RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 88 - Testo della trasmissione di martedì 29 marzo 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:   

‘Cristo risorto doni pace e giustizia all’umanità’: sul messaggio Urbi et Orbi di Giovanni Paolo II per la Pasqua, la riflessione di mons. Vincenzo Paglia. Sul significato dell’Ottava di Pasqua, con noi mons. Alessandro Maggiolini.

 

IN PRIMO PIANO:

         400 morti per la scossa di terremoto di ieri sera al largo dell'isola di Sumatra. Le isole di Nias e Simeulue le più colpite, mentre Mauritius e India revocano l'allarme. Intervista con padre Silvano Laurenzi

 

         Con lo scioglimento della vecchia assemblea nazionale, in Kirghizistan si è aperta una fase di transizione. Ce ne parla Fabrizio Dragosei

 

Negli Stati Uniti gravissime le condizioni di Terri Schiavo, la donna cerebrolesa cui è stata interrotta l’alimentazione. Con noi Adriano Pessina

Denunciare meccanismi e conseguenze del commercio delle armi è l’obiettivo della campagna lanciata da Amnesty International: una mostra sui danni delle armi cosiddette leggere e un appello ai governi contro i traffici illeciti. Il commento di Davide Cavazza

 

         Tre registi di fama internazionale per un film, “Tickets” che racconta diverse storie di personaggi in viaggio.

 

CHIESA E SOCIETA’:

In Zimbabwe l’arcivescovo di Bulawayo, mons. Pius Ncube, invoca un atteggiamento pacifico in una eventuale rivolta contro il regime del presidente Robert Mugabe

 

“La ratifica del trattato europeo è una tappa ‘determinante’ per il continente”: è quanto si legge in un comunicato del Consiglio delle Chiese cristiane in Francia

 

Migliaia di persone in Germania sono scese in piazza il giorno di Pasquetta per le tradizionali marce della pace

 

E’ nato “Oratv”, progetto del forum oratori italiani teso ad avvicinare i ragazzi al mondo della comunicazione e dell’informazione

 

Successo di pubblico per il Pan, Palazzo delle Arti di Napoli. E’ il primo Museo di arte contemporanea del capoluogo campano.

 

24 ORE NEL MONDO:

Si è aperta a Baghdad l’Assemblea Nazionale irachena, in vista della nomina del governo transitorio, mentre c’è ancora violenza in Iraq

 

Naufragata ieri al Parlamento israeliano la proposta di referendum per il piano di ritiro da Gaza

 

Arrestate in Sudan 15 persone, membri di esercito, polizia e forze di sicurezza, per abusi, violenze e omicidi nella regione del Darfur.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

29 marzo 2005

 

 

CRISTO RISORTO DONI PACE E GIUSTIZIA ALL’UMANITA’: SUL MESSAGGIO URBI ET ORBI  DI GIOVANNI PAOLO II PER LA PASQUA, LA RIFLESSIONE DI MONS. VINCENZO PAGLIA. SUL SIGNIFICATO DELL’OTTAVA DI PASQUA IL COMMENTO

DI MONS. ALESSANDRO MAGGIOLINI

 

Cristo Risorto “infondi fiducia e speranza in quanti cercano il senso vero della loro esistenza”. Nel Messaggio Urbi et Orbi per la Pasqua, Giovanni Paolo II ha chiesto pace, giustizia e solidarietà per il mondo. Un’attenzione speciale il Pontefice l’ha dedicata ai popoli afflitti dalle guerre e dalla miseria, in particolare all’Africa e alla Terra Santa. Ritorniamo, dunque, ai passaggi forti del Messaggio con la riflessione di mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Il messaggio pasquale è davvero un messaggio che ridona speranza. Porre attenzione a questa prospettiva proprio mentre il Papa soffre in un modo così visibile rende il messaggio ancor più forte, per tutti. Sappiamo che la Risurrezione non è riservata alle due donne che stavano al Sepolcro ma al mondo intero. Anche oggi, a maggior ragione, questo annuncio dev’essere gridato a tutti. A tutti i popoli, particolarmente a quelli che soffrono in maniera più drammatica.

 

D. – Giovanni Paolo II ha chiesto pace per il Medio Oriente e per l’Africa ed ha messo in guardia l’umanità sul pericolo delle guerre fratricide. E’ un appello particolarmente significativo, nel giorno di Pasqua?

 

R. – Sì, esatto. Ancora una volta, il Papa rivolge il pensiero a queste due parti del mondo: l’una dimenticata, l’Africa, e l’altra, il Medio Oriente, che rappresenta simbolicamente il dramma del mondo intero, in particolare Gerusalemme che ha vissuto, appunto, il dramma stesso di Gesù. In tale contesto il richiamo del Papa ai valori ideali è un richiamo che riguarda l’intero assetto politico, sociale, culturale e scientifico del mondo contemporaneo.

 

D. – Il Papa ha chiesto un impegno forte dei fedeli per una “solidarietà generosa” verso chi ancora oggi muore di miseria e di fame. E ha lanciato un monito: “il progresso materiale dei popoli non offuschi mai i valori spirituali della civiltà”. In fondo, si può dire che in queste parole è racchiusa un po’ la visione del Papa per il mondo di oggi ...

