RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
64 - Testo della trasmissione sabato 5 marzo 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
Nei cinema italiani l’ultimo film di Emir
Kusturica “La vita è un miracolo”
Nel Vangelo di domani la guarigione del cieco nato: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Nel programma economico del governo indiano niente aiuti per i cristiani poveri delle campagne
Maxi-campagna contro l’immigrazione illegale in
Malesia
Cresce l’attesa per il
discorso al Parlamento del presidente siriano, Bashar al Assad. Possibile
l’annuncio di un parziale ritiro delle truppe di Damasco dal Libano.
La crescita economica
dell’8 per cento come obiettivo per il 2005 e i rapporti con Taiwan. Sono stati
i temi al centro del discorso del premier cinese, Wen Jiabao, davanti al Parlamento
5
marzo 2005
IN DUE TELEGRAMMI DEL
CARDINALE SODANO A NOME DEL PAPA,
IL COMPIACIMENTO PER LA LIBERAZIONE DELLA
GIORNALISTA GIULIANA SGRENA
E IL
DOLORE PER LA MORTE DEL FUNZIONARIO DEL SISMI,
NICOLA CALIPARI, UCCISO NELL’ULTIMA FASE DELLA
LIBERAZIONE.
TELEGRAMMI RIVOLTI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
ITALIANO
E AL SACERDOTE FRATELLO DEL “GENEROSO SERVITORE
DELLO STATO”
- Intervista con Stefano
Campanella -
Resi
noti in tarda mattinata i telegrammi del cardinale Sodano a nome del Papa che,
con il compiacimento per la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena,
esprime il dolore per la morte del funzionario Nicola Calipari. Il servizio di
Fausta Speranza:
**********
Nel telegramma rivolto al
presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e dedicato alla felice liberazione
di Giuliana Sgrena c’è, insieme con il compiacimento per il lavoro svolto da
tutto il governo per il suo ritorno a casa, il dolore per la scomparsa del
funzionario colpito a morte durante l’ultima fase della liberazione. Il Papa
manifesta per questo la sua “spirituale vicinanza a chi rappresenta la
compagine governativa”, ricordando “un fedele
e eroico servitore dello Stato che nel compimento della delicata
missione affidatagli non ha esitato a
sacrificare la propria vita”. E assicura la preghiera per i feriti.
Ma c’è poi il telegramma
indirizzato al reverendo don Maurizio Calipari, officiale della Pontificia Accademia
per la vita, fratello del funzionario dei servizi segreti ucciso. Il Papa esprime il suo dolore
assicurando la sua “spirituale vicinanza a lui, a tutta la famiglia, in
particolare alla mamma e alla moglie” di quello che torna a definire “un generoso
servitore dello Stato”. “Nell’ammirare l’eroico gesto suscitato dal senso del
dovere e da sentimenti di cristiana
virtù, – si legge nel telegramma - Sua Santità eleva fervide preghiere per
l’anima del defunto e, mentre affida quanti ne piangono la prematura scomparsa
alla materna intercessione della
Vergine Maria, di cuore imparte la speciale confortatrice benedizione apostolica”.
Intanto, c’è da dire che le
modalità dell’Angelus di domani saranno le stesse di domenica scorsa: quando a
leggere a San Pietro è stato mons. Sandri mentre il Papa si è affacciato dalla stanza
del Gemelli e ha salutato e impartito la benedizione con la mano. E, in questo
decimo giorno di degenza, il Papa seguirà dall'ospedale la veglia degli
universitari europei, organizzata nel pomeriggio in Vaticano. Un suo messaggio
ai partecipanti sarà letto nell'aula Paolo VI, durante la veglia che sarà presieduta dal cardinale Camillo Ruini. E
proprio il vicario del Papa per la diocesi di Roma, parlando brevemente ai
giornalisti riuniti nella sala stampa allestita al Gemelli, ha detto che il
Papa sta bene ed è sereno.
Resta da dire che è sempre forte
la vicinanza espressa al Papa da ogni parte del mondo: non si interrompe il
flusso di messaggi via e-mail. Anche i numeri ci aiutano a capire l’affetto che
li accompagna: solo in inglese ne sono stati registrati sul sito vaticano già
circa diecimila; in spagnolo oltre
6000; seguono poi quelli in altre lingue. Per quanto riguarda il contenuto, si nota che comune denominatore sono non solo gli
auguri, ma anche un ricordo personale e episodi di vita in diverso modo segnati
da parole del Papa e dalla sua testimonianza di fede.
**********
Ad accompagnare spiritualmente il Papa nella sua
esperienza di sofferenza fisica vissuta in questi giorni al Gemelli, la
preghiera di tutta la Chiesa. In modo particolare gli ammalati, sempre al primo
posto nelle attenzioni di Giovanni Paolo II, si sentono più vicini al Papa.
Così, a San Giovanni Rotondo, dove nel Santuario “Santa Maria delle Grazie”, è
organizzata per stasera una veglia. Sentiamo al microfono di Adriana Masotti,
Stefano Campanella, portavoce dei frati minori cappuccini di San Giovanni
Rotondo.
**********
R. -
Sarà una veglia eucaristica che durerà tutta la notte ed è stata organizzata
d’intesa con l’UNITALSI. Nel Santuario Santa Maria delle Grazie verranno
portati degli ammalati che pregheranno dinanzi all’Eucaristia eucaristico e
offriranno, oltre alle loro preghiere, anche la loro sofferenza affinché il
successore di Pietro torni presto al timone della Sua Chiesa.
D. – Immagino che anche i
malati, nella Casa della Sofferenza, faranno altrettanto in questi giorni ….
R. – Certamente sì, anche perché
questa è la grande lezione che ha lasciato padre Pio, la lezione secondo cui la
sofferenza è il mezzo attraverso cui l’uomo si sente più unito a Cristo. E
dobbiamo dire anche che questo Pontefice è stato molto vicino a padre Pio che
lo ha preceduto sulla strada della sofferenza e lo ha preceduto anche sulla
strada dell’offerta di questa sofferenza al Signore per il bene dell’umanità.
