RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
63 - Testo della trasmissione venerdì 4 marzo 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
La crisi libanese forse a un punto di svolta: domani il presidente siriano Assad potrebbe annunciare un ritiro parziale delle truppe dal Libano
Netto rifiuto della
Corea del Nord all’invito dell’Aiea a tornare al tavolo dei negoziati sulla
crisi nucleare.
4
marzo 2005
GLI ESERCIZI DI
RIABILITAZIONE DEL PAPA PROSEGUONO BENE. OGGI,
NONO GIORNO DEL RICOVERO
DEL PONTEFICE SONO GIUNTI AL GEMELLI
GLI AMBASCIATORI
D’ISRAELE E UCRAINA PRESSO LA SANTA SEDE.
GLI AUGURI DA TEHERAN
DEL PRESIDENTE IRANIANO KHATAMI
- Servizio della nostra
inviata al Policlinico, Roberta Gisotti -
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Mattinata tranquilla qui al Gemelli per il decorso post-operatorio di Giovanni
Paolo II, dopo il rassicurante bollettino medico di ieri, che ha attestato il
progressivo miglioramento delle condizioni di salute del Papa. E come di
consueto c’è stata stamani la visita del portavoce vaticano, Navarro-Valls, che
prima di lasciare l’ospedale ha detto ai giornalisti che gli esercizi di riabilitazione
del Papa continuano bene, riferendosi alle sedute di riabilitazione del respiro
e della fonazione, della parola quindi, che avvengono - aveva sottolineato ieri
– con la fattiva collaborazione del Santo Padre.
Per quanto riguarda l’interrogativo più pressante, ovvero quando Giovanni
Paolo II potrà lasciare il Gemelli, non c’è ancora una riposta. Navarro-Valls
ha però detto ieri che sarà il Papa, una volta tornato in Vaticano, a decidere
di partecipare ad uno o ad altro rito della Settimana Santa. E questo fa
sperare bene per un prossimo rientro. E si attende invece per domani la
conferma definitiva sulle modalità di partecipazione di Giovanni Paolo II alla
preghiera dell’Angelus domenicale. Con tutta probabilità il Papa, come domenica
scorsa - ha ripetuto oggi Navarro-Valls – si affaccerà alla sua finestra di
ospedale per dare la benedizione.
E come ogni giorno si rinnovano le espressioni e le manifestazioni di solidarietà
per il Papa sofferente, da parte di personalità in ogni campo e di persone
semplici. Stamane è giunto l’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Oded
Ben-Hur, che ha portato a Giovanni Paolo II una lettera del rabbino capo
d’Israele, Shlomo Amar, che il Papa ha ricevuto in Vaticano il 18 gennaio
scorso. Una lettera scritta in ebraico, che esprime auspici di pronta
guarigione ed è anche una preghiera che unifica – ha detto Ben-Hur – tutti i
pensieri del popolo ebraico e d’Israele. Nella lettera, che non è stata resa
nota, il rabbino Amar osserva che anche le altre religioni devono prendere
esempio da Giovanni Paolo II, che in 27 anni di Pontificato ha fatto così tanto
per promuovere la pace, il dialogo interreligioso e il bene dell’intera
umanità.
A seguire è giunto qui al Gemelli anche l’ambasciatore ucraino presso la
Santa Sede, Grygorii Khoruzhyi, che
ha portato i saluti del neo eletto presidente Yushenko. Mentre la presidente
dell’Associazione ucraina in Italia, Anna Unleva, ha portato in dono al Papa
un’icona fatta a mano da donne del suo Paese. Tra le autorità cittadine,
infine, dopo la visita nei giorni scorsi del sindaco Veltroni, ha portato oggi
il suo omaggio al Papa il presidente della provincia di Roma, Gasbarra, a nome
di tutti i 121 comuni della provincia. Tra gli attestati di partecipazioni
anche gli auguri del presidente dell’Iran, Khatami, di cui ha dato notizia il
nunzio apostolico a Teheran, mons. Mottola.
Dal Policlinico Gemelli, Roberta Gisotti, Radio Vaticana.
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L’EUCARISTIA, MISTERO CHE RENDE PRESENTI ALLO
STESSO TEMPO
IL MISTERO DELL’INCARNAZIONE E QUELLO DELLA
PASQUA.
IN VATICANO, SECONDA PREDICA DI QUARESIMA DI PADRE
CANTALAMESSA
- Servizio di Alessandro De Carolis -
L’Eucaristia nella doppia
visione giovannea e paolina è stata il perno della seconda predica di
Quaresima, tenuta da padre Raniero Cantalamessa ai membri della Curia vaticana.
Il dono che Dio stesso, attraverso Cristo, fa di sé all’uomo con il cibo
eucaristico deve spronare tutti i cristiani – ha detto il predicatore pontificio
– a fare della propria vita un dono al Padre e ai fratelli.
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L’Eucaristia ci assimila a
Cristo, ci fa vivere di lui e per lui, grazie al mistero di comunione proprio
del sacramento, che rende presente tanto il mistero dell’Incarnazione, tanto
quello della Pasqua. Tra storia, teologia e cristologia si è sviluppata anche
la seconda predica di Quaresima di padre Cantalamessa, ispirata dalla quinta
strofa dell’antico inno eucaristico Adoro
te devote, preso in esame sin dalle prediche di Avvento.