 

R. – Assolutamente sì! Questo Papa che si è dovuto confrontare con la globalizzazione in una maniera straordinaria e talora drammatica, sente progredire in prima persona, visto che ha girato il mondo ed è entrato in contatto con popoli e popoli, questo grido: ritornare ai principi spirituali, religiosi, morali. Mi pare un appello non solo che viene da un sapiente, ma direi anche da un uomo che ha sperimentato la drammaticità del mondo di oggi. In questa Pasqua guardava il mondo in silenzio, ma questo silenzio era pieno di questo messaggio e dei tanti messaggi che lui incessantemente ha rivolto proprio perché gli uomini non perdano la Stella Polare che è la dimensione religiosa della vita, quindi Dio.

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Come sottolineato dal Papa, il mistero della Pasqua presenta numerosi spunti di riflessione. Proprio la liturgia della settimana in corso è un momento privilegiato per approfondirli, giacché in questi otto giorni la Domenica di Risurrezione viene celebrata come un unicum liturgico e sacramentale. Ma qual è il significato storico e spirituale dell’Ottava di Pasqua, che si conclude con la prossima Domenica in Albis? Ecco la riflessione del vescovo di Como, Alessandro Maggiolini, intervistato da Alessandro De Carolis:

 

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R. – Il significato storico deriva da questa tradizione: la notte del Sabato Santo venivano amministrati i battesimi. Coloro che lo ricevevano, indossavano una veste bianca e poi la domenica dopo la Pasqua, detta in Albis depositi, toglievano questi abiti bianchi. Dal punto di vista soprannaturale, il senso dell’Ottava di Pasqua è molto semplice: la Pasqua dura sì un giorno, ma è un avvenimento che ha significato per tutta la vita. Di conseguenza la Chiesa è preoccupata di far assimilare il significato di questa risurrezione di Gesù dai morti, che porta una novità assoluta nella vita del credente.

 

D. – E questo, eccellenza, lo si può collegare alla realtà, ribadita tante volte da Giovanni Paolo II, della domenica come piccola “Pasqua settimanale”…

 

R. – Certamente la domenica diventa l’attuarsi della Risurrezione lungo tutto l’anno: l’ottavo giorno diventa l’avvio del mondo nuovo, rinnovato completamente dal Signore Gesù che è risorto ed entra nella definitività della gloria di Dio. In questo modo, assume il significato e il valore di una salvezza universale di fronte alla quale nulla può opporsi come ostacolo se la libertà lo accetta.

 

D. – Domenica prossima sarà anche la domenica della Divina misericordia, di cui fu apostola Santa Faustina Kowalska. Quale riflessione le suscita questo particolare aspetto?

 

R. – Che Dio ha il cuore più grande del nostro. La Divina Misericordia è tale per cui Dio non si stanca di perdonarci ogni volta che ci apriamo al suo perdono. Ovviamente, quando non ci limitiamo ad essere soggetti passivi, ma rispondiamo con la libertà a ciò che Egli ci sta indicando come sentiero di vita.

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NOMINE

 

In Francia, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Nizza, presentata da mons. Jean Bonfils, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato suo successore mons. Louis Sankalé, finora coadiutore della medesima diocesi.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina; Pasqua 2005 - Anno dell'Eucaristia.

"Abbiamo bisogno di Te!": il Messaggio Urbi et Orbi di Giovanni Paolo II.

 

Nelle vaticane, il Messaggio del Papa proclamato all'inizio della Veglia pasquale: Cristo risorto vince in modo definitivo la potenza delle tenebre del male e della morte, e riaccende nei cuori dei credenti la speranza e la gioia.

Tre pagine dedicate alla celebrazione della Pasqua nelle Diocesi italiane.  

 

Nelle estere, panico sulle coste dell'Asia per un potente terremoto che ha colpito la stessa zona devastata dal maremoto del 26 dicembre scorso. Non meno di mille morti sull'isla indonesiana di Nias. L'epicentro localizzato a largo di Sumatra, a trenta chilometri di profondità. 

Iraq: rapiti tre giornalisti romeni.  

 

Nella pagina culturale, un articolo di Angelo Marchesi dal titolo "L'anima ridotta a psiche": una questione aperta nella riflessione contemporanea.

 

Nelle pagine italiane, statali: nella maggioranza si preme per rinnovare il contratto prima del voto. Il Premier e la Lega contrari.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

29 marzo 2005

 

 

L’INDONESIA NUOVAMENTE SCONVOLTA DAL TERREMOTO.

400 LE VITTIME ACCERTATE

- Intervista con padre Silvano Laurenzi -

 

 

Il terremoto colpisce ancora l’Oceano Indiano. Dopo la forte scossa di ieri, con epicentro al largo dell’isola indonesiana di Sumatra, stamani un altro movimento tellurico di assestamento è stato avvertito nella stessa zona, gettando nuovamente nel panico milioni di persone. Fortunatamente non c’è stato lo tsunami, a differenza della catastrofe avvenuta il 26 dicembre scorso. Il bilancio parla di almeno 400 morti, ma fonti presidenziali di Giakarta ritengono possibili 2 o 3 mila vittime, soprattutto nell’isola di Nias dove, comunque, sono state registrate onde di 30 metri che si sono abbattute sulle spiagge. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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A causa delle vie di comunicazione distrutte e anche del maltempo, i soccorsi sono difficili. Un velivolo della Croce Rossa indonesiana è riuscito, dopo molti tentativi, ad atterrare nell’isola di Simeulue, la più vicina all’epicentro, a 200 km al largo della costa occidentale di Sumatra. E’ difficile tracciare una stima dei danni. Secondo alcuni testimoni, l’80 per cento degli edifici è crollato. Distrutto da un’onda alta tre metri anche il porto della principale città dell’Isola di Nias che è abitata da 700 mila persone e che è abbastanza popolare tra gli appassionati di surf. Il terremoto ha scatenato il panico in tutto l’Oceano Indiano. Nelle fasce costiere di India, Sri Lanka, Thailandia, Malaysia, migliaia di persone hanno passato la notte all’addiaccio per paura di uno tsunami che poi non è arrivato, contrariamente alle previsioni del centro di osservazione anti-tsunami del Pacifico che per primo aveva dato l’allarme. Secondo gli esperti, pur essendo la scossa molto potente, non ha provocato un movimento verticale del fondale marino che non ha, quindi, portato ad un innalzamento del livello del mare. Nonostante che nell’Oceano Indiano non ci sia ancora un sistema di allerta previsto solo per il prossimo anno, l’allarme è scattato in tempo e amministrazioni locali, polizia, pescatori e anche religiosi hanno unito le forze per favorire l’evacuazione delle popolazioni costiere.

