RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
83 - Testo della trasmissione di giovedì 24 marzo 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
100 anni fa moriva lo scrittore francese Giulio
Verne. Aperta a Parigi una mostra.
CHIESA E SOCIETA’:
Rivolta
a sfondo etnico-economico in Kirghizistan: l’opposizione occupa il Palazzo del
governo
In India approvata la legge che proibisce la produzione a basso costo
di farmaci brevettati: gravi le conseguenze per i Paesi poveri
24 marzo 2005
LA CHIESA HA BISOGNO DI
“NUMEROSI E SANTI SACERDOTI”: COSI’ GIOVANNI PAOLO II NEL MESSAGGIO PER LA
MESSA CRISMALE, PRESIEDUTA STAMANI
NELLA BASILICA VATICANA DAL CARDINALE GIOVANNI
BATTISTA RE.
LA SOLENNE CELEBRAZIONE E’ STATA SEGUITA DAL PAPA
IN TV
DAL SUO APPARTAMENTO. CON LA MESSA “IN COENA
DOMINI”,
OGGI POMERIGGIO, SI APRE IL TRIDUO PASQUALE,
CULMINE DI TUTTO L’ANNO LITURGICO
- Con noi, padre Raniero Cantalamessa -
Giovanni Paolo II ha seguito stamani in tv, dal suo appartamento, la
Messa Crismale, presieduta nella Basilica di San Pietro dal cardinale Giovanni
Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi. Il Papa, in un
messaggio per l’occasione, ribadisce la necessità per la Chiesa di contare su
“numerosi e santi sacerdoti”. Oggi pomeriggio, il cardinale Alfonso López
Trujillo, a partire dalle 17,30, presiederà nella Basilica Vaticana la Messa
“in Coena Domini”. Con la liturgia vespertina del Giovedì Santo, la Chiesa fa
memoria dell'Ultima Cena, durante la quale il Signore Gesù istituì la
Santissima Eucaristia e il Sacerdozio ministeriale. La Messa di oggi pomeriggio
dà inizio al Triduo Pasquale della Passione e Risurrezione del Signore,
“culmine di tutto l’anno liturgico”. Ma torniamo alla Messa Crismale di
stamani, con il servizio di Alessandro Gisotti:
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“Non manchino mai nella Chiesa numerosi e santi
sacerdoti”: è l’auspicio di Giovanni Paolo II, contenuto nel messaggio per la
Messa Crismale del Giovedì Santo nella Basilica Vaticana. Nel testo, letto dal
cardinale Giovanni Battista Re, il Papa sottolinea come, in questo giorno, i
sacerdoti rivivano “quei momenti di spirituale intimità che Gesù condivise nel
Cenacolo con i suoi amici alla vigilia della sua passione, morte e
risurrezione”. E aggiunge: “Noi siamo suoi amici e, con il cuore colmo
di gratitudine, rinnoviamo le promesse sacerdotali formulate con generoso
entusiasmo il giorno della nostra ordinazione”.
(cori)
Nell’omelia, il cardinale Giovanni Battista Re ha
messo l’accento sul significato particolare della Messa Crismale in cui vengono
“benedetti il crisma, l’olio dei catecumeni e l’olio degli infermi”. Gesù, ha
ricordato, “è l’unico Salvatore appunto perché è il Cristo, cioè colui che è
stato “consacrato con l’unzione”. La liturgia della Messa Crismale, ha aggiunto
il porporato, “esalta la dignità che proviene a tutti i discepoli di Cristo
dalla loro santificazione battesimale”. E, in particolare, “riserva una
attenzione speciale e un rilievo privilegiato al sacerdozio ministeriale”.
Giovedì Santo è, dunque, una festa per quanti sono stati “consacrati mediante
il sacramento dell’Ordine: diaconi, presbiteri e vescovi”:
“Una festa in cui siamo invitati
non solo a rinnovare gli impegni connessi con l’ordinazione, ma anche a
ravvivare la freschezza dei sentimenti che ispirarono la nostra donazione al
Signore, approfondendo e riassaporando la bellezza del gesto della nostra
risposta alla vocazione a seguire Cristo da vicino”.
“Siamo chiamati a svolgere un servizio a favore degli altri uomini e
donne, in nome di Dio – ha aggiunto il cardinale Re – e a svolgerlo con i
tratti caratteristici del Buon Pastore. E ciò ci impegna a titolo speciale a
seguire Cristo più da vicino e con più fedeltà”. Il Giovedì Santo, è stata la
sua esortazione, “apre il cuore a rinnovare le promesse con le quali siamo
legati a Cristo”:
“Questo giorno del
Giovedì Santo, così carico di intensità di sentimenti e di pensieri, questo
giorno natale del sacerdozio ministeriale, rafforzi in noi sacerdoti e vescovi
la convinzione di essere più che mai necessari per l’umanità, perché Cristo è
più che mai necessario”.
Il cardinale Re non ha poi
mancato di rivolgere un pensiero speciale al Santo Padre:
“Nella sua assenza, egli è più
che mai presente a questa Messa Crismale e lo vogliamo ringraziare per la testimonianza
che continua a darci anche col suo esempio di sereno abbandono a Dio che lo
associa al mistero della Croce”.
L’invito del Papa a fare
dell’Eucaristia “il cuore e il vertice del nostro ministero – ha concluso il
porporato – diventi per ciascuno di noi esperienza goduta fino alla fine della
vita e sorgente del nostro dinamismo pastorale e del nostro servizio alla
Chiesa e all’umanità”.
