RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
80 - Testo della trasmissione di lunedì 21
marzo 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il dottor Alberto Gasbarri nuovo direttore tecnico della Radio
Vaticana
IN PRIMO PIANO:
Si celebra oggi la Giornata internazionale contro il
razzismo: ce ne parla Marco Bertotto
10.ma Giornata
italiana contro le mafie: intervista con don Luigi Ciotti
CHIESA E SOCIETA’:
Ieri pomeriggio a Gerusalemme la tradizionale processione delle Palme
I
vescovi americani lanciano una nuova campagna contro la pena di morte negli
Stati Uniti
In Medio Oriente Israele progetta la costruzione a Gerusalemme di oltre 3500 case. Rinviato il passaggio di Tulkarem ai palestinesi
In Kirghizistan almeno 10 morti in scontri tra forze di polizia e manifestanti scesi in piazza per contestare il risultato delle elezioni del 13 marzo
21
marzo 2005
CAMBIARE IL LINGUAGGIO DELLA CULTURA
EVITANDO COMPORTAMENTI E SVAGHI ECCESSIVI:
L’INVITO DEL PAPA NEL MESSAGGIO AI GIOVANI
DELL’UNIV 2005,
RADUNATISI NELL’AULA PAOLO VI IN VATICANO
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Spetta ai giovani cambiare la cultura e
i linguaggi, tralasciando però gli eccessi e i rumori che propongono e di cui
si nutrono alcuni tipi di svaghi. L’esortazione di Giovanni Paolo II ai circa
quattromila giovani dell’incontro studentesco “UNIV 2005” è giunta questa
mattina per bocca dell’arcivescovo Leonardo Sandri, sostituto della segreteria
di Stato, che ha presenziato in Aula Paolo VI alla 38.ma edizione di un
appuntamento nato nel 1968 su l’ispirazione di san Josemaría Escrivá, fondatore
dell’Opus Dei. Organizzato dall’ICU, l’Istituto per la Cooperazione
Universitaria, il tema UNIV di quest’anno - “Progettare la cultura: il linguaggio della musica” – vedrà i
giovani, provenienti da 30 università italiane e da altre 200 di tutto il
mondo, per un totale di 50 Paesi, impegnati lungo l’arco della Settimana Santa
in conferenze, mostre, tavole rotonde e dibattiti organizzati in vari luoghi di
Roma. Sull’incontro di questa mattina, ci riferisce Alessandro De Carolis:
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(applausi - acclamazioni)
Giovanni Paolo II non era presente, ma
era come se vi fosse. L’atmosfera in Aula Paolo VI – festosa come sempre in
questo tipo di raduni – ha visto i giovani frammentare con numerosi applausi e
manifestazioni di gratitudine e di affetto all’indirizzo di Giovanni Paolo II
il programma canoro che ha scandito la mattinata. E alla festosità si è
aggiunto anche un pizzico di commozione quando sul maxischermo della sala hanno
iniziato a scorrere le immagini dell’incontro dei giovani UNIV col Papa, nel
1985, anno d’inizio delle Giornate mondiali della gioventù.
“Il
messaggio del Santo Padre è sempre stato il punto culminante del nostro
incontro romano. E lo è in particolare quest’anno”, ha detto una ragazza
presentando le migliaia di studenti a mons. Sandri. E l’arcivescovo ha subito
comunicato alla platea l’invito di Giovanni Paolo II “ad approfittare” del
soggiorno romano “per crescere nella conoscenza e nell’amore verso Gesù
Cristo”. A partire dagli studi universitari, ha letto il sostituto
della Segreteria di Stato nel messaggio del Pontefice, “voi vi impegnate a costruire
una nuova cultura, rispettosa della verità dell’uomo e della società”, con un’attenzione
particolare, quest’anno, al linguaggio della musica:
“La musica, come tutti i
linguaggi artistici, avvicina l’uomo a Dio, il quale ha preparato per coloro
che lo amano cose ‘che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in
cuore di uomo’. Ma allo stesso tempo, l’arte può a volte veicolare una
concezione dell’uomo, dell’amore, della felicità che non corrisponde alla
verità del disegno di Dio. Occorre pertanto operare un sano discernimento”.
Mons. Sandri ha proseguito la
lettura, citando le parole rivolte dal Papa ai giovani per la prossima GMG di
Colonia: “Non cedete a mendaci
illusioni e mode effimere che lasciano non di rado un tragico vuoto
spirituale!”. Ed ha aggiunto:
“Tocca anche a voi, carissimi
giovani, rinnovare i linguaggi dell’arte e della cultura. Sia pertanto vostro
impegno alimentare in voi il coraggio per non accettare comportamenti e svaghi
che siano all’insegna dell’eccesso e del rumore”.
La lettura del messaggio è
terminata con il ricordo che il Papa fa di un’affermazione di San Josemaría
Escrivá: il lavoro e lo studio devono essere “una continua orazione, con le
stesse parole appassionate, ma ogni giorno con una musica diversa. E’ missione
molto nostra trasformare la prosa di questa vita in endecasillabi, in poesia
eroica”. Un mandato affidato agli universitari, concluso da un pensiero a Maria
sullo sfondo della Pasqua: “Vi aiuti –
è la benedizione di Giovanni Paolo II - a incontrare suo Figlio Gesù
nella liturgia di questa Settimana Santa, e nei sacramenti della Penitenza e
dell’Eucaristia”.
