RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
74 - Testo della trasmissione di martedì 15 marzo 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Al via ieri a Ginevra la 61.ma sessione della commissione
ONU per i diritti umani
Inaugurata a Firenze una mostra di antiche icone
russe
In Kosovo il presidente Rugova scampa ad un attentato compiuto a Pristina al passaggio del suo corteo
Israele respinge la proposta di tregua palestinese e accetta di trasferire, a partire da domani, il controllo di Gerico ai palestinesi. Oggi a Gerusalemme solenne inaugurazione del nuovo grande Museo dell’Olocausto
15
marzo 2005
AL PAPA UN MESSAGGIO DI
FELICITAZIONI DEL PRESIDENTE ITALIANO CIAMPI,
CHE ELOGIA LA FORZA DEL PONTEFICE DURANTE LA
MALATTIA E AUSPICA DI POTERLO INCONTRARE PER LA STORICA VISITA UFFICIALE AL
QUIRINALE DEL 29 APRILE
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Giovanni Paolo II prosegue la
sua convalescenza in Vaticano, dopo i 18 giorni di ricovero trascorsi al
Policlinico Gemelli fino al congedo avvenuto domenica scorsa. Domani, per il
Papa non ci sarà il bagno di folla dell’udienza generale, che non avrà luogo,
ma intanto messaggi e testimonianze d’affetto nei suoi riguardi continuano a
giungergli da ogni parte del mondo. Anche il presidente della Repubblica
italiana, Carlo Azeglio Ciampi, ha inviato al Pontefice una lettera di
felicitazioni per la fine della degenza, esprimendo un augurio: quello di
poterlo incontrare al Quirinale, nella visita ufficiale fissata per il prossimo
29 aprile. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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Un Papa più forte della
malattia, tenace e spiritualmente vigoroso, pronto a riprendere la sua missione
di evangelizzatore e di testimone di pace. E’ il ritratto che il presidente
Ciampi fa di Giovanni Paolo II, all’indomani del ricovero al Gemelli. “La tenacia,
la fortezza d'animo, la fiducia da Lei dimostrate nelle ultime settimane -
scrive il capo dello Stato - hanno rappresentato un esempio mirabile per tutti:
cittadini, governanti, Stati. La notizia del suo rientro in Vaticano, dopo aver
superato una così impegnativa prova, ha rallegrato tutto il popolo italiano che
l'ha seguita con affetto durante la Sua degenza ospedaliera. Di questi sentimenti
– aggiunge Ciampi - sono lieto di farmi sincero e convinto interprete”.
Il presidente italiano osserva
poi che il ritorno del Pontefice nella sua residenza “conforta coloro che
seguono con speranza l'opera apostolica di Sua Santità per diffondere i valori
di pace, giustizia, solidarietà, rispetto della dignità umana; coloro –
asserisce ancora - che credono negli ideali da Lei affermati con instancabile
vigore”. E qui, Ciampi, nel porgere a Giovanni Paolo II i “migliori auguri” per
le prossime feste, afferma: “Il mondo ha più che mai bisogno di sentirla nel
giorno di Pasqua e d'ispirarsi alla sua forza morale e alla sua illuminata visione”.
La lettera del presidente della Repubblica si conclude con la “viva aspettativa”
con la quale Ciampi guarda alla visita del Papa al Quirinale, il 29 aprile prossimo.
Un appuntamento, sottolinea il capo dello Stato, che “suggellerà l'intensità
del rapporto che unisce Italia e Santa Sede” e “confermerà l'apprezzamento per
la sua costante sollecitudine nei confronti dell'Italia”.
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NOMINA
Il Santo Padre ha nominato vescovo di Belleville
negli Stati Uniti, mons. Edward K. Braxton, finora vescovo di Lake Charles.
Mons. Edward K. Braxton è nato il 28 giugno 1944 a Chicago nell’Illinois. Ordinato sacerdote il 13 maggio 1970, è
stato consacrato vescovo il 28 marzo 1995.
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Ampio spazio in prima pagina alle notizie
dall’estero: Libano: l’opposizione ribadisce che le elezioni devono tenersi
nella data prevista di maggio. Iraq: due autobombe esplodono a Baghdad. Medio
Oriente: Abu Mazen tratta con le fazioni palestinesi per giungere a un accordo
di tregua con Israele. Filippine: stroncata nel sangue una rivolta nel carcere
di Manila. Kosovo: Rugova sfugge a un attentato dinamitardo.
Nelle vaticane, una pagina dedicata alla Pontificia
Università Antonianum, laboratorio di teologia e di scienze bibliche
Nelle estere, l’”Atlante geopolitico” di Pierluigi Natalia: “Russia: il
tragico destino dei bambini abbandonati”. Nucleare: duro monito della Corea del
Nord: pronti a produrre altri ordigni atomici.
Nella pagina culturale, un ricordo di Giulio Battelli e
uno studio approfondito su un particolare aspetto della pittura di Leonardo da
Vinci. Per “L’Osservatore Libri” le “Opere 1956-1989” di Leonardo Sciascia” a
cura di Claude Ambroise.
Nelle pagine italiane, segnalazioni e sospetti
sull’identità di Unabomber. A seguire i temi del pubblico impiego e
dell’immigrazione.