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Il Giovedì Santo è dunque il
giorno in cui la Chiesa fa memoria dell’istitu-zione dell’Eucaristia e del
Sacerdozio: in proposito c’è da dire che nel mondo i sacerdoti sono oltre 405
mila (di cui 268 mila diocesani e 137 mila religiosi): le vocazioni sacerdotali
sono in aumento e questo grazie in particolare al Continente americano e
all’Asia. E il Papa, come ogni Giovedì Santo dal 1979, ha inviato a tutti i
sacerdoti una lettera. Ce ne parla Sergio Centofanti:
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Il Giovedì Santo – scrive
Giovanni Paolo II – è “il giorno dell'amore di Cristo spinto fino all’estremo”,
fino a dare la vita. Così il Papa ricorda che la vita del sacerdote “ha senso
se egli sa farsi dono, mettendosi a disposizione della comunità e a servizio di
chiunque sia nel bisogno”. La sua vocazione, seguendo la volontà di Gesù, è quella di “farsi tutto a tutti, per
salvare ad ogni costo qualcuno”. “Ai sacerdoti – scrive il Papa – la gente ha diritto
di rivolgersi con la speranza di vedere in loro Cristo. Ne sentono il bisogno
in particolare i giovani, che Cristo continua a chiamare a sé per farseli amici
e per proporre ad alcuni di loro la donazione totale alla causa del Regno. Non
mancheranno certo le vocazioni – sottolinea Giovanni Paolo II – se si eleverà
il tono della nostra vita sacerdotale, se saremo più santi, più gioiosi, più
appassionati nell'esercizio del nostro ministero. Un sacerdote ‘conquistato’ da
Cristo più facilmente ‘conquista’ altri alla decisione di correre la stessa
avventura”. Ma anche i sacerdoti – scrive il Pontefice – hanno le loro
fragilità, le loro croci: d’altra parte “il sacerdote è uno che, nonostante il
passare degli anni, continua ad irradiare giovinezza, quasi ‘contagiando’ di
essa le persone che incontra sul suo cammino. Il suo segreto sta nella
‘passione’ che egli vive per Cristo”. Come ravvivare questa passione? Il Papa
indica in particolare l’adorazione eucaristica: “stare davanti a Gesù Eucaristia,
approfittare, in certo senso, delle nostre ‘solitudini’ per riempirle di questa
Presenza, significa dare alla nostra consacrazione tutto il calore
dell'intimità con Cristo, da cui prende gioia e senso la nostra vita”. “In un
tempo in cui i rapidi cambiamenti culturali e sociali allentano il senso della
tradizione ed espongono specialmente le nuove generazioni al rischio di
smarrire il rapporto con le proprie radici – conclude la sua lettera Giovanni
Paolo II – il sacerdote è chiamato ad essere, nella comunità a lui affidata,
l'uomo del ricordo fedele di Cristo”.
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Sul
significato del Giovedì Santo ascoltiamo la riflessione di padre Raniero Cantalamessa,
predicatore della Casa Pontificia, al microfono di Giovanni Peduto:
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R. –
Giovedì Santo è un giorno speciale, molto intimo per la Chiesa, perché ricorda
alcuni doni massimi che Gesù ha fatto alla Sua Chiesa, anzitutto il suo Corpo,
il suo Sangue che gli permettono di rimanere presente nel mondo fino alla fine;
e poi il sacerdozio, e l’ultima raccomandazione, il testamento di Gesù
dell’amore fraterno. E’ un giorno veramente carico di tanto, tanto profondo
significato religioso e mistico.
D. –
Il Vangelo di Giovanni è l’unico che non narra l’Ultima Cena, la consacrazione
del pane e del vino; però è anche l’unico che ha la Lavanda dei piedi: perché?
R. –
Forse il senso è questo: non è che Giovanni non conoscesse l’Eucaristia, si sa
che nelle Chiese da lui fondate l’Eucaristia veniva celebrata regolarmente, ma
lui aveva parlato del pane di vita - c’è un capitolo intero nel suo Vangelo - e
con questo episodio ha voluto mettere in evidenza il senso profondo
dell’Eucaristia, non tanto il rito, quanto il significato che è il servizio.
L’Eucaristia, secondo Giovanni, è il Sacramento che ci consacra al servizio
reciproco gli uni degli altri, come dirà nella Prima Lettera: “Lui ha dato la vita
per noi; anche noi dobbiamo dare la vita gli uni per gli altri”.
D. –
Padre, un tempo si insisteva sul concetto di Messa come sacrificio. Oggi,
forse, si tende a mettere in evidenza il concetto di cena. Come vivere la
Messa?
R. –
Bisogna sempre – anche il Papa nella Ecclesia de Eucharistia lo ricorda
– che l’Eucaristia si consideri unitariamente, non si separino i vari aspetti.
E’ vero che nella storia si è accentuato alle volte di più uno, alle volte di
più un altro aspetto. In passato c’era più la presenza reale al centro, il
sacrificio; oggi la comunione, il convito. Sono tutte realtà vere, tutti
aspetti veri della Messa. L’importante è non separarli. Togliere, ad esempio,
la dimensione del sacrificio significa privare la Messa di una dimensione
drammatica che, tra l’altro, spiega e getta una luce straordinaria sulla vita
anche umana. Nello stesso tempo, però, anche la comunione, il convito indica la
gioia, indica che l’Eucaristia è il sacramento della speranza che ci prepara al
banchetto eterno.