(musica)
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Con i suoi quasi 40 anni di
vita, la storia dell’UNIV ha attraversato molte generazioni di studenti,
confrontandosi con le problematiche e gli spunti offerti da ogni passaggio storico.
Uno degli organizzatori dell’incontro, il professore Francesco Calogero, al microfono
di Giovanni Peduto, ripercorre i momenti di gestazione dell’incontro e i suoi
sviluppi, fino al tema e al raduno di quest’anno:
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R. – Gli incontri UNIV nacquero nel 1968 in una maniera
abbastanza spontanea, perché dei giovani universitari vollero venire a Roma in
quei momenti così movimentati della storia dell’università, e da lì nacque poi
questa consuetudine di ripetere l’incontro, anzi allargandolo a studenti di
altre università e di altri Paesi. E così in questi ormai quasi 40 anni sono
venute decine di migliaia di studenti dalle varie parti del mondo. Lo scopo era
quello di confrontare le proprie esperienze con quelle di altri studenti, di
altri giovani, anche quella di sentirsi più vicini al Papa e di ricevere da lui
il suo messaggio, la sua parola, il suo incoraggiamento.
D. – I giovani dell’UNIV sono
cristianamente impegnati, seguono la spiritualità dell’Opus Dei. Quale
messaggio vogliono dare ai loro coetanei?
R. – Questi ragazzi vengono con
molti dei loro amici, alcuni anche non credenti. Addirittura negli anni ci sono
stati dei battesimi celebrati nella Basilica di San Pietro, nella Veglia
Pasquale, con persone che si erano convertite e avevano voluto concludere il loro
cammino di preparazione alla fede proprio qui a Roma. Lo scopo è quello, da una
parte, di approfondire queste tematiche importanti per i giovani. Gli argomenti
trattati in questi anni sono stati tutti molti coinvolgenti: il significato
dello sviluppo, il significato del lavoro, il dialogo all’interno
dell’università, la collaborazione e cooperazione con Paesi in via di sviluppo,
quindi, il confrontarsi su temi importanti e il ripercorrere i passi principali
della storia della Chiesa a Roma, dove ci sono tante testimonianze, storiche e
artistiche, di un valore unico al mondo.
D. – Quest’anno il tema
dell’UNIV è “Progettare la cultura”: il linguaggio della musica”. Perché?
R. – Riflettere sul linguaggio
della musica significa anche capire qual è lo stile di vita che è connesso e
che è proposto dall’industria musicale. Tutti viviamo immersi nella musica, per
strada, in macchina, nei momenti di tempo libero, però dobbiamo anche capire
più criticamente qual è il messaggio di questi successi musicali, qual è il
clima che si trova nelle discoteche, qual è la felicità che ognuno può sognare
o può imparare da questa musica. E allora questa ricerca sulla musica vuole sì
accogliere gli elementi più importanti dell’arte, che mai come la musica
comunica a tutti anche al di là delle barriere linguistiche, ma anche poi
riscoprire i valori che possono essere veicolati attraverso la musica ma anche
attraverso tante altre espressioni culturali.
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NOMINE
In Nuova
Zelanda, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia al governo pastorale
dell’arcidiocesi di Wellington, presentata per raggiunti limiti di età dal
cardinale Thomas Stafford Williams. Gli succede mons. John Atcherly Dew,
coadiutore della medesima arcidiocesi.
Il
Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale del Vicariato
apostolico di Arabia, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Giovanni
Bernardo Gremoli, Francescano cappuccino. Al suo posto, il Papa ha nominato il
vescovo Paul Hinder, anch’egli dell’ordine dei Cappuccini, ausiliare del
medesimo Vicariato Apostolico.
APPELLO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE
ORIENTALI
A FAVORE DEI CRISTIANI DI TERRA SANTA
- Intervista con il cardinale Moussa I Daoud -
Nell’imminenza delle
celebrazioni pasquali, il pensiero di tutta la Chiesa va a Gerusalemme e agli
altri luoghi della Terra Santa che sono stati testimoni della redenzione
cristiana. E torna il ricordo di preghiera e di solidarietà per la comunità
ecclesiale chiamata anche ad annunciare oggi Cristo crocifisso e risorto in una
regione che da lungo tempo attende il dono urgente della pace. A tale scopo,
ogni anno la Congregazione per le Chiese orientali rivolge un appello alla
cristianità perché aiuti fattivamente le comunità cristiane di Terra Santa. Ma
sul significato di questo appello ascoltiamo il cardinale prefetto del dicastero,
Sua Beatitudine Ignace Moussa I Daoud, al microfono di Giovanni Peduto:
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R. – E’ solo l’eco alla
pressante volontà espressa dai Pontefici Romani. Essi hanno disposto che nel
Venerdì Santo, mentre tutta la Chiesa contempla il volto del Cristo sofferente,
non mancassero il ricordo della preghiera e una “colletta di carità” per
sostenere le “pietre vive” che nei luoghi santi continuano a celebrare e a
vivere la fede cristiana. Ogni anno, pertanto, indirizzo all’inizio della
Quaresima una lettera a tutti i vescovi della Chiesa cattolica e ai nunzi
apostolici di tutto il mondo perché con generosità spirituale e materiale si
stringano attorno ai fratelli cattolici ed appartenenti alle altre Chiese e comunità
cristiane, i quali soffrono fortemente per la fedeltà a Cristo e alla Chiesa, e
sono tentati di abbandonare la terra natale per la perdurante mancanza di pace.
