RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 63 - Testo della trasmissione venerdì 4 marzo 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Gli esercizi di riabilitazione del Papa proseguono bene. Oggi, nono giorno del ricovero del Pontefice, sono giunti al Gemelli  gli ambasciatori d’Israele e Ucraina presso la Santa Sede. Gli auguri da Teheran del presidente iraniano Khatami

 

L’Eucaristia, mistero che rende presenti allo stesso tempo il mistero dell’Incarnazione e quello della Pasqua. Così padre Cantalamessa nella seconda predica di Quaresima in Vaticano

 

IN PRIMO PIANO:

Aperto oggi a Torino il World Political Forum per ricordare i 20 anni della Perestroika: il commento del cardinale Achille Silvestrini

 

Domani a Pechino l’apertura della sessione annuale del Parlamento cinese: ai nostri microfoni Francesco Sisci

 

In corso a Roma un Seminario promosso dalla CEI sul cinema, risorsa pastorale nell’educazione dei giovani: con noi don Paolo Giulietti e Alberto Burlot

 

CHIESA E SOCIETA’:

Sul tema “Famiglia: una buona novella per l’India”, si apre oggi a Ranchi l’Assemblea della Conferenza episcopale indiana

 

“I cristiani affollano le chiese e non lasciano più l’Iraq”. Lo dichiara il vescovo caldeo di Baghdad, mons. Andraos Abouna

 

La Conferenza episcopale ungherese definisce un attacco contro la Chiesa la recente pubblicazione, nei Paesi dell’Europa dell’Est, di una lista con i nomi di presunti collaborazionisti del regime comunista, tra i quali diversi preti

 

I vescovi di Colombia ed Ecuador denunciano, con un documento congiunto, i maltrattamenti subiti da molti clandestini che hanno tentato di varcare la frontiera tra i due Paesi

 

Termina domani il Festival panafricano di cinema e televisione che, dallo scorso 26 febbraio, ha proposto in Burkina Faso numerose e interessanti pellicole

 

24 ORE NEL MONDO:

 La crisi libanese forse a un punto di svolta: domani il presidente siriano Assad potrebbe annunciare un ritiro parziale delle truppe dal Libano

 

Netto rifiuto della Corea del Nord all’invito dell’Aiea a tornare al tavolo dei negoziati sulla crisi nucleare.

 

 

   IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 marzo 2005

 

 

GLI ESERCIZI DI RIABILITAZIONE DEL PAPA PROSEGUONO BENE. OGGI,

NONO GIORNO DEL RICOVERO DEL PONTEFICE SONO GIUNTI AL GEMELLI

GLI AMBASCIATORI D’ISRAELE E UCRAINA PRESSO LA SANTA SEDE.

GLI AUGURI DA TEHERAN DEL PRESIDENTE IRANIANO KHATAMI

- Servizio della nostra inviata al Policlinico, Roberta Gisotti -

 

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Mattinata tranquilla qui al Gemelli per il decorso post-operatorio di Giovanni Paolo II, dopo il rassicurante bollettino medico di ieri, che ha attestato il progressivo miglioramento delle condizioni di salute del Papa. E come di consueto c’è stata stamani la visita del portavoce vaticano, Navarro-Valls, che prima di lasciare l’ospedale ha detto ai giornalisti che gli esercizi di riabilitazione del Papa continuano bene, riferendosi alle sedute di riabilitazione del respiro e della fonazione, della parola quindi, che avvengono - aveva sottolineato ieri – con la fattiva collaborazione del Santo Padre.

 

Per quanto riguarda l’interrogativo più pressante, ovvero quando Giovanni Paolo II potrà lasciare il Gemelli, non c’è ancora una riposta. Navarro-Valls ha però detto ieri che sarà il Papa, una volta tornato in Vaticano, a decidere di partecipare ad uno o ad altro rito della Settimana Santa. E questo fa sperare bene per un prossimo rientro. E si attende invece per domani la conferma definitiva sulle modalità di partecipazione di Giovanni Paolo II alla preghiera dell’Angelus domenicale. Con tutta probabilità il Papa, come domenica scorsa - ha ripetuto oggi Navarro-Valls – si affaccerà alla sua finestra di ospedale per dare la benedizione.

 

E come ogni giorno si rinnovano le espressioni e le manifestazioni di solidarietà per il Papa sofferente, da parte di personalità in ogni campo e di persone semplici. Stamane è giunto l’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Oded Ben-Hur, che ha portato a Giovanni Paolo II una lettera del rabbino capo d’Israele, Shlomo Amar, che il Papa ha ricevuto in Vaticano il 18 gennaio scorso. Una lettera scritta in ebraico, che esprime auspici di pronta guarigione ed è anche una preghiera che unifica – ha detto Ben-Hur – tutti i pensieri del popolo ebraico e d’Israele. Nella lettera, che non è stata resa nota, il rabbino Amar osserva che anche le altre religioni devono prendere esempio da Giovanni Paolo II, che in 27 anni di Pontificato ha fatto così tanto per promuovere la pace, il dialogo interreligioso e il bene dell’intera umanità.