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NOMINE
In
Italia il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi
suburbicaria di Palestrina, presentata da mons. Eduardo Davino, per raggiunti limiti
di età. Gli succede mons. Domenico Sigalini, del clero della diocesi di
Brescia, vice-assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica
Italiana.
Mons. Sigalini è nato a Dello,
provincia e diocesi di Brescia, il 7 giugno 1942. Ha ricevuto l’ordinazione
sacerdotale il 23 aprile 1966. Nel 1971 si è laureato in Matematica
all’Università degli Studi di Milano, disciplina che ha insegnato presso il
Seminario di Brescia dal 1967 al 1991. E’ autore di diverse pubblicazioni,
soprattutto articoli su riviste pastorali. Continuando ad insegnare, ha assunto
l’ufficio di vice-assistente diocesano di Azione Cattolica Italiana, dal 1974
al 1980, divenendovi in seguito assistente dal 1980 al 1991. Nel 1991, mons.
Sigalini è stato chiamato a Roma come responsabile del Servizio Nazionale per
la pastorale giovanile della CEI, incarico che ha mantenuto fino al 2001,
quando è stato nominato vice-assistente ecclesiastico generale dell’Azione
Cattolica Italiana, compito che svolge tuttora. L’impegno principale che mons.
Sigalini ha avuto in questi ultimi anni è stata la preparazione e celebrazione
della Giornata Mondiale della Gioventù a Denver, Manila, Parigi, Toronto e
soprattutto Roma.
In Brasile il Santo Padre ha
nominato ausiliare dell’arcidiocesi di San Paolo mons. Joaquim Justino Carreira,
del clero della diocesi di Jundiaí, assegnandogli la sede titolare vescovile di
Cabarsussi. Mons. Joaquim Justino Carreira è nato il 29 gennaio 1950, in Portogallo,
nella diocesi di Leiria-Fátima. Ha ottenuto il Baccellierato in Filosofia
presso la Facoltà “Nossa Senhora Medianeira - Faculdades Anchieta”, a San Paolo
e quello in teologia a Roma presso l’Università Gregoriana, come alunno del
Pontificio Collegio Pio Brasiliano. Inoltre, ha conseguito la licenza in
Teologia del Matrimonio e della Famiglia, presso il Pontificio Istituto
“Giovanni Paolo II” della Pontificia Università Lateranense. Il 19 marzo 1977 è stato ordinato sacerdote.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo “Sono spiritualmente tra voi e con voi rendo grazie a
Dio del dono e mistero del nostro sacerdozio”: messaggio di Giovanni Paolo II
ai sacerdoti raccolti in Piazza San Pietro per la Santa Messa Crismale.
Sempre
in prima, Stati Uniti: i genitori di Terri Schiavo ricorrono alla Corte Suprema.
Nelle
vaticane, una pagina dedicata al Venerdì Santo.
Nelle
estere, Sudan: per Kofi Annan, la situazione nel Darfur è “spaventosa”. Allarme
per un’epidemia di meningite nel campo profughi di Saraf Umra.
Kyrgyzstan:
migliaia di oppositori occupano il palazzo del governo a Bishkek.
Nella
pagina culturale, un articolo di Livia Possenti su una recente mostra di opere
liguri tra il XII e il XVI secolo.
Una
monografica - a cura di Marcello Filotei - dal titolo “Il dolore di Maria nella
musica del Novecento”; una galleria di stili differenti raccordati da una
comune ispirazione.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema delle riforme costituzionali; lo scontro
si sposta sui tempi del referendum.
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24 marzo 2005
NELLE CELEBRAZIONI PER
LA GIORNATA DEI MISSIONARI MARTIRI,
LA CHIESA RICORDA OGGI 15 SUOI MEMBRI UCCISI NEL
2004
E FA MEMORIA DEL 25.MO DELLA MORTE DI MONS.
ROMERO,
ARCIVESCOVO DI SAN SALVADOR
- Servizio di Alessandro De Carolis -
“Pane spezzato per i fratelli”.
E’ il titolo della 13.ma Giornata di preghiera per i missionari martiri, che si
celebra oggi con modalità diverse in tutto il mondo, per ricordare in particolare
i 15 – tra sacerdoti, religiose e laici – che nel 2004 hanno perso la vita a
servizio del Vangelo e dei poveri. E oggi cade anche il 25.mo anniversario
dell’assassinio di mons. Oscar Romero, l’arcivescovo di San Salvador, al quale
un colpo d’arma da fuoco impedì di proseguire il suo ministero in difesa dei campesinos. La Giornata di preghiera, promossa dal Movimento Giovanile Missionario
delle Pontificie Opere Missionarie, unisce spiritualmente le comunità di vita
consacrata, gli istituti e le parrocchie attraverso una serie di iniziative di
preghiera, ma per tutti il momento centrale sarà nella celebrazione della Messa
in coena Domini. Il servizio di
Alessandro De Carolis:
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Europa,
Asia, America Latina e, su tutti, Africa, “continente di martiri”. Non ha mai
avuto confini geografici l’eliminazione violenta – studiata o casuale – dei
membri della Chiesa sulle frontiere della missione. Alla fine di ogni anno,
l’agenzia Fides stila un bollettino drammatico, che diviene spunto di memoria e
preghiera qualche mese più tardi, il 24 marzo, durante la Giornata dei
missionari martiri. L’assassinio di mons. Oscar Arnulfo Romero, avvenuto
durante la celebrazione della Messa, è ancora, dopo 25 anni, un simbolo del
sacrificio eucaristico di Cristo, che proprio oggi, Giovedì Santo, rivive nel memoriale della sua istituzione.
