RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
88 - Testo della trasmissione di martedì 29 marzo 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
‘Cristo risorto doni pace e giustizia
all’umanità’: sul messaggio Urbi et Orbi di Giovanni Paolo II per la
Pasqua, la riflessione di mons. Vincenzo
Paglia. Sul significato dell’Ottava
di Pasqua, con noi mons. Alessandro Maggiolini.
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Si
è aperta a Baghdad l’Assemblea Nazionale irachena, in vista della nomina del
governo transitorio, mentre c’è ancora violenza in Iraq
Naufragata
ieri al Parlamento israeliano la proposta di referendum per il piano di ritiro
da Gaza
Arrestate in Sudan 15 persone, membri di esercito, polizia e forze di sicurezza, per abusi, violenze e omicidi nella regione del Darfur.
29 marzo 2005
CRISTO RISORTO DONI PACE E GIUSTIZIA ALL’UMANITA’: SUL
MESSAGGIO URBI ET ORBI DI
GIOVANNI PAOLO II PER LA PASQUA, LA RIFLESSIONE DI MONS. VINCENZO PAGLIA. SUL
SIGNIFICATO DELL’OTTAVA DI PASQUA IL COMMENTO
DI MONS. ALESSANDRO MAGGIOLINI
Cristo Risorto “infondi fiducia
e speranza in quanti cercano il senso vero della loro esistenza”. Nel Messaggio
Urbi et Orbi per la Pasqua, Giovanni Paolo II ha chiesto pace, giustizia
e solidarietà per il mondo. Un’attenzione speciale il Pontefice l’ha dedicata
ai popoli afflitti dalle guerre e dalla miseria, in particolare all’Africa e
alla Terra Santa. Ritorniamo, dunque, ai
passaggi forti del Messaggio con la riflessione di mons. Vincenzo Paglia, vescovo di
Terni-Narni-Amelia, intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – Il messaggio pasquale è davvero
un messaggio che ridona speranza. Porre attenzione a questa prospettiva proprio
mentre il Papa soffre in un modo così visibile rende il messaggio ancor più
forte, per tutti. Sappiamo che la Risurrezione non è riservata alle due donne
che stavano al Sepolcro ma al mondo intero. Anche oggi, a maggior ragione,
questo annuncio dev’essere gridato a tutti. A tutti i popoli, particolarmente a
quelli che soffrono in maniera più drammatica.
D. – Giovanni Paolo II ha
chiesto pace per il Medio Oriente e per l’Africa ed ha messo in guardia
l’umanità sul pericolo delle guerre fratricide. E’ un appello particolarmente
significativo, nel giorno di Pasqua?
R. – Sì, esatto. Ancora una
volta, il Papa rivolge il pensiero a queste due parti del mondo: l’una
dimenticata, l’Africa, e l’altra, il Medio Oriente, che rappresenta simbolicamente
il dramma del mondo intero, in particolare Gerusalemme che ha vissuto, appunto,
il dramma stesso di Gesù. In tale contesto il richiamo del Papa ai valori
ideali è un richiamo che riguarda l’intero assetto politico, sociale, culturale
e scientifico del mondo contemporaneo.
D. – Il Papa ha chiesto un
impegno forte dei fedeli per una “solidarietà generosa” verso chi ancora oggi
muore di miseria e di fame. E ha lanciato un monito: “il progresso materiale
dei popoli non offuschi mai i valori spirituali della civiltà”. In fondo, si
può dire che in queste parole è racchiusa un po’ la visione del Papa per il
mondo di oggi ...
R. – Assolutamente sì! Questo
Papa che si è dovuto confrontare con la globalizzazione in una maniera
straordinaria e talora drammatica, sente progredire in prima persona, visto che
ha girato il mondo ed è entrato in contatto con popoli e popoli, questo grido:
ritornare ai principi spirituali, religiosi, morali. Mi pare un appello non
solo che viene da un sapiente, ma direi anche da un uomo che ha sperimentato la
drammaticità del mondo di oggi. In questa Pasqua guardava il mondo in silenzio,
ma questo silenzio era pieno di questo messaggio e dei tanti messaggi che lui
incessantemente ha rivolto proprio perché gli uomini non perdano la Stella
Polare che è la dimensione religiosa della vita, quindi Dio.
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Come sottolineato dal Papa, il
mistero della Pasqua presenta numerosi spunti di riflessione. Proprio la
liturgia della settimana in corso è un momento privilegiato per approfondirli,
giacché in questi otto giorni la Domenica di Risurrezione viene celebrata come
un unicum liturgico e sacramentale.
Ma qual è il significato storico e spirituale dell’Ottava di Pasqua, che si
conclude con la prossima Domenica in
Albis? Ecco la riflessione del vescovo
di Como, Alessandro Maggiolini, intervistato da Alessandro De Carolis:
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R. – Il significato storico
deriva da questa tradizione: la notte del Sabato Santo venivano amministrati i
battesimi. Coloro che lo ricevevano, indossavano una veste bianca e poi la
domenica dopo la Pasqua, detta in Albis depositi, toglievano questi
abiti bianchi. Dal punto di vista soprannaturale, il senso dell’Ottava di
Pasqua è molto semplice: la Pasqua dura sì un giorno, ma è un avvenimento che
ha significato per tutta la vita. Di conseguenza la Chiesa è preoccupata di far
assimilare il significato di questa risurrezione di Gesù dai morti, che porta
una novità assoluta nella vita del credente.
D. – E questo, eccellenza, lo si
può collegare alla realtà, ribadita tante volte da Giovanni Paolo II, della
domenica come piccola “Pasqua settimanale”…
R. – Certamente la domenica
diventa l’attuarsi della Risurrezione lungo tutto l’anno: l’ottavo giorno
diventa l’avvio del mondo nuovo, rinnovato completamente dal Signore Gesù che è
risorto ed entra nella definitività della gloria di Dio. In questo modo, assume
il significato e il valore di una salvezza universale di fronte alla quale
nulla può opporsi come ostacolo se la libertà lo accetta.
D. – Domenica prossima sarà
anche la domenica della Divina misericordia, di cui fu apostola Santa Faustina
Kowalska. Quale riflessione le suscita questo particolare aspetto?
R. – Che Dio ha il cuore più
grande del nostro. La Divina Misericordia è tale per cui Dio non si stanca di
perdonarci ogni volta che ci apriamo al suo perdono. Ovviamente, quando non ci
limitiamo ad essere soggetti passivi, ma rispondiamo con la libertà a ciò che Egli
ci sta indicando come sentiero di vita.
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NOMINE
In
Francia, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia al governo pastorale della
diocesi di Nizza, presentata da mons. Jean Bonfils, per sopraggiunti limiti
d’età. Il Papa ha nominato suo successore mons. Louis Sankalé, finora coadiutore
della medesima diocesi.
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima
pagina; Pasqua 2005 - Anno dell'Eucaristia.
"Abbiamo
bisogno di Te!": il Messaggio Urbi et Orbi di Giovanni Paolo II.
Nelle
vaticane, il Messaggio del Papa proclamato all'inizio della Veglia pasquale:
Cristo risorto vince in modo definitivo la potenza delle tenebre del male e
della morte, e riaccende nei cuori dei credenti la speranza e la gioia.
Tre pagine
dedicate alla celebrazione della Pasqua nelle Diocesi italiane.
Nelle
estere, panico sulle coste dell'Asia per un potente terremoto che ha colpito la
stessa zona devastata dal maremoto del 26 dicembre scorso. Non meno di mille morti
sull'isla indonesiana di Nias. L'epicentro localizzato a largo di Sumatra, a
trenta chilometri di profondità.
Iraq:
rapiti tre giornalisti romeni.
Nella
pagina culturale, un articolo di Angelo Marchesi dal titolo "L'anima
ridotta a psiche": una questione aperta nella riflessione contemporanea.
Nelle
pagine italiane, statali: nella maggioranza si preme per rinnovare il contratto
prima del voto. Il Premier e la Lega contrari.
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29
marzo 2005
L’INDONESIA NUOVAMENTE SCONVOLTA DAL TERREMOTO.
400 LE
VITTIME ACCERTATE
- Intervista con padre Silvano Laurenzi -
Il terremoto colpisce ancora l’Oceano Indiano. Dopo la forte scossa di
ieri, con epicentro al largo dell’isola indonesiana di Sumatra, stamani un
altro movimento tellurico di assestamento è stato avvertito nella stessa zona,
gettando nuovamente nel panico milioni di persone. Fortunatamente non c’è stato
lo tsunami, a differenza della catastrofe avvenuta il 26 dicembre scorso. Il
bilancio parla di almeno 400 morti, ma fonti presidenziali di Giakarta
ritengono possibili 2 o 3 mila vittime, soprattutto nell’isola di Nias dove,
comunque, sono state registrate onde di 30 metri che si sono abbattute sulle
spiagge. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
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A causa
delle vie di comunicazione distrutte e anche del maltempo, i soccorsi sono
difficili. Un velivolo della Croce Rossa indonesiana è riuscito, dopo molti
tentativi, ad atterrare nell’isola di Simeulue, la più vicina all’epicentro, a
200 km al largo della costa occidentale di Sumatra. E’ difficile tracciare una
stima dei danni. Secondo alcuni testimoni, l’80 per cento degli edifici è
crollato. Distrutto da un’onda alta tre metri anche il porto della principale
città dell’Isola di Nias che è abitata da 700 mila persone e che è abbastanza
popolare tra gli appassionati di surf. Il terremoto ha scatenato il panico in
tutto l’Oceano Indiano. Nelle fasce costiere di India, Sri Lanka, Thailandia,
Malaysia, migliaia di persone hanno passato la notte all’addiaccio per paura di
uno tsunami che poi non è arrivato, contrariamente alle previsioni del centro
di osservazione anti-tsunami del Pacifico che per primo aveva dato l’allarme.
Secondo gli esperti, pur essendo la scossa molto potente, non ha provocato un
movimento verticale del fondale marino che non ha, quindi, portato ad un innalzamento
del livello del mare. Nonostante che nell’Oceano Indiano non ci sia ancora un
sistema di allerta previsto solo per il prossimo anno, l’allarme è scattato in
tempo e amministrazioni locali, polizia, pescatori e anche religiosi hanno
unito le forze per favorire l’evacuazione delle popolazioni costiere.
Tra i
feriti per il crollo della propria abitazione, nella provincia indonesiana di Sibolga,
anche un missionario italiano: si tratta di Barnabas Wincler, cappuccino, che
si trova ora in ospedale, ma le sue condizioni non sarebbero gravi.
Da New
Delhi, per la Radio Vaticana, Mariagrazia Coggiola.