**********
OGGI POMERIGGIO IN
VATICANO VEGLIA DEI GIOVANI UNIVERSITARI EUROPEI,
PRESIEDUTA DAL CARDINALE CAMILLO RUINI, CHE LEGGERA’ UN MESSAGGIO DEL PAPA. MOLTI STUDENTI
DEL CONTINENTE PARTECIPERANNO ALL’EVENTO
DA NUMEROSE CATTEDRALI D’EUROPA, COLLEGATE VIA SATELLITE CON ROMA.
NOSTRA RADIOCRONACA A PARTIRE DALLE ORE 17.30
- Con noi, mons. Lorenzo Leuzzi -
Da Berlino a Lisbona, da Londra
a Tirana, oggi pomeriggio 10 cattedrali e santuari europei saranno collegati
via satellite con l’Aula Paolo VI in Vaticano per la veglia mariana dei giovani
universitari europei, in unione spirituale con il Santo Padre, nella III Giornata
a loro dedicata. Nell’occasione, come abbiamo già detto, sarà letto un messaggio
di Giovanni Paolo II. Tema dell’incontro: “La ricerca intellettuale e
scientifica via per incontrare Cristo”. La veglia è presieduta dal presidente
della CEI, il cardinale Camillo Ruini,
ed è promossa dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa in
preparazione alla Giornata mondiale della Gioventù di Colonia del prossimo
agosto. La nostra emittente seguirà l’avvenimento in
radiocronaca diretta con commento in italiano sull’onda media di 585 kHz e in
modulazione di frequenza di 105 MHz, a partire dalle ore 17.30. Ma qual è il
senso di questa Giornata? Al microfono di Roberta Moretti, mons. Lorenzo
Leuzzi, responsabile della
pastorale universitaria per la diocesi di Roma:
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R. - La giornata vuol essere
occasione, per gli universitari europei, di riflettere sulla propria testimonianza e, soprattutto, per pensare
una nuova presenza della Chiesa nel mondo universitario. Il momento centrale
sarà la veglia mariana che sarà celebrata in Aula Paolo VI insieme agli studenti
universitari di Roma e d’Italia. In collegamento via satellite si uniranno alla
preghiera giovani universitari radunati in alcune capitali europee a Bucarest,
a Berlino, a Kiev, Lisbona, Londra, Madrid, Tirana e Zagabria, e poi due città
italiane, a Bari, dove ci sarà il prossimo Congresso eucaristico nazionale, e a
Genova, al Santuario di Nostra Signora della Guardia.
D. – Quindi tante comunità
nazionali in dialogo…
R. – Sarà un grande momento di
preghiera, intensamente vissuta come momento di comunione con il Papa e per il
Papa perché per lui reciteremo il Santo Rosario, momento di riscoperta della
devozione mariana nella vita universitaria.
D. - Durante la veglia, ad ogni
studente verrà consegnata l’Enciclica di Giovanni Paolo II, Fides et Ratio.
Ecco, cosa può dire questo documento agli universitari di oggi?
R. – Il Papa invita i giovani
universitari a ricostruire questo nuovo dialogo fra fede e ragione, per
testimoniare che anche oggi è possibile un’esperienza culturale dove la fede
diventa fondamento ed illuminazione della stessa ricerca scientifica.
D. – In questa giornata gli
universitari europei sono chiamati anche alla missione di rivitalizzare le
radici cristiane d’Europa … quali difficoltà incontrano in questo senso?
R. – Certamente la difficoltà
più grande, ma che col passare del tempo sarà superata, è quella della capacità
delle nostre comunità cristiane, penso alle parrocchie e alle diocesi, di
affrontare il tema dell’Università e, soprattutto, di dialogare con i giovani
universitari e con le istituzioni universitarie per rilanciare questa nuova
forma di missionarietà nel mondo dell’Università.
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NOMINE
Il Santo
Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi di Cotonou,
in Benin, presentata da mons. Nestor Assogha, per raggiunti limiti di età. Gli
succede, come arcivescovo metropolita, mons. Marcel Honorat Léon Agboton,
finora vescovo di Porto Novo.
In Messico il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Mazatlán presentata da mons. Rafael Barraza Sánchez per raggiunti limiti di
età. Gli succede mons. Mario
Espinosa Contreras, finora
vescovo di Tehuacán.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
“L’ardente attesa di quella mano benedicente”: la preghiera dell’Angelus sarà
guidata in Piazza San Pietro dall’arcivescovo Leonardo Sandri. Al termine il
Papa saluterà e benedirà i fedeli dalla finestra del “Gemelli”.
L’articolo di Marco Impagliazzo
dal titolo “La malattia non lo ferma”: la partecipazione dei poveri di Roma.
Sempre in prima, in evidenza
l’Iraq: Giuliana Sgrena salvata da un agente italiano ucciso dal fuoco dei
militari statunitensi.
Il telegramma del Papa che
manifesta compiacimento per la liberazione della giornalista italiana ed
esprime partecipazione al dolore per la tragica morte dell’agente Nicola
Calipari.
Il telegramma di cordoglio del
Santo Padre al fratello dell’agente ucciso, don Maurizio, Officiale
dell’Accademia per la Vita.
Nelle vaticane, un articolo di
Giuseppe Daminelli in occasione della Terza Giornata Europea degli
universitari. Il titolo dell’articolo è “La ricerca intellettuale via per
incontrare Cristo”.
Nelle estere, nucleare: l’Iran
minaccia di sospendere i negoziati con i Paesi europei.
Nella pagina culturale, un elzeviro
di Mario Gabriele Giordano dal titolo “La lontana voce del Foscolo”: a
proposito della nuova legge sulle sepolture.
Nelle pagine italiane,
in primo piano la tragica liberazione di Giuliana Sgrena con un articolo dal
titolo “Un lampo di gioia, poi una notte di dolore. E per l’Italia è un altro
giorno di lutto”: la gioia dei familiari della Sgrena, rientrata in Italia,
sopraffatta dalla morte del funzionario del Sismi. Il presidente della
Repubblica conferirà la medaglia d’oro al valore alla memoria di Nicola
Calipari.