Eucaristia, dunque, tra
Incarnazione di Gesù e la sua Pasqua: lungo i secoli, l’uno e l’altro approccio
hanno alimentato due visioni dell’Eucaristia, distinte e complementari. La
visione desunta da San Giovanni si rifà all’Incarnazione, che l’evangelista
celebra in modo insistito sin dalle parole iniziali del suo proemio. Da questa
visione, ha spiegato padre Cantalamessa, trasse linfa la spiritualità eucaristica
“alessandrina”, per la quale l’Eucaristia “è un seme di immortalità” seminato
nell’uomo che ci fa diventare “concorporei” di Cristo attraverso la comunione
al suo corpo e al suo sangue. Inoltre, ha proseguito il predicatore della Casa
pontificia, questa visione accende una luce particolare sul “ruolo del Padre
nell’Eucaristia”:
“Il
Padre non solo ci dà l’Eucaristia, ma si dà nell’Eucaristia. Poiché c’è una
sola indivisa natura divina, ricevendo la divinità del Figlio noi riceviamo
anche il Padre. “Chi vede me vede il Padre”, significa anche “chi riceve me,
riceve il Padre”. Dopo aver ascoltato un giorno (era un sabato della seconda
settimana di Quaresima), il brano evangelico della parabola del figliol
prodigo, ho capito con chiarezza che la comunione mi offriva, seduta stante,
l’incredibile occasione per ricevere anch’io l’abbraccio perdonante del Padre.
E non solo mentalmente!”
La
visione dell’Eucaristia presente nella predicazione di San Paolo, invece, si
rifà soprattutto al sacrificio pasquale ed ha ispirato la spiritualità
antiochena. Una visione, ha detto padre Cantalamessa, che “arricchisce” e
“completa” l’approccio giovanneo. In questo caso, ha osservato il predicatore,
“l’Eucaristia, più che presenza reale di una persona, è vista come memoriale di
un evento, la morte e la risurrezione di Cristo”. E qui padre Cantalamessa ha
coniato una moderna parabola per spiegare come l’infinito amore di Gesù per Dio
lo spinga quotidianamente a far dono della propria vita a lui, invitando i suoi
“fratelli” ad unirsi al dono, in modo che esso giunga al Padre “come dono
indistinto di tutti i suoi figli”. Accostandosi alla Comunione, quindi, è come
se i cristiani contraessero un impegno:
“Sappiamo
che chi ha firmato un impegno ha poi il dovere di onorare la propria firma.
Questo vuol dire che, uscendo dalla Messa, dobbiamo fare anche noi della nostra
vita un dono d’amore per il Padre e per i fratelli. Tutta la vita del
cristiano, non solo il tempo della Messa, diventa così un’eucaristia”.
La
meditazione di padre Cantalamessa ha poi toccato il matrimonio, da sempre
considerato – in un’ottica di fede – “il simbolo dell’unione tra Cristo e la
Chiesa”. Questa unione mette in risalto il senso stretto di “appartenenza” non
solo spirituale ma anche fisica dei cristiani a Gesù:
“Quale
inesauribile motivo di stupore e di consolazione al pensiero che la nostra
umanità diventa l’umanità di Cristo! Ma anche quale responsabilità da tutto
ciò! Se i miei occhi sono diventati gli occhi di Cristo, la mia bocca quella di
Cristo, quale motivo per non permettere al mio sguardo di indugiare su immagini
lascive, alla mia lingua di parlare contro il fratello, al mio corpo di servire
come strumento di peccato”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l'articolo
di Giampaolo Mattei dal titolo "Inchiodati ai nostri letti sappiamo di
avere accanto il Papa": la testimonianza delle persone che al
"Gemelli" vivono l'esperienza della sofferenza.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata al cammino della Chiesa in Italia.
Nelle estere, Libano: la Siria
smentisce le pressioni saudite per ottenere il ritiro dell'esercito.
Per la rubrica dell'
"Atlante geopolitico" un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo
"India: parte dalle ferrovie la sfida sociale del Governo".
Nella pagina culturale, un
articolo di M. Antonietta De Angelis sulla mostra "Caravaggio: l'ultimo
tempo, 1606-1610": dal Museo di Capodimonte, a Napoli, alla National Gallery
di Londra.
Nelle pagine italiane, in
rilievo i temi del risparmio e della sanità.
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4
marzo 2005
APERTO OGGI A TORINO IL
WORLD POLITICAL FORUM
PER RICORDARE I 20 ANNI DELLA PERESTROIKA
- Intervista con il cardinale Achille Silvestrini
-
La Perestroika fu un vero
successo? E’ questo il primo interrogativo che hanno affrontato gli ex leader
dell’Europa orientale e l’ex presidente sovietico Mikhail Gorbaciov al World
Political Forum iniziato oggi a Torino per ricordare i 20 anni della
Perestroika. Ebbene, per Gorbaciov, la risposta è affermativa per quel che
concerne il processo democratico e la fruizione dei diritti di libertà fondamentali,
non lo è di sicuro se si fa riferimento al processo di distruzione dell’Unione
Sovietica e alla sua dissoluzione. Da Torino, il nostro inviato Stefano
Leszczynski.
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Il premio Nobel per la pace
russo, Mikhail Gorbaciov, ha sottolineato gli squilibri economici e sociali che
il mondo russo e i popoli delle repubbliche ex sovietiche hanno vissuto in
seguito alla comparsa di quello che ha definito “capitalismo selvaggio”. Ma dove
la Perestroika sembra avere vinto soprattutto è a livello internazionale
nell’aver determinato – sempre secondo Gorbaciov – la fine della guerra fredda,
della minaccia nucleare, della contrapposizione ideologica tra URSS e USA. Dai
ricordi del passato i dibattiti si spostano però presto sulla difficile
attualità internazionale. Il mondo
resta infatti in una situazione torbida in cui si stenta nella realizzazione
della vera pace, che - ha detto Gorbaciov citando Kennedy - “non è la pax
americana”. Un tema quello della pace ripreso anche dal cardinale Achille
Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, che
ha sottolineato l’irrinunciabile ruolo delle Chiese nel contribuire alla pace e
al cambiamento. Silvestrini ha inoltre rivolto un forte invito alla Chiesa ortodossa
russa del Patriarcato di Mosca, “che sentiamo – ha detto- in tutto sorella” ad
operare insieme in favore della pace.
Da tutti, anche dal generale Jaruzelski è stato ricordato il ruolo determinante di Giovanni
Paolo II nel sostenere il processo di
democratizzazione in Europa orientale e di averne favorito il percorso proprio
attraverso l’impegno concreto delle Chiese. Per l’ex presidente polacco
Jaruzelski più che la Perestroika poté la personalità e il carisma di Gorbaciov
nel cambiamento intercorso oltre-cortina. L’apertura russa infatti permise
anche attraverso la rivelazione di realtà storiche come quella del massacro
degli ufficiali polacchi a Katyn, di dare alla società polacca sufficiente
fiducia in se stessa per intraprendere il cammino della libertà. In sostanza
tutti i relatori, compreso l’ex presidente slovacco Rudolph Schuster,
concordano sulla validità di un processo che ha permesso a molti Paesi una
volta del Patto di Varsavia di riconquistare la propria dimensione europea.
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Ma per un commento sui nuovi
equilibri tra Oriente ed Occidente sentiamo il cardinale Achille Silvestrini,
prefetto emerito della Congregazione per le Chiese orientali, al microfono di
Emer McCarthy.
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R. – I popoli
che dall’Europa orientale vengono verso l’Unione Europea, sia quelli che entreranno,
sia quelli come la Russia che attendono di fare una collaborazione con l’UE,
hanno bisogno di un supporto di mentalità e siccome sono popoli cristiani, dove in parte sono
cattolici, come la Polonia e la Lituania, e in parte sono ortodossi, la
collaborazione tra cattolici ed ortodossi è prioritaria. Allora, io penso che
dobbiamo metterci insieme e cercare di evitare anche le diffidenze, i motivi di
dissenso e puntare invece a quella che è la grande prospettiva di cooperazione
di fronte ad un società che è sempre più secolarizzata e che nello stesso tempo
attende la testimonianza dei cristiani.
D. – 20 anni
dopo la Perestroika, lei ha visto qualche cambiamento nei rapporti tra Est ed
Ovest?
R. – Cambiamenti sì, a volte con
situazione un po’ contraddittorie. Cambiamenti positivi e altri, invece, di
diffidenza. Io credo che nei riguardi della Russia specialmente i Paesi europei
debbano avere una considerazione di grande rispetto, per riconoscerla nella sua
dignità, nella sua storia, nel suo peso specifico nella vita e nella storia
d’Europa.
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DOMANI
A PECHINO L’APERTURA DELLA SESSIONE DEL PARLAMENTO CINESE
- Intervista con Francesco
Sisci -
Una Pechino blindata dalle forze di sicurezza per il timore
di proteste, vedrà domani l’apertura della sessione annuale del Parlamento
cinese. Tra i temi all’esame dell’Assemblea Nazionale del Popolo, oltre ai temi
della disoccupazione e dell’istruzione legati al mondo rurale, c’è molta attesa
per l’approvazione della “legge anti-secessione”, che secondo le autorità
cinesi non vuole essere una “chiamata alle armi” contro Taiwan. Ma allora qual
è lo scopo di questa legge? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Francesco Sisci,
direttore dell’Istituto italiano di cultura a Pechino ed esperto di questioni
cinesi:
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R. –
Pechino, secondo la legge, deve intervenire nel caso che Taiwan dichiari formalmente
l’indipendenza. La giustificazione formale per Pechino, di questa legge, è che
già l’America e Taiwan, gli altri due attori di questo triangolo in equilibrio,
possono agire in base ad alcune leggi: uno è il “Taiwan act” americano, che
impone agli USA la difesa di Taiwan in caso di attacco, e l’altra è il ricorso
possibile per Taiwan, al referendum, che dichiari l’indipendenza formale. In
questo modo anche la Cina si dota di uno strumento legale che rende esplicita
la sua posizione.
D. – Ci si
aspetta qualche cosa da questa sessione sulla situazione delle aree rurali?
R. - Beh,
quello è il grande tema, proprio perché ci sono problemi sempre più grossi per
quanto riguarda le aree rurali. I contadini sono tassati troppo rispetto ai
cittadini, pagano più tasse in proporzione; inoltre creano problemi alle città
se il flusso migratorio è troppo grande, ma anche quando è troppo piccolo. Se è
troppo grande ci sono problemi sociali di aggiustamento nelle aree urbane, se
troppo piccolo c’è problema perché i cantieri che fabbricano le città giorno
per giorno, si nutrono di manodopera contadina. Quindi ci sono una serie, un
groviglio di problemi. Allora, una delle soluzioni potrebbe essere quella di diminuire il carico fiscale dei contadini
e portare più ricchezza nelle campagne.
D. – Ecco, il
problema delle aree rurali è legato anche al problema dell’istruzione obbligatoria,
visto che molti bambini sono costretti ad abbandonare le scuole proprio nelle
zone rurali. Sul piano dell’istruzione che cosa potrà venir fuori da questa
sessione annuale del Parlamento cinese?
R. - Su
questo poco. Quello dell’istruzione è, tra l’altro, uno dei problemi che ha a
che fare con le tasse, cioè molti distretti, molte contee rurali aumentano le
tasse per costruire la scuola e poi si fanno pagare, più o meno, rette scolastiche
per i bambini che vanno a scuola. Naturalmente si pagano le tasse, aumentano i
pesi, i fardelli per i contadini, c’è poi il problema degli insegnanti che non
si trovano, nessuno vuole andare ad insegnare nelle campagne, tutti vogliono
andare ad insegnare nelle città: è dunque un problema gigantesco che non credo
abbia soluzioni in vista anche perché è finito il tempo dell’istruzione
gratuita e questo è una cosa terribile in sé, ma è anche una cosa buona perché questo ha contribuito a sfaldare il
sistema assistenziale socialista che, da una parte reggeva un pezzo di Stato,
dall’altra parte, però, bloccava molti cambiamenti necessari. Ecco, su questo
non credo che in tempi brevi si possa pensare ad un ritorno, seppur parziale,
ad una istruzione sostenuta dal pubblico.
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IN CORSO A ROMA UN
SEMINARIO PROMOSSO DALLA CEI SUL CINEMA,
RISORSA PASTORALE NELL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI
- Interviste con don Paolo Giulietti e Alberto
Burlot -
“‘Portami al cinema’. Il cinema risorsa pastorale
nell’educazione dei giovani”: è il tema di un seminario promosso dalla CEI, in
corso a Roma fino a domani, presso la Pontificia Università Lateranense,
dedicato al servizio pastorale che può essere offerto alle nuove generazioni
attraverso il cinema. Un’iniziativa che vuole pensare a nuovi strumenti
educativi che si servano del linguaggio del grande schermo. Il servizio di
Tiziana Campisi:
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Al centro del dibattito, le attività di
cineforum nelle sale delle comunità come percorso educativo ed itinerario di
proposte qualificate, come strumento, insomma, che può contribuire alla
crescita culturale e allo sviluppo di una coscienza sociale. Voluto dalla
Conferenza Episcopale Italiana e dal Centro Interdisciplinare Lateranense, il
meeting vuole evidenziare quanto il cinema può essere un luogo comunitario di
lettura che interpella lo spettatore attraverso la forza e la profondità
dell’immagine. Ma che tipo di strumento educativo può essere, in particolare,
il cineforum? Don Paolo Giulietti, responsabile del servizio nazionale per la
pastorale giovanile della CEI.
R. - Il cinema che produce
emozioni può essere uno strumento che aiuta i giovani ad entrare in contatto
con se stessi, ad affrontare i problemi, a confrontarsi con gli altri.
Certamente ha bisogno di essere utilizzato in maniera educativa. Allora, un
cineforum che sappia, direi, lavorare le emozioni che il cinema suscita nei giovani,
che sappia aiutarli a parlare attorno a quello che loro vivono nel cinema ma
anche nella vita può essere davvero uno strumento adatto ai tempi”.
D. - Quali progetti ha
realizzato la CEI in proposito, nella pastorale giovanile?
R. – Per il percorso di
approfondimento verso la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia noi
abbiamo offerto alle diocesi tre volumetti con 10 proposte di schede filmografiche
ciascuno, centrati sui temi che caratterizzano il cammino della Chiesa italiana
verso Colonia. E questo è un primo segno di un possibile utilizzo pastorale del
cinema.
E
sulle attività di cineforum, nelle sale di comunità, l’Università Cattolica di
Milano ha condotto, recentemente, uno studio. Alberto Burlot, docente di
tecnica del linguaggio pubblicitario e semiotica del prodotto culturale ne
evidenzia i dati emersi:
“I giovani
frequentano le sale della comunità in modo piuttosto costante, con dati
significativamente superiori a quelli che, in generale, riguardano le sale
cinematografiche: dai 14 ai 17 anni per più del 68 per cento vanno alle sale
della comunità con gli amici e cercano e considerano essenziale per le sale
della comunità la programmazione di qualità”.
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4
marzo 2005
SUL TEMA “FAMIGLIA: UNA BUONA NOVELLA
PER L’INDIA”,
SI APRE OGGI A RANCHI L’ASSEMBLEA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE INDIANA.
AI LAVORI PARTECIPANO 114 VESCOVI
NEW DELHI. = “Famiglia: una buona novella per l’India”. E’ il tema
dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale indiana, che si apre oggi a
Ranchi, nello Stato del Jharkhand, con una solenne celebrazione eucaristica presieduta
dall’arcivescovo Pedro Lopez Quintana, nunzio apostolico in India e in Nepal.
L’incontro, che si concluderà il prossimo 8 marzo, vede riuniti 114 vescovi di
rito latino ed ospita altre due Conferenze episcopali di rito orientale: quella
siro-malabrese e quella siro-malankarese.
L’Assemblea è incentrata, in particolare, sul tema della pastorale
familiare nell’ambito della missione della Chiesa: i vescovi sono chiamati, in
particolare, ad elaborare nuove soluzioni e strategie pastorali per rendere la
famiglia sempre più protagonista della missione evangelizzatrice della Chiesa.
“Per la vita cristiana - scrive in un comunicato il vice segretario della
Conferenza episcopale, padre Sebastian – la famiglia è un luogo di importanza
capitale e la Sacra Famiglia è un modello per tutti noi”. “Ma oggi – aggiunge –
la vita della famiglia è a rischio perché è esposta ai pericoli della mobilità,
della povertà, del relativismo culturale e morale”. L’Assemblea ha anche il
compito di analizzare problemi, sfide, rischi e opportunità per la Chiesa
indiana nel terzo millennio. (A.L.)
“I CRISTIANI AFFOLLANO LE CHIESE E NON LASCIANO PIÙ
L’IRAQ”.
LO DICHIARA IL VESCOVO CALDEO DI BAGHDAD, MONS. ANDRAOS ABOUNA.
“I CRISTIANI IRACHENI PREGANO PER IL SANTO PADRE”,
AGGIUNGE IL SACERDOTE DI MOSSUL, PADRE NIZAR SEMAAN
BAGHDAD. = “I cristiani iracheni tornano nelle chiese per
assistere alla messa e non hanno più paura”. E’ quanto dichiara all’Agenzia
Asianews il vescovo ausiliare dei caldei di Baghdad, mons. Andraos Abouna, responsabile
della chiesa dell’Assunzione a Mansour, nella zona occidentale della capitale.
“Ci sono sempre meno cristiani che cercano asilo in altri Paesi”, spiega il
presule rimarcando che “molte famiglie stanno tornando a Baghdad dalla Siria”.
Mons Abouna sottolinea, inoltre, che dopo le elezioni dello scorso 30 gennaio
la situazione della capitale è migliorata: “La speranza sta crescendo, la
sicurezza migliora e l’esercito iracheno cattura un numero sempre maggiore di
terroristi”. “Le elezioni hanno reso gli iracheni orgogliosi - racconta mons.
Abouna - perché l’Iraq è il primo Paese mediorientale democratico”. Nel Paese
arabo, intanto, il rapporto tra la comunità cristiana ed il Papa è sempre più
stretto. “I cristiani iracheni – dice all’Agenzia Fides il sacerdote siriano di Mossul, padre Nizar Semaan - si
sentono veramente coinvolti dalla malattia di Giovanni Paolo II”. Le famiglie -
aggiunge - hanno l’abitudine di riunirsi la sera per recitare il rosario e da
giorni i cristiani pregano per la salute del Papa”. “Anche in questo difficile
momento per l’Iraq – conclude il sacerdote - vogliamo far sentire la nostra
voce ed elevare speciali preghiere per la guarigione del Santo Padre”. (A.L.)
LA CONFERENZA EPISCOPALE
UNGHERESE DEFINISCE UN ATTACCO CONTRO LA CHIESA LA RECENTE PUBBLICAZIONE, NEI
PAESI DELL’EUROPA DELL’EST,
DI UNA LISTA CON I NOMI DI PRESUNTI
COLLABORAZIONISTI DEL REGIME COMUNISTA, TRA I QUALI DIVERSI PRETI
- A cura di Amedeo Lomonaco -
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BUDAPEST. = “I preti cattolici ungheresi, accusati
di essere stati collaborazionisti durante il regime comunista, sono stati
vittime di un sistema disumano”. Lo afferma in un comunicato il segretario
della Conferenza episcopale ungherese, mons. András Veres, dopo la recente
pubblicazione in diversi Paesi europei dell’Est di una lista di spie attive
durante il comunismo. Tra i nomi divulgati, figurano anche quelli di vescovi e
sacerdoti. Durante il regime comunista, ogni settore della società era sotto
osservazione, spiega mons. Veres, precisando che “il Partito comunista ha
stabilito un sistema di osservazione anche tra i preti e i religiosi, perché considerati
il principale nemico ideologico”. Per mantenere in vita questo sistema -
aggiunge il presule – è stata usata ogni forma di terrore fisico e mentale.
Molte persone, tra le quali diversi religiosi e preti - si legge inoltre nel
comunicato – non hanno collaborato e hanno sacrificato le loro vite. “La Chiesa
cattolica – dichiara mons. Veres – ha pagato un tributo per il loro coraggio,
altri hanno lasciato il Paese ed alcuni sono caduti sotto il peso delle
tribolazioni ed hanno accettato di collaborare diventando vittime di un sistema
disumano”. I sacerdoti vittime di quel regime, conclude il segretario della
Conferenza episcopale ungherese, potrebbero subire oggi un nuovo torto:
pubblicare liste di origine incerta – precisa il presule – costituisce un
attacco contro la Chiesa.