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15 marzo 2005
PER AIUTARE IL
DARFUR OCCORRE CAPIRE LE CAUSE E LE RESPONSABILITA’
NON SOLO GOVERNATIVE NEI CONFRONTI DELLA POPOLAZIONE
SACRIFICATA
DA UNA GUERRA ASSURDA: LA DENUNCIA DI PADRE KIZITO
SESANA
- Intervista con il missionario comboniano -
Una pace a metà
quella firmata a gennaio nel Sudan, che ha posto fine a 21 anni di sanguinosa
guerra civile tra truppe governative del Nord a maggioranza islamica e ribelli
del Sud, a maggioranza cristiana, con oltre 2 milioni di morti. Una pace a metà
se il fuoco delle armi continua a crepitare da due anni nella regione
occidentale del Darfur, dove si combattono opposti fronti islamici. Una
tragedia che si consuma sotto gli occhi della comunità internazionale.
Sarebbero addirittura 180 mila negli ultimi 10 mesi le vittime di questo assurdo
conflitto, secondo le ultime stime dalle Nazioni Unite. E sono in molti a
sollecitare l’Onu perché intervenga a porre fine questo ‘nuovo genocidio’. Cosa
si può fare per aiutare il Darfur? Roberta Gisotti lo ha chiesto a padre Renato
Kizito Sesana, missionario comboniano da quasi 30 anni in Africa, già direttore
della rivista “Nigrizia”:
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R. – La prima
cosa da farsi, è capire cosa sta succedendo. Purtroppo, il Darfur è servito
alle due parti che hanno firmato la pace in Sudan il 9 gennaio di quest’anno –
cioè il Movimento di Liberazione del Sud, lo SPLA, e il governo – è servito ad
entrambi a rallentare il processo di pace e a metterlo in pericolo. Entrambi,
io temo, non vogliono veramente la pace e il Darfur è stato usato nel modo più
terribile come pretesto per questo scopo. In Darfur, la stragrande maggioranza
della gente, dei civili che soffrono e che muoiono in questa situazione sono
assolutamente inconsapevoli del perché di questa guerra; sono presi
letteralmente tra due fuochi: fra un movimento di liberazione locale, che comunque
non ha una grande base popolare e che è stato armato da qualcuno all’ultimo
momento, agli inizi del 2003, e il governo. Entrambe queste forze fanno anche
il gioco di qualcun altro e fanno, soprattutto, il gioco ignobile di vanificare
il trattato di pace che è stato firmato.
D. – Padre
Kizito Sesana, lei ritiene indispensabile un intervento di “peacekeeping” da
parte delle Nazioni Unite?
R. – Io credo
che sia importante, forse ancora più importante, un intervento da parte
dell’Unione Africana, un intervento locale, di gente che poi, soprattutto, alla
fin fine capisce meglio la situazione locale. Ma deve essere equilibrato! Io ho
l’impressione che purtroppo, con il clima di “caccia alle streghe” che c’è in
Occidente e quindi nei mass media dominanti verso l’Islam, si sia finito per addossare
la colpa di tutta questa situazione al governo di Khartum. Questo non mi sembra
corretto. Io sono stato bandito dal governo di Khartum, non posso entrare nelle
zone governative, non sono certamente un amico del governo di Khartum che
considero un governo criminale. Ma non si può addossare oggi tutta la colpa di
quello che sta succedendo in Darfur al governo di Khartum. Ci sono anche altre
responsabilità. La comunità internazionale, se vuole risolvere la situazione,
deve fare un intervento umanitario urgente, imporre la pace ma anche deve fare
un’opera di giustizia nella ricerca delle responsabilità. Se si parla di
crimini di guerra, bisogna che tutte le parti vengano considerate o messe in
qualche modo sotto processo, per lo meno dalla storia, per quello che sta succedendo
in Darfur.
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LA PREOCCUPAZIONE INTERNAZIONALE PER
TAIWAN
DOPO L’APPROVAZIONE A PECHINO DELLA LEGGE ANTI-SECESSIONE
- Intervista con padre Bernardo Cervellera -
Numerose le reazioni nella comunità internazionale alla
legge anti-secessione approvata dal parlamento cinese, che consente
l’intervento militare di Pechino contro Taiwan, se quest’ultima dovesse
dichiarare formalmente l’indipendenza dalla Cina. Nell’isola, considerata da
Pechino una provincia ribelle, c’è grande preoccupazione, così come negli Stati
Uniti e in Giappone. Nel corso di una conferenza stampa, il premier cinese, Wen
Jiabao, ha affermato che l’uso della forza rimane l’ultima risorsa e ha
ammonito Washington e Tokyo ad evitare ogni interferenza nei propri affari. Ma
sono realmente concreti i timori di Taiwan per un possibile attacco militare
della Cina? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al direttore dell’Agenzia
missionaria AsiaNews, padre Bernardo Cervellera:
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R.
– In qualche modo sì, perché da una parte Wen Jiabao, il primo ministro,dice:
in fondo noi vogliamo soltanto l’unità con Taiwan e vogliamo quindi ricostruire
questo tessuto strappato della nostra Patria. Dall’altra parte, però, Hu
Jintao, il presidente, è stato molto forte e ha detto all’esercito di tenersi
pronto per un eventuale attacco. Certo è che questa legge, che afferma l’unità
della Cina, è fatta sia verso Taiwan, ma anche – penso – verso le minoranze
interne che scalpitano per avere molta più autonomia.
D. –
Potrebbe essere il primo passo verso l’uso del pugno duro proprio verso queste
minoranze?
R. – Il
pugno duro viene sempre usato dalla Cina sia verso i musulmani dello Xinjiang
sia verso i tibetani. Quindi è possibile che questa legge serva un po’ per rafforzare
anche dal punto di vista internazionale l’immagine della Cina per dire: questa
è la nostra terra, quindi voi non vi dovete interessare per nulla a questa situazione.