Ma come mons. Romero, altri sacerdoti, nell’arco del 2004, sono diventati “pane
spezzato per i fratelli”, spesso proprio all’interno dell’edificio sacro o
nelle strutture ecclesiali in cui vivevano il loro ministero, dispensavano i
sacramenti, elargivano solidarietà.
E’ il
caso di padre Faustino Gazziero, dei Servi di Maria, accoltellato a morte a 69
anni, nella Cattedrale di Santiago del Cile, dopo aver terminato la Messa. O di
padre Luciano Fulvi, italiano, 76 anni, 40 dei quali di servizio missionario in
Africa stroncati da un colpo alla gola in Uganda, nell’Istituto dei Fratelli
delle scuole cristiane di cui era direttore. Posti lontani, storie diverse,
stesso epilogo. Tuttavia l’eroismo della fede, quello che anche oggi chiede ad
alcuni il sacrificio della vita, può risplendere in episodi e contesti di
normale quotidianità, come può esserlo una festa di Prima Comunione. A quella
che si svolgeva a Jilotlan, in Messico, don Macrino Najéra Cisneros è morto
perché aveva preso le difese di una 15.enne molestata. Mentre Javed Anjum,
Samuel Masih e Nasir Masih sono tre giovani pakistani vittime della
persecuzione integralista che nel Paese non risparmia i cattolici, così come in
India: zone in cui, ha commentato il cardinale Crescenzio Sepe, prima del corpo
“si è cercato di uccidere l’anima”. L’esistenza spezzata, loro e degli altri,
viene ricordata oggi dall’Australia al Canada, dalla Polonia al Congo con
preghiere e digiuni. Per non dimenticare che la vita della Chiesa, dal Cenacolo
a oggi, è sempre fiorita sulla luce dei Santi e sul sangue dei martiri.
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TENSIONE IN LIBANO DOPO GLI ATTENTATI COMPIUTI
NEI SOBBORGHI CRISTIANI DI BEIRUT
- Intervista con Roger
Bou Chahine -
In
Libano resta alta la tensione dopo gli attentati, avvenuti in questi
giorni in zone cristiane di Beirut, che
ha provocato la morte di almeno tre persone. I servizi segreti siriani sono
sospettati di essere coinvolti in questo nuovo attacco. Fonti diplomatiche
statunitensi hanno inoltre rivelato che l’ONU sottolinea, con un rapporto, come
non ci siano prove sufficienti di un coinvolgimento della Siria nell’omicidio
dell’ex premier libanese Hariri.
Durante una visita ufficiale a Parigi, il capo di Stato egiziano, Hosni
Mubarak, ha dichiarato, poi, che il presidente siriano Bashar Al Assad
annuncerà entro pochi giorni il calendario per il ritiro dal Libano del
personale di Damasco ancora dislocato nel Paese dei cedri. In Italia, intanto,
è stata presentata stamani a Roma un’iniziativa, promossa dal direttore della
rivista “Opinione” Arturo Diaconato, che prevede la raccolta di firme per
formare una delegazione da inviare in Libano per far visita ai prigionieri
politici. Il servizio di Marina Tomarro:
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Riportare
la democrazia in Libano. La risoluzione dell’ONU, la 1559, che prevede il
totale ritiro delle truppe straniere dal Paese dei cedri e la creazione di uno
Stato sovrano, ha restituito la speranza ai libanesi di poter tornare ad essere
un popolo indipendente. Ma cosa chiedono? Sentiamo Roger Bou Chahine, rappresentante
delle forze libanesi in Italia.
R. – La prima cosa è il disarmo degli hezbollah, il ritiro immediato di
tutte le forze armate siriane e i loro agenti dei servizi segreti - non deve
avvenire a tappe, ma devono immediatamente andare fuori dal Libano – e la
liberazione degli uomini politici, in prigione ed esuli, per poter avere una
opposizione forte. Senza uomini politici l’opposizione può essere schiacciata.
La terza cosa è la vigilanza, per prepararsi ad una elezione del Parlamento,
per poter rendere tutti gli elementi raccolti, del ritiro e della liberazione
degli uomini politici, per andare a ricreare un Paese nuovo.
Numerosi appelli da parte dei vescovi maroniti, guidati
dal patriarca Sfeir, giungono alle Nazioni Unite affinché non sia trascurata la
causa libanese e sia assicurato l’ordine del Paese. Ma quale dovrebbe essere il
ruolo dell’ONU dopo il ritiro della Siria? Ascoltiamo ancora Bou Chahine:
R. – Il controllo, perché
chiaramente la Siria se si ritira oggi dagli accordi imposti al governo
libanese, questi devono essere annullati. Gli uomini del governo libanese
filo-siriano che hanno causato tutto questo in Libano, fino ad oggi, dando la
mano alla Siria devono essere dimessi, eventualmente processati, per quello che
hanno fatto nel Libano fino ad oggi. E’ questa la liberazione.