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I VESCOVI DI COLOMBIA ED ECUADOR DENUNCIANO, CON UN DOCUMENTO CONGIUNTO,
LE VESSAZIONI E I MALTRATTAMENTI SUBITI DA MOLTI CLANDESTINI
CHE
HANNO TENTATO DI VARCARE LA FRONTIERA TRA I DUE PAESI
BOGOTA’. = Continuano ad essere
impuniti gli episodi di abuso e di corruzione delle forze di polizia di
frontiera tra Colombia e d Ecuador nei confronti degli immigrati. E’ quanto dichiarano
i vescovi colombiani ed ecuadoriani delle diocesi di confine, denunciando le vessazioni
e le violenze subite da molte persone che hanno tentato di varcare clandestinamente
la frontiera dei due Paesi. A margine del 14.mo Incontro bilaterale sulla
pastorale di frontiera, tenutosi in Colombia dal 21 al 23 febbraio a Tumaco, i
presuli hanno redatto un comunicato finale congiunto, nel quale annunciano un
“impegno comune per risolvere il problema”. “I vescovi dei due Paesi - si legge
nella nota - hanno rafforzato la loro unione per arrivare a mettere a punto una
comune azione proprio perché seriamente preoccupati per i migranti, i
clandestini, gli sfollati, i rifugiati, gli indigeni e tutti coloro che sono
stati privati della loro libertà”. Siamo molto preoccupati - aggiungono i
vescovi - perché le normative vigenti
dalla polizia di frontiera vengono sistematicamente ignorate o non applicate.
Nel comunicato si rimarca come proseguano maltrattamenti di ogni genere, quali
“l’eliminazione dei documenti di identità, la discriminazione, la corruzione e
persino violenze sessuali”. I presuli colombiani ed ecuadoriani rivolgono,
infine, un appello alle autorità dei due Paesi, alle forze armate che prestano
servizio al confine e alla società civile affinché “conoscano, riconoscano e
facciano rispettare le norme del diritto internazionale, dei diritti umani e
dei diritti del rifugiato”. (D.D.)
TERMINA DOMANI IL FESTIVAL PANAFRICANO DI CINEMA E
TELEVISIONE CHE,
DALLO SCORSO 26 FEBBRAIO, HA PROPOSTO IN BURKINA
FASO NUMEROSE E
AFFASCINANTI PELLICOLE. UNA FRA TUTTE: QUELLA DEL
REGISTA CAMERUNENSE PENDA SULLA VITA DEI PIGMEI
OUAGADOUGOU. = Si conclude domani ad Ouagadougou,
capitale del Burkina Faso, il XIX festival panafricano del cinema e della
televisione (FESPACO). Durante la manifestazione, sono state proiettate 172
pellicole. Si tratta di lungometraggi, cortometraggi, fiction e documentari. Le
giurie ufficiali sono tre, presiedute per i lungometraggi dal regista
marocchino Souheil Ben Barka, già premiato nel 1973 con il massimo premio
africano del cinema. Tra le molteplici iniziative che hanno caratterizzato la
XIX edizione del Festival, ha riscosso grande interesse il seminario sulle
“Sfide della preparazione professionale alla luce delle nuove tecnologie” e
l’ampio spazio dedicato al “Mercato internazionale del cinema e della
televisione africani” (MICA), creato 12 anni fa per facilitare l’inserimento
delle opere africane nel mercato internazionale. Ma a suscitare particolare
commozione è stato soprattutto un documentario del regista camerunese, Said
Penda, sulla vita dei pigmei che, privati del loro habitat naturale, sono stati
resi schiavi dei loro padroni di etnia bantu. Da cacciatori nomadi, abituati a
vivere nelle foreste dell’Africa centrale, i “danzatori degli dei”, come li
chiamavano gli egiziani 4 mila anni fa, hanno subito gradualmente un processo
di emarginazione. “La percezione popolare è che siano incivili, barbari,
selvaggi, sporchi e soprattutto subumani”, ha affermato un portavoce
dell’organizzazione “Refugees International”. Con le sue immagini crude, il
film del regista camerunense ha scosso il pubblico. Attualmente, il cinema
africano risulta molto attivo sul piano internazionale, anche se dipende molto
da sovvenzioni esterne, come quelle dell’Unione Europea. (M.V.S.)
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4
marzo 2005
- A cura
di Alessandro Gisotti -
In Medio Oriente, è
sempre in primo piano la pacifica rivoluzione libanese che punta al ritiro, dal
territorio nazionale, delle truppe siriane. Anche l’Arabia Saudita ha chiesto
alla Siria di ritirarsi, anche se i siriani hanno oggi smentito la notizia.
Domani, il presidente siriano Bashar al-Assad pronuncerà un discorso al
Parlamento di Damasco sulla crisi libanese. Il nostro servizio:
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Potrebbe essere
vicino il punto di svolta della crisi libanese, innescata dall’assassinio
dell'ex premier Rafik Hariri, il 14 febbraio a Beirut. Il presidente della
Siria, Bashar al-Assad, interverrà domani davanti al Parlamento nazionale per
rivolgere ai deputati un discorso sulla crisi politica. Secondo l’agenzia Reuters,
Assad dovrebbe annunciare un ritiro parziale delle truppe dal territorio libanese.