 

A seguire è giunto qui al Gemelli anche l’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Grygorii Khoruzhyi, che ha portato i saluti del neo eletto presidente Yushenko. Mentre la presidente dell’Associazione ucraina in Italia, Anna Unleva, ha portato in dono al Papa un’icona fatta a mano da donne del suo Paese. Tra le autorità cittadine, infine, dopo la visita nei giorni scorsi del sindaco Veltroni, ha portato oggi il suo omaggio al Papa il presidente della provincia di Roma, Gasbarra, a nome di tutti i 121 comuni della provincia. Tra gli attestati di partecipazioni anche gli auguri del presidente dell’Iran, Khatami, di cui ha dato notizia il nunzio apostolico a Teheran, mons. Mottola.

 

Dal Policlinico Gemelli, Roberta Gisotti, Radio Vaticana.

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L’EUCARISTIA, MISTERO CHE RENDE PRESENTI ALLO STESSO TEMPO

IL MISTERO DELL’INCARNAZIONE E QUELLO DELLA PASQUA.

IN VATICANO, SECONDA PREDICA DI QUARESIMA DI PADRE CANTALAMESSA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

L’Eucaristia nella doppia visione giovannea e paolina è stata il perno della seconda predica di Quaresima, tenuta da padre Raniero Cantalamessa ai membri della Curia vaticana. Il dono che Dio stesso, attraverso Cristo, fa di sé all’uomo con il cibo eucaristico deve spronare tutti i cristiani – ha detto il predicatore pontificio – a fare della propria vita un dono al Padre e ai fratelli.

 

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L’Eucaristia ci assimila a Cristo, ci fa vivere di lui e per lui, grazie al mistero di comunione proprio del sacramento, che rende presente tanto il mistero dell’Incarnazione, tanto quello della Pasqua. Tra storia, teologia e cristologia si è sviluppata anche la seconda predica di Quaresima di padre Cantalamessa, ispirata dalla quinta strofa dell’antico inno eucaristico Adoro te devote, preso in esame sin dalle prediche di Avvento.

 

Eucaristia, dunque, tra Incarnazione di Gesù e la sua Pasqua: lungo i secoli, l’uno e l’altro approccio hanno alimentato due visioni dell’Eucaristia, distinte e complementari. La visione desunta da San Giovanni si rifà all’Incarnazione, che l’evangelista celebra in modo insistito sin dalle parole iniziali del suo proemio. Da questa visione, ha spiegato padre Cantalamessa, trasse linfa la spiritualità eucaristica “alessandrina”, per la quale l’Eucaristia “è un seme di immortalità” seminato nell’uomo che ci fa diventare “concorporei” di Cristo attraverso la comunione al suo corpo e al suo sangue. Inoltre, ha proseguito il predicatore della Casa pontificia, questa visione accende una luce particolare sul “ruolo del Padre nell’Eucaristia”:

 

“Il Padre non solo ci dà l’Eucaristia, ma si dà nell’Eucaristia. Poiché c’è una sola indivisa natura divina, ricevendo la divinità del Figlio noi riceviamo anche il Padre. “Chi vede me vede il Padre”, significa anche “chi riceve me, riceve il Padre”. Dopo aver ascoltato un giorno (era un sabato della seconda settimana di Quaresima), il brano evangelico della parabola del figliol prodigo, ho capito con chiarezza che la comunione mi offriva, seduta stante, l’incredibile occasione per ricevere anch’io l’abbraccio perdonante del Padre. E non solo mentalmente!”

 

La visione dell’Eucaristia presente nella predicazione di San Paolo, invece, si rifà soprattutto al sacrificio pasquale ed ha ispirato la spiritualità antiochena. Una visione, ha detto padre Cantalamessa, che “arricchisce” e “completa” l’approccio giovanneo. In questo caso, ha osservato il predicatore, “l’Eucaristia, più che presenza reale di una persona, è vista come memoriale di un evento, la morte e la risurrezione di Cristo”. E qui padre Cantalamessa ha coniato una moderna parabola per spiegare come l’infinito amore di Gesù per Dio lo spinga quotidianamente a far dono della propria vita a lui, invitando i suoi “fratelli” ad unirsi al dono, in modo che esso giunga al Padre “come dono indistinto di tutti i suoi figli”. Accostandosi alla Comunione, quindi, è come se i cristiani contraessero un impegno:

 

“Sappiamo che chi ha firmato un impegno ha poi il dovere di onorare la propria firma. Questo vuol dire che, uscendo dalla Messa, dobbiamo fare anche noi della nostra vita un dono d’amore per il Padre e per i fratelli. Tutta la vita del cristiano, non solo il tempo della Messa, diventa così un’eucaristia”.

                                                    

La meditazione di padre Cantalamessa ha poi toccato il matrimonio, da sempre considerato – in un’ottica di fede – “il simbolo dell’unione tra Cristo e la Chiesa”. Questa unione mette in risalto il senso stretto di “appartenenza” non solo spirituale ma anche fisica dei cristiani a Gesù:

 

“Quale inesauribile motivo di stupore e di consolazione al pensiero che la nostra umanità diventa l’umanità di Cristo! Ma anche quale responsabilità da tutto ciò! Se i miei occhi sono diventati gli occhi di Cristo, la mia bocca quella di Cristo, quale motivo per non permettere al mio sguardo di indugiare su immagini lascive, alla mia lingua di parlare contro il fratello, al mio corpo di servire come strumento di peccato”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'articolo di Giampaolo Mattei dal titolo "Inchiodati ai nostri letti sappiamo di avere accanto il Papa": la testimonianza delle persone che al "Gemelli" vivono l'esperienza della sofferenza.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.

