzo 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:                                                                             

La missione del Papa e il suo rapporto con il popolo dei fedeli: al centro della riflessione del teologo Luigi Negri, dopo l’articolo di Vittorio Messori che sul Corriere della Sera torna a sottolineare che non ci saranno mai dimissioni del Papa

 

Nuove rivelazioni sull’attentato al Papa: si accredita l’ipotesi del complotto internazionale. Intervista con il cardinale Roberto Tucci

 

“L’angosciosa, straziante agonia di Terri Schiavo impone un sussulto di umanità”: è l’appello del cardinale Renato Raffaele Martino, ai nostri microfoni.

 

IN PRIMO PIANO:

Estratti dalle macerie alcuni sopravvissuti nelle zone dell’Indonesia colpite dal terremoto, mentre sono 624 i morti accertati: la testimonianza di padre Barnabas Winkler

 

Elezioni parlamentari cariche di tensione oggi nello Zimbabwe.  Anche la Chiesa locale ha invitato a vigilare perché non ci siano irregolarità: analisi di Raffaello Zordàn

 

Il declino degli ecosistemi mette a grave rischio il futuro delle risorse: è quanto emerge dal Millennium Ecosystem Assessment, il più ampio studio sullo stato del pianeta. Interviste con Gianfranco Bologna e Riccardo Valentini

 

Oggi pomeriggio, l’inaugurazione in Terra Santa della Biblioteca del Centro internazionale “Domus Galileae” del Cammino neocatecumenale: ce ne parla Kiko Argüello

 

Da ieri a Roma l’assemblea nazionale delle Superiore maggiori d’Italia: al centro, la riconciliazione nella società multietnica e la promozione del dialogo.  Con noi, suor Giuseppina Alberghina.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Arrestato in Cina un sacerdote. Pechino preoccupata per la diffusione del sentimento religioso

 

Fiammata di violenza in India. I fondamentalisti indù hanno attaccato e ferito diversi cristiani che assistevano alla proiezione del film “The Passion”

 

Il Messico ha ratificato la convenzione ONU contro la tortura

 

Impegno congiunto in Asia contro il traffico di esseri umani

 

Inaugurato un nuovo servizio di informazione dei gesuiti in Africa orientale

 

“La formazione delle nuove comunità”: è il tema che accompagnerà la seconda Assemblea annuale della Catholic Fraternity.

 

24 ORE NEL MONDO:

I ribelli Hutu condannano il genocidio del 1994 in Rwanda e annunciano di voler deporre le armi

 

In Iraq almeno 13 vittime per attentati kamikaze contro due moschee sciite.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

31 marzo 2005

 

LA STRAORDINARIA TESTIMONIANZA DI GIOVANNI PAOLO II

 NEL SUO RAPPORTO DI PATERNITA’ CON IL POPOLO DEI FEDELI,

AL CENTRO DELLA RIFLESSIONE DEL TEOLOGO, MONS. LUIGI NEGRI,

VESCOVO DI SAN MARINO-MONTEFELTRO

- Con noi, lo stesso teologo -

        

Con sincera partecipazione, i fedeli di tutto il mondo seguono, in questi giorni, il decorso della convalescenza di Giovanni Paolo II. Ieri, in Piazza San Pietro, era palpabile l’emozione tra i pellegrini quando il Papa si è affacciato dalla sua stanza per benedirli e ringraziarli. Un legame, quello tra il Pastore e il suo popolo, che rappresenta una nota caratterizzante di questo Pontificato. Oggi sulle pagine del quotidiano Il Corriere della Sera, il giornalista Vittorio Messori, autore del libro-intervista con Giovanni Paolo II, “Varcare la soglia della Speranza”, sottolinea che “in nome dell’abbandono totale alla Provvidenza e della sua concezione del papato (‘non ci si può dimettere dalla paternità’) Giovanni Paolo II non si tirerà indietro”. Sulla testimonianza di Padre, offerta ai fedeli dal Papa, ascoltiamo la riflessione del teologo della “Cattolica” di Milano, mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, raccolta da Alessandro Gisotti:

 

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R. – La paternità che egli ha vissuto e vive nei confronti del popolo cristiano è assolutamente totale. D’altra parte, poiché la paternità è anche una virtù reciproca, il modo con cui il popolo cristiano ha sentito e sente questa paternità è il fatto su cui riflettere. Mi pare che la questione sia il grande evento personale, cristiano ed umano di Giovanni Paolo II.

 

D. – Mons. Negri, in questi ultimi due mesi segnati dalla sofferenza, il Papa è tornato più volte a sottolineare il significato profondo del suo ministero. Nell’Angelus del 6 febbraio scorso, dal Policlinico Gemelli, il Pontefice ha sottolineato: “Anche qui continuo a servire la Chiesa e l’intera umanità”. All’Angelus del 20 febbraio ha poi ribadito che il ministero petrino è essenzialmente servizio all’unità della Chiesa. Il Papa sottolinea, dunque, con forza questo legame inscindibile con la comunità dei fedeli…

 

R. – Certamente inscindibile e che vuol portare avanti fino in fondo, perché ritiene che la sua modalità di vivere questo compito debba continuare fino alla fine della sua vita. Questo io credo sia una grande testimonianza, di fronte alla quale il popolo cristiano non può che essere lieto. L’avvenimento di Giovanni Paolo II è qualcosa cui nessuno oggi si sente di rinunziare.

 

D. – Si può dire che per il Santo Padre le preghiere e la vicinanza spirituale dei fedeli sono una linfa che si rinnova ogni giorno?

 

R. – Indubbiamente, perché come ho accennato prima, la paternità, come ogni virtù, implica la reciprocità. Quindi, un padre che si sente amato dai figli e si sente amato nell’aspetto più acuto della sua paternità, che è il servizio a tutte le Chiese, ne viene sostanzialmente edificato. Credo che il Papa stia dando moltissimo, come ha dato sempre, ma che il popolo cristiano stia restituendogli moltissimo. Questa è una cosa bellissima, dal punto di vista spirituale.