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5
marzo 2005
TORNATA IN ITALIA GIULIANA SGRENA. LA GIOIA PER LA
LIBERAZIONE
DELLA GIORNALISTA, OFFUSCATA DALLA MORTE DI
NICOLA CALIPARI,
IL FUNZIONARIO
DEL SISMI, UCCISO DAL FUOCO AMERICANO IN CIRCOSTANZE ANCORA DA CHIARIRE. DA
CIAMPI MEDAGLIA AL VALORE PER CALIPARI LA CUI SALMA
FARA’ RITORNO IN PATRIA STASERA. IN IRAQ ANCORA
VIOLENZA: UCCISO
UN
OSTAGGIO BRASILIANO, 7 SOLDATI IRACHENI E 4 AMERICANI
- Ai nostri microfoni, mons Shlemon Warduni -
Giuliana Sgrena è tornata in
Italia: la fine di un incubo durato un mese, ma la gioia per la liberazione
della giornalista de “Il Manifesto” viene offuscata dalla morte di Nicola Calipari,
il funzionario del Sismi che aveva negoziato il rilascio della Sgrena, ucciso
per errore dal fuoco americano ad un check point sulla strada per l’aeroporto
di Baghdad. In studio, Alessandro Gisotti:
**********
Sono le 10,55
quando il Falcon dell’Aeronautica militare italiana, che riporta Giuliana Sgrena
a casa, atterra all’aeroporto di Ciampino. Un momento a lungo atteso: dalla
famiglia innanzitutto, ma certo da tutti gli italiani, che dal 4 febbraio
scorso – giorno del sequestro – avevano seguito con trepidazione l’evolversi
del rapimento della reporter italiana. Un momento atteso anche da Giovanni
Paolo II, che il 13 febbraio aveva chiesto la liberazione della Sgrena così
come di tutti i sequestrati in Iraq. Ma la gioia per il ritorno della giornalista
de “Il Manifesto” si alterna in queste ore con la profonda tristezza per la
morte del funzionario del Sismi, Nicola Calipari, che ha sacrificato la sua
vita per salvare quella di Giuliana Sgrena. “Il momento più
difficile - ha detto la Sgrena al compagno Pier Scolari - è stato quando mi
sono vista morire tra le braccia la persona che mi ha salvato”.
Il presidente della Repubblica, Ciampi, ha
annunciato che conferirà la medaglia d'oro al valore, alla memoria di Nicola
Calipari per il suo “atto eroico”. Tragica la dinamica, peraltro con ancora molti lati oscuri, della
morte dello 007 italiano, ucciso dal fuoco americano ad un check point di Baghdad,
mentre in auto portava la Sgrena all’aeroporto della capitale irachena. Nella
sparatoria è rimasta ferita anche la giornalista, operata ieri alla spalla in
un ospedale militare americano, e un altro agente dei servizi segreti italiani.
Secondo l’inviata de “Il Manifesto” i soldati statunitensi erano stati avvisati
dell’arrivo dell’autovettura, che, ha affermato, procedeva a bassa velocità.
Per il compagno della Sgrena, Pier Scolari, si sarebbe trattato di un agguato.
All’amarezza si
somma dunque un sentimento di incredulità. Dopo il premier Berlusconi, che
mercoledì riferirà in Senato sulla vicenda, oggi è stato Ciampi a chiedere
all’amministrazione americana un chiarimento su quanto accaduto a Baghdad.
George Bush ha manifestato il suo rammarico. Il Pentagono, dal canto suo, ha
aperto un’inchiesta. Ma torniamo al momento dell’arrivo di Giuliana Sgrena a
Ciampino. Visibilmente provata, sofferente per la ferita, ma felice di poter
riabbracciare i propri cari. Ecco la testimonianza del direttore del suo
giornale, Gabriele Polo:
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R. –
Giuliana ci ha detto “ciao”, ci ha salutato e ci ha anche detto “grazie”. Le ho
detto: “Non è il caso di ringraziare”. L’ho trovata provata fisicamente, perché
ferita. Dovrà essere operata alla clavicola per la scheggia che è entrata nella
spalla, anche se la scheggia è già stata tolta ieri sera. L’ho trovata bene,
compatibilmente con la sua condizione, dopo 30 giorni di prigionia e una sparatoria
che ha subito ieri sera. Però era felice.
**********
La Sgrena è stata quindi
ricoverata all’ospedale militare romano del Celio, dove subirà una seconda
operazione alla clavicola. Al Celio, poco fa, un momento particolarmente toccante:
Giuliana Sgrena ha ricevuto la visita della vedova di Calipari. La salma del
marito sarà trasferita in Italia con un C-130 dell’Aeronautica. Il feretro
dell’agente del Sismi atterrerà all’aeroporto di Ciampino intorno alle 22, dopo
una sosta a Kuwait City. Ad accoglierlo, assieme ai famigliari, ci sarà il Capo
dello Stato. I funerali si svolgeranno lunedì a Roma.
E la Chiesa
irachena ha accolto con particolare emozione la liberazione della giornalista
italiana e la notizia della morte del funzionario del Sismi. D’altro canto, la
violenza scuote anche oggi l’Iraq: stamani è stato ucciso un ostaggio
brasiliano rapito lo scorso 19 gennaio, mentre sette soldati
iracheni e quattro militari americani sono caduti nelle ultime ore. Sulla liberazione della Sgrena e la
morte di Nicola Calipari, ecco la testimonianza del vescovo ausiliare di
Baghdad, Shlemon Warduni, raccolta da Alessandro Gisotti:
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R. –
Certamente per noi è stato un dolore ciò che è successo, mescolato alla gioia
della liberazione. Anche questi fatti potrebbero essere conseguenza della
guerra e del terrorismo. Noi siamo contenti della liberazione, ma porgiamo le
nostre condoglianze ai parenti, al governo, a tutti gli italiani, per la scomparsa
di questo brav’uomo, esempio di onestà, che si trovava con Giuliana Sgrena, che
è stata più di un mese in mano ai terroristi.