D. – Quale è stato l’accento
specifico per il Venerdì Santo 2005?
R. – Ho voluto richiamare la
visita che nella ottava di Pasqua dello scorso anno ho avuto la grazie di
compiere in Israele e Palestina. Ho incontrato allora la comunità cattolica:
quella latina (raccolta attorno al Patriarca di Gerusalemme e alla Custodia di
Terra Santa) e quella degli altri riti orientali, che è pure molto vivace.
Insieme ai pastori e ai fedeli cattolici, ho condiviso momenti di preghiera e
di fraternità con i fratelli e le sorelle appartenenti ad altre Chiese e
comunità cristiane. Ho perciò partecipato questo ricordo, e l’impegno di
speciale vicinanza maturato in quel pellegrinaggio, alle Chiese del mondo intero.
La Terra Santa deve avvertire che il Papa è sempre vicino e coinvolge tutta la
Chiesa in questo abbraccio di solidarietà.
D. – Il suo augurio per la Terra
Santa?
R. – Un augurio di pace; di
quella pace che porta il nome di Gesù Cristo, il quale come dice la scrittura
“ha abbattuto il muro della separazione, facendo dei due un solo popolo”!
Parole profetiche e di così forte attualità. E rinnovo con l’augurio la
preghiera piena di affetto perché cristiani, ebrei e musulmani nel reciproco rispetto
diano prova davanti al mondo che la fede nell’unico Dio non solo è possibile,
ma è portatrice di pace e prosperità alle sue creature.
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IL DOTTOR ALBERTO GASBARRI NUOVO DIRETTORE TECNICO
DELLA RADIO VATICANA
- A cura del padre Federico Lombardi -
Il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, su proposta del Generale
della Compagnia di Gesù, padre Peter Hans Kolvenbach, ha nominato in data 12
marzo nuovo Direttore Tecnico della Radio Vaticana il dottor Alberto Gasbarri.
Il dottor Gasbarri sostituisce il padre Lino Dan, chiamato dai Superiori ad
altro incarico. Nei prossimi giorni verrà stabilita la data dell’effettivo
passaggio delle consegne.
Il dottor Gasbarri è nato nel
1946 ed ha iniziato il suo servizio alla Radio Vaticana nel 1970 proprio
nell’ambito della Direzione Tecnica – di cui ha quindi un’approfondita e diretta
conoscenza. Ha poi assunto via via compiti sempre più importanti, fino alla nomina
a Direttore Amministrativo nel 1997. Egli conserva ora tale Direzione pur
assumendo ad interim anche quella del Settore Tecnico.
Il
dottor Gasbarri svolge da tempo anche altre importanti funzioni al servizio
della Santa Sede: dal 1982 è Assistente per l’organizzazione dei viaggi pontifici
fuori dell’Italia, dal 1989 è membro del Consiglio di Presidenza dell’Ufficio
del Lavoro della Sede Apostolica, dal 1994 è membro del Consiglio di
Amministrazione del Fondo Pensioni e del Consiglio di Amministrazione del Fondo
di Assistenza Sanitaria.
Tutta la comunità di lavoro
della Radio Vaticana, mentre ringrazia il padre Lino Dan per il generoso e
competente lavoro svolto negli anni scorsi, fa i migliori auguri al dottor Gasbarri
per il nuovo incarico, che conferma la fiducia in lui riposta dai Superiori per
le sue capacità e la sua dedizione al servizio del Santo Padre, in particolare
nell’ambito della Emittente pontificia.
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OGGI SU
“L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo “Oggi vi dico: non stancatevi di essere testimoni
della Croce per le vie del mondo”: Giovanni Paolo II benedice paternamente con
un ramoscello di ulivo tutti i giovani nella festa della Domenica delle Palme
che da vent’anni è la Giornata mondiale della gioventù.
Nelle
vaticane, il messaggio del Santo Padre ai partecipanti giunti a Roma da diversi
Paesi e da numerose Università per l’incontro internazionale UNIV 2005.
L’omelia
del cardinale Crescenzio Sepe in occasione del conferimento dell’ordinazione episcopale
a mons. Henryk Hoser.
Nelle
estere, Iraq: a Baghdad uccisi ventiquattro guerriglieri in scontri con Forze
Usa.
Nella
pagina culturale, per la rubrica “Oggi” un articolo di Francesco Maria Valiante
dal titolo “L’agonia di Terry, l’agonia dell'umanità”: è diventato legge il
provvedimento che potrebbe riaprire in extremis il caso di Terry Schiavo, la
quarantunenne americana da quindici anni in stato “vegetativo”, condannata ad
una morte sicura dopo che venerdì scorso una corte della Florida - su richiesta
del marito - aveva autorizzato il distacco della sonda che la alimenta.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il patto di stabilità.
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21
marzo 2005
IERI
POMERIGGIO A GERUSALEMME LA TRADIZIONALE PROCESSIONE DELLE PALME.