 

D. – “E’ guardando a Cristo e seguendolo con paziente fiducia – ha sottolineato il Papa all’Angelus del 27 febbraio – che riusciamo a comprendere come ogni forma umana di dolore racchiuda in sé una promessa divina di salvezza e di gioia”. E’ questo il messaggio forte che il Pontefice vuole offrire ai fedeli in questo momento, con la sua testimonianza?

 

R. – E’ il messaggio dell’imitazione della Passione, della Morte, della Risurrezione. In questo senso, proprio per la radicalità con cui lo pone e per la grande tenerezza che anche umanamente ispira, è come se ci rendesse più familiari la morte e la Risurrezione in modo meno aspro. Vedendo la modalità con cui il Papa si assimila al cammino doloroso e glorioso di Cristo, ci sentiamo più confortati che angosciati.

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RINUNCIA E NOMINA

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Providence (U.S.A.), presentata da mons. Robert E. Mulvee, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto Giovanni Paolo II ha nominato mons. Thomas J. Tobin, finora vescovo di Youngstown.

 

Mons. Thomas J. Tobin è nato in Pittsburgh (Pennsylvania) ed è stato ordinato sacerdote per la diocesi della stessa città il 21 luglio 1973. E’ stato nominato vescovo titolare di Novica ed Ausiliare di Pittsburgh il 3 novembre 1992 e consacrato il 27 dicembre successivo.  Nella diocesi, ha ricoperto gli incarichi di Vicario Generale e Moderatore della Curia. E’ stato trasferito alla sede residenziale di Youngstown (Ohio) il 5 dicembre 1995. In seno alla Conferenza Episcopale, è membro di vari comitati.

 

           

NUOVE RIVELAZIONI SULL’ATTENTATO AL PAPA: SI ACCREDITA L’IPOTESI

DEL COMPLOTTO INTERNAZIONALE. GIOVANNI PAOLO II HA SEMPRE SOSPETTATO

CHE DIETRO LA MANO DI ALI AGCA FOSSERO ALTRI I MANDANTI

- Intervista con il cardinale Roberto Tucci -

 

Torna in primo piano sulla stampa italiana e internazionale l’attentato a Giovanni Paolo II del 13 maggio 1981. Trascorsi ormai 24 anni da quel drammatico evento, non è stata fatta ancora piena luce riguardo possibili mandanti e delle ipotesi di complicità dietro la mano dell’attentatore Ali Agca, che ricordiamo è stato condannato all’ergastolo nel 1982 e sta tutt’ora scontando la pena nelle prigioni turche, dove è stato trasferito nel 2000.

 

Nuove rivelazioni sulla cosiddetta ‘pista bulgara’ sono rimbalzate sui giornali dai documenti della STASI, ovvero i Servizi segreti dell’ex Germania Est, che il governo di Berlino ha inviato alla Bulgaria, già nel 2002. Rivelazioni che sembrano accreditare l’ipotesi di un complotto internazionale orchestrato dal KGB, i Servizi segreti moscoviti dell’ex Unione Sovietica. Quali reazioni in Vaticano? Rosario Tronnolone ha intervistato il cardinale Roberto Tucci:

 

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R. – Credo che sia abbastanza chiaro che il sospetto che sempre c’è stato in molti ambienti, sia di magistrati sia di persone che studiano la storia contemporanea, su questa “pista bulgara” sia fondato.

 

D. – Il Papa, in particolare, che cosa ha detto sull’attentato di cui è stato vittima?

 

R. – Il Papa è stato sempre molto ‘sobrio’ per quanto riguarda l’organizzazione che c’era dietro all’attentato. Quasi non ne ha mai parlato esplicitamente se non nell’ultimo libro, “Memoria e identità” che è del 2005. Il Papa dichiara a proposito del suo incontro con Alì Agca, quando andò a visitarlo in prigione, che “Agca sapeva come sparare, e sparò certamente per colpire. Soltanto, fu come se qualcuno avesse guidato e deviato il proiettile”. Poi, in un altro brano, dice apertamente che altro è la mano che ha sparato e altro è la mano che ha guidato. Quindi dice chiaramente che c’è stata un’organizzazione dietro all’attentato contro di lui.

 

D. – Sul quotidiano “La Repubblica” di questa mattina, si parla di un probabile nuovo libro-rivelazione di Alì Agca e, tra le cose che dichiara, c’è: “Avevo dei complici in Vaticano”. Lei ne ha sentito parlare?

 

R. – Credo che sia una gran balla: comunque, Alì Agca è stato sempre un depistatore più che un rivelatore di fatti veri. Il Papa dice in questo libro che ho citato prima: “Alì Agca, come tutti dicono, è un assassino professionista. Questo vuol dire che l’attentato non fu un’iniziativa sua, che fu qualcun’altro a idearlo, che qualcun’altro lo aveva a lui commissionato”. Oggi vengono fuori delle carte della STASI: la cosa più interessante è sapere veramente se c’è stata una decisione ad alto livello nelle gerarchie moscovite del tempo, per decidere l’attentato. Poi, l’organizzazione viene affidata alla Bulgaria che si serve di un personaggio come Alì Agca che non era strettamente implicato solo per motivi politici in questa azione, ma anche per motivi probabilmente religiosi, perché come origine viene fuori dal gruppo dei “Lupi Grigi”, che è un gruppo fondamentalista islamico. Usano Alì Agca. E la STASI, il servizio segreto comunista della Germania orientale, deve cercare di fare da copertura e fare in modo, con la disinformazione, di creare un forte ostacolo a chi sospettava queste trame dietro all’attentato di Alì Agca.

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RESPINTA L’ENNESIMA RICHIESTA DEI GENITORI DI TERRI SCHIAVO DI RIPRENDERE L’ALIMENTAZIONE, SEMBRA NON CI SIA PIU’ SPERANZA DI SALVARE LA DONNA.