Indiscrezione a cui dà credito anche il quotidiano libanese Al-Mustaqbal,
fondato da Rafik Hariri. La Siria, secondo il giornale, attuerà un “ritiro parziale” delle sue truppe dal Libano prima
del prossimo 23 marzo, quando ad Algeri si riunirà l'annuale vertice dei capi
di Stato e di governo della Lega Araba. Intanto, il ministro degli Esteri
britannico, Jack Straw, ha affermato oggi che la Siria deve ritirarsi dal Libano,
secondo quanto previsto dalla risoluzione Onu 1559, ma al contempo ha escluso
un intervento militare straniero. Ieri, il principe ereditario saudita, Abdullah,
ha incontrato il presidente siriano, Bashar al-Assad, esortandolo a dare soddisfazione
alle richieste della comunità internazionale. Tuttavia, l’agenzia ufficiale siriana
Sana ha negato stamani che il principe ereditario saudita abbia richiesto ad
Assad di ritirare le proprie truppe dal Libano, pena un inasprimento dei
rapporti tra Riad e Damasco. Infine, della questione libanese hanno parlato, in
una conversazione telefonica, anche il presidente egiziano Hosni Mubarak e il
leader libico Muammar Gheddafi.
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L’ex ministro
dell'Interno ucraino Iuri Kravcenko è stato trovato morto nella sua casa di
campagna. Secondo il portavoce del nuovo ministro degli Interni, Kravcenko si è
suicidato. L’ex ministro - un fedelissimo dell'ex-presidente Leonid Kuchma -
era sotto accusa per il caso Gongadze, giornalista autore di coraggiose
inchieste-denuncia sulla corruzione nell'entourage di Kuchma, ucciso e
decapitato nel 2000. Kravcenko avrebbe dovuto testimoniare oggi in procura. Un
parlamentare comunista, citato dalla agenzia “Interfax”, ha dichiarato che il
suo partito presenterà una formale richiesta perché Kuchma sia arrestato.
La Corea del
nord ha reso noto oggi all’improvviso, senza fornire spiegazioni, il rinvio a
tempo indeterminato del parlamento, che era stato convocato per mercoledì
scorso. Secondo esperti sud coreani, il rinvio attuale dipende dalla crisi nucleare,
giunta ormai ad una fase cruciale. L’agenzia internazionale per l’energia
atomica (Aiea) ha espresso ieri “seria preoccupazione” riguardo al recente annuncio
della Corea del nord di possedere armi nucleari. Ma Pyongyang ha risposto di
non voler tornare al tavolo dei negoziati. Il servizio di Chiaretta Zucconi:
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La Nord
Corea sembra aver alzato uno steccato che la separa dal mondo esterno senza
lasciare grandi speranze a coloro i quali speravano di poterla convincere a
tornare al tavolo a negoziare a sei sulla crisi nucleare. La leadership comunista
dice di essere stata d’accordo a dialogare con l’ex amministrazione Clinton, ma
di non esserlo più con quella attuale che, precisa, mise fine ai negoziati nel
2001 rendendo non più valida la moratoria. L’annuncio di ieri giunge un giorno
dopo che la Nord Corea, autoproclamatasi una potenza nucleare, aveva chiesto agli
Stati Uniti le scuse formali per averla definita una parte dell’asse del male insieme
ad Iraq ed Iran e un avamposto della tirannia. Tokyo, che confina con la Nord
Corea attraverso il mar del Giappone, ha immediatamente condannato l’ultima
dichiarazione di Pyongyang affermando, tuttavia, di voler continuare a lavorare
insieme a Seul e Washington. Per l’Intelligence sud coreana la Nord Corea
sta sviluppando motori per razzi “Taepodong 2” con un raggio di sei mila e
settecento chilometri, capace di raggiungere lo Stato americano delle Hawaii.
Tuttavia, Seul ritiene che Pyongyang manchi di tecnologia per lanciare questo
tipo di missile.
Per la Radio Vaticana, Chiaretta
Zucconi.
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In primo piano
anche il nucleare iraniano: il segretario di Stato americano Condoleezza Rice
ha chiesto all’agenzia internazionale per l’energia atomica, di fare nuove
indagini sui tunnel che l’Iran sta costruendo nei pressi dei suoi impianti
nucleari. I tunnel sarebbero in costruzione per proteggere le installazioni contro
un eventuale attacco aereo americano o israeliano.
In Israele, il
comitato centrale del Likud, il partito del premier Ariel Sharon, ha approvato
ieri a Tel Aviv una risoluzione che chiede un referendum sul piano di ritiro dalla Striscia di Gaza e dal nord della
Cisgiordania. La risoluzione è passata malgrado il voto contrario del primo
ministro.
In un comunicato apparso su Internet, la cellula irachena
di Al Qaeda si dichiara “capace di proseguire la guerra contro gli infedeli”.
Un altro proclama sul web afferma che il leader del gruppo in Iraq, il super
ricercato Al-Zarqawi rivolgerà presto un appello ai fedeli. Nel messaggio si rivendica
la strage di Hilla di lunedì scorso e la paternità delle autobombe di giovedì a
Baghdad.
In
Francia, si terrà domenica 29 maggio il referendum per la ratifica del Trattato
costituzionale
europeo. Lo ha annunciato l'Eliseo in un comunicato. Il presidente Jacques
Chirac aveva terminato ieri sera gli incontri con i rappresentanti dei partiti
politici e dei movimenti rappresentati in Parlamento.
Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan ha auspicato un
rafforzamento della missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica
del Congo. La dichiarazione di Annan fa seguito alle recenti violenze nella
provincia nord orientale congolese dell’Ituri. Qui, negli ultimi giorni, un
attacco contro i Caschi Blu è costato la vita a nove soldati del Bangladesh. Le
forze militari dell’Onu hanno poi sferrato un attacco contro due campi di miliziani,
conclusosi con un bilancio di una cinquantina di morti, tra le file dei
ribelli. Sono comunque ripresi, pur tra mille difficoltà, gli aiuti umanitari
alle popolazioni sfuggite alla violenza. La nuova crisi rischia dunque di
mortificare le speranze di pace, come sottolinea Raffaello Zordan, della
rivista dei missionari Comboniani, “Nigrizia”, intervistato da Giancarlo La
Vella:
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R. -
Dovevano esserci elezioni il prossimo giugno, e quindi avere un presidente e
non più i quattro vice-presidenti che ci sono ora, quindi, avere un assetto
anche istituzionale più solido, ma questa data è stata cancellata. E poi, non
dimentichiamo, che è in atto una smobilitazione di 300 mila combattenti per
creare un nuovo esercito nazionale. Sul terreno esiste un’instabilità permanente,
perché nemmeno all’epoca di Mobutu il governo di Kinshasa ha mai controllato
l’intero territorio congolese.
D. – In questa situazione il
pugno duro utilizzato in queste ultime ore dalle truppe internazionali, a guida
ONU, non rischia di essere controproducente?
R. – Credo ci sia da tener conto
di una obiettiva difficoltà di tener sotto controllo un territorio enorme. Poi
c’è anche una qualche difficoltà da parte di chi dirige questi soldati che ha
quindi anche la direzione politica di reggere la situazione.
D. – Ci sono poi le pesanti
accuse fatte proprio nei confronti dei caschi blu di violenze sessuali nei
confronti della popolazione civile …
R. – E’ chiaro che stiamo
parlando di episodi che macchiano in maniera forte una presenza che, per
definizione, dovrebbe difendere i deboli, garantire, a chi è messo in pericolo
da situazione di conflitto, una certa sicurezza. Io credo si debba auspicare
che venga fatta chiarezza al più presto e i tribunali adeguati decidano in
fretta le responsabilità e le punizioni.
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In Togo, i partiti dell'opposizione hanno accettato di
partecipare alle prossime elezioni presidenziali del 24 aprile, pur criticando
la decisione di lasciare invariato un articolo della costituzione che impedisce
la candidatura del principale esponente del fronte anti-governativo. Le
elezioni presidenziali sono ritenute il passo necessario per uscire dalla crisi
politica iniziata il 5 febbraio scorso, quando, poco dopo la morte del
presidente Eyadema, i vertici militari nazionali lo hanno sostituito con il
figlio.
L’Argentina cerca una via
d’uscita dalla crisi. Il ministro dell’Economia, Lavagna, ha annunciato ieri
che il 76 per cento degli investitori ha accettato l’offerta sui titoli di
Stato in insolvenza. I creditori riceveranno nuove obbligazioni con un tasso di
interesse più basso ed un tempo di scadenza più lungo, 42 anni. Il commento
dell’economista Riccardo Moro, direttore della Fondazione Giustizia e
Solidarietà, al microfono di Andrea Sarubbi:
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R. - E’
una soluzione per uscire da una situazione di impasse. Certo è onerosa per i risparmiatori
che hanno comprato al valore “10” i titoli del debito argentino, perché la
proposta dell’Argentina è di pagare “3” e di pagarli in 40 anni. E’ vero però
che dei risparmiatori informati e consapevoli come sono quelli dei Paesi del
Nord, che hanno acquistato questi titoli, sapevano benissimo che stavano
guadagnando di più in ragione di un rischio.
D. – Chiaramente quella di
Buenos Aires è una misura di emergenza ma la crisi Argentina è molto più
profonda …
R. – Beh, assolutamente sì.
L’Argentina, in quattro anni ha praticamente dimezzato il suo Pil. C’è stata
una violenta crisi che ha creato anche fenomeni di povertà, che praticamente
non dico non esistessero più, ma, quanto meno, ha deteriorato anche le condizioni
sociali della popolazione. Un dato è quello della mortalità infantile che ha
raggiunto il 20 per cento dei bimbi entro il quinto anno di età, un dato che in
Argentina non era così consistente negli anni precedenti.
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Il re del marocco Mohamemd VI sarà a Madrid l’11 marzo per rendere
omaggio alle vittime degli attentati nella capitale spagnola che, l’11 marzo
dell’anno scorso, provocarono 192 morti e quasi duemila feriti.
Il commissario europeo allo sviluppo e gli aiuti umanitari, Louis Michel,
s’incontrerà giovedì prossimo a Bruxelles con il ministro degli esteri cubano,
Felipe Perez Roque. L’incontro segna la ripresa ufficiale dei contatti diretti
tra l'UE e Cuba dopo una lunga crisi nei rapporti bilaterali iniziata nel giugno
del 2003, a seguito dell'arresto di
numerosi dissidenti nell'isola.
Il cancelliere Gerhard Schroeder si recherà il 18 marzo prossimo a Parigi
per un incontro informale con il presidente francese Jacques Chirac, il presidente
russo Vladimir Putin e il premier spagnolo Jose Luis Zapatero.
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