D. – La Siria ha cominciato a
ritirare una parte delle truppe…
R. – Questo lo fa da anni. Ne
prende dieci da una parte e li mette da un’altra. Li sposta, ma tanto non c’è
un controllo.
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“JULES VERNE, IL ROMANZO DEL MARE”:
APERTA A PARIGI UNA MOSTRA NEL PRIMO CENTENARIO DELLA MORTE
DELLO SCRITTORE FRANCESE
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Con la forza oscura e selvaggia
del mare nel cuore e al centro dell’ispi-razione. Così Jules Verne, che da
ragazzo si imbarcò di nascosto verso le Indie e ricondotto a forza nella casa
paterna giurò di non viaggiare più che in sogno. Sognerà un mare in tempesta al
centro della Terra, il sommergibile Nautilus di Capitan Nemo, gli abissi
popolati di mostri marini e calamari giganti:
“Il rampone fu lanciato. Udii il colpo sonoro che
fece urtando contro un corpo solido. Due enormi colonne d’acqua s’abbatterono
sul ponte della fregata scorrendo come torrenti da una parte all’altra,
travolgendo uomini. Il sussulto spaventoso della nave mi sbalzò dal cassero e
senza neppure avere il tempo di tentare di reggermi, mi ritrovai in mare”.
“Jules Verne, il romanzo del
mare”, è una mostra affascinante, che dà vita, immagini e suoni ai libri
antichi, qui presentati in edizioni originali e manoscritti. Le vaste marine dipinte,
i modelli di navi e sommergibili, lo scafandro delle immersioni subacquee di
Capitan Nemo ma anche i progetti avanguardistici di due ingegneri d’oggi,
Jacques Rougerie e Bertrand Piccard, basati sulle utopie di Verne, capaci di
mescolare scienza e immaginazione descrivendo la vita dell’uomo sotto il mare.
Ad aprire il percorso, il
ricordo dell’Esposizione Universale del 1867 a Parigi, fonte di scoperte
scientifiche e geografiche che rivoluzioneranno il mondo, subito adottate dalla
fantasia dello scrittore:
“Tutto elettrico. Per me era l’avvenire. Bisogna nutrire una vera e
propria fiducia nel progresso. Questo proiettore elettrico fu presentato
all’Esposi-zione Universale. Lo trasformai in un fanale per il Nautilus per
rischiarare i fondali marini, come se fossero stati illuminati a giorno”.
L’energia
elettrica, i mezzi subacquei, i fondali marini dell’acquario di Champs-de-Mars,
l’apertura del canale di Suez. Da qui parte il più straordinario dei viaggi
letterari “Ventimila leghe sotto i mari”, romanzo divenuto mito. La sua
rilettura moderna è, nell’ambito della mostra, uno spettacolo multimediale
“Ventimila luoghi altrove” concepito e realizzato da 50 giovani con situazioni
difficili, di esclusione scolastica, sociale o familiare: attraverso questo
lavoro promuovono la lotta all’inculturazione, la prevenzione della delinquenza
e la formazione professionale. Lo spettacolo sarà presente a Parigi in luglio
intraprendendo poi una tournée francese ed europea. Dalle utopie di Jules Verne
a una grande utopia sociale contemporanea.
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24
marzo 2005
ESTREMO RICORSO, ALLA CORTE SUPREMA DEGLI STATI
UNITI, DEI GENITORI
DI TERRI SCHIAVO PER IMPEDIRE CHE LA LORO FIGLIA
CEREBROLESA MUOIA
PER
L’INTERRUZIONE DELL’ALIMENTAZIONE ARTIFICIALE,
DECISA VENERDI’ SCORSO SU RICHIESTA DEL MARITO
DELLA DONNA
- A cura di Paolo Mastrolilli -
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NEW
YORK. = Le speranze dei genitori di Terri Schiavo di salvarla dalla morte si
stanno affievolendo e ora restano appese al ricorso presentato ieri sera alla
Corte Suprema, quello con cui il governatore della Florida, Jeb Bush, ha
contestato la diagnosi della donna. Ieri è stata una giornata piena di
delusioni per Bob e Mary Schindler, che chiedono di riprendere l’alimentazione
della figlia cerebrolesa, interrotta venerdì scorso su richiesta del marito,
Michael. In mattinata tre giudici della Corte d’Appello di Atlanta hanno bocciato
il loro ricorso. Allora i genitori di Terri hanno chiesto all’intero Tribunale
di riesaminarlo, ma in serata è arrivata la seconda risposta negativa. Nel
frattempo anche il Parlamento della Florida ha bocciato una legge appoggiata
dal governatore, Jeb Bush, che avrebbe messo la Schiavo sotto la sua tutela. Il
capo della Casa Bianca, George Bush, ha ribadito di voler salvare la donna, ma
ha aggiunto che a questo punto il potere esecutivo non ha più molti strumenti.
Ieri notte, i genitori di Terri hanno fatto l’ultimo tentativo legale, presentando
un appello alla Corte Suprema. In passato, però, il massimo Tribunale degli
Stati Uniti aveva già rifiutato di ascoltare questo caso, perché la
giurisdizione appartiene ai magistrati della Florida. Anche il governatore Jeb
Bush ha preso una nuova iniziativa contestando la diagnosi della donna. Secondo
un medico consultato da Bush, Terri non sarebbe in stato vegetativo, ma semi
vigile. Quindi il governatore ha chiesto ai giudici di riprendere l’alimentazione,
in attesa di valutare la nuova diagnosi. I tubi però sono stati staccati
venerdì scorso e Terri è sempre più vicina alla morte.