IL CARDINALE MARTINO AFFERMA CHE “L’ANGOSCIOSA,

 STRAZIANTE AGONIA IMPONE UN SUSSULTO DI UMANITA’”

- Con noi il porporato -

 

Le speranze di salvare Terri Schiavo sembrano ormai inesistenti. Sia la Corte d’appello federale della Florida che la Corte suprema degli Stati Uniti hanno bocciato nelle ultime ore l’ennesima richiesta della famiglia di riattaccare il tubo dell’alimentazione. Sono ormai 13 giorni che la donna è privata di acqua e cibo. “L’angosciosa, straziante agonia – sottolinea il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, cardinale Martino – al di là delle possibili strumentalizzazioni politiche, impone un sussulto di umanità”. Ma ascoltiamo lo stesso cardinale Renato Raffele Martino:

 

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R. – La prolungata interruzione degli alimenti nel suo stato impropriamente definito “vegetativo”, giacché la donna è sì incapace di comunicare, ma probabilmente, come sostengono alcuni massimi esperti del settore, soffre della sua condizione, va configurandosi come un’ingiusta condanna a morte di un innocente, in una delle forme più disumane e crudeli, quale quella per fame e per sete. E poiché di condanna si tratta, con tanto di tribunali implicati, non è fuori luogo ricordare che l’antica saggezza insegnava “in dubio pro reo”. A maggior ragione, il buon senso prima che il buon cuore e in ogni caso il doveroso e ineludibile rispetto della persona umana, dovrebbero imporre “in dubio pro vita” ed evitare quello che in pratica e senza eufemismi rappresenterebbe un omicidio cui è impossibile assistere inerti, senza diventarne complici.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il Medio Oriente: fazioni radicali palestinesi attaccano il quartier generale dell’Autorità palestinese a Ramallah; Israele chiede il disarmo dei gruppi estremisti e rallenta l’adozione di misure di distensione. Sempre in prima, in evidenza l’articolo dal titolo “Terri Schiavo è stata messa a morte sulla base di tre falsità”. L’autore dell’articolo è Gian Luigi Gigli, Presidente della Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici.

 

Nelle vaticane, una pagina sul cammino della Chiesa in Italia. Una pagina dedicata al tema “Verso il quinto centenario della morte di san Francesco di Paola, fondatore dell’Ordine dei Minimi”.

 

Nelle estere, Indonesia: paura e sconforto nelle isole terremotate; a Nias tre persone in salvo dopo oltre cinquanta ore sotto le macerie.

Nella pagina culturale, per la rubrica “Incontri”, il giornalista e scrittore Gaspare Barbiellini Amidei intervistato da Franco Lanza. Il titolo dell’articolo è “Un forte bisogno di verità attanaglia oggi molte ‘teste frastornate’”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano statali; contratto: si punta all’accordo dopo il voto. Tregua all’interno della maggioranza.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

31 marzo 2005

 

 

ESTRATTI DALLE MACERIE ALCUNI SOPRAVVISSUTI NELLE ZONE DELL’INDONESIA

COLPITE DAL TERREMOTO, MENTRE SONO 624 I MORTI ACCERTATI

- Intervista con padre Barnabas Winkler -

 

Nell’Indonesia colpita dal terremoto si contano le vittime: 624 i morti accertati finora. Si lotta contro il tempo per estrarre i sopravvissuti dalle macerie. Stamattina, nell’isola di Nias, i soccorritori ne hanno tirati fuori almeno tre e sono stati ritrovati 13 dispersi. Migliorano, intanto, le condizioni di padre Barnabas Winkler, l’amministratore apostolico di Sibolga, rimasto ferito a Nias. Dall’ospedale di Medan, il missionario altoatesino racconta, al microfono di Andrea Sarubbi, i drammatici momenti vissuti:

 

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R. – Sono stati momenti molto concitati. Ero appena andato a dormire quando ha cominciato a tremare tutta la stanza. Subito è caduta una pietra della parete. Ho cominciato a preparare le cose da portare via, ma c’è stato un altro crollo sulla sinistra. Sono rimasto intrappolato sotto le macerie e per fortuna avevo abbastanza spazio per respirare. Tutti gli altri confratelli sono fuggiti dalla casa perché avevano paura dello tsunami. Io sono rimasto solo sotto le macerie.

 

D. – Padre Winkler, che cosa ha pensato in quelle due ore che sono passate prima che la venissero a tirare fuori?

 

R. – Ho pensato che non potevo far altro che aspettare che qualcuno venisse a soccorrermi, altrimenti dovevo aspettare la morte.

 

D. – È rimasto ferito gravemente?

 

R. – Ho avuto una ferita alla testa, che però ha sanguinato molto. I miei vestiti erano pieni di sangue. Chi mi ha soccorso ha pensato che fossi grave, ma è soltanto una ferita… anche se piuttosto grande. Adesso me l’hanno ricucita, ma devono di nuovo intervenire, perché quando mi hanno operato a Nias non avevano le attrezzature adatte. Comunque, sto bene.

 

D. – In tre mesi due terremoti. Come sta la gente di Nias, nella sua diocesi?

 

R. – È molto provata. Quasi non c’è famiglia che non abbia perso qualche caro. In alcune famiglie sono tutti morti: è davvero terribile!

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ELEZIONI PARLAMENTARI CARICHE DI TENSIONE OGGI NELLO ZIMBABWE.

ANCHE LA CHIESA LOCALE HA INVITATO A VIGILARE

PERCHE’ NON CI SIANO IRREGOLARITA’

- Intervista con Raffaello Zordàn -

 

Elezioni parlamentari cariche di tensione oggi nello Zimbabwe, dove sono chiamati al voto 5 milioni ed 800 mila cittadini. Si confrontano lo Zanu, partito del presidente Mugabe, e l’opposizione del Movimento per il Cambiamento Democratico. Si temono brogli ed anche la Chiesa locale ha invitato a controllare la regolarità dei risultati. Il malcontento verso Mugabe, intanto, sembra in crescita, come conferma Raffaello Zordàn, del mensile comboniano Nigrizia:

 

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R. – Non so se sarà un vero e proprio referendum contro. Sicuramente motivi di malcontento ci sono e non da oggi. Intanto, va ricordato che Mugabe, l’eroe della liberazione dal regime razzista rhodesiano, è un esempio in negativo di come un leader politico, quando prende il potere poi non riesce ad utilizzare questo potere con il buon governo, ma lo usa per finalità proprie della propria etnia o addirittura del proprio sottogruppo etnico al quale appartiene. Sul piatto della bilancia di queste elezioni c’è il malcontento della gente che già nelle elezioni precedenti aveva denunciato brogli. Sono brogli e intimidazioni che sono state denunciate a più riprese anche da voci autorevoli all’interno della Chiesa. Il problema principale, irrisolto, è la riforma agraria e quindi l’utilizzo dell’esproprio senza indennizzo. Di fronte a questa cosa anche molti lavoratori delle fattorie dei bianchi non si sono trovati d’accordo, perché capivano che il sistema sarebbe imploso ed infatti è quello che sta succedendo.