D. – I
timori di Taiwan sono condivisi da gran parte della comunità internazionale. Questa
legge potrebbe causare un raffreddamento dei rapporti con la Cina, colosso
economico emergente?
R. – Io
penso che verso la Cina tutti hanno grande desiderio di coltivare rapporti economici.
D. – La
questione di Taiwan per Pechino è un reale problema oppure solo una questione
di prestigio?
R. –
Penso che la questione di Taiwan l’abbiano tirata fuori perché vogliono sottolineare
moltissimo gli ideali nazionalistici. Bisogna tener presente che la Cina è
ormai un deserto di valori, un deserto di ideali. Il comunismo ormai è fallito,
il capitalismo presenta tutte le sue pecche attraverso la povertà, la miseria,
le malattie dei contadini e la disoccupazione e così via. Siccome non danno nemmeno
libertà di religione, l’unica possibilità che hanno per tenere insieme questo
Paese multiforme è parlare di una nazione unita e quindi un altro ideale che
cerca di cementare un po’ la popolazione cinese?
D. –
Cosa potrebbe essere utile per un futuro di pace tra Cina e Taiwan?
R.
– Senz’altro dare la libertà di religione in Cina. La Chiesa in Cina e la
Chiesa in Taiwan sono collegate da decenni di collaborazione ed amicizia. Dare
la libertà, per esempio, ai vescovi cinesi che sono imprigionati, dare la
libertà ai sacerdoti di muoversi e di creare più rapporti tra la Chiesa in
Taiwan e la Chiesa in Cina potrebbe benissimo preparare un terreno di
riconciliazione molto più forte delle idee patriottiche.
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IL “CODICE DA
VINCI”, UN MOSAICO DI ERRORI STORICI E FALSITA’ TEOLOGICHE:
IL CARDINALE ARCIVESCOVO DI GENOVA, TARCISIO
BERTONE, PROMUOVE
PER DOMANI A GENOVA UN INCONTRO-DIBATTITO SUL
ROMANZO DI DAN BROWN
- Intervista con il porporato -
Venticinque
milioni di copie vendute nel mondo, per un successo editoriale costruito su una
raffinata strategia di marketing ma soprattutto su un intrico di errori e di
mistificazioni che stravolgono la verità storica dei Vangeli. E’ questo il
severo giudizio critico che dà il cardinale arcivescovo di Genova, Tarcisio Bertone,
del thriller di Dan Brown “Il Codice Da Vinci”. Proprio per “fare chiarezza” su
quello che è diventato in molte parti del mondo un vero e proprio fenomeno di
costume, il cardinale Bertone ha organizzato per domani sera a Genova, nella
Sala del Quadrivium, un incontro-dibattito sul romanzo. Al microfono di
Alessandro De Carolis, il porporato ha anticipato alcune delle sue osservazioni,
partendo dai condizionamenti che le storture presenti nel libro possono indurre
in particolare nei giovani:
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R. – Io
credo che il condizionamento maggiore o peggiore che si dà è proprio questo:
che non si può essere giovani moderni senza aver letto il “Codice Da Vinci”.
Ormai c’è uno stereotipo che circola nelle scuole, che bisogna leggere questo
libro per capire tutta la dinamica della storia e tutte le manipolazioni che la
Chiesa avrebbe operato nel corso della storia. E questo è un fatto veramente
doloroso e terribile. Noi ci siamo accorti della diffusione nelle scuole di
questo libro ed è per questo che abbiamo preso dei provvedimenti di riflessione
e di confronto pubblico, anche, aperto e deciso.
D. – Le
tesi di fondo contenute nel libro di Dan Brown, non sono nuove. Alcune si rifanno,
per esempio, ai Vangeli gnostici. Quali
sono gli errori sia storici, sia teologici più evidenti, contenuti nel libro?
R. – Ci
sono molti errori. Una prima affermazione è la cosiddetta “obliterazione”
dell’aspetto femminile nella narrazione evangelica e nella vita della Chiesa.
Non c’è nulla di più falso. Nei Vangeli, come sappiamo, ha un posto dominante
la Madonna, la figura femminile per eccellenza, la Madre di Gesù, e poi il
gruppo delle donne, nella storia del Nuovo Testamento e quindi nei Vangeli, ha
una visibilità quasi uguale al gruppo degli Apostoli. Si parla anche della
presenza di diaconesse nella Chiesa primitiva: quindi, non c’è nulla di più
falso che della necessità di recuperare una Maria Maddalena “amazzone” – non so
come dire – nella storia della Chiesa primitiva, per recuperare la presenza
delle donne! Un altro elemento, anche il più mistificato, è la negazione della
morte e della Risurrezione di Gesù: le narrazioni evangeliche sulla Passione di
Cristo sono le narrazioni più precise e con determinazione e anche con un
verismo che ha fatto parlare a qualche giornalista di un “horror fondamentalista”
della Passione di Mel Gibson: non è un “horror fondamentalista”, è la
descrizione verista che corrisponde ai Vangeli. Quindi, la morte di Gesù è
provata in maniera inconfutabile e così la Risurrezione. Questo libro è pieno
di menzogne artefatte!
D. –
Ecco, nonostante queste mistificazioni che lei ha citato, il “Codice Da Vinci”
è diventato uno dei più grandi successi editoriali degli ultimi anni. Quali
sono, secondo lei, le ragioni di questo successo planetario?
R. –
Intanto, io credo che ci sia una strategia nella diffusione di questo castello
di menzogne, specialmente – io ritengo, senza dubbio – dopo il grande evento
dell’Anno Santo. Certamente la Chiesa, con il nostro Papa Giovanni Paolo II, ha
avuto un impatto con l’attualità dell’umanità eccezionale, e questo ha
disturbato molte persone. La strategia della distribuzione è stato marketing
assolutamente eccezionale anche presso le librerie cattoliche – e io mi sono
già lamentato delle librerie cattoliche che, per motivi di lucro, hanno le pile
di questo libro ... E poi, la strategia della persuasione, che uno non è cristiano
adulto se non legge questo libro. Quindi, il mio appello è: Non leggete e non
comprate, tanto meno, il “Codice Da Vinci”!
D. –
Secondo il sociologo americano Philip Jenkins, il successo del “Codice Da
Vinci” è solo un’altra prova del fatto che l’anti-cattolicesimo sia l’ultimo
pregiudizio accettabile. Lei è d’accordo con questa opinione?
R. – E’
la verità! C’è un grande pregiudizio anti-cattolico. Io mi domando se fosse
stato scritto un libro simile, pieno di menzogne, su Budda, su Maometto o
anche, per esempio, fosse uscito un romanzo che avesse manipolato tutta la
storia dell’Olocausto o della Shoah: che cosa sarebbe accaduto? Ora, non si fa
un romanzo mistificando i dati storici o maldicendo o diffamando una persona
storica che ha il suo prestigio e la sua fama proprio nella storia della
Chiesa, nella storia dell’umanità!
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A
CONCLUSIONE DEL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI
MONS. BETORI RIBADISCE L’INVITO DEI VESCOVI ITALIANI
ALL’ASTENSIONE
NEI REFERENDUM SULLA PROCREAZIONE ASSISTITA
Le tensioni internazionali e la questione del referendum
sulla legge in materia di procreazione assistita sono stati i temi che hanno
dominato il documento conclusivo del Consiglio permanente della CEI, presentato
stamane presso la Radio Vaticana dal segretario generale della Conferenza
episcopale italiana, mons. Giuseppe Betori. Il servizio di Stefano Leszczynski.
**********
Il
rinnovato affetto dei vescovi italiani e la loro particolare vicinanza al Santo
Padre in questo momento di prova e la profonda ammirazione per la sua
testimonianza di fede anche nella sofferenza, hanno aperto la relazione di
mons. Giuseppe Betori per la presentazione del documento finale del Consiglio
Permanente della CEI. Nell’esaminare la difficile situazione internazionale i vescovi
italiani hanno manifestato il proprio cordoglio per la morte dell’eroico servitore
dello Stato, Nicola Calipari e hanno manifestato tutta la speranza della Chiesa
italiana per una positiva soluzione della crisi irachena nonché del progredire
del dialogo israelo-palestinese in Terra Santa. In questo periodo di cammino
verso la Pasqua la CEI ha inoltre espresso un forte invito alla conversione.
Due le note pastorali approvate: sulla nuova evangelizzazione e il primo
annuncio, e sulla Chiesa e il mondo rurale. Grande attenzione è stata dedicata
all’imminente referendum sulla legge 40/2004 in materia di procreazione
medicalmente assistita. I vescovi hanno ribadito infatti il diritto dovere
della Chiesa a pronunciarsi con chiarezza di fronte a scelte etiche e
legislative di primaria importanza che riguardano la dignità della persona
umana, la giustizia nei rapporti sociali e il futuro dell’umanità. Di conseguenza
la CEI riconosce la legittimità e la validità della scelta di non partecipare
al voto referendario, al fine di impedire ogni tentativo di peggioramento della
legge. Una scelta che mons. Betori motiva con chiarezza come la più efficace e
logica:
“Nel caso del referendum è la Legge che chiede che ci sia
un numero sufficiente di votanti per dare significato a quella votazione, cioè
è la Legge stessa che prevede l’astensione come un modo di espressione. Questo
è molto chiaro, ma questa non è una novità neanche per i politici, perché
questo è stato fatto nel 2003 nei confronti del referendum sull’art.18 da parti
di componenti politiche insospettabili come i DS, da parte di componenti
sociali insospettabili come la CISL, ma non era neanche questa la prima volta
perché le forze politiche avevano chiesto ed ottenuto di ricacciare un
referendum con il metodo del non andare a votare già nel 1997, nel 1999, nel
2000 e nel 2001. Noi non rifiutiamo i referendum in quanto tale, noi rifiutiamo
questo referendum che vuole peggiorare una Legge che già, per noi cristiani, va
ben oltre quello che la fede e la morale cristiana condividono a questo riguardo”.
In
conclusione, l’auspicio dei vescovi italiani affinché venga presto fatta chiarezza
circa le accuse che vengono rivolte a don Cesare Lodeserto, l’ex direttore del
centro di accoglienza “Regina Pacis”, arrestato nei giorni scorsi con l’accusa
di sequestro di persona. Mons. Betori manifesta le perplessità della CEI per la
misura restrittiva applicata a don Cesare ed esprime la solidarietà dei vescovi
al sacerdote.
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TORNARE A
PREGARE IN FAMIGLIA:
SE NE E’ PARLATO IN UN CONVEGNO AL REGINA
APOSTOLORUM DI ROMA
- Intervista con Gigi Avanti -
“La
preghiera in famiglia” è una dimensione da riscoprire, da coltivare e da vivere
insieme. Questo il tema del convegno che si è svolto in questi giorni
all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma. Giovanni Paolo II più volte
ha invitato i genitori a pregare insieme con i figli, dando spazio anche ad una
certa creatività. Madre Teresa di Calcutta diceva: “la famiglia che prega unita
resta unita”. Durante l’incontro di Roma sono state premiate le preghiere più
belle presentate dai bambini delle scuole materne, elementari e superiori della
capitale e di una scuola del Messico. Ma come tornare a pregare in famiglia?