CIRCA 15.000 FEDELI HANNO
RIPERCORSO IL CAMMINO DI GESÙ CHE ENTRO’
NELLA CITTÀ SANTA ACCLAMATO DA
UNA FOLLA FESTANTE
- A cura di Eugenio Bonanata -
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GERUSALEMME. = Secondo diversi
religiosi di Terra Santa, i partecipanti alla tradizionale processione della
Domenica delle Palme erano un po’ più numerosi di quanti non fossero l’anno
scorso, ma si è ancora molto lontani dai 150.000 fedeli circa, che fino al
2000, ogni anno seguivano il rito. Fra le migliaia di fedeli palestinesi, la
gioia per la ricorrenza si è mescolata tuttavia con un alone di tristezza per
il quadro ancora grigio nel quale si muovono i cristiani di Terra Santa. La
processione si è formata sul Monte degli Ulivi, poi è scesa all’Orto di
Getsemani, e da qui si è avviata verso la Porta dei Leoni, entrando nella Città
Vecchia, e infine lungo la Via Dolorosa verso la destinazione finale, la Chiesa
di Sant’Anna. Nella folla diverse migliaia di pellegrini provenienti da tanti
Paesi. Fra i più numerosi gli italiani, almeno 300, ma anche americani,
spagnoli, filippini, francesi,portoghesi, polacchi. Da Cracovia un gruppo di
pellegrini è giunto in coloriti costumi medievali, ”preghiamo per il Papa” ha
detto uno di loro. A Sant’Anna la folla dei fedeli è stata benedetta con una
preziosa reliquia, un frammento della Croce, dal Patriarca Latino di
Gerusalemme Michel Sabbah. Il servizio d’ordine è stato affidato agli scout,
molti dei quali provenienti da Betlemme. “Siamo tornati a Gerusalemme oggi per
la prima volta dall’inizio dell’intifada quattro anni fa: gli israeliani non ci
lasciavano più passare” -spiega il capogruppo Richard Hanania-. I pellegrini
sono ancora pochi a Gerusalemme –continua- ma a Betlemme la situazione è ancora
più difficile. Qui la comunità cristiana viveva del flusso turistico dei fedeli
che la spirale di violenza degli ultimi anni ha impedito. Lo conferma anche
padre Thomas Maier, dei Padri Bianchi, che aggiunge come anche a Ramallah e a
Jenin, la situazione dei cristiani non è facile. Nei giorni scorsi il sindaco
della città della Natività, Hanna Nasser, cristiano greco-ortodosso, ha lanciato
un allarmato appello a “tutto il mondo cristiano, perché agisca in fretta e
protegga la città”, ora minacciata di ulteriore isolamento da Gerusalemme con
il completamento del “muro”. (E. B.)
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I VESCOVI AMERICANI
LANCIANO UNA NUOVA CAMPAGNA CONTRO LA PENA DI MORTE NEGLI STATI UNITI. OGGI A
WASHINGTON IL CARDINALE THEODORE MC CARRIK
ILLUSTRA ASPETTI E OBIETTIVI DELL’INIZIATIVA
WASHINGTON. = Oggi
a Washington, con una conferenza stampa presieduta dal cardinale Theodore Mc
Carrik, arcivescovo della città, i vescovi degli Stati Uniti hanno lanciato una
campagna contro la pena di morte nel Paese. L’organizza-zione prevede l’impiego
di materiale didattico e divulgativo, un nuovo sito internet, azione legale di
sostegno e attività di promozione della vita presso le istituzioni federali e
statali. A fare da sfondo all’iniziativa, un sondaggio evidenzia il fortissimo aumento dei cattolici che si oppongono
all’impiego della pena capitale. La brochure di presentazione sottolinea
che secondo la dottrina della Chiesa la pena di morte non è giustificata quando
lo Stato dispone di altri mezzi per tutelare la società. Inoltre, si ricorda,
come negli Stati Uniti tale pratica è spesso applicata in modo crudele e
iniquo, come indicano, tra l’altro, i numerosi errori giudiziari registrati in
questi ultimi trent’anni. Di qui il dovere morale di abolirla perché – sottolineano
i vescovi – “non possiamo insegnare il rispetto della vita uccidendo”. Intanto,
in queste ore l’America che crede e prega, segue commossa, la vicenda di Terri
Schiavo, la donna che vive in stato vegetativo da 15 anni. In questo quadro non
poteva mancare l’impegno di suor Helen Prejean, molto nota per le sue posizioni
al riguardo. Suor Helen pensa che il fronte per la
difesa della vita passi, oltre che per la stanza della clinica di Pinella
Parks, in Florida, dove Terri è ricoverata, anche per i bracci della morte, dove – afferma – innocenti attendono l’esecuzione
della loro condanna. (E. B.)
“La
società dell’informazione risulterebbe gravemente impoverita
senza la presenza della
religione e della Chiesa”. E’ l’allarme lanciato
da alcuni rappresentanti
della Santa Sede e del Patriarcato ortodosso
di Mosca, in occasione
della Conferenza dei leader religiosi e governativi svoltasi nella capitale
russa nei giorni scorsi
MOSCA. = Il 17 marzo scorso a
Mosca, all’incontro sul tema “Religione e Chiesa nella società
dell’informazione”, sono intervenuti, fra gli altri, sia l’arcivescovo John P.
Foley, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che il
rappresentante del Patriarca Alessio II, l’arciprete Vsevolod Chaplin,
vice-responsabile del Dipartimento per i Rapporti con le Chiese del Patriarcato
di Mosca. Nel suo intervento, monsignor Foley ha sottolineato che “la religione
è un elemento essenziale della vita umana e trascurare o addirittura negarla
nei mezzi di comunicazione vuol dire trascurare o negare una parte della natura
umana”. Riconoscere, rispettare e riferire. E’ questo – secondo mons. Foley –
che la religione e la Chiesa si aspettano dai mezzi di comunicazione. E non è
mancato, nel suo intervento, un riferimento esplicito agli operatori
dell’informazione i quali, pur non credenti, dovrebbero “essere informati
adeguatamente anche sulla religione, per poter compiere dei resoconti validi”.
L’arciprete Chaplin, secondo quanto riportato dall’agenzia informativa “RIA
Novosti”, ha affermato che “i giornalisti stanno riducendo deliberatamente la
quantità di informazioni relative alla religione” concedendo invece
un’attenzione sempre maggiore all’interpretazione superficiale della religione
stessa. In questo modo – ha aggiunto il rappresentante ortodosso – la maggior
parte dei media si riferisce alla Quaresima come ad un semplice aspetto della
routine quotidiana, non guardando ai valori spirituali ma con attenzione sulle
pietanze quaresimali e sulle relative tradizioni. La conferenza internazionale
è stata presieduta da Leonid Reiman, ministro russo per le Tecnologie di
Informazione e le Comunicazioni. Oltre a mons. Foley, tra i rappresentanti
cattolici spiccavano il nunzio apostolico presso la Federazione Russa,
l’arcivescovo Antonio Mennini, e l’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Tadeusz
Kondrusiewicz. (E. B.)
CONTINUA A COMMUOVERE IL MONDO LA VICENDA DI TERRI SCHIAVO,
LA 41
ENNE AMERICANA CHE A CAUSA DI UN INCIDENTE SI TROVA DA 15 ANNI IN UNO STATO
VEGETATIVO AL LIMITE DELLO STATO MINIMO DI COSCIENZA. I GIUDICI
HANNO
ORDINATO IL DISTACCO DELLE MACCHINE DI ALIMENTAZIONE ASSISTITA
MA
UN’APPOSITA LEGGE, VOTATA D’URGENZA DAL PARLAMENTO,
POTREBBE
SALVARLE LA VITA
- A cura di Paolo Mastrolilli -
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WASHINGTON. = Il presidente Bush ha interrotto le vacanze
nel suo ranch del Texas per tornare ieri a Washington e firmare la legge sulla
sorte di Terri Schiavo che il Parlamento americano ha votato nella notte. La
donna disabile della Florida ha trascorso il terzo giorno senza alimentazione.
Il marito sostiene che lei non voleva sopravvivere in queste condizioni mentre
i genitori vogliono tenerla in vita. Finora, i giudici della Florida hanno dato
ragione al marito, autorizzando il distacco dei tubi che alimentano Terri. La
questione, però, ha assunto un valore nazionale e la maggioranza repubblicana
in Congresso ha scritto una legge finalizzata proprio a salvare la Schiavo. Il
testo consente ai genitori di presentare un ricorso nei tribunali federali per
ridiscutere le decisioni prese da quelli statali della Florida. Ora i
magistrati dovrebbero ordinare la ripresa dell’alimentazione per garantire la
sopravvivenza della donna durante la valutazione del ricorso che potrebbe
durare anni. Il Parlamento si è riunito ieri in sessione speciale per discutere
la questione. Il Senato ha approvato subito la legge mentre la Camera ha continuato
a discuterla fino a dopo la mezzanotte, perché diversi democratici si opponevano
a quella che considerano un’intrusione dello Stato in questioni personali e familiari.
Nella notte italiana, però, il testo è passato. I genitori di Terri hanno
chiesto all’ospedale di prepararsi a riattaccare i tubi dell’alimentazione nella
speranza che ora un giudice federale dia l’ordine di ridiscutere il caso.
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21
marzo 2005
SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA INTERNAZIONALE PER
L’ELIMINAZIONE
DELLA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE
- Intervista con Marco Bertotto -
“Nessuno può essere neutrale
nella lotta contro ogni forma di discriminazione. E non si deve abbandonare né
la battaglia contro il razzismo né la speranza della vittoria”. E’ con questo
fermo proposito che il segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan ha aperto la “Giornata
internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale”.
Sessant’anni dopo la liberazione dei campi di concentramento in cui il mondo
potè rendersi conto delle barbarie a cui il razzismo poteva condurre, Rita
Anaclerio fa il punto su come questo fenomeno sia tuttora presente.
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21 marzo 1960. La polizia di
Sharpeville, nel Sud Africa, aprì il fuoco ed uccise 69 manifestanti pacifisti
che protestavano contro le leggi emanate dal regime dell’apartheid. 10 marzo
2005: due gemelli quindicenni pestati a sangue da
cinque coetanei davanti ad una scuola di San Cesareo, in provincia di
Roma, solo perché rumeni. Sono passati
45 anni e la discriminazione verso “il diverso” sembra essere un male difficile
da debellare. E per questo continua una forte campagna di mobilitazione che in
questa “giornata mondiale contro la discriminazione” promossa dall’ONU è
rivolta in particolare ai giovani. Insomma educare i giovani alla cultura dell’
“altro” perché il razzismo è un virus che muta costantemente, come spiega il
presidente di Amnesty International Italia, Marco Bertotto:
“C’è una discriminazione che riguarda intere comunità di persone,
parliamo di grandi numeri: 300 milioni di indigeni che al mondo sono vittime di
attacchi; 400 mila aborigeni in Australia che sono vittime anch’essi di discriminazione,
hanno una probabilità infatti fino a 22 volte maggiore di finire in prigione
rispetto agli altri cittadini australiani; 25 milioni di curdi nei Paesi del
Medio Oriente. Le donne sono vittime di discriminazione. Si calcola che una
donna su tre nella sua vita abbia subito o subirà una forma di abuso e di
violazione dei diritti umani”.
L’ultimo rapporto del Centro di
monitoraggio europeo sul razzismo e sulla xenofobia descrive questi fenomeni
come dotati di vita propria, al di là dei confini geografici o di fenomeni
storici contingenti. Marco Bertotto:
“C’è un problema di discriminazione anche in molti conflitti che ancora
oggi sono accesi in tante parti del mondo. E’ un fenomeno che purtroppo riguarda
tanti Paesi occidentali. In qualche modo è stato aggravato dagli episodi
dell’11 settembre e in generale dalla contrapposizione tra i gruppi armati, i
terroristi e i governi occidentali. In qualche modo si è targhettizzata la
popolazione proveniente da aree del Medio Oriente o da Paesi arabi, che è stata improvvisamente
riconosciuta come responsabile di tutti i problemi di terrorismo o di violenza,
diffusi su scala globale. Un elemento interessante che ci consegna la Commissione
Europea contro il razzismo e l’intolleranza, che presenterà un rapporto
relativo proprio alla discriminazione in Europa, è la modalità di trasmissione
della discriminazione attraverso il dibattito politico, il linguaggio utilizzato
dai nostri politici”.
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ROMA LE CELEBRAZIONI PER LA DECIMA GIORNATA ITALIANA DELLA MEMORIA
E DELL’IMPEGNO IN RICORDO
DELLE VITTIME DELLA MAFIA
- Intervista con don Luigi
Ciotti -
Oggi si celebra a Roma la X “Giornata nazionale italiana della memoria e
dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, promossa annualmente da
“Libera”, l’associazione impegnata nell’educazione alla legalità e nel recupero
a fini sociali del beni confiscati ai mafiosi. Alle 15 in Campidoglio, alla
presenza del presidente della Repubblica e con la partecipazione dei familiari
dei morti di mafia, si svolgerà una cerimonia pubblica che prevede la lettura
dei nomi di tutte le vittime note cadute nell’arco di oltre mezzo secolo. Numerose
scuole, impegnate in ricerche sulle vittime di mafia dal 1945 ad oggi, si sono
riunite per una convention allo Stadio Flaminio. Fabio Colagrande ha raccolto
l’intervento del presidente dell’Associazione “Libera”, don Luigi Ciotti:
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R. – Continuità, coerenza e
credibilità: questo è il miglior modo di fare memoria, soprattutto ogni giorno
bisogna nelle varie realtà spendersi, perché ci sia il cambiamento. Allora: la
confisca dei beni ai mafiosi e l’utilizzo sociale di questi beni. Non è possibile
che nel nostro Paese, da decenni, ci sia la presenza mafiosa, e non è possibile
che sia – negli ultimi tempi – in crescita; non è possibile che non si riesca a
voltare pagina rispetto alle mafie. Questa guerra infinita e interminabile, che
ha visto centinaia di morti ... come non è possibile che sia aumentato il
numero di ragazzi della mafia ... Perché il problema è creare nei territori
quelle politiche sociali per fare in modo che lo Stato risponda come diritto a
quello che la mafia dà come favore alle persone. L’importante è avere tutti più
coraggio!
D. – Don Ciotti, il significato
di questa giornata?
R. – La mafia, le mafie sono
ritornate con strategie e modalità alla grande. Allora, tiriamo fuori le unghie
tutti, ognuno per la propria parte, per la propria quota di responsabilità. Se
no, questi momenti hanno poco significato perché le persone che hanno perso la
vita hanno bisogno di vedere che noi prestiamo loro la nostra vita per fare
cose concrete.
D. – Quanto può fare
l’informazione per la lotta alla mafia?
R. – Noi abbiamo bisogno di
un’informazione vera, attenta, puntuale che non faccia sconti a nessuno, che
dica con chiarezza alla mafia e ai mafiosi, ma anche a chi copre – perché il
problema non è solo il pesce, ma l’acqua dentro alla quale il pesce si alimenta
tutti i giorni; e purtroppo, quest’acqua, questo bacino è abbastanza esteso!
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A ROMA I MALATI DI AIDS DI VILLA GLORI
METTONO IN SCENA UN MUSICAL SULLA PASSIONE DI
CRISTO
- Intervista con Massimo Novelli -
“La vita…che Passione!” E’ il titolo del musical che è andato in scena in
questi giorni a Roma, proposto dai ragazzi del laboratorio teatrale di Villa
Glori, casa di accoglienza della Caritas diocesana per i malati di Aids. Al
centro dello spettacolo la Passione di Cristo, interpretata e rivissuta dai
malati di Aids in preparazione
alla Settimana Santa. Ascoltiamo la
riflessione di Massimo Novelli, coordinatore di Villa Glori, al microfono di
Marina Tomarro:
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(musica)
R. – E’ uno spettacolo che è
stato proposto per mettere al centro la vera Passione del Cristo, vista però
dagli occhi di chi spesso è stato solo giudicato per il suo percorso o per le
sue esperienze di vita negative. Il tentativo è stato proprio quello di
condividere assieme ai nostri ospiti un percorso di riflessione diversa.
D. – Cristo muore e risuscita.
Anche per questi ragazzi è stata così la vita?