 

D. – Questo tentativo di dare la terra ha scontentato poi di fatto gran parte dei cittadini dello Zimbabwe?

 

R. – Si è visto che le fattorie occupate illegalmente sono poi state assegnate ad ex dirigenti di Lozano. Ai piccoli contadini è stato dato magari sì un pezzo di terra, ma senza un documento che stabilisca un titolo di proprietà. Quindi, è stato fatto un grandissimo pasticcio, senza contare che comunque i coloni bianchi, che sono legittimamente proprietari di quella terra, avrebbero dovuto essere liquidati in maniera più equa. Tutti sanno che la riforma della terra è comunque un passaggio cruciale, importante e necessario. Allora il problema è capire se l’opposizione può avere la sua grande occasione. Naturalmente si troverà di fronte a problemi enormi sui temi fondamentali, quello della democrazia, ma anche quello di un’economia che funzioni.

 

D. – Tutte queste tensioni possono influire sul clima di queste elezioni? C’è il rischio che ci siano violenze?

 

R. – Sicuramente influiscono. Non so quanto converrà a Mugabe e ai suoi partigiani fare delle operazioni di esplicita violenza. Intanto, perché ci sono osservatori internazionali dappertutto. Ricordiamo peraltro che l’Unione Europea ha in piedi sanzioni contro Mugabe da almeno quattro anni. Il che vuol dire che Mugabe e i suoi non possono andare all’estero, vuol dire che i loro beni all’estero sono congelati, che non si vendono armi al regime dello Zimbabwe. Preoccupazioni, in questo senso, le ha sviluppate anche l’amministrazione Bush. Io credo che si possa anche pensare che ci sia un colpo di coda violento, ma sarebbe sterile, non porterebbe da nessuna parte, perché questo gruppo dirigente è fortemente screditato. Perché lo Zimbabwe possa riaffacciarsi sulla scena internazionale in maniera seria deve avere nuovi dirigenti. Credo che la gente l’abbia capito. Pensiamo che l’abbia capito anche una parte del partito al potere.

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IL DECLINO DEGLI ECOSISTEMI METTE A GRAVE RISCHIO IL FUTURO DELLE RISORSE:

E’ QUANTO EMERGE DAL MILLENNIUM ECOSYSTEM ASSESSMENT,

IL PIÙ AMPIO STUDIO SULLO STATO DEL PIANETA

- Interviste con Gianfranco Bologna e Riccardo Valentini -

 

“L’attività umana pone una tale pressione sulle funzioni naturali della terra che la capacità degli ecosistemi del pianeta di sostenere generazioni future non può più essere data per scontata. A lanciare l’allarme è il ‘Millennium Ecosystem Assessment’, il rapporto sullo stato degli ecosistemi del pianeta della FAO e del WWF, presentato ieri a Roma. Il testo sottolinea come sia difficile ridurre la fame e la povertà, migliorare le condizioni di salute dell’uomo e proteggere l’ambiente entro il 2015. Sui punti focali del rapporto ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore scientifico e culturale del WWF Italia, Gianfranco Bologna:

 

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R. – Il rapporto dimostra come negli ultimi 50 anni la pressione umana nei confronti dei sistemi naturali del pianeta sia stata senza precedenti. Per i prossimi 50 anni si prevede, inoltre, che accompagnando questa pressione con l’incremento della popolazione, la situazione si aggraverà. Quindi, il messaggio fondamentale è che ci sono oggi le possibilità per uscire da questa situazione. Ci sono soluzioni tecnologiche, politiche ed economiche. Vuol dire fondamentalmente cominciare ad affiancare la ‘contabilità di carattere ecologico’ a quella economica.

 

D. – Qual è lo stato attuale degli ecosistemi del pianeta?

 

R. – Gli ecosistemi della Terra oggi sono molto degradati. Quasi tutti soffrono in maniera molto pesante: le attività umane superano quella che dovrebbe essere la capacità di rigenerazione degli ecosistemi.

 

Sui rischi che comporta il degrado ambientale per i Paesi industrializzati, ascoltiamo Riccardo Valentini, membro del Board del Millennium Ecosystem Assessment:

 

R. – I Paesi industrializzati beneficiano di queste risorse naturali. Ma nel futuro i ‘servizi’ resi dall’ambiente saranno sempre meno disponibili. In questo momento noi siamo delle ‘cicale’: stiamo utilizzando le risorse del pianeta senza pensare alle conseguenze. Il grido d’allarme di questo rapporto, quindi, è molto chiaro: se non si inverte la tendenza del declino ambientale, ci ritroveremo nel futuro con problemi molto gravi. Problemi che non riguardano soltanto i Paesi poveri. Questa emergenza ritornerà come un boomerang anche nei Paesi industrializzati.

 

L’uso insostenibile delle risorse aumenta il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Ma come conciliare la salvaguardia ambientale con i processi della globalizzazione? Ancora Riccardo Valentini:

 

R. – Questo è effettivamente il tema del futuro: si tratta di collegare sfide globali con azioni locali. Il problema del clima, per esempio, è una sfida globale che bisogna affrontare partendo da azioni locali. Il degrado ambientale si può risolvere soltanto attraverso azioni sui Paesi, sulle regioni e a livello del singolo cittadino. Ma manca ancora un meccanismo che consenta di passare da un’iniziativa locale ad una globale.