Teresa Gerundino lo ha chiesto a Gigi Avanti, consulente familiare del
consultorio “La Famiglia”, presente al convegno:
**********
R. –
Sarebbe importante da parte dei genitori creare un clima di amabilità, di
familiarità tale per cui sia poi facile veder crescere in questa atmosfera la
preghiera.
D. – E
quanto pregare?
R. – Il
quanto è disseminato lungo la giornata, però non in maniera pedante, ossessiva,
perché a questo punto i figli che vedono fare questo anziché imitarci cercano
di non farlo.
D. – Ma
cosa significa “pregare”?
R. –
Ricondurre tutto alla sua sorgente, Dio Creatore, ma farlo in maniera discreta
e laica come è tipico di chi è sposato, di chi vive in famiglia. Ecco, a volte
anche nelle cose più quotidiane e semplici come nel modo di salutare le persone:
può essere, questa, una forma che sostituisce i classici saluti: “Che Dio ti benedica” ...
D. – E’
possibile recuperare il rapporto con gli adolescenti che non hanno, da piccoli,
appreso l’importanza della preghiera?
R. –
Occorre che i genitori li sappiano incuriosire: i figli devono chiedersi come mai loro pregano come marito e moglie:
questo è accaduto anche all’epoca di Gesù quando, vedendolo che si ritirava a pregare, ad un certo punto gli
apostoli si sono incuriositi ed hanno chiesto: “Cos’è che fai?”, e lui rispose:
“Prego!”. “Insegna anche a noi!”. Cioè, anziché ossessivamente dare ordini di
pregare, metterci noi a pregare . Questo
l’incuriosisce ...
D. – Le
posso chiedere nella sua esperienza, come è nata questa idea della preghiera in
famiglia?
R. –
Nella nostra famiglia è nata proprio così, dai figli; man mano che crescevano,
vedendoci pregare insieme, è arrivato il momento in cui erano loro a chiedere:
“Diciamo il Rosario oppure leggiamo un brano della Parola di Dio”, oppure
“Questa preghiera non mi piace, cambiamo” ... Sono cresciuti così, nella naturalezza.
La preghiera è praticamente espressione di un rapporto costante con Dio a
seconda dei bisogni dell’anima: l’anima ha sete di Dio ...
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15 marzo 2005
DONARE
GLI ORGANI SECONDO I PRINCIPI ETICI CONSENTITI, SIGNIFICA
“ALIMENTARE UNA GENUINA CULTURA DELLA VITA”. LO SOTTOLINEANO I VESCOVI
MESSICANI IN UN MESSAGGIO,
CONDANNANDO POI CON FERMEZZA
IL TRAFFICO DI ORGANI,
GIUDICATO “UN ATTO IMMORALE”
- A cura di Davide Dionisi -
CITTA’ DEL MESSICO. = “Donare gli organi è un modo per aiutare la
nostra vocazione all’amore, perché si aiuta il fratello che soffre”. Il successo dei trapianti legato alla possibilità
di salvare la vita di persone affette da particolari malattie, ha spinto la
Conferenza episcopale messicana a lanciare un appello ai fedeli nella Giornata
dedicata alla vita. “Amare il prossimo
fino alla fine” è il titolo del documento pubblicato dalla Commissione episcopale
per la pastorale familiare, nel quale viene posto l’accento sul pensiero del
Santo Padre. Donare gli organi secondo i principi etici consentiti, quindi,
significa “alimentare una genuina
cultura della vita”. Il testo spiega che: “Nel pieno rispetto della
dignità di ciascuno, la donazione non deve causare un danno irreparabile al
donatore, né deve metterlo in pericolo di vita. Non sono consentite, tuttavia,
le donazioni dell’encefalo e della gonadi”, precisa il testo, “perché sono
organi strettamente correlati con l’identità personale e con la trasmissione
del patrimonio genetico dell’essere umano”. La Commissione per la pastorale
familiare chiarisce, inoltre, che: “Gli organi possono essere prelevati solo
quando è stata accertata la morte encefalica del donatore, quindi il suo stato
definitivo irreversibile di morte. Il Pontefice ci ricorda che intervenire in
altro modo, significherebbe causare un decesso intenzionale per disporre degli
eventuali organi”. Il testo dei vescovi segnala poi che “l’espianto deve
avvenire con il pieno consenso del donatore o di chi legittimamente lo rappresenta.
E’ illecito fare pressioni o costringere una persona a donare o ad ottenere il
suo tacito consenso”. Un passaggio importante dello scritto è dedicato al traffico
di organi: “Si tratta di una atto immorale” evidenziano i presuli messicani.
“Così come è immorale approfittare di persone povere per ottenere i loro organi
previo pagamento. Per evitare discriminazioni, inoltre, la destinazione degli
organi deve avvenire secondo criteri di equità”. La Conferenza episcopale
invita, infine, a “rifiutare qualsiasi sperimentazione sugli embrioni umani,
volta ad ottenere cellule madri, perché non si può utilizzare un essere per la
salute di altri”.
