RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 73- Testo della trasmissione di lunedì 14 marzo 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Prima giornata del Papa in Vaticano dopo il rientro ieri sera dal Policlinico Gemelli.  Giovanni Paolo II ha già lo sguardo sulla Settimana Santa e invita i giovani a partecipare  nella  Domenica  delle Palme  in Piazza San Pietro alla Giornata Mondiale della Gioventù.

 

La drammatica situazione dei rifugiati africani è una questione di cui deve farsi carico tutta la comunità internazionale: è l’appello del rappresentante della Santa Sede alla riunione dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati.  Al centro dell’intervento l’emergenza umanitaria del Darfur

 

IN PRIMO PIANO:

Inarrestabile la corrente di solidarietà per don Cesare Lodeserto. In attesa dell’interrogatorio di garanzia di domani, il sacerdote arrestato si e’ dimesso da direttore del Centro “Regina Pacis”.  Il vescovo di Lecce, mons. Cosmo Ruppi, ai nostri microfoni: “Sono un testimone dei suoi sacrifici”.

 

Giudizi positivi dal mondo cattolico  sull’ultimo film di Ferzan Ozpetek  “Cuore Sacro”: e’ la storia di una imprenditrice giovane e ricca che  in modo radicale  affida la propria vita  ai più poveri

 

CHIESA E SOCIETA’

Sarebbe stato vittima della sua generosità il prete ucciso a Mantova. L’85.enne si dedicava ad aiutare i bisognosi.

 

La Corea del Sud in difesa della vita nascente. A Seul tappe della Via Crucis riguarderanno temi come la sperimentazione degli embrioni, l’uso delle cellule staminali e l’aborto.

 

Esplosione ieri in una chiesa del Trevigiano, in Italia. Ferite una donna e bambina. Dietro il micro-attentato la folle mano di una bomber.

 

Il 19 per cento dei sospettati di crimini gravi in Cina sono minorenni. L’allarme lanciato dall’Assemblea nazionale del popolo. La scarsa scolarizzazione, la poca attenzione dei genitori e l’assenza di una legislazione preventiva le cause alla base del fenomeno.

 

Nei locali della Biblioteca casanatense di Roma una mostra dedicata a Papa Pio II dal 7 aprile al 31 maggio. Una testimonianza non solo della sua produzione letteraria, ma anche dei suoi multiformi interessi.

 

24 ORE NEL MONDO:

A Beirut un milione di persone alla manifestazione anti-siriana, ad un mese dall’assassinio dell’ex   premier Rafic Hariri

 

Il parlamento cinese approva la legge antisecessione che consente l’uso della forza militare se Taiwan dovesse dichiararsi formalmente indipendente.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 marzo 2005

 

 

PRIMO GIORNO DI GIOVANNI PAOLO II IN VATICANO, DOPO IL RIENTRO IERI SERA

DAL POLICLINICO GEMELLI, AL TERMINE DI 18 GIORNI DI DEGENZA OSPEDALIERA. ALL’ANGELUS DOMENICALE, IL SANTO PADRE HA CHIAMATO I GIOVANI A RACCOLTA IN PIAZZA SAN PIETRO PER LA DOMENICA DELLE PALME. SUL RAPPORTO SPECIALE TRA IL PAPA E I GIOVANI, LA RIFLESSIONE DI MONS. MAURO PARMEGGIANI.

- Ai nostri microfoni il dott. Antonio Cicchetti -

 

Prima giornata di Giovanni Paolo II in Vaticano, dopo il rientro ieri sera dal Policlinico Gemelli, al termine di 18 giorni di degenza ospedaliera. Un “ritorno a casa”, che è stato accompagnato dall’abbraccio commosso dei fedeli. Ieri, nel messaggio letto dall’arcivescovo Sandri prima della recita dell’Angelus, il Papa ha chiamato i giovani a raccolta in piazza San Pietro per la Domenica delle Palme, un appuntamento che si proietta idealmente verso la Giornata mondiale della Gioventù, in programma ad agosto a Colonia. Un’esortazione che ribadisce il legame tutto particolare tra l’anziano Pontefice e i giovani. Ecco la riflessione di mons. Mauro Parmeggiani, responsabile del Servizio per la pastorale giovanile del Vicariato di Roma, raccolta da Alessandro Gisotti:

 

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R. – In questo periodo, in cui il Papa è stato ricoverato al Gemelli, ho visto di persona il grande affetto dei giovani, di tutti i giovani. Il Papa è visto da tutti come un grande padre, un grande punto di riferimento. Il Papa questo lo sente ed i giovani lo percepiscono. In più, c’è il suo ruolo: il suo ruolo spirituale che va al di là delle capacità umane, è un polo spirituale, che lui sente fino in fondo. Anche dai suoi gesti si coglie la sua determinazione a proseguire nel suo ministero di Padre nella Chiesa, ed i giovani questo lo sentono, lo vedono come un grande esempio da imitare.

 

D. – Il Papa anziano riesce a parlare in modo diretto, immediato al cuore dei giovani. Perché, secondo lei?

 

R. – Proprio perché questo Papa ha il cuore giovane; cioè, è un uomo senza sovrastrutture, un uomo vero, che non ha paura di farsi vedere per quello che è, che non ha paura della sua immagine: anche se soffre, anche se ha la voce rauca ... è un uomo vero. Vero nei rapporti, vero con le persone, vero negli affetti ... allora ecco il rapporto tra questo Papa ed i giovani. Un rapporto basato sulla verità, sulla sincerità, soprattutto sull’andare oltre, sul non mollare mai! E’ una canzone, questa, che i giovani hanno preso dal mondo delle loro canzoni e che adesso si sono messi a cantare al Papa: “Non mollare mai! Non mollare mai!”. E sembra che lui voglia rispondere proprio con questo suo desiderio di essere sempre Padre, fino alla fine ...

 

D. – Giovanni Paolo II ha chiamato a raccolta i giovani per la Domenica delle Palme, ma ci sarà già questa settimana, durante la settimana, un appuntamento importante?