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OGGI POMERIGGIO, L’INAUGURAZIONE IN TERRA SANTA DELLA BIBLIOTECA DEL CENTRO INTERNAZIONALE “DOMUS GALILEAE”

DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE

- Intervista con Kiko Argüello -

 

Oggi pomeriggio importante inaugurazione in Terra Santa della Biblioteca del Centro internazionale di Convegni e di Spiritualità “Domus Galileae”, costruito a Koradzym dal Cammino neocatecumenale, sulla sommità del Monte delle Beatitudini. Presenti personalità religiose e politiche di Israele. Da Nazareth, Roberto Piermarini:

 

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E’ tutto pronto nella splendida “Domus Galileae”, che si affaccia sul lago di Tiberiade, per l’inaugurazione della Biblioteca che completa il Centro di Spiritualità costruito dal Cammino neocatecumenale. Centro che comprende sale convegni, una cappella, il santuario della parola, inaugurato da Giovanni Paolo II nel corso del suo pellegrinaggio in Terra Santa nel 2000. Proprio a Koradzym, il Papa accanto a questo complesso ha celebrato la Messa per 100 mila giovani, che tanto colpì l’opinione pubblica israeliana. Per la solenne inaugurazione della Biblioteca saranno presenti 12 cardinali; 45 vescovi; gli ordinari cattolici di Terra Santa, con a capo il patriarca di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah; il nunzio apostolico in Israele e Palestina, mons. Pietro Sambi, che sarà latore di un messaggio del Papa; il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa; autorità politiche e israeliane e una delegazione di rabbini. Al centro della Biblioteca, infatti, troneggia un rotolo della Torah del ‘700, proveniente da una sinagoga del Nord Africa e posto sotto una grande sfera di cristallo. Kiko Arguello, iniziatore del Cammino neocatecumenale, che ha progettato la Domus Galileae, ne spiega il significato:      

 

“In fondo, Cristo nel sermone della montagna ha detto: ‘Non passerà una iota, una tilde della legge della Torah, senza che tutto si adempia’. Cristo crocifisso è l’adempimento totale della Torah. Questa biblioteca che sarà dedicata allo studio delle abitudini e del sermone della montagna, non possiamo non collegarla alla Torah, che dice che Dio quando fece l’universo, come un architetto, ha guardato i piani, cioè ha guardato la Torah per la costruzione di tutto l’universo. Per questo abbiamo fatto una specie di cupola di vetro, con all’interno tutte le costellazioni dell’universo e al centro una Torah bellissima. Oggi ci sarà l’inaugurazione e i rabbini canteranno e daranno la benedizione a questa Torah. Speriamo che sia veramente un momento importante di unione e di comunione, un ponte tra la Chiesa cattolica e il mondo ebraico”.

 

La “Domus Galileae”, infatti, proprio per il suo stile, che nelle sue moderne linee architettoniche si rifà alle radici ebraiche, sta attirando sempre più l’attenzione dei rabbini, che con le loro visite ne fanno un centro di dialogo interreligioso.

 

(musica)

 

Questa mattina i cardinali, i vescovi e i rettori dei 54 seminari diocesani Redemptoris Mater del Cammino neocatecumenale si sono recati in pellegrinaggio a Nazareth, dove hanno celebrato un’Eucaristia davanti alla grotta dell’Annunciazione. Il rito è stato presieduto dall’arcivescovo di Wan Shu, a Taiwan, il cardinale Paul Shau Shi, il quale ha voluto ringraziare la Vergine Maria per il dono dei seminari Redemptoris Mater e della nuova evangelizzazione, che hanno già dato alla Chiesa oltre mille sacerdoti. Anche a Nazareth, folto il gruppo di pellegrini, segno di un clima di distensione e di pace che si respira in tutta la Terra Santa.

 

Da Nazareth, Roberto Piermarini, Radio Vaticana.

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DA IERI A ROMA L’ASSEMBLEA NAZIONALE DELLE SUPERIORI MAGGIORI D’ITALIA:

AL CENTRO DEI LAVORI LA RICONCILIAZIONE IN UNA SOCIETA’ MULTIETNICA

E LA PROMOZIONE DI UN DIALOGO CHE PARTA DALLA PROPRIA IDENTITA’ CRISTIANA

- Intervista con suor Giuseppina Alberghina -

 

“La vita religiosa femminile, percorso di discernimenti e di riconciliazione per rendere visibile la speranza in una società multietnica”: è questo il tema della 52.ma Assemblea nazionale dell’USMI, l’Unione Superiore Maggiori d’Italia, iniziata ieri, 30  marzo, a Roma. Circa 400 le religiose presenti all’incontro che durerà fino a domani. Ma in quali contesti portare la riconciliazione?  Giovanni Peduto lo ha chiesto alla vice-presidente dell’USMI, suor Giuseppina Alberghina, superiora generale delle Suore di Gesù Buon Pastore, meglio note come “Pastorelle”:

 

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R. – Noi riteniamo che i contesti dentro i quali stabilire una riconciliazione partono proprio dal territorio. Noi abbiamo una presenza capillare sul territorio italiano e, quindi, all’interno anche delle Chiese locali. Questa capillarità è il nostro contesto, cioè ci permette di raggiungere la vita delle persone che spesso sono discriminate o sono in situazione di grave disagio. Allora, la prima riconciliazione parte dall’accoglienza di queste persone, ma un’accoglienza che non oscura la diversità delle identità. Anzi, noi come religiose ci teniamo molto che i cristiani, i battezzati, abbiano un’identità forte, un’identità chiara, un’identità cristiana che non ha paura del dialogo, proprio perché è chiara.

 

D. – Parlare di riconciliazione e di dialogo chiama oggi in primo luogo al rapporto con l’Islam. Qual è l’esperienza dell’USMI in questo senso?