 

 

 

Tra i feriti per il crollo della propria abitazione, nella provincia indonesiana di Sibolga, anche un missionario italiano: si tratta di Barnabas Wincler, cappuccino, che si trova ora in ospedale, ma le sue condizioni non sarebbero gravi.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Mariagrazia Coggiola.

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E dall’Indonesia Giancarlo La Vella ha raccolto telefonicamente la testimonianza del missionario salesiano, padre Silvano Laurenzi, che è riuscito ad avere notizie dirette dalla zona colpita dal terremoto:

 

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R. – Abbiamo contattato il padre provinciale che è a Padan: ci ha detto che è stata una cosa tremenda. Adesso stavano cercando di avere notizie da Nias. Ci hanno detto che stavano raccogliendo morti, che stavano mettendo insieme su uno piazzale, ma non sapevano ancora quanti fossero. Addirittura il vice presidente parlava già di 3.000 morti. Ci sono poi villaggi che sono incendiati e non sappiamo come questo sia avvenuto, per cortocircuito od altro. Le case, anche se di legno, sono crollate. E’ chiaro che la gente che era dentro e dormiva è morta.

 

D. - I missionari in zona si sono mossi a portare soccorsi alla popolazione...

 

R. – Mi hanno detto che i padri sono tutti accorsi e che la loro casa deve essere crollata o crollata in parte.

 

D.- Come queste popolazioni, già colpite dallo tsunami di dicembre stanno reagendo a questa nuova catastrofe?

 

R. -Io penso che c’è molta speranza. Da alcune immagini trasmesse dalla televisione si vede la gente che reagisce cercando di raccogliere quello che può, di salvare quello che può salvare. Alcuni sono rimasti senza cibo, perché non avevano provviste. Anche le strade sono rotte. Mi pare che il presidente indonesiano ha rimandato il viaggio programmato in Australia per andare direttamente a Nias.

 

D. – Di cosa c’è bisogno, secondo quella che è la sua esperienza, in questo momento?

 

R. – Hanno urgente bisogno di cibo prima di tutto e poi delle tende perché hanno anche paura di stare in casa. Penso che il governo stia provvedendo in qualche modo. C’è bisogno di medicine, di dottori perché si ha veramente paura del colera e di altre malattie infettive.

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IL KIRGHIZISTAN VERSO LA NORMALITA’. LA CAMERA ALTA DEL VECCHIO 

PARLAMENTO SI E’ SCIOLTA QUESTA MATTINA, MENTRE IERI LA NUOVA

ASSEMBLEA HA CONFERMATO BAKÌEV NELL’INCARICO DI PREMIER AD INTERIM

 

Cruciale passo avanti nella normalizzazione politico-istituzionale in Kirghizistan. Il vecchio Parlamento, richiamato in servizio la scorsa settimana dai leader della “rivoluzione dei tulipani” che hanno spodestato il regime del presidente Askar Akaiev, ha posto fine questa mattina alla sua attività. Ieri, invece, il nuovo Parlamento ha riconosciuto Bakìev nuovo premier ad interim. E l’ex leader dell’opposizione, ora alla guida del Paese, ha teso la mano al suo predecessore, Akayev. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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“Che Akayev torni in patria: avrà l’immunità”: questa la promessa del premier ad interim Bakìev. Il neo speaker del Parlamento ha, invece, proposto di creare una commissione speciale per aprire una trattativa con Akayev, formalmente ancora presidente. “Solo dopo un chiarimento – ha detto – si possono organizzare nuove elezioni”, che attualmente sono considerate premature dall’OSCE. Dopo giornate di caos istituzionale, ora il Kirghizistan ha un solo Parlamento. I deputati della precedente legislatura hanno accettato di riconsegnare il loro mandato. Decisivo è stato il responso della commissione elettorale, che ha decretato come valida la consultazione del 13 marzo, causa dello scoppio della protesta popolare per brogli. Solo in una quindicina su 60 distretti il voto è stato falsificato. Akayev, ora all’estero, ha lanciato un appello contro la violenza: “Se giovedì scorso avessi ordinato di usare le armi, adesso ci sarebbe la guerra civile”. Il presidente russo Putin, intanto, ha promesso di inviare presto carburante e cibo.

 

Da Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Con lo scioglimento della vecchia Assemblea nazionale, in Kirghizistan si è aperta oggi una fase di transizione: il nuovo Parlamento, frutto delle contestate elezioni del 13 marzo, è infatti formato da uomini del regime precedente. Eppure, è costretto a convivere con il premier ad interim, Bakìev, finora leader dell’opposizione. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Fabrizio Dragosei, inviato a Mosca per il Corriere della Sera:

 

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R. - Tutto è nato dalle proteste per l’elezione di questo Parlamento, che è stata giudicata falsata da brogli. Nel Parlamento, adesso confermato, erano stati eletti in grandissima quantità i sostenitori del presidente Akaiev, compresi i suoi figli. Ora ci ritroviamo con una nuova leadership senza il presidente Akaiev, ma con il Parlamento che era all’origine delle contestazioni. Potrebbe anche di nuovo tornare in gioco il vecchio presidente Akaiev, per cui bisognerà vedere dove va questa rivoluzione kirghiza. Anche perché, come abbiamo visto, è una rivoluzione che non cambia l’assetto politico e non cambia l’orientamento politico del Paese. E’ una rivoluzione molto atipica. Non è certamente la ‘rivoluzione delle rose’ della Georgia, e tanto meno la ‘rivoluzione degli arancioni’ di Kiev, che hanno cambiato l’assetto politico e l’orientamento politico dell’Ucraina.

 

D. – Perché, secondo te, questa rivoluzione è diversa da quella nelle altre Repubbliche ex sovietiche?

 

R. – Innanzitutto, perché coloro che hanno fatto la rivoluzione, i leader dell’opposizione, non hanno mai parlato di voler spostare il Kirghizistan dalla sua linea, che è sempre stata di fedele alleanza con Mosca. Questo – diciamo - è il punto principale. Nel caso specifico, la Russia è vicina alla nuova élite kirghiza, come è vicina anche al vecchio presidente Akaiev. Questa volta il presidente Vladimir Putin è riuscito a giocare bene le sue carte.

 

D. – Abbiamo visto i moti di piazza, abbiamo visto gli incidenti, ma allora che cosa è cambiato veramente in Kirghizistan?

 

R. – Non si capisce bene cosa sia cambiato in Kirghizistan, anche perché i nuovi leader sono vecchi leader. Non vedo queste grandi novità, speriamo che magari, senza il presidente Akaiev, questi vecchi ma nuovi governanti sappiano dare una svolta almeno all’economia del Paese e, soprattutto, sappiano avviare il Kirghizistan sulla strada della lotta seria contro la corruzione che era, sicuramente, uno dei principali mali del precedente regime.

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NEGLI STATI UNITI SONO GRAVISSIME LE CONDIZIONI DI TERRI SCHIAVO, LA DONNA

CEREBROLESA CUI È STATA INTERROTTA L’ALIMENTAZIONE

- Intervista con Adriano Pessina -

 

Continuano negli Stati Uniti le manifestazioni per salvare Terri Schiavo, la donna cerebrolesa alla quale, per decisione dei magistrati, 11 giorni fa è stato rimosso il tubo per l’alimentazione. Tutte le istanze presentate ai giudici dai genitori per salvare Terri sono state bocciate. Intanto, sono in molti a sostenere che la donna abbia percezione del mondo esterno. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Ormai si contano le ore nell’ospizio della Florida dove Terri Schiavo sopravvive senza alimentazione da 11 giorni. I manifestanti del Movimento per la vita presidiano ancora l’edificio e ieri alcuni di loro sono andati a Washington per sollecitare di nuovo l’intervento del Congresso e del presidente Bush, ma le opzioni legali per salvare la donna sono esaurite. Il fratello del capo della Casa Bianca, il governatore della Florida Jeb Bush, ha detto che non ha più il potere di cambiare la situazione. I sondaggi d’opinione, del resto, dicono che il presidente ha perso popolarità da quando questa vicenda è iniziata. Il padre di Terri ha lanciato ancora un appello a tutti i politici dicendo che, nonostante che lei sia molto indebolita, è ancora vigile e continua a lottare per restare in vita. I medici le hanno somministrato dosi di morfina per farle sopportare meglio gli eventuali dolori fisici. Il padre ha avanzato il sospetto che cerchino di accelerare la fine con queste droghe. Il giorno di Pasqua, Terri ha ricevuto la Comunione e il Sacramento dell’Unzione degli infermi. I familiari stanno ora discutendo le modalità del funerale. I genitori vorrebbero una cerimonia cattolica, mentre il marito Michael insiste per farla cremare. Un’autopsia dovrebbe anche stabilire le condizioni del suo cervello per rispondere alle polemiche sulla sua lucidità che in queste settimane hanno diviso l’America.

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         Ma cosa ci può insegnare questa vicenda? Fabio Colagrande lo ha chiesto ad Adriano Pessina, docente di Filosofia Morale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

 

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R. - Penso che ci insegni una cosa con la quale dovremo fare i conti: il vero problema sono le persone sane che sembra non siano in grado di sopportare queste situazioni di confine. Io credo che, in qualche modo, ci sia una sorta di “risentimento” da parte delle persone sane. In nome di una falsa pietà in questo caso viene commesso un omicidio. Non c’è alcuna giustificazione per questo tipo di trattamento che si sta infliggendo a Terri Schiavo.

 

D. – Si è riproposto un dibattito molto forte. Questo dibattito esiste in Europa, secondo lei?

 

R. – Questo dibattito in Europa esiste ma è anche molto viziato da come viene presentato. Quest’immagine dell’essere attaccato alle macchine crea, nell’immaginario collettivo, una specie di angoscia mal riposta. E poi io credo che non si possa di certo stabilire il diritto della vita e della morte sulla base delle opinioni della maggioranza. Credo che sia un grave regresso l’idea di giocare sulle emozioni delle persone per stabilire quando e come fermare un tipo di assistenza molto elementare. Dobbiamo poi essere chiari: in questo caso non passiamo parlare di accanimento terapeutico. Però bisogna anche dire un’altra cosa: se veramente Terri Schiavo non è cosciente e non soffre, non si capisce perché ucciderla. Se invece soffre ed è cosciente, è ancora più atroce farla morire in questo modo. Far morire di fame e di sete una persona non ha assolutamente senso. Sinceramente trovo che sia vergognoso consentire questo attraverso una sentenza. Il fatto che la legge sia addirittura arrivata a permettere l’interruzione dell’alimentazione è una delle cose più scandalose dei nostri tempi.

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DENUNCIARE MECCANISMI E CONSEGUENZE DEL COMMERCIO DELLE ARMI

E’ L’OBIETTIVO DELLA CAMPAGNA LANCIATA DA AMNESTY INTERNATIONAL:

UNA MOSTRA SUI DANNI DELLE ARMI COSIDDETTE LEGGERE E

UN APPELLO AI GOVERNI CONTRO I TRAFFICI ILLECITI

- Intervista con Davide Cavazza -

 

Un milione di volti fotografati in tutto il Pianeta per dimostrare che si deve controllare il commercio delle armi: faranno parte di una galleria che sarà presentata ai governi in occasione della seconda Conferenza dell'Onu sui traffici illeciti di armi leggere, a New York nel 2006. Accanto a questo, un appello da firmare ed inviare al presidente del Consiglio italiano, Berlusconi, uno spot di pochi secondi e un video di 15 minuti, con testimonial il calciatore della Nazionale francese Lilian Thuram. Sono le iniziative della Campagna “Control Arms” in Italia, lanciata in questi giorni da Amnesty International, Oxfam e IANSA (International Action Network on Small Arms). Il servizio di Francesca Sabatinelli:

 

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28 milioni di dollari l’anno è quanto si guadagna dalle esportazioni mondiali autorizzate di armi, il cui 90 per cento circa viene fornito dai Paesi membri del Consiglio di Sicurezza, Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito. Destinatari privilegiati i Paesi in via di sviluppo, che alla fine spendono più nella difesa che nella salute e che nella maggior parte dei casi figurano in fondo alla classifica dell’indice dello sviluppo umano. Mezzo milione le persone che ogni anno muoiono a causa di queste armi, 300 mila i bambini soldato coinvolti in conflitti armati. Questo incontrollato proliferare di armi – viene denunciato - non solo favorisce la violazione dei diritti umani ma aggrava i conflitti ed intensifica la povertà. Davide Cavazza, direttore delle Campagne di Amnesty-Italia:

 

“Siamo ad un punto in cui il mondo continua ad utilizzare armi di ogni tipo, senza alcun controllo. Le armi cosiddette leggere, quindi pistole, fucili, munizioni, vengono usate in maniera indiscriminata e quasi sempre a danno della popolazione civile oltre che dei militari. Tutto questo non ha alcun vincolo di tipo internazionale. Ci sono legislazioni nazionali che tentano di arginare il fenomeno, di arginare il fatto che i trasferimenti di armi possano impunemente avvenire anche verso Paesi che violano o possono violare i diritti umani. La strada è quella di un vero e proprio Trattato internazionale da fare adottare in sede di Nazioni Unite, nel 2006. La strada è quella di dotarsi di uno strumento che copra le esigenze di tutto il mondo, di un trattato che vincoli al trasferimento di armi e che impedisca il trasferimento di armi in tutta una serie di situazioni nelle quali i diritti umani, sicuramente o con grande probabilità, verranno violati”.

 

L’Italia è al settimo posto nel mondo per l’esportazione di armi, al secondo per quella di armi leggere e di piccolo calibro. Esistono due norme, ritenute ben articolate, la 110/75 e la 185/90, ma sono disattese. Manca del tutto un controllo trasparente ed efficace delle esportazioni italiane. Per questo, Amnesty, Oxfar e Iansa si rivolgono al capo del governo Berlusconi con un appello, affinché l’Italia sostenga l’adozione del Trattato.

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TRE REGISTI DI FAMA INTERNAZIONALE PER UN FILM CHE RACCONTA

DIVERSE STORIE DI PERSONAGGI IN VIAGGIO

 

Tre registi di fama internazionale, Olmi, Kiarostami e Loach, dirigono in “Tickets” tre diverse storie, tutte ambientate su un treno. E’ il viaggio dell’umanità e la scoperta del prossimo, sulle note dei ricordi, delle solitudini e della spensierata gioventù. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Dal centro dell’Europa verso la Città eterna. In treno. Chi sale e chi scende, portando con sé ricordi, rimpianti, solitudini, desideri d’amore, dilemmi morali, esistenze diverse di cui molte al margine. Tre registi e tre diversi biglietti, tickets, ma un unico treno, metafora di un’umanità in viaggio. Naturalmente, anche tre stili cinematografici diversi pur nell’unica narrazione concepita non a capitoli, ma in sequenza, da una stazione all’altra. Ermanno Olmi, grazie al volto così espressivo di Carlo Delle Piane, segue un compassato professore alle prese con un’inaspettata scoperta: il sentimento dell’amore e con esso la felicità di un lontano ricordo infantile, che spezza l’aridità del presente.

 

Il famoso regista de “L’albero degli zoccoli” e “Il mestiere delle armi” afferma “che è proprio in questa stagione ultima della vita che si capisce meglio l’importanza di certi sentimenti e che si possono vivere con la consapevole pienezza di una meravigliosa avventura dello spirito”. Nel suo scompartimento affollato di varia umanità, il professore trasale alla fine accorgendosi che altri ci passano e vivono accanto, senza più essere “l’estraneo” ma “il prossimo”, da amare come se stessi.

 

Il regista iraniano Abbas Kiarostami si affianca, invece, ad un diverso passeggero: è un’anziana vedova, che la vita ha reso arcigna e arrogante – la brava attrice Silvana de Santis –, ispirando alla fine del suo viaggio un senso di pietà per una vecchiaia ormai alle porte e sicuramente senza gioia e senza carità. Infine, l’inglese Ken Loach, molto più attento al sociale: tre ragazzi tifosi del Celtic, in trasferta a Roma, svelano il loro lato buono e molto nascosto nell’incontro-scontro con una famiglia di profughi albanesi. In questo caso, l’arrivo alla stazione Termini di Roma si chiude con una nota positiva: il tifo violento ed intollerante cede il posto ad un atto di generosità e altruismo. Un viaggio in treno, insomma, può cambiare un’esistenza.

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CHIESA E SOCIETA’

29 marzo 2005

 

 

IN ZIMBABWE L’ARCIVESCOVO DI BULAWAYO, MONS. PIUS NCUBE,

INVOCA UNA RIVOLTA PACIFICA CONTRO IL REGIME DEL PRESIDENTE ROBERT MUGABE

 

BULAWAYO. = La popolazione si unisca in una pacifica sollevazione contro quanti governano lo Zimbabwe. E’ l’appello lanciato dall’arcivescovo di Bulawayo, Pius Ncube, in un’intervista rilasciata al quotidiano sudafricano ‘Indipendent’ nella quale l’arcivescovo si riferisce esplicitamente alla recente rivolta pacifica in Ucraina. Secondo il presule, la popolazione del Paese africano, chiamato giovedì prossimo alle elezioni, è stata fin troppo paziente con il presidente Robert Mugabe. I sondaggi danno per scontata la vittoria dell’Unione nazionale degli africani dello Zimbabwe, partito di Mugabe, che ha varato una legge elettorale tutta a proprio vantaggio. Due anni fa l’affermazione di Mugabe è scaturita in un clima di violenze e di intimidazioni. La consultazione, costellata anche da forti dubbi su brogli, aveva comunque evidenziato il buon risultato del Movimento per il cambiamento democratico, schieramento dell’opposizione. Ma la forte spinta propulsiva dell’opposizione si è andata lentamente spegnendo. La gente non ha più la forza e la voglia di impegnarsi. L’apatia ha preso il sopravvento ed il presidente Mugabe continua a governare il Paese dal 1980, anno dell’indipendenza dalla Gran Bretagna. Lo Zimbabwe era un Paese florido ma una dissennata riforma agraria, compiuta nel duemila, lo ha messo in ginocchio. L’attuale situazione del Paese, abitato da oltre 13 milioni di persone, resta estremamente difficile sotto ogni profilo: l’AIDS uccide un bambino ogni 15 minuti; la disoccupazione ufficiale è al 70 per cento; l’inflazione viaggia intorno al 500 per cento annuo; la speranza di vita è di 33 anni per le donne e di 34 per gli uomini; la sopravvivenza alimentare di almeno la metà della popolazione dipende completamente dagli aiuti internazionali. (A.L.)

 

 

LA RATIFICA DEL TRATTATO EUROPEO E’ UNA TAPPA “DETERMINANTE”

PER IL CONTINENTE. E’ QUANTO SI LEGGE IN UN COMUNICATO

DEL CONSIGLIO DELLE CHIESE CRISTIANE IN FRANCIA

 

PARIGI. = Il Trattato per la nuova Costituzione europea, firmato a Roma lo scorso 29 ottobre dai 25 capi di Stato e di governo dell’UE, rappresenta una tappa “determinante” e stabilisce una serie di valori che “meritano di essere sottolineati”. E’ quanto scrive il Consiglio delle Chiese cristiane in Francia in una dichiarazione congiunta diffusa oggi in vista del referendum del prossimo 29 maggio che chiederà agli elettori francesi di esprimersi sul Trattato. La dichiarazione è firmata dal metropolita Emmanuel, presidente dell’Assemblea dei vescovi ortodossi di Francia; dal pastore Jean Arnold de Clermont, presidente della Federazione protestante di Francia e da mons. Jean Pierre Ricard, presidente della Conferenza episcopale francese. In vista del voto referendario, le Chiese chiedono agli elettori di “non lasciarsi distrarre dalle questioni di ordine puramente nazionale e da dibattiti che rischiano di occultare l’oggetto della consultazione”. Le Chiese fanno riferimento, in particolare, alla questione dell’adesione della Turchia all’UE che “non dipende assolutamente dall’adozione o meno del Trattato”. Le Chiese francesi ritengono che il Trattato firmato a Roma “apporti dei miglioramenti sostanziali” rispetto ai trattati esistenti. In particolare, il nuovo testo “enumera i valori che fondano l’Unione” a partire dal rispetto della dignità umana, della pace e della responsabilità dell’Europa verso il mondo. Secondo il Consiglio delle Chiese cristiane francesi, il Trattato tiene maggiormente in conto i diritti dei cittadini. Soprattutto riconosce “l’identità delle Chiese e il loro contributo specifico al dibattito pubblico”. Ciò che ci preoccupa - si legge infine nella dichiarazione - è la mancanza di entusiasmo che il progetto europeo suscita nei cittadini. Occorre pertanto ricordare ciò che l’Europa ha portato in questi anni, in termini di pace, sviluppo economico e protezione sociale. (A.L.)

 

 

MIGLIAIA DI PERSONE IN GERMANIA SONO SCESE IN PIAZZA IL GIORNO DI PASQUETTA PER LE TRADIZIONALI MARCE DELLA PACE

 

BERLINO. = “Vogliamo l’uguaglianza sociale e la prevenzione civile piuttosto che la guerra preventiva, oltre a un’Europa democratica”. È quanto si legge in un comunicato diffuso dall’organizzazione che alcuni giorni fa ha dato il via alle tradizionali marce pacifiste che si tengono in Germania durante il fine settimana di Pasqua. Hanno partecipato all’iniziativa circa 50 mila persone in 65 città, grandi e piccole della Germania. Le più numerose si sono tenute a Francoforte, Berlino, Amburgo e Brandeburgo. I principali temi di quest’anno sono stati due: l’opposizione della guerra in Iraq, che in questi giorni giunge al suo drammatico secondo anniversario, e le critiche alla costituzione europea, che dovrebbe essere approvata dal Bundestag il 12 maggio prossimo. “Sessant’anni dopo la liberazione della Germania dal nazismo e la fine della seconda guerra mondiale noi gridiamo mai più fascismo, mai più guerra”, si legge ancora nel comunicato della manifestazione. L’inizio delle marce pacifiste di Pasqua fu in Gran Bretagna negli anni cinquanta per chiedere il disarmo nucleare e successivamente si estesero anche alla Germania, dove raggiunsero il culmine nei primi anni ottanta. (M.V.S.)

 

 

E’ NATO “ORATV”, UN PROGETTO DEL FORUM ORATORI ITALIANI TESO AD

AVVICINARE

I RAGAZZI AL MONDO DELLA COMUNICAZIONE E DELL’INFORMAZIONE

 

ROMA. = Ha preso il via il progetto “OraTV", messo a punto dal Forum Oratori Italiani (FOI), il cui scopo è quello di sperimentare il mondo della comunicazione video e televisiva a partire dalla condivisione di contenuti realizzati direttamente dai ragazzi. Per lo sviluppo dell’iniziativa, il FOI ha affidato all’Associazione Giovani per l’Oratorio il mandato di coinvolgere gli oratori e realizzare il progetto, che consiste nella realizzazione di un Dvd settimanale fatto dai ragazzi. Sono i ragazzi stessi i protagonisti principali. Il prodotto è spedito per posta direttamente agli oratori e contiene rubriche di diversa natura: cucina, arte, gioco, Giornata Mondiale della Gioventù. Per la visione del Dvd, nella prima fase, sono stati definiti 50 oratori sperimentali. Non mancano, inoltre, iniziative di stage e di formazione per i giovani inviati. E’ stato creato anche un sito web, www.oratv.org per avere tutte le informazioni e scaricare i moduli necessari alla partecipazione. (B.C.)

 

 

SUCCESSO DI PUBBLICO PER IL PAN, PALAZZO DELLE ARTI DI NAPOLI.

E’ IL PRIMO MUSEO DI ARTE CONTEMPORANEA DEL CAPOLUOGO CAMPANO

 

NAPOLI. = Prosegue il successo di pubblico per il PAN, il Palazzo delle arti di Napoli, inaugurato lo scorso 29 marzo. Il sindaco del capoluogo campano, Rosa Russo Jervolino, ha sottolineato l’importanza per Napoli di questa struttura. Si tratta, infatti, del primo museo permanente destinato all’arte contemporanea in ogni sua forma: dalla pittura alla scultura, dall’architettura al fumetto. Il museo è stato allestito nel restaurato settecentesco palazzo Roccella, nella centrale via dei Mille. La struttura, che si estende per seimila metri distribuiti su tre piani, ospita anche archivi ed un centro di documentazione aperto al pubblico. Evento inaugurale del PAN, la mostra “The Giving Person. Il dono dell’artista”, che resterà aperta fino al prossimo 10 agosto. Si tratta di 83 opere di 39 artisti, italiani e stranieri, tra i quali il russo Ilya Kabalov, il giovane statunitense Matthew McCaslin e gli italiani Michelangelo Pistoletto e Mimmo Jodice. (D.G.)

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

29 marzo 2005

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

L’Iraq ancora in preda alla violenza, in una giornata che dovrebbe segnare una svolta nel futuro del Paese del Golfo. Forti esplosioni sono risuonate nel cuore di Baghdad dopo che colpi di mortaio erano stati sparati contro la sede del Parlamento, all’interno della cosiddetta “Zona Verde”, proprio in coincidenza della seconda riunione dell’Assemblea Nazionale. Il nostro servizio:

 

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Con un’ora di ritardo si è riunita oggi a Baghdad l’Assemblea Nazionale irachena, che dovrebbe mettere in moto il processo democratico iniziato con le elezioni del 30 gennaio scorso, rimasto fino ad ora praticamente solo sulla carta. A frenare l’inizio della seduta il mancato accordo sul nome del presidente dell’Assemblea, che dovrà anche nominare un Consiglio di presidenza, che poi ufficializzerà la designazione di Ibrahim Jafaari quale premier incaricato. La nomina del capo del Parlamento, carica ieri rifiutata dal presidente ad interim, Ghazi al-Yawar, è slittata a sabato. Nel corso della mattinata, il clima è diventato tanto caldo da costringere il premier uscente Iyad Allawi ad abbandonare la riunione, mentre il presidente facente funzioni del Parlamento, sceicco Dhari al-Fayad, cercava di aggiornare i lavori ed espelleva i giornalisti dalla sala, annunciando che la seduta sarebbe proseguita a porte chiuse. La tensione si respira anche tra le strade del Paese del Golfo, dove la violenza resta una drammatica realtà quotidiana. Diciotto iracheni sono rimasti feriti questa mattina in un attentato compiuto con un’autobomba nel centro di Kirkuk, mentre è fortunatamente sfuggito ad un tentativo di assassinio Jabar al-Adi, direttore della società petrolifera di Stato irachena “South Oil Company”. E’ tornato a farsi sentire, infine, Abu Musaf al Zarqawi, il braccio destro di Osama Bin Laden in Iraq, che ha rivendicato il rapimento ieri dei tre giornalisti romeni.

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Il premier incaricato libanese, Omar Karame, con ogni probabilità rinuncerà alla formazione di un nuovo governo di unità nazionale, non essendo riuscito a convincere l’opposizione a prendervi parte. Secondo quanto riferisce oggi la stampa libanese, l’annuncio verrà fatto domani dallo stesso premier, dopo un incontro con il presidente, Emile Lahoud. Karame ha perseguito la strada dell’unità nazionale nel tentativo di placare la tempesta politica scatenatasi in seguito all’attentato del 14 febbraio scorso, in cui hanno perso la vita l’ex premier Rafik Hariri e altre 18 persone.

 

Fiammata di violenza ieri nello Yemen. Almeno otto miliziani, seguaci di un predicatore islamico sciita anti-occidentale, sono stati uccisi dalle forze governative. I ribelli precedentemente avevano assaltato una pattuglia della polizia e un commissariato, provocando la morte di sette agenti.

 

Il piano di ritiro da Gaza, fortemente voluto da Sharon, si farà, come previstoa luglio. La Knesset, il Parlamento israeliano, ha respinto ieri la richiesta di referendum con cui gli oppositori del premier intendevano bloccare il progetto di disimpegno. Da Gaza, Francesca Fraccaroli:

 

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Il voto ha visto la spaccatura del partito conservatore del leader. La maggioranza dei deputati del Likud si è infatti schierata con la destra nazional religiosa. Il premier deve il suo successo all’appoggio dei partiti dell’opposizione di centro e di sinistra che sono a favore dello smantellamento delle 21 colonie di Gaza, per un totale di circa 8000 persone, e di altre quattro in Cisgiordania. I coloni ebrei, che ieri riuniti fuori dalla Knesset avevano reagito con rabbia, annunciano ora manifestazioni in tutto il Paese. Ultimo ostacolo sul cammino di Sharon resta la legge finanziaria che, se non approvata entro stanotte, potrebbe far cadere il governo, rimettendo tutto in discussione. Sharon si dice tranquillo poiché può contare sul voto anche del partito centrista Shinui. Non meno tesi, nelle ultime ore, sono stati i rapporti tra Israele e l’autorità nazionale palestinese. E’ stato, infatti, rinviato il trasferimento, previsto ieri, della città cisgiordana di Kalkiliya sotto il controllo della sicurezza degli uomini di Abu Mazen.

 

Da Gaza, per la Radio Vaticana, Francesca Fraccaroli.

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In Sudan ieri quindici funzionari e militari sono finiti in manette per aver commesso vergognosi crimini nella tormentata regione occidentale del Darfur. Un gesto inatteso e straordinario, come riferisce Giulio Albanese:

 

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Per la prima volta, membri dell’esercito, della polizia e delle forze di sicurezza sono stati arrestati in Sudan, con l’accusa di aver commesso abusi, violenze, omicidi nella regione del Sudan occidentale, il Darfur. Lo ha reso noto il ministro della giustizia, Ali Mohamed Osmani Yassin, precisando che le persone arrestate sono 15. Il governo di Khartoum ha ripetutamente respinto qualsiasi intromissione straniera che indicasse la consegna di propri connazionali ad una Corte internazionale e, a questo proposito, Yassin ha ribadito che i recenti arresti offriranno l’occasione per dimostrare alla comunità internazionale l’affidabilità del sistema giudiziario sudanese. In sostanza, Khartoum sta facendo di tutto per evitare che un Tribunale internazionale possa svelare i retroscena della connivenza tra i “janjaweed”, i famigerati predoni arabi, ed esponenti delle forze armate e del governo sudanese.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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È salito a 126 il bilancio delle vittime accertate del morbo di Marburg in Angola. La nuova epidemia è provocata da un virus le cui caratteristiche patologiche sono simili a quello dell’Ebola. Non esiste ancora una terapia contro il morbo, il cui virus, endemico in Africa, fu identificato per la prima volta nel 1967 nei laboratori della città tedesca di Marburg.

 

Dopo il repentino peggioramento dei giorni scorsi e la stabilizzazione riscontrata invece ieri, le condizioni del principe Ranieri di Monaco hanno fatto registrare un lieve miglioramento. Lo hanno riferito fonti ufficiali a Palazzo Grimaldi. L’81.enne paziente, il monarca europeo in assoluto da maggior tempo sul trono, rimane, comunque, ricoverato in terapia intensiva presso il Centro Cardio-Toracico monegasco e resta collegato al respiratore artificiale. Ranieri, al potere dal 1949, lamenta problemi cardiaci, una forte infezione bronco-polmonare e disfunzioni renali.

 

 

 

 

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