 

Nelle estere, Libano: la Siria smentisce le pressioni saudite per ottenere il ritiro dell'esercito. 

Per la rubrica dell' "Atlante geopolitico" un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo "India: parte dalle ferrovie la sfida sociale del Governo".

 

Nella pagina culturale, un articolo di M. Antonietta De Angelis sulla mostra "Caravaggio: l'ultimo tempo, 1606-1610": dal Museo di Capodimonte, a Napoli, alla National Gallery di Londra.

 

Nelle pagine italiane, in rilievo i temi del risparmio e della sanità.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 marzo 2005

 

 

 

APERTO OGGI A TORINO IL WORLD POLITICAL FORUM 

PER RICORDARE I 20 ANNI DELLA PERESTROIKA

- Intervista con il cardinale Achille Silvestrini -

 

La Perestroika fu un vero successo? E’ questo il primo interrogativo che hanno affrontato gli ex leader dell’Europa orientale e l’ex presidente sovietico Mikhail Gorbaciov al World Political Forum iniziato oggi a Torino per ricordare i 20 anni della Perestroika. Ebbene, per Gorbaciov, la risposta è affermativa per quel che concerne il processo democratico e la fruizione dei diritti di libertà fondamentali, non lo è di sicuro se si fa riferimento al processo di distruzione dell’Unione Sovietica e alla sua dissoluzione. Da Torino, il nostro inviato Stefano Leszczynski.

 

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Il premio Nobel per la pace russo, Mikhail Gorbaciov, ha sottolineato gli squilibri economici e sociali che il mondo russo e i popoli delle repubbliche ex sovietiche hanno vissuto in seguito alla comparsa di quello che ha definito “capitalismo selvaggio”. Ma dove la Perestroika sembra avere vinto soprattutto è a livello internazionale nell’aver determinato – sempre secondo Gorbaciov – la fine della guerra fredda, della minaccia nucleare, della contrapposizione ideologica tra URSS e USA. Dai ricordi del passato i dibattiti si spostano però presto sulla difficile attualità internazionale.  Il mondo resta infatti in una situazione torbida in cui si stenta nella realizzazione della vera pace, che - ha detto Gorbaciov citando Kennedy - “non è la pax americana”. Un tema quello della pace ripreso anche dal cardinale Achille Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, che ha sottolineato l’irrinunciabile ruolo delle Chiese nel contribuire alla pace e al cambiamento. Silvestrini ha inoltre rivolto un forte invito alla Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca, “che sentiamo – ha detto- in tutto sorella” ad operare insieme in favore della pace.  Da tutti, anche dal generale Jaruzelski è stato  ricordato il ruolo determinante di Giovanni Paolo II nel sostenere  il processo di democratizzazione in Europa orientale e di averne favorito il percorso proprio attraverso l’impegno concreto delle Chiese. Per l’ex presidente polacco Jaruzelski più che la Perestroika poté la personalità e il carisma di Gorbaciov nel cambiamento intercorso oltre-cortina. L’apertura russa infatti permise anche attraverso la rivelazione di realtà storiche come quella del massacro degli ufficiali polacchi a Katyn, di dare alla società polacca sufficiente fiducia in se stessa per intraprendere il cammino della libertà. In sostanza tutti i relatori, compreso l’ex presidente slovacco Rudolph Schuster, concordano sulla validità di un processo che ha permesso a molti Paesi una volta del Patto di Varsavia di riconquistare la propria dimensione europea.

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Ma per un commento sui nuovi equilibri tra Oriente ed Occidente sentiamo il cardinale Achille Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese orientali, al microfono di Emer McCarthy.

 

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R. – I popoli che dall’Europa orientale vengono verso l’Unione Europea, sia quelli che entreranno, sia quelli come la Russia che attendono di fare una collaborazione con l’UE, hanno bisogno di un supporto di mentalità e siccome sono  popoli cristiani, dove in parte sono cattolici, come la Polonia e la Lituania, e in parte sono ortodossi, la collaborazione tra cattolici ed ortodossi è prioritaria. Allora, io penso che dobbiamo metterci insieme e cercare di evitare anche le diffidenze, i motivi di dissenso e puntare invece a quella che è la grande prospettiva di cooperazione di fronte ad un società che è sempre più secolarizzata e che nello stesso tempo attende la testimonianza dei cristiani.

 

D. – 20 anni dopo la Perestroika, lei ha visto qualche cambiamento nei rapporti tra Est ed Ovest?

 

R. – Cambiamenti sì, a volte con situazione un po’ contraddittorie. Cambiamenti positivi e altri, invece, di diffidenza. Io credo che nei riguardi della Russia specialmente i Paesi europei debbano avere una considerazione di grande rispetto, per riconoscerla nella sua dignità, nella sua storia, nel suo peso specifico nella vita e nella storia d’Europa.

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DOMANI A PECHINO L’APERTURA DELLA SESSIONE DEL PARLAMENTO CINESE

- Intervista con Francesco Sisci -

 

Una Pechino blindata dalle forze di sicurezza per il timore di proteste, vedrà domani l’apertura della sessione annuale del Parlamento cinese. Tra i temi all’esame dell’Assemblea Nazionale del Popolo, oltre ai temi della disoccupazione e dell’istruzione legati al mondo rurale, c’è molta attesa per l’approvazione della “legge anti-secessione”, che secondo le autorità cinesi non vuole essere una “chiamata alle armi” contro Taiwan. Ma allora qual è lo scopo di questa legge? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Francesco Sisci, direttore dell’Istituto italiano di cultura a Pechino ed esperto di questioni cinesi:

 

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R. – Pechino, secondo la legge, deve intervenire nel caso che Taiwan dichiari formalmente l’indipendenza. La giustificazione formale per Pechino, di questa legge, è che già l’America e Taiwan, gli altri due attori di questo triangolo in equilibrio, possono agire in base ad alcune leggi: uno è il “Taiwan act” americano, che impone agli USA la difesa di Taiwan in caso di attacco, e l’altra è il ricorso possibile per Taiwan, al referendum, che dichiari l’indipendenza formale. In questo modo anche la Cina si dota di uno strumento legale che rende esplicita la sua posizione.

 

D. – Ci si aspetta qualche cosa da questa sessione sulla situazione delle aree rurali?

 

R. - Beh, quello è il grande tema, proprio perché ci sono problemi sempre più grossi per quanto riguarda le aree rurali. I contadini sono tassati troppo rispetto ai cittadini, pagano più tasse in proporzione; inoltre creano problemi alle città se il flusso migratorio è troppo grande, ma anche quando è troppo piccolo. Se è troppo grande ci sono problemi sociali di aggiustamento nelle aree urbane, se troppo piccolo c’è problema perché i cantieri che fabbricano le città giorno per giorno, si nutrono di manodopera contadina. Quindi ci sono una serie, un groviglio di problemi. Allora, una delle soluzioni potrebbe essere quella  di diminuire il carico fiscale dei contadini e portare più ricchezza nelle campagne.

 

D. – Ecco, il problema delle aree rurali è legato anche al problema dell’istruzione obbligatoria, visto che molti bambini sono costretti ad abbandonare le scuole proprio nelle zone rurali. Sul piano dell’istruzione che cosa potrà venir fuori da questa sessione annuale del Parlamento cinese?

 

R. -  Su questo poco. Quello dell’istruzione è, tra l’altro, uno dei problemi che ha a che fare con le tasse, cioè molti distretti, molte contee rurali aumentano le tasse per costruire la scuola e poi si fanno pagare, più o meno, rette scolastiche per i bambini che vanno a scuola. Naturalmente si pagano le tasse, aumentano i pesi, i fardelli per i contadini, c’è poi il problema degli insegnanti che non si trovano, nessuno vuole andare ad insegnare nelle campagne, tutti vogliono andare ad insegnare nelle città: è dunque un problema gigantesco che non credo abbia soluzioni in vista anche perché è finito il tempo dell’istruzione gratuita e questo è una cosa terribile in sé, ma  è anche una cosa buona perché questo ha contribuito a sfaldare il sistema assistenziale socialista che, da una parte reggeva un pezzo di Stato, dall’altra parte, però, bloccava molti cambiamenti necessari. Ecco, su questo non credo che in tempi brevi si possa pensare ad un ritorno, seppur parziale, ad una istruzione sostenuta dal pubblico.

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IN CORSO A ROMA UN SEMINARIO PROMOSSO DALLA CEI SUL CINEMA,

RISORSA PASTORALE NELL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI

- Interviste con don Paolo Giulietti e Alberto Burlot -

 

“‘Portami al cinema’. Il cinema risorsa pastorale nell’educazione dei giovani”: è il tema di un seminario promosso dalla CEI, in corso a Roma fino a domani, presso la Pontificia Università Lateranense, dedicato al servizio pastorale che può essere offerto alle nuove generazioni attraverso il cinema. Un’iniziativa che vuole pensare a nuovi strumenti educativi che si servano del linguaggio del grande schermo. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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 Al centro del dibattito, le attività di cineforum nelle sale delle comunità come percorso educativo ed itinerario di proposte qualificate, come strumento, insomma, che può contribuire alla crescita culturale e allo sviluppo di una coscienza sociale. Voluto dalla Conferenza Episcopale Italiana e dal Centro Interdisciplinare Lateranense, il meeting vuole evidenziare quanto il cinema può essere un luogo comunitario di lettura che interpella lo spettatore attraverso la forza e la profondità dell’immagine. Ma che tipo di strumento educativo può essere, in particolare, il cineforum? Don Paolo Giulietti, responsabile del servizio nazionale per la pastorale giovanile della CEI.

 

R. - Il cinema che produce emozioni può essere uno strumento che aiuta i giovani ad entrare in contatto con se stessi, ad affrontare i problemi, a confrontarsi con gli altri. Certamente ha bisogno di essere utilizzato in maniera educativa. Allora, un cineforum che sappia, direi, lavorare le emozioni che il cinema suscita nei giovani, che sappia aiutarli a parlare attorno a quello che loro vivono nel cinema ma anche nella vita può essere davvero uno strumento adatto ai tempi”.

 

D. - Quali progetti ha realizzato la CEI in proposito, nella pastorale giovanile?

 

R. – Per il percorso di approfondimento verso la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia noi abbiamo offerto alle diocesi tre volumetti con 10 proposte di schede filmografiche ciascuno, centrati sui temi che caratterizzano il cammino della Chiesa italiana verso Colonia. E questo è un primo segno di un possibile utilizzo pastorale del cinema.

 

E sulle attività di cineforum, nelle sale di comunità, l’Università Cattolica di Milano ha condotto, recentemente, uno studio. Alberto Burlot, docente di tecnica del linguaggio pubblicitario e semiotica del prodotto culturale ne evidenzia i dati emersi:

 

“I giovani frequentano le sale della comunità in modo piuttosto costante, con dati significativamente superiori a quelli che, in generale, riguardano le sale cinematografiche: dai 14 ai 17 anni per più del 68 per cento vanno alle sale della comunità con gli amici e cercano e considerano essenziale per le sale della comunità la programmazione di qualità”.

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CHIESA E SOCIETA’

4 marzo 2005

 

 

SUL TEMA “FAMIGLIA: UNA BUONA NOVELLA PER L’INDIA”,

SI APRE OGGI A RANCHI L’ASSEMBLEA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE INDIANA.

AI LAVORI PARTECIPANO 114 VESCOVI

 

NEW DELHI. = “Famiglia: una buona novella per l’India”. E’ il tema dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale indiana, che si apre oggi a Ranchi, nello Stato del Jharkhand, con una solenne celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo Pedro Lopez Quintana, nunzio apostolico in India e in Nepal. L’incontro, che si concluderà il prossimo 8 marzo, vede riuniti 114 vescovi di rito latino ed ospita altre due Conferenze episcopali di rito orientale: quella siro-malabrese e quella siro-malankarese.  L’Assemblea è incentrata, in particolare, sul tema della pastorale familiare nell’ambito della missione della Chiesa: i vescovi sono chiamati, in particolare, ad elaborare nuove soluzioni e strategie pastorali per rendere la famiglia sempre più protagonista della missione evangelizzatrice della Chiesa. “Per la vita cristiana - scrive in un comunicato il vice segretario della Conferenza episcopale, padre Sebastian – la famiglia è un luogo di importanza capitale e la Sacra Famiglia è un modello per tutti noi”. “Ma oggi – aggiunge – la vita della famiglia è a rischio perché è esposta ai pericoli della mobilità, della povertà, del relativismo culturale e morale”. L’Assemblea ha anche il compito di analizzare problemi, sfide, rischi e opportunità per la Chiesa indiana nel terzo millennio. (A.L.)

 

 

“I CRISTIANI AFFOLLANO LE CHIESE E NON LASCIANO PIÙ L’IRAQ”.

LO DICHIARA IL VESCOVO CALDEO DI BAGHDAD, MONS. ANDRAOS ABOUNA.

“I CRISTIANI IRACHENI PREGANO PER IL SANTO PADRE”,

AGGIUNGE IL SACERDOTE DI MOSSUL, PADRE NIZAR SEMAAN

 

BAGHDAD. = “I cristiani iracheni tornano nelle chiese per assistere alla messa e non hanno più paura”. E’ quanto dichiara all’Agenzia Asianews il vescovo ausiliare dei caldei di Baghdad, mons. Andraos Abouna, responsabile della chiesa dell’Assunzione a Mansour, nella zona occidentale della capitale. “Ci sono sempre meno cristiani che cercano asilo in altri Paesi”, spiega il presule rimarcando che “molte famiglie stanno tornando a Baghdad dalla Siria”. Mons Abouna sottolinea, inoltre, che dopo le elezioni dello scorso 30 gennaio la situazione della capitale è migliorata: “La speranza sta crescendo, la sicurezza migliora e l’esercito iracheno cattura un numero sempre maggiore di terroristi”. “Le elezioni hanno reso gli iracheni orgogliosi - racconta mons. Abouna - perché l’Iraq è il primo Paese mediorientale democratico”. Nel Paese arabo, intanto, il rapporto tra la comunità cristiana ed il Papa è sempre più stretto. “I cristiani iracheni – dice all’Agenzia Fides il sacerdote siriano di Mossul, padre Nizar Semaan - si sentono veramente coinvolti dalla malattia di Giovanni Paolo II”. Le famiglie - aggiunge - hanno l’abitudine di riunirsi la sera per recitare il rosario e da giorni i cristiani pregano per la salute del Papa”. “Anche in questo difficile momento per l’Iraq – conclude il sacerdote - vogliamo far sentire la nostra voce ed elevare speciali preghiere per la guarigione del Santo Padre”. (A.L.)

 

 

LA CONFERENZA EPISCOPALE UNGHERESE DEFINISCE UN ATTACCO CONTRO LA CHIESA LA RECENTE PUBBLICAZIONE, NEI PAESI DELL’EUROPA DELL’EST,

DI UNA LISTA CON I NOMI DI PRESUNTI COLLABORAZIONISTI DEL REGIME COMUNISTA, TRA I QUALI DIVERSI PRETI

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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BUDAPEST. = “I preti cattolici ungheresi, accusati di essere stati collaborazionisti durante il regime comunista, sono stati vittime di un sistema disumano”. Lo afferma in un comunicato il segretario della Conferenza episcopale ungherese, mons. András Veres, dopo la recente pubblicazione in diversi Paesi europei dell’Est di una lista di spie attive durante il comunismo. Tra i nomi divulgati, figurano anche quelli di vescovi e sacerdoti. Durante il regime comunista, ogni settore della società era sotto osservazione, spiega mons. Veres, precisando che “il Partito comunista ha stabilito un sistema di osservazione anche tra i preti e i religiosi, perché considerati il principale nemico ideologico”. Per mantenere in vita questo sistema - aggiunge il presule – è stata usata ogni forma di terrore fisico e mentale. Molte persone, tra le quali diversi religiosi e preti - si legge inoltre nel comunicato – non hanno collaborato e hanno sacrificato le loro vite. “La Chiesa cattolica – dichiara mons. Veres – ha pagato un tributo per il loro coraggio, altri hanno lasciato il Paese ed alcuni sono caduti sotto il peso delle tribolazioni ed hanno accettato di collaborare diventando vittime di un sistema disumano”. I sacerdoti vittime di quel regime, conclude il segretario della Conferenza episcopale ungherese, potrebbero subire oggi un nuovo torto: pubblicare liste di origine incerta – precisa il presule – costituisce un attacco contro la Chiesa.

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I VESCOVI DI COLOMBIA ED ECUADOR DENUNCIANO, CON UN DOCUMENTO CONGIUNTO, LE VESSAZIONI E I MALTRATTAMENTI SUBITI DA MOLTI CLANDESTINI

CHE HANNO TENTATO DI VARCARE LA FRONTIERA TRA I DUE PAESI

 

BOGOTA’. = Continuano ad essere impuniti gli episodi di abuso e di corruzione delle forze di polizia di frontiera tra Colombia e d Ecuador nei confronti degli immigrati. E’ quanto dichiarano i vescovi colombiani ed ecuadoriani delle diocesi di confine, denunciando le vessazioni e le violenze subite da molte persone che hanno tentato di varcare clandestinamente la frontiera dei due Paesi. A margine del 14.mo Incontro bilaterale sulla pastorale di frontiera, tenutosi in Colombia dal 21 al 23 febbraio a Tumaco, i presuli hanno redatto un comunicato finale congiunto, nel quale annunciano un “impegno comune per risolvere il problema”. “I vescovi dei due Paesi - si legge nella nota - hanno rafforzato la loro unione per arrivare a mettere a punto una comune azione proprio perché seriamente preoccupati per i migranti, i clandestini, gli sfollati, i rifugiati, gli indigeni e tutti coloro che sono stati privati della loro libertà”. Siamo molto preoccupati - aggiungono i vescovi  - perché le normative vigenti dalla polizia di frontiera vengono sistematicamente ignorate o non applicate. Nel comunicato si rimarca come proseguano maltrattamenti di ogni genere, quali “l’eliminazione dei documenti di identità, la discriminazione, la corruzione e persino violenze sessuali”. I presuli colombiani ed ecuadoriani rivolgono, infine, un appello alle autorità dei due Paesi, alle forze armate che prestano servizio al confine e alla società civile affinché “conoscano, riconoscano e facciano rispettare le norme del diritto internazionale, dei diritti umani e dei diritti del rifugiato”. (D.D.)

 

 

TERMINA DOMANI IL FESTIVAL PANAFRICANO DI CINEMA E TELEVISIONE CHE,

DALLO SCORSO 26 FEBBRAIO, HA PROPOSTO IN BURKINA FASO NUMEROSE E

AFFASCINANTI PELLICOLE. UNA FRA TUTTE: QUELLA DEL REGISTA CAMERUNENSE PENDA SULLA VITA DEI PIGMEI

 

OUAGADOUGOU. = Si conclude domani ad Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, il XIX festival panafricano del cinema e della televisione (FESPACO). Durante la manifestazione, sono state proiettate 172 pellicole. Si tratta di lungometraggi, cortometraggi, fiction e documentari. Le giurie ufficiali sono tre, presiedute per i lungometraggi dal regista marocchino Souheil Ben Barka, già premiato nel 1973 con il massimo premio africano del cinema. Tra le molteplici iniziative che hanno caratterizzato la XIX edizione del Festival, ha riscosso grande interesse il seminario sulle “Sfide della preparazione professionale alla luce delle nuove tecnologie” e l’ampio spazio dedicato al “Mercato internazionale del cinema e della televisione africani” (MICA), creato 12 anni fa per facilitare l’inserimento delle opere africane nel mercato internazionale. Ma a suscitare particolare commozione è stato soprattutto un documentario del regista camerunese, Said Penda, sulla vita dei pigmei che, privati del loro habitat naturale, sono stati resi schiavi dei loro padroni di etnia bantu. Da cacciatori nomadi, abituati a vivere nelle foreste dell’Africa centrale, i “danzatori degli dei”, come li chiamavano gli egiziani 4 mila anni fa, hanno subito gradualmente un processo di emarginazione. “La percezione popolare è che siano incivili, barbari, selvaggi, sporchi e soprattutto subumani”, ha affermato un portavoce dell’organizzazione “Refugees International”. Con le sue immagini crude, il film del regista camerunense ha scosso il pubblico. Attualmente, il cinema africano risulta molto attivo sul piano internazionale, anche se dipende molto da sovvenzioni esterne, come quelle dell’Unione Europea. (M.V.S.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 marzo 2005

 

 

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

In Medio Oriente, è sempre in primo piano la pacifica rivoluzione libanese che punta al ritiro, dal territorio nazionale, delle truppe siriane. Anche l’Arabia Saudita ha chiesto alla Siria di ritirarsi, anche se i siriani hanno oggi smentito la notizia. Domani, il presidente siriano Bashar al-Assad pronuncerà un discorso al Parlamento di Damasco sulla crisi libanese. Il nostro servizio:

 

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Potrebbe essere vicino il punto di svolta della crisi libanese, innescata dall’assassinio dell'ex premier Rafik Hariri, il 14 febbraio a Beirut. Il presidente della Siria, Bashar al-Assad, interverrà domani davanti al Parlamento nazionale per rivolgere ai deputati un discorso sulla crisi politica. Secondo l’agenzia Reuters, Assad dovrebbe annunciare un ritiro parziale delle truppe dal territorio libanese. Indiscrezione a cui dà credito anche il quotidiano libanese Al-Mustaqbal, fondato da Rafik Hariri. La Siria, secondo il giornale, attuerà un “ritiro  parziale” delle sue truppe dal Libano prima del prossimo 23 marzo, quando ad Algeri si riunirà l'annuale vertice dei capi di Stato e di governo della Lega Araba. Intanto, il ministro degli Esteri britannico, Jack Straw, ha affermato oggi che la Siria deve ritirarsi dal Libano, secondo quanto previsto dalla risoluzione Onu 1559, ma al contempo ha escluso un intervento militare straniero. Ieri, il principe ereditario saudita, Abdullah, ha incontrato il presidente siriano, Bashar al-Assad, esortandolo a dare soddisfazione alle richieste della comunità internazionale. Tuttavia, l’agenzia ufficiale siriana Sana ha negato stamani che il principe ereditario saudita abbia richiesto ad Assad di ritirare le proprie truppe dal Libano, pena un inasprimento dei rapporti tra Riad e Damasco. Infine, della questione libanese hanno parlato, in una conversazione telefonica, anche il presidente egiziano Hosni Mubarak e il leader libico Muammar Gheddafi.

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L’ex ministro dell'Interno ucraino Iuri Kravcenko è stato trovato morto nella sua casa di campagna. Secondo il portavoce del nuovo ministro degli Interni, Kravcenko si è suicidato. L’ex ministro - un fedelissimo dell'ex-presidente Leonid Kuchma - era sotto accusa per il caso Gongadze, giornalista autore di coraggiose inchieste-denuncia sulla corruzione nell'entourage di Kuchma, ucciso e decapitato nel 2000. Kravcenko avrebbe dovuto testimoniare oggi in procura. Un parlamentare comunista, citato dalla agenzia “Interfax”, ha dichiarato che il suo partito presenterà una formale richiesta perché Kuchma sia arrestato.

 

La Corea del nord ha reso noto oggi all’improvviso, senza fornire spiegazioni, il rinvio a tempo indeterminato del parlamento, che era stato convocato per mercoledì scorso. Secondo esperti sud coreani, il rinvio attuale dipende dalla crisi nucleare, giunta ormai ad una fase cruciale. L’agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha espresso ieri “seria preoccupazione” riguardo al recente annuncio della Corea del nord di possedere armi nucleari. Ma Pyongyang ha risposto di non voler tornare al tavolo dei negoziati. Il servizio di Chiaretta Zucconi:

 

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La Nord Corea sembra aver alzato uno steccato che la separa dal mondo esterno senza lasciare grandi speranze a coloro i quali speravano di poterla convincere a tornare al tavolo a negoziare a sei sulla crisi nucleare. La leadership comunista dice di essere stata d’accordo a dialogare con l’ex amministrazione Clinton, ma di non esserlo più con quella attuale che, precisa, mise fine ai negoziati nel 2001 rendendo non più valida la moratoria. L’annuncio di ieri giunge un giorno dopo che la Nord Corea, autoproclamatasi una potenza nucleare, aveva chiesto agli Stati Uniti le scuse formali per averla definita una parte dell’asse del male insieme ad Iraq ed Iran e un avamposto della tirannia. Tokyo, che confina con la Nord Corea attraverso il mar del Giappone, ha immediatamente condannato l’ultima dichiarazione di Pyongyang affermando, tuttavia, di voler continuare a lavorare insieme a Seul e Washington. Per l’Intelligence sud coreana la Nord Corea sta sviluppando motori per razzi “Taepodong 2” con un raggio di sei mila e settecento chilometri, capace di raggiungere lo Stato americano delle Hawaii. Tuttavia, Seul ritiene che Pyongyang manchi di tecnologia per lanciare questo tipo di missile.

 

Per la Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

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In primo piano anche il nucleare iraniano: il segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha chiesto all’agenzia internazionale per l’energia atomica, di fare nuove indagini sui tunnel che l’Iran sta costruendo nei pressi dei suoi impianti nucleari. I tunnel sarebbero in costruzione per proteggere le installazioni contro un eventuale attacco aereo americano o israeliano.

 

In Israele, il comitato centrale del Likud, il partito del premier Ariel Sharon, ha approvato ieri a Tel Aviv una risoluzione che chiede un referendum sul piano di ritiro dalla Striscia di Gaza e dal nord della Cisgiordania. La risoluzione è passata malgrado il voto contrario del primo ministro.

 

In un comunicato apparso su Internet, la cellula irachena di Al Qaeda si dichiara “capace di proseguire la guerra contro gli infedeli”. Un altro proclama sul web afferma che il leader del gruppo in Iraq, il super ricercato Al-Zarqawi rivolgerà presto un appello ai fedeli. Nel messaggio si rivendica la strage di Hilla di lunedì scorso e la paternità delle autobombe di giovedì a Baghdad.

 

In Francia, si terrà domenica 29 maggio il referendum per la ratifica del Trattato costituzionale europeo. Lo ha annunciato l'Eliseo in un comunicato. Il presidente Jacques Chirac aveva terminato ieri sera gli incontri con i rappresentanti dei partiti politici e dei movimenti rappresentati in Parlamento.

