RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 81 - Testo della trasmissione di martedì 22 marzo 2005

 

 

Sommario

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa prosegue in Vaticano la sua convalescenza: domani non è prevista l’udienza generale del mercoledì

 

10 anni fa Giovanni Paolo II firmava l’enciclica Evangelium Vitae. Sull’eutanasia scriveva: si raggiunge il colmo dell’arbitrio e dell’ingiustizia quando alcuni medici o legislatori si arrogano il potere di decidere chi debba vivere e chi debba morire

 

IN PRIMO PIANO:

Negli Stati Uniti il giudice federale respinge la richiesta dei genitori di Terri Schiavo di riprendere l’alimentazione assistita della figlia gravemente disabile. La donna, da 4 giorni senza acqua e cibo, condannata a morire: il commento di mons. Elio Sgreccia

 

Oggi Giornata mondiale dell’acqua: oltre un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile. L’ONU lancia il decennio di azione  per l’acqua: con noi Donata Lodi e padre Franco Moretti

 

Parte da Ancona la campagna per la moratoria del commercio delle armi leggere in Africa: ce ne parla Jean-Leonard Touadi

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi degli Stati Uniti lanciano la campagna per l’abolizione della pena di morte nel Paese

 

La Conferenza episcopale campana, quella pugliese, gli arcivescovi di Firenze e di Chieti-Vasto, invitano i credenti all’astensione sui referendum  sulla fecondazione assistita

 

Il governo tunisino ha concesso alla comunità cattolica la riapertura della Chiesa di San Giuseppe

 

http://www.fuci.it/

 

Inaugurata a Luanda, capitale dell’Angola, una nuova scuola dei salesiani di don Bosco

 

24 ORE NEL MONDO:

Kofi Annan ha presentato ieri al Palazzo di Vetro il rapporto sulle riforme dell’ONU

 

Al via oggi in Algeria il 17.mo vertice della Lega Araba. Al centro dei lavori la crisi in Medio Oriente

 

Sempre tesa la situazione in Kirghizistan. L’opposizione al presidente filo-russo Akayev ha preso il controllo delle due maggiori città  del sud

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 marzo 2005

 

 

IL PAPA PROSEGUE IN VATICANO LA SUA CONVALESCENZA:

DOMANI NON E’ PREVISTA L’UDIENZA GENERALE DEL MERCOLEDI’

 

Il Papa prosegue la sua convalescenza dopo l’operazione di tracheotomia dello scorso 24 febbraio e a nove giorni dal suo rientro in Vaticano dal Policlinico Gemelli. Domani perciò non è prevista l’udienza generale. Mercoledì scorso tuttavia il Papa si era affacciato a sorpresa verso le 11.20 dalla finestra del suo studio privato per salutare e benedire i numerosi fedeli, molti dei quali polacchi, che erano convenuti in Piazza San Pietro.

 

 

10 ANNI FA GIOVANNI PAOLO II FIRMAVA L’ENCICLICA EVANGELIUM VITAE,

SUL VALORE E L’INVIOLABILITA’ DELLA VITA UMANA

 

10 anni fa, il 25 marzo del 1995, Solennità dell’Annunciazione, Giovanni Paolo II firmava l’enciclica Evangelium Vitae, “sul valore e l’inviolabilità della vita umana”. Oggi, di fronte al dibattito creato dal caso di Terri Schiavo, la 41.enne americana gravemente disabile a causa di un attacco cardiaco e privata da quattro giorni dell’alimentazione assistita, rileggiamo la parte di questo documento in cui il Papa parla dell’eutanasia. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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Giovanni Paolo II in questa enciclica afferma che oggi è in atto una drammatica lotta tra la cultura della vita e la cultura della morte. “Il Vangelo della vita – scrive – sta al cuore del messaggio di Gesù. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso va annunciato con coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni epoca e cultura”.

 

Il Papa presenta dunque il documento non come un elenco di divieti che pure sono chiari: no all’aborto, no all’eutanasia, no alla pena di morte. Ma come un sì alla vita: dare la vita ai bambini ancora non nati, ai poveri, ai malati, ai moribondi per fame, ai condannati a morte. In questa prospettiva affronta il mistero del dolore nella vita e quello che definisce “il dramma dell’eutanasia”. L’uomo vuole eludere a tutti i costi il problema della sofferenza che oggi appare sempre più “come uno scacco insopportabile”: la morte diventa “una liberazione rivendicata quando l’esistenza è ritenuta ormai priva di senso perché immersa nel dolore”.

 

“In realtà – scrive – ciò che potrebbe sembrare logico e umano, visto in profondità si presenta assurdo e disumano. Siamo qui di fronte a uno dei sintomi più allarmanti della ‘cultura di morte’, che avanza soprattutto nelle società del benessere, caratterizzate da una mentalità efficientistica” secondo la quale “una vita irrimediabilmente inabile non ha più alcun valore”.

 

Il Papa ricorda che “per eutanasia in senso vero e proprio si deve intendere un’azione o un’omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore”. Da essa va distinto l’“accanimento terapeutico”: “quando la morte si preannuncia imminente e inevitabile – afferma – si può in coscienza “rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all’ammalato in simili casi”.

 

Fatte queste distinzioni, il Papa conferma “che l'eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana”.

 

“Anche se non motivata dal rifiuto egoistico di farsi carico dell’esistenza di chi soffre – aggiunge il Pontefice – l’eutanasia deve dirsi una falsa pietà … la vera ‘compassione’, infatti, rende solidale col dolore altrui, non sopprime colui del quale non si può sopportare la sofferenza. E tanto più perverso appare il gesto dell'eutanasia se viene compiuto da coloro che – come i parenti – dovrebbero assistere con pazienza e con amore il loro congiunto o da quanti – come i medici –, per la loro specifica professione, dovrebbero curare il malato anche nelle condizioni terminali più penose”.