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E dall’Indonesia Giancarlo La Vella ha raccolto telefonicamente la testimonianza
del missionario salesiano, padre Silvano Laurenzi, che è riuscito ad avere
notizie dirette dalla zona colpita dal terremoto:
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R. – Abbiamo contattato il padre
provinciale che è a Padan: ci ha detto che è stata una cosa tremenda. Adesso
stavano cercando di avere notizie da Nias. Ci hanno detto che stavano
raccogliendo morti, che stavano mettendo insieme su uno piazzale, ma non sapevano
ancora quanti fossero. Addirittura il vice presidente parlava già di 3.000
morti. Ci sono poi villaggi che sono incendiati e non sappiamo come questo sia
avvenuto, per cortocircuito od altro. Le case, anche se di legno, sono
crollate. E’ chiaro che la gente che era dentro e dormiva è morta.
D. - I missionari in zona si
sono mossi a portare soccorsi alla popolazione...
R. – Mi hanno detto che i padri
sono tutti accorsi e che la loro casa deve essere crollata o crollata in parte.
D.- Come queste popolazioni, già
colpite dallo tsunami di dicembre stanno reagendo a questa nuova catastrofe?
R. -Io penso che c’è molta
speranza. Da alcune immagini trasmesse dalla televisione si vede la gente che
reagisce cercando di raccogliere quello che può, di salvare quello che può
salvare. Alcuni sono rimasti senza cibo, perché non avevano provviste. Anche le
strade sono rotte. Mi pare che il presidente indonesiano ha rimandato il
viaggio programmato in Australia per andare direttamente a Nias.
D. – Di cosa c’è bisogno,
secondo quella che è la sua esperienza, in questo momento?
R. – Hanno urgente bisogno di
cibo prima di tutto e poi delle tende perché hanno anche paura di stare in
casa. Penso che il governo stia provvedendo in qualche modo. C’è bisogno di
medicine, di dottori perché si ha veramente paura del colera e di altre
malattie infettive.
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IL KIRGHIZISTAN VERSO LA NORMALITA’. LA CAMERA
ALTA DEL VECCHIO
PARLAMENTO SI E’ SCIOLTA QUESTA MATTINA, MENTRE
IERI LA NUOVA
ASSEMBLEA HA CONFERMATO BAKÌEV NELL’INCARICO DI
PREMIER AD INTERIM
Cruciale passo avanti nella
normalizzazione politico-istituzionale in Kirghizistan. Il vecchio Parlamento,
richiamato in servizio la scorsa settimana dai leader della “rivoluzione dei tulipani”
che hanno spodestato il regime del presidente Askar Akaiev, ha posto fine
questa mattina alla sua attività. Ieri, invece, il nuovo Parlamento ha
riconosciuto Bakìev nuovo premier ad interim. E l’ex leader dell’opposizione,
ora alla guida del Paese, ha teso la mano al suo predecessore, Akayev. Il
servizio di Giuseppe D’Amato:
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“Che Akayev torni in patria:
avrà l’immunità”: questa la promessa del premier ad interim Bakìev. Il neo
speaker del Parlamento ha, invece, proposto di creare una commissione speciale
per aprire una trattativa con Akayev, formalmente ancora presidente. “Solo dopo
un chiarimento – ha detto – si possono organizzare nuove elezioni”, che
attualmente sono considerate premature dall’OSCE. Dopo giornate di caos
istituzionale, ora il Kirghizistan ha un solo Parlamento. I deputati della
precedente legislatura hanno accettato di riconsegnare il loro mandato.
Decisivo è stato il responso della commissione elettorale, che ha decretato come
valida la consultazione del 13 marzo, causa dello scoppio della protesta
popolare per brogli. Solo in una quindicina su 60 distretti il voto è stato
falsificato. Akayev, ora all’estero, ha lanciato un appello contro la violenza:
“Se giovedì scorso avessi ordinato di usare le armi, adesso ci sarebbe la
guerra civile”. Il presidente russo Putin, intanto, ha promesso di inviare
presto carburante e cibo.
Da Mosca, per la Radio Vaticana,
Giuseppe D’Amato.
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Con lo scioglimento della vecchia Assemblea nazionale, in
Kirghizistan si è aperta oggi una fase di transizione: il nuovo Parlamento,
frutto delle contestate elezioni del 13 marzo, è infatti formato da uomini del
regime precedente. Eppure, è costretto a convivere con il premier ad interim,
Bakìev, finora leader dell’opposizione. Andrea Sarubbi ne ha parlato con
Fabrizio Dragosei, inviato a Mosca per il Corriere della Sera:
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R. - Tutto è nato dalle proteste per l’elezione di questo
Parlamento, che è stata giudicata falsata da brogli. Nel Parlamento, adesso
confermato, erano stati eletti in grandissima quantità i sostenitori del
presidente Akaiev, compresi i suoi figli. Ora ci ritroviamo con una nuova
leadership senza il presidente Akaiev, ma con il Parlamento che era all’origine
delle contestazioni. Potrebbe anche di nuovo tornare in gioco il vecchio
presidente Akaiev, per cui bisognerà vedere dove va questa rivoluzione
kirghiza. Anche perché, come abbiamo visto, è una rivoluzione che non cambia
l’assetto politico e non cambia l’orientamento politico del Paese. E’ una
rivoluzione molto atipica. Non è certamente la ‘rivoluzione delle rose’ della
Georgia, e tanto meno la ‘rivoluzione degli arancioni’ di Kiev, che hanno cambiato
l’assetto politico e l’orientamento politico dell’Ucraina.