PROSEGUE
LA FASE DELLA RICOSTRUZIONE NEL SUD-EST ASIATICO
DOPO IL DISASTROSO TSUNAMI DELLO SCORSO 26
DICEMBRE. GRAZIE ALL’IMPEGNO
DELLA CHIESA CATTOLICA IN INDIA, SONO TORNATI PER
MARE
I PESCATORI DELL’ANDHRA PRADESH
MACHILIPATNAM. = I pescatori dell’Andhra Pradesh,
nell’India sud-orientale, ritornano in mare dopo la tragedia dello tsunami
dello scorso 26 dicembre. Il centro per i servizi sociali (SSC) della diocesi
di Vijayawada ha chiuso, infatti, la seconda fase dei soccorsi per i pescatori
di Machilipatnam, consegnando loro barche e reti nuove. Il vescovo di Vijayawada,
mons. Prakash Mallavarapu, ha apprezzato il lavoro svolto dai sacerdoti delle
singole parrocchie e ha sottolineato il grande impegno di questi ultimi
nell’attenzione verso l’educazione dei bambini. La Chiesa dell’Andhra Prades,
riferisce l’agenzia Asianews, è fatta in maggioranza da poveri, eppure sono
stati numerosi gli episodi di solidarietà compiuti in favore delle vittime del
maremoto che ha sconvolto le coste del sud-est asiatico. I padri gesuiti
Kishore e Selvin, dell’Andhra Loyola College a Vijayawada, ad esempio, con un
gruppo di 700 studenti hanno costruito le barriere per proteggere i campi
dall’acqua del mare e distribuito latte a 7 villaggi. Anche le suore di Gesù Maria
Giuseppe hanno aiutato nel costruire barriere per arginare il mare. La prima
fase del centro per i servizi sociali è consistita nel distribuire utensili,
abiti e cibo a 1.700 persone; mentre i bambini di 3 villaggi hanno ricevuto
materiale scolastico e i soldi per pagare 2 anni di tasse per i loro studi.
Nella seconda fase, invece, l’SSC ha aiutato a riparare 70 barche a Tallepalam,
19 barche a Pedda Kanuru e 36 a Tharangipalem. La prossima fase del programma
di ricostruzione prevede l’edificazione di 2 mila case a basso costo per la comunità
dei pescatori. (B.C.)
AL VIA IERI ALLA 61.MA
SESSIONE DELLA COMMISSIONE ONU PER I DIRITTI UMANI.
LA DRAMMATICA SITUAZIONE NELLA REGIONE SUDANESE
DEL DARFUR,
IL PROBLEMA DELLA TORTURA E LA LOTTA AL TERRORISMO
INTERNAZIONALE
AL CENTRO DEI PRIMI INTERVENTI
GINEVRA.
= La comunità Internazionale continua ad essere pressoché indifferente alla
drammatica crisi che attanaglia il Darfur, nel Sudan occidentale. Lo ha sottolineato
ieri l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Louise Arbour. “Il nostro
approccio della diplomazia dei diritti umani – ha detto, aprendo i lavori della
61.esima sessione annuale della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti
umani – è selettivo e sporadico”. Sul Darfur, teatro di crimini di guerra e
contro l’umanità, ha aggiunto Louise Arbour, la “nostra risposta è stata ben al
di sotto di quanto esige la nostra responsabilità collettiva nei confronti dei
più deboli”. L’Alto commissario, intervenendo davanti ai rappresentanti dei 53 Paesi
membri della Commissione, si è detta, inoltre, “estremamente preoccupata
dall’osservare che alcuni diritti stabiliti da lunga data, come il diritto a
non essere torturati, siano adesso oggetto di interpretazioni senza
precedenti”. La lotta al terrorismo internazionale e l’abolizione della pena di
morte sono state, invece, al centro dell’intervento di Jean Asselborn, vice
ministro degli affari esteri del Lussemburgo. “La lotta contro il terrorismo,
nella quale la comunità internazionale si è globalmente impegnata in questi
ultimi anni – ha sottolineato, rivolgendosi ai presenti a nome dell’Unione
Europea – richiede da parte nostra una grande vigilanza”. “Questo problema – ha
aggiunto – mi permette di ricordare l’importanza che noi attribuiamo alla proibizione
assoluta di ogni forma di tortura”. La Commissione delle Nazioni Unite sui
diritti umani è il massimo organo ONU per la difesa dei diritti fondamentali,
ma il suo operato, e soprattutto i suoi silenzi, sono da tempo bersaglio di
numerose critiche da parte delle organizzazioni non governative che hanno, fra
l’altro, criticato la mancata adozione l’anno scorso di risoluzioni contro situazioni
presenti in Cina, Zimbabwe o Cecenia. Come ogni anno, i primi giorni della
sessione, che si chiuderà il prossimo 22 aprile, sono dedicati agli interventi
di ministri, alti rappresentanti ed altre personalità. (B.C.)
IN AFRICA
UN BAMBINO SU SEI MUORE PRIMA DEI 5 ANNI. E’ IL DATO ALLARMANTE
CHE EMERGE DALL’ULTIMO RAPPORTO DI “SAVE THE
CHILDREN”. L’ONG INVITA,
INOLTRE, I GOVERNI A GARANTIRE IL RISPETTO DEI
DIRITTI FONDAMENTALI,
CON PARTICOLARE ATTENZIONE ALLA TUTELA DEI PIU’
PICCOLI
LONDRA.
= “I bambini africani subiscono continue violazioni dei loro diritti fondamentali.
Decine di milioni non hanno accesso ad assistenza medica o a un’istruzione adeguate;
molti non ne ricevono affatto. Altri milioni sono vittime di conflitti,
violenza e abusi”. E’ quanto si legge in un rapporto dell’organizzazione non
governativa “Save the Children”, che ha come titolo “Uno su due: i bambini sono
la chiave per il futuro dell’Africa”. La situazione dei bambini africani è, dunque,
drammatica: un bambino su sei, infatti, muore prima dei cinque anni. Le cause
principali di queste morti premature sono principalmente malattie come la malaria
e la polmonite, che potrebbero essere facilmente curate e prevenute. Nel
rapporto si legge, inoltre, che la regione sub-sahariana “è devastata
dall’HIV/AIDS, con due milioni e 200 mila bambini contagiati e circa 12 milioni
e mezzo rimasti orfani a causa del virus”. L’invito che “Save the Children”
rivolge, quindi, ai governi del continente è chiaro e forte: adottare delle
specifiche misure volte a garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali.