D. – Adesso si spera che venga liberata la giornalista francese
Aubenas, ma sono tanti gli ostaggi iracheni di cui forse poco si parla…
R. – Io ne ho parlato, anche il
nostro Patriarca lo ha fatto, quando c’è stata occasione, degli ostaggi
iracheni che sono centinaia, migliaia. Vogliono per loro il pagamento di
riscatti, ma tante famiglie non hanno denaro e molti vengono purtroppo uccisi.
Queste sono le conseguenze delle guerre e di tutti questi atti terroristici.
Bisogna che tutti facciamo qualcosa perché questo terrorismo finisca.
D. – Quale può essere, dunque,
la svolta in questo momento, di fronte al terrorismo che continua a colpire
soprattutto la popolazione, non più tanto i soldati americani, quanto la
popolazione irachena innocente…
R. – Noi siamo contenti che le
elezioni siano andate bene, ma non tutti hanno votato. Quindi, abbiamo la
speranza che nel futuro, quando verranno fatte altre elezioni, tutti partecipino
e si arrivi ad un governo stabile per realizzare la pace e la sicurezza della
nostra nazione.
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LA CARITAS ITALIANA RICORDA L’ARCIVESCOVO ROMERO
A 25 ANNI DAL SUO ASSASSINIO
-
Intervista con Paolo Beccegato e mons. Gregorio Rosa Chavez -
“La
cooperazione fraterna tra le Chiese nella testimonianza della carità”. E’ il tema
dell’incontro svolto in questi giorni dalla Caritas italiana e rivolto agli operatori
delle Caritas diocesane. Il seminario è stato anche l’occasione per riflettere
sulla situazione dell’America Latina e dei Carabi per capire quali sono gli
aiuti concreti da dare a questi Paesi. E a 25 anni dal suo assassinio, è stato
ricordato l’arcivescovo di San Salvador Oscar Arnulfo Romero. Ascoltiamo il
servizio di Marina Tomarro.
**********
Testimoniare la carità
attraverso la cooperazione fraterna tra le chiese del nord e del sud del mondo.
Cooperare vuol dire mettersi in ascolto dell’altro, camminare insieme e non
sentirsi donatore e ricevente. Paolo Beccegato responsabile dell’area internazionale
della Caritas Italiana.
“Vuol
dire che sempre più guardiamo insieme gli stessi problemi. Ormai la globalizzazione,
anche delle povertà, vuol dire avere qui ed altrove problemi come la tratta,
l’immigrazione, la malattia mentale, il carcere, che sempre più ci danno la
possibilità di avere delle esperienze nei nostri territori da confrontare
altrove. Certamente, nell’essere Caritas, il nostro lavoro a contatto con le
popolazioni deve essere affiancato anche da un lavoro di educazione delle
nostre comunità perché siano sempre più solidali. E, ancor più, perché si vada
alla radice dei problemi, andare a risolvere i problemi dei poveri, o, comunque
tentare di trasformare le loro condizioni anche a partire dalla tutela dei loro
diritti e, quindi, anche in una capacità di individuare, in modo continuativo,
l’evoluzione delle povertà”.
Durante
il Convegno è stata ricordata la figura dell’arcivescovo di San Salvador Oscar
Arnulfo Romero, in occasione del 25.mo anniversario dal suo assassinio che
ricorre il prossimo 24 marzo. Ma qual è l’eredità spirituale che ha lasciato
mons. Romero? Lo abbiamo chiesto a mons. Gregorio Rosa Chavez, vescovo
ausiliare di San Salvador:
R. - Quando mons. Romero venne
nominato arcivescovo scrisse una Lettera pastorale intitolata “La Chiesa della
Pasqua” dove dice qual è la Chiesa che vuole costruire: una Chiesa segnata dalla
Croce, dalla Passione e che cammina verso la Resurrezione. Questa è l’eredità
che ha lasciato a noi, è questa Chiesa. Come fare oggi per andare avanti con
questo modello di Chiesa? Questa è una sfida per noi e per tutti, in America
Latina”.
D. – Grande era l’impegno di
mons. Romero per i poveri. Ecco, oggi qual è la situazione sociale dell’America
Latina?
R. - Ogni sabato, molti preti,
quando preparano la loro omelia, leggono l’omelia corrispondente di mons.
Romero ed il commento è sempre lo stesso, quanto sia attuale la sua visione
della realtà, e cioè che la realtà rimane molto brutta, molto dura per i poveri
e soprattutto adesso dove il modello economico è un modello escludente, che emargina
la gente, che aumenta la distanza tra i più ricchi e i più poveri.
D. – Nei suoi poveri qual è il
ricordo che è rimasto di mons. Romero?
R. – I poveri hanno compreso
quanto Romero li amasse. I poveri hanno sentito con amore le sue parole ogni
domenica sia alla Cattedrale, sia attraverso la Radio. Romero è un martire
della comunicazione sociale, è morto davanti al microfono, era l’uomo della
parola, un uomo che aveva il dono di dire le cose più difficili in una maniera
tanto semplice, tanto profonda e tanto commovente.
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NEI CINEMA ITALIANI IL NUOVO FILM DI EMIR KUSTURICA
“LA VITA E’ UN MIRACOLO”
- Servizio di Luca
Pellegrini -
Da ieri sugli schermi italiani il nuovo film di Emir
Kusturica “La vita è un miracolo”, una surreale storia d’amore “tristemente
ottimista” ambientata in Bosnia nel 1992, alla vigilia dello scoppio della
tragica guerra. Il servizio di Luca Pellegrini:
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A
modo suo, ai miracoli Emir Kusturica ci crede davvero. Soprattutto, il miracolo
dell’amore. E si pone alcune domande: si può essere tristi ed ottimisti insieme?