D. – Perché, secondo te, questa
rivoluzione è diversa da quella nelle altre Repubbliche ex sovietiche?
R.
– Innanzitutto, perché coloro che hanno fatto la rivoluzione, i leader
dell’opposizione, non hanno mai parlato di voler spostare il Kirghizistan dalla
sua linea, che è sempre stata di fedele alleanza con Mosca. Questo – diciamo -
è il punto principale. Nel caso specifico, la Russia è vicina alla nuova élite
kirghiza, come è vicina anche al vecchio presidente Akaiev. Questa volta il
presidente Vladimir Putin è riuscito a giocare bene le sue carte.
D. – Abbiamo visto i moti di
piazza, abbiamo visto gli incidenti, ma allora che cosa è cambiato veramente in
Kirghizistan?
R. – Non si capisce bene cosa
sia cambiato in Kirghizistan, anche perché i nuovi leader sono vecchi leader.
Non vedo queste grandi novità, speriamo che magari, senza il presidente Akaiev,
questi vecchi ma nuovi governanti sappiano dare una svolta almeno all’economia
del Paese e, soprattutto, sappiano avviare il Kirghizistan sulla strada della
lotta seria contro la corruzione che era, sicuramente, uno dei principali mali
del precedente regime.
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NEGLI STATI UNITI SONO GRAVISSIME LE CONDIZIONI DI
TERRI SCHIAVO, LA DONNA
CEREBROLESA CUI È STATA INTERROTTA L’ALIMENTAZIONE
- Intervista con Adriano Pessina -
Continuano negli Stati Uniti le
manifestazioni per salvare Terri Schiavo, la donna cerebrolesa alla quale, per
decisione dei magistrati, 11 giorni fa è stato rimosso il tubo per
l’alimentazione. Tutte le istanze presentate ai giudici dai genitori per salvare
Terri sono state bocciate. Intanto, sono in molti a sostenere che la donna
abbia percezione del mondo esterno. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Ormai
si contano le ore nell’ospizio della Florida dove Terri Schiavo sopravvive
senza alimentazione da 11 giorni. I manifestanti del Movimento per la vita presidiano
ancora l’edificio e ieri alcuni di loro sono andati a Washington per
sollecitare di nuovo l’intervento del Congresso e del presidente Bush, ma le opzioni
legali per salvare la donna sono esaurite. Il fratello del capo della Casa
Bianca, il governatore della Florida Jeb Bush, ha detto che non ha più il
potere di cambiare la situazione. I sondaggi d’opinione, del resto, dicono che
il presidente ha perso popolarità da quando questa vicenda è iniziata. Il padre
di Terri ha lanciato ancora un appello a tutti i politici dicendo che,
nonostante che lei sia molto indebolita, è ancora vigile e continua a lottare
per restare in vita. I medici le hanno somministrato dosi di morfina per farle
sopportare meglio gli eventuali dolori fisici. Il padre ha avanzato il sospetto
che cerchino di accelerare la fine con queste droghe. Il giorno di Pasqua,
Terri ha ricevuto la Comunione e il Sacramento dell’Unzione degli infermi. I
familiari stanno ora discutendo le modalità del funerale. I genitori vorrebbero
una cerimonia cattolica, mentre il marito Michael insiste per farla cremare.
Un’autopsia dovrebbe anche stabilire le condizioni del suo cervello per
rispondere alle polemiche sulla sua lucidità che in queste settimane hanno
diviso l’America.
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Ma cosa ci può insegnare questa vicenda? Fabio Colagrande lo
ha chiesto ad Adriano Pessina, docente di Filosofia Morale all’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano:
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R. - Penso che ci insegni una
cosa con la quale dovremo fare i conti: il vero problema sono le persone sane
che sembra non siano in grado di sopportare queste situazioni di confine. Io
credo che, in qualche modo, ci sia una sorta di “risentimento” da parte delle
persone sane. In nome di una falsa pietà in questo caso viene commesso un
omicidio. Non c’è alcuna giustificazione per questo tipo di trattamento che si
sta infliggendo a Terri Schiavo.
D. – Si è riproposto un
dibattito molto forte. Questo dibattito esiste in Europa, secondo lei?
R. – Questo dibattito in Europa
esiste ma è anche molto viziato da come viene presentato. Quest’immagine
dell’essere attaccato alle macchine crea, nell’immaginario collettivo, una
specie di angoscia mal riposta. E poi io credo che non si possa di certo
stabilire il diritto della vita e della morte sulla base delle opinioni della
maggioranza. Credo che sia un grave regresso l’idea di giocare sulle emozioni
delle persone per stabilire quando e come fermare un tipo di assistenza molto
elementare. Dobbiamo poi essere chiari: in questo caso non passiamo parlare di
accanimento terapeutico. Però bisogna anche dire un’altra cosa: se veramente
Terri Schiavo non è cosciente e non soffre, non si capisce perché ucciderla. Se
invece soffre ed è cosciente, è ancora più atroce farla morire in questo modo.
Far morire di fame e di sete una persona non ha assolutamente senso.
Sinceramente trovo che sia vergognoso consentire questo attraverso una sentenza.
Il fatto che la legge sia addirittura arrivata a permettere l’interruzione
dell’alimentazione è una delle cose più scandalose dei nostri tempi.
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DENUNCIARE MECCANISMI E CONSEGUENZE DEL COMMERCIO
DELLE ARMI
E’ L’OBIETTIVO DELLA CAMPAGNA LANCIATA DA AMNESTY
INTERNATIONAL:
UNA MOSTRA SUI DANNI DELLE ARMI COSIDDETTE LEGGERE
E
UN APPELLO AI GOVERNI CONTRO I TRAFFICI ILLECITI
- Intervista con Davide Cavazza -
Un milione di volti fotografati
in tutto il Pianeta per dimostrare che si deve controllare il commercio delle
armi: faranno parte di una galleria che sarà presentata ai governi in occasione
della seconda Conferenza dell'Onu sui traffici illeciti di armi leggere, a New
York nel 2006. Accanto a questo, un appello da firmare ed inviare al presidente
del Consiglio italiano, Berlusconi, uno spot di pochi secondi e un video di 15
minuti, con testimonial il calciatore della Nazionale francese Lilian Thuram.
Sono le iniziative della Campagna “Control Arms” in Italia, lanciata in
questi giorni da Amnesty International, Oxfam e IANSA (International
Action Network on Small Arms). Il servizio di Francesca Sabatinelli:
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28
milioni di dollari l’anno è quanto si guadagna dalle esportazioni mondiali autorizzate
di armi, il cui 90 per cento circa viene fornito dai Paesi membri del Consiglio
di Sicurezza, Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito. Destinatari privilegiati
i Paesi in via di sviluppo, che alla fine spendono più nella difesa che nella
salute e che nella maggior parte dei casi figurano in fondo alla classifica
dell’indice dello sviluppo umano. Mezzo milione le persone che ogni anno muoiono
a causa di queste armi, 300 mila i bambini soldato coinvolti in conflitti
armati. Questo incontrollato proliferare di armi – viene denunciato - non solo
favorisce la violazione dei diritti umani ma aggrava i conflitti ed intensifica
la povertà. Davide Cavazza, direttore delle Campagne di Amnesty-Italia:
“Siamo ad un punto in cui il mondo continua ad utilizzare armi di ogni tipo,
senza alcun controllo. Le armi cosiddette leggere, quindi pistole, fucili,
munizioni, vengono usate in maniera indiscriminata e quasi sempre a danno della
popolazione civile oltre che dei militari. Tutto questo non ha alcun vincolo di
tipo internazionale. Ci sono legislazioni nazionali che tentano di arginare il
fenomeno, di arginare il fatto che i trasferimenti di armi possano impunemente
avvenire anche verso Paesi che violano o possono violare i diritti umani. La
strada è quella di un vero e proprio Trattato internazionale da fare adottare
in sede di Nazioni Unite, nel 2006. La strada è quella di dotarsi di uno
strumento che copra le esigenze di tutto il mondo, di un trattato che vincoli
al trasferimento di armi e che impedisca il trasferimento di armi in tutta una
serie di situazioni nelle quali i diritti umani, sicuramente o con grande
probabilità, verranno violati”.
L’Italia
è al settimo posto nel mondo per l’esportazione di armi, al secondo per quella
di armi leggere e di piccolo calibro. Esistono due norme, ritenute ben articolate,
la 110/75 e la 185/90, ma sono disattese. Manca del tutto un controllo
trasparente ed efficace delle esportazioni italiane. Per questo, Amnesty, Oxfar
e Iansa si rivolgono al capo del governo Berlusconi con un appello, affinché
l’Italia sostenga l’adozione del Trattato.
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TRE REGISTI DI FAMA INTERNAZIONALE PER UN FILM CHE
RACCONTA
DIVERSE STORIE DI PERSONAGGI IN VIAGGIO
Tre registi di fama
internazionale, Olmi, Kiarostami e Loach, dirigono in “Tickets” tre diverse
storie, tutte ambientate su un treno. E’ il viaggio dell’umanità e la scoperta
del prossimo, sulle note dei ricordi, delle solitudini e della spensierata
gioventù. Il servizio di Luca Pellegrini:
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Dal centro dell’Europa verso la
Città eterna. In treno. Chi sale e chi scende, portando con sé ricordi,
rimpianti, solitudini, desideri d’amore, dilemmi morali, esistenze diverse di
cui molte al margine. Tre registi e tre diversi biglietti, tickets, ma un unico
treno, metafora di un’umanità in viaggio. Naturalmente, anche tre stili
cinematografici diversi pur nell’unica narrazione concepita non a capitoli, ma
in sequenza, da una stazione all’altra. Ermanno Olmi, grazie al volto così
espressivo di Carlo Delle Piane, segue un compassato professore alle prese con
un’inaspettata scoperta: il sentimento dell’amore e con esso la felicità di un
lontano ricordo infantile, che spezza l’aridità del presente.
Il famoso regista de “L’albero
degli zoccoli” e “Il mestiere delle armi” afferma “che è proprio in questa
stagione ultima della vita che si capisce meglio l’importanza di certi sentimenti
e che si possono vivere con la consapevole pienezza di una meravigliosa
avventura dello spirito”. Nel suo scompartimento affollato di varia umanità, il
professore trasale alla fine accorgendosi che altri ci passano e vivono accanto,
senza più essere “l’estraneo” ma “il prossimo”, da amare come se stessi.
