RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
81 - Testo della trasmissione di martedì 22 marzo 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
I vescovi degli Stati Uniti lanciano la campagna per
l’abolizione della pena di morte nel Paese
Il governo tunisino ha concesso alla comunità cattolica la
riapertura della Chiesa di San Giuseppe
Inaugurata a Luanda, capitale dell’Angola, una nuova scuola dei
salesiani di don Bosco
Kofi Annan ha presentato
ieri al Palazzo di Vetro il rapporto sulle riforme dell’ONU
Al via oggi in
Algeria il 17.mo vertice della Lega Araba. Al centro dei lavori la crisi in
Medio Oriente
Sempre tesa la
situazione in Kirghizistan. L’opposizione al presidente filo-russo Akayev ha
preso il controllo delle due maggiori città
del sud
22
marzo 2005
IL PAPA PROSEGUE IN VATICANO LA SUA CONVALESCENZA:
DOMANI NON E’ PREVISTA L’UDIENZA GENERALE DEL
MERCOLEDI’
Il Papa prosegue la sua convalescenza dopo l’operazione
di tracheotomia dello scorso 24 febbraio e a nove giorni dal suo rientro in
Vaticano dal Policlinico Gemelli. Domani perciò non è prevista l’udienza
generale. Mercoledì scorso tuttavia il Papa si era affacciato a sorpresa verso
le 11.20 dalla finestra del suo studio privato per salutare e benedire i
numerosi fedeli, molti dei quali polacchi, che erano convenuti in Piazza San
Pietro.
10
ANNI FA GIOVANNI PAOLO II FIRMAVA L’ENCICLICA EVANGELIUM VITAE,
SUL
VALORE E L’INVIOLABILITA’ DELLA VITA UMANA
10 anni fa, il 25 marzo
del 1995, Solennità dell’Annunciazione, Giovanni Paolo II firmava l’enciclica Evangelium Vitae, “sul valore e
l’inviolabilità della vita umana”. Oggi, di fronte al dibattito creato dal caso
di Terri Schiavo, la 41.enne americana gravemente disabile a causa di un attacco
cardiaco e privata da quattro giorni dell’alimentazione assistita, rileggiamo
la parte di questo documento in cui il Papa parla dell’eutanasia. Il servizio
di Sergio Centofanti.
**********
Giovanni Paolo II in
questa enciclica afferma che oggi è in atto una drammatica lotta tra la cultura
della vita e la cultura della morte. “Il Vangelo della vita – scrive – sta al
cuore del messaggio di Gesù. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso
va annunciato con coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni
epoca e cultura”.
Il Papa presenta dunque
il documento non come un elenco di divieti che pure sono chiari: no all’aborto,
no all’eutanasia, no alla pena di morte. Ma come un sì alla vita: dare la vita
ai bambini ancora non nati, ai poveri, ai malati, ai moribondi per fame, ai
condannati a morte. In questa prospettiva affronta il mistero del dolore nella
vita e quello che definisce “il dramma dell’eutanasia”. L’uomo vuole eludere a
tutti i costi il problema della sofferenza che oggi appare sempre più “come uno
scacco insopportabile”: la morte diventa “una liberazione rivendicata quando
l’esistenza è ritenuta ormai priva di senso perché immersa nel dolore”.
“In
realtà – scrive – ciò che potrebbe sembrare logico e umano, visto in profondità
si presenta assurdo e disumano. Siamo qui di fronte a uno dei sintomi
più allarmanti della ‘cultura di morte’, che avanza soprattutto nelle società
del benessere, caratterizzate da una mentalità efficientistica” secondo la
quale “una vita irrimediabilmente inabile non ha più alcun valore”.
Il Papa ricorda che “per eutanasia in senso vero e
proprio si deve intendere un’azione o un’omissione che di natura sua e
nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore”. Da
essa va distinto l’“accanimento terapeutico”: “quando la morte si
preannuncia imminente e inevitabile – afferma – si può in coscienza “rinunciare
a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso
della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all’ammalato in
simili casi”.
Fatte
queste distinzioni, il Papa conferma “che l'eutanasia è una grave violazione
della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile
di una persona umana”.
“Anche
se non motivata dal rifiuto egoistico di farsi carico dell’esistenza di chi
soffre – aggiunge il Pontefice – l’eutanasia deve dirsi una falsa pietà …
la vera ‘compassione’, infatti, rende solidale col dolore altrui, non sopprime
colui del quale non si può sopportare la sofferenza. E tanto più perverso
appare il gesto dell'eutanasia se viene compiuto da coloro che – come i parenti
– dovrebbero assistere con pazienza e con amore il loro congiunto o da quanti –
come i medici –, per la loro specifica professione, dovrebbero curare il malato
anche nelle condizioni terminali più penose”.
“La
scelta dell’eutanasia – continua il Papa – diventa più grave quando si
configura come un omicidio che gli altri praticano su una persona che
non l'ha richiesta in nessun modo e che non ha mai dato ad essa alcun consenso.
Si raggiunge poi il colmo dell'arbitrio e dell’ingiustizia quando alcuni,
medici o legislatori, si arrogano il potere di decidere chi debba vivere e chi
debba morire”.
“Così –
sottolinea Giovanni Paolo II – la vita del più debole è messa nelle mani del
più forte; nella società si perde il senso della giustizia”.
“Ben diversa, invece – scrive – è la via dell'amore e
della vera pietà, che la nostra comune umanità impone e che la fede in
Cristo Redentore, morto e risorto, illumina con nuove ragioni. La domanda che
sgorga dal cuore dell'uomo nel confronto supremo con la sofferenza e la morte,
specialmente quando è tentato di ripiegarsi nella disperazione e quasi di annientarsi
in essa, è soprattutto domanda di compagnia, di solidarietà e di sostegno nella
prova. È richiesta di aiuto per continuare a sperare, quando tutte le speranze
umane vengono meno”.