 

“La scelta dell’eutanasia – continua il Papa – diventa più grave quando si configura come un omicidio che gli altri praticano su una persona che non l'ha richiesta in nessun modo e che non ha mai dato ad essa alcun consenso. Si raggiunge poi il colmo dell'arbitrio e dell’ingiustizia quando alcuni, medici o legislatori, si arrogano il potere di decidere chi debba vivere e chi debba morire”.

 

“Così – sottolinea Giovanni Paolo II – la vita del più debole è messa nelle mani del più forte; nella società si perde il senso della giustizia”.

 

“Ben diversa, invece – scrive – è la via dell'amore e della vera pietà, che la nostra comune umanità impone e che la fede in Cristo Redentore, morto e risorto, illumina con nuove ragioni. La domanda che sgorga dal cuore dell'uomo nel confronto supremo con la sofferenza e la morte, specialmente quando è tentato di ripiegarsi nella disperazione e quasi di annientarsi in essa, è soprattutto domanda di compagnia, di solidarietà e di sostegno nella prova. È richiesta di aiuto per continuare a sperare, quando tutte le speranze umane vengono meno”.

 

“La certezza dell'immortalità futura e la speranza nella risurrezione promessa – afferma ancora il Papa proiettano una luce nuova sul mistero del soffrire e del morire e infondono nel credente una forza straordinaria per affidarsi al disegno di Dio”. In questa prospettiva si può “vivere la propria morte come atto supremo di obbedienza al Padre, accettando di incontrarla nell’‘ora’ voluta e scelta da lui, che solo può dire quando il cammino terreno è compiuto”. E nella fede – conclude Giovanni Paolo II – si giunge a “riconoscere che la sofferenza, pur restando in se stessa un male e una prova, può sempre diventare sorgente di bene … se viene vissuta per amore e con amore, nella partecipazione … alla sofferenza stessa di Cristo crocifisso. In tal modo, chi vive la sua sofferenza nel Signore viene più pienamente conformato a lui e intimamente associato alla sua opera redentrice a favore della Chiesa e dell’umanità”.

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NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Daloa in Costa d’Avorio, presentata da mons. Pierre-Marie Coty, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Maurice Konan Kouassi, finora vescovo di Odienné.

 

Il Papa ha quindi nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Oviedo in Spagna, il reverendo Cecilio Raúl Berzosa Martínez, del clero dell’arcidiocesi di Burgos, professore di Teologia Dogmatica nella Facoltà di Teologia del Nord della Spagna (sedi di Burgos e di Vitoria), assegnandogli la sede titolare vescovile di Arcavica. Mons. Raúl Cecilio Berzosa Martínez è nato in Aranda de Duero, arcidiocesi di Burgos, il 22 novembre 1957. L’8 novembre 1982 è stato ordinato sacerdote. E’ autore di numerose pubblicazioni su temi di teologia, spiritualità, pastorale e relazioni tra fede e cultura.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il Medio Oriente: il controllo della città di Tulkarem passa all’Autorità Palestinese. 

Stati Uniti: respinto il ricorso dei genitori di Terri Schiavo. Sempre negli USA: un ragazzo compie una strage in un liceo del Minnesota.

 

Nelle vaticane, due pagine dedicate alla celebrazione della Domenica delle Palme nelle diocesi italiane.

 

Nelle estere, ONU: Kofi Annan presenta all’Assemblea generale il progetto di riforma dell’Organizzazione; proposta una risoluzione per definire le modalità sull’uso della forza.  

 

Nella pagina culturale, un articolo di Egidio Picucci dal titolo “La Cappadocia: un’immensa cattedrale a cielo aperto”; le preziose testimonianze del monachesimo nell’Anatolia.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Vittorino Grossi dal titolo “Dagli schemi di predicazione emergono i temi centrali della Riforma”: il volume 2 dei “Discorsi” di Girolamo Seripando a cura di Alfredo Marranzini.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema delle riforme costituzionali.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 marzo 2005

 

 

NON ALIMENTARE TERRI SCHIAVO: E’ LA DRAMMATICA DECISIONE

DEL GIUDICE FEDERALE, CHE HA CONFERMATO IL PROVVEDIMENTO

 DEL TRIBUNALE DELLA FLORIDA. SHOCK E AMAREZZA TRA COLORO CHE,

IN TUTTO IL MONDO, STANNO SEGUENDO COMMOSSI LA VICENDA DELLA DONNA,

IN GRAVE STATO DI DISABILITA’ DA 15 ANNI

- Ai nostri microfoni Elio Sgreccia e Maria Luisa Di Pietro -

 

Il tribunale federale ha detto “no” al ripristino dell'alimentazione forzata per Terri Schiavo. Il giudice della Corte distrettuale di Tampa, in Florida, James Whittemore, ha respinto dunque il ricorso presentato dai genitori della donna. Per permettere a Bob e Mary Schindler di salvare la figlia, il cui sostentamento attraverso un tubo è stato sospeso su ordine della magistratura locale, il Congresso aveva approvato a tempo di record un disegno di legge che permetteva di ricorrere alla giustizia federale. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Terri non deve vivere: il giudice federale di Tampa, James Whittemore, ha deciso che non venga reinserito il tubo, che permette l’alimentazione di Terri Schiavo. Una decisione che mortifica le speranze della famiglia e di quanti negli Stati Uniti, e non solo, stanno seguendo con commozione la vicenda della donna. “E’ saggio sbagliare in favore della vita”: solo ieri, con queste parole, il presidente americano Bush aveva spiegato la motivazione della firma di una legge, che rimetteva appunto nelle mani del giudice federale, Whittemore, la sorte di Terri Schiavo. Alla donna 41enne - colpita 15 anni fa da un attacco cardiaco, e che da allora vive in uno stato di grave disabilità, ma non è in coma – da venerdì scorso sono stati rimossi i tubi, che ne permettono l’alimentazione e l’idratazione. Subito dopo la drammatica decisione - presa dal giudice della Florida, su richiesta del marito - i genitori di Terri, con un accorato appello, avevano chiesto al Congresso americano di intervenire. I due rami del Parlamento, convocati in via eccezionale di domenica, avevano approvato a tempo di record la legge n.686. Una legge per la vita, che ha raccolto il consenso trasversale di entrambi i partiti, Repubblicano e Democratico. Il presidente Bush era tornato in tutta fretta dal Texas a Washington per firmare la legge. Sforzi inutili. Dal canto loro, i famigliari di Terri hanno sempre chiesto il rispetto della sua persona. Ecco la testimonianza del fratello, Bobby, alla Fox News:

 

R. - TERRI IS VERY MUCH ALIVE…

Terri è viva, respira, mangia in maniera differente da noi, ma cerca di comunicare con noi, ha bisogno di essere nutrita. Certamente non ci ha abbandonato e noi non l’abbandoneremo. Faremo tutto ciò che è possibile per prenderci cura di lei. Il nostro unico scopo è quello di portare Terry ad essere parte di nuovo della nostra famiglia.

 

I genitori di Terri hanno ancora la possibilità di ricorrere in appello contro la decisione del giudice  Whittemore. Ma il tempo, intanto, corre inesorabile: secondo i medici dal momento del distacco dei tubi dell’alimentazione, la sopravvivenza di Terri Schiavo potrà arrivare al massimo a due settimane. Quattro giorni se ne sono già andati via.

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Sconcerto e amarezza: con questi sentimenti il vescovo Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita ha accolto la notizia della decisione presa dal giudice federale sulla vicenda Terri Schiavo. Ascoltiamo il presule, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Debbo confermare il giudizio morale che non cambia, perché rimane un atto illecito e grave, tanto più grave in quanto sembra che decidere su chi deve vivere e su chi deve morire ormai sia questione di tribunale ... Pertanto, confermo il giudizio negativo, non soltanto sulla sottrazione degli alimenti, ma anche sulla sentenza che intende legittimarla. Speriamo che questi esempi non vengano seguiti da altre simili sentenze.

 

D. – E’ davvero, poi, un drammatico paradosso parlare di eutanasia in questo caso, quando purtroppo Terri Schiavo morirà per fame e per sete ...

 

R. – Infatti, non è eutanasia nel senso letterale della parola; non è una buona morte, è una morte provocata attraverso una forma crudele. Non è un atto medico. E’ una sottrazione dell’acqua e del cibo necessari per provocare la morte, che sarebbe venuta prima o poi, meno sofferta.

 

D. – Cosa si può trarre, come lezione, da questa terribile vicenda?

 

R. – Io credo che l’atto di bene e di bontà di quanti hanno espresso solidarietà con la famiglia, rimane un atto di grande merito e anche la difesa pubblica è stata una manifestazione di volontà doverosa. Spiace che la vicenda rientri, forse, in un meccanismo di enfatizzazione che ha intenzione di favorire la legittimazione della cosiddetta eutanasia, in simili casi dove spesso giocano interessi di altro genere.

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Il caso Terri Schiavo sta lacerando l’America, ma in realtà la sua è una vicenda che pone interrogativi profondi ad ognuno di noi. Ecco la riflessione della prof.ssa Maria Luisa Di Pietro, dell’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, raccolta da Alessandro Gisotti:

 

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R. - Terribile è la decisione che è stata presa di sospendere l’alimentazione e l’idratazione ad una persona che, tra l’altro, non può difendersi da quello che le stanno facendo. Lo scopo che si vuole raggiungere è farla morire e la modalità stessa è atroce e non si riserverebbe questo tipo di comportamento neanche ad altre specie viventi alle quali noi diamo le cure pur non potendoci relazionare con esse.

 

D. – Quindi è assolutamente scorretto parlare di accanimento terapeutico …

 

R. – Non si tratta assolutamente di accanimento terapeutico dal momento che ciò che le viene dato fa parte delle cure, e alimentare ed idratare una persona significa, semplicemente, dare la possibilità, a questa persona, di mantenersi in vita.

 

D. – Le immagini di Terri, che hanno colpito tutto il mondo, mostrano una donna in grado di sorridere, una donna che sembra esprimere degli stati d’animo … eppure molti medici parlano di stato vegetativo di Terri Schiavo …

 

R. – Dalle notizie che arrivano non si è ancora capito quale sia, realmente, lo stato clinico di Terri Schiavo, ma anche qualora si trattasse di uno stato vegetativo di non più funzionamento di quelle parti del cervello che sono deputate anche alla vita di relazione, la sostanza non cambia. La signora Terri Schiavo è comunque viva e, comunque, una persona da rispettare e, per questo motivo, va sostenuta, va tutelata.

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IN OCCASIONE DELL’ODIERNA GIORNATA MONDIALE DELL’ACQUA, L’ONU LANCIA

 IL DECENNIO INTERNAZIONALE DI AZIONE INCENTRATO SUL TEMA “ACQUA PER LA VITA”

- Intervista con Donata Lodi e padre Franco Moretti -

 

Il 18 per cento della popolazione mondiale, oltre un miliardo di persone, non ha accesso all’acqua potabile. Per cercare di affrontare questa emergenza, l’ONU lancia oggi, Giornata mondiale dell’acqua, il “Decennio internazionale di azione” dedicato al tema “Acqua per la vita”. Nel suo messaggio il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, sottolinea come sia necessaria “una rivoluzione blu”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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(musica)

 

“Non sconfiggeremo l’Aids, la tubercolosi, la malaria o nessuna altra malattia infettiva nei Paesi in via di sviluppo fin quando non saremo in grado di vincere la battaglia per l’acqua potabile, la salute pubblica e la sanità di base”. A questa constatazione di Kofi Annan si aggiungono anche le preoccupazioni dell’UNICEF, che ha attivato a campagna internazionale “Acqua per la vita” finalizzata a portare acqua potabile in case e scuole di tutto il mondo. Per conoscere i particolari di questa iniziativa ascoltiamo Donata Lodi, portavoce italiana dell’UNICEF:

 

R. - Questa campagna che è stata lanciata dall’UNICEF, insieme a tutte le agenzie delle Nazioni Unite, punta a garantire a tutti i bambini i servizi essenziali in termini di acqua potabile. Basterebbero 20 litri di acqua potabile, due secchi d’acqua pulita, per tutti i bambini del mondo, per ridurre drasticamente la mortalità infantile dovuta alle malattie legate alla contaminazione dell’acqua. Ogni anno, nel mondo, muoiono un milione e 600 mila bambini proprio per malattie dovute all’acqua inquinata.

 

D. - La crisi dell’acqua è determinata da vari fattori quali ’aumento della popolazione mondiale, dallo spreco e da difetti nella distribuzione. Ma l’elemento più inquietante sembra la mancanza di considerazione per l’acqua in una società consumistica e materialista… Ascoltiamo ancora Donata Lodi:

 

R. – C’è una crisi a livello globale perché nei Paesi occidentali siamo abituati a dare l’acqua per scontata. Nessuno, per esempio, considera importante investire per garantire le forniture idriche ai Paesi dell’Africa a sud del Sahara, dove il 43 per cento dei bambini usa soltanto acqua contaminata.

 

Il diritto all’acqua non è ancora formalmente riconosciuto dalla comunità internazionale. Perché?

 

R. – Non è riconosciuto perché l’acqua è avvertita più come una risorsa. Sull’acqua ci sono in molti Paesi speculazioni di tipo economico: l’acqua è spesso considerata un bene, una risorsa da utilizzare e da commercializzare.

 

D. - L’acqua potrà essere nel XXI secolo ciò che è stato il petrolio nel XX secolo, ovvero una delle cause di conflitti e tensioni mondiali?

 

R. – Già lo è! Basta guardare, ad esempio, lo scenario mediorientale, dove attorno all’acqua del Giordano ruotano molti aspetti non irrilevanti del conflitto israelo-palestinese; oppure, tutta l’area del nord dell’Iraq, dove la gestione dei fiumi e delle dighe ha provocato tensioni e squilibri notevoli! Lo stesso vale per gran parte dei Paesi dell’Africa ma anche dell’Asia centrale.

 

In occasione del “Forum per l’acqua nel mondo”, tenutosi a Kyoto nel 2003, la Chiesa ha ribadito con forza il suo fermo sostegno all’acqua con un documento del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Nel testo, intitolato “L’acqua, elemento essenziale per la vita”, si sottolinea come questa risorsa abbia un’importanza speciale anche per le grandi religioni; nella tradizione giudaico-cristiana Dio è presentato come “fonte di acqua viva”. Ma quale significato ha l’acqua per la Chiesa cattolica ed in particolare per la Chiesa africana? Ascoltiamo il missionario comboniano, padre Franco Moretti,  che ha lavorato per 23 anni in Kenya:

 

R. – Acqua è sinonimo di vita, di purezza e di vitalità! Senza l’acqua c’è morte; acqua e luce vanno di pari passo. In Africa ci si rende conto che questa risorsa manca in molte parti del Continente. Spesso si battezza sotto una roccia e tutto attorno c’è deserto. Viene, quindi, subito spontaneo sentire il bisogno di far qualcosa, perché quest’acqua così osannata nella liturgia poi possa essere utilizzata nella vita di ogni giorno!

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Oltre due miliardi di persone ogni anno sono colpite da malattie legate alla carenza di acqua potabile ed almeno 1,5 miliardi di uomini e donne, che vivono in Cina e in India, non hanno accesso a condizioni igieniche di base. Le vittime della malaria sono, ogni anno, più di un miliardo e 300 milioni. Il 42 per cento della popolazione Africa sub-sahariana non ha accesso all’acqua potabile. L’86 per cento dei disastri naturali degli ultimi 15 anni sono stati causati da inondazioni e siccità.

 

 

PARTE DA ANCONA LA CAMPAGNA PER LA MORATORIA

 DEL COMMERCIO DELLE ARMI LEGGERE IN AFRICA

- Intervista con Jean Leonard Touadi -

 

Si è svolto in questi giorni ad Ancona il Convegno ‘Chiama l’Africa’. L’incontro, giunto al suo quarto appuntamento e organizzato dal mondo associativo marchigiano in collaborazione con le comunità africane del luogo, ha messo in evidenza, attraverso numerose testimonianze, l’attuale ruolo dell’Africa rispetto all’Occidente. Parte centrale del Convegno, è stato il lancio di una campagna per la moratoria del commercio delle armi leggere in Africa. Il servizio di Marina Tomarro.

 

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Trasformare le fabbriche dove si producono armi in luoghi per costruire la pace e il benessere è una delle proposte della campagna per la moratoria del commercio delle armi leggere in Africa. Ascoltiamo il giornalista congolese Jean Leonard Touadi:

 

R. - Ciò che possiamo constatare nei conflitti africani è che non arriva il cibo, non arriva il pane, non arrivano le medicine, ma le armi arrivano sempre e comunque, per cui chiediamo che ci sia una moratoria, che i Paesi che producono le armi possano smettere, almeno per un anno, di vendere le armi perché sono strumenti di morte.

 

D. – Sono molti i Paesi che producono le armi ...

 

R. – Intanto, tutti i Paesi che siedono al Consiglio di Sicurezza dell’ONU sono anche i maggior produttori di armi, per cui il paradosso è proprio questo: il Consiglio di Sicurezza, che dovrebbe essere la sede dove si pianificano le condizioni per la pace e per la dignità dei popoli, è anche la sede dove siedono i Paesi che maggiormente vendono armi.

 

Le vittime delle armi in Africa sono soprattutto donne e bambini. E’ impressionante vedere in Paesi come l’Angola, il Congo, oppure in altri appena usciti dalla guerra come la Sierra Leone e la Liberia, la quantità di persone mutilate.  Proprio la sofferenza di questa gente deve diventare un monito per bandire il commercio mondiale delle armi. Ma da chi devono essere prese le soluzioni concrete contro questo strumento di morte? Ascoltiamo ancora Touadi:

 

“Da africano, direi, che la prima responsabilità tocca ai dirigenti politici africani che devono seriamente pensare di non spendere i soldi per la compravendita delle armi e di spendere, i pochi soldi di cui dispongono, per le armi della cultura, per le armi della valorizzazione della risorsa umana. Quindi è una scelta che tocca prima di tutto ai dirigenti africani e, in secondo luogo, ai Paesi che queste armi le producono”.

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CHIESA E SOCIETA’

22 marzo 2005

 

 

i vescovi degli Stati Uniti mettono in primo piano l’impegno per l’abolizione della pena di morte nel Paese con il lancio

 di una nuova campagna. ieri A Washington nel corso della conferenza stampa di presentazione

il cardinale Theodore Mc Carrick, arcivescovo della citta’, ha affermato “non possiamo difendere la vita

sopprimendo una vita”

- A cura di Paolo Mastrolilli -

 

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NEW YORK. = “Cristo morì come un criminale, brutalmente giustiziato”. Il cardinale di Washington, Theodore Mc Carrick, ha usato l’esempio più forte possibile per lanciare la nuova campagna dei vescovi americani contro la pena di morte, all’inizio della Settimana Santa. “Noi - ha aggiunto il prelato - non possiamo insegnare che uccidere è sbagliato, uccidendo, e non possiamo difendere la vita, togliendo la vita”. Mc Carrick ha aggiunto che ora la Chiesa chiede agli Stati di rinunciare alle esecuzioni se hanno altri strumenti per proteggere la società. Questo, secondo il cardinale di Washington, è sicuramente il caso degli Stati Uniti e quindi i vescovi hanno deciso di lanciare la nuova campagna per abolire la pena di morte. L’iniziativa si baserà tanto sull’insegnamento nelle parrocchie e fra i fedeli quanto nell’azione di lobby tra i politici, affinché favoriscano l’abrogazione delle esecuzioni. Mc Carrick ha citato anche alcuni nuovi sondaggi, secondo cui l’opinione degli americani sta cambiando. Finora una netta maggioranza favoriva la pena di morte, ma adesso il Paese è diviso a metà, anche a causa degli errori giudiziari commessi negli ultimi anni. I vescovi quindi vedono lo spazio per un’iniziativa che potrebbe portare alla fine delle esecuzioni.

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LA CONFERENZA EPISCOPALE CAMPANA, QUELLA PUGLIESE, GLI ARCIVESCOVI DI FIRENZE E DI CHIETI-VASTO, INVITANO I CREDENTI

AL NON-VOTO PER I REFERENDUM ABROGATIVI DELLA LEGGE SULLA FECONDAZIONE ASSISTITA

 

ROMA. = I vescovi della Conferenza episcopale pugliese, in un documento del 18 marzo scorso, riconoscono doverosa l’indicazione di non partecipare al voto referendario. Questo “non per un disimpegno – affermano - ma per una scelta costituzionalmente legittima e insieme forte ed efficace”. I vescovi pugliesi, si dicono non contrari al progresso delle scienze e delle tecnologie, in particolare, di quelle che prevengono e curano le malattie. Tuttavia, “nell'intento di servire l’uomo e di sostenere la famiglia”, si schierano contro “quelle forme di interventi che ledono e sopprimono la vita nascente”. Anche i vescovi della Campania sono intervenuti nei giorni scorsi, invitando i fedeli a non votare i referendum. Per loro la legge ha il merito di salvaguardare alcuni principi essenziali della verità evangelica. Aspetti questi che, al contrario, non sono difesi da nessuna delle proposte di modifica previste dal referendum. Dello stesso avviso è l’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte. Per lui “non è moralmente lecito agire sull’embrione quasi non avesse valore di essere umano”, per cui il non voto è “la migliore delle ipotesi possibili in questo caso”. Nel corso del tradizionale incontro pre-pasquale con i cristiani impegnati in politica, il cardinale Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze, ha invitato tutti ad essere “coraggiosi” davanti a leggi che contrastano con i propri valori. “Non ci si può limitare a negoziare - ha detto - in questo caso può essere necessaria una presa di posizione ferma e coraggiosa anche a rischio di trovarsi minoritari o isolati”. Infine, in vista del referendum, il Movimento ecclesiale di impegno culturale (MEIC) offre un sussidio per “affrontare con consapevolezza l’appuntamento referendario”. Il volume dal titolo “Le mani sull’uomo. Quali frontiere per la biotecnologia?”, è stato scritto dai giuristi del MEIC Renato Balduzzi, Mario Cirotto e da mons. Ignazio Sanna, assistente nazionale del MEIC e prorettore dell’Università Lateranense. (E. B)

 

 

Il governo tunisino ha concesso alla comunità cattolica

la riapertura della chiesa di san Giuseppe. Collocata nell’isola di Jerba,

la chiesa, dal 1964, era sotto il controllo delle autorità locali

in virtù di accordi con la santa sede

 

TUNISI. = Il Governo della Tunisia, Paese a maggioranza islamica, ha ceduto alla comunità cattolica dell’isola di Jerba la chiesa di San Giuseppe su richiesta di mons. Fouad Twal, arcivescovo di Tunisi. Il prelato ha spiegato che la concessione è stata annunciata dal ministro degli Esteri il 18 febbraio scorso in risposta all’aumento dei turisti nell’isola, soprattutto italiani e tedeschi. La decisione del presidente tunisino desidera manifestare l’interesse per la “promozione dei principi del dialogo tra le religioni”, ha affermato mons. Twal. In realtà si tratta di una riapertura della chiesa. Infatti, il suo controllo era stato assunto dal Governo tunisino nel 1964 quando gli era stata ceduta in virtù degli accordi stabiliti con la Santa Sede. La presenza dei cattolici a Jerba risale ai primi secoli della nostra era. L’isola conserva le vestigia di un Vescovado e di numerose basiliche. Il 98 per cento dei quasi dieci milioni di abitanti della Tunisia è musulmano. I cattolici sono una piccola minoranza, anche se buona parte dei turisti sono cattolici provenienti dai Paesi europei. (E. B)

 

 

La federazione degli universitari cattolici da ieri ha un nuovo sito. www.fuci.it  sarà un nuovo spazio informativo teso al miglioramento

delle potenzialità comunicative dei giovani studenti

 

ROMA. = Ieri la Fuci, la Federazione degli universitari cattolici, ha attivato il suo nuovo sito internet. Il nuovo spazio, che risponde all’indirizzo www.fuci.it, si presenta come campo di informazione sulla federazione, ma anche come luogo di discussione sui temi sociali, culturali, legati al mondo universitario e giovanile. Il rinnovamento del sito si inserisce nel quadro di un più ampio sforzo comunicativo intrapreso della federazione. “Vogliamo una Fuci impegnata e rigorosa - ricorda la presidente Enrica Belli - ma anche estroversa, che faccia del dialogo il proprio stile quotidiano. Lo studio e l’approfondimento che da sempre portiamo avanti hanno bisogno di essere comunicati all’esterno”. Sul nuovo sito una sezione è dedicata al prossimo convegno nazionale, dal tema “Facoltà di partecipazione. Cittadinanza studentesca e ruolo dell’università fra Italia ed Europa”, che si svolgerà a Cosenza dal 14 al 17 aprile. (E. B.)

 

 

IL MESE SCORSO A LUANDA, CAPITALE DELL’ANGOLA, L’INAUGURAZIONE

DI UNA NUOVA SCUOLA DEI SALESIANI DI DON BOSCO. GRAZIE A QUESTA STRUTTURA, REALIZZATA IN APPENA UN ANNO E MEZZO, MIGLIAIA DI STUDENTI POTRANNO USUFRUIRE DEGLI INSEGNAMENTI DEI DOCENTI

 

LUANDA. = Una nuova scuola dei salesiani di don Bosco è sorta a Lixeira, immensa “favela” alla periferia di Luanda, capitale dell’Angola, dove la maggioranza dei residenti vive senza acqua, senza energia elettrica e circondata dai rifiuti. Lo riferisce l’ANS, l’Agenzia nazionale dei salesiani, sottolineando che l’edificio è stato costruito in appena un anno e mezzo. L’inaugurazione ufficiale è avvenuta il mese scorso alla presenza del ministro dell’Educazione, Antonio Burity da Silva. Inoltre, lo scorso 5 marzo è giunto in visita il cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, che è rimasto profondamente colpito dalle condizioni in cui vive la popolazione. La nascita dell’istituto scolastico è importante soprattutto perché, in questo municipio di circa 700 mila abitanti, finora non esisteva nessuna scuola. Così, da oltre un mese a questa parte, 3.800 studenti-lavoratori possono usufruire degli insegnamenti impartiti dai docenti. Lo scopo finale è migliorare le condizioni di vita degli abitanti di Lixeira, persone in maggioranza povere che hanno perso le speranze nel futuro. Nel progetto hanno investito la cooperazione portoghese, spagnola e dell’Unione europea, oltre a due organizzazioni non governative salesiane: il Vis, Volontariato internazionale per lo sviluppo, e il Jtm, Giovani per il terzo mondo. (E. B.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

22 marzo 2005

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

 

  Sei mesi di tempo per cambiare il volto delle Nazioni Unite, al centro di una crisi di credibilità: è la proposta lanciata dal segretario generale, Kofi Annan, che ieri sera ha esposto al Palazzo di Vetro il suo rapporto di 63 pagine. L’ONU entra così nel vivo del tentativo di dar vita alla riforma più profonda da quando l’organizzazione fu fondata nel 1945. L’obiettivo è arrivare al vertice del 60.esimo anniversario delle Nazioni Unite, dal 14 al 16 settembre prossimi, con gran parte delle scelte già prese da parte degli Stati. Tra i due modelli proposti per il nuovo Consiglio di sicurezza, sembra favorita l’ipotesi di creare altri sei membri permanenti, da affiancare agli attuali 5, ma senza diritto di veto. Su come le Nazioni Unite potranno organizzarsi nel futuro, sentiamo la nota da Washington di Empedocle Maffia:

 

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Kofi Annan consegna ai Paesi dell’ONU un progetto costruito sulle rotture di questi ultimi anni e sulle sfide dei prossimi. Riconosce che il Nuovo Millennio ha fatto esplodere il problema della sicurezza rispetto al terrorismo e chiede che nuove forme di impegno collettivo a sconfiggerlo diventino patrimonio comune. Ma Kofi Annan legge anche altri rischi per la sicurezza, quelli dello sviluppo sbilanciato, delle malattie non ancora debellate, della democrazia non presente ovunque, e inquadra questi obiettivi da raggiungere in una dimensione che deve riguardare tutto il pianeta: quello del rispetto dei diritti umani, base di dignità per l’uomo e di legalità per gli Stati. Il segretario riconosce che la struttura dell’ONU va cambiata e fissa, nel prossimo settembre, la scelta della nuova identità. Non si pronuncia su quale debba essere, ma richiama un principio: che le decisioni vengano prese riconoscendo le realtà non solo dei rapporti di forza, ma anche di quelli geopolitici quali sono oggi, come dire che l’ONU sarà più forte solo se gli Stati, che ne sono parte, sapranno interpretare la volontà dei popoli di affidarsi ad una suprema autorità internazionale.

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Si è aperto il sipario, questa mattina al Palazzo delle Nazioni, alla periferia della capitale algerina, sul 17.esimo vertice della Lega Araba. All’incontro, che si concluderà domani, partecipano i leader dei 22 Paesi dell’organizzazione panaraba, 13 dei quali rappresentati da capi di Stato e sovrani. Il nostro servizio:

 

 

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Sicurezza e sovranità del Libano, situazione in Iraq e in Sudan ma soprattutto gli sviluppi della crisi israelo-palestinese: sono questi i temi al centro del vertice della Lega Araba, che si è aperto oggi in un’Algeri blindata. L’appuntamento sarà, dunque, l’occasione per rilanciare l’iniziativa saudita per il processo di pace in Medio Oriente, approvata nel 2002 dal vertice di Beirut. La proposta prevede il riconoscimento dello stato di Israele da parte di tutti gli Stati arabi, in cambio del ritiro delle truppe israeliane ai confini antecedenti alla guerra del 1967, la definizione del diritto al ritorno dei profughi palestinesi ed un’intesa per la creazione di uno Stato palestinese indipendente con capitale Gerusalemme est. E il vertice sembra essersi aperto in un momento positivo per il cammino di riconciliazione. L’esercito israeliano ha tolto oggi il principale posto di blocco nella regione di Tulkarem, in Cisgiordania, che era chiuso ai palestinesi da oltre quattro anni. La città cisgiordana, infatti, è tornata ieri sotto il totale controllo dell’Autorità nazionale palestinese, nel contesto di un pacchetto di misure volte a rafforzare la fiducia reciproca deciso a febbraio, nel vertice di Sharm el-Sheikh, in Egitto. Nei prossimi giorni, inizieranno anche i colloqui per il passaggio di consegne di Kakilya, dopo Tulkarem, appunto, e Gerico.

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È vicina l’intesa tra sciiti e curdi per il nuovo governo iracheno: entro domenica, infatti, dovrebbe essere firmato un accordo di spartizione degli incarichi. 16 o 17 posti andrebbero agli sciiti, 7 o 8 ai curdi, tra 4 e 6 alla minoranza sunnita. Ancora da risolvere, tuttavia, il nodo di Kirkuk, la città petrolifera che i curdi vorrebbero includere nella loro regione. Nel Paese del Golfo, comunque, la tensione resta alta. L’autista di un generale iracheno, alto funzionario del ministero dell’Interno, è stato ucciso stamani a Baghdad da uomini armati, mentre a bordo della sua auto andava al lavoro. Un soldato statunitense, invece, ha perso la vita ieri mattina nella provincia di al-Anbar, nella regione occidentale dell’Iraq. Il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, intanto, ha conferito “Motu proprio”, al Capo dipartimento del Sismi, Nicola Calipari, la medaglia d’oro al valor militare alla memoria. L’agente ha perso la vita in Iraq, lo scorso 4 marzo, durante le operazioni per la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena. 

 

Ancora calde le polemiche sulla riforma del Patto di stabilità, approvata domenica, l’attenzione dei vertici europei si concentra oggi e domani a Bruxelles anche sulla revisione della strategia di Lisbona e delle regole di Maastricht. Giada Aquilino ne ha parlato con Adriana Cerretelli, caporedattore del Sole 24 Ore a Bruxelles:

 

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R. – L’attenzione dei capi di Stato e di governo sarà maggiormente concentrata sul rilancio della competitività europea, quella che si chiama in gergo “l’Agenda di Lisbona”. Ma su tutto questo, dominerà senz’altro la crisi francese, cioè il fatto che gli ultimi sondaggi diano in vantaggio il “no” sul “sì” alla ratifica della Costituzione europea da parte di Parigi.

