RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
68 - Testo della trasmissione di mercoledì
9 marzo 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Sale a oltre un milione il numero dei cattolici in
Giappone
Si conclude oggi la 17.ma Assemblea
della Conferenza episcopale indiana
In
una lettera il capo della Casa Bianca Bush assicura al presidente della
Repubblica italiana Ciampi “una rapida ed esauriente indagine congiunta” per
far luce sull’uccisione di Nicola Calipari.
In Iraq, intanto, la violenza resta in primo piano
Le città cisgiordane di
Gerico e di Tulkarem presto sotto il controllo dell’Anp
Respinte ieri dal
Parlamento le dimissioni del presidente boliviano Carlos Mesa
9
marzo 2005
IL PAPA A SORPRESA BENEDICE I
FEDELI DALLA SUA STANZA AL GEMELLI.
UN GRUPPO DI RABBINI IN VISITA ALL’OSPEDALE PREGA
PER IL PONTEFICE
Grande
commozione oggi al Policlinico Gemelli: a sorpresa il Papa, pochi minuti prima
di mezzogiorno, è comparso dietro i vetri della finestra della sua stanza al
10° piano, per benedire i fedeli radunati nel piazzale dell’ospedale. Il Papa,
che è apparso in buona forma, indossava la casula color viola del tempo
quaresimale. Ma colleghiamoci con il Policlinico dove c’è la nostra inviata
Fausta Speranza:
**********
Giovanni
Paolo II ha salutato e benedetto più volte i fedeli. Oggi,
mercoledì, l’udienza generale non si è potuta tenere ma proprio come una
settimana fa, in tanti rimanendo sul piazzale per diverse ore hanno
testimoniato che l’appuntamento ideale con la catechesi e la riflessione del
Papa resta vivo. Ed oggi il Papa non ha voluto sottrarsi a questa partecipazione.
Immagine consueta di tanti mercoledì: tanti cappellini gialli indossati da
bambini di due scuole elementari di Legnano, vicino Milano. Presente poi un gruppo di pellegrini polacchi provenienti da
Tarnow, nel sud del Paese, ma anche un gruppo parrocchiale dal Vicentino e una
coppia di sposi novelli giunti dal Messico. C’è poi da riferire dell’omaggio di
un gruppo mondiale di rabbini che
rappresenta il World Union Progressive Jews. A noi giornalisti hanno
detto di aver voluto “offrire preghiere al Santo Padre, porgergli saluti e
portare conforto”. E hanno poi intonato un canto in inglese.
C’è poi l’interessamento di
sempre e il portavoce vaticano Navarro-Valls ha confermato che un prossimo
bollettino medico arriverà domani.
Giovanni Paolo II continua gli
esercizi di riabilitazione, trascorre tempo nella cappellina presso la sua
stanza ma è impegnato anche nelle attività del suo ministero, oltre alle visite.
Ricordiamo che si tratta del
14esimo giorno di ricovero, iniziato il 24 febbraio scorso quando in serata il
Papa è stato sottoposto a tracheotomia.
Dal Gemelli Fausta Speranza,
Radio Vaticana.
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Più di 20 mila “e-mail” in due giorni per Giovanni Paolo
II. E’ il ritmo da record con cui da ogni parte del mondo stanno arrivando i
messaggi di auguri al Papa, grazie ad una finestra elettronica appositamente
aperta sul sito internet della Santa Sede (www.vatican.va).
L’iniziativa si chiama “Un pensiero per il Santo Padre” ed è partita lo scorso
25 febbraio, all’indomani dell’ultimo ricovero di Giovanni Paolo II. Da allora
il fiume di “mail” piene di affetto è diventato inarrestabile. Ce ne parla
padre Ciro Benedettini, vicedirettore della Sala Stampa vaticana, intervistato
da Sabrina Alivernini.
**********
R. –
Erano tanti i messaggi che arrivavano alla Santa Sede e ai vari dicasteri, che
l’Ufficio Internet della Santa Sede si è visto costretto ad aprire una e-mail.
Bisognava in qualche modo canalizzare questa valanga di partecipazioni alla
sofferenza del Santo Padre.
D. – Padre Benedettini, chi sono
le persone che stanno scrivendo al Papa?
R. – Sono persone di ogni tipo.
Ci sono professionisti, politici, ma, soprattutto, c’è la gente semplice. Ci
sono anche persone che non sono cattoliche che però fanno voti di buona salute
al Santo Padre.
D. – Che tono hanno questi
messaggi?
R. – Sono molto confidenziali …
qualcuno comincia con ‘caro Papa’, qualcuno lo chiama ‘amico’, ‘mio caro amico
Giovanni, ti ho scelto come esempio di religiosità, coraggio e forza’. Uno dal
Brasile dice: “Caro amico, ti posso chiamare amico perché anche Gesù ci ha
chiamati amici”.
D. – Che cosa scrive la gente al
Papa?
R. – Molti ringraziano il Santo
Padre per la testimonianza di fede e di coraggio che egli dona anche attraverso
la malattia. Per esempio, dalla Francia uno scrive: “Vi ringrazio per la
testimonianza di coraggio. Ci invitate a seguire Gesù Cristo”. Un altro
dall’Australia: “Ho sentito alla tv della vostra malattia … prego Dio e, per la
prima volta, sono tornata in chiesa”. Un altro: “Sono Maritza e vivo in Perù e
ti ho visto qui. Dio ti mantenga forte. Molti baci”. Un altro dagli Stati
Uniti: “Ho 26 anni. Prega per me. Spero di diventare prete”. C’è un altro dagli
Stati Uniti, un ragazzo che è caduto preda della droga che dice: “Sono 11
giorni che non fumo e che non prendo più cocaina. Spero che il Signore mi aiuti
a continuare”. C’è di tutto in questi messaggi, soprattutto l’affetto.