“La
certezza dell'immortalità futura e la speranza nella risurrezione promessa –
afferma ancora il Papa –
proiettano una luce nuova sul mistero del soffrire e del morire e infondono nel
credente una forza straordinaria per affidarsi al disegno di Dio”. In questa
prospettiva si può “vivere la propria morte come atto supremo di obbedienza al
Padre, accettando di incontrarla nell’‘ora’ voluta e scelta da lui, che solo
può dire quando il cammino terreno è compiuto”. E nella fede – conclude Giovanni Paolo II – si
giunge a “riconoscere che la sofferenza, pur restando in se stessa un
male e una prova, può sempre diventare sorgente di bene … se viene vissuta per
amore e con amore, nella partecipazione … alla sofferenza stessa di Cristo
crocifisso. In tal modo, chi vive la sua sofferenza nel Signore viene più
pienamente conformato a lui e intimamente associato alla sua opera redentrice a
favore della Chiesa e dell’umanità”.
NOMINE
Il
Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
Daloa in Costa d’Avorio, presentata da mons. Pierre-Marie Coty, per raggiunti
limiti di età. Gli succede mons. Maurice Konan Kouassi, finora vescovo di
Odienné.
Il Papa ha quindi nominato ausiliare dell’arcidiocesi di
Oviedo in Spagna, il reverendo Cecilio Raúl Berzosa Martínez, del clero dell’arcidiocesi
di Burgos, professore di Teologia Dogmatica nella Facoltà di Teologia del Nord
della Spagna (sedi di Burgos e di Vitoria), assegnandogli la sede titolare
vescovile di Arcavica. Mons. Raúl Cecilio Berzosa Martínez è nato in Aranda de
Duero, arcidiocesi di Burgos, il 22 novembre 1957. L’8 novembre 1982 è stato
ordinato sacerdote. E’ autore di numerose pubblicazioni su temi di teologia,
spiritualità, pastorale e relazioni tra fede e cultura.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il Medio Oriente: il controllo della città di Tulkarem passa
all’Autorità Palestinese.
Stati
Uniti: respinto il ricorso dei genitori di Terri Schiavo. Sempre negli USA: un
ragazzo compie una strage in un liceo del Minnesota.
Nelle
vaticane, due pagine dedicate alla celebrazione della Domenica delle Palme
nelle diocesi italiane.
Nelle
estere, ONU: Kofi Annan presenta all’Assemblea generale il progetto di riforma
dell’Organizzazione; proposta una risoluzione per definire le modalità sull’uso
della forza.
Nella
pagina culturale, un articolo di Egidio Picucci dal titolo “La Cappadocia:
un’immensa cattedrale a cielo aperto”; le preziose testimonianze del
monachesimo nell’Anatolia.
Per
l’“Osservatore libri” un articolo di Vittorino Grossi dal titolo “Dagli schemi
di predicazione emergono i temi centrali della Riforma”: il volume 2 dei
“Discorsi” di Girolamo Seripando a cura di Alfredo Marranzini.
Nelle pagine italiane, in primo piano il tema delle riforme
costituzionali.
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22
marzo 2005
NON ALIMENTARE TERRI SCHIAVO: E’
LA DRAMMATICA DECISIONE
DEL GIUDICE FEDERALE, CHE HA
CONFERMATO IL PROVVEDIMENTO
DEL TRIBUNALE DELLA FLORIDA. SHOCK E AMAREZZA TRA COLORO CHE,
IN TUTTO IL MONDO, STANNO SEGUENDO
COMMOSSI LA VICENDA DELLA DONNA,
IN GRAVE STATO DI DISABILITA’ DA
15 ANNI
- Ai nostri microfoni Elio
Sgreccia e Maria Luisa Di Pietro -
Il
tribunale federale ha detto “no” al ripristino dell'alimentazione forzata per
Terri Schiavo. Il giudice della Corte distrettuale di Tampa, in Florida, James
Whittemore, ha respinto dunque il ricorso presentato dai genitori della donna.
Per permettere a Bob e Mary Schindler di salvare la figlia, il cui
sostentamento attraverso un tubo è stato sospeso su ordine della magistratura
locale, il Congresso aveva approvato a tempo di record un disegno di legge che
permetteva di ricorrere alla giustizia federale. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
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Terri non deve vivere: il giudice federale di Tampa, James
Whittemore, ha deciso che non venga reinserito il tubo, che permette
l’alimentazione di Terri Schiavo. Una decisione che mortifica le speranze della
famiglia e di quanti negli Stati Uniti, e non solo, stanno seguendo con
commozione la vicenda della donna. “E’ saggio sbagliare in favore della vita”:
solo ieri, con queste parole, il presidente americano Bush aveva spiegato la
motivazione della firma di una legge, che rimetteva appunto nelle mani del
giudice federale, Whittemore, la sorte di Terri Schiavo. Alla donna 41enne -
colpita 15 anni fa da un attacco cardiaco, e che da allora vive in uno stato di
grave disabilità, ma non è in coma – da venerdì scorso sono stati rimossi i
tubi, che ne permettono l’alimentazione e l’idratazione. Subito dopo la
drammatica decisione - presa dal giudice della Florida, su richiesta del marito
- i genitori di Terri, con un accorato appello, avevano chiesto al Congresso
americano di intervenire. I due rami del Parlamento, convocati in via
eccezionale di domenica, avevano approvato a tempo di record la legge n.686.
Una legge per la vita, che ha raccolto il consenso trasversale di entrambi i
partiti, Repubblicano e Democratico. Il presidente Bush era tornato in tutta
fretta dal Texas a Washington per firmare la legge. Sforzi inutili. Dal canto
loro, i famigliari di Terri hanno sempre chiesto il rispetto della sua persona.
Ecco la testimonianza del fratello, Bobby, alla Fox News:
R. - TERRI IS VERY MUCH ALIVE…
Terri è viva, respira, mangia in maniera differente da
noi, ma cerca di comunicare con noi, ha bisogno di essere nutrita. Certamente
non ci ha abbandonato e noi non l’abbandoneremo. Faremo tutto ciò che è
possibile per prenderci cura di lei. Il nostro unico scopo è quello di portare
Terry ad essere parte di nuovo della nostra famiglia.
I genitori di Terri hanno ancora la possibilità di
ricorrere in appello contro la decisione del giudice Whittemore. Ma il tempo, intanto, corre inesorabile: secondo i
medici dal momento del distacco dei tubi dell’alimentazione, la sopravvivenza
di Terri Schiavo potrà arrivare al massimo a due settimane. Quattro giorni se
ne sono già andati via.
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Sconcerto e amarezza: con questi sentimenti il vescovo Elio Sgreccia,
presidente della Pontificia Accademia per la Vita ha accolto la notizia della
decisione presa dal giudice federale sulla vicenda Terri Schiavo. Ascoltiamo il
presule, intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – Debbo confermare il giudizio morale che non cambia, perché rimane
un atto illecito e grave, tanto più grave in quanto sembra che decidere su chi
deve vivere e su chi deve morire ormai sia questione di tribunale ... Pertanto,
confermo il giudizio negativo, non soltanto sulla sottrazione degli alimenti,
ma anche sulla sentenza che intende legittimarla. Speriamo che questi esempi
non vengano seguiti da altre simili sentenze.
D. – E’ davvero, poi, un drammatico paradosso parlare di eutanasia in
questo caso, quando purtroppo Terri Schiavo morirà per fame e per sete ...
R. – Infatti, non è eutanasia nel
senso letterale della parola; non è una buona morte, è una morte provocata
attraverso una forma crudele. Non è un atto medico. E’ una sottrazione
dell’acqua e del cibo necessari per provocare la morte, che sarebbe venuta
prima o poi, meno sofferta.
D. – Cosa si può trarre, come lezione, da questa terribile vicenda?
R. – Io credo che l’atto di bene e di bontà di quanti hanno espresso
solidarietà con la famiglia, rimane un atto di grande merito e anche la difesa
pubblica è stata una manifestazione di volontà doverosa. Spiace che la vicenda
rientri, forse, in un meccanismo di enfatizzazione che ha intenzione di
favorire la legittimazione della cosiddetta eutanasia, in simili casi dove
spesso giocano interessi di altro genere.
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Il caso Terri Schiavo sta lacerando l’America, ma in realtà la sua è una
vicenda che pone interrogativi profondi ad ognuno di noi. Ecco la riflessione
della prof.ssa Maria Luisa Di Pietro, dell’Istituto di Bioetica dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Roma, raccolta da Alessandro Gisotti:
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R. - Terribile è la decisione che
è stata presa di sospendere l’alimentazione e l’idratazione ad una persona che,
tra l’altro, non può difendersi da quello che le stanno facendo. Lo scopo che
si vuole raggiungere è farla morire e la modalità stessa è atroce e non si
riserverebbe questo tipo di comportamento neanche ad altre specie viventi alle
quali noi diamo le cure pur non potendoci relazionare con esse.
D. – Quindi è assolutamente scorretto parlare di accanimento
terapeutico …
R. – Non si tratta assolutamente di accanimento terapeutico dal
momento che ciò che le viene dato fa parte delle cure, e alimentare ed idratare
una persona significa, semplicemente, dare la possibilità, a questa persona, di
mantenersi in vita.
D. – Le immagini di Terri, che hanno colpito tutto il mondo, mostrano
una donna in grado di sorridere, una donna che sembra esprimere degli stati
d’animo … eppure molti medici parlano di stato vegetativo di Terri Schiavo …
R. – Dalle notizie che arrivano non si è ancora capito quale sia,
realmente, lo stato clinico di Terri Schiavo, ma anche qualora si trattasse di
uno stato vegetativo di non più funzionamento di quelle parti del cervello che
sono deputate anche alla vita di relazione, la sostanza non cambia. La signora
Terri Schiavo è comunque viva e, comunque, una persona da rispettare e, per
questo motivo, va sostenuta, va tutelata.
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IN OCCASIONE DELL’ODIERNA GIORNATA MONDIALE
DELL’ACQUA, L’ONU LANCIA
IL
DECENNIO INTERNAZIONALE DI AZIONE INCENTRATO SUL TEMA “ACQUA PER LA VITA”
- Intervista con Donata Lodi e padre Franco
Moretti -
Il 18
per cento della popolazione mondiale, oltre un miliardo di persone, non ha accesso
all’acqua potabile. Per cercare di affrontare questa emergenza, l’ONU lancia
oggi, Giornata mondiale dell’acqua, il “Decennio internazionale di azione”
dedicato al tema “Acqua per la vita”. Nel suo messaggio il segretario generale
delle Nazioni Unite, Kofi Annan, sottolinea come sia necessaria “una
rivoluzione blu”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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(musica)
“Non
sconfiggeremo l’Aids, la tubercolosi, la malaria o nessuna altra malattia infettiva
nei Paesi in via di sviluppo fin quando non saremo in grado di vincere la
battaglia per l’acqua potabile, la salute pubblica e la sanità di base”. A
questa constatazione di Kofi Annan si aggiungono anche le preoccupazioni
dell’UNICEF, che ha attivato a campagna internazionale “Acqua per la vita”
finalizzata a portare acqua potabile in case e scuole di tutto il mondo. Per
conoscere i particolari di questa iniziativa ascoltiamo Donata Lodi, portavoce
italiana dell’UNICEF:
R. - Questa campagna che è stata lanciata dall’UNICEF, insieme a tutte
le agenzie delle Nazioni Unite, punta a garantire a tutti i bambini i servizi
essenziali in termini di acqua potabile. Basterebbero 20 litri di acqua
potabile, due secchi d’acqua pulita, per tutti i bambini del mondo, per ridurre
drasticamente la mortalità infantile dovuta alle malattie legate alla
contaminazione dell’acqua. Ogni anno, nel mondo, muoiono un milione e 600 mila
bambini proprio per malattie dovute all’acqua inquinata.
D. - La crisi dell’acqua è determinata da vari fattori quali ’aumento
della popolazione mondiale, dallo spreco e da difetti nella distribuzione. Ma
l’elemento più inquietante sembra la mancanza di considerazione per l’acqua in
una società consumistica e materialista… Ascoltiamo ancora Donata Lodi:
R. – C’è una crisi a livello globale perché nei Paesi occidentali
siamo abituati a dare l’acqua per scontata. Nessuno, per esempio, considera
importante investire per garantire le forniture idriche ai Paesi dell’Africa a
sud del Sahara, dove il 43 per cento dei bambini usa soltanto acqua
contaminata.
Il diritto all’acqua non è ancora formalmente riconosciuto
dalla comunità internazionale. Perché?
R. – Non è riconosciuto perché l’acqua è avvertita più come una
risorsa. Sull’acqua ci sono in molti Paesi speculazioni di tipo economico:
l’acqua è spesso considerata un bene, una risorsa da utilizzare e da
commercializzare.
D. -
L’acqua potrà essere nel XXI secolo ciò che è stato il petrolio nel XX secolo,
ovvero una delle cause di conflitti e tensioni mondiali?
R. – Già lo è! Basta guardare, ad esempio, lo scenario mediorientale,
dove attorno all’acqua del Giordano ruotano molti aspetti non irrilevanti del
conflitto israelo-palestinese; oppure, tutta l’area del nord dell’Iraq, dove la
gestione dei fiumi e delle dighe ha provocato tensioni e squilibri notevoli! Lo
stesso vale per gran parte dei Paesi dell’Africa ma anche dell’Asia centrale.
In
occasione del “Forum per l’acqua nel mondo”, tenutosi a Kyoto nel 2003, la
Chiesa ha ribadito con forza il suo fermo sostegno all’acqua con un documento
del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Nel testo, intitolato
“L’acqua, elemento essenziale per la vita”, si sottolinea come questa risorsa
abbia un’importanza speciale anche per le grandi religioni; nella tradizione
giudaico-cristiana Dio è presentato come “fonte di acqua viva”. Ma quale
significato ha l’acqua per la Chiesa cattolica ed in particolare per la Chiesa
africana? Ascoltiamo il missionario comboniano, padre Franco Moretti, che ha lavorato per 23 anni in Kenya:
R. – Acqua è sinonimo di vita, di purezza e di vitalità! Senza l’acqua
c’è morte; acqua e luce vanno di pari passo. In Africa ci si rende conto che
questa risorsa manca in molte parti del Continente. Spesso si battezza sotto una
roccia e tutto attorno c’è deserto. Viene, quindi, subito spontaneo sentire il
bisogno di far qualcosa, perché quest’acqua così osannata nella liturgia poi
possa essere utilizzata nella vita di ogni giorno!
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Oltre due
miliardi di persone ogni anno sono colpite da malattie legate alla carenza di
acqua potabile ed almeno 1,5 miliardi di uomini e donne, che vivono in Cina e
in India, non hanno accesso a condizioni igieniche di base. Le vittime della
malaria sono, ogni anno, più di un miliardo e 300 milioni. Il 42 per cento
della popolazione Africa sub-sahariana non ha accesso all’acqua potabile. L’86
per cento dei disastri naturali degli ultimi 15 anni sono stati causati da
inondazioni e siccità.
PARTE DA ANCONA LA CAMPAGNA
PER LA MORATORIA
DEL COMMERCIO DELLE ARMI LEGGERE IN AFRICA
- Intervista con Jean Leonard
Touadi -
Si è
svolto in questi giorni ad Ancona il Convegno ‘Chiama l’Africa’. L’incontro,
giunto al suo quarto appuntamento e organizzato dal mondo associativo
marchigiano in collaborazione con le comunità africane del luogo, ha messo in
evidenza, attraverso numerose testimonianze, l’attuale ruolo dell’Africa
rispetto all’Occidente. Parte centrale del Convegno, è stato il lancio di una
campagna per la moratoria del commercio delle armi leggere in Africa. Il
servizio di Marina Tomarro.
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Trasformare le fabbriche dove si producono armi in luoghi
per costruire la pace e il benessere è una delle proposte della campagna per la
moratoria del commercio delle armi leggere in Africa. Ascoltiamo il giornalista
congolese Jean Leonard Touadi:
R. - Ciò che possiamo constatare nei conflitti africani è che non
arriva il cibo, non arriva il pane, non arrivano le medicine, ma le armi
arrivano sempre e comunque, per cui chiediamo che ci sia una moratoria, che i
Paesi che producono le armi possano smettere, almeno per un anno, di vendere le
armi perché sono strumenti di morte.
D. – Sono molti i Paesi che
producono le armi ...
R. – Intanto, tutti i Paesi che siedono al Consiglio di Sicurezza
dell’ONU sono anche i maggior produttori di armi, per cui il paradosso è
proprio questo: il Consiglio di Sicurezza, che dovrebbe essere la sede dove si
pianificano le condizioni per la pace e per la dignità dei popoli, è anche la sede
dove siedono i Paesi che maggiormente vendono armi.
Le
vittime delle armi in Africa sono soprattutto donne e bambini. E’
impressionante vedere in Paesi come l’Angola, il Congo, oppure in altri appena
usciti dalla guerra come la Sierra Leone e la Liberia, la quantità di persone
mutilate. Proprio la sofferenza di
questa gente deve diventare un monito per bandire il commercio mondiale delle
armi. Ma da chi devono essere prese le soluzioni concrete contro questo strumento
di morte? Ascoltiamo ancora Touadi:
“Da africano, direi, che la prima responsabilità tocca ai dirigenti
politici africani che devono seriamente pensare di non spendere i soldi per la
compravendita delle armi e di spendere, i pochi soldi di cui dispongono, per le
armi della cultura, per le armi della valorizzazione della risorsa umana.
Quindi è una scelta che tocca prima di tutto ai dirigenti africani e, in
secondo luogo, ai Paesi che queste armi le producono”.
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22
marzo 2005
i
vescovi degli Stati Uniti mettono in primo piano l’impegno per l’abolizione
della pena di morte nel Paese con il lancio
di una nuova campagna. ieri A Washington nel
corso della conferenza stampa di presentazione
il
cardinale Theodore Mc Carrick, arcivescovo della citta’, ha affermato “non
possiamo difendere la vita
- A cura di Paolo
Mastrolilli -
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NEW YORK. = “Cristo morì come un criminale, brutalmente giustiziato”. Il
cardinale di Washington, Theodore Mc Carrick, ha usato l’esempio più forte
possibile per lanciare la nuova campagna dei vescovi americani contro la pena
di morte, all’inizio della Settimana Santa. “Noi - ha aggiunto il prelato - non
possiamo insegnare che uccidere è sbagliato, uccidendo, e non possiamo
difendere la vita, togliendo la vita”. Mc Carrick ha aggiunto che ora la Chiesa
chiede agli Stati di rinunciare alle esecuzioni se hanno altri strumenti per
proteggere la società. Questo, secondo il cardinale di Washington, è
sicuramente il caso degli Stati Uniti e quindi i vescovi hanno deciso di
lanciare la nuova campagna per abolire la pena di morte. L’iniziativa si baserà
tanto sull’insegnamento nelle parrocchie e fra i fedeli quanto nell’azione di
lobby tra i politici, affinché favoriscano l’abrogazione delle esecuzioni. Mc
Carrick ha citato anche alcuni nuovi sondaggi, secondo cui l’opinione degli
americani sta cambiando. Finora una netta maggioranza favoriva la pena di
morte, ma adesso il Paese è diviso a metà, anche a causa degli errori
giudiziari commessi negli ultimi anni. I vescovi quindi vedono lo spazio per
un’iniziativa che potrebbe portare alla fine delle esecuzioni.
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LA
CONFERENZA EPISCOPALE CAMPANA, QUELLA PUGLIESE, GLI ARCIVESCOVI DI FIRENZE E DI
CHIETI-VASTO, INVITANO I CREDENTI
AL
NON-VOTO PER I REFERENDUM ABROGATIVI DELLA LEGGE SULLA FECONDAZIONE ASSISTITA
ROMA.
= I vescovi della Conferenza episcopale pugliese, in un documento del 18 marzo
scorso, riconoscono doverosa l’indicazione di non partecipare al voto
referendario. Questo “non per un disimpegno – affermano - ma per una scelta
costituzionalmente legittima e insieme forte ed efficace”. I vescovi pugliesi,
si dicono non contrari al progresso delle scienze e delle tecnologie, in
particolare, di quelle che prevengono e curano le malattie. Tuttavia,
“nell'intento di servire l’uomo e di sostenere la famiglia”, si schierano
contro “quelle forme di interventi che ledono e sopprimono la vita nascente”.
Anche i vescovi della Campania sono intervenuti nei giorni scorsi, invitando i
fedeli a non votare i referendum. Per loro la legge ha il merito di
salvaguardare alcuni principi essenziali della verità evangelica. Aspetti
questi che, al contrario, non sono difesi da nessuna delle proposte di modifica
previste dal referendum. Dello stesso avviso è l’arcivescovo di Chieti-Vasto,
mons. Bruno Forte. Per lui “non è moralmente lecito agire sull’embrione quasi
non avesse valore di essere umano”, per cui il non voto è “la migliore delle
ipotesi possibili in questo caso”. Nel corso del tradizionale incontro
pre-pasquale con i cristiani impegnati in politica, il cardinale Ennio
Antonelli, arcivescovo di Firenze, ha invitato tutti ad essere “coraggiosi”
davanti a leggi che contrastano con i propri valori. “Non ci si può limitare a
negoziare - ha detto - in questo caso può essere necessaria una presa di
posizione ferma e coraggiosa anche a rischio di trovarsi minoritari o isolati”.
Infine, in vista del referendum, il Movimento ecclesiale di impegno culturale
(MEIC) offre un sussidio per “affrontare con consapevolezza l’appuntamento
referendario”. Il volume dal titolo “Le mani sull’uomo. Quali frontiere per la
biotecnologia?”, è stato scritto dai giuristi del MEIC Renato Balduzzi, Mario
Cirotto e da mons. Ignazio Sanna, assistente nazionale del MEIC e prorettore
dell’Università Lateranense. (E. B)
Il
governo tunisino ha concesso alla comunità cattolica
la
riapertura della chiesa di san Giuseppe. Collocata nell’isola di Jerba,
la
chiesa, dal 1964, era sotto il controllo delle autorità locali
in
virtù di accordi con la santa sede
TUNISI.
= Il Governo della Tunisia, Paese a maggioranza islamica, ha ceduto alla
comunità cattolica dell’isola di Jerba la chiesa di San Giuseppe su richiesta
di mons. Fouad Twal, arcivescovo di Tunisi. Il prelato ha spiegato che la
concessione è stata annunciata dal ministro degli Esteri il 18 febbraio scorso
in risposta all’aumento dei turisti nell’isola, soprattutto italiani e
tedeschi. La decisione del presidente tunisino desidera manifestare l’interesse
per la “promozione dei principi del dialogo tra le religioni”, ha affermato
mons. Twal. In realtà si tratta di una riapertura della chiesa. Infatti, il suo
controllo era stato assunto dal Governo tunisino nel 1964 quando gli era stata
ceduta in virtù degli accordi stabiliti con la Santa Sede. La presenza dei
cattolici a Jerba risale ai primi secoli della nostra era. L’isola conserva le
vestigia di un Vescovado e di numerose basiliche. Il 98 per cento dei quasi
dieci milioni di abitanti della Tunisia è musulmano. I cattolici sono una
piccola minoranza, anche se buona parte dei turisti sono cattolici provenienti
dai Paesi europei. (E. B)
La
federazione degli universitari cattolici da ieri ha un nuovo sito. www.fuci.it
sarà un nuovo spazio informativo teso al miglioramento
delle
potenzialità comunicative dei giovani studenti
ROMA.
= Ieri la Fuci, la Federazione degli universitari cattolici, ha attivato il suo
nuovo sito internet. Il nuovo spazio, che risponde all’indirizzo www.fuci.it, si presenta come campo di
informazione sulla federazione, ma anche come luogo di discussione sui temi
sociali, culturali, legati al mondo universitario e giovanile. Il rinnovamento
del sito si inserisce nel quadro di un più ampio sforzo comunicativo intrapreso
della federazione. “Vogliamo una Fuci impegnata e rigorosa - ricorda la
presidente Enrica Belli - ma anche estroversa, che faccia del dialogo il
proprio stile quotidiano. Lo studio e l’approfondimento che da sempre portiamo
avanti hanno bisogno di essere comunicati all’esterno”. Sul nuovo sito una
sezione è dedicata al prossimo convegno nazionale, dal tema “Facoltà di
partecipazione. Cittadinanza studentesca e ruolo dell’università fra Italia ed
Europa”, che si svolgerà a Cosenza dal 14 al 17 aprile. (E. B.)
IL MESE SCORSO A LUANDA, CAPITALE
DELL’ANGOLA, L’INAUGURAZIONE
DI UNA NUOVA SCUOLA DEI SALESIANI
DI DON BOSCO. GRAZIE A QUESTA STRUTTURA, REALIZZATA IN APPENA UN ANNO E MEZZO,
MIGLIAIA DI STUDENTI POTRANNO USUFRUIRE DEGLI INSEGNAMENTI DEI DOCENTI
LUANDA. = Una nuova scuola dei
salesiani di don Bosco è sorta a Lixeira, immensa “favela” alla periferia di
Luanda, capitale dell’Angola, dove la maggioranza dei residenti vive senza
acqua, senza energia elettrica e circondata dai rifiuti. Lo riferisce l’ANS,
l’Agenzia nazionale dei salesiani, sottolineando che l’edificio è stato
costruito in appena un anno e mezzo. L’inaugurazione ufficiale è avvenuta il
mese scorso alla presenza del ministro dell’Educazione, Antonio Burity da
Silva. Inoltre, lo scorso 5 marzo è giunto in visita il cardinale Renato
Martino, presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, che è
rimasto profondamente colpito dalle condizioni in cui vive la popolazione. La
nascita dell’istituto scolastico è importante soprattutto perché, in questo
municipio di circa 700 mila abitanti, finora non esisteva nessuna scuola. Così,
da oltre un mese a questa parte, 3.800 studenti-lavoratori possono usufruire
degli insegnamenti impartiti dai docenti. Lo scopo finale è migliorare le
condizioni di vita degli abitanti di Lixeira, persone in maggioranza povere che
hanno perso le speranze nel futuro. Nel progetto hanno investito la
cooperazione portoghese, spagnola e dell’Unione europea, oltre a due
organizzazioni non governative salesiane: il Vis, Volontariato internazionale
per lo sviluppo, e il Jtm, Giovani per il terzo mondo. (E. B.)
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22
marzo 2005
- A cura di Barbara Castelli -
● Sei mesi
di tempo per cambiare il volto delle Nazioni Unite, al centro di una crisi di
credibilità: è la proposta lanciata dal segretario generale, Kofi Annan, che ieri
sera ha esposto al Palazzo di Vetro il suo rapporto di 63 pagine. L’ONU entra
così nel vivo del tentativo di dar vita alla riforma più profonda da quando
l’organizzazione fu fondata nel 1945. L’obiettivo è arrivare al vertice del
60.esimo anniversario delle Nazioni Unite, dal 14 al 16 settembre prossimi, con
gran parte delle scelte già prese da parte degli Stati. Tra i due modelli
proposti per il nuovo Consiglio di sicurezza, sembra favorita l’ipotesi di
creare altri sei membri permanenti, da affiancare agli attuali 5, ma senza
diritto di veto. Su come le Nazioni Unite potranno organizzarsi nel futuro,
sentiamo la nota da Washington di Empedocle Maffia:
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Kofi
Annan consegna ai Paesi dell’ONU un progetto costruito sulle rotture di questi
ultimi anni e sulle sfide dei prossimi. Riconosce che il Nuovo Millennio ha
fatto esplodere il problema della sicurezza rispetto al terrorismo e chiede che
nuove forme di impegno collettivo a sconfiggerlo diventino patrimonio comune.
