RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
61 - Testo della trasmissione mercoledì 2 marzo 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il cardinale Antonelli celebra oggi a Firenze i funerali del poeta e senatore a vita Mario Luzi
E’ nata in Australia una nuova tv cattolica
Violenti scontri in Congo: le forze dell’ONU, rispondendo al fuoco, avrebbero ucciso tra i 50 e i 60 guerriglieri
Ucciso un giudice del Tribunale speciale per il processo agli ex dirigenti di Saddam. Nove morti in due esplosioni a Baghdad mentre i medici dell’ospedale protestano contro la presenza di militari
Il governo cinese vara nuovi
regolamenti per garantire la libertà religiosa ma i controlli sulle attività
delle varie confessioni restano strettissimi
2 marzo 2005
IL PAPA PROSEGUE AL
POLICLINICO GEMELLI GLI ESERCIZI DI RIABILITAZIONE DOPO L’OPERAZIONE DI
TRACHEOTOMIA.
TANTI I PELLEGRINI OGGI ALL’OSPEDALE. SEI
AMBASCIATORI DELL’EST EUROPEO GLI REGALANO UN’ICONA DELLA VERGINE.
IL
CARDINALE DI COLONIA MEISNER PARLA CON IL PONTEFICE: LA SUA VOCE - AFFERMA
- E’ PIU’ FORTE DI QUANTO PENSASSI
- Intervista con padre Konrath Hejmo e Vladimir Gradev -
Al
suo settimo giorno di ricovero al Policlinico Gemelli, Giovanni Paolo II
prosegue gli esercizi di riabilitazione del respiro e della fonazione in
seguito all’operazione di tracheotomia, giovedì scorso. Domani sarà diramato il
nuovo bollettino medico sulle sue condizioni di salute. La mattinata
all’ospedale è stata piuttosto movimentata con l’arrivo di numerosi fedeli, in
particolare dalla Polonia, e di alcuni ambasciatori dell’Est europeo accreditati
presso la Santa Sede. Poco fa ha parlato con il Papa il cardinale Joaquim Meisner,
arcivescovo di Colonia. Ma diamo la linea al nostro inviato Alessandro De
Carolis:
**********
La voce del Papa “è più forte di
quanto mi aspettassi”. E’ il cardinale arcivescovo di Colonia, Joachim Meisner,
appena disceso dalla visita con Giovanni Paolo II, a fornire un aggiornamento
sulle condizioni di salute del Papa. Il porporato, capo della diocesi che ad
agosto ospiterà la GMG, si è detto ottimista sulla presenza del Pontefice in
Germania. “La mia personale visione -
ha detto - è che il Santo Padre possa essere in agosto a Colonia”. “I tedeschi
cattolici - ha aggiunto - aspettano il Santo Padre” e a lui, il cardinale
Meisner ha riferito di aver detto che più ancora che la sua parola è importante
la presenza. Intanto, il mercoledì “orfano” dell’udienza generale del Papa si è
trasformato ugualmente, qui al Gemelli, in un momento di raccoglimento e di
solidarietà verso Giovanni Paolo II, grazie anzitutto ai vari gruppi di fedeli
che hanno trasferito in qualche modo nell’area dell’ospedale le atmosfere
dell’Aula Paolo VI. Sin da questa mattina, 500 persone provenienti dalla
Polonia – tra le quali un centinaio di malati e disabili da Varsavia - si sono
raggruppate, insieme ad un gruppo di polacchi di Chicago, sul piazzale esterno
del Gemelli che dà verso le finestre dell’alloggio del Papa. Hanno intonato
canti tradizionali e religiosi resistendo a lungo ai rigori di una luminosa ma
gelida mattinata romana.
(canti polacchi)
Ai nostri microfoni, padre
Konrath Hejmo, il religioso polacco che accompagnava i pellegrini, spiega il
perché della loro presenza al Gemelli:
R. – E’ arrivato un aereo
speciale da Varsavia con questi malati. Avevano stabilito in precedenza un
incontro con il Santo Padre in Vaticano, e quindi adesso sono qui.
D. - Avete pensato a una qualche
preghiera particolare, ad un messaggio per il Papa?
R. – Hanno composto una lunga
preghiera come intenzione per la salute del Santo Padre, con la protezione dei
Beati Giacinta e Francesco.
Il gruppo polacco da Chicago ha
anche portato con sé un ostensorio in oro e argento con l’intenzione di farlo
benedire dal Pontefice per poi riportarlo nelle parrocchie delle loro città. Ai
polacchi si sono aggiunti in seguito 180 studenti statunitensi dell’Università
francescana dell’Ohio. Si sono riuniti nella cappella dell'ospedale per recitare
un rosario per il pronto ritorno in salute di Giovanni Paolo II. E’ stato un
momento di grande commozione collettiva. Molte le lacrime sui visi di ragazzi e
ragazze che si sono intrecciate alle note dei canti intonati con trasporto.