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IL RINNOVAMENTO PASTORALE DELLE PARROCCHIE, IL
RAPPORTO DEI CRISTIANI
CON LA SOCIETÀ, IL CONFLITTO E LA PACE: SONO I
TEMI DEL MESSAGGIO
PER LA PASQUA DEL PATRIARCA DI GERUSALEMME, MICHEL
SABBAH CHE INVITA
A GUARDARE
CON CORAGGIO ALL’AVVENIRE DELLA TERRA SANTA
- Servizio di Roberta Gisotti -
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GERUSALEMME. = “Non possiamo continuare a vivere nel
passato. Bisogna vivere nel presente e preparare coraggiosamente l’avvenire”: il patriarca latino
di Gerusalemme, Michel Sabbah apre il suo Messaggio pasquale con le parole
“Cristo è realmente resuscitato. Rallegriamoci”, ricordando che “la buona
novella della Resurrezione “non può limitarsi ai confini della nostra
parrocchia: “è un bene comune che appartiene a tutta la società”. Riferendosi
poi alle recenti tensioni, scoppiate in Galilea, tra drusi e cristiani nel
villaggio di Maghar, mons. Sabbah sottolinea che tutti i “rapporti tra comunità
e religioni diverse hanno bisogno di rinnovarsi basandosi “sull’apertura
all’altro” e sul “rispetto reciproco”. Il cristiano da parte sua – sottolinea
mons. Sabbah - deve sapere che la via della Resurrezione è la Croce” che “la
sua vita, come del resto quella di tutte le persone umane, è una lotta continua
per il bene” E se “in questi giorni –
dichiara il patriarca Sabbah – si riscontra in Terra Santa “un periodo di
relativa tranquillità e un desiderio espresso d’arrivare alla pace” pure
sembrano sorgere “difficoltà insormontabili”: in particolare da parte
israeliana, lo sviluppo delle colonie, invece che il loro abbandono, l’assedio
che continua alle città palestinesi, il
permanere dei prigionieri politici e da parte palestinese “le voci discordanti”
che minacciano “la decisione di reclamare i diritti senza ricorrere ad alcuna
violenza”. Certo “la sicurezza per Israele è una priorità, - sottolinea mons.
Sabbah - ma anche la sicurezza e l’indipendenza di uno Stato palestinese sono
una priorità”. Le due priorità si condizionano. “L’una non può realizzarsi
senza l’altra”. Del resto è inutile cercare di fare la pace nella regione prima
di avere risolto il cuore del conflitto che è tra Palestinesi ed Israeliani.
Fare la pace con i vicini - conclude mons. Sabbah – non farà che esacerbare il
conflitto in Terra Santa: è questo conflitto che deve essere risolto per primo,
perché dalla pace di Gerusalemme dipenderà la pace di tutta la regione”
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SI E’ APERTA OGGI AD AICHI IN GIAPPONE,
L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE 2005,
LA PRIMA DEL 21.MO SECOLO SUL TEMA “LA
SAGGEZZA DELLA NATURA”:
PRESENTI I
DELEGATI DI 121 PAESI E DI QUATTRO ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
- Servizio di Chiaretta
Zucconi -
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AICHI. = E’ stata inaugurata ad
Aichi, alla presenza dell’imperatore Akihito, dell’imperatrice Michiko e del
primo ministro Koizumi, l’Esposizione universale 2005. E’ durata due ore la
cerimonia d’apertura riservata al corpo diplomatico, ai parlamentari giapponesi
e ai responsabili dei padiglioni nazionali. Agli ospiti è stato servito il
classico “obento”, vassoio alla giapponese pieno di bocconcini prelibati;
sfilata di bandiere, discorsi ufficiali, un balletto di piccoli robot umanoidi
alti 40 cm, cori di bambini. Tema di Expo 2005, che ospita 127 Paesi, è “La saggezza
della natura”. A tutti gli invitati è stato regalato un sacchetto di juta con
dentro un solo chicco di granturco, una briciola di saggezza. Fuori dal coro
dell’ufficialità, due discorsi d’apertura e la scenografia di chiusura:
l’imperatore ha infatti ricordato come con la partecipazione alla Expo
universale di Londra, la prima, a metà del 1800, il Giappone abbia messo fine a
più di due secoli di autoesclusione dal mondo e da lì abbia incominciato ad
imparare la strada dello sviluppo. Poi, un ricordo personale quando, ancora principe
ereditario, inaugurò l’Esposizione di Osaka, nel 1970: quasi 64 milioni di
giapponesi visitarono quella mostra, affamati di novità e di mondo esterno. Il
Giappone ha bisogno dell’Expo, e ne ha bisogno il mondo intero: tema, questo,
ripreso e sviluppato dal delegato cinese, presidente dell’International
Exhibition Bureau, che ha lanciato un segnale: ci sono due parti del mondo. Una
geografica, l’Africa, e l’altra culturale, l’Islam, che sono fuori dal circuito
dell’esposizione universale. Dopo Shangai 2012, bisogna pensare a questa parte
del mondo perché le Expo sono momenti per rafforzare a livello internazionale
la pace, la democrazia e lo sviluppo. A chiudere, sulle note di “Mother Earth”,
una coreografia di bambini down, che mostra un Giappone dal volto umano e
solidale. Da domani si comincia, con repliche fino al 25 settembre.