Un’attenzione specifica dovrebbe essere rivolta ai più piccoli, con l’obiettivo
di ridurre la mortalità infantile e garantire loro l’istruzione primaria.
(M.V.S.)
A PARTIRE DALLA META’
DEL PROSSIMO ANNO, TUTTE LE DONNE SAUDITE
DISPORRANNO DELLA LORO CARTA DI IDENTITA’. LO HA
ANNUNCIATO
IL DIPARTIMENTO PER LO STATO CIVILE DELLE DONNE
RIYADH. = Un segnale confortante in Arabia Saudita
sul fronte della condizione della donna. A metà del 2006, secondo ha dichiarato
Hissah Al-Suwaileh, capo del Dipartimento per lo stato civile delle donne di
Riyadh, ogni saudita dovrà avere la sua propria carta d’identità. Fino ad oggi
i documenti che provavano l’identità di una donna nel regno dei Saud erano il
passaporto – accessibile a poche – o una carta familiare, che fornisce solo il
nome della donna. Quest’ultima, inoltre, è autentica solo se comprovata dalla
testimonianza di un uomo. Anche nel caso del passaporto, del resto, un maschio
deve essere presente al momento della presentazione del documento e
testimoniare per la donna. L’Arabia Saudita è un Paese retto da un governo
teocratico islamico, ispirato alla corrente fondamentalista del wahabismo, una
delle più rigide dell’Islam contemporaneo. (B.C.)
INAUGURATA A
FIRENZE, LA CITTA’ CHE NEL 1439 FU TEATRO DELLA STORICA RIUNIONE FRA LE CHIESE D’OCCIDENTE E
D’ORIENTE,
UNA MOSTRA DI ANTICHE ICONE. LA RASSEGNA,
INTITOLATA
“LA GLORIA DEL TUO VOLTO: ICONE DELLE TERRE
RUSSE”,
SARA’ VISITABILE FINO AL PROSSIMO 8 MAGGIO
- A cura di Laura Sposato -
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FIRENZE. = Provengono tutte dalla collezione privata Orler
di Venezia, ma alcune non sono mai state viste dal pubblico. Per la prima volta
sono esposte insieme, in un ambiente di forte prestigio artistico e senso
religioso, il sottochiesa brunelleschiano della Basilica di San Lorenzo, la più
antica chiesa della città, e proprio a Firenze, città legata alla presenza
russa ed ortodossa per molti motivi storici, a partire dal famoso Concilio del
1439, che riunì la Chiesa di Roma con quella orientale. Delle 200 icone,
realizzate fra il XVI e il XIX secolo, 50 sono il nucleo di attrazione
provenienti da chiese, e massima espressione della spiritualità tradotta in
genio artistico del popolo russo. Le altre saranno messe in vendita. Fra i
pezzi incedibili della famiglia Orler, che da più di 30 anni raccoglie icone
dalle nobili famiglie russe in esilio, un Arcangelo Gabriele del ‘500, opera
della più celebre scuola di Mosca. Un capolavoro di talento iconografico è “San
Giorgio e il Drago” ed un’altra rarità è un’immagine di “San Basilio il
grande”, uno dei padri della Chiesa più venerati dalla Chiesa d’Oriente. La
Mostra “La gloria del tuo volto: icone delle terre russe” è patrocinata dal
Museo diocesano di arte sacra della Curia fiorentina, insieme al Comune di
Firenze e Regione Toscana. Resterà aperta ad ingresso libero tutti i giorni
fino all’8 maggio.
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15 marzo 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
Dopo le dimissioni del premier
Haradinaj, attualmente processato dai giudici dell’Aja, il Kosovo ha vissuto
oggi un altro momento di tensione. Stamattina, nel centro di Pristina, è
fallito di poco un attentato contro il presidente Rugova: un ordigno è esploso
al passaggio del convoglio che lo trasportava. L’attentato, condannato dalle
autorità di Serbia e Montenegro, ha causato il ferimento di una persona. Andrea
Sarubbi ha raccolto il commento di mons. Marko Sopi, amministratore apostolico
di Prizren:
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R. – Questo attentato mi ha
sorpreso. Evidentemente, non piace a tutti che il Kosovo si stabilizzi e torni
definitivamente alla normalità: così, qualcuno ha pensato di fare un’azione
dimostrativa, non favorevole ad un ristabilimento della situazione nel Kosovo,
ma destinata piuttosto a provocare un effetto contrario.
D. – Prima di oggi come era la
situazione? Era tranquilla, o c’era tensione per il processo all’Aja del
premier Haradinaj?
R. – L’atmosfera sembrava
tranquilla, ma certamente questa accusa al primo ministro ha turbato il clima…
tanto più che Haradinaj aveva iniziato il suo incarico con grande slancio e
stava portando avanti le cose molto bene. Quell’accusa, arrivata proprio in
questo momento, ed il processo all’Aja sono stati una grande sorpresa per
tutti.
D. – Mons. Sopi, che cosa manca
per arrivare ad una pace stabile e duratura?