 

Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan ha auspicato un rafforzamento della missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo. La dichiarazione di Annan fa seguito alle recenti violenze nella provincia nord orientale congolese dell’Ituri. Qui, negli ultimi giorni, un attacco contro i Caschi Blu è costato la vita a nove soldati del Bangladesh. Le forze militari dell’Onu hanno poi sferrato un attacco contro due campi di miliziani, conclusosi con un bilancio di una cinquantina di morti, tra le file dei ribelli. Sono comunque ripresi, pur tra mille difficoltà, gli aiuti umanitari alle popolazioni sfuggite alla violenza. La nuova crisi rischia dunque di mortificare le speranze di pace, come sottolinea Raffaello Zordan, della rivista dei missionari Comboniani, “Nigrizia”, intervistato da Giancarlo La Vella:

 

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R. - Dovevano esserci elezioni il prossimo giugno, e quindi avere un presidente e non più i quattro vice-presidenti che ci sono ora, quindi, avere un assetto anche istituzionale più solido, ma questa data è stata cancellata. E poi, non dimentichiamo, che è in atto una smobilitazione di 300 mila combattenti per creare un nuovo esercito nazionale. Sul terreno esiste un’instabilità permanente, perché nemmeno all’epoca di Mobutu il governo di Kinshasa ha mai controllato l’intero territorio congolese.

 

D. – In questa situazione il pugno duro utilizzato in queste ultime ore dalle truppe internazionali, a guida ONU, non rischia di essere controproducente?

 

R. – Credo ci sia da tener conto di una obiettiva difficoltà di tener sotto controllo un territorio enorme. Poi c’è anche una qualche difficoltà da parte di chi dirige questi soldati che ha quindi anche la direzione politica di reggere la situazione.

 

D. – Ci sono poi le pesanti accuse fatte proprio nei confronti dei caschi blu di violenze sessuali nei confronti della popolazione civile …

 

R. – E’ chiaro che stiamo parlando di episodi che macchiano in maniera forte una presenza che, per definizione, dovrebbe difendere i deboli, garantire, a chi è messo in pericolo da situazione di conflitto, una certa sicurezza. Io credo si debba auspicare che venga fatta chiarezza al più presto e i tribunali adeguati decidano in fretta le responsabilità e le punizioni.

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In Togo, i partiti dell'opposizione hanno accettato di partecipare alle prossime elezioni presidenziali del 24 aprile, pur criticando la decisione di lasciare invariato un articolo della costituzione che impedisce la candidatura del principale esponente del fronte anti-governativo. Le elezioni presidenziali sono ritenute il passo necessario per uscire dalla crisi politica iniziata il 5 febbraio scorso, quando, poco dopo la morte del presidente Eyadema, i vertici militari nazionali lo hanno sostituito con il figlio.

 

L’Argentina cerca una via d’uscita dalla crisi. Il ministro dell’Economia, Lavagna, ha annunciato ieri che il 76 per cento degli investitori ha accettato l’offerta sui titoli di Stato in insolvenza. I creditori riceveranno nuove obbligazioni con un tasso di interesse più basso ed un tempo di scadenza più lungo, 42 anni. Il commento dell’economista Riccardo Moro, direttore della Fondazione Giustizia e Solidarietà, al microfono di Andrea Sarubbi:

 

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R. - E’ una soluzione per uscire da una situazione di impasse. Certo è onerosa per i risparmiatori che hanno comprato al valore “10” i titoli del debito argentino, perché la proposta dell’Argentina è di pagare “3” e di pagarli in 40 anni. E’ vero però che dei risparmiatori informati e consapevoli come sono quelli dei Paesi del Nord, che hanno acquistato questi titoli, sapevano benissimo che stavano guadagnando di più in ragione di un rischio.

 

D. – Chiaramente quella di Buenos Aires è una misura di emergenza ma la crisi Argentina è molto più profonda …

 

R. – Beh, assolutamente sì. L’Argentina, in quattro anni ha praticamente dimezzato il suo Pil. C’è stata una violenta crisi che ha creato anche fenomeni di povertà, che praticamente non dico non esistessero più, ma, quanto meno, ha deteriorato anche le condizioni sociali della popolazione. Un dato è quello della mortalità infantile che ha raggiunto il 20 per cento dei bimbi entro il quinto anno di età, un dato che in Argentina non era così consistente negli anni precedenti.

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Il re del marocco Mohamemd VI sarà a Madrid l’11 marzo per rendere omaggio alle vittime degli attentati nella capitale spagnola che, l’11 marzo dell’anno scorso, provocarono 192 morti e quasi duemila feriti.

 

Il commissario europeo allo sviluppo e gli aiuti umanitari, Louis Michel, s’incontrerà giovedì prossimo a Bruxelles con il ministro degli esteri cubano, Felipe Perez Roque. L’incontro segna la ripresa ufficiale dei contatti diretti tra l'UE e Cuba dopo una lunga crisi nei rapporti bilaterali iniziata nel giugno del 2003, a  seguito dell'arresto di numerosi dissidenti nell'isola.

 

Il cancelliere Gerhard Schroeder si recherà il 18 marzo prossimo a Parigi per un incontro informale con il presidente francese Jacques Chirac, il presidente russo Vladimir Putin e il premier spagnolo Jose Luis Zapatero.

 

 

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