 

R. – Certo. L’appuntamento del giovedì, precedente la Domenica delle Palme, è sempre stato un appuntamento con il Papa, in vista della Giornata mondiale della gioventù; anche quest’anno questo appuntamento lo terremo, ugualmente, lo abbiamo spostato nella cattedrale del Papa, che è San Giovanni. Il Papa sarà presente seguendoci e speriamo anche che ci invii un messaggio. Sono sicuro che saranno presenti tantissimi giovani, dai biglietti che abbiamo distribuito in Basilica sono tantissimi: abbiamo superato i 20 mila. E’ segno questo del desiderio di pregare per andare a Colonia e di pregare anche per il Santo Padre, per il suo ministero.

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Ma torniamo alla degenza al Policlinico Gemelli di Giovanni Paolo II con la testimonianza di Antonio Cicchetti, direttore amministrativo dell’Università Cattolica e direttore generale del nosocomio romano, che – al microfono di Andrea Sarubbi – racconta le emozioni di avere avuto, in questi giorni, tra i propri pazienti il Santo Padre:

 

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R. – Abbiamo avuto la sensazione di vedere una persona che ha dentro di sé una forza enorme, che trasmette anche agli altri … Lo abbiamo visto, giorno per giorno, riprendere le sue forze e le sue capacità, fino a quando, ieri sera, è uscito. Per noi era stata una grande soddisfazione già vederlo alla finestra salutare la gente dalla finestra: ci colpiva questa sua voglia di comunicare con le persone venute al Gemelli per lui … Poi, ieri sera, abbiamo potuto notare la tranquillità con cui il Papa ha lasciato l’ospedale, con cui ha salutato tutte le persone, e la familiarità – mi permetto di dire – che si era creata anche con il personale.

 

D. – Oggi, al Gemelli, la sala stampa non c’è più, l’attenzione dei mass media sembra diminuita … E l’ospedale torna a funzionare in silenzio …

 

R. – In realtà, l’ospedale ha funzionato regolarmente anche durante il ricovero di Giovanni Paolo II, al di là dell’impatto dei media a livello mondiale. Dietro la prima facciata - dove si vedeva chiaramente che c’era qualcosa di molto diverso dal solito - all’interno del Gemelli, la vita dell’ospedale è proseguita normalmente, ed oggi continua come prima.

 

D. – Vi costa fatica tutta quest’attenzione dei mass media attorno a voi, ogni volta che arriva il Papa?

 

R. – Fatica? No. Diciamo che ci vuole un’attenzione, però, ad un certo punto, ci si abitua. Finito l’impatto dei primi giorni, poi diventa una sorta di routine, anche perché, effettivamente, le grandi dimensioni dell’ospedale consentono di assorbire questi impatti.

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Ieri, dunque, il Papa è tornato in Vaticano, dopo 18 giorni di degenza ospedaliera, ripercorsi nel servizio di Giada Aquilino:

 

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24 febbraio. Era mattina, poco prima di mezzogiorno. La stampa di tutto il mondo tornava a diffondere quella notizia: Giovanni Paolo II di nuovo ricoverato al Policlinico Gemelli, per una ricaduta della sindrome influenzale, che lo aveva già costretto al ricovero, sempre al 10.mo piano dell’ospedale romano, dal primo al 10 febbraio scorsi. La sera stessa del 24 febbraio viene praticata al Pontefice una tracheotomia. Domenica 27, Giovanni Paolo II affida la preghiera dell’Angelus alla voce dell’arcivescovo Sandri, sostituto della Segreteria di Stato. Ma a sorpresa, nella giornata della prima preghiera mariana dal ’78 recitata senza la presenza fisica del Pontefice tra la gente, il Papa appare dietro la finestra della sua stanza d’ospedale e benedice i fedeli assiepati nel piazzale del Gemelli e quelli in collegamento televisivo. Anche domenica 6, seguendo le stesse modalità per la recita dell’Angelus, il Papa si affaccia alla finestra del ‘Vaticano 3’ e benedice la folla. Mercoledì 9 non c’è udienza generale, ma il Santo Padre non fa mancare il proprio affetto ai fedeli e nuovamente compare dietro i vetri del suo appartamento al Gemelli. Venerdì scorso, poi, il Centro Televisivo Vaticano diffonde le immagini della Messa presieduta dal Papa nella cappellina del suo appartamento di degenza; “il nostro aiuto è nel nome del Signore”, pronuncia Giovanni Paolo II, prima della benedizione finale.

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LA SITUAZIONE DEI RIFUGIATI AFRICANI E’ UNA QUESTIONE

DI CUI DEVE FARSI CARICO TUTTA LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE:

COSI’ MONS. FORTUNATUS NWACHUWKU, NELL’INTERVENTO ALLA 32.MA RIUNIONE

DEL COMITATO ESECUTIVO DELL’ALTO COMMISSARIATO ONU PER I RIFUGIATI.

IL CONSIGLIERE DELLA MISSIONE VATICANA SI E’ SOFFERMATO IN PARTICOLARE SULL’EMERGENZA UMANITARIA DEL DARFUR

 

“La condizione dei rifugiati in Africa”, specie nel Darfur “è una cicatrice profonda per tutta la famiglia umana”, di cui si deve far carico l’intera comunità internazionale. E’ l’accorato appello di mons. Fortunatus Nwachuwku, consigliere della Missione permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra che nei giorni scorsi è intervenuto alla 32.ma riunione del Comitato esecutivo dell’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Di fronte alla tragedia quotidiana dei rifugiati del continente africano, la comunità internazionale ha il dovere di intervenire senza ulteriori ritardi. E’ il forte richiamo di mons. Nwachuwku, che nel suo discorso si è soffermato in particolare sulla drammatica situazione umanitaria del Darfur. Nella martoriata regione sudanese, ha sottolineato, la popolazione civile è sottoposta ad attacchi sistematici, interi villaggi vengono distrutti, i diritti umani sono violati ogni giorno. “Particolarmente vulnerabili sono le donne – ha rilevato – soggette a stupri e ad ogni forma di degradazione”. Se una persona è fortunata, ha costatato amaro il diplomatico vaticano, diventa un rifugiato nei campi profughi nel vicino Ciad.