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I CREDENTI UNISCANO LE
LORO FORZE PER COSTRUIRE LA PACE ED ELIMINARE
ALLA RADICE OGNI FORMA DI PREGIUDIZIO E DISCORDIA:
COSI’ IL PAPA
NEL MESSAGGIO AL NUOVO AMBASCIATORE DELLA GEORGIA
PRESSO LA SANTA SEDE,
LA PRINCIPESSA KHETEVANE BAGRATION DE MOUKHRANI
“Oggi più che mai i credenti
sono chiamati ad unire le forze” per contribuire alla pace e al rispetto dei
diritti di ogni persona. E’ quanto ha affermato il Papa nel suo messaggio inviato
dal Policlinico Gemelli al nuovo ambasciatore straordinario e plenipotenziario
della Georgia presso la Santa Sede, la principessa Khetevane Bagration de
Moukhrani, ricevuta stamane in Vaticano dal cardinale segretario di Stato
Angelo Sodano per la presentazione delle Lettere credenziali. Il servizio di
Sergio Centofanti:
**********
Il Papa ricordando la sua visita
pastorale compiuta nel 1999 in questo Paese a maggioranza cristiano-ortodossa,
ha espresso la sua “ferma convinzione che i valori spirituali e culturali,
presenti nella tradizione del Popolo georgiano, non mancheranno di svolgere un
ruolo importante nel promuovere una nuova fioritura di civiltà” sulle radici
del suo “ricco patrimonio cristiano”.
La Georgia – ha sottolineato il
Pontefice - da quando ha intrapreso la strada dell'indipendenza nel 1991 dopo
il crollo dell’Unione Sovietica, “ha dovuto affrontare molte e spesso durissime
sfide, che hanno messo alla prova la generosità e lo spirito di sacrificio dei
cittadini nel servizio al bene comune. Oltre al difficile compito di istituire
robuste strutture politiche ed economiche, i Georgiani hanno dovuto affrontare
l’impegno di mantenere saldo il senso dell’unità, pur nell’apertura verso la
più ampia Comunità europea e internazionale”. Tra le questioni più difficili la
presenza di movimenti separatisti in alcune regioni del Paese.
“Come l'esperienza di molte
Nazioni negli ultimi vent'anni ha dimostrato – afferma Giovanni Paolo II - far
fronte a tali sfide non è possibile se non grazie ad un saggio e prudente
equilibrio fra le esigenze dell'unità e il rispetto per le legittime diversità
… Solo in questo modo il cammino sarà aperto, ad ogni livello della vita
sociale, economica e culturale, ad un futuro di solidarietà, di comprensione e
di pace”.
In questo contesto – continua il
Pontefice – “la Chiesa Cattolica in Georgia è desiderosa di offrire il proprio
contributo alla rinascita spirituale della Nazione e al progresso del bene
comune, non soltanto attraverso l'adempimento della sua specifica missione religiosa,
ma anche attraverso il suo impegno in opere di carità e nella promozione di
scambi culturali e di opportunità educative a favore dei giovani, che sono il
futuro della Georgia”. E “anche se i Cattolici georgiani sono una minoranza”,
il Papa assicura che intendono collaborare “con i loro fratelli e sorelle
ortodossi, come pure con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, per
edificare un futuro di libertà, di giustizia e di armonia sociale”. Quindi
aggiunge:
“Oggi più che mai i credenti sono chiamati ad unire le forze per porre
le basi solide di un autentico rinnovamento sociale, contribuendo alla
formazione delle coscienze su vie di pace e di rispetto per l'inviolabile
dignità e per i diritti di ogni persona, e cooperando al tempo stesso per
l'eliminazione alla radice di ogni forma di ostilità, di pregiudizio e di discordia”.
Il Papa infine formula
“l’auspicio di un dialogo costruttivo fra la Chiesa Cattolica e le Autorità di
governo, affinché alla comunità cattolica sia assicurata un’adeguata protezione
legale nell'esercizio della propria missione”.
Il nuovo ambasciatore georgiano
presso la Santa Sede, la principessa Khetevane Bagration de Moukhrani, discende
dall’antica famiglia reale della Georgia. Ha 50 anni, è sposata ed ha quattro
figli. Si è laureata in Francia in Filologia e parla anche l’italiano,
l’inglese, il francese e il russo.
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NOMINE
Il Santo Padre ha nominato
vescovo di Bragança Paulista, in Brasile, mons. José Maria Pinheiro, finora
vescovo titolare di Cabarsussi e ausiliare di San Paolo. Mons. Pinheiro è nato
il 31 luglio 1938 a Nazaré Paulista, nello Stato di San Paolo, ed è stato
ordinato sacerdote il 27 dicembre 1964. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il
19 aprile 1997.
Sempre in Brasile, il Papa ha
nominato ausiliare dell’arcidiocesi di San Paolo il reverendo Tomé Ferreira da
Silva, del clero della diocesi di Campanha, assegnandogli la sede titolare
vescovile di Giufi. Mons. Tomé Ferreira da Silva è nato il 17 maggio 1961,
nella città di Cristina, ed è stato ordinato sacerdote il 1° gennaio 1987.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Un
mercoledì straordinario” è il titolo che apre la prima pagina: il saluto e la benedizione
di Giovanni Paolo II dalla finestra del Policlinico “Gemelli”.
Sempre
in prima l’Iraq: le speranze di fare luce sulla morte di Nicola Calipari affidate
all’imparzialità di una commissione Usa-Italia. In una lettera al Presidente
Ciampi, George W. Bush asscura un’indagine “rapida ed esauriente”.
Onu:
l’Assemblea generale approva la Dichiarazione contro la clonazione umana.
Nelle
vaticane, nel messaggio al nuovo ambasciatore di Georgia, il Santo Padre
auspica un dialogo costruttivo affinché alla comunità cattolica sia
assicurata un’adeguata protezione
legale nell’esercizio della missione”.
Un
articolo di Gianfranco Grieco dal titolo “Lo slancio dell’evangelizzazione che
nasce a Guadalupe pervada tutte le parrocchie e le diocesi del Paese”: in
Messico il cardinale Crescenzio Sepe incontra i direttori diocesani delle Pontificie
Opere Missionarie.
Nelle
estere, in rilievo la Cecenia dove le forze di Mosca hanno ucciso il leader
indipendentista Aslan Maskhadov, sorpreso in un rifugio vicino a Grozny.
Per
la rubrica dell’“Atlante geopolitico” un articolo di Giuseppe Fiorentino dal
titolo “Madrid, 11 marzo 2004: il terrore irrompe nella vita degli europei”.
Nella
pagina culturale, un articolo di Marco Testi dal titolo “Le angustie familiari
di Luigi Pirandello” nel carteggio con il figlio Stefano.
Nelle
pagine italiane, in primo piano l’articolo dal titolo “La commissione mista,
segnale positivo per il Governo”: Berlusconi al Senato riferirà sulle novità
giunte dagli USA relative all’uccisione di Calipari.
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9 marzo 2005
‘NO’ DELL’ONU AD OGNI TIPO DI CLONAZIONE UMANA:
SODDISFAZIONE
DELLA SANTA SEDE MA ANCHE FORTI PERPLESSITA’ SULL’EFFICACIA
DI UNA
DICHIARAZIONE CHE NON E’ VINCOLANTE PER I PAESI
-
Intervista con il vescovo Elio Sgreccia -
Ci sono voluti quattro anni di dibattito acceso per arrivare ad un
soluzione di compromesso: l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato
ieri una Dichiarazione che impegna i Paesi a proibire tutte le forme di
clonazione umana, compresa la clonazione di embrioni per la ricerca sulle
cellule staminali a scopo terapeutico. Un testo comunque non vincolante,
approvato con 84 voti a favore, tra
questi gli Stati Uniti e l’Italia, 34 voti contrari, tra cui Gran Bretagna,
Belgio, Cina e Singapore e 37 astensioni. Un testo che qualcuno ha definito di
portata storica, che chiede agli Stati di adottare in tempi rapidi misure
legislative necessarie “a proteggere adeguatamente la vita umana
nell’applicazione delle scienze umane” e a “proibire il ricorso a tecniche di
ingegneria genetica che possono essere contrarie alla dignità umana”. Si tratta
però di un passo indietro rispetto alla richiesta di un bando totale di ogni
tipo di clonazione che era stata avanzata dagli Stati Uniti, con il sostegno
anche della Santa Sede. Questo apre forti perplessità sull’efficacia di tale
Dichiarazione, come spiega il vescovo Elio Sgreccia, presidente della
Pontificia Accademia per la Vita, intervistato da
Roberta Gisotti:
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R. – Questo fatto rischia di
fare di questa Dichiarazione un po’ come un pronunciamento formale, come le
‘grida manzoniane’, che poi i Paesi più spregiudicati non osservano. E’ questo
un sintomo grave, e cioè l’Assemblea generale delle Nazioni Unite non ha la
forza, il coraggio di far valere certi principi di umanità che sono essenziali.
E di fronte a questo ingresso, però, del denaro, del brevetto, dello
sfruttamento dell’essere umano per farne una medicina che, per giunta, è una
falsa illusione – per ora, almeno, è così – non c’è stata la forza di dire un
“no” se non così, formale, non obbligante.
D. – Quali passi giuridici dovrà
fare, ad esempio, l’Italia, tra i Paesi che hanno votato a favore della
Risoluzione?
R. – L’Italia ha già nella legge
40 sulla procreazione artificiale un divieto obbligante, un divieto totale di
ogni forma di clonazione. L’importante sarà che non insorgano forze qui dentro,
sul cattivo esempio di altre Nazioni, per scardinare quel divieto lì ...
D. – Lei crede che questo
orientamento etico, che ha avuto comunque la maggioranza nel consesso delle
Nazioni Unite, potrà interferire con il dibattito aperto in Italia in vista del
prossimo referendum sulla fecondazione assistita?
R. – Dico anzitutto che è un
pronunciamento che fa sentire un’onda di pensiero etico che rimane un fatto
positivo, perché significa che la maggioranza delle Nazioni che sono all’ONU
sente la clonazione come una minaccia all’essere umano, alla sua dignità e alla
sua vita. Adesso, direttamente sul nostro dibattito, credo che non aggiunga
molto, però è un rinforzo a considerare le cose che riguardano l’essere umano,
le sue manipolazioni, l’intervento sull’embrione creato artificialmente, tutto
questo a trattarlo con estrema serietà. Non sono questioni politicamente
irrilevanti.
D. – Se si rispetta, appunto, il
divieto della clonazione a cosiddetto scopo terapeutico, quali altre speranze
apre la ricerca scientifica?
R. – La ricerca scientifica sta
ottenendo meravigliosi successi sulle cellule staminali somatiche, cioè quelle
che provengono dal cordone ombelicale o dai vari distretti del corpo
dell’adulto; e si possono reinserire in organi di un paziente che hanno bisogno
di essere rigenerati. Molti scienziati, anche recentemente, si sono pronunciati
per questa linea: quindi non c’è bisogno di andare a ‘pescare’ sulle cellule
dell’embrione che non solo finora non hanno dimostrato successi, e non sono
state sperimentate sugli animali – come sarebbe stato doveroso – ma alcuni
scienziati seri affermano che sono pericolose, possono produrre – trasferendole
in un corpo malato – dei tumori, piuttosto che guarire. Però, c’è questa
pervicace volontà di utilizzare l’embrione per farne tutto quello che si vuole,
ma qui sotto c’è una battaglia ideologica per avere a disposizione gli embrioni
umani, quelli avanzati nei congelatori dalle pratiche di procreazione
artificiale, o quelli anche fatti apposta, per poter disporre dell’essere umano,
concepito artificialmente, come se non fosse un essere umano, cosa che naturalmente
ripugna sia alla scienza, sia all’etica, sia alla ragione.
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UCCISO IL LEADER CECENO MASKHADOV, RICERCATO DA 6
ANNI
- Intervista con Giulietto Chiesa -
Tensione
altissima in Cecenia, il giorno dopo la morte di Aslan Maskhadov. Il 53.enne
presidente, eletto nel ’97 ma non riconosciuto da Mosca, è stato ucciso ieri da
un raid delle forze russe nel villaggio di Tolstoj-Jurt. La Russia – che lo
braccava da sei anni, e che lo accusava delle stragi di Beslan e del teatro
della Dubrovka – non ha nascosto la propria soddisfazione. Ma secondo
l’europarla-mentare Giulietto Chiesa, esperto dell’area ex sovietica, la
soluzione della questione cecena è ora più difficile. Sentiamolo,
nell’intervista di Andrea Sarubbi:
**********
R. –
Putin la considera una vittoria e lo è. In effetti è stato ucciso un nemico. Tuttavia,
temo che dal punto di vista strategico per Putin sia una sconfitta. La guerra
cecena non potrà essere vinta comunque, con o senza Maskhadov. L’assenza di
Maskhadov priva Mosca di un potenziale interlocutore. Non dimentichiamo che per
quanto poco potesse contare dal punto di vista militare Maskhadov, non c’è il
minimo dubbio che lui, il 14 gennaio, aveva proclamato unilateralmente il
cessate-il-fuoco. Ora, quale che sia il valore di questa sua dichiarazione,
tutti capiscono che è un gesto conciliante. Si voleva proporre come un interlocutore,
come una via di dialogo. Era una corda tesa per Putin, se avesse voluto
affrontarla. Putin non solo non l’ha affrontata, ma l’ha ignorata
completamente.
D. – Tolto di mezzo Maskhadov,
chi resta adesso di fronte a Putin?
R. – Gli resta di fronte
Basaiev, gli restano di fronte i comandanti militari, islamisti in gran parte,
perché ricevono i finanziamenti dai Wamaristi dell’Arabia Saudita. Gli resta in
mano soltanto il peggio di quello che esiste in Cecenia. Con chi tratta? Non potrà
trattare con nessuno. Quindi, di fatto la situazione sta diventando sempre più
impraticabile per la Russia. E aver ucciso Maskhadov significa semplicemente avere
tolto di mezzo uno dei 500 nuovi combattenti che si affacceranno ogni giorno
sul terreno del Caucaso del nord e del sud.
D. – Ma da Strasburgo come si
vede questo atteggiamento della Russia verso la Cecenia e più in generale verso
tutta l’area ex sovietica?
R. – Da Strasburgo si vede molto
criticamente, adesso soprattutto, perché l’intero contenzioso con la Russia è
diventato più aspro, non c’è dubbio, e già si coglie in tutte le direzioni.
Dopo la vicenda ucraina le cose stanno andando male, anche perché qui in Europa
ci sono forze che spingono fortemente perché si ripeta la vicenda ucraina in
Bielorussia. Se le cose vanno così, il rapporto con Mosca si inasprirà e la
Cecenia verrà adesso usata da una parte importante del Parlamento europeo come
uno strumento per dire che con la Russia non si può dialogare. Il pericolo che
abbiamo di fronte è dell’inizio di una nuova fase della guerra fredda con
Mosca, che non servirà a nessuno, meno che mai alla Russia, e bisognerebbe
cercare di disinnescarla il più presto possibile.
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CONVERSAZIONI CON DON LUIGI GIUSSANI, UN PROFETA
PER IL NOSTRO TEMPO,
RACCOLTE IN UN LIBRO DI RENATO FARINA
- Intervista con Renato Farina e don Julian Carron
-
“Un caffè in compagnia.
Conversazioni sul presente e sul destino”. E’ il libro intervista a don Luigi
Giussani, scritto dal giornalista Renato Farina e presentato nei giorni scorsi
a Roma. Tra le autorità presenti all’incontro anche il presidente del senato
Marcello Pera, che ha sottolineato l’importanza della figura di don Giussani,
scomparso il 22 febbraio scorso, definendolo “un profeta per il nostro tempo”.
Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro:
**********
Un profondo amore per la Chiesa,
la dedizione totale ai giovani per aiutarli a trovare una strada da percorrere,
quella delle fede in Cristo: questo il ritratto di don Luigi Giussani tracciato
dal libro di Renato Farina. Una serie di interviste raccolte durante un arco di
oltre vent’anni, dal giornalista che è stato vicino fino alla fine al fondatore
di Comunione e Liberazione. Ma ascoltiamo lo stesso autore:
R. - Don Giussani ha voluto
regalare a me e ai lettori questo libro. Lo ha regalato a me perché gliel’ho
chiesto. Nell’arco di vent’anni io ho realizzato con lui 13 conversazioni. Si
spazia dai temi dell’attualità ai temi della storia della Chiesa, alle
conversazioni su quello che è il significato della vita. Quello che resta di
questo libro è proprio come il profumo di un caffè. San Paolo parla del buon
odore di Cristo ed è il buon odore di Cristo quello di cui l’uomo ha bisogno
oggi, non di pacchetti di ideologie o di dogmi. Non sono questi che rispondono
alla vita.
D. – Qual è la parte del libro a
cui lei è affezionato maggiormente?
R. – Io sono particolarmente
affezionato ad una conversazione realizzata nei primi anni ’80 quando lui
incontrò un gruppo di ragazzi non credenti i quali avevano domandato di poter
sentire quale fosse la sua proposta, e allora io presi appunti. Mi colpisce
perché lui parla ai ragazzi dicendo che la loro giovinezza è eterna, cioè che
non si perderà questa giovinezza se potranno imbattersi in un ideale, un ideale
che non è sopra le nuvole ma è dentro un’esperienza viva di amicizia.
Per don Giussani la Chiesa rappresentava il modo in cui Cristo lo aveva
preso per mano e accolto. E proprio la sua profonda fede ha trasformato la sua
vita all’insegna di un dono rivolto verso gli altri. Don Julian Carron
successore di don Giussani.
R. - E’ un libro che ha al
centro la persona, l’’io’. E’ la risposta che Cristo dà a questo ‘io’. Quando
s’incontra un uomo come don Giussani, che testimonia, in un modo così vibrante
come lui ha fatto sempre, la risposta di Cristo, allora l’uomo che lo ha incontrato
può trovare una strada per camminare nella vita.
D. – Qual è l’eredità spirituale
che gli ha lasciato?
R. – L’eredità che mi ha
lasciato è un popolo stupendo che credo lui curerà anche dal cielo.
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IL SACRAMENTO DELLA CONFERMAZIONE: UN NUOVO
SUSSIDIO CATECHISTICO
DELLE EDIZIONI STUDIO DOMENICANO DI BOLOGNA
CON LA PREFAZIONE DEL CARDINALE JOSE’ SARAIVA
MARTINS
- Intervista con padre Roberto Coggi e la dott.sa
Antonia Acutis Salzano-
E’
nelle librerie un nuovo pregevole sussidio catechistico messo a punto dai domenicani
di Bologna: reca il titolo ‘Il Sacramento della Confermazione’ e si aggiunge al
‘Piccolo catechismo eucaristico’, ormai tradotto in varie lingue e diffuso in
diversi Paesi, e a quello sul Sacramento della Penitenza, entrambi editi dalle
Edizioni Studio Domenicano di Bologna. Giovanni Peduto ha intervistato padre
Roberto Coggi, che ne è il responsabile:
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D. –
Qual è la particolarità di questo libretto sulla Cresima?
R. –
Direi che è l’essenzialità, cioè l’intento di dare alcune nozioni semplici e
chiare, illustrate anche da figure, che si possano imprimere nella mente e nel
cuore dei cresimandi e accompagnarli per tutta la vita. Anche la struttura a
domande e risposte facilita il raggiungimento di questo scopo.
D. –
Oggi chi si cresima è preparato, è cosciente del Sacramento che riceve?
R. –
Molto dipende dall’impegno del catechista. La mia impressione, tuttavia, è che
non ci sia una piena coscienza dell’importanza del Sacramento della Cresima,
come nemmeno delle principali verità cristiane. Per questo nel libretto è stato
inserito un commento al Credo.
D. –
Come spiegherebbe lei, in poche parole, ad un cresimando la Cresima?
R. -
La Cresima è il Sacramento che ci rende cristiani adulti, capaci di entrare in
rapporto con gli altri e di testimoniare, a fronte alta, la nostra fede. Per
questo il segno esterno della Cresima è un segno di Croce impresso sulla
fronte. Non dobbiamo vergognarci della Croce di Gesù.
D. –
Lo Spirito Santo spesso è un illustre sconosciuto anche per tanti cristiani:
come riscoprire la Terza Persona della Santissima Trinità?
R. –
In questi ultimi anni, dopo il Concilio, si sono fatti dei notevoli passi
avanti nella conoscenza dello Spirito Santo. Però c’è ancora molto da scoprire,
soprattutto il fatto che lo Spirito Santo è Colui che spinge alla missione, e
nella Chiesa dobbiamo sentirci tutti missionari. Per questo mi sembra che il
Sacramento della Cresima, che è il Sacramento della missione, sia oggi della
massima attualità.
I
tre catechismi, sull’Eucaristia, sulla Penitenza e sulla Cresima, sono sponsorizzati
dall’Istituto San Clemente I Papa e Martire, che ne cura anche le traduzioni e
la diffusione. Alla presidente, la dott.sa Antonia Acutis Salzano, chiediamo:
D. –
Alla fine del libretto sono raccolte le biografie di Santi e testimoni della
fede: è proprio ciò che è chiamato ad essere chi riceve la Cresima?
R. –
Certamente. In un suo discorso il Papa ha sottolineato che “è oggi più che mai
necessaria una proclamazione del Vangelo che accantoni qualsiasi paura paralizzante”
(Discorso ai Legionari di Cristo e ai Membri del Movimento ‘Regnum Christi’,
30 novembre 2004). Abbiamo scelto alcuni esempi particolarmente significativi
di Santi e di Martiri la cui testimonianza ci ricorda l’invito di Gesù ad
essere ‘perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste’ (Mt 5,48). Lo
stesso San Paolo ci dice, nella Prima Lettera ai Tessalonicesi, di “rendere
saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità davanti a Dio” (1 Ts
3,13). Seguiamo, dunque, l’invito del Signore contenuto nel Libro del Levitico:
“Santificatevi e siate santi, perché Io sono Santo” (Lv 11,44).
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9
marzo 2005
IL NEO ELETTO PRESIDENTE DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE SPAGNOLA,
IL VESCOVO DI BILBAO RICARDO BLAZQUEZ, HA MESSO LA
PACE PER IL PAESE BASCO
E IL DIALOGO CON IL GOVERNO ZAPATERO TRA LE
PRIORITA’ DEL SUO MANDATO
MADRID. = “Pace nel Paese Basco”
e dialogo con il governo del premier socialista, José Luis Rodriguez Zapatero.
Sono due tra gli impegni di punta assunti dal nuovo presidente della Conferenza
episcopale spagnola, il vescovo di Bilbao Ricardo Blazquez, subentrato al
cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela. Mons. Blazquez,
che ha ottenuto la maggioranza assoluta sufficiente al quarto scrutinio di
votazione, ha ricordato ieri pomeriggio, durante la sua prima conferenza stampa,
di aver “sempre” collaborato, nel corso del suo ministero episcopale, “per
raggiungere la pace nella società basca”, nella quale, ha aggiunto, “è
necessario porre fine alla violenza”. Le dichiarazioni del neo presidente dei
vescovi spagnoli hanno suscitato i commenti positivi in Euskadi: la portavoce
del governo regionale, Miren Azkarate, ha detto di essere fiduciosa che
l’elezione di mons. Blazquez “avvicini la Chiesa ai problemi del Paese Basco e
ai tentativi di uscire dal tunnel in cui ci troviamo”. Per quanto riguarda i
rapporti ecclesiali con il governo Zapatero - resi difficili dalle riforme
promosse dall’esecutivo socialista in materia di insegnamento della religione e
di introduzione del matrimonio omosessuale – mons. Blazquez ha ribadito la
volontà recentemente espressa in un incontro alla Moncloa di “stabilire vie di
collaborazione in un ambiente di grande cordialità”. Il premier, che ha detto
di apprezzare i cambiamenti, ha riferito ai giornalisti di aver chiamato il
nuovo capo dei presuli spagnoli per complimentarsi. Lo stesso Blazquez ha
parlato anche della sua amicizia con il presidente uscente, di cui fu vescovo
ausiliare a Santiago di Compostela, e della “comunione cordiale, profonda e
affettiva” che intrattiene con Giovanni Paolo II. Mons. Blazquez fu autore nel
2002, insieme ai vescovi delle città basche di San Sebastian e Vitoria, della
lettera pastorale “Preparare la pace” in cui, mentre si condannava senza
riserve la violenza terroristica, si invocava in modo deciso il dialogo fra
tutte le forze politiche, incluse quelle nazionaliste e indipendentiste, sulla
strada di una vera pace. (A.D.C.)
SALE A OLTRE UN MILIONE IL NUMERO DEI CATTOLICI IN
GIAPPONE.
L’AUMENTO DOVUTO ALLA MASSICCIA E CRESCENTE
PRESENZA DI STRANIERI
- A cura di Lisa Zengarini -
TOKYO. = In Giappone, il numero
dei cattolici ha superato, per la prima volta nella sua storia, la soglia del
milione di fedeli. E’ quanto risulta dall’ultimo Rapporto “La Chiesa cattolica in Giappone, una Chiesa
in cui convivono giapponesi e stranieri”, pubblicato il mese
scorso dalla Commissione episcopale per i migranti, i rifugiati e gli
itineranti. Il dato più rilevante dello studio, il terzo di una serie, riguarda
proprio la sensibile crescita degli stranieri nella Chiesa del Sol Levante: del
milione e 15 mila fedeli censiti ai primi del 2004, oltre 560 mila risultavano
immigrati, contro i 450 mila di nazionalità giapponese. Ed è proprio a questa
accresciuta presenza straniera che si deve l’aumento della popolazione
cattolica nel Paese, registrato in questi ultimi anni. I dati desunti dalle parrocchie
giapponesi indicano che, nel quadriennio 1999-2003, il numero dei cattolici
giapponesi è rimasto sostanzialmente immutato, mentre quelli stranieri
risultano essere aumentati di più di 100 mila unità. Una cifra approssimata
probabilmente per difetto, basata sui dati forniti dal Ministero della
giustizia sull’immigrazione. La maggiore presenza di stranieri sta cambiando il
volto di molte diocesi in Giappone, come ha confermato all’agenzia Ucan don
Tsuchiya Kazuhiko, parroco nella diocesi di Saitama, nella quale ben l’81 per
cento dei parrocchiani è attualmente costituito da stranieri. Le comunità
cattoliche straniere più numerose in Giappone sono, nell’ordine, quella
brasiliana (235 mila fedeli) filippina (152 mila), coreana (circa 57 mila) e
peruviana (circa 47 mila). Le diocesi giapponesi con il più alto numero di
stranieri sono quelle di Yokohama e Kyoto.
PER PROTESTARE CONTRO LA DIMINUZIONE DEI FONDI
NECESSARI
AD ASSISTERE I BAMBINI POVERI, UN ANZIANO
MISSIONARIO ITALIANO IN BRASILE
HA INIZIATO UNO SCIOPERO DELLA FAME. NEI SUOI QUATTRO
ISTITUTI DI CARITA’,
DON LUIGI REBUFFINI SFAMA, ALLOGGIA E ISTRUISCE
OLTRE 4 MILA MINORI
SAN PAOLO. = Uno sciopero della
fame come tentativo estremo per poter continuare ad assistere i bambini poveri.
A inscenarlo è stato un missionario di origine bresciana in Brasile, il 75.enne
Luigi Rebuffini, contro la minaccia del taglio delle sovvenzioni con le quali
il sacerdote mantiene oltre quattromila bambini poveri in quattro istituti di
assistenza sociale a Fortaleza. “Ho già dato la vita per questi bambini, non mi
costa niente dare quel poco che mi resta”, ha dichiarato all'Ansa don Luiz,
come viene chiamato il sacerdote tra la sua gente, in mezzo alla quale vive e
opera dal 1957. I bambini ai quali don Rebuffini fornisce vitto, alloggio, educazione
e formazione professionale sono attualmente 4.200, provenienti dai sobborghi di
Fortaleza e dall'interno dello stato del Cearà, uno degli Stati più poveri del
Brasile. Concerti e manifestazioni di protesta da parte degli abitanti locali
hanno avuto ieri per teatro gli spazi antistanti la sede della Segreteria
dell'Azione sociale del governo del Cearà, da cui dipendono direttamente i
contributi. Secondo don Luigi, i vari istituti da lui fondati e diretti
ricevevano fino all'anno scorso dallo Stato del Cearà 80 mila Reais al mese,
circa 25 mila euro, ma nel 2005 sarebbero passati a riceverne appena un quarto,
a causa di un rimaneggiamento nel bilancio degli aiuti sociali del governo
locale. Inoltre, secondo don Luigi si erano ultimamente ridotti anche gli aiuti
dall'Italia, provenienti dall'Operazione Lieta di Brescia. Di qui, l’iniziativa
dello sciopero della fame. “E’ dal marzo del 2004 che i soldi arrivano in
ritardo, e ne arrivano sempre meno - ha affermato il sacerdote - Sono mesi che
mi promettono di trovare soluzioni, ma finora non e' successo nulla”. I quattro
istituti di assistenza sociale diretti da don Luigi (tre a Fortaleza stessa e
uno nella cittadina di Limoeiro do Norte) ai quali si aggiungono vari progetti
sociali in corso, formano bambini e adolescenti di entrambi sessi, tra i 7 e i
18 anni, con corsi professionali in meccanica, falegnameria, informatica,
pedagogia, dattilografia, floricoltura e musica. (A.D.C.)
FAMIGLIE
UNITE IN INDIA, NONOSTANTE LE MINACCE PROVENIENTI DAI MASS MEDIA
E DAL
CONSUMISMO: E’ QUANTO EMERGE NEL CORSO DELLA 17.MA ASSEMBLEA
SU
“FAMIGLIA: BUONA NOTIZIA PER L’INDIA”, CHE SI CONCLUDE OGGI
MUMBAI.
= Si chiude oggi nella località indiana di Ranchi la 17.ma assemblea sul tema:
“Famiglia: buona notizia per l’India”. Mons. Agnelo Gracias, presidente della
Commissione Famiglia della Conferenza episcopale indiana e vescovo ausiliare di
Mumbai, si è definito “pieno di gioia e speranza nel vedere che nonostante le
pressioni esterne che mirano a disgregarla, la famiglia in India rimane stabile”,
sottolineando che in India il matrimonio e i legami famigliari sono considerati
sacri, “c’è un grande rispetto per i genitori, gli anziani e un grande spirito
di ospitalità”. Mons. Gracias ha ricordato inoltre che “il nostro Dio non è un
essere solitario che vive isolato, ma una trinità di persone, una comunione di
vita e amore, come la famiglia secondo il sacramento cristiano”. Secondo il
vescovo però, a minare le solide basi su cui il valore della famiglia si erge
c’è la cosiddetta “cultura della morte”, quella cioè diffusa dai mass media,
che attraverso la sua immoralità condiziona le famiglie. “Valori negativi e
stili di vita licenziosi – ha osservato - continuano ad inondare le nostre case
e ad essere assorbite da menti inconsapevoli ed influenzabili”. Per questo la
proposta dei vescovi è volta ad aumentare i corsi prematrimoniali e
all’istituzione di una Commissione Famiglia in ogni diocesi, che sia “punto di
riferimento e di sostegno alle coppie sposate”. Infine, mons. Agnelo Gracias ha
rivolto un invito ai fedeli: “possa la Sacra Famiglia rendere le nostre case
santuari di pace, amore e gioia come la casa di Nazareth”. (M.V.S.)
UNA
VITA DEDICATA ALLA TUTELA DELL’AMBIENTE: A SUOR VERONICA THIGAH,
RELIGIOSA
IN KENYA, ASSEGNATO A NAIROBI L’ENVIRONMENT
AWARD
KENYA.
= Grazie al suo costante impegno nei confronti dell’ambiente, suor Veronica Thigah
ha ricevuto ieri, a Nairobi, il premio “Environment Award”, arrivando seconda
fra tre nominate. Il premio, consegnato in occasione della Giornata
internazionale della donna, è un importante riconoscimento per il lavoro svolto
e per l’immensa cura rivolta all’ambiente in varie aree del Kenya centrale.
Suor Veronica, 48 anni e laureata in agraria, opera attivamente nella
parrocchia di Kiriko, nell’arcidiocesi di Nairobi, dove ha già attuato numerose
iniziative per la tutela del territorio. Secondo quanto afferma la CISA
(Catholic Information Service Africa), un importante progetto che suor Veronica
ha realizzato all’interno della comunità è stata la fabbricazione di pezzi di
carbonella usati dalla popolazione come combustibile a costi contenuti. Tra le
altre invenzioni della religiosa, ci sono dei particolari tipi di fornelli che
permettono la cottura dei cibi utilizzando delle piccole quantità di combustibile,
oppure contenitori per concime e terra ricavati da vecchie scatole di latta e
pneumatici in disuso. (M.V.S.)
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9 marzo 2005
- A cura di Barbara Castelli -
Il presidente degli Stati Uniti Bush ha assicurato oggi al capo dello
Stato italiano, Carlo Azeglio Ciampi, che ci sarà “una rapida ed esauriente
indagine congiunta” per far luce sull’uccisione di Nicola Calipari, il
funzionario dei servizi di sicurezza morto lo scorso 4 marzo, subito dopo la
liberazione della giornalista Giuliana Sgrena. Nella lettera, il capo della
Casa Bianca esprime, inoltre, dolore e solidarietà per questo tragico
incidente. La commissione
d’inchiesta congiunta italo-americana, annunciata ieri dagli Stati Uniti, in
3-4 settimane, dovrà far luce sulla sparatoria di venerdì scorso sulla strada
verso l’aeroporto di Baghdad. Cresce l’attesa,
intanto, per l’intervento oggi al Senato del premier, Silvio Berlusconi. Ieri
era stata la volta del ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, che ha riferito
alla Camera sulla drammatica vicenda. Il servizio di Barbara Castelli:
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“Insieme agli italiani, andremo
a fondo di questa vicenda, accerteremo la verità e conosceremo tutti i fatti”.
Così ieri l’ambasciatore Richard Boucher, portavoce del Dipartimento di Stato
americano, intervenendo sulla morte del funzionario dei servizi di sicurezza
Nicola Calipari, tragico epilogo nella liberazione della giornalista italiana
Giuliana Sgrena. Boucher ha così provato a rimettere le cose sui binari della chiarezza
e della collaborazione, mentre oggi il presidente americano, George W. Bush, ha
inviato una lettera al presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio
Ciampi, in cui auspica “una rapida ed esauriente indagine congiunta” per la
luce sulla tragedia. L’apertura alla collaborazione con l’Italia, tuttavia, non
distoglie il Dipartimento di Stato dalla difesa dei militari americani. “Non
c’è alcun briciolo di verità nella versione” secondo cui i soldati statunitensi
avrebbero sparato deliberatamente sull’auto italiana: ha aggiunto Boucher. E’
un’ipotesi “assurda” gli ha fatto eco un portavoce della CIA. E mentre sono
apparse le prime immagini della macchina su cui viaggiavano Nicola Calipari e
Giuliana Sgrena, colpita ma non crivellata, ieri sera anche la giornalista del
quotidiano “Il manifesto” è tornata a parlare dell’assurda vicenda dello scorso
4 marzo. “Non ho mai detto che mi volessero uccidere – ha dichiarato in
un’intervista – ma che la meccanica di quanto accaduto è quella di un agguato”.
Nuove immagini della giornalista sequestrata, che si costituirà parte lesa nel
processo legale in corso, sono poi apparse in un video dei terroristi iracheni.
Nel documento il gruppo dichiara di non aver ricevuto alcun riscatto e di
essere venuto e conoscenza che la CIA voleva morta la donna. In Iraq, intanto,
puntuale la violenza è tornata a chiedere il suo tributo. I corpi di 26 persone
uccise a colpi d’arma da fuoco sono stati trovati nella città di Qaim, vicino
alla frontiera con la Siria. Un ufficiale di polizia è stato ucciso e altre tre
persone, sono rimaste ferite questa mattina per l’esplosione di una bomba a
Bassora, mentre la capitale è stata scossa dall’ennesimo attentato kamikaze. Un
uomo si è fatto saltare in aria nei pressi di un hotel, utilizzato dalla
polizia irachena e dai suoi istruttori stranieri. Ancora incerto il numero
della vittime. Attentato suicida anche a Hanabiyah, nei pressi di una base
americana. Un bambino di dieci anni, figlio di un alto funzionario del comune,
è stato rapito ieri a Nassiriya; mentre i sequestratori di un filippino hanno
rivolto un ultimatum a Manila, in cui minacciano di ucciderlo se le Filippine
non cessano ogni cooperazione militare con gli Stati Uniti. Finiti nelle mani
dei terroristi anche due sudanesi, accusati di aver collaborato con l’esercito
americano. E’ stato, infine, rivendicato dal gruppo che fa capo a Abu Mussab al
Zarqawi, l’uomo di Al Qaida in Iraq, l’uccisione di un alto ufficiale della
polizia irachena, assassinato ieri mattina a Baghdad insieme con il figlio.
Lievita così costantemente il bilancio delle vittime in Iraq: le perdite
americane hanno ormai oltrepassato le 1500 unità, mentre le perdite irachene
variano da migliaia a decine di migliaia.
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L’assicurazione che le truppe
siriane saranno ritirate dal Libano ben prima di maggio, è stata fornita ieri
dall’ambasciatore siriano alle Nazioni Unite, Imad Moustapha. Hezbollah,
intanto, ieri ha tracciato la linea di divisione tra filo-siriani e
“indipendentisti” a Beirut, dove ha portato in piazza centinaia di migliaia di
persone per manifestare fedeltà a Damasco, proprio nel giorno in cui è
formalmente iniziato il ridispiegamento dei quattordicimila soldati siriani in
Libano. La manifestazione ha avuto luogo in una piazza vicina a quella in cui
altri dimostranti hanno, invece, puntato il dito contro la Siria, intimandole
di rispettare la sovranità del Libano.
Israeliani e palestinesi
nuovamente sulla strada della cooperazione, dopo la battuta d’arresto provocata
dall’attentato kamikaze di Tel Aviv del 25 febbraio scorso. Il presidente
palestinese Abu Mazen e il ministro della difesa israeliano, Shaul Mofaz, che
domani incontrerà il presidente egiziano, Hosni Mubarak, hanno indicato che nei
prossimi giorni saranno riconsegnate al controllo dell’Autorità nazionale
palestinese le città cisgiordane di Gerico e di Tulkarem. A Gerico, tuttavia,
stamani si è chiuso senza un accordo l’incontro tra responsabili della
sicurezza israeliani e palestinesi, proprio per il trasferimento del controllo
della città. A smorzare le speranze di pace poi gli integralisti di Hamas.
Accusando Israele di non aver mai sospeso “le aggressioni” contro i
palestinesi, in comunicato Hamas invoca la sospensione della cooperazione di
sicurezza con lo Stato ebraico.
Gli Stati Uniti hanno invitato ieri la comunità internazionale a prendere
in considerazione possibili azioni contro l’Iran, qualora il governo di Teheran
non dia garanzie sulla cessazione delle attività nucleari. L’amministrazione
Bush chiede a Teheran di rinunciare definitivamente all’arricchimento
dell’uranio, un’attività che potrebbe avere una finalità sia civile sia
militare. Sono ripresi, intanto, ieri a Ginevra, in Svizzera, i negoziati tra
Iran e Unione Europea.
E’ inaugurato oggi a Sarajevo il
primo Tribunale per Crimini di Guerra della Bosnia. Dovrà giudicare i crimini
commessi durante la guerra nell’ex Jugoslavia. Intanto, dopo le dimissioni
presentate ieri, il primo ministro kosovaro, Ramus Haradinaj, accusato di crimini
di guerra dal Tribunale penale internazionale dell’Aja, è partito stamani da
Pristina, alla volta della città olandese. Avrebbe responsabilità nelle
violenze degli anni ‘90 per il suo ruolo di comandante nell’Uck, l’Esercito di
liberazione del Kosovo.
La piena cooperazione della Croazia con il Tribunale internazionale
dell’Aja (TPI) “è condizione essenziale” per l’apertura dei negoziati di
adesione. Lo ha ribadito oggi una portavoce della Commissione dell’Unione
Europea, alla vigilia della riunione del Comitato degli ambasciatori permanenti
presso l’UE (COREPER), che deve discutere di quando aprire i negoziati di
adesione con la Croazia. Sull’andamento del confronto pesa la lettera del
procuratore-capo del Tribunale penale internazionale sull’ex Jugoslavia, Carla
Del Ponte, che ieri ha denunciato la mancata collaborazione delle autorità
croate, in particolare per quanto riguarda la cattura del generale Gotovina.
Secondo giorno oggi a Madrid del Vertice Internazionale sulla Democrazia.
Si tratta di una conferenza dedicata ai problemi della sicurezza e alla lotta
internazionale al terrorismo, indetta in coincidenza con il primo anniversario
delle stragi dell’11 marzo 2004 nella capitale spagnola, costate la vita a 191
persone. Per giovedì è atteso l’intervento del segretario generale dell’Onu,
Kofi Annan.
La Cina ha diffuso ieri il testo
della legge contro la secessione, che parla esplicitamente dell’uso di mezzi
“non pacifici” per riconquistare la sovranità su Taiwan, separata di fatto
dalla Repubblica Popolare fin dalla sua nascita, nel 1949. Immediate le
critiche, soprattutto da parte della Casa Bianca. Il servizio di Bernardo
Cervellera:
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La
legge dà potere al Consiglio di Stato e alla Commissione militare centrale di
lanciare azioni di forza contro l’isola ribelle, anche senza avvertire il Parlamento
cinese. La legge mira a colpire i movimenti indipendentisti che crescono sempre
di più a Taiwan, e verso cui simpatizza anche il presidente. A Taiwan si sta
per votare, infatti, una nuova Costituzione e Pechino teme che il nuovo testo
proclami l’indipendenza dell’isola. Intanto, la popolazione di Taiwan ha
programmato enormi manifestazioni per contrastare una legge che essi, dicono,
rischia di fomentare un’escalation militare sullo stretto, dopo i gesti di
distensione avvenuti durante il Capodanno cinese, quando si sono aperti i voli
diretti fra Cina e Taiwan. Pur nella tensione che cresce, molti pensano che il
gesto della Cina sia solo retorica nazionalista voluta dalla fazione dei
militari. Taiwan rimane, infatti, il più grande investitore straniero in Cina
ed un’azione armata contro Taipei avrebbe risultati disastrosi, anche per
l’economia cinese.
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Il parlamento della Bolivia,
riunito in seduta straordinaria, ha respinto ieri le dimissioni del presidente
della Repubblica, Carlos Mesa. Il mandato del capo dello Stato scade nel 2007.
L’assise ha approvato due mozioni. Il servizio di Maurizio Salvi:
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Con la
prima, deputati e senatori, hanno respinto a maggioranza assoluta le dimissioni
del presidente Mesa, mentre con la seconda hanno ratificato il cosiddetto
“accordo davanti alla nazione”. In esso le principali forze politiche boliviane
si impegnano ad accompagnare sul piano legislativo il capo dello Stato
nell’approvazione di una nuova legge sugli idrocarburi, nella realizzazione di
un’Assemblea costituente e in un referendum popolare sulle autonomie locali.
Contro questa intesa si è schierato il Movimento al socialismo di Evo Morales,
principale forza di opposizione che controlla gran parte delle manifestazioni e
dei blocchi stradali che si svolgono nel Paese. Quanto la situazione potrà
contribuire a rafforzare il ruolo di Mesa, non è ancora chiaro. Ed è per questo
che mons. Edmundo Luis Flavio Abastoflor Montero, arcivescovo di La Paz, ha
rivolto un appello alle parti a mettere mano e risolvere i problemi più urgenti
del Paese. Da parte sua il segretario della Conferenza episcopale, mons. Jesús Juárez Párraga, ha chiesto allo Stato e alla
società civile di trasformare la Bolivia in un Paese in cui la gente viva in
pace, in cui si cerchino le soluzioni più opportune ai problemi.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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Il presidente del Paraguay,
Nicanor Duarte Frutos, ha annunciato un forte impegno contro la guerriglia
delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), che si sarebbero
infiltrate nel suo Paese al punto da essere implicate nel sequestro e
nell’uccisione di Cecilia Cubas, figlia dell’ex presidente paraguaiano, Raul
Cubas. Le intenzioni di Duarte sono state rese note ieri, nel corso di una
conferenza stampa dopo l’incontro a Bogotà con il collega colombiano, Alvaro Uribe.
Tragedia oggi nelle Filippine.
Venticinque bambini sono morti verosimilmente a seguito di un’intossicazione in
una scuola elementare di San José, nella provincia di Bohol. Sul caso è stata
subito aperta un’inchiesta.
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