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PRESENTATO
OGGI A GINEVRA DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE
DELLA
SANITA’ IL RAPPORTO 2005 SULLA TUBERCOLOSI,
MALATTIA CHE DAL 1990 E’ REGREDITA
DEL 20
PER CENTO IN MASSIMA PARTE DEL PIANETA,
AD
ECCEZIONE DELL’AFRICA DOVE E’ SPESSO ASSOCIATA ALL’AIDS
GINEVRA. = Buoni i risultati
nella lotta contro la tubercolosi ma resta allarmante la situazione in Africa,
dove la malattia è spesso associata al virus Hiv. Presentato oggi a Ginevra
dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) il rapporto 2005 sulla TBC.
Secondo lo studio la tubercolosi è regredita di oltre il 20% dal 1990 mentre il
tasso di incidenza resta stabile in cinque delle sei regioni del mondo. La
situazione dell'Africa contrasta però con questo quadro incoraggiante, dato che
il tasso di incidenza della tubercolosi è triplicato negli ultimi 15 anni nei
Paesi dove il virus Hiv è maggiormente presente e continua a progredire
nell'insieme del continente ad un ritmo annuo del 3-4%. “Come ha detto Nelson
Mandela, non potremo sconfiggere l'Aids in Africa se non lottiamo contro
la tubercolosi ed è giunto il momento
di passare dalle parole ai fatti e di lottare insieme contro le due epidemie''
ha dichiarato il direttore generale dell'Oms, Lee Jong-wook. L'Uganda, modello
africano nella lotta contro l'Aids, registra un tasso di guarigione di pazienti
tubercolotici inferiore a quello di quattro anni fa. Più della metà delle
persone colpite dalla tubercolosi non hanno infatti accesso alle cure Dots
(strategia raccomandata per la lotta contro la tubercolosi). Intensificando la
lotta contro il virus Hiv ed l'estendendo la terapia Dots si sono invece
registrati progressi in Cina e India, Paesi che hanno fatto registrare un terzo
dei casi mondiali di tubercolosi. I malati curati con la terapia Dots nel mondo
è così aumentato dell'8% nel 2003 rispetto all'anno precedente. Se gli
investimenti e gli impegni si manterranno a questo livello, l'obiettivo del
Millennio per sviluppare la lotta contro la tubercolosi entro il 2015 sarà
presto raggiunto in quattro regioni: le Americhe, il Mediterraneo orientale, il
Sud-Est asiatico e il Pacifico occidentale. Fanno eccezione l'Africa e l'Europa
che ha un tasso elevato di tubercolosi polifarmacorestistente e dove la
strategia Dots progredisce lentamente nei Paesi dell'ex-Unione Sovietica. (R.G.)
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24 marzo 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Sta precipitando la situazione nella Repubblica asiatica del
Kirghizistan, dove si sta verificando una situazione simile a quella avvenuta
in Ucraina. Rispetto alla rivoluzione arancione, che ha riportato al potere a
Kiev il leader dell’opposizione Yushenko, in Kirghizistan i moti di piazza
contro il presidente Akayev, accusato di brogli elettorali, presentano però un
alto rischio di destabilizzazione. Circa dieci mila manifestanti si sono
scontrati in piazza con i sostenitori di Akayev, rifugiatosi secondo diversi
media in una base russa. Successivamente è stata occupata anche la sede della
televisione di Stato. L’opposizione ha promesso nuove elezioni ed il suo
leader, Felix Kulov, è stato liberato dal carcere dove era detenuto. Gli ultimi
sviluppi in Kirghizistan sembrano rivelare un salto nella strategia
dell’opposizione, dal controllo del sud del Paese all’occupazione dei centri
del potere. Giada Aquilino ne ha parlato con Pierantonio Lacqua, corrispondente
Ansa a Mosca:
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R. –
Questa è una rivolta che punta a prendere il potere nella capitale, come è
avvenuto oggi quando la situazione è improvvisamente precipitata con questo
assalto al Palazzo del governo. Ovviamente gli oppositori che hanno dato
l’assalto al Palazzo vengono dal Sud. Non possiamo, quindi, dire al momento che
questa “rivoluzione” abbia vinto, perché si tratta chiaramente di elementi del
Sud. Il Nord, invece, che tecnicamente ed economicamente è molto diverso dal
Sud, rimane fedele al presidente Akayev, il
presidente contestato.
D. –
Cosa c’è di diverso rispetto alle crisi in Georgia ed Ucraina?
R. –
Innanzitutto, la cosa che accomuna tutte queste rivoluzioni è che avvengono in
questo spazio cosiddetto post-sovietico, dove ci sono dei sistemi politici
estremamente fragili. I dati invece diversi sono che la Georgia e l’Ucraina
sono comunque dei Paesi europei, dove un’opposizione filo-occidentale,
filo-democratica, ha cercato di imporsi. In Kirghizistan, invece, la situazione
appare completamente diversa. Anche se i capi dell’opposizione promettono più
democrazia e quindi in sostanza tendono a guardare all’Occidente, chiaramente
il contesto di questa rivolta sembra molto più legato ai dissidi etnici tra il
Sud, dove c’è una fortissima comunità uzbeka, e il Nord, dove ci sono invece i
kirghizi. Nel Sud ci sono gravi problemi economici. Questa rivoluzione, quindi,
va interpretata come un segno di profondo malessere sociale, politico ed
economico.