 

R. – Noi, come esperienza a livello di assemblee nazionali, abbiamo dedicato già tre anni fa proprio un’assemblea al dialogo interreligioso, con particolare riferimento all’Islam. Su questo, noi abbiamo anche esperienza quotidiana nel territorio e la cosa più importante che stiamo cercando di sottolineare e di incoraggiare è la disponibilità a conoscere l’Islam, ma a partire da una propria identità. Perché l’identità dell’Islam è molto forte, molto chiara, molto visibile e non possiamo, noi, presentarci con le nostre timidezze per poter accogliere quell’identità. Quindi, un dialogo che proprio perché è chiaro, non è violento, non ha paura, non ipotizza crociate ma semplicemente parte dalla forza che viene dal Vangelo.

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CHIESA E SOCIETA’

31 marzo 2005

 

ARRESTATO IN CINA UN SACERDOTE. PECHINO PREOCCUPATA PER LA DIFFUSIONE

DEL SENTIMENTO RELIGIOSO:  BATTEZZATI NELLA CAPITALE, DURANTE LA VEGLIA

DI PASQUA, NELLA SOLA CHIESA DI SAN SALVATORE, 48 ADULTI

 

ROMA. = E’ finito in manette ieri in Cina padre Zhao Kexun, 75 anni. Secondo quanto riferisce la Kung Foundation, il sacerdote è stato bloccato e portato via da agenti della pubblica sicurezza, mentre tornava a casa, dopo aver celebrato Messa in una casa privata a Shatifang. Il governo cinese permette la libertà religiosa solo al personale registrato presso l’Ufficio Affari religiosi del Governo e in luoghi registrati presso lo stesso Ufficio, che vengono monitorati continuamente. In base alle nuove leggi sulla libertà religiosa, varate lo scorso 1 marzo, sacerdoti e fedeli che si radunano in case private o fuori del controllo dello Stato sono considerati fuorilegge. Secondo i dati dell’agenzia AsiaNews, a tutt’oggi vi sono 18 vescovi e 20 sacerdoti nelle mani della polizia, in isolamento o impossibilitati ad esercitare il loro ministero. In Cina vi sono almeno otto milioni di cattolici, anche se i cattolici della Chiesa ufficiale sono quattro milioni. Ogni anno nel Paese si convertono alla Chiesa cattolica almeno 150 mila adulti. Quest’anno durante la veglia di Pasqua, nella sola chiesa di San Salvatore a Pechino, sono stati battezzate 48 persone. (B.C.)

 

 

FIAMMATA DI VIOLENZA IN INDIA. I FONDAMENTALISTI INDU’ HANNO

ATTACCATO E FERITO DIVERSI CRISTIANI CHE ASSISTEVANO ALLA PROIEZIONE

DEL FILM “THE PASSION”. CRESCE LA PREOCCUPAZIONE, INTANTO, PER LA

CHIESA DELLO STATO DEL MAHARASHTRA, DOVE STA PER ESSERE

ADOTTATA UNA LEGGE ANTI-CONVERSIONE

 

KOCHI. = Ennesimo episodio di intolleranza religiosa in India. Una folla di fondamentalisti indù ha fatto irruzione nella Kanai Church, la più antica chiesa dello Stato del Kerala, mentre alcuni fedeli cristiani assistevano alla proiezione del film “La Passione di Cristo” di Mel Gibson. Durante l’attacco sono state ferite diverse persone, fra le quali donne e bambini. Il fatto è avvenuto alla vigilia di Pasqua ed è stato condotto da 25 militanti del Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS), l’ala paramilitare del Bharatiya Janata Party (BJP). Secondo John Dayal, presidente dell’All India Catholic Union, intervistato da AsiaNews, “è probabile che questi attacchi contro i cristiani siano una tattica dei fondamentalisti indù per screditare il Congress Party”, al potere in Kerala. Il presidente dello Stato, Oomen Chandy, è un cristiano. Cresce la preoccupazione, intanto, della Chiesa del Maharashtra, lo Stato più secolarizzato dell’India, dove il governo sta per varare una legge anti-conversione. Il ministro dell’Interno, Sidharam Mhetre, ha annunciato che a breve verrà approvata una norma sui cambiamenti di religione, modellata su quella del Tamil Nadu. La norma prevede, tra l’altro, che chiunque voglia mutare la propria religione debba consegnare un affidavit alle autorità pubbliche. Attivisti per i diritti umani hanno spesso denunciato che sono proprio le norme anticonversione a permettere ai fondamentalisti di perseguitare i fedeli delle altre confessioni. Dopo mesi di proteste delle organizzazioni per la difesa della libertà religiosa e di una vasta parte dell’opinione pubblica, lo scorso maggio, il presidente del Tamil Nadu ha ritirato la legge. (B.C.)

 

 

IL MESSICO HA RATIFICATO OGGI LA CONVENZIONE ONU CONTRO LA TORTURA.

IL PRESIDENTE FOX HA ASSICURATO L’IMPEGNO DEL SUO GOVERNO, DICHIARANDOSI

PRONTO A QUALUNQUE VERIFICA INTERNAZIONALE

 

CITTA’ DEL MESSICO. = Il presidente messicano, Vicente Fox, ha firmato questa mattina la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, una pratica “ancora diffusa” nel Paese latinoamericano, secondo il rappresentante a Città del Messico dell’Alto Commisariato ONU per i diritti umani, Anders Kompass. Il capo di Stato ha assicurato l’impegno del suo governo nel combattere la tortura e nel difendere i diritti umani di tutti i cittadini, sottolineando allo stesso tempo che il Messico “terrà le porte aperte alle verifiche internazionali”. Il segretario agli Interni, Santiago Creel, tuttavia, ha smentito l’accusa di Kompass. “La tortura – ha detto – fa parte di un passato cui i messicani hanno detto addio senza nessuna remora”. Secondo statistiche del governo, negli ultimi due anni un solo caso, poi rivelatosi falso, sarebbe stato segnalato sul territorio nazionale. Adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1984 ed entrata in vigore il 26 giugno 1987, la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, stabilisce, tra l’altro, che “nessuna circostanza eccezionale, come uno stato o una minaccia di guerra, l’instabilità politica interna o qualsiasi altra pubblica emergenza, può essere invocata come giustificazione di atti di tortura”. (B.C.)