 

D. – Quali conseguenze potrebbero esserci?

 

R. – Sarebbero conseguenze devastanti, qualora ci fosse un “no”. Il problema è nato dalla direttiva sulla liberalizzazione dei servizi. Tale disposizione viene accusata di scatenare il dumping sociale, cioè nell’Europa oggi allargata ai Paesi dell’Est - dove ci sono divari di sviluppo e di tipo sociale molto profondi - i francesi temono che la liberalizzazione dei servizi possa portare offerta da parte di piccole imprese con salari talmente bassi da mettere a repentaglio la sopravvivenza dei propri lavoratori. Non c’è dubbio che certi Paesi dell’Est oggi siano la Cina in casa nostra, ci fanno una grossa concorrenza; però è anche vero che offrono un indubbio vantaggio per i consumatori e per i cittadini, cioè la prospettiva di un calo dei prezzi dei servizi.

 

D. – La revisione della strategia di Lisbona è al centro dei lavori. Cos’è fallito, finora?

 

R. – I governi si sono poco occupati di riforme. Oggi, la nuova riforma di Lisbona punta sulla competizione globale, dunque sulla ricerca d’innovazione, sulla formazione permanente. Cerchiamo, in sostanza, di creare un’Europa dell’eccellenza, dei prodotti migliori, delle produzioni migliori.

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Tensione ancora alta in Kirghizistan, dove negli ultimi tre giorni gli oppositori del presidente filo-russo Askar Akayev hanno preso il controllo delle due maggiori città  del sud, Osh e Jalal-Abad, e si organizzano adesso per marciare sulla capitale, Bishkek. Malgrado gli appelli al dialogo, lanciati da Russia e Stati Uniti, il rischio di una guerra civile è quanto mai concreto. Il capo di Stato kirghizo ha, comunque, sottolineato che non verrà dichiarato lo stato d’urgenza, pur definendo le contestazioni del sud “un colpo di Stato” finanziato e diretto all’estero. L’annuncio è stato fatto durante un discorso alla Nazione pronunciato davanti al nuovo Parlamento. Il servizio di Fabrizio Vielmini:

 

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Gli insorti hanno bloccato l’emissione delle comunicazioni di queste regioni montuose di difficile accesso, cosicché il Paese si trova ora spaccato a metà: il Nord, rimasto sotto il controllo del regime del presidente Askar Akayev, e il Sud, che rifiuta il potere della capitale. Qui i poteri pubblici sono stati espulsi dagli edifici amministrativi o vi si trovano assediati, circondati da folle urlanti. Ad Osh, la capitale regionale, bande di giovani, spesso in stato d’ebbrezza, hanno spadroneggiato a lungo sulla città distruggendo negozi e quant’altro trovassero sul loro cammino. Nel secondo centro regionale, Jalal Abad, dove domenica le teste di cuoio del ministero dell’Interno avevano cercato di riprendere il controllo del Palazzo del governo, l’opposizione dichiara di essere ora in grado di assicurare essa stessa l’ordine pubblico. Nessuno è in grado di fare previsioni su come la situazione possa evolvere. L’opposizione cerca di cavalcare la protesta, ma non sempre è in grado di controllarla fino in fondo. Akayev cerca di appoggiarsi sulla Russia, la quale, però, resta, per il momento, circospetta, timorosa di ripetere gli errori compiuti in Ucraina ed in Georgia.

 

Da Alma Ata, Kazakistan, per la Radio Vaticana, Fabrizio Vielmini.

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La Corea del Nord non ha deciso di abbandonare il tavolo delle trattative per ricercare una soluzione alla crisi nucleare. Lo ha sottolineato oggi il primo ministro coreano, in visita ufficiale in Cina. Il premier ha, inoltre, precisato che Pyongyang rientrerà nelle trattative quando i “tempi saranno maturi”. Ai colloqui a sei partecipano le due Coree, la Cina, gli Stati Uniti, la Russia e il Giappone. Dopo tre infruttuosi round, i colloqui sono sospesi dalla scorsa estate, soprattutto per l’opposizione di Pyongyang a partecipare ad una nuova tornata. Ieri, sempre a Pechino, il segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha invitato Pyongyang a tornare al tavolo delle trattative “subito e con un atteggiamento costruttivo”.

 

Sono almeno 35 le persone decedute e 700 quelle ferite per il passaggio del tornado che la notte scorsa ha devastato il Bangladesh settentrionale, lasciando migliaia di senzatetto. Il bilancio delle vittime è ancora provvisorio. Le ricerche di superstiti e il lavoro dei soccorritori è stato rallentato da altre piogge torrenziali e dalle molte strade interrotte da alberi e macerie.

 

Gli ambasciatori a Cuba dei Paesi dell’Unione europea hanno incontrato ieri all’Avana i principali esponenti dell’opposizione al regime di Fidel Castro. Si tratta del primo incontro dalla sospensione temporanea delle sanzioni diplomatiche UE all’isola. L’Unione Europea ha sospeso temporaneamente il 31 gennaio scorso le sanzioni imposte a Cuba nel giugno 2003 per protesta contro l’arresto di 75 dissidenti e la fucilazione di tre dirottatori di un traghetto. Le sanzioni saranno ridiscusse dai 25 nel giugno prossimo.

 

Ennesima strage in una scuola americana. Nell’estremo nord del Minnesota, in una riserva di indiani della tribù Chippewa, un ragazzo ha ucciso i nonni e poi è entrato nel suo liceo, aprendo il fuoco sugli studenti e i professori. Il giovane, prima di togliersi la vita, ha ucciso dieci persone e ferito altre dodici.

 

Devolution, superpremier, capo dello Stato con qualche potere in meno, taglio dei parlamentari, Senato federale. La riforma della Costituzione che il Senato italiano approverà domani, ridisegna completamente l’architettura della Costituzione. Le novità più significative riguardano il premier: il nuovo sistema prevede, di fatto, una forma di elezione diretta del presidente del consiglio, che avrà il potere di nominare e revocare i suoi ministri e di sciogliere la Camera.

 

 

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