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È un momento
delicato anche in un’altra repubblica ex sovietica, l’Estonia, dove stamattina
il premier, Parts, ha presentato le dimissioni al presidente, Ruutel. La crisi
segue l’approvazione, da parte del Parlamento, di una mozione di sfiducia nei
confronti del ministro della Giustizia.
In Iraq, la
televisione araba Al Jazeera ha mostrato il video di un nuovo sequestro.
L’ostaggio, che dichiara di essere un giornalista di nazionalità tedesca,
chiede al governo di Berlino di mobilitarsi. I sequestratori chiedono la
liberazione di tutti i detenuti musulmani dalle carceri della Germania. Ma
secondo le autorità di Berlino, l’uomo non ha la cittadinanza tedesca.
Non si sblocca la crisi nucleare nordcoreana, ormai in
stallo da giugno scorso. La visita del premier Pak Pong-ju a Pechino,
conclusasi oggi, non ha infatti prodotto nessun passo in avanti sostanziale
sulla ripresa dei negoziati a sei. Pyongyang ha solo manifestato una disponibilità
di massima alle trattative.
A tre mesi dal maremoto del 26 dicembre, le Nazioni Unite
hanno annunciato stamattina la loro partenza dalla provincia indonesiana di
Aceh, la più colpita dal sisma. Il governo di Giakarta ha infatti comunicato
all’Alto Commissariato ONU per i rifugiati che non c’è più bisogno del loro
intervento e che la ricostruzione può proseguire autonomamente. In realtà, i
funzionari del Palazzo di Vetro speravano di riuscire a portare a termine il programma
di aiuti, compiuto solo a metà.
In India, è stata approvata ieri la legge che proibisce la
produzione a basso costo di farmaci brevettati. Adesso si attende solo la
promulgazione definitiva del presidente Abdul Kalam. La decisione ha scatenato
le polemiche di varie organizzazioni non governative. Amedeo Lomonaco:
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La
legge approvata dal Parlamento di New Delhi, che introduce i brevetti sui
farmaci in India, è un passo indietro per la lotta, nei Paesi poveri, contro
l’AIDS e le altre malattie. La decisione, imposta dall’Organiz-zazione Mondiale
del Commercio (WTO), impedirà la produzione di medicinali a basso costo. Così
l’associazione Medici Senza Frontiere (MSF) esprime le proprie preoccupazioni
su questa decisione. “Il provvedimento - si legge in una nota - impedirà alle
industrie farmaceutiche indiane di continuare a produrre e ad esportare farmaci
salvavita economici verso i Paesi meno sviluppati”. Il
governo indiano è sempre stato contrario alle barriere di accesso ai farmaci.
Ma, in quanto membro del WTO, l’India ha l’obbligo - a partire dal 2005 - di
rilasciare brevetti ventennali sui farmaci. La vita di milioni di persone che
nel mondo dipendono dai farmaci prodotti nello Stato asiatico, è ora in
pericolo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che nei Paesi in via di
sviluppo almeno 6 milioni di uomini e donne abbiano urgente bisogno di terapie
anti-retrovirali contro l’AIDS. Le industrie
farmaceutiche indiane hanno sempre svolto un ruolo vitale nella produzione dei
farmaci a basso costo per fronteggiare questa malattia. Attualmente,
solo 700 mila persone hanno accesso a trattamenti anti-retrovirali ed al 50 per
cento di queste vengono somministrati farmaci indiani.
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Restano stazionarie le condizioni del principe
Ranieri III, ricoverato in rianimazione al centro cardio-toracico di
Montecarlo. Il quadro clinico del sovra-no, che respira grazie ad una macchina,
è peggiorato martedì quando un’insuffi-cienza renale e cardiaca si è aggiunta
ad una infezione broncopolmonare.
Quattordici persone rimaste
uccise ed oltre cento feriti. E’ il drammatico bilancio dell’esplosione
avvenuta ieri in una raffineria petrolifera di Texas City, negli Stati Uniti.
La raffineria è situata a circa 50 chilometri da Houston e vi lavorano oltre
1800 dipendenti. Texas City è stata teatro, nel 1947, di uno dei più devastanti
incidenti industriali della storia americana: l’incendio di una nave nel porto
della cittadina che provocò la morte di 576 persone.
In Italia cinque persone sono morte per
il naufragio di un’imbarcazione, con a bordo una decina di clandestini, al
largo delle coste di Ragusa. La zona dove è avvenuto il naufragio, a circa 16
miglia a sud di Punta Secca, è stata teatro in passato di altre tragedie
analoghe.
L’ex
campione del mondo di scacchi, l’americano Bobby Fisher, è stato rimesso in
libertà dopo otto mesi di detenzione in Giappone. E’ stato arrestato lo scorso
mese di luglio, quando ha tentato di lasciare il Paese asiatico con un
passaporto statunitense non valido. Negli Stati Uniti Fischer è accusato di aver violato le sanzioni
contro l’ex Jugoslavia: l’episodio contestato risale al 1992 quando lo
scacchista ha giocato una partita a Sveli Stefan, in Montenegro. Fischer, oggi 62.enne, è partito stamani per
l’Islanda, Paese che gli ha concesso la cittadinanza. L’ex campione di scacchi
è molto popolare in Islanda per aver vinto nel 1972, in piena guerra fredda, la
storica partita a Reykjavik contro il sovietico Boris Spassky.
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