 

 “Le autorità sudanesi – ha avvertito – non sembrano capaci o non sono in grado di proteggere i diritti del proprio popolo”. E’ allora quanto mai urgente una leadership forte delle Nazioni Unite per affrontare tale emergenza. La Santa Sede, ha affermato mons. Nwachuwku, chiede maggiori risorse umane e finanziarie per rispondere ai bisogni dei rifugiati e degli sfollati interni. Non solo, è infatti necessaria la volontà di “intervenire per togliere le armi dalle mani degli aggressori”. Più si tarda nell’agire, è stato il suo richiamo, “più è grande il rischio di nuovi abusi sulla gente e l’indebolimento di accordi di pace raggiunti faticosamente”. Il consigliere della missione vaticana ha concluso il suo intervento ribadendo la necessità di “fermare il flusso di armi nei conflitti, di non lasciare impuniti quanti si macchiano di crimini contro l’umanità” e, infine, di agire ora per “dare nuova speranza all’Africa e a tutti i rifugiati”.

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NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ordinario per i cattolici di rito orientale residenti in Francia e sprovvisti di Ordinario proprio, canonicamente presentata dal cardinale Jean-Marie Lustiger, arcivescovo emerito di Parigi. Gli succede l’attuale arcivescovo di Parigi, mons. André Vingt-Trois.

 

 

DOMANI IL CARDINALE JEAN-LOUIS TAURAN PARTECIPERA’ IN RAPPRESENTANZA

DEL PAPA ALL’INAUGURAZIONE DEL NUOVO MUSEO

DELLA STORIA DELL’OLOCAUSTO A YAD VASHEM, A GERUSALEMME

 

Domani, il cardinale Jean-Louis Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, prenderà parte, in qualità di rappresentante del Santo Padre, all’inaugurazione del nuovo Museo della Storia dell’Olocausto a Yad Vashem, a Gerusalemme.

 

E’ quanto ha reso noto questa mattina, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls.

 

Le cerimonie inaugurali del nuovo Museo si svolgeranno sotto l’egida del  segretario generale dell’ONU Kofi Annan: vi parteciperanno rappresentanti di governo di circa 40 Paesi. Il nuovo grande Museo della storia dell’Olocausto, realizzato in dieci anni, sarà poi aperto al pubblico alla fine del mese. Utilizzando le più moderne forme di comunicazione multimediale, si prefigge di “dare voce agli individui” sterminati dai nazisti, ricostruendo le loro storie, esponendo i loro effetti personali e mostrando le ultime tracce lasciate prima di andare verso la morte. Buona parte del nuovo Museo è stata allestita sotto terra. I corridoi impongono un percorso obbligato. “Si ha come la sensazione angosciante di essere  prigionieri”, ha commentato il quotidiano israeliano Haaretz.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina il titolo “La gioia dei romani accompagna il Papa dal “Gemelli” al Vaticano”: Giovanni Paolo II ha lasciato il Policlinico nella serata di domenica 13 marzo. Migliaia di persone lo hanno salutato con calorosissimo affetto lungo le strade della Capitale. La meditazione del Santo Padre all’Angelus: “Gli operatori dei mass media chiamati a fornire sempre un’informazione puntuale, rispettosa della dignità della persona umana e attenta al bene comune”.

 

Nelle vaticane, “Giovanni Paolo II: struttura morale della libertà” del card. Julián Herranz

 

Nelle estere, Libano: un milione in piazza per ricordare Hariri, Beirut invasa dall’opposizione antisiriana. Iraq: attacco suicida provoca 4 vittime, un “kamikaze” si fa esplodere a Sud di Baghdad. Intervento della Santa Sede al Comitato Permanente del Comitato esecutivo dell’ACNUR: “E’ urgente una forte guida dell’ONU per assistere gli sfollati e i rifugiati del Darfur”. Medio Oriente: vertice a Ramallah tra Annan e Abu Mazen, disposto lo sgombero di 24 colonie. Nucleare: l’Iran riprenderà l’arricchimento dell’uranio. Cina: approvata una legge contro la secessione di Taiwan.

 

Nella pagina culturale, raccolte nel volume “Un altro paese” le fotografie di Pepi Merisio.

 

Nelle pagine italiane, nuovo attentato di unabomber: ferite una donna e una bambina nell’esplosione in una chiesa a Motta di Livenza. Sdegno e commozione per la morte di don Strazzi, l’anziano sacerdote ucciso a Mantova forse per un tentativo di rapina. “Don Cesare sia presto restituito ai suoi poveri”: è il commento di Mons. Ruppi sull’arresto del sacerdote a San Foca. A seguire i temi delle elezioni regionali, della competitività e dell’immigrazione.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 marzo 2005

 

 

 

INARRESTABILE LA CORRENTE DI SOLIDARIETA’, AD OGNI LIVELLO,

PER DON CESARE LODESERTO. IN ATTESA DELL’INTERROGATORIO DI GARANZIA

DI DOMANI, IL SACERDOTE ARRESTATO SI E’ DIMESSO DA DIRETTORE

DEL CENTRO “REGINA PACIS”. IL VESCOVO DI LECCE, MONS. RUPPI:

“SONO UN TESTIMONE DEI SUOI SACRIFICI”

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Una solidarietà che ha trovato nella preghiera la forma per comunicare affetto e vicinanza. Questa sera, nella cattedrale di Lecce, il vescovo della città, mons. Cosmo Ruppi, sacerdoti e fedeli si riuniranno per pregare per la dolorosa vicenda che vede coinvolto don Cesare Lodeserto. Il sacerdote da tre giorni è agli arresti nel carcere di Verona, con l’accusa di sequestro di persona e di abuso di mezzi di correzione nei confronti di alcune immigrate dell’est Europa, ospitate nel Centro di accoglienza “Regina Pacis” di Lecce. Dalla direzione del Centro e dalla presidenza della Fondazione omonima, cui faceva capo un’analoga struttura di accoglienza in Moldova, don Cesare Lodeserto si è dimesso questa mattina: al suo posto la curia di Lecce ha nominato don Attilio Mesagne, direttore della Caritas diocesana e dell'ufficio diocesano Migrantes, che ha affermato di voler proseguire il lavoro avviato da don Cesare “con la stessa passione, lo stesso entusiasmo e slancio, facendo in modo che quanto svolto in questi ultimi anni non vada perduto, annullato”. Intanto, l’attenzione è ora rivolta all’interrogatorio di garanzia cui don Cesare Lodeserto verrà sottoposto per rogatoria dal gip del Tribunale di Lecce. Un passaggio cui il vescovo Cosmo Ruppi, intervistato da Luca Collodi, appunta molte delle sue speranze per una pronta soluzione del caso:

 

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R. - Penso che la situazione si chiarirà ancora di più dopo l’interrogatorio di garanzia che sarà fatto domani, purtroppo con molto ritardo, nel carcere di Verona: speriamo che tutto venga alla luce così come ormai, nell’opinione pubblica, si va dimostrando.

 

D. – Mons. Ruppi, la stampa pugliese intervista oggi una ragazza moldava che ha denunciato don Cesare e che ammetterebbe di essere stata pagata…

 

R. – Non so esattamente, ma certamente qualcosa del genere c’è sotto, un ordito persecutorio sembra profilarsi all’orizzonte. Noi abbiamo molta fiducia nella magistratura, ma vorremmo che questa verità venisse alla luce il prima possibile.

 

D. – Che sacerdote è don Cesare Lodeserto?

 

R. – Quando non era ancora sacerdote, da semplice studente andava a trascorrere i mesi estivi prestando servizio nel Cottolengo. Quando io fui eletto vescovo di Lecce, 16 anni fa, il mio predecessore, mons. Minguzzi, mi disse queste precise parole: “Cosmo, se tu vuoi, prendi Cesarino come segretario perché è un uomo generoso, fedele, che ama moltissimo i poveri. Io posso dire di essere un testimone dei suoi sacrifici”.

 

D. – Questa vicenda ha fatto scattare un’immensa solidarietà verso l’arcidiocesi di Lecce e verso don Cesare…

 

R. – Ho qui un pacco di centinaia e centinaia di fax, senza raccontare le mille telefonate che stanno arrivando da vescovi, autorità, ministri… E poi vi sono moltissimi sacerdoti sgomenti. Quando ieri sono andato in giro per le mie celebrazioni, appena arrivavo in chiesa partivano dal nulla applausi straordinari che io ho cercato di trasformare, come è mio dovere, in preghiera. E sono convinto che, in questo momento, la solidarietà faccia piacere, ma la preghiera è ancora più efficace della solidarietà. Proprio su richiesta diretta della gente, è partita l’iniziativa improvvisa di una veglia di preghiera che stasera, alle ore 19.00, sarà tenuta in Cattedrale. Ci riuniremo soltanto per pregare. Ci avviciniamo alla Settimana Santa: io mi auguro che per le Palme don Cesare possa celebrare l’Eucaristia insieme a me.

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         Marco Tullio Giordana, regista del pluripremiato “La meglio Gioventù”, ha conosciuto da vicino don Cesare Lodeserto e il Centro “Regina Pacis”, visitati lo scorso anno mentre preparava il suo prossimo film intitolato “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, incentrato sulla realtà degli immigrati in Italia. Fabio Colagrande ha chiesto al regista un commento sulla vicenda del sacerdote:

        

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R. - Sono rimasto molto sorpreso, soprattutto perché mi sembra che le imputazioni molto gravi di cui è fatto oggetto don Cesare, anche prendendole per buone, cosa che io non faccio assolutamente, abbiano trovato nell’arresto cautelare una misura eccessiva, in questo caso. Sono convinto che don Cesare Lodeserto riuscirà a dimostrare l’infondatezza di queste accuse e la sua posizione.

 

D. – Avvicinando don Cesare ha avuto l’idea di una persona che dava fastidio a molti?

 

R. – Io sono un regista, quindi vedo le cose come se fossero una scena che mi si presenta davanti. Ecco, anche se don Cesare Lodeserto ha le “stigmate” del carattere volitivo ed imperioso, non avrei mai potuto scritturarlo nel ruolo di un “cattivo”, perché so che dietro a quella volitività e quella forza, c’è il dolore di una missione complicata.

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GIUDIZI POSITIVI DAL MONDO CATTOLICO  SULL’ULTIMO FILM DI FERZAN OZPETEK  “CUORE SACRO”: E’ LA STORIA DI UNA IMPRENDITRICE GIOVANE E RICCA CHE  IN MODO RADICALE  AFFIDA LA PROPRIA VITA  AI PIU’ POVERI

 

 

“Ho tentato di raccontare in forme laiche il bisogno di spiritualità che si sente in questo momento in tutto il mondo”. Così ha ribadito il regista Ferzan Ozpetek a proposito della sua ultima opera, “Cuore sacro”, che ha suscitato molto interesse da parte della stampa e dei media cattolici. Un film definito dall’apposita Commissione della Conferenza Episcopale Italiana “forte, urgente, opportuno”. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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(musica)

 

Quando il cuore parla, lo fa in modo imprevedibile. “Quando può far sentire la sua voce – scrive il filosofo Ephraim Lessing – non c’è bisogno di preparare il discorso”. Nell’ultimo, sofferto e sincero film di Ferzan Ozpetek sono molti i cuori che, in modo assai diverso, fanno sentire la loro voce, a cominciare da quello di Irene, la giovane protagonista, con un nome forse scelto non a caso. Ci sono cuori buoni e cattivi, cuori chiusi e aperti. Cuori di pietra e di carne, come scrive il profeta Ezechiele.

 

“Se riusciamo a ritrovare la luce del cuore nascosto – era solita affermare la mamma di Irene, morta in circostanze misteriose – capiremmo che in noi c’è un cuore sacro”. A palpitare per primo, però, ed essere quello che vuol parlare a tutti i costi, è il cuore del regista. Colpito da un fatto doloroso e sconcertante: la pervicace miopia nei confronti della dilagante indigenza e povertà. Irene – Barbora Bobulova, coinvolta in un personaggio nel quale ha creduto moltissimo – è un’imprenditrice giovane e ricca. Riuscirà ad ascoltare il suo “cuore sacro” ed evitando l’errore di tramutare il suo passato in vendetta o denaro – come la mette in guardia la zia Maria Clara contro la spietatezza della sorella Eleonora, splendide Erica Blanc e Lisa Gastoni in questi ruoli – sarà capace di cambiare radicalmente e rigorosamente il suo presente, fino alle propaggini di un assoluto, problematico distacco dal mondo.

 

Non è facile raccontare la complessità di questo itinerario morale verso una vita ricca di senso, un cammino che porta ad ascoltare la voce di chi non ha nulla da parte di chi ha tutto. Ferzan Ozpetek, dal pensiero laico ma dall’animo spirituale, intuisce che oggi, nel mondo globalizzato, diviso e cieco, la carità non ha confini e il sacro della vita, il rapporto con Dio, può essere come un vascello capace di portare tutti nelle acque tranquille e luminose dell’amore e della civiltà. Pur con qualche macchinosa e artificiale soluzione drammaturgica, “Cuore sacro” è un film che ha la fortuna di saper parlare, nel suo lento e sacrale incedere, al cuore di tutti, credenti e non. Ricordandoci, con altre vie e altri mezzi, che “senza la carità – sono le parole di Teresa d’Avila – tutto è perduto”.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

14 marzo 2005

 

 

SAREBBE STATO VITTIMA DELLA SUA GENEROSITA’ IL PRETE UCCISO A MANTOVA.

L’85.ENNE SI DEDICAVA AD AIUTARE I BISOGNOSI

 

MANTOVA. = Un’innata generosità ed una completa disponibilità verso il prossimo sono stati fatali a don Remo Strazzi, trovato morto ieri mattina nella sua abitazione di Mantova. I Carabinieri che stanno indagando, coordinati dal sostituto procuratore Giulio Tamburini, non avrebbero dubbi: responsabili dell’omicidio del sacerdote 85.enne potrebbero essere due o più persone di quelle, tra tossicodipendenti, ex carcerati e immigrati clandestini, che don Remo era solito accogliere nella sua povera casa. Di un’altra cosa gli investigatori sono convinti: colui o coloro che si sono rivolti al prete non volevano uccidere. In caserma, per raccogliere elementi utili alle indagini, sono cominciati gli interrogatori dei parenti del sacerdote, dei volontari che lo aiutavano ma, soprattutto, di quelle persone cui il prete dava assistenza. Sembra, infatti, che dietro di sé i responsabili dell’assassinio abbiano lasciato parecchie tracce. Il sacerdote, che viveva solo, è stato trovato senza vita, riverso sul pavimento accanto alla porta d'ingresso. Era vestito. Una federa presa dal suo armadio gli chiudeva la bocca, mentre aveva i polsi e i piedi legati con i lacci delle sue stesse scarpe. Dopo la rapina, l’anziano sacerdote deve aver cercato di liberarsi: si è alzato dalla poltrona ma è caduto a terra, si è trascinato per qualche metro verso la porta per chiedere aiuto, ma il bavaglio stretto sulla bocca e l’età avanzata gli sono stati fatali: è morto poco dopo, forse per soffocamento. La fine di don Remo ha scosso l’ambiente ecclesiastico mantovano. Per molti anni aveva insegnato religione al Liceo scientifico Belfiore di Mantova, dopo essere stato assistente spirituale delle ACLI negli anni ‘60 e consulente ecclesiastico degli universitari cattolici. Dal 1982 al 1991, era stato parroco di Pradello, una frazione del piccolo Comune di Villimpenta, nel mantovano. Da allora si era ritirato nella sua casa di via Chiassi e si era dedicato all’assistenza dei bisognosi. “Un bravo catechista e un ottimo insegnante”, lo ricorda con le lacrime agli occhi mons. Ciro Ferrari, decano dei sacerdoti mantovani. “Era una persona buona che si dedicava agli altri – ha commentato una signora del quartiere – anche a quelli poco raccomandabili”. (B.C.)

 

 

LA COREA DEL SUD IN DIFESA DELLA VITA NASCENTE.

A SEUL LE TAPPE DELLA VIA CRUCIS RIGUARDERANNO TEMI COME LA

SPERIMENTAZIONE DEGLI EMBRIONI, L’USO DELLE CELLULE STAMINALI E L’ABORTO

 

SEUL. = Una Via Crucis per sottolineare la dignità della vita umana sin dal suo concepimento. E’ l’iniziativa ideata per le celebrazioni di Pasqua dal movimento “One Heart One Body” (“Un cuore un corpo”) della diocesi di Seul. Ognuna delle stazioni riguarda temi come la sperimentazione degli embrioni e l’uso delle cellule staminali, l’aborto e altre modalità in cui la vita umana viene presa in scarsa considerazione. Nella prima stazione, che ricorda Gesù condannato a morte, la meditazione del volumetto pubblicato in Corea ricorda “gli embrioni umani nei grembi delle loro madri, ai quali la Provvidenza divina ha dato la vita, condannati a morte”. Nella meditazione della Passione pro-life, si ricorda che il fatto di permettere sperimentazioni o di clonare embrioni umani è simile alla condanna a morte. Gli embrioni creati in laboratorio, infatti, vengono distrutti dopo il loro utilizzo. Nell’ottava stazione, invece, quando Gesù incontra le donne di Gerusalemme, il testo affronta il tema dell’aborto. Si prega perché Dio permetta a “quelle donne tentate di abortire di diventare coscienti dell’importanza della vita e di accogliere i loro figli” come dono di Dio. Il testo della Via Crucis è stato distribuito in 39 mila copie in 245 parrocchie del Paese. La Chiesa sudcoreana recentemente ha sollevato obiezioni sulla legge che proibisce la clonazione umana a scopo riproduttivo, ma permette quella cosiddetta “terapeutica” per scopi medici. (B.C.)

 

 

ESPLOSIONE IERI IN UNA CHIESA DEL TREVIGIANO, IN ITALIA. FERITE UNA DONNA

E BAMBINA. DIETRO IL MICRO-ATTENTATO LA FOLLE MANO DI UNABOMBER

 

TREVISO. = Unabomber, il folle che da oltre dieci anni terrorizza il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, è tornato a colpire. Il dispositivo usato dall’anonimo attentatore, è stato, questa volta, inserito in una candela elettrica votiva, nel Duomo di Motta di Livenza, una piccola località del trevigiano già scelta da Unabomber come obiettivo, il 2 novembre del 2001. Verso il termine della messa delle 11, ieri, una bambina di 6 anni, figlia di un libraio del paese, avrebbe cercato per due volte di accendere la candela. Dopo i tentativi andati a vuoto la bimba è stata aiutata da una signora. A quel punto l’ordigno è esploso. Le condizioni più gravi sono apparse subito quelle della bambina, Greta, colpita alla mano e all’occhio sinistri. La piccola è stata portata dapprima all’ospedale di Treviso e poi a Pordenone, dove è stata operata con successo nel reparto di Microchirurgia e Chirurgia della Mano dell’Azienda Ospedaliera “Santa Maria degli Angeli”. La piccola Greta si è ripresa bene e questa mattina, al risveglio, ha commentato con spontaneità la vicenda. “Se lo trovo gliela faccio vedere io – ha detto ai genitori – queste cose non si fanno”. La famiglia di Greta oggi poi ha incontrato il vescovo di Concordia-Pordenone, mons. Ovidio Paletto. Il presule, in visita tra i malati dell’ospedale, ha scambiato qualche parola con i genitori della piccola, portando loro l’abbraccio di tutta la diocesi e la speranza di una pronta guarigione della bambina. Sul terreno, intanto, proseguono le indagini. “La trappola esplosiva – ha detto il pm di Venezia Luca Marini, titolare dell’inchiesta su Unabomber, insieme con i colleghi di Trieste – è stata preparata impiegando una candela elettrica, mentre il candeliere è stato usato solo per far scattare l’esplosione, attraverso il contatto o la pressione esercitata alla base dalla candela stessa”. Nel duomo, subito dopo lo scoppio è giunto il capo della squadra mobile di Venezia, Alessandro Giuliano, in qualità di coordinatore del gruppo investigativo Unabomber. Sulla vicenda è intervenuto anche il mondo politico. La Lega è andata all’attacco sulla sicurezza, proponendo l’istituzione di una taglia, affinché, “almeno per interesse se non per coscienza”, chi sa qualcosa su Unabomber parli. Ma i leghisti, per bocca del ministro delle Riforme, Roberto Calderoli, sono andati oltre, chiedendo che si valuti la possibilità di inserire nel Codice penale italiano la pena di morte per determinati delitti, tra cui quelli commessi dal “bombarolo” del nord-est. (B.C.)

 

 

IL 19 PER CENTO DEI SOSPETTATI DI CRIMINI GRAVI IN CINA SONO MINORENNI.

L’ALLARME LANCIATO DALL’ASSEMBLEA NAZIONALE DEL POPOLO.

LA SCARSA SCOLARIZZAZIONE, LA POCA ATTENZIONE DEI GENITORI E L’ASSENZA

DI UNA LEGISLAZIONE PREVENTIVA LE CAUSE ALLA BASE DEL FENOMENO

 

PECHINO. = Cresce in Cina la criminalità minorile. Secondo quanto ha riferito Huang Jingjun, delegato dell’Assemblea nazionale del popolo, nel 2003 quasi il 19 per cento delle persone sospettate di reati erano minorenni, con un aumento dell’11,8 per cento rispetto al 2000. La criminalità minorile è, inoltre, di stampo violento. Huang ha riportato l’esempio di un centro di detenzione minorile, in cui il 77 per cento dei detenuti sconta la pena per crimini violenti, mentre l’11 per cento per reati a sfondo sessuale. Nel suo rapporto all’Assemblea, riferisce l’agenzia Asianews, il delegato ha parlato anche delle cause di questo disagio giovanile: scarsa scolarizzazione, mancanza di attenzione da parte dei genitori e assenza di una legislazione preventiva nei confronti dei minori. Inoltre, sono sotto accusa: la droga, oramai di facile reperibilità in Cina, e il facile accesso alla pornografia. Queste cause, per Huang, sono direttamente collegate al divario fra ricchi e poveri all’interno del Paese. Xiao Yang, presidente della Corte suprema del popolo, ha invece riportato i dati relativi ai processi ed alle sentenze. In Cina, nel 2004, 145 mila persone sono state condannate a morte o a lunghe pene detentive. I condannati per reati “gravi” sono stati oltre 700 mila, il 19 per cento dei quali ha subito la condanna a morte, al carcere a vita o comunque a pene superiori ai cinque anni di prigione. (B.C.)

 

 

NEI LOCALI DELLA BIBLIOTECA CASANATENSE DI ROMA, UNA MOSTRA DEDICATA

A PAPA PIO II. DAL 7 APRILE AL 31 MAGGIO, UNA TESTIMONIANZA NON SOLO

DELLA SUA PRODUZIONE LETTERARIA, MA ANCHE DEI SUOI MULTIFORMI INTERESSI

 

ROMA. = Si svolgerà a Roma, dal 7 aprile al 31 maggio prossimi, una mostra dedicata al letterato senese Enea Silvio Piccolomini, Papa Pio II. La mostra sarà allestita nel salone monumentale della Biblioteca Casanatense e il suo nome, “Nymphilexia”, trae spunto da una raccolta poetica del Pontefice. L’esposizione è stata organizzata in occasione del VI centenario della sua nascita, il 18 ottobre 1405, ed è realizzata in collaborazione con altre due biblioteche romane, la Angelica e la Vallicelliana. Diverse sezioni espositive percorrono i locali della biblioteca, documentando non solo la sua vasta produzione letteraria, ma fornendo anche testimonianze iconografiche: carte geografiche, vedute di città, monete, medaglie ed incisioni. Trovano perciò spazio le letture dei classici, la sua passione per la storia e la geografia, ma anche quella per la ceramica. Una luna splendente è, infatti, emblema del settore “La maiolica nel Medioevo e nel primo Rinascimento”, nonché il simbolo della casata di Pio II, lo stemma “d’argento alla croce d’azzurro caricata di sei lune montanti d’oro”. Oltre alle “Maioliche nobiliari”, come sono state definite nella mostra, un ampio settore è dedicato ai primissimi esempi di pavimentazione ceramicata, in cui si trovano degli esemplari inediti, quali le dorate mattonelle veneziane. La sezione conclusiva è quella dedicata agli anni del pontificato ed in essa si da molta importanza alla stesura dell’“Epistola ad Mahumetem”. L’esposizione ritrae a pieno la poliedrica personalità di Enea Silvio Piccolomini, dando spazio ai suoi multiformi interessi. (M.V.S.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

14 marzo 2005

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Sono più di un milione le persone concentrate a Beirut, nella Piazza dei Martiri e nelle vie adiacenti del centro della capitale libanese, per la manifestazione indetta dall'opposizione a un mese dall’uccisione dell’ex premier Rafik Hariri nell'attentato del 14 febbraio. Il nostro servizio:

 