Il regista iraniano Abbas
Kiarostami si affianca, invece, ad un diverso passeggero: è un’anziana vedova,
che la vita ha reso arcigna e arrogante – la brava attrice Silvana de Santis –,
ispirando alla fine del suo viaggio un senso di pietà per una vecchiaia ormai
alle porte e sicuramente senza gioia e senza carità. Infine, l’inglese Ken
Loach, molto più attento al sociale: tre ragazzi tifosi del Celtic, in
trasferta a Roma, svelano il loro lato buono e molto nascosto
nell’incontro-scontro con una famiglia di profughi albanesi. In questo caso,
l’arrivo alla stazione Termini di Roma si chiude con una nota positiva: il tifo
violento ed intollerante cede il posto ad un atto di generosità e altruismo. Un
viaggio in treno, insomma, può cambiare un’esistenza.
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29
marzo 2005
IN
ZIMBABWE L’ARCIVESCOVO DI BULAWAYO, MONS. PIUS NCUBE,
INVOCA
UNA RIVOLTA PACIFICA CONTRO IL REGIME DEL PRESIDENTE ROBERT MUGABE
BULAWAYO.
= La popolazione si unisca in una pacifica sollevazione contro quanti governano
lo Zimbabwe. E’ l’appello lanciato dall’arcivescovo di Bulawayo, Pius Ncube, in
un’intervista rilasciata al quotidiano sudafricano ‘Indipendent’ nella quale
l’arcivescovo si riferisce esplicitamente alla recente rivolta pacifica in
Ucraina. Secondo il presule, la popolazione del Paese africano, chiamato
giovedì prossimo alle elezioni, è stata fin troppo paziente con il presidente
Robert Mugabe. I sondaggi danno per scontata la vittoria dell’Unione nazionale
degli africani dello Zimbabwe, partito di Mugabe, che ha varato una legge
elettorale tutta a proprio vantaggio. Due anni fa l’affermazione di Mugabe è
scaturita in un clima di violenze e di intimidazioni. La consultazione,
costellata anche da forti dubbi su brogli, aveva comunque evidenziato il buon
risultato del Movimento per il cambiamento democratico, schieramento
dell’opposizione. Ma la forte spinta propulsiva dell’opposizione si è andata lentamente
spegnendo. La gente non ha più la forza e la voglia di impegnarsi. L’apatia ha
preso il sopravvento ed il presidente Mugabe continua a governare il Paese dal
1980, anno dell’indipendenza dalla Gran Bretagna. Lo Zimbabwe era un Paese
florido ma una dissennata riforma agraria, compiuta nel duemila, lo ha messo in
ginocchio. L’attuale situazione del Paese, abitato da oltre 13 milioni di
persone, resta estremamente difficile sotto ogni profilo: l’AIDS uccide un bambino
ogni 15 minuti; la disoccupazione ufficiale è al 70 per cento; l’inflazione viaggia
intorno al 500 per cento annuo; la speranza di vita è di 33 anni per le donne e
di 34 per gli uomini; la sopravvivenza alimentare di almeno la metà della
popolazione dipende completamente dagli aiuti internazionali. (A.L.)
LA RATIFICA DEL TRATTATO EUROPEO E’ UNA TAPPA
“DETERMINANTE”
PER IL
CONTINENTE. E’ QUANTO SI LEGGE IN UN COMUNICATO
DEL
CONSIGLIO DELLE CHIESE CRISTIANE IN FRANCIA
PARIGI. = Il Trattato
per la nuova Costituzione europea, firmato a Roma lo scorso 29 ottobre dai 25
capi di Stato e di governo dell’UE, rappresenta una tappa “determinante” e
stabilisce una serie di valori che “meritano di essere sottolineati”. E’ quanto
scrive il Consiglio delle Chiese cristiane in Francia in una dichiarazione
congiunta diffusa oggi in vista del referendum del prossimo 29 maggio che
chiederà agli elettori francesi di esprimersi sul Trattato. La dichiarazione è
firmata dal metropolita Emmanuel, presidente dell’Assemblea dei vescovi
ortodossi di Francia; dal pastore Jean Arnold de Clermont, presidente della
Federazione protestante di Francia e da mons. Jean Pierre Ricard, presidente
della Conferenza episcopale francese. In vista del voto referendario, le Chiese
chiedono agli elettori di “non lasciarsi distrarre dalle questioni di ordine
puramente nazionale e da dibattiti che rischiano di occultare l’oggetto della
consultazione”. Le Chiese fanno riferimento, in particolare, alla questione
dell’adesione della Turchia all’UE che “non dipende assolutamente dall’adozione
o meno del Trattato”. Le Chiese francesi ritengono che il Trattato firmato a
Roma “apporti dei miglioramenti sostanziali” rispetto ai trattati esistenti. In
particolare, il nuovo testo “enumera i valori che fondano l’Unione” a partire
dal rispetto della dignità umana, della pace e della responsabilità dell’Europa
verso il mondo. Secondo il Consiglio delle Chiese cristiane francesi, il
Trattato tiene maggiormente in conto i diritti dei cittadini. Soprattutto
riconosce “l’identità delle Chiese e il loro contributo specifico al dibattito
pubblico”. Ciò che ci preoccupa - si legge infine nella dichiarazione - è la
mancanza di entusiasmo che il progetto europeo suscita nei cittadini. Occorre
pertanto ricordare ciò che l’Europa ha portato in questi anni, in termini di
pace, sviluppo economico e protezione sociale. (A.L.)
MIGLIAIA DI PERSONE IN
GERMANIA SONO SCESE IN PIAZZA IL GIORNO DI PASQUETTA PER LE TRADIZIONALI MARCE
DELLA PACE
BERLINO.
= “Vogliamo l’uguaglianza sociale e la prevenzione civile piuttosto che la guerra
preventiva, oltre a un’Europa democratica”. È quanto si legge in un comunicato
diffuso dall’organizzazione che alcuni giorni fa ha dato il via alle tradizionali
marce pacifiste che si tengono in Germania durante il fine settimana di Pasqua.
Hanno partecipato all’iniziativa circa 50 mila persone in 65 città, grandi e
piccole della Germania. Le più numerose si sono tenute a Francoforte, Berlino,
Amburgo e Brandeburgo. I principali temi di quest’anno sono stati due:
l’opposizione della guerra in Iraq, che in questi giorni giunge al suo
drammatico secondo anniversario, e le critiche alla costituzione europea, che dovrebbe
essere approvata dal Bundestag il 12 maggio prossimo. “Sessant’anni dopo la liberazione
della Germania dal nazismo e la fine della seconda guerra mondiale noi gridiamo
mai più fascismo, mai più guerra”, si legge ancora nel comunicato della
manifestazione. L’inizio delle marce pacifiste di Pasqua fu in Gran Bretagna negli
anni cinquanta per chiedere il disarmo nucleare e successivamente si estesero
anche alla Germania, dove raggiunsero il culmine nei primi anni ottanta.
(M.V.S.)
E’ NATO “ORATV”, UN
PROGETTO DEL FORUM ORATORI ITALIANI TESO AD
AVVICINARE
I RAGAZZI AL MONDO DELLA
COMUNICAZIONE E DELL’INFORMAZIONE
ROMA.
= Ha preso il via il progetto “OraTV", messo a punto dal Forum Oratori Italiani
(FOI), il cui scopo è quello di sperimentare il mondo della comunicazione video
e televisiva a partire dalla condivisione di contenuti realizzati direttamente
dai ragazzi. Per lo sviluppo dell’iniziativa, il FOI ha affidato
all’Associazione Giovani per l’Oratorio il mandato di coinvolgere gli oratori e
realizzare il progetto, che consiste nella realizzazione di un Dvd settimanale
fatto dai ragazzi. Sono i ragazzi stessi i protagonisti principali. Il prodotto
è spedito per posta direttamente agli oratori e contiene rubriche di diversa
natura: cucina, arte, gioco, Giornata Mondiale della Gioventù. Per la visione
del Dvd, nella prima fase, sono stati definiti 50 oratori sperimentali. Non
mancano, inoltre, iniziative di stage e di formazione per i giovani inviati. E’
stato creato anche un sito web, www.oratv.org
per avere tutte le informazioni e scaricare i moduli necessari alla partecipazione.
(B.C.)
SUCCESSO DI PUBBLICO PER IL PAN, PALAZZO DELLE
ARTI DI NAPOLI.
E’ IL PRIMO MUSEO DI ARTE CONTEMPORANEA DEL
CAPOLUOGO CAMPANO
NAPOLI.
= Prosegue il successo di pubblico per il PAN, il Palazzo delle arti di Napoli,
inaugurato lo scorso 29 marzo. Il sindaco del capoluogo campano, Rosa Russo Jervolino,
ha sottolineato l’importanza per Napoli di questa struttura. Si tratta,
infatti, del primo museo permanente destinato all’arte contemporanea in ogni
sua forma: dalla pittura alla scultura, dall’architettura al fumetto. Il museo
è stato allestito nel restaurato settecentesco palazzo Roccella, nella centrale
via dei Mille. La struttura, che si estende per seimila metri distribuiti su
tre piani, ospita anche archivi ed un centro di documentazione aperto al
pubblico. Evento inaugurale del PAN, la mostra “The Giving Person. Il dono
dell’artista”, che resterà aperta fino al prossimo 10 agosto. Si tratta di 83
opere di 39 artisti, italiani e stranieri, tra i quali il russo Ilya Kabalov,
il giovane statunitense Matthew McCaslin e gli italiani Michelangelo Pistoletto
e Mimmo Jodice. (D.G.)
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29
marzo 2005
- A cura di Barbara Castelli -
L’Iraq ancora in preda alla
violenza, in una giornata che dovrebbe segnare una svolta nel futuro del Paese
del Golfo. Forti esplosioni sono risuonate nel cuore di Baghdad dopo che colpi
di mortaio erano stati sparati contro la sede del Parlamento, all’interno della
cosiddetta “Zona Verde”, proprio in coincidenza della seconda riunione
dell’Assemblea Nazionale. Il nostro servizio:
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Con un’ora di ritardo si è
riunita oggi a Baghdad l’Assemblea Nazionale irachena, che dovrebbe mettere in
moto il processo democratico iniziato con le elezioni del 30 gennaio scorso,
rimasto fino ad ora praticamente solo sulla carta. A frenare l’inizio della
seduta il mancato accordo sul nome del presidente dell’Assemblea, che dovrà
anche nominare un Consiglio di presidenza, che poi ufficializzerà la
designazione di Ibrahim Jafaari quale premier incaricato. La nomina del capo
del Parlamento, carica ieri rifiutata dal presidente ad interim, Ghazi
al-Yawar, è slittata a sabato. Nel corso della mattinata, il clima è diventato
tanto caldo da costringere il premier uscente Iyad Allawi ad abbandonare la
riunione, mentre il presidente facente funzioni del Parlamento, sceicco Dhari
al-Fayad, cercava di aggiornare i lavori ed espelleva i giornalisti dalla sala,
annunciando che la seduta sarebbe proseguita a porte chiuse. La tensione si
respira anche tra le strade del Paese del Golfo, dove la violenza resta una
drammatica realtà quotidiana. Diciotto iracheni sono rimasti feriti questa
mattina in un attentato compiuto con un’autobomba nel centro di Kirkuk, mentre
è fortunatamente sfuggito ad un tentativo di assassinio Jabar al-Adi, direttore
della società petrolifera di Stato irachena “South Oil Company”. E’ tornato a farsi sentire, infine, Abu Musaf al
Zarqawi, il braccio destro di Osama Bin Laden in Iraq, che ha rivendicato il
rapimento ieri dei tre giornalisti romeni.