Si può sorridere sotto le bombe, amare tra gli spari? Il pluripremiato regista
bosniaco ancora una volta rende omaggio alla sua terra raccontandone vitalità e
ferocia, speranze e dolori. Titolo del film: “La vita è un miracolo”. Giusto
considerarla così, come un dono che ha sempre bisogno di essere motivato, pur
nei momenti più difficili di un popolo e di un Paese. Quando il senso della
vita s’annulla per la più tragica delle circostanze, la guerra, ecco rinascere
miracolosamente la speranza e la gioia, fatta anche di poche, semplici cose: un
bacio, un bicchiere di vino, una fisarmonica che suona spensierata, una partita
a scacchi. Questa volta, attorniato dalla natura bella e selvaggia, da strani
personaggi e dalla musica scritta dallo stesso Kusturica, il protagonista Luka,
ingegnere di Belgrado, si illude che il suo progetto ferroviario – quasi una
metafora – possa creare ponti di dialogo e comunione tra etnie opposte. Nel
1992, anno in cui la sua storia è ambientata, sappiamo bene che in Bosnia le
cose non sono andate così. Al principio tutti lavorano, festeggiano, scherzano,
bevono, s’innamorano, si lasciano, ma poi il momento arriva ed ai canti si sostituiscono
le granate. Lo stile di Kusturica, sin dai tempi di “Underground” e di “Gatto
nero, gatto bianco”, disorienta, appassiona, diverte. Il film è un caleidoscopio
di caratteri, umori, colori, canzoni, sogni e grottesche vicende che travolgono
e sconvolgono tutti, soldati, politici, sportivi, bambini, gente comune e, non
ultimi, gli animali, tra i quali un cane fedele, un gatto furbissimo, oche e
galline, pecore e orsi, ed un’asina innamorata, che si dimostrerà assai più
saggia e paziente della bellicosa e folle umanità che la circonda.
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Domani 6 marzo, 4a Domenica di Quaresima, la liturgia ci presenta il Vangelo
in cui Gesù guarisce un uomo cieco dalla nascita. Il Signore spalma sui suoi
occhi del fango, prodotto con la terra bagnata dalla sua saliva, e lo invita a
lavarsi nella piscina di Siloe. Il cieco guarisce. I farisei però, anche di
fronte all’evidenza, non vogliono credere al miracolo. Gesù allora dice:
«Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non
vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi».
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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L’uomo
è stato creato dalla terra e dal soffio del Signore, cioè da una Sua partecipazione
personale. Se l’uomo si rinchiude di fronte allo Spirito, rimane solo la terra
nella notte, informe. Cristo guarisce tale umanità con il fango fatto dalla Sua
saliva, quasi ripercorrendo la creazione dell’uomo stesso. Ma, essendo
quell’uomo cieco dalla nascita, Cristo non gl’impone la salvezza, lascia a lui
la decisione se andare a no alla piscina di Siloe a lavarsi. Siloe era la
piscina delle abluzioni dei proseliti e lì s’inserivano nel cammino di fede. Il
cieco, dando ascolto alla Parola del Signore, va a lavarsi e, dando la
precedenza allo Spirito, conclude il suo cammino prostrato davanti a Cristo suo
salvatore. Solo attraverso ciò che di personale Lui ci ha donato, il Suo
soffio, il Suo Spirito, con la nostra carne possiamo giungere all’adesione a
Lui in una conoscenza d’amore, altrimenti, come testimoniano gli scribi, si può
pensare di essere religiosi ma il cuore rimane di pietra.
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5
marzo 2005
DAL SANTUARIO DELLA MADONNA DI FATIMA E DA QUELLO
POLACCO A LEI DEDICATO,
LANCIATA, A PARTIRE DA OGGI, UNA NOVENA DI
PREGHIERA PER LA SALUTE
DI GIOVANNI PAOLO II, MEDIANTE LA RECITA DEL
ROSARIO
- A cura di padre Lech Rynkiewicz -
FATIMA. = Una preghiera per la
salute di Giovanni Paolo II. Tra le tante iniziative che fioriscono in questo
periodo di convalescenza di Giovanni Paolo II, va sottolineata quella voluta
dal vicepostulatore della causa di beatificazione dei veggenti di Fatima,
Giacinto e Francesco, P. Luis Condor SVD, e dal rettore del Santuario polacco
della Vergine di Fatima a Zakopane, P. Miroslaw Drozdek SAC, che hanno fissato
per oggi l’inizio della novena di preghiera per ottenere il “miracolo della
salute” per il Papa, attraverso l’intercessione dei beati Giacinta e Francesco.
A chi intende aderire alla novena, che si svolge nell’ambito dell’Apostolato
Internazionale di Fatima, è richiesto di offrire un rosario per le intenzioni
di Giovanni Paolo II lungo l’arco di nove giorni da oggi. Il 22 ottobre 1978, durante
la Messa d’inaugurazione del suo pontificato, Giovanni Paolo II si è rivolto a
tutta la Chiesa universale con la preghiera: “Ricordatemi oggi e sempre nella
vostra preghiera”. Oggi sappiamo che a questo invito risposero milioni di credenti,
specialmente nei momenti difficili per il Santo Padre, come quelli che
seguirono all’attentato del 13 maggio 1981. In quei giorni, la preghiera per il
miracolo della salute per il Papa riunì uomini di buona volontà di tutto il
mondo. Il cardinale Ratzinger, commentando la terza parte del segreto di Fatima
alla luce dell’attentato, disse che la “mano materna della Vergine”, di cui
parlava il Papa e che “deviò la traiettoria della micidiale pallottola”, è
ancora un’ulteriore prova che non esiste il destino irrevocabile e che la fede
e la preghiera costituiscono un’enorme forza in grado di influire sullo
svolgimento della storia.
PUBBLICATA DALL’AGENZIA ASIANEWS E DA ALTRE
ORGANIZZAZIONI CRISTIANE
UNA LISTA DEI VESCOVI E DEI SACERDOTI ARRESTATI O
SCOMPARSI IN CINA.