E la preghiera per il Papa sarà il filo
conduttore anche della veglia mariana che sabato prossimo vedrà migliaia di
docenti e studenti degli atenei europei riunirsi alle 17.30 in 10 cattedrali e
santuari del Continente – da Kiev a Lisbona - e nell'Aula Paolo VI in Vaticano,
in collegamento via satellite in occasione della III Giornata europea degli
universitari. Per finire, tra le visite eccellenti di oggi, qui al Policlinico,
va registrata quella di sei ambasciatori presso la Santa Sede: Vitaly Litvin,
in rappresentanza della Federazione Russa, Vladimir Gradev (Bulgaria), Darko
Tanasković (Serbia-Montenegro), Mihail Dobre (Romania), Gorge Poulides
(Cipro) e Stavros Lykidis (Grecia). Si tratta di Paesi a maggioranza ortodossa
che hanno voluto stringersi attorno al Pontefice con un messaggio e un dono:
una bella icona mariana proveniente da Cipro per rammentare al Papa che l’est
Europa spera e prega per lui.
Dal Policlinico Gemelli, Alessandro De Carolis, Radio
Vaticana.
**********
E in
proposito la nostra inviata al Gemelli Giada Aquilino ha intervistato uno dei
diplomatici dei Paesi dell’Est europeo, l’ambasciatore bulgaro presso la Santa
Sede, Vladimir Gradev:
**********
R. –
Siamo commossi per la situazione del Papa. Tutti i nostri Paesi sono in
pensiero. Riceviamo ogni giorno molti messaggi dai nostri governi, ma anche da
gente semplice, dal popolo, che chiede informazioni. Ci dicono che nelle chiese
ortodosse si prega per la salute del Santo Padre. Noi rappresentiamo il nostro
popolo in questo sincero augurio per il suo ristabilimento completo. La forza e
il coraggio, che mostra il Santo Padre anche in questa prova, sono un grande
esempio per tutti noi. Tutti noi ci ricordiamo che in molti dei nostri Paesi il
Santo Padre è venuto recentemente in viaggio e gli auguriamo di cuore che
presto possa riprendere completamente la sua attività.
D. –
Avete portato un dono per il Santo Padre …
R. –
Il Santo Padre, entrando nell’ospedale, ha detto ancora una volta: “Totus
Tuus”. Noi, conoscendo il suo amore per la Madonna, che è molto venerata anche
nei Paesi ortodossi, nei Paesi dell’est, abbiamo pensato che questa icona potrà
fargli piacere e potrà pregare, meditare, pensare e sapere che i popoli
dell’Est sono con lui e pregano la Madonna per la sua salute.
**********
LE NAZIONI UNITE
RIVOLGONO “UN CORDIALE SALUTO E I MIGLIORI AUGURI” AL PAPA.
AD ESPRIMERE LA VICINANZA DELL’ONU, JEAN PING,
MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI DEL GABON E
PRESIDENTE DELLA 59.ESIMA ASSEMBLEA GENERALE
DELL’ORGANIZZAZIONE,
CHE QUESTA MATTINA HA INCONTRATO IN VATICANO IL
CARDINALE SEGRETARIO DI STATO, ANGELO SODANO
- A cura di Barbara Castelli -
Anche l’ONU si è unito al coro
affettuoso di auguri per Giovanni Paolo II. A recare i cordiali saluti, Jean
Ping, ministro degli Affari Esteri del Gabon e presidente della 59.esima Assemblea
Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Quest’ultimo, incontrando
stamani in Vaticano, il segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, ha
chiesto “anzitutto di presentare al Santo Padre l’espressione del deferente
cordiale saluto e dei migliori auguri da parte dell’ONU e sua personale”. Nel
corso del colloquio, ha reso noto il direttore della Sala Stampa
della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls, “si sono prese in esame le prospettive di riforma dell’ONU”
e “la situazione, ancora preoccupante, di diversi Paesi dell’Africa, con
particolare riferimento all’azione dell’Unione Africana”. “Sono stati pure toccati
– si legge ancora nella nota – alcuni aspetti concernenti la collaborazione tra
Chiesa e Stato nel Gabon, dove è in vigore un accordo-quadro tra la Santa Sede
e la Repubblica gabonese del 1997”. Al colloquio hanno assistito anche mons.
Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati, e Desiré Koumba, ambasciatore
del Gabon presso la Santa Sede.
21 ANNI FA IL PAPA FIRMAVA LA
LETTERA APOSTOLICA “SALVIFICI DOLORIS”,
SUL SENSO CRISTIANO DELLA
SOFFERENZA:
UN MISTERO ILLUMINATO DALLA
CROCE DI CRISTO.
MA L’ULTIMA PