RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 69 - Testo della trasmissione di giovedì 10  marzo 2005

 

 

Sommario

       

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa ancora qualche giorno al Gemelli per completare la regolare convalescenza. In Vaticano per la Settimana Santa: lo assicura Navarro-Valls ai nostri microfoni, affermando che “il Papa stupisce anche i più stretti collaboratori”

 

Pace per il continente africano, attraverso il dialogo tra culture e religioni: così, Giovanni Paolo II nel messaggio al nuovo ambasciatore del Senegal presso la Santa Sede

 

Temi morali e canonistici ma anche il sacramento della confessione: al centro del corso sul Foro interno organizzato dal Tribunale della Penitenzieria apostolica: ce ne parla padre Granfranco Girotti.

 

IN PRIMO PIANO:

In Libano il presidente Lahoud ha chiesto al premier uscente Karame di formare un nuovo governo. Negativa la reazione dell’opposizione: il commento di mons. Béchara Raï

 

L’Unione Europea e gli obiettivi di sviluppo del millennio: ne discute a Bruxelles la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea, a 25 anni dalla fondazione: con noi mons. Noёl Treanor

 

Il Premio Templeton 2005 assegnato a Charles Townes, premio Nobel per la fisica nel 1964: intervista con lo scienziato statunitense

 

“Munch 1863-1944”: da oggi, al Vittoriano di Roma, in mostra oltre 100 opere del pittore norvegese. Ai nostri microfoni Achille Bonito Oliva.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Bolivia ritrovi equilibro interno e fiducia nelle istituzioni per superare nel segno della concordia sociale le tensioni attuali: l’invito dei presuli del Paese, in una nota della Conferenza episcopale

 

Cristiani ed ebrei elvetici criticano il nuovo provvedimento sul diritto d’asilo, giudicato troppo restrittivo rispetto alla tendenza prevalente in Europa

 

Appello di Amnesty International al governo di Damasco perché ponga fine alla violazione dei diritti umani ai danni dei curdi siriani, sottoposti a maltrattamenti e torture

 

Caritas Internationalis celebra i primi dieci anni di attività solidale in Corea del Nord

 

La donna protagonista nella costruzione della pace e del dialogo nel mondo: il tema sviluppato in un Convegno organizzato dal Pontificio Ateneo Regina Apostolorum e dall’Università europea di Roma

 

Sarà il cardinale Francis Arinze a tenere la meditazione per il ciclo di riflessioni e musica dei giovedì di Quaresima in Santa Maria Maggiore.

 

24 ORE NEL MONDO:

 Ancora violenza in Iraq: morti a Baghdad tre poliziotti. In Italia le parole di Berlusconi ieri, al Senato, sulla morte di Nicola Calipari

 

Le dimissioni del capo del governo di Hong Kong, Tung Chee-hwa. 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 marzo 2005

 

 

IL PAPA ANCORA QUALCHE GIORNO AL GEMELLI PER COMPLETARE LA REGOLARE CONVALESCENZA: SARÀ IN VATICANO PER LA SETTIMANA SANTA, ASSICURA NAVARRO VALLS CHE – CONFESSA – “IL PAPA STUPISCE ANCHE I PIÙ STRETTI COLLABORATORI”

- Intervista con Joaquin Navarro-Valls -

 

Un Papa che migliora costantemente dovrà pazientare ancora qualche giorno in ospedale prima di rientrare in Vaticano, in tempo comunque per prendere parte ai riti della Settimana Santa. In mattinata il Papa ha voluto ringraziare un gruppo di studentesse di un liceo linguistico della provincia di Milano che hanno cantato in diverse lingue sotto la sua finestra inviando loro, attraverso un sacerdote, cartoncini di auguri pasquali. Ma per i particolari sul bollettino medico, reso noto in tarda mattinata, la linea alla nostra inviata al Gemelli, Roberta Gisotti:

 

**********

Dopo una notte tranquilla per il Papa, qui al Gemelli, grande interesse ha suscitato stamane la lettura del nuovo bollettino medico, che ha rassicurato sulle condizioni generali di salute di Giovanni Paolo II, ma ha deluso l’attesa di una data certa per il suo rientro in Vaticano. Il direttore della Sala Stampa vaticana, il dott. Navarro-Valls, ha infatti dichiarato che il Santo Padre accogliendo il consiglio dei medici curanti prolungherà la sua degenza in ospedale, per completare la convalescenza, che evolve regolarmente. Ma se lo stesso Navarro-Valls, uscendo stamane dal Policlinico dopo la consueta visita quotidiana al Santo Padre, aveva anticipato che “Giovanni Paolo II sarà in Vaticano per la Settimana Santa”. Proprio queste parole avevano aperto la speranza di una imminente dimissione. Sappiamo che questa mattina i medici specialisti, che seguono il decorso postoperatorio di Giovanni Paolo II hanno tenuto un consulto per il fare il punto sulla salute del Papa, di cui il mondo ha riscontrato la mirabile ripresa nelle immagini televisive dell’Angelus di domenica scorsa, una ripresa confermata dalla nuova apparizione del Papa ieri mattina per salutare e benedire i fedeli assiepati sotto la sua finestra, nel giorno del mercoledì, dedicato alle udienze generali. E la stessa speranza di vedere il Papa affacciato hanno coltivato stamane un gruppo di studenti del Liceo linguistico Candia di Milano, in gita scolastica, accompagnati dai loro insegnanti, che con gli occhi rivolti alla sua finestra hanno scandito a gran voce il  nome di Giovanni Paolo e perfino intonato un canto polacco, che il preside Ferrari ha detto di aver imparato durante un pellegrinaggio a Cestocowa. Non mancano mai  le manifestazioni di affetto per il Papa in questo luogo di sofferenza.

 

Dal Policlinico Gemelli, Roberta Gisotti, Radio Vaticana  

**********

 

Dunque, Giovanni Paolo II sarà presto in Vaticano, come conferma il direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquin Navarro-Valls, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

**********

R. – La data è da fissare, però posso confermare che il Santo Padre passerà in Vaticano tutta la Settimana Santa.

 

D. – Tra i fedeli c’è molta attesa per il prossimo Angelus di domenica. C’è già un’idea sulle modalità di svolgimento?

 

R. – Sì. Posso confermare che l’Angelus di domenica prossima avverrà con le stesse modalità delle due domeniche precedenti.

 

D. – Il Papa riceve ogni giorno la visita dei suoi più stretti collaboratori, che non mancano di portargli lavoro. Davvero il Gemelli si conferma il Vaticano numero tre, come Giovanni Paolo II stesso lo ha definito?

 

R. – Effettivamente. Il Santo Padre continua a ricevere i suoi collaboratori con cui segue l’attività della Santa Sede e la vita della Chiesa. Il Papa in qualche modo ha ripristinato gli incontri periodici che lui aveva qui in Vaticano e li ha ripristinati in questo Vaticano III, come il Papa un po’ scherzosamente aveva chiamato il Policlinico Gemelli.

 

D. - Il Santo Padre sta stupendo molti in questi giorni, forse anche i suoi più stretti collaboratori?

 

R. – Sì, questo è esattamente così. Certamente.

 

D. – Tra i fedeli che si recano al Gemelli per manifestare la propria vicinanza spirituale al Papa ci sono molti giovani. La loro presenza è spesso rumorosa, ma in fondo il Santo Padre, che ha inventato le Giornate mondiali della gioventù, è abituato a questo aspetto esuberante....

 

R. – Io penso di sì. In qualche modo arriva al Santo Padre la presenza di queste persone sia per il rumore stesso, come lei accennava, o alle volte perché il Papa viene informato dei gruppi e delle persone che vengono. Così si spiega, per esempio, quel fuori programma di ieri mercoledì, quando è stato detto al Santo Padre che c’erano una serie di persone, soprattutto bambini che si erano recati sul piazzale, davanti al Policlinico Agostino Gemelli e il Santo Padre, subito dopo la celebrazione della Santa Messa, ha voluto affacciarsi alla finestra e salutare questi bambini.

*********

 

 

PACE E STABILITA’ PER IL CONTINENTE AFRICANO, ATTRAVERSO IL DIALOGO

TRA CULTURE E RELIGIONI: COSI’, GIOVANNI PAOLO II NEL MESSAGGIO

AL NUOVO AMBASCIATORE DEL SENEGAL PRESSO LA SANTA SEDE,

IN OCCASIONE DELLE LETTERE CREDENZIALI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

“L’Africa ha un bisogno urgente di pace e di stabilità”: è l’accorato appello di Giovanni Paolo II contenuto nel messaggio indirizzato, dal Policlinico Gemelli, al nuovo ambasciatore del Senegal presso la Santa Sede, Felix Oudiane, in occasione delle presentazione delle Lettere Credenziali. Il Papa esorta il popolo senegalese a continuare sul cammino del dialogo tra religioni e culture. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

**********

“La violenza non è mai una soluzione” per regolare i disaccordi tra i gruppi umani: è quanto scrive Giovanni Paolo II nel messaggio al nuovo ambasciatore senegalese, sottolineando come “il coraggio e la perseveranza siano gli strumenti più efficaci per ottenere un’autentica riconciliazione. Con il pensiero rivolto all’Africa, il Papa constata che il Senegal ha una “lunga tradizione di convivenza tra le diverse comunità che lo compongono”. Incoraggia, dunque, a proseguire su questa strada affinché si “rafforzi la pace civile all’interno della nazione e siano eliminate tutte le cause che possono essere all’origine di dissensi e scontri violenti”.

 

Il continente africano - è la viva esortazione del Pontefice - ha bisogno “urgente di pace e stabilità”. La pace – avverte - è necessaria “affinché si realizzi la giusta aspirazione dei popoli ad una vita degna e solidale”. E’ allora quanto mai necessario – prosegue - “educare le nuove generazioni agli ideali della fratellanza, della giustizia e della solidarietà”. D’altro canto, il Papa ricorda come la Chiesa cattolica sia “pienamente convinta che non esista una pace possibile senza giustizia e non possa esserci giustizia senza perdono”. Mette così l’accento sul valore del dialogo, “che permette di riconoscere la ricchezza delle diversità”.

 

 Pur nelle difficoltà odierne – rileva - “non mancano le testimonianze di convivenza tra i credenti delle differenti religioni, in particolare tra cristiani e musulmani”. Come il Senegal dimostra - scrive il Papa - il dialogo tra credenti e culture “è un elemento essenziale per l’edificazione della pace tra i popoli”. Questo dialogo, tuttavia, “deve innanzitutto trovare una sua espressione concreta nella convivenza autentica tra le comunità per servire il bene comune dell’unica famiglia umana”. C’è ancora “un lungo cammino da percorrere assieme” - conclude il messaggio - “quello della conoscenza reciproca, del perdono e della riconciliazione” affinché venga “edificata una società fraterna e pacifica”.

********** 

 

Il nuovo ambasciatore del Senegal presso la Santa Sede, Félix Oudiane, è nato a Ziguinchor nel 1951. È sposato ed ha quattro figli. Laureato in legge all’università di Dakar è specializzato in diritto internazionale. Nel 1978 ha intrapreso la carriera diplomatica. E’ stato primo consigliere dell'ambasciata presso la Santa Sede dal 1982 al 1985; vice console a Parigi, capo servizio del ministero degli Esteri dal 1994 al 1998 e, prima del nuovo incarico, consigliere di ambasciata a Bonn.

NOMINE

 

Nelle Filippine, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Catarman, presentata da mons. Angel T. Hobayan, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato suo successore mons. Emmanuel Celeste Trance, finora vescovo coadiutore della medesima diocesi.

 

 

TEMI MORALI E CANONISTICI MA ANCHE IL SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE:

AL CENTRO DEL CORSO SUL FORO INTERNO ORGANIZZATO

DAL TRIBUNALE DELLA PENITENZIERIA APOSTOLICA, IN CORSO A ROMA

- Intervista con padre Granfranco Girotti -

 

Il ministero penitenziale e, in particolare, il sacramento della Confessione: sono al centro del Corso sul Foro interno organizzato dal Tribunale della Penitenzieria Apostolica, che si tiene in questi giorni a Roma. A presiederlo, al Palazzo della Cancelleria, è il cardinale James Francis Stafford, Penitenziere Maggiore. Il corso, che proseguirà fino a sabato affrontando temi morali e canonistici, viene promosso ogni anno allo scopo di approfondire la preparazione dei giovani sacerdoti in tema di grandi principi dogmatici e morali. Dell’attenzione particolare riservata in questi giorni alla confessione, ci parla nell’intervista di Giovanni Peduto, il reggente della Penitenzieria Apostolica, padre Gianfranco Girotti:

 

**********

R. – Senza dubbio il Santo Padre, con la sua Lettera apostolica “Mane nobiscum, Domine”, indicendo l’Anno dell’Eucaristia, ha voluto richiamare l’attenzione di tutti i fedeli circa la necessità della confessione, affinché l’incontro con il Signore possa realizzarsi con quella degna preparazione, senza la quale sarebbe solo un atteggiamento superficiale accostarsi a ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo.

 

D. – Quali sono gli elementi essenziali per fare bene una Confessione?

 

R. – Ce li indica molto chiaramente il Catechismo della Chiesa cattolica. Certamente la contrizione occupa il primo posto e quando essa è “perfetta” rimette le colpe veniali ed ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale. Vi è poi la confessione dei peccati, cioè l’accusa che ci libera e facilita la nostra riconciliazione con gli altri. Con l’accusa, sappiamo, l’uomo guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume le responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa. Altro elemento è la soddisfazione. Si sa che molti peccati recano offesa al prossimo. Bisogna fare il possibile per riparare: ad esempio, restituire cose rubate, ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato. Lo esige la semplice giustizia. Si sa che l’assoluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a tutti i disordini che il peccato ha causato. Da ultimo, vi è la penitenza che il confessore impone e che deve corrispondere, per quanto è possibile, alla gravità e alla natura dei peccati commessi.

 

D. – Ogni quanto tempo bisognerebbe confessarsi?

 

R. – Secondo il precetto della Chiesa, in base al Catechismo della Chiesa cattolica e allo stesso Codice di Diritto Canonico (can. 989), “ogni fedele, raggiunta l’età della discrezione, è tenuto all’obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta all’anno”. Colui che è consapevole di aver commesso un peccato mortale non deve ricevere la Santa Comunione, anche se prova una grande contrizione, senza aver prima ricevuto l’assoluzione sacramentale, a meno che non gli sia possibile accedere ad un confessore. Sebbene non sia strettamente necessaria, la confessione delle colpe quotidiane (peccati veniali) è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa. In effetti, la confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a progredire nella vita dello Spirito.

 

D. – Ma i fedeli oggi non si sono un po’ allontanati da questo Sacramento?

 

R. – Papa Luciani, di venerata memoria, diceva che dopo il Concilio di Trento erano aumentate le confessioni e diminuite le comunioni: dopo il Concilio Vaticano II, invece, sono aumentate le comunioni, ma sono diminuite le confessioni. Se teniamo presenti i risultati di un’indagine effettuata dall’Università Cattolica di Milano alcuni anni fa, è innegabile che si tratta di “crisi” della confessione sacramentale. Il motivo di questa crisi sta principalmente nella perdita del senso del peccato e il Santo Padre, nell’Esortazione apostolica “Reconciliatio et Paenitentia”, elenca alcuni dei principali motivi di questo diminuito senso del peccato: in un mondo secolarizzato la presenza di Dio non è più ritenuta rilevante per l’agire umano; emerge sempre più la preoccupazione di non colpevolizzare e di non porre freni alla libertà; sempre più scade il senso del peccato, anche in dipendenza di un’etica che relativizza la norma morale, negando il suo valore assoluto, negando che possano esistere atti intrinsecamente illeciti. E’ la stessa nozione di peccato ad essere aggredita. La diminuzione del numero di confessioni dipende anche dalla disaffezione di molti battezzati verso il Sacramento della Penitenza: vi sono persone che continuano, anche per lunghi tempi, a comunicarsi senza mai confessarsi, ritenendo di non averne bisogno e, magari, con facilità e senza motivi seri lasciano la Messa la domenica. Ci sono persone che abitualmente vivono nell’inimicizia, che non perdonano e così via e, ciò nonostante, se si presenta l’occasione (esequie, matrimoni, prime comunioni) si accostano alla mensa eucaristica senza confessarsi.

**********

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "Il 'Gemelli' avvolto dalla gioia e dalla speranza di tanti pellegrini": sono incessanti le testimonianze di preghiera e di affetto per il Santo Padre.

 

Nelle vaticane, nel Messaggio al nuovo ambasciatore del Senegal il Papa sottolinea che l'Africa ha urgente bisogno di pace e di stabilità. Messico: l'omelia del Ccrdinale Crescenzio Sepe in occasione del conferimento dell'ordinazione episcopale a mons. Rafael Sandoval Sandoval, vescovo di Tarahumara.

 

Nelle estere, in rilievo l'Iraq: nel centro di Baghdad uccisi dalla guerriglia tre poliziotti.

Libano: l'Onu chiede a Damasco date precise del ritiro; l'opposizione antisiriana sollecita il dialogo con Hezbollah.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Luigi Martellini dal titolo "Si fa tutto per il tempo, niente per l'eternità": un  numero della rivista "Erasmo" dedicato a Port-Royal. 

 

Nelle pagine italiane, riguardo all'uccisione di Nicola Calipari in Iraq l'articolo dal titolo "Berlusconi: con fermezza chiediamo la verità agli Usa"; l'intervento al Senato apprezzato dal centro sinistra.  

 

 

 =======ooo=======

 

OGGI IN PRIMO PIANO

10 marzo 2005

 

 

IL LIBANO NELLA CONFUSIONE. IL PRESIDENTE LAHOUD HA CHIESTO

AL PREMIER USCENTE KARAME DI FORMARE UN NUOVO GOVERNO.

NEGATIVA LA REAZIONE DELL’OPPOSIZIONE

- Intervista con mons. Béchara Raï -

 

Passo indietro del Libano. A dieci giorni dalle dimissioni da premier del filosiriano, Omar Karame, chieste ed ottenute dall’opposizione scesa in piazza, questa mattina il presidente Lahoud ha incaricato lo stesso Karame di formare un nuovo governo. Nel Paese, dunque, ritorna l’incertezza, mentre prosegue il ridispiegamento delle truppe siriane. Da Beirut, Francesca Fraccaroli:

 

**********

Omar Karame ci riprova. Il premier, costretto dall’opposizione a rassegnare le dimissioni appena dieci giorni fa, stamane è stato formalmente incaricato di formare un nuovo governo dal presidente Emile Lahoud. Karame, che già gode del sostegno del Parlamento, si è dato il compito di creare un esecutivo di unità nazionale, con all’interno forze pro-siriane e partiti dell’opposizione. Il suo tentativo si prevede arduo: secondo alcuni mezzi di informazione, è destinato a fallire. L’opposizione, infatti, chiede che venga fatta chiarezza sull’assassinio dell’ex premier Rafik Hariri. “Prima vengono le indagini sull’attentato del 14 febbraio e solo dopo si potrà parlare di governo nazionale”, ha commentato la parlamentare Ghenwa Jalloul, una delle leader dell’opposizione. Resta un mistero anche l’atteggiamento che Karame avrà nei confronti della Siria, accusata di controllare la vita politica del Libano. La sua futura coalizione sarà chiamata a negoziare con Damasco il ritiro definitivo delle truppe di occupazione, richiesta da tutti i libanesi anche se con motivazioni e tempi diversi.

 

Da Beirut, per la Radio Vaticana, Francesca Fraccaroli.

**********

 

Per un commento sull’attuale situazione politica in Libano, ascoltiamo mons. Béchara Raϊ, vescovo di Jbeil dei Maroniti, in Libano, intervistato da Giada Aquilino:

 

**********

R. – Il problema da risolvere è rappresentato dall’inchiesta riguardo all’assassinio dell’ex premier Hariri, dal ritiro delle truppe siriane e dei servizi segreti dal Libano e dalla garanzia per elezioni legislative nel maggio prossimo. Queste sono le tre cose che l’opinione pubblica domanda. Il problema non è la persona di Karame, ma se il prossimo governo saprà essere neutrale, capace di rispondere alle richieste della popolazione.

 

D. – Il nuovo governo dovrà definire con Damasco la seconda parte del ritiro siriano dal Libano. Si rischia una battuta d’arresto?

 

R. – Se è Damasco a nominare il governo, sarà un esecutivo di sottomissione. Già gli accordi di Taef del 1989 chiedevano il ritiro dei siriani in due anni e ciò non è avvenuto.

 

D. – Dopo l’imponente manifestazione degli Hezbollah e con il nuovo governo Karame, il Paese come reagirà?

 

R. – La manifestazione degli Hezbollah è stata manipolata dalla Siria: quelli che hanno partecipato sono in maggioranza siriani o affiliati a Damasco. Penso che le manifestazioni dell’opposizione continueranno e anche i filosiriani hanno già fatto il loro programma.

 

D. – Qual è l’auspicio della Chiesa libanese?

 

R. – Andare avanti con il dialogo nazionale, mettersi d’accordo su tutte le questioni interne. La Chiesa dice che il Libano ha il diritto, come tutti i Paesi, ad essere sovrano nelle proprie decisioni.

**********

 

 

IL RUOLO DELL’UNIONE EUROPEA NEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO. NE DISCUTE IN QUESTI GIORNI A BRUXELLES LA COMECE,

COMMISSIONE DEGLI EPISCOPATI DELLA COMUNITÀ EUROPEA,

RIUNITA IN ASSEMBLEA PLENARIA IN OCCASIONE DEI 25 ANNI DALLA FONDAZIONE

- Con noi mons. Noёl Treanor -

 

L’importanza dei valori nelle politiche dell’Unione Europea per il raggiungimento dei cosiddetti Obiettivi di sviluppo del millennio. Di questo ha discusso stamani a Bruxelles il presidente della Commissione Europea, José Manuel Durao Barroso, intervenendo all’assemblea plenaria delle COMECE, la Commissione degli episcopati della Comunità europea, che oggi festeggia il 25.mo anniversario della fondazione. Tra gli argomenti in agenda, la revisione della Strategia di Lisbona e i rapporti dell’Unione con i Paesi confinanti. I vescovi interverranno anche nel dibattito in corso al Consiglio d’Europa sulla questione dell’eutanasia. Al microfono di Roberta Moretti, il segretario generale della COMECE, mons. Noёl Treanor:

 

**********

R. – Noi qui vogliamo lanciare il dialogo con il Commissario responsabile per lo sviluppo, Louis Michel, e con altri funzionari della Commissione europea, per esaminare la politica dell’Unione nei confronti dei Paesi in via di sviluppo. Alla base della scelta di questo tema, oltre alle motivazioni politiche, ci sono anche motivazioni antropologiche e teologiche, per cercare di coniugare, come sempre, i valori della dottrina sociale della Chiesa con la realtà e il processo politico dell’Unione Europea.

 

D. – Monsignore, ci fa un bilancio di questi 25 anni di  attività della Comece?

 

R. –    Dialogando con l’Unione Europea, la Comece ha potuto sempre mettere in evidenza l’importanza della religione nella vita pubblica europea. In secondo luogo, ha potuto accompagnare e, di tanto in tanto, arricchire proposte di legge e questioni politiche dell’Unione Europea. Terzo, ha contribuito allo sviluppo di un’opinione pubblica europea all’interno delle organizzazioni cattoliche.

 

D. – Dunque, sono tanti i risultati raggiunti, ma quali sono gli obiettivi ancora da centrare?

 

R. – In primo luogo, la Chiesa deve rendersi capace di questo dialogo con l’Unione Europea. Secondo, ci sono sfide di grande importanza nel campo della bioetica, dello sviluppo e dei diritti dell’uomo. Terzo, la revisione della strategia di Lisbona adottata nel 2000, che prevede di fare dell’Unione Europea la zona più competitiva del mondo entro il 2010, coniugando la competitività economica, la coesione sociale e il rispetto dell’ambiente. A questo proposito la Comece sta per pubblicare un documento composto da 8 tesi che cercano di sottolineare che non si può avere la prospettiva di economia competitiva senza occuparsi della dimensione sociale e della politica in favore della famiglia, entità di base della società.

**********

 

 

PER LE RICERCHE SUL RAPPORTO TRA SCIENZA E FEDE, IL PREMIO TEMPLETON 2005

E’ STATO ASSEGNATO ALLO SCIENZIATO STATUNITENSE CHARLES TOWNES,

PREMIO NOBEL PER LA FISICA NEL 1964

- Intervista con Charles Townes -

 

E’ stato assegnato ieri pomeriggio allo scienziato statunitense Charles Townes, premio Nobel per la fisica nel 1964, il premio Templeton 2005. Il riconoscimento viene attribuito allo scienziato di 89 anni per le sue ricerche sul rapporto tra scienza e fede. Nell’intervista di Philipa Hitchen,  lo stesso Charles Townes ci parla del motivo del suo Nobel, anni fa, della sua personale esperienza religiosa e dell’importanza della scienza:

 

**********

R. – WELL, MY NOBEL PRIZE WAS FOR …

Ho ricevuto il premio Nobel per la scoperta della tecnologia maser e laser, che sono strettamente legate. Penso che molte persone sappiano che il laser è un modo per produrre luce. E’ un raggio molto forte. Il maser fa la stessa cosa con le microonde. La mia religiosità è una cosa del tutto naturale e personale e quasi non avrei voluto che si sapesse ma qualcuno mi ha chiesto di parlarne proprio perché ci sono pochi scienziati che frequentano la Chiesa: un gruppo della Riverside Church di New York, dove io ero solito andare a Messa, per primo un giorno mi chiese di parlare della religione proprio in qualità di scienziato.

 

D. – All’epoca del Nobel aveva ricevuto molte critiche per il suo interesse alla religione, vero?   

 

R. – YES, THAT IS RIGHT …

Sì, è vero. Questo era l’atteggiamento di molti scienziati ma penso che, in generale, ora gli scienziati siano più interessati ad una visione religiosa.

 

D. – Lei vede la scienza come un importante ponte tra Paesi differenti e culture. So che alcuni anni fa è andato in Russia per discutere questioni scientifiche con il presidente Michail Gorbaciov, all’inizio della sua carriera come leader sovietico…

 

R. – IT’S QUITE RIGHT …

Sì, è giusto. La scienza fornisce un ponte naturale che è molto importante. Questo è dovuto al fatto che la conoscenza genera in molti Paesi diversi una comunicazione di stampo internazionale, fondamentale per crescere. Gli scienziati devono cercare di affrontare i problemi in maniera realistica e veritiera, altrimenti verrebbero subito riconosciuti non come bravi scienziati. Devono parlare con oggettività e parlare delle cose in maniera realistica. Ma soprattutto la scienza è un fatto internazionale e penso che sia una risorsa per generare uno scambio di comunicazione tra i popoli, che è la cosa più importante.  

**********

 

 

“MUNCH 1863-1944”: DA OGGI, AL VITTORIANO DI ROMA,

 IN MOSTRA OLTRE 100 OPERE DEL PITTORE NORVEGESE

- Intervista con Achille Bonito Oliva -

 

“Munch 1863-1944”: si apre oggi al Vittoriano di Roma la grande mostra dedicata al pittore norvegese, anticipatore dei temi dell’Espressionismo. Oltre cento opere tra cui circa 60 oli e oltre cinquanta tra acquaforti, litografie e xilografie, ripercorrono l’intero cammino creativo ed umano dell’artista. L’esposizione resterà aperta sino al 19 giugno. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

 

**********

L’“Urlo”, un’icona alla quale è consegnata la disperazione della violenza interiore dell’uomo, opera profetica di paure future. E l’“Urlo” è il grande assente alla mostra dedicata a Edvard Munch, pittore dell’amore, dell’inquietudine e della morte. Rubata sei mesi fa, resta l’opera simbolo dell’artista norvegese, ma le tele che si possono ammirare nella bellissima esposizione allestita al Vittoriano sono tra i migliori lavori.

 

Si tratta senz’altro di un importante avvenimento: è difficile vedere i quadri di Munch tutti insieme se non andando ad Oslo. Di Munch pochi infatti sono i dipinti esposti nei principali musei del mondo.  Nelle sue tele si incontrano fantasmi, volti simili a teschi, il dolore, la morte, la malattia, condizione conosciuta da Munch sin dall’infanzia, con la prematura scomparsa della madre e di una delle sorelle, rivissuta nel quadro “morte nella camera della malata”. Nei suoi lavori si staglia quella sofferta condizione umana che ad un tratto in Munch esplode in follia, tanto da essere ricoverato per diversi mesi in una clinica. “Nella casa della mia infanzia – scriveva - abitavano malattia e morte. Non ho mai superato l’infelicità di allora … così vissi con i morti”.

 

Paesaggi dai cieli infuocati, pennellate di rosso e viola, il sangue ed il lutto, come in “Disperazione”, la tela preferita da Achille Bonito Oliva, uno dei curatori della mostra:

 

R. – La ‘Disperazione’ è il mio quadro preferito, perché c’è tutto: c’è un interno che diventa esterno, la disperazione che diventa pittura, uno sguardo chiuso verso il basso, una compostezza e un silenzio profondo. Dunque, è uno che ha anticipato, alla fine dell’Ottocento, quasi l’avvento del Terzo Millennio sotto il segno della violenza, della malattia, dell’anomalia, che però appartengono alla realtà, non vanno quindi rimossi ma vanno rappresentati. La violenza, il terrorismo, la malattia, l’handicap ... in qualche modo appartengono all’umanità e posso anche arrivare a dire che appartengono alla bellezza dell’umanità. Non c’è nulla che sia brutto, nel mondo, a mio avviso, purché si crei la capacità di una coesistenza.  E Munch ci fa coesistere con il dolore, con l’‘Urlo’, con la ‘Disperazione’, con la malinconia”.

 

D. – Quale criterio è stato seguito per allestire questa esposizione?

 

R. – L’idea è di rappresentare a tutti il percorso, da quando incomincia e con tutte le opere con cui lui ha anticipato l’espressionismo. Pensate che l’espressionismo viene molto, molto, molto dopo Munch. Anche la trans-avanguardia, in qualche modo un movimento meteorizzato alla fine del XX secolo, è anche tutta già in questo quadro.

**********

 

 

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

10 marzo 2005

 

 

LA BOLIVIA RITROVI EQUILIBRO INTERNO E FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI

PER SUPERARE, NEL SEGNO DELLA CONCORDIA SOCIALE, LE TENSIONI ATTUALI.

E’ L’INVITO DEI PRESULI DEL PAESE, IN UNA NOTA DELLA CONFERENZA EPSICOPALE

 

LA PAZ. = Un appello alla “tregua sociale” per affrontare le sfide nazionali più urgenti “con la serenità e l’efficienza necessarie”. I vescovi della Colombia - riferisce l’Agenzia Fides - si rivolgono con una nota ai loro connazionali, in un periodo di forti tensioni civili, sfociate con le dimissioni, poi rientrate, del capo dello Stato, Carlos Mesa. “Negli ultimi giorni siamo testimoni di posizioni e misure radicali che provocano una situazione di incertezza generale”, scrive la Conferenza episcopale boliviana. “La congiuntura – prosegue - richiede corresponsabilità e patriottismo, maturità umana, sociale, politica e spirituale; uno sforzo sincero da parte di tutti, un atteggiamento di disinteresse e di disarmo spirituale”. I vescovi del Paese latinoamericano ribadiscono la loro fiducia nel sistema democratico “come migliore ipotesi per la convivenza fraterna dei boliviani”. “E’ giunto il momento – affermano - di riprendere il dialogo e la capacità di concertazione; è necessario assumere la corresponsabilità del grave momento che viviamo partendo dalle organizzazioni sociali, politiche, istituzionali, nazionali e regionali, per difendere ciò che abbiamo conseguito fino ad oggi”. I presuli chiedono inoltre “a tutti gli attori sociali e politici una tregua sociale per affrontare i temi nazionali più urgenti con la serenità e l’efficienza necessarie”, senza pregiudizi personali. “Esprimiamo alla comunità nazionale ed internazionale la nostra ferma convinzione e fiducia nel fatto che - conclude il documento - il popolo boliviano sarà capace ancora una volta di superare queste difficoltà, conquistando una maggiore maturità e cultura democratica che ci permetta di contribuire ad una pace duratura, basata su giustizia, verità, solidarietà ed amore”. (A.D.C.)

 

 

LA SVIZZERA HA BISOGNO DI MISURE PIU’ UMANE PER L’ACCOGLIENZA DEI RIFUGIATI.

CRISTIANI ED EBREI ELVETICI CRITICANO IL NUOVO PROVVEDIMENTO

SUL DIRITTO D’ASILO, GIUDICATO TROPPO RESTRITTIVO

RISPETTO ALLA TENDENZA PREVALENTE IN EUROPA

- A cura di Lisa Zengarini -

 

BERNA. = Le Chiese cristiane e le comunità israelitiche della Svizzera intervengono contro la nuova riforma del diritto di asilo, che modifica in senso ancora più restrittivo la normativa vigente in materia. L’appello è contenuto in una lettera congiunta inviata ai membri del Consiglio degli Stati, l’organo legislativo che rappresenta i Cantoni della Confederazione, chiamato a discutere il provvedimento nelle prossime settimane. Nella lettera, i due gruppi religiosi giudicano la nuova normativa troppo severa e chiedono una politica di asilo più umana. Quattro sono, in particolare, i rilievi critici mossi nei riguardi del provvedimento. Il primo riguarda la sostituzione del termine di “ammissione umanitaria” con quello di “ammissione provvisoria”: termine questo, fanno notare, in contrasto con la giurisprudenza internazionale oggi prevalente, che riconosce lo status di rifugiato, e che, dunque, allontana la Svizzera dall’Europa. La lettera critica poi la drastica limitazione dei soccorsi di emergenza ai richiedenti asilo, che viola i più elementari diritti umani e la stessa Costituzione elvetica, secondo la quale qualsiasi essere umano in gravi difficoltà ha diritto di ricevere soccorso. Analogamente, le Chiese cristiane e le comunità israelitiche della Svizzera ritengono disumana l’esclusione dall’assistenza sociale di tutti i richiedenti respinti dalle autorità elvetiche. Esse chiedono, infine, una minore rigidità per i richiedenti asilo che entrano nel Paese sprovvisti di documenti: proprio perché perseguitati nelle rispettive nazioni di provenienza - osservano - molti non sono in grado di presentarli.

 

 

APPELLO DI AMNESTY INTERNATIONAL AL GOVERNO DI DAMASCO

PERCHE’ PONGA FINE ALLA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI AI DANNI

DEI CURDI SIRIANI, SOTTOPOSTI A MALTRATTAMENTI E TORTURE

 

DAMASCO. = “Le autorità siriane devono aprire un’inchiesta sulla reazione sproporzionata delle forze di sicurezza all’indomani degli incidenti del marzo 2004. Devono indagare sulle uccisioni illegali, sul massiccio ricorso alla tortura e sulle morti che ne sono scaturite”. E’ quanto si legge in un Rapporto di Amnesty International sulla Siria, pubblicato oggi, in cui sono esaminate le violazioni dei diritti umani contro i curdi, in seguito agli incidenti del 2004 durante un incontro di calcio tra una squadra curda e una araba a Qamishli. In seguito a quell’episodio, ci furono una serie di manifestazioni non violente in tutto il Paese, durante le quali tuttavia 30 curdi persero la vita e più di 2000 persone furono arrestate e in seguito - riferisce il Rapporto - sottoposte a terribili maltrattamenti e torture. Per questo motivo Amnesty International fa appello al governo di Damasco affinché ponga immediatamente fine alle violazioni dei diritti umani perpetrate contro i curdi. Sempre dal rapporto emerge inoltre che questa popolazione è sottoposta a sistematiche e atroci discriminazioni. Infatti non le è concessa nemmeno la libertà di usare la propria lingua nell’istruzione, nei luoghi di lavoro, nelle celebrazioni private e negli uffici dell’amministrazione pubblica. I curdi, dopo gli arabi, costituiscono il secondo gruppo etnico della Siria. (M.V.S.)



CARITAS INTERNATIONALIS CELEBRA I PRIMI DIECI ANNI DI ATTIVITA’ SOLIDALE

IN COREA DEL NORD, UN PAESE CHE – AFFERMA L’ORGANISMO CATTOLICO –

 NONOSTANTE SEGNALI DI PROGRESSO, HA URGENZA DI MIGLIORAMENTI STRUTTURALI

 

PYONYANG. = Negli ultimi cinque anni la Corea del Nord ha sperimentato "alcuni cambiamenti in positivo, ma ci sono ancora molte esigenze da soddisfare": è la Caritas Internationalis ad affermarlo, allo scadere del primo decennio di attività nella Repubblica Democratica Popolare di Corea (DPRK), ricorrenza celebrata con un viaggio del segretario generale della confederazione cattolica, Duncan MacLaren. Kaethi Zellweger, della Caritas di Hong Kong, che ha accompagnato MacLaren nella visita e più volte è stata lei stessa nella DPRK, ha sottolineato l'importanza della crisi energetica che ha “un significativo impatto sulla produzione industriale, sui raccolti nei campi e sulla vita quotidiana di persone costrette a vivere in un clima spesso rigido”. Il segretario generale di Caritas Internationalis,  che raggruppa 162 organizzazioni cattoliche attive in 200 Paesi nei settori degli aiuti, dello sviluppo e del sociale, ha aggiunto di essere rimasto sconcertato dallo stato delle strutture sanitarie in Corea del Nord. I macchinari erano “da museo della medicina” e “in un ospedale destinato ad accogliere circa 60.000 persone, gli unici farmaci erano quelli forniti dalla Caritas”. MacLaren si è detto però “colpito dall’impegno dei medici a curare i pazienti nonostante l’attrezzatura obsoleta”. L’ultimo appello lanciato da Caritas ai “donors” nel 2004 per la Corea del Nord era per due milioni e mezzo di dollari e uno analogo verrà lanciato il prossimo aprile. (A.D.C.)

 

 

LA DONNA PROTAGONISTA NELLA COSTRUZIONE DELLA PACE E DEL DIALOGO

NEL MONDO: IL TEMA SVILUPPATO OGGI IN UN CONVEGNO ORGANIZZATO

DAL PONTIFICIO ATENEO REGINA APOSTOLORUM E DALL’UNIVERSITA’ EUROPEA

DI ROMA

 

ROMA. = Gli esseri umani desiderano la pace: personale, sociale e mondiale. L’autentica cultura della pace si costruisce sul rispetto e sulla promozione dei valori universali della persona umana, sull’educazione al dialogo sociale ed internazionale. La donna è protagonista nella costruzione della pace. Come custode della vita, è stata sempre la grande forza umanizzatrice della società. Sono alcuni dei temi che, da questa mattina e fino alle 18.00 di oggi, sono al centro di un Congresso internazionale organizzato dall’Istituto di Studi Superiori sulla Donna dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e dall’Università Europea di Roma. Il congresso, che si tiene presso lo stesso Ateneo pontificio, si intitola “Donna e cultura della pace” e vede nell’agenda degli interventi numerosi relatori di prestigio, tra i quali il ministro italiano delle Politiche comunitarie, Rocco Bottiglione; il vescovo ausiliare di Budapest, László Biró; la parlamentare europea francese, Elizabeth Monfort, e un folto gruppo di docenti italiani e internazionali. Le conclusioni saranno enunciate da padre Paolo Scarafoni, rettore dell’Ateneo. (A.D.C.)

 

 

SARA’ IL CARDINALE FRANCIS ARINZE A TENERE LA MEDITAZIONE

PER IL CICLO DI RIFLESSIONI E MUSICA DEI GIOVEDI’ DI QUARESIMA

IN SANTA MARIA MAGGIORE

 

ROMA. = Nel quadro degli "Incontri di riflessione e musica per la Quaresima", organizzati nei cinque giovedì di Quaresima alle 20.30 dalla Basilica di S. Maria Maggiore, su iniziativa dell'Arciprete cardinale Bernard Francis Law, il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, proporrà questa sera una meditazione sul tema “Eucaristia come vero culto di Dio: l'apostolicità della Chiesa e la ragione per la vera Chiesa”. Nel corso dell'incontro verranno eseguiti brani musicali dal Coro Polifonico del Pontificio Istituto di Musica Sacra, diretto da mons. Valentino Miserachs Grau.

 

=======ooo=======

 

24 ORE NEL MONDO

10 marzo 2005

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

L’Iraq ancora in preda alla violenza. Morto questa mattina nella capitale il capo di una stazione di polizia. Il primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, intanto, è intervenuto ieri al Senato sulla morte del funzionario dei servizi di sicurezza, Nicola Calipari. Il servizio di Barbara Castelli:

 

**********

Non passa giorno in Iraq senza che sia versato sangue. Il capo di una stazione di polizia del centro di Baghdad è stato assassinato questa mattina in pieno centro, insieme con altri due agenti. I tre poliziotti sono caduti in un’imboscata mentre erano a bordo di un’auto in piazza Daruish a Saydiya, vicino alla Zona verde, l’area  blindata nel centro della  capitale irachena dove si trovano gli uffici del governo e le ambasciate straniere. I cadaveri di altri quattro iracheni assassinati da ignoti sono stati ritrovati dalla polizia nella provincia occidentale di al-Anbar: erano tutti soldati governativi, giustiziati a colpi di arma da fuoco. Sei iracheni poi sono stati uccisi in diversi attacchi compiuti stamani nella regione a nord di Baghdad. Sul piano politico proseguono gli sforzi nella ricerca della normalità. Il presidente del Parlamento uscente, Fouad Maassoum, ha convocato per il prossimo 16 marzo l’Assemblea Nazionale irachena, eletta lo scorso 30 gennaio. Il premier iracheno ad interim, Iyad Allawi, invece, è giunto ieri a sorpresa in Giordania, in cerca di appoggio alla sua candidatura a capo del governo. In Italia, intanto, continua a tenere banco la drammatica vicenda del funzionario del Sismi, Nicola Calipari, morto lo scorso 4 marzo in Iraq dopo la liberazione della giornalista del quotidiano “Il Manifesto”, Giuliana Sgrena. “L’atteggiamento di fermezza era l’unico che il governo potesse assumere”: ha detto ieri il premier, Silvio Berlusconi, riferendo al Senato sulla vicenda. “Proprio perché la nostra amicizia con il governo ed il popolo americani è forte e leale – ha aggiunto – abbiamo il dovere di esigere da loro la massima collaborazione per raggiungere la verità dei fatti ed individuare le responsabilità”. Sempre ieri, il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, ha ribadito che per la  liberazione  della giornalista italiana “il governo italiano non ha mai avviato alcuna trattativa in cambio di denaro”.

**********

 

Si riaccende la tensione in Medio Oriente. Soldati israeliani hanno ucciso questa mattina a colpi di arma da fuoco un palestinese, sospettato di coinvolgimento nell’attentato suicida del 25 febbraio scorso. Il 28.enne era un esponente della Jihad Islamica. L’azione terroristica in un bar a Tel Aviv – ricordiamo - causò la morte di cinque civili, oltre al kamikaze, e il ferimento di altre 53 persone.

 

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, chiederà oggi alla comunità internazionale uno sforzo ampio per combattere il terrorismo, anche attraverso la lotta contro altre minacce, come l’estrema povertà, le malattie, la degradazione ambientale e le armi di distruzione di massa. Nel discorso che pronuncerà alla chiusura del vertice su democrazia e terrorismo a Madrid, in Spagna, il capo del Palazzo di Vetro sottolineerà, inoltre, l’importanza di giungere ad una definizione del terrorismo e ad una convenzione internazionale per combattere questa minaccia.

 

L’Iran sarebbe venuto in possesso di centrifughe utilizzabili per la realizzazione di armi nucleari grazie a Abdul Qadeer Khan, il padre della bomba atomica pachistana. Lo ha reso noto oggi il ministro dell’Informazione pachistano, Sheikh Rashid Ahmed, che ha tenuto a puntualizzare che il governo è completamente estraneo alla vicenda. In passato le autorità di Islamabad hanno annunciato che lo scienziato ha rivelato i segreti per costruire armi nucleari a Corea del Nord, Libia e Iran, ma non era stato chiarito il tipo di aiuto fornito a questi Paesi. Teheran sostiene da sempre che il suo programma nucleare ha finalità pacifiche, ma secondo gli Stati Uniti il regime iraniano mira a procurarsi armi nucleari.

 

I ribelli indipendentisti ceceni hanno scelto il successore di Aslan Maskhadov, il loro leader politico ucciso due giorni fa dalle truppe speciali russe nel villaggio di Tolstoj-Yurt, a nord di Grozny. Si tratta di Abdul-Khalim Saidullayev, una figura poco nota che, tuttavia, lo stesso Mashkadov aveva designato due anni fa. La famiglia di Maskhadov, intanto, ha rivolto un appello al mondo, in particolare all’Occidente, affinché esercitino pressioni su Mosca per indurla a restituire il corpo del defunto ai congiunti, così che essi possano dargli degna sepoltura.

 

Cambio al vertice di Hong Kong: questa mattina il capo del governo, Tung Chee-Hwa, ha rassegnato le proprie dimissioni, con due anni di anticipo sul termine del mandato. Ufficialmente, alla base della scelta, ci sarebbero “motivi di salute”. Ma le ragioni sono altre, come conferma padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, al microfono di Roberto Piermarini:

 

**********

R. – La popolazione di Hong Kong l’aveva criticato tantissimo per le sue performance economiche, che erano state disastrose. Ha portato il territorio ad un abbassamento spaventoso dell’economia e poi ha anche frenato tutte le spinte democratiche. La Cina ha dovuto accettare in pratica la spinta della popolazione. C’è da dire anche un’altra cosa: il patron, il difensore di Tung Chee-Hwa era Jang Zemin. Ora a questa Assemblea nazionale del popolo, Jang Zemin è passato dietro le quinte. Ha perso l’ultima carica di presidente della Commissione militare nazionale, quindi in qualche modo non ha più nessun potere ufficiale ed è per questo che Tung  Chee-Hwa viene messo da parte anche lui.

 

D. – A questo punto potrebbe esserci un contrasto tra la popolazione di Hong Kong e il governo di Pechino?

 

R. – Certo, perché da un certo punto di vista la popolazione di Hong Kong ha sempre detto di voler determinare chi sarà il futuro capo dell’esecutivo con elezioni dirette del governatore. Pechino, invece, vuole determinare tutto a partire da se stesso e quindi, naturalmente, c’è la differenza tra una possibile dittatura di Pechino su Hong Kong ed una spinta ancora democratica.

**********

 

Ennesima tragedia in Cina. Almeno 16 minatori sono morti ieri a causa di un’improvvisa esplosione di gas nello Shanxi, nel nord del Paese. Altri 29 operai risultano ancora intrappolati nelle gallerie. Questa tragedia è solo l’ultima di una lunga serie, nella quale nel 2004, secondo dati ufficiali, sono morti più di sei mila minatori.

 

Sono saltati all’improvviso i colloqui tra serbi ed albanesi, in programma oggi a Pristina, per far luce sulla sorte di oltre 3 mila civili di entrambe le etnie scomparsi nel conflitto. Sono stati gli albanesi del Kosovo a cancellare il vertice, in segno di protesta contro le accuse “per crimini di guerra” mosse contro l’ex premier, Ramush Haradinaj. L’uomo politico ha immediatamente rassegnato le proprie dimissioni e si è presentato davanti ai giudici dell’Aja. Proprio per alleggerire e proseguire il lavoro del Tribunale sulla ex Jugoslavia, ieri è stata inaugurata a Sarajevo, in Bosnia, la prima Corte statale per crimini di guerra. Ce ne parla Emiliano Bos:

 

**********

Un’istituzione che ha consentito alla Bosnia di dispensare giustizia, un fatto essenziale per un Paese che rivendica la piena sovranità come Stato. Così l’Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia, Paddy Ashdown, ha presentato la nuova struttura giuridica, alla presenza di un centinaio di rappresentanti locali e stranieri. Un passo avanti verso la riconciliazione, l’ha definita Carla Del Ponte, procuratore capo della Corte dell’ONU per l’ex Jugoslavia. A questo nuovo dipartimento del tribunale statale di Sarajevo dovrebbero essere trasferiti alcuni dei casi attualmente seguiti dal Tribunale penale dell’Aja, chiamato a concludere la sua attività entro il 2010. Proprio ieri si è consegnato ai giudici dell’Aja Ramush Haradinaj, l’ex comandante della guerriglia dell’UCK e primo ministro del Kosovo, che si era dimesso martedì dopo l’imputazione di crimini di guerra per il ruolo svolto durante il conflitto tra serbi e albanesi nel 1998-’99.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

**********

 

Trasferiamoci in Rwanda, dove stamani, dopo numerosi rinvii, aprono i processi affidati ai “Gacaca”. I tribunali popolari hanno il compito di affiancare la magistratura ordinaria nei procedimenti contro le decine di migliaia di persone incarcerate con l’accusa di aver partecipato al genocidio. Tra aprile e luglio del 1994, nel Paese africano vennero massacrate tra mezzo milione e 800.000 persone per mano degli estremisti hutu; altre migliaia furono poi uccise durante la vendetta tutsi nei mesi successivi.

 

Nonostante il processo di pace sia ormai a buon punto, in Burundi non si placano gli scontri. Protagonisti, i miliziani delle Forze nazionali di liberazione: gli unici, dei sette gruppi di ribelli, a non avere ancora firmato l’accordo con il governo. Ieri sera, in un combattimento nella zona sud-orientale di Bujumbura, almeno due guerriglieri sono stati uccisi dall’esercito. L’esecutivo, tuttavia, ha confermato l’esistenza di trattative, in vista di una possibile tregua.

 

Gli Stati uniti si sono ritirati dal protocollo della Convenzione di Vienna. Lo rende noto il segretario di Stato, Condoleeza Rice, in una lettera indirizzata al segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Il protocollo, proposto da Washington nel 1963 e ratificato nel 1969, fa intervenire la Corte internazionale di giustizia nei casi in cui viene rifiutato a persone sospette detenute all’estero il diritto di vedere un diplomatico del proprio Paese.

 

Sciagura aerea in Messico. Un elicottero delle autorità giudiziarie è precipitato in una zona montagnosa nel sud del Paese e le 11 persone a bordo sono morte.  Una squadra della polizia scientifica è sul posto per accertare le cause del disastro. La procura, infatti, sottolinea che la zona è infestata di “piantagioni illecite, dove gli elicotteri delle autorità sono regolarmente attaccati”.

 

Si è arreso questa mattina l’ultimo dei banditi che avevano fatto irruzione in una banca della Costa Rica, sequestrando una ventina di persone. Lo ha annunciato il ministro della Sicurezza, Rogelio Ramos. Il malvivente ha liberato l’ultimo ostaggio e si è arreso spontaneamente e senza condizioni. Nove persone, cinque ostaggi, tre banditi e un poliziotto, sono morte nel corso della rapina, cominciata martedì pomeriggio.

 

 

=======ooo=======