R. – Se non si arriverà a definire
lo status del Kosovo, non si raggiungerà mai una pace vera e duratura… È una
decisione che attendono tutti: sia i kosovari, fautori dell’indipendenza, sia
anche gli oppositori, fiduciosi che la situazione torni ad essere più o meno
quella di prima. Personalmente, credo che non ci sia altra via se non quella
dell’indipendenza, se si vuole una pace lunga, duratura e forte. Finché non si
ottiene questo, le sorprese sono dietro l’angolo… con ogni tipo di azione
possibile. E quello che è successo oggi è molto grave.
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Il
procuratore del Tribunale penale internazionale (TPI) per l’ex Jugoslavia,
Carla Del Ponte, ha espresso il proprio rammarico per la mancanza di determinazione
della Croazia nei confronti di Ante Gotovina, un ex generale
dell’esercito croato ricercato dalla Corte dell’Aja. Secondo l’Unione Europea,
il militare gode della protezione delle autorità di Zagabria. Il premier croato
Sanader ha ribadito invece che il suo governo sta cooperando pienamente col
TPI.
Si consegnerà giovedì alle autorità
del Tribunale penale internazionale dell’Aja Drago Nikolic, capo della
sicurezza dell’esercito serbobosniaco ai tempi della guerra in Bosnia. È
accusato di aver preso parte al massacro di Srebrenica. L’atto di
incriminazione parla di trasferimento forzato di donne musulmane dall'enclave
“protetta” dell’ONU nel luglio 1995 e di partecipazione alle esecuzioni
sommarie della strage, compiuta l'11 luglio di quell'anno e costata la vita a
oltre settemila musulmani.
In
Medio Oriente il varo di un accordo per una tregua israelo-palestinese ha
subito nuovi intoppi. E’ stata invece raggiunta un’intesa per il passaggio del
controllo di Gerico e Tulkarem sotto il controllo palestinese. Il nostro
servizio:
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Il
primo ministro dello Stato ebraico, Ariel Sharon, ha giudicato inadeguata
l’ipotesi di tregua dell’Autorità nazionale palestinese. “La proposta – ha
spiegato il premier israeliano – non costituisce una soluzione perché non
garantisce la fine del terrorismo quale alternativa politica”. Secondo Sharon è
indispensabile che il presidente palestinese Abu Mazen disarmi le formazioni
estremiste. Tra queste il principale movimento fondamentalista, Hamas, ha
dichiarato di essere contrario ad un cessate-il-fuoco di lunga durata con Israele.
Sul piano politico si deve anche registrare che il governo israeliano ha
accettato di trasferire, a partire da domani, il controllo
della città di Gerico ai servizi di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese.
La decisione è stata presa ieri sera nel corso di una riunione fra il ministro
della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, ed il ministro palestinese degli Interni,
Nasser Yusef. Durante l’incontro è stato anche fissato, per venerdì prossimo,
il passaggio di Tulkarem sotto la responsabilità palestinese. Il governo di Tel
Aviv ha dichiarato, inoltre, che rischiano di saltare i colloqui con la
leadership palestinese se dopo la restituzione di Gerico e Tulkarem verranno
rilasciati i detenuti nelle carceri delle due città della Cisgiordania. Strette
misure di sicurezza sono state predisposte, infine, per l’inaugurazione a Gerusalemme
del nuovo grande museo in
ricordo della Shoah, all’interno del memoriale dello Yad Vashem. Alla solenne
cerimonia, che si aprirà questa sera con il
suono di un corno rituale ebraico recuperato in un campo di sterminio nazista,
parteciperanno le delegazioni di 30 Paesi. In rappresentanza del Papa ci sarà
il cardinale Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa.
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In Iraq, un bambino è morto ed
almeno quattro persone sono rimaste ferite per la deflagrazione di una bomba
esplosa a Baghdad nei pressi di una moschea sunnita. Fonti locali hanno
precisato che si è trattato di un attentato kamikaze condotto con l’obiettivo
di colpire una pattuglia della polizia. A Baghdad, intanto, sono state
rafforzate le misure di sicurezza attorno
alla Zona Verde in vista della seduta di insediamento, prevista domani, della
nuova Assemblea nazionale eletta lo scorso 30 gennaio.
In Libano hanno cominciato a
lasciare Beirut anche i servizi segreti siriani, dopo che nei giorni scorsi le
truppe regolari di Damasco avevano avviato il ridispiegamento verso la valle
della Beqaa, nella parte orientale del Paese. L’operazione giunge proprio
quando, nella capitale libanese, il premier designato Karame ha avviato le
consultazioni per la formazione del nuovo governo.
Il
processo di pace tra India e Pakistan sarà al centro degli incontri, al via domani
a New Delhi, tra le autorità indiane e il segretario di Stato americano,
Condoleeza Rice. L’inviata dell’Amministrazione statunitense arriverà questa
sera nella capitale indiana.
Nelle Filippine almeno 26
estremisti, detenuti in un carcere di massima sicurezza alla periferia di
Manila, sono rimasti uccisi durante l’assalto condotto stamani dalle forze speciali
per mettere fine ad una rivolta. Le vittime facevano parte del gruppo
fondamentalista islamico ‘Abu Sayyaf’, legato ad al Qaeda.
In un conflitto a fuoco
scoppiato in Siberia tra le forze dell’ordine russe e quattro soldati
disertori, sono rimasti uccisi tre poliziotti e un fuggiasco. Le diserzioni
nell’esercito russo si sono moltiplicate in questi ultimi mesi. I soldati sono
costretti, infatti, a sopportare condizioni di vita molto difficili.
Almeno
30 persone sono rimaste uccise nel nord est del Kenya in seguito ad
un’incursione di un gruppo di miliziani contro un villaggio vicino alla
frontiera con la Somalia. Lo hanno reso noto fonti della polizia.
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