UN GESTO – AFFERMANO - PER ESIGERE DALLE AUTORITA’
DI PECHINO
LA LIBERTA’ RELIGIOSA
- A cura di Alessandro De Carolis -
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ROMA. = AsiaNews, insieme all’Holy
Spirit Study Centre di Hong Kong e a diverse comunità e siti cristiani in
Europa, ha deciso di pubblicare una lista di vescovi e sacerdoti cinesi
impediti a svolgere il loro ministero perché arrestati e scomparsi, o rinchiusi
in campi di lavoro e di rieducazione. Fra di essi - scrive l’agenzia
missionaria - figurano “6 vescovi, di età fra i 50 e gli 83 anni, arrestati e
poi scomparsi nelle mani della polizia”. Quelli sequestrati da più tempo
sono i due vescovi di Baoding (Hebei): mons. Giacomo Su Zhimin, l’ordinario, e
mons. Francesco An Shuxin l’ausiliare, arrestati nel ’96 e nel ’97. Su di loro
- prosegue AsiaNews - “sebbene sollecitato da tante personalità internazionali,
il governo ha sempre taciuto, facendoci temere l’irreparabile”. Vi sono poi
altri 13 vescovi, per la maggior parte ottantenni, agli arresti domiciliari,
che non possono esercitare il loro ministero in pubblico, né ricevere visite
dai fedeli o dai loro sacerdoti. “Nessuno di loro si è mai macchiato di alcun
crimine, – afferma l’agenzia d’informazione cattolica - non sono terroristi, né
guerriglieri, né estremisti. Molti di essi, come il vescovo Jia Zhiguo, sono famosi
per la loro carità e generosità, provvedendo a proprie spese a centinaia di
bambini abbandonati”. Un’ulteriore lista comprende di 18 sacerdoti, alcuni
arrestati e scomparsi; altri condannati a 3 o più anni di lager. “I motivi
delle condanne – denuncia AsiaNews – sono: l’evangelizzazione, l’aver
partecipato a una messa di ordinazione, aver dato l’estrema unzione a un
moribondo, aver predicato un ritiro spirituale”. “Abbiamo deciso di pubblicare
queste liste perché ci avviciniamo alla Pasqua, che è la celebrazione della vittoria
di Gesù Cristo sulla morte”, - si legge nel testo diffuso da AsiaNews -
facciamo ciò “non per sfida contro il governo, ma per esigere la libertà
religiosa”. (A.D.C.)
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GUERRA FREDDA E AFFERMAZIONE DEI SISTEMI DEMOCRATICI
IN EUROPA ORIENTALE:
I TEMI DOMINANTI ALLA SECONDA GIORNATA DEL WORLD POLITICAL FORUM DI TORINO. MOLTI
GLI INTERVENTI DI RELATORI ILLUSTRI, TRA CUI LECH WALENSA,
ROLAND DUMAS, ROCCO BOTTIGLIONE E JON ILIESCU
- Servizio di Stefano Leszczynski -
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TORINO. = Non abbiate paura di
cambiare il volto della terra. L’ex presidente polacco Lech Walesa ha aperto i
lavori di questa seconda giornata sulla perestrojka
citando Giovanni Paolo II, che con il suo sostegno risvegliò le coscienze
dell’opinione pubblica polacca permettendole di comprendere che abbattere il
comunismo era possibile. Walensa ha sottolineato che senza questa certezza non
solo non si sarebbe giunti alla dissoluzione del blocco sovietico, ma neppure
Gorbaciov sarebbe riuscito ad avviare il suo progetto di riforme. Insomma, la perestrojika fu la breccia che permise
l’irrompere della democrazia, non il fattore determinante della sua
affermazione in Europa orientale. Tentando una ripartizione percentuale dei
meriti per la caduta del comunismo, Walensa ha detto di attribuire il 50% al
Papa, il 30% a Solidarnosc e il restante 20% a una serie di fattori minori. Una
giornata tutta dedicata all’analisi dei tempi della guerra fredda e dei
pericoli che oggi sono insiti nelle relazioni tra occidente e oriente. Non sono
mancate le critiche agli attuali sistemi istituzionali e politici di molti
Paesi ex comunisti, in particolare al sistema russo dominato da una forte oligarchia.
Per lo studioso americano Richard Pipes, esperto di relazioni russo-statunitensi
in questo periodo di incertezza la Russia ha scelto l’opzione della sicurezza
interna a discapito dello sviluppo democratico. Ma ha anche fatto notare che
l’evoluzione democratica non potrà essere arrestata in nessun Paese del mondo.
E proprio per questo motivo ha concluso Pipes l’Europa deve assumere una
posizione più incisiva nelle crisi internazionali, che riguardino l’Ucraina o
il Medio Oriente, e non rimanere ai margini. Una posizione che è stata
sottolineata anche dal ministro per le Politiche Comunitarie Rocco Buttiglione
parlando a margine della conferenza con i giornalisti.
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APPROVATO DAL GOVERNO INDIANO IL PREVENTIVO
ECONOMICO
PER IL BIENNO 2005-2006: IL PRESIDENTE DELL’ALL INDIA CHRISTIAN COUNCIL
DENUNCIA: IL BUDGET NON PREVEDE NESSUNA RISORSA
PER I CRISTIANI POVERI DELLE CAMPAGNE
MUMBAI. = Non tiene in debito conto le
minoranze socioreligiose dell’India il budget del governo per il biennio
2005-2006. Presentato a fine febbraio dal ministro delle Finanze, PC
Chidambram, il preventivo ha trovato l’approvazione di mercati e industria, ma
anche lo scontento dei cristiani, giacché in esso si fissano programmi di
sviluppo per le zone rurali e investimenti esteri, ma nessuno stanziamento per
i cristiani delle campagne, “i più poveri dei poveri”. In un’intervista ad AsiaNews, John Dayal, segretario del
Consiglio nazionale per l’integrazione e presidente dell’All India Christian
Council denuncia che, ad esempio, i conti statali prevedono fondi per lo
sviluppo dei giovani musulmani, senza però fare menzione “dei giovani cristiani”.
Il censimento governativo del 2001 ha mostrato le pessime condizioni sociali e
economiche nelle quali versano le comunità cristiane in molte zone agrarie.