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E’ la manifestazione più imponente finora organizzata dall’opposizione, con una partecipazione di folla ancor più numerosa di quella che si era registrata il 16 febbraio, in occasione dei funerali di Hariri. E oggi l’opposizione ha portato in piazza anche un numero di manifestanti superiore a quello che l’8 marzo aveva risposto all’appello del movimento sciita Hezbollah e altri 17 gruppi minori filo-siriani a dimostrare in sostegno della Siria e contro le “ingerenze straniere”. Alla manifestazione di Hezbollah, era stata calcolata la partecipazione di centinaia di migliaia di persone, ma l’opposizione anti-siriana è riuscita oggi a mobilitarne molte di più. A causa delle strade bloccate, in mattinata, il patriarca cristiano maronita Nasrallah Boutros Sfeir è stato trasferito in elicottero all'aeroporto di Beirut, da dove doveva partire per gli Stati Uniti. Oltre che dal nord e dal sud del Libano, grosse colonne di auto si sono formate anche in provenienza dalla Valle della Bekaa, nell’est del Paese.

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Ancora cronaca di sangue per l’Iraq: sei persone tra cui due bambini morte per un'autobomba vicino a Mossul e, sempre nella città settentrionale, un cameraman della televisione satellitare del Partito democratico del Kurdistan (Pdk), rapito  due settimane fa, è stato trovato ucciso. A Baghdad due civili iracheni sono morti e altri due feriti per un’autobomba, mentre un alto funzionario del ministero della Sanità iracheno è sfuggito a un attentato dinamitardo.

 

Intanto, ci sono le trattative tra curdi e sciiti sulla formazione del nuovo governo: dopo la rottura delle trattative di ieri mattina, in serata i dirigenti curdi hanno deciso di rimandare a Baghdad i loro negoziatori. Tra i nodi da sciogliere, c’è soprattutto la questione di Kirkuk, l’importante centro petrolifero nel nord dell'Iraq, e quella dell’integrazione nel nuovo esercito iracheno dei Peshmerga, i leggendari combattenti per l’indipendenza del Kurdistan, di cui il futuro governo autonomo curdo vuole mantenere il controllo, senza cederlo a quello centrale. Sembra ormai assicurata, invece, l’intesa con la lista unica sciita, benedetta dal grande ayatollah Ali al-Sistani e uscita vincitrice dalle elezioni del 30 gennaio, sugli organigrammi al vertice del nuovo potere iracheno. Ma perché finora non c’è stato un accordo tra curdi e sciiti? Giada Aquilino lo ha chiesto a Fuad Allam, editorialista del quotidiano ‘La Repubblica’:

 

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R. – Ci sono delle forti contrapposizioni, direi non tanto da un punto di vista etnico: non credo cioè che subentri il rapporto tra i curdi, che sono a maggioranza sunnita, e gli sciiti. La questione è piuttosto quella di mantenere un certo tipo di stato d’identità federale, che conceda loro una forte autonomia. Anche perché in questi ultimi anni il Kurdistan iracheno ha vissuto praticamente all’interno di uno Stato federale, in termini molto autonomi, con una propria legislazione e organizzazione. Quindi, il problema rimane quello di coniugare questa esperienza di autonomia con uno Stato che si sta ricostruendo.

 

D. – E a proposito di Kirkuk - che i curdi vorrebbero come capoluogo del loro Stato - quali progetti ci sono?

 

R. – La città è importante perché funge da enorme polmone economico per tutto il resto dell’Iraq, ma soprattutto perché lì ci sono riserve di petrolio tra le più importanti al mondo.

 

D. – Curdi e sciiti hanno i due terzi della maggioranza. Senza un accordo si rischia uno stallo politico in Iraq?

 

R. – Se non c’è accordo, è evidente che il progetto di ricostruzione parte male perché, se non si metteranno d’accordo adesso per la formazione di un governo, immagino quali difficoltà potranno esserci per redigere poi la Costituzione.

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“La comunità internazionale è determinata a lavorare con israeliani e palestinesi per far avanzare il processo di pace e applicare il Tracciato di pace”: lo ha affermato il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan al termine dell’incontro con il presidente Abu Mazen nella Muqata, il quartier generale palestinese a Ramallah. E oggi c’è un altro incontro di rilievo: il ministro israeliano della difesa, Shaul Mofaz, e il generale palestinese Nasser Yussef, ministro degli Interni nel governo di Abu Ala, si incontrano nel tentativo di superare gli ultimi ostacoli logistici che finora hanno impedito il passaggio sotto totale controllo dell’ANP delle città cisgiordane di Gerico e Tulkarem. Per la zona di Gerico il problema principale sembra riguardi il controllo dei posti di blocco sulle arterie che da quella città conducono verso Ramallah e verso la valle del Giordano.

 

Fa discutere in Israele la lettera di 250 liceali israeliani inviata al premier Ariel Sharon e a vari ministri, in cui rifiutano l’arruolamento. “La politica di occupazione militare è immorale e contrasta con i principi della democrazia, – scrivono - non prenderemo parte a questa politica illegale”. Due dei firmatari dovrebbero presentarsi già la settimana prossima nel Centro raccolta reclute di Tel Aviv.

 

“Una legge non per dichiarare guerra a Taiwan, ma per arginare le forze indipendentiste dell’isola” Queste le parole del primo ministro cinese,Wen Jiabao, dopo l’approvazione ieri, quasi all’unanimità, della legge antisecessione votata dal Parlamento di Pechino, che consente l’uso della forza militare se Taiwan dovesse dichiararsi formalmente indipendente. Nonostante le rassicurazioni del governo cinese, che considera Taiwan una provincia ribelle, c’è forte preoccupazione nella comunità internazionale per questa legge.Giancarlo La Vella ne ha parlato con Francesco Sisci, corrispondente da Pechino del quotidiano La Stampa:

 

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R. – Quello che forse è da chiarire esattamente è che esisteva già un consenso forte a livello politico interno cinese ad intervenire in caso di cambiamento formale dello status dell’isola, ma questo consenso sinora non era esplicitato e oggi è contenuto in una legge. Certo, io credo che Pechino non voglia riunire Taiwan alla Cina in tempi brevi, perché questo comporterebbe una serie di problemi politici, economici, commerciali e sociali. Quello che Pechino vuole evitare è una dichiarazione formale ed unilaterale di indipendenza. Questa non è una legge che vuole imporre la riunificazione della Cina a Taiwan: questo è da sottolineare e da capire.