R. – Sicuramente questa è la
riflessione più importante, perché in ogni essere umano, al di là del disagio
della malattia, c’è il Cristo. Chiaramente in situazioni come le loro è molto
più forte. Quindi, distanziandosi dai percorsi di vita del passato,
ricominciano ad acquistare la fiducia in se stessi, anche perché fanno tanti
passaggi durante questo percorso che forse non hanno mai avuto la possibilità
di fare.
Ascoltiamo una delle
protagoniste di questo spettacolo, Tommasina:
R. – Recitare la Passione del Cristo è una cosa
veramente toccante, profonda. Con tutto il peso delle proprie croci è sempre
una rinascita. Cristo percorre la strada verso il Calvario così come la sto
percorrendo io, per poi risorgere a nuove speranze. Nonostante i nostri
problemi, noi non abbiamo il cuore chiuso alla Passione di Cristo, perché con
Lui abbiamo sofferto e con Lui soffriamo.
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21
marzo 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Nuove frizioni in Medio Oriente
tra israeliani e palestinesi per un progetto che prevede la realizzazione di un
complesso edilizio a Gerusalemme. Rinviato, intanto, il passaggio di Tulkarem
all’Autorità nazionale palestinese. Il nostro servizio:
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Le autorità israeliane
costruiranno 3500 case in Cisgiordania. Lo riporta la stampa dello Stato
ebraico, aggiungendo che il complesso edilizio si congiungerà con il tessuto
urbano di Gerusalemme. Il piano, che punta alla realizzazione di una grande
Gerusalemme indivisibile, ha già provocato le reazioni dei palestinesi che
parlano di violazione della Road Map. La notizia giunge mentre sono attesi
nuovi colloqui israelo-palestinesi per il trasferimento all’ANP del controllo
della città cisgiordana di Tulkarem, inizialmente previsto oggi. La trattativa
si è bloccata la scorsa notte sulla richiesta palestinese di ottenere anche il
controllo dei villaggi vicini. Ma
Israele ha subito sottolineato che il kamikaze dell’attentato del 25
febbraio a Tel Aviv, costato la vita a cinque israeliani, proveniva proprio da
uno di questi villaggi. Tulkarem sarebbe la seconda città della Cisgiordania,
dopo Gerico, a passare sotto il controllo palestinese. Successivamente sarà il
turno di Kalkiliya. Il trasferimento delle città cisgiordane all’ANP è stato
concordato nel contesto delle intese raggiunte, il mese scorso, nel vertice di
Sharm el-Sheikh.
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Il
consueto dramma delle violenze, lo stallo tra curdi e sciiti per la formazione
del governo ed il peggioramento delle relazioni diplomatiche tra autorità irachene
e giordane. Sono gli ultimi sviluppi della situazione in Iraq, su cui ci riferisce
Amedeo Lomonaco:
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La guida spirituale
degli sciiti iracheni, l’ayatollah Al Sistani, ha espresso il proprio rammarico
per il ritardo nella formazione del nuovo governo. A circa due mesi dalle
elezioni generali del 30 gennaio, è ancora bloccato, infatti, il negoziato tra
sciiti e curdi per il nuovo esecutivo. Sul terreno, intanto, proseguono le
violenze: due militari iracheni sono stati uccisi in due distinti attacchi
avvenuti a nord di Baghdad. In un villaggio a sud della capitale, tre bambini
sono stati dilaniati dall’esplosione di un ordigno con cui stavano giocando,
nei pressi di un ex campo militare. A Samara, l’esplosione di una bomba ha
provocato il ferimento di almeno 10 persone. Un soldato americano è morto,
inoltre, nel corso di un’operazione militare nella provincia di Al Anbar. In
questo difficile contesto, circa 400 cattolici siriaci hanno comunque sfidato
il timore di attentati e hanno partecipato ieri, a Baghdad, alla Messa per la
Domenica delle Palme. Sul versante politico, si deve registrare una crisi nelle
relazioni tra Giordania e Iraq, dopo la decisione del governo di Amman di
richiamare un alto diplomatico. Dopo il provvedimento, legato secondo il
ministro degli Esteri di Baghdad a motivi di sicurezza, il governo iracheno ha
richiamato il suo ambasciatore ad Amman. Fonti diplomatiche irachene hanno
anche accusato le autorità giordane di scarsa cooperazione nella lotta al
terrorismo in Iraq. Un tribunale giordano, infine, ha condannato a 15 anni di
lavori forzati il capo di al Qaeda in Iraq, al Zarqawi, per aver pianificato
nel 2003 l’attentato contro l’ambasciata giordana a Baghdad, costato la vita a
14 persone. Al Zarqawi, su cui pende una taglia degli Stati
Uniti da 25 milioni di dollari, ha la cittadinanza giordana ed è ancora
latitante.
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“Bisogna ritrovare
l’unità politica del Libano, in un governo di emergenza”. Lo ha affermato
stamani in un’intervista il leader druso Walid Jumblatt, confermando la richiesta
dell’opposizione libanese per le dimissioni del presidente Lahoud. Intanto, si
è appreso che la questione del ritiro delle truppe siriane dal Paese sarà
decisa ai primi di aprile.
Le elezioni
parlamentari afghane si svolgeranno il prossimo 18 settembre, circa un anno
dopo rispetto alla data originariamente prevista. Insieme al voto parlamentare,
si terranno anche le elezioni per l’Assemblea regionale. Lo ha dichiarato ieri
Bismillah Bismil, presidente della Commissione elettorale.