“Questa situazione – ha sottolineato Dayal – affligge in modo particolare i
giovani tribali e dalit”. Secondo l’attivista per i diritti umani, queste
persone hanno urgente bisogno di istruzione e di educazione al lavoro artigianale,
ma “non possiamo farcela – dichiara - senza gli aiuti statali”. L’attivista per
i diritti umani ha reso noto che dei 5 miliardi di rupie (circa 86 milioni di
Euro) del Fondo nazionale per lo sviluppo delle minoranze, non arriva
niente alla comunità cristiana. Di un provvedimento si è detto soddisfatto
Dayal: lo stanziamento di fondi a favore di donne e bambini, di cui una piccola
parte andrà a beneficio anche delle donne cristiane. Il rispetto delle
minoranze è comunque nei piani del Governo UPA (United Progressive Alliance).
“Apprezziamo – ha dichiarato Dayal - la promessa delle autorità di pubblicare
un libro bianco sulle comunità di minoranza e di redigere una legge per
affrontare le violenze interreligiose”. (A.D.C.)
MAXI-CAMPAGNA CONTRO L’IMMIGRAZIONE ILLEGALE IN
MALAYSIA.
ARRESTATE OTTOMILA PERSONE SENZA PERMESSI, MA LE
PRECARIE
CONDIZIONI IGIENICO-SANITARIE DELLA DETENZIONE,
AFFERMA LA CROCE ROSSA,
STANNO CAUSANDO SERI PROBLEMI DI SALUTE
NINUKAN
(MALAYSIA). = Sono quasi ottomila gli immigrati irregolari arrestati e
trattenuti in 32 campi di detenzione temporanea sull’isola malese di Ninukan,
da quando, lunedì scorso, il governo del Paese ha avviato una campagna di
espulsione per i lavoratori stranieri illegalmente presenti sul territorio. I
rappresentanti della locale Croce Rossa – scrive la Misna - hanno però lanciato
l’allarme sulle precarie condizioni di salute di molti tra gli arrestati e la
pessima situazione dei centri già affollati: gli immigrati, in attesa di essere
forzosamente rimpatriati, manifestano varie patologie, dalla dissenteria alla
malaria, e necessitano di assistenza medica specifica. L’operazione di pubblica
sicurezza, annunciata a ottobre dello scorso anno e più volte rimandata anche
su pressione dei governi di nazioni vicine, vede l’impiego di decine di
migliaia di poliziotti e soldati e di 300 mila volontari, che setacciano luoghi
di lavoro in cerca di stranieri senza documenti. Si stima che nei mesi passati
mezzo milione di immigrati illegali, provenienti soprattutto dalla confinante
Indonesia, abbiano lasciato il Paese, ma altri 200 mila avrebbero scelto di
rimanere in clandestinità. Sulla questione dei rimpatri è intervenuto anche
l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) che ha
caldamente invitato le autorità di Kuala Lumpur a non espellere gli stranieri
in possesso di una certificazione rilasciata dall’organismo dell’ONU che li
identifica come “profughi”. La legge malese sull’immigrazione è particolarmente
dura con i clandestini e prevede prima dell’espulsione la reclusione fino a due
anni e pesanti multe. (A.D.C.)
A FERRARA, OGGI E DOMANI, SI TIENE IL 13.MO
INCONTRO EBRAICO-CRISTIANO
DAL TITOLO “IL POPOLO DI DIO”, CON UNA TAVOLA
ROTONDA
DI FILOSOFI, DOCENTI E TEOLOGI
FERRARA. = “Il popolo di Dio”:
con questo titolo si aprirà oggi pomeriggio il 13.mo Incontro Ebraico Cristiano
di Ferrara, tradizionale appuntamento di confronto e dialogo interreligioso
promosso dalle ACLI nazionali, in collaborazione con Acli Emilia-Romagna e ACLI
Ferrara. L'iniziativa, in programma fino a domani, è patrocinata dalla
provincia e dal Comune di Ferrara e si svolgerà presso la Sinagoga della città
romagnola, con il saluto del rabbino capo della comunità ebraica locale, Rav.
Luciano Caro. Di seguito, presso la Casa dell'Ariosto, la due giorni sarà
presentata da Maria Grazia Fasoli, responsabile della funzione studi e ricerche
delle ACLI. La successiva tavola rotonda sarà incentrata sul tema “Dal Sinai a
Gerusalemme”, ovvero una riflessione retrospettiva sul cammino percorso in 13
anni di incontri interreligiosi. Gli interventi, moderati dal teologo Piero
Stefani, saranno del parlamentare Giovanni Bianchi, di David Bidussa, della
Fondazione Feltrinelli, di Anna Giannatiempo Quinzio, docente di Estetica
all'Università di Perugia e del filosofo Mario Tronti. (A.D.C.)
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5
marzo 2005
- A cura
di Barbara Castelli -
Cresce l’attesa per il discorso
che il presidente siriano, Bashar al Assad, dovrebbe pronunciare a breve al
Parlamento e per un suo probabile annuncio di parziale ritiro delle truppe
siriane dal Libano. I particolari nel servizio di Barbara Castelli:
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Le crescenti pressioni
internazionali, comprese quelle della maggior parte dei Paesi arabi, con in
testa Egitto e Arabia Saudita, sembrano aver sortito il loro effetto. Il
giovane presidente siriano, Bashar al Assad, infatti, dovrebbe a breve
annunciare il rimpatrio di 3.000 dei 14.000 uomini del contingente di Damasco
in Libano. I restanti 11.000 dovrebbero essere ridispiegati nella Valle della
Bekaa, a ridosso del confine con la Siria. L’attesa per il discorso al
Parlamento, che inizialmente era previsto per le 12.00 di questa mattina, è,
tuttavia, carica di scetticismo e resa ancor più dubbiosa dal brusco richiamo
del presidente statunitense, George Bush, a non limitarsi a “mezze misure”. Il
capo della Casa Bianca ieri non si è limitato a chiedere un ritiro completo di
truppe e intelligence siriane, ma ha anche indicato nel mese di maggio il
termine ultimo per compierlo. Dunque, prima delle elezioni libanesi che, sempre
secondo Bush, devono essere democratiche e senza interferenze. La tensione in
queste ore è palpabile anche a Beirut. Un giornalista dell’AFP ha riferito poco
fa che unità dell’esercito libanese, con il supporto di alcuni veicoli
corazzati, hanno circondato, per 45 minuti, il quartier generale
dell’intelligence siriana alla periferia della capitale. Gli Stati Uniti e gli
alleati europei, intanto, starebbero valutando, secondo fonti
dell’Amministrazione e del Congresso, misure per colpire la Siria, se non si
ritira dal Libano, come chiede pure la risoluzione 1559 delle Nazioni Unite.