Ma Kofi Annan legge anche altri rischi per la sicurezza, quelli dello sviluppo
sbilanciato, delle malattie non ancora debellate, della democrazia non presente
ovunque, e inquadra questi obiettivi da raggiungere in una dimensione che deve
riguardare tutto il pianeta: quello del rispetto dei diritti umani, base di
dignità per l’uomo e di legalità per gli Stati. Il segretario riconosce che la
struttura dell’ONU va cambiata e fissa, nel prossimo settembre, la scelta della
nuova identità. Non si pronuncia su quale debba essere, ma richiama un
principio: che le decisioni vengano prese riconoscendo le realtà non solo dei
rapporti di forza, ma anche di quelli geopolitici quali sono oggi, come dire
che l’ONU sarà più forte solo se gli Stati, che ne sono parte, sapranno
interpretare la volontà dei popoli di affidarsi ad una suprema autorità
internazionale.
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● Si è aperto il sipario, questa
mattina al Palazzo delle Nazioni, alla periferia della capitale algerina, sul
17.esimo vertice della Lega Araba. All’incontro, che si concluderà domani,
partecipano i leader dei 22 Paesi dell’organizzazione panaraba, 13 dei quali
rappresentati da capi di Stato e sovrani. Il nostro servizio:
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Sicurezza e sovranità del Libano,
situazione in Iraq e in Sudan ma soprattutto gli sviluppi della crisi
israelo-palestinese: sono questi i temi al centro del vertice della Lega Araba,
che si è aperto oggi in un’Algeri blindata. L’appuntamento sarà, dunque,
l’occasione per rilanciare l’iniziativa saudita per il processo di pace in
Medio Oriente, approvata nel 2002 dal vertice di Beirut. La proposta prevede il
riconoscimento dello stato di Israele da parte di tutti gli Stati arabi, in
cambio del ritiro delle truppe israeliane ai confini antecedenti alla guerra
del 1967, la definizione del diritto al ritorno dei profughi palestinesi ed
un’intesa per la creazione di uno Stato palestinese indipendente con capitale
Gerusalemme est. E il vertice sembra essersi aperto in un momento positivo per
il cammino di riconciliazione. L’esercito israeliano ha tolto oggi il
principale posto di blocco nella regione di Tulkarem, in Cisgiordania, che era
chiuso ai palestinesi da oltre quattro anni. La città cisgiordana, infatti, è
tornata ieri sotto il totale controllo dell’Autorità nazionale palestinese, nel
contesto di un pacchetto di misure volte a rafforzare la fiducia reciproca
deciso a febbraio, nel vertice di Sharm el-Sheikh, in Egitto. Nei prossimi giorni, inizieranno anche i colloqui per il passaggio di
consegne di Kakilya, dopo Tulkarem, appunto, e Gerico.
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● È vicina l’intesa tra sciiti e
curdi per il nuovo governo iracheno: entro domenica, infatti, dovrebbe essere
firmato un accordo di spartizione degli incarichi. 16 o 17 posti andrebbero
agli sciiti, 7 o 8 ai curdi, tra 4 e 6 alla minoranza sunnita. Ancora da
risolvere, tuttavia, il nodo di Kirkuk, la città petrolifera che i curdi
vorrebbero includere nella loro regione. Nel Paese del Golfo, comunque, la
tensione resta alta. L’autista di un generale iracheno, alto funzionario del
ministero dell’Interno, è stato ucciso stamani a Baghdad da uomini armati,
mentre a bordo della sua auto andava al lavoro. Un soldato statunitense,
invece, ha perso la vita ieri mattina nella provincia di al-Anbar, nella
regione occidentale dell’Iraq. Il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio
Ciampi, intanto, ha conferito “Motu proprio”, al Capo dipartimento del Sismi,
Nicola Calipari, la medaglia d’oro al valor militare alla memoria. L’agente ha
perso la vita in Iraq, lo scorso 4 marzo, durante le operazioni per la liberazione
della giornalista Giuliana Sgrena.
● Ancora
calde le polemiche sulla riforma del Patto di stabilità, approvata domenica,
l’attenzione dei vertici europei si concentra oggi e domani a Bruxelles anche sulla
revisione della strategia di Lisbona e delle regole di Maastricht. Giada
Aquilino ne ha parlato con Adriana Cerretelli, caporedattore del Sole 24 Ore a
Bruxelles:
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R. – L’attenzione dei capi di Stato e di governo sarà maggiormente
concentrata sul rilancio della competitività europea, quella che si chiama in
gergo “l’Agenda di Lisbona”. Ma su tutto questo, dominerà senz’altro la crisi
francese, cioè il fatto che gli ultimi sondaggi diano in vantaggio il “no” sul
“sì” alla ratifica della Costituzione europea da parte di Parigi.
D. – Quali conseguenze potrebbero esserci?
R. –
Sarebbero conseguenze devastanti, qualora ci fosse un “no”. Il problema è nato
dalla direttiva sulla liberalizzazione dei servizi. Tale disposizione viene
accusata di scatenare il dumping sociale, cioè nell’Europa oggi
allargata ai Paesi dell’Est - dove ci sono divari di sviluppo e di tipo sociale
molto profondi - i francesi temono che la liberalizzazione dei servizi possa
portare offerta da parte di piccole imprese con salari talmente bassi da
mettere a repentaglio la sopravvivenza dei propri lavoratori. Non c’è dubbio
che certi Paesi dell’Est oggi siano la Cina in casa nostra, ci fanno una grossa
concorrenza; però è anche vero che offrono un indubbio vantaggio per i consumatori
e per i cittadini, cioè la prospettiva di un calo dei prezzi dei servizi.
D. – La revisione della strategia di Lisbona è al centro dei lavori.
Cos’è fallito, finora?
R. – I governi si sono poco occupati di riforme. Oggi, la nuova
riforma di Lisbona punta sulla competizione globale, dunque sulla ricerca
d’innovazione, sulla formazione permanente. Cerchiamo, in sostanza, di creare
un’Europa dell’eccellenza, dei prodotti migliori, delle produzioni migliori.
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● Tensione
ancora alta in Kirghizistan, dove negli ultimi tre giorni gli oppositori del
presidente filo-russo Askar Akayev hanno preso il controllo delle due maggiori
città del sud, Osh e Jalal-Abad, e si
organizzano adesso per marciare sulla capitale, Bishkek. Malgrado gli appelli
al dialogo, lanciati da Russia e Stati Uniti, il rischio di una guerra civile è
quanto mai concreto. Il capo di Stato kirghizo ha, comunque, sottolineato che
non verrà dichiarato lo stato d’urgenza, pur definendo le contestazioni del sud
“un colpo di Stato” finanziato e diretto all’estero. L’annuncio è stato fatto
durante un discorso alla Nazione pronunciato davanti al nuovo Parlamento. Il
servizio di Fabrizio Vielmini:
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Gli
insorti hanno bloccato l’emissione delle comunicazioni di queste regioni montuose
di difficile accesso, cosicché il Paese si trova ora spaccato a metà: il Nord,
rimasto sotto il controllo del regime del presidente Askar Akayev, e il Sud,
che rifiuta il potere della capitale. Qui i poteri pubblici sono stati espulsi
dagli edifici amministrativi o vi si trovano assediati, circondati da folle
urlanti. Ad Osh, la capitale regionale, bande di giovani, spesso in stato
d’ebbrezza, hanno spadroneggiato a lungo sulla città distruggendo negozi e
quant’altro trovassero sul loro cammino. Nel secondo centro regionale, Jalal
Abad, dove domenica le teste di cuoio del ministero dell’Interno avevano
cercato di riprendere il controllo del Palazzo del governo, l’opposizione
dichiara di essere ora in grado di assicurare essa stessa l’ordine pubblico. Nessuno
è in grado di fare previsioni su come la situazione possa evolvere.
L’opposizione cerca di cavalcare la protesta, ma non sempre è in grado di
controllarla fino in fondo. Akayev cerca di appoggiarsi sulla Russia, la quale,
però, resta, per il momento, circospetta, timorosa di ripetere gli errori
compiuti in Ucraina ed in Georgia.
Da Alma Ata, Kazakistan, per la Radio Vaticana, Fabrizio Vielmini.
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● La Corea del Nord non ha deciso di
abbandonare il tavolo delle trattative per ricercare una soluzione alla crisi
nucleare. Lo ha sottolineato oggi il primo ministro coreano, in visita
ufficiale in Cina. Il premier ha, inoltre, precisato che Pyongyang rientrerà
nelle trattative quando i “tempi saranno maturi”. Ai colloqui a sei partecipano
le due Coree, la Cina, gli Stati Uniti, la Russia e il Giappone. Dopo tre
infruttuosi round, i colloqui sono sospesi dalla scorsa estate, soprattutto per
l’opposizione di Pyongyang a partecipare ad una nuova tornata. Ieri, sempre a
Pechino, il segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha invitato
Pyongyang a tornare al tavolo delle trattative “subito e con un atteggiamento
costruttivo”.
● Sono almeno 35 le persone
decedute e 700 quelle ferite per il passaggio del tornado che la notte scorsa
ha devastato il Bangladesh settentrionale, lasciando migliaia di senzatetto. Il
bilancio delle vittime è ancora provvisorio. Le ricerche di superstiti e il
lavoro dei soccorritori è stato rallentato da altre piogge torrenziali e dalle
molte strade interrotte da alberi e macerie.
● Gli ambasciatori a Cuba dei
Paesi dell’Unione europea hanno incontrato ieri all’Avana i principali
esponenti dell’opposizione al regime di Fidel Castro. Si tratta del primo
incontro dalla sospensione temporanea delle sanzioni diplomatiche UE all’isola.
L’Unione Europea ha sospeso temporaneamente il 31 gennaio scorso le sanzioni
imposte a Cuba nel giugno 2003 per protesta contro l’arresto di 75 dissidenti e
la fucilazione di tre dirottatori di un traghetto. Le sanzioni saranno
ridiscusse dai 25 nel giugno prossimo.
● Ennesima strage in una scuola
americana. Nell’estremo nord del Minnesota, in una riserva di indiani della
tribù Chippewa, un ragazzo ha ucciso i nonni e poi è entrato nel suo liceo,
aprendo il fuoco sugli studenti e i professori. Il giovane, prima di togliersi
la vita, ha ucciso dieci persone e ferito altre dodici.
● Devolution, superpremier, capo
dello Stato con qualche potere in meno, taglio dei parlamentari, Senato federale.
La riforma della Costituzione che il Senato italiano approverà domani,
ridisegna completamente l’architettura della Costituzione. Le novità più
significative riguardano il premier: il nuovo sistema prevede, di fatto, una
forma di elezione diretta del presidente del consiglio, che avrà il potere di
nominare e revocare i suoi ministri e di sciogliere la Camera.
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