 

D. – In generale, l’atteggiamento cinese può essere definito contrario al principio di autodeterminazione dei popoli che è alla base del diritto internazionale attuale?

 

R. – La questione dell’autodeterminazione dei popoli in Cina è una materia, per così dire, scottante. A questa accezione sull’autodeterminazione dei popoli i cinesi tradizionalmente rispondono: “quale popolo!”. Se si facesse un referendum in Cina sulla sorte di Taiwan, naturalmente la maggior parte dei cinesi risponderebbe che Taiwan fa parte della Cina. Invece i risultati di un referendum a Taiwan, potrebbero essere molto diversi. E’ su questa ambiguità non piccola, esistente in Cina, che si regge la questione dell’unità di Taiwan anche dal punto di vista politico.

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Bassa affluenza e nessun grave incidente alle elezioni amministrative di ieri in Macedonia, dove si è votato per la prima volta per la nuova ripartizione territoriale decisa negli accordi di pace del 2001. Il Paese che 4 anni fa rischiò di precipitare nella guerra civile a causa delle tensioni separatiste albanesi, viaggia ora verso l’integrazione europea. Per gli osservatori, infatti, questo voto locale ha rappresentato un importante test democratico.

 

Si è consegnato al Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia Gojko Jankovic, l’ex vice comandante della polizia militare serba in Bosnia. Intanto, proprio nella sua apparizione davanti al Tpi, il primo ministro dimissionario del Kosovo, Ramush Haradinaj, si è dichiarato oggi “non colpevole” per le accuse di persecuzione, omicidio, trattamenti crudeli e violenze carnali che gli sono state lette in aula all’Aja. L’ex-leader dei separatisti albanesi si era dimesso martedì  scorso annunciando di essere stato incriminato formalmente dal Tpi, per le atrocità commesse nel biennio 1998-99 dai separatisti albanesi contro le forze serbe. Dopo l’ex-presidente serbo Slobodan Milosevic, sotto processo dal 2002 per genocidio e crimini di guerra perpetrati durante le tre guerre balcaniche, Haradinaj è anche il primo capo di governo in carica ad essere portato all’Aja. Il governo del  Kosovo, Paese in cui è considerato un eroe, ha chiesto  per lui la libertà vigilata durante il processo e gli ha offerto assistenza legale per gestire la propria difesa. Il commento di Roberto Morozzo della Rocca, docente di Storia contemporanea all’Università di Roma Tre:

 

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R. – Dal punto di vista politico, penso che sia prevedibile questa dichiarazione di Haradinaj, il quale, in effetti, ha fatto un gesto coraggioso ed ha anche rinunciato alla carica di primo ministro… probabilmente, per un gesto di patriottismo. Lui ha combattuto veramente sul terreno, sul campo, e si sa che la guerra è guerra. Questa guerra, soprattutto quella del ’98, ha coinvolto i civili. È difficile dire cosa sia successo specificamente per Haradinaj, però, certamente, ci sono stati molti orrori in questo conflitto.

 

D. – Un altro capo di governo dopo Milosevic … Il Tribunale Penale Internazionale sta puntando in alto. Ecco, può essere questo processo un contraltare proprio a quello di Milosevic?

 

R. – Forse sì, per un principio di equidistanza e di equilibrio. Forse il Tribunale penale internazionale sarebbe arrivato anche ad altri presidenti balcanici, se non fossero morti nel frattempo. Dei tre protagonisti della guerra degli anni ’90, è stato soltanto incriminato Milosevic: gli altri non ci sono più, e non credo che si possano fare processi alla memoria.

 

D. - Ci possono essere, secondo Lei, anche dei giochi politici dietro questa incriminazione?

 

R. – Il Tribunale segue le sue logiche, che non coincidono con quelle politiche della comunità internazionale. Per Haradinaj, pare si fosse richiesta la sua incriminazione già tre mesi fa: se il processo è iniziato ora, probabilmente è perché ci sono state potenze che lo hanno difeso. Haradinaj si era rivelato un buon collaboratore con la comunità internazionale: la sua incriminazione ed il suo trasferimento all’Aja potrebbero avere conseguenze negative sugli equilibri politici nella regione.

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Massiccia l’affluenza alle urne ieri nella Repubblica Centrafricana, uno dei Paesi più poveri del mondo. Si è votato per eleggere un nuovo presidente e rinnovare il Parlamento e per mettere dunque fine alla fase di transizione, aperta con il colpo di Stato perpetrato dal generale Bozizé il 15 marzo 2003. Lo stesso Bozizé si è presentato candidato alle presidenziali e rimane uno dei favoriti tra gli 11 candidati. La Repubblica Centroafricana, che conta quasi quattro milioni di abitanti, ha conosciuto lunghi periodi di dittatura dopo l’indipendenza dalla Francia nel 1960. Solo negli ultimi dieci anni ha subito la bellezza di undici tentativi di colpo di Stato o di ammutinamento da parte dei militari.

 

E’ di nuovo emergenza clandestini a Lampedusa. Con il miglioramento delle condizioni meteomarine, sono ripresi gli sbarchi nell’isola, dove tra ieri sera e oggi sono giunti 734 extracomunitari. Il centro di prima accoglienza, che può contenere al massimo 190 persone e dove si trovavano fino a ieri 7 immigrati, è al collasso.

 

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ule staminali e l’aborto

 

Esplosione ieri in una chiesa del trevigiano, in Italia. Ferite una donna e bambina. Dietro il micro-attentato la folle mano di Unabomber

 

Il 19 per cento dei sospettati di crimini gravi in Cina sono minorenni. L’allarme lanciato dall’Assemblea nazionale del popolo.

 

Nei locali della Biblioteca Casanatense di Roma una mostra dedicata a Papa Pio II dal 7 aprile al 31 maggio.

 

24 ORE NEL MONDO:

A Beirut un milione di persone alla manifestazione anti-siriana, ad un mese dall’assassinio dell’ex   premier Rafic Hariri

 

Il Parlamento cinese approva la legge antisecessione  che consente l’uso della forza militare se Taiwan dovesse dichiararsi formalmente indipendente