Washington è anche pronta a procedere con misure dirette, come il congelamento
dei beni siriani, per gravare sull’isolamento del sistema bancario di Damasco e
per condizionarne l’economia.
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La crescita economica dell’8 per
cento come obiettivo per il 2005 e i rapporti con Taiwan. Sono stati questi i
temi al centro del discorso ieri del premier cinese, Wen Jiabao, davanti agli
oltre 3.000 deputati dell’Assemblea Nazionale del Popolo. Il Parlamento
dovrebbe approvare una legge “contro la secessione” di Taiwan che, secondo
indiscrezioni, renderà obbligatorio l’intervento militare nel caso che l’isola
dichiari formalmente l’indipendenza. Wen ha sottolineato che la Cina punta alla
“riunificazione pacifica”, ma non ha fornito dettagli sul testo della legge.
L’Assemblea, che resterà riunita fino al 14 marzo, approverà anche un aumento
delle spese militari di oltre il 12 per cento. Il primo ministro ha indicato,
infine, nel mancato aumento dei redditi agricoli la principale debolezza
dell’economia. Secondo Wen, il crescente divario tra città e campagna è,
infatti, oggi “il più grande problema sociale” della Cina.
Ennesima morte misteriosa ieri
in Ucraina. E’ stato trovato senza vita, alla periferia residenziale di Kiev,
l’ex-ministro degli Interni, Iuri Kravcenko, testimone-chiave nelle indagini
sull’uccisione e decapitazione del giornalista Gheorghi Gongadze. La polizia
privilegia la pista del suicidio, ma non esclude l’ipotesi del delitto. Iuri
Kravcenko, infatti, avrebbe potuto chiarire, una volta per tutte, se e quale
ruolo l’ex-presidente, Leonid Kuchma, ebbe nella brutale eliminazione dello
scomodo Gongadze. Per l’omicidio di quest’ultimo, autore di coraggiose
inchieste-denuncia sulla corruzione ai Vertici dello Stato, Kravcenko e Kuchma
sono stati chiamati entrambi in causa sulla scorta di controverse registrazioni
rese di dominio pubblico, a fine novembre 2000 in parlamento, da un leader
dell’opposizione, il socialista Aleksandr Moroz.
Cresce la tensione in
Azerbaigian dopo l’omicidio di un giornalista di un settimanale di opposizione.
Elmar Huseynov, giornalista del “Monitor”, è stato ucciso mercoledì scorso a
colpi di pistola, mentre usciva da casa. Una coalizione formata dai partiti
dell’opposizione, da movimenti che si battono per i diritti umani e da
giornali indipendenti, ha subito puntato il dito contro il regime. Il
presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, tuttavia, ha negato ogni coinvolgimento
del governo nella vicenda e ha parlato di una “provocazione” orchestrata da
elementi non identificati per distruggere l’immagine del Paese in vista delle
elezioni parlamentari di novembre.
Si svolgeranno domani in
Moldavia le elezioni legislative. Tensioni e polemiche non sono mancate nelle
scorse settimane, mentre i sondaggi convergono su un punto: la vittoria
annunciata del partito comunista del presidente russofono, Vladimir Voronin, in
carica da quattro anni, accreditato fino al 62 per cento dei voti. Un partito
che nel 2001 si era affermato promettendo di riannodare i legami con Mosca, ma
che negli ultimi tempi è entrato in conflitto con il Cremlino e che oggi tende
la mano ai nuovi governi filo-occidentali di Ucraina e Georgia.
L’Iran lancia nuove minacce a
Stati Uniti e Unione Europea. Hassan Rohani, responsabile di Teheran nei
negoziati sul nucleare, ha sottolineato ieri che l’America e l’UE “giocano con
il fuoco”, rinviando la questione al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per
eventuali sanzioni. “La situazione – ha aggiunto il segretario del Supremo
consiglio per la sicurezza nazionale – diventerebbe problematica per loro, i
cui interessi economici sono legati a questa regione”.
Sembra ancora
in alto mare il processo di pace in Indonesia. La scorsa settimana soldati
dell’esercito hanno ucciso 30 ribelli separatisti nella provincia di Aceh,
mentre a Helsinki, in Finlandia, si tenevano colloqui di pace tra governo e
separatisti. Lo hanno reso noto ieri i militari, precisando di aver catturato,
durante le operazioni, anche 25 membri del gruppo separatista Movimento Aceh
Libero (GAM). La battaglia per l’indipendenza della provincia, che va avanti da
oltre trent’anni, ha causato almeno 12.000 morti.
Drammatico
incidente ieri in Costa d’Avorio. Due militari francesi sono stati uccisi e un
terzo è rimasto gravemente ferito nell’esplosione accidentale di un deposito di
munizioni. La deflagrazione si è verificata ad Abidjan.
Ennesima
fiammata di violenza in Colombia. Almeno tre militari sono morti e altri
quattro sono rimasti feriti ieri in un attacco a sorpresa lanciato dalla
guerriglia colombiana in una zona rurale di Tame, nel dipartimento
nord-orientale di Arauca. Il comando dell’esercito ha inviato sul posto uomini
del Battaglione “Navas Pardo di Tame” per svolgere un’inchiesta e determinare
l’accaduto e le eventuali responsabilità delle Forze armate rivoluzionarie
della Colombia (FARC).
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