 

 

IMPEGNO CONGIUNTO IN ASIA CONTRO IL TRAFFICO DI ESSERI UMANI.

SEI NAZIONI PRONTE AD INTERVENIRE PER COMBATTERE LA GRAVE

 SITUAZIONE CHE AFFLIGGE LA REGIONE DEL MEKONG

 

HANOI. = “La regione del Mekong è uno dei luoghi più caldi del pianeta per il traffico di esseri umani”. Così oggi Jordan Ryan, rappresentante per il Vietnam dell’UNDP (Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite), a conclusione di un vertice ad Hanoi contro il traffico di esseri umani. Frutto dell’incontro: la promessa di una stretta collaborazione tra sei nazioni per sconfiggere la drammatica situazione. Cambogia, Cina, Laos, Myanmar (ex Birmania), Thailandia e Vietnam, infatti, hanno dimostrato il comune intento di combattere il traffico di esseri     umani nella regione del Mekong, dove, come ha sottolineato Ryan, l’economia in crescita ha approfondito il divario tra ricchi e poveri. Nella regione, inoltre, sono frequenti le attività criminali, che “spesso colpiscono i soggetti più vulnerabili come donne, bambini e persone molto povere”. In Asia – ha dichiarato recentemente l’UNICEF – le vittime di questo traffico sarebbero 200 mila e diverse sono le sanzioni per questo grave crimine: in Cina e Vietnam i trafficanti rischiano la pena di morte, in Myanmar l’ergastolo e in Laos, Cambogia e Thailandia dai 20 ai 50 anni. (M.V.S.)

 

INAUGURATO UN NUOVO SERVIZIO DI INFORMAZIONE

 DEI GESUITI IN AFRICA ORIENTALE

 

NAIROBI. = Presentato in Kenya il “Jesuit Hakimani Centre News”, uno strumento elettronico del settore sociale della provincia dell’Africa Orientale della Compagnia di Gesù. Il mensile – riferisce l’agenzia MISNA – è redatto e pubblicato dal Centro Hakimani di Nairobi, una struttura attiva nel campo della giustizia economica, della lotta all’HIV/AIDS e della promozione della pace attraverso attività di ricerca e formazione. I primi numeri hanno trattato, tra l’altro, delle attività sociali intraprese da istituzioni legate ai gesuiti dal Kenya alla Tanzania, dall’Etiopia all’Uganda. Queste informazioni hanno dimostrato il grande potenziale per il lavoro in rete nel settore sociale della regione: la possibilità di costituire un “Centro per la Giustizia Sociale e la Pace” insieme con l’Associazione dei Religiosi dell’Uganda, ad esempio, oppure la possibile collaborazione con il coordinatore della commissione nazionale giustizia e pace in Etiopia. “Jesuit Hakimani Centre News” è diretto dal gesuita Ludwig Van Heucke, impegnato da diversi anni a Nairobi. (B.C.)

 

 

“LA FORMAZIONE DELLE NUOVE COMUNITA’”, TEMA CHE ACCOMPAGNERA’

LA SECONDA ASSEMBLEA ANNUALE DELLA CATHOLIC FRATERNITY.

L’INCONTRO SI SVOLGERA’ A ROMA DAL 15 AL 17 APRILE PROSSIMI

- A cura di Daniela Di Domenico -

 

ROMA. = Dal 15 al 17 aprile 2005 si svolgerà, presso la “Casa Tra Noi” a Roma, la seconda Assemblea europea dei Moderatori Generali delle Nuove Comunità. Quest’ultime, nate all’interno del Rinnovamento Carismatico Cattolico, appartengono alla Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellow-ships. Tema principale dell’incontro sarà: “La Formazione delle Nuove Comunità”. L’incontro, al quale parteciperanno i rappresentanti delle Nuove Comunità di Francia, Polonia, Malta, Irlanda e Italia, i delegati delle Comunità del Brasile, Argentina, Uraguay, Messico, impegnati nel nostro Paese, sarà introdotto dal presidente della Comunità cattolica carismatica, Matteo Calisi. I principali relatori saranno, invece, mons. Josef Clemens e Guzmàn Carriquiry, Segretario e sotto Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici. Le diverse comunità della Catholic Fraternity operano in vari ambiti ecclesiali, tra cui la vita monastica, l’evangelizzazione, la catechesi nelle diocesi e nelle parrocchie, la promozione dei diritti umani e i mass media. Giovanni Paolo, il 7 novembre 2002, rivolgendosi alla Catholic of Charismatic Covenant Communities and Fellowships, ha sottolineato che “la grande sfida che dobbiamo affrontare in questo nuovo millennio, è quella di rendere la Chiesa la casa e la scuola della comunione”. Il prossimo incontro dei Moderatori Generali si terrà a Fatima dal 28 ottobre al 1 novembre 2005, sul tema “Eucaristia e Nuova Evangelizzazione alla scuola di Maria”.

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

31 marzo 2005

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

A 11 anni dal genocidio in Rwanda, i ribelli Hutu rinunciano alla lotta armata. Lo hanno reso noto rappresentanti delle Forze democratiche di libera-zione del Rwanda (FDLR). L’importante annuncio è stato dato a Roma presso la comunità di Sant’Egidio, dove da due giorni si stanno svolgendo i colloqui tra membri Hutu e Tutsi. Il servizio di Rita Anaclerio:

 