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Il premier incaricato libanese,
Omar Karame, con ogni probabilità rinuncerà alla formazione di un nuovo governo
di unità nazionale, non essendo riuscito a convincere l’opposizione a prendervi
parte. Secondo quanto riferisce oggi la stampa libanese, l’annuncio verrà fatto
domani dallo stesso premier, dopo un incontro con il presidente, Emile Lahoud.
Karame ha perseguito la strada dell’unità nazionale nel tentativo di placare la
tempesta politica scatenatasi in seguito all’attentato del 14 febbraio scorso,
in cui hanno perso la vita l’ex premier Rafik Hariri e altre 18 persone.
Fiammata
di violenza ieri nello Yemen. Almeno otto miliziani, seguaci di un predicatore
islamico sciita anti-occidentale, sono stati uccisi dalle forze governative. I
ribelli precedentemente avevano assaltato una pattuglia della polizia e un
commissariato, provocando la morte di sette agenti.
Il piano di ritiro da Gaza, fortemente
voluto da Sharon, si farà, come previstoa luglio. La Knesset, il Parlamento
israeliano, ha respinto ieri la richiesta di referendum con cui gli oppositori
del premier intendevano bloccare il progetto di disimpegno. Da Gaza, Francesca
Fraccaroli:
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Il voto ha visto la spaccatura del partito conservatore
del leader. La maggioranza dei deputati del Likud si è infatti schierata con la
destra nazional religiosa. Il premier deve il suo successo all’appoggio dei
partiti dell’opposizione di centro e di sinistra che sono a favore dello
smantellamento delle 21 colonie di Gaza, per un totale di circa 8000 persone, e
di altre quattro in Cisgiordania. I coloni ebrei, che ieri riuniti fuori dalla
Knesset avevano reagito con rabbia, annunciano ora manifestazioni in tutto il
Paese. Ultimo ostacolo sul cammino di Sharon resta la legge finanziaria che, se
non approvata entro stanotte, potrebbe far cadere il governo, rimettendo tutto
in discussione. Sharon si dice tranquillo poiché può contare sul voto anche del
partito centrista Shinui. Non meno tesi, nelle ultime ore, sono stati i
rapporti tra Israele e l’autorità nazionale palestinese. E’ stato, infatti,
rinviato il trasferimento, previsto ieri, della città cisgiordana di Kalkiliya sotto il controllo della
sicurezza degli uomini di Abu Mazen.
Da Gaza, per la Radio Vaticana,
Francesca Fraccaroli.
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In
Sudan ieri quindici funzionari e militari sono finiti in manette per aver
commesso vergognosi crimini nella tormentata regione occidentale del Darfur. Un
gesto inatteso e straordinario, come riferisce Giulio Albanese:
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Per la prima volta, membri
dell’esercito, della polizia e delle forze di sicurezza sono stati arrestati in
Sudan, con l’accusa di aver commesso abusi, violenze, omicidi nella regione del
Sudan occidentale, il Darfur. Lo ha reso noto il ministro della giustizia, Ali
Mohamed Osmani Yassin, precisando che le persone arrestate sono 15. Il governo
di Khartoum ha ripetutamente respinto qualsiasi intromissione straniera che
indicasse la consegna di propri connazionali ad una Corte internazionale e, a
questo proposito, Yassin ha ribadito che i recenti arresti offriranno
l’occasione per dimostrare alla comunità internazionale l’affidabilità del
sistema giudiziario sudanese. In sostanza, Khartoum sta facendo di tutto per
evitare che un Tribunale internazionale possa svelare i retroscena della
connivenza tra i “janjaweed”, i famigerati predoni arabi, ed esponenti delle
forze armate e del governo sudanese.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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È salito a 126 il bilancio delle
vittime accertate del morbo di Marburg in Angola. La nuova epidemia è provocata
da un virus le cui caratteristiche patologiche sono simili a quello dell’Ebola.
Non esiste ancora una terapia contro il morbo, il cui virus, endemico in
Africa, fu identificato per la prima volta nel 1967 nei laboratori della città
tedesca di Marburg.
Dopo il repentino peggioramento dei
giorni scorsi e la stabilizzazione riscontrata invece ieri, le condizioni del
principe Ranieri di Monaco hanno fatto registrare un lieve miglioramento. Lo
hanno riferito fonti ufficiali a Palazzo Grimaldi. L’81.enne paziente, il
monarca europeo in assoluto da maggior tempo sul trono, rimane, comunque,
ricoverato in terapia intensiva presso il Centro Cardio-Toracico monegasco e resta
collegato al respiratore artificiale. Ranieri, al potere dal 1949, lamenta
problemi cardiaci, una forte infezione bronco-polmonare e disfunzioni renali.
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