In Kirghizistan, almeno
3.000 oppositori hanno occupato la sede del governatorato regionale di Osh,
seconda città del Paese. Nella vicina città di Jalal-Abad quattro poliziotti
sono stati uccisi ieri, durante violenti scontri tra manifestanti
dell’opposizione e forze di sicurezza. Secondo diverse fonti, citate da media
russi, sarebbero morte almeno dieci persone. I manifestanti, che chiedono le
dimissioni del presidente Askar Akaiev, protestano contro i risultati ufficiali
delle recenti elezioni politiche, che hanno assegnato all’opposizione solo 6
dei 75 seggi del Parlamento. Ma da dove nasce questa crisi? Risponde Fabrizio
Vielmini, osservatore OSCE alle elezioni del 13 marzo scorso, appena rientrato
dal Kirghizistan:
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R. – Negli ultimi 15 anni, dalla
fine dell’Unione Sovietica, si è creato un sistema piramidale di potere in cui
tutto veniva controllato dalla famiglia del presidente Askar
Akayev. Nell’ottobre scorso, Akayev ha dichiarato che abbandonerà la carica suprema
e da lì si è messa in moto tutta una serie di meccanismi per assicurarsi
l’eredità di questo sistema. Questo è particolarmente chiaro al Sud del Paese,
dove in questo momento ci sono anche delle profonde fratture di ordine etnico
perché esistono delle forti minoranze uzbeke, all’interno delle città. Tali
minoranze hanno la possibilità, anche in termini elettorali di far sentire di
più il loro peso e quindi di portare avanti i loro candidati. La cosa viene
ovviamente percepita in senso negativo da parte dei kirghizi, che vorrebbero
avere l’ultima parola anche in termini di definizione del quadro politico del
Paese.
D. – Ma non c’è il rischio che la
crisi in Kirghizistan possa sfociare in una rivolta simile a quella di Georgia
e Ucraina, due altre Repubbliche ex-sovietiche?
R. – Penso che qui siano in atto
dinamiche di tutt’altro tipo. In Georgia e in Ucraina, avevamo una minoranza
politica che disponeva di grosse risorse finanziarie. L’opposizione in Ucraina
ha fatto un lavoro politico in profondità con una tecnica di marketing politico
molto raffinata. Qui invece abbiamo una serie di divisioni che interessa
soltanto la metà del Paese, quella meridionale. Abbiamo piuttosto un rischio di
spaccatura tra Nord e Sud e all’interno del Sud. All’interno di questa
spaccatura, c’è il rischio di una faida interetnica che può portare a
conseguenze sanguinose, più pericolose di quelle che si sono viste in Ucraina e
in Georgia.
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Alla fine è stato
trovato l’accordo per una riforma del Patto di stabilità dell’Unione Europea.
L’intesa è arrivata al termine di una giornata convulsa, quando ormai sembrata
svanita ogni possibilità di mediazione. Il compromesso è stato raggiunto su una
bozza presentata dal ministro francese Thierry Breton. L’intesa consente ai
ministri di portare ai capi di Stato e di governo dei 25, che si riuniranno
domani e mercoledì nel vertice UE dedicato ai temi economici, un tetto che lascia
inalterati i criteri fondamentali del Patto: le soglie del 3 per cento per il
deficit e del 60 per cento per il debito.
Nell’ultima tappa del suo
viaggio in Asia, il segretario di stato americano, Condoleeza Rice, ha
incontrato ieri a Pechino i massimi leader cinesi, affrontando in primo luogo
la questione del programma nucleare della Corea del nord e quella di Taiwan. Il
servizio di Bernardo Cervellera:
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L’urgenza che ha portato la Rice
a Pechino è quella di spingere la Cina ad usare tutta la sua influenza per far
tornare la Corea del Nord al tavolo delle trattative per lo smantellamento del
suo programma nucleare. La fallimentare economia nordcoreana non potrebbe
sussistere nemmeno una settimana senza l’aiuto della Cina in generi alimentari
ed energia. Pechino ha accettato questo ruolo, ma in cambio ha domandato agli
Stati Uniti di impegnarsi nella politica dell’unica Cina, frenando Taiwan nei
suoi progetti di indipendenza. Nei giorni scorsi, Pechino ha varato una legge anti-secessione
che dà via libera all’esercito di attaccare l’isola ribelle con la forza. La
Rice ha riaffermato la politica statunitense per una riconciliazione pacifica
tra Pechino e Taipei, ma rimane disponibile a fornire armi e protezione
militare a Taiwan in caso di attacco. Per questo, la Rice si è mostrata critica
verso l’Unione Europea, che vorrebbe tornare a vendere armi sofisticate alla
Cina, cancellando un embargo imposto nel 1989 dopo il massacro di Tienanmen. Ad
ogni modo, gli Stati Uniti – per la prima volta in venti anni – non
presenteranno all’ONU alcuna mozione di sfiducia sui diritti umani in Ci
na. Nella giornata di ieri, la
Rice si è recata in una chiesa protestante ed ha partecipato ad un servizio per
la Domenica delle Palme, ringraziando i fedeli per la loro testimonianza.
Per la Radio Vaticana, Bernardo
Cervellera.
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La
Namibia ha un nuovo presidente: è Hifikepunye Pohamba, insediatosi oggi a Windhoek.
È il secondo capo di Stato del Paese africano, dall’indipendenza del 1990, e
succede a Sam Nujoma, al potere per 15 anni.
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