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Le Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda davanti a Dio, alla storia e al popolo ruandese dichiarano la fine della lotta armata e la decisione di trasformare la lotta in combattimento politico”. Sono le parole con cui Ignace Murwanashyaka, presidente delle stesse forze armate, ha aperto uno spiraglio di pace per una delle zone più tormentate dell’ultimo decennio. Violenze e guerre hanno provocato la morte di circa quattro milioni di persone nella regione dei Grandi Laghi. Il documento ufficiale è stato presentato a Roma nella sede della Comunità di Sant’Egidio, il cui ruolo di mediazione nei negoziati fra la repubblica democratica del Congo, il Rwanda e i ribelli Hutu è venuto allo scoperto dopo almeno un mese di colloqui riservati. Un importante documento nel quale viene condannata ufficialmente dalle Forze democratiche di Liberazione “ogni forma di terrorismo commesso nella regione dei Grandi Laghi” e viene espresso l’augurio del “ritorno dei rifugiati rwandesi nel loro Paese secondo le norme internazionali in materia e nel rispetto dei diritti umani”. Inoltre, per la prima volta viene denunciato “il genocidio commesso in Rwanda nel 1994” che provocò quasi un milione di morti, in gran parte Tutsi e Hutu. Infine, il presidente delle forze democratiche di Liberazione del Rwanda ha rinnovato “l'impegno a cooperare con il governo e con la giustizia internazionale”, espressione e manifestazione “della ferma volontà di apportare un contributo reale alla risoluzione duratura e pacifica dei conflitti presenti nella regione dei Grandi laghi”. E la missione dell’ONU nella Repubblica democratica del Congo si è congratulata per l’annuncio dell’importante decisione che “apre nuove prospettive di pace”.

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In Iraq, dove si celebra oggi la festa sciita dell’Arbaeen, due attentati kamikaze hanno sconvolto il nord del Paese provocando la morte di almeno 13 persone. Il Dipartimento di Stato americano ha confermato, intanto, la notizia del rapimento di un cittadino statunitense. Il nostro servizio:

 

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Almeno sette persone sono rimaste uccise a Samarra per la deflagrazione di un’autobomba vicino ad una moschea sciita. Sono cinque, inoltre, i morti provocati da un altro attentato suicida avvenuto a Tuz Khurmatu, località del Kurdistan iracheno a circa 95 chilometri da Kirkuk. Le vittime erano agenti della guardia nazionale. L’autobomba è esplosa davanti ad un posto di blocco dell’esercito nei pressi di una moschea sciita. L’area è spesso teatro di episodi di violenza tra estremisti della maggioranza curda e membri delle comunità minoritarie araba e turcomanna. La tensione è ulteriormente salita dopo la richiesta dei curdi di inserire anche l’importante centro petrolifero di Kirkuk nel futuro assetto del Kurdistan. In questo scenario dominato dall’instabilità, il Dipartimento di Stato americano ha confermato, inoltre, che un cittadino statunitense è stato sequestrato lunedì scorso con i tre giornalisti rumeni mostrati ieri in un video trasmesso dall’emittente araba al Jazeera. Nel Paese arabo, intanto, sono state rafforzate le misure di sicurezza: gli sciiti celebrano infatti l’Arbaeen, festività che segna la conclusione dei quaranta giorni di lutto e cordoglio collettivi per il martirio dell’Imam Hussein, assassinato quattordici secoli fa. L’anno scorso questa festività è stata scossa da due attacchi dinamitardi a Kerbala e a Baghdad che hanno provocato la morte di 180 persone.

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Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha convocato consultazioni di sicurezza e ha ordinato misure cautelative straordinarie. La decisione è stata presa dopo che a Ramallah gruppi di miliziani avevano aperto il fuoco in un centro commerciale. Secondo la radio militare israeliana, i ribelli hanno poi proseguito la loro marcia dimostrativa nella zona della Muqata, il quartier generale palestinese.

 

Libano ancora senza governo, dopo la rinuncia di Karame a formare un nuovo esecutivo. L’ex premier non ha comunque ancora ufficializzato la propria decisione al presidente Lahoud, in attesa di una prossima riunione dei partiti filo-siriani. A Beirut vacillano, intanto, i vertici dell’intelligence. Sembra ormai scontato un congedo per il direttore dei servizi di sicurezza interni, Hajji, dopo un’analoga decisione presa dal capo dei servizi segreti militari, Azar.

 

In Kirghizistan, il Parlamento ha avviato il dibattito sul rientro del presidente Askar Akayev, costretto a lasciare Bishkek la scorsa settimana in seguito all’irruzione dei manifestanti nel palazzo presidenziale. Ad Akayev, che si trova a Mosca da diversi giorni, viene chiesto di tornare a Bishkek per rassegnare formalmente le dimissioni e consentire l’avvio delle procedure per la convoca-zione di nuove elezioni, come previsto dalla costituzione. Lo ha reso noto il presidente del Parlamento dopo aver incontrato l’inviato dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, Dimitri Rupel.

 

Sono partite le trattative tra le nuove autorità del Kirghizistan e il presidente Askar Akáyev, attualmente rifugiato in Russia. Il presidente del Parla-mento, Tekebáyev, ha annunciato l’avvio di contatti con Mosca, per giungere alle dimissioni ufficiali di Akáyev.

 

In Cina 27 persone sono rimaste uccise in seguito ad una fuga di cloro avvenuta dopo uno scontro da un camion cisterna ed un altro mezzo pesante nella provincia orientale di Jiangsu. Lo ha reso noto l’agenzia ‘Nuova Cina’ precisando che l’incidente è avvenuto martedì scorso.

 

Non c’è più alcun dubbio: il leader indipendentista ceceno, Aslan Mashkadov, è morto l’8 marzo vicino a Grozni nel corso di una “operazione speciale” delle truppe federali russe. Al termine di “sofisticati test genetici” il ministero della Difesa russo ha reso noto, infatti, che l’identificazione del cadavere di Maskhadov è ormai certa al cento per cento.

 

Gli europei non temono l’Iran. Secondo un sondaggio della Cnn la maggioranza degli intervistati, cittadini britannici, francesi e tedeschi, non credono che Teheran rappresenti una minaccia nucleare per l’Europa. Nonostante i timori di Washington e dell’Unione europea, gli intervistati sembrano credere al governo di Teheran che continua a sostenere gli scopi pacifici del proprio programma nucleare.

 

Nella Repubblica Centrafricana saranno il capo di Stato uscente Bozizé e l’ex premier Ziguélé ad affrontarsi ad un secondo turno delle presidenziali. Lo ha annunciato la commissione elettorale di Bangui, dopo il voto del 13 marzo scorso. La data del ballottaggio non è stata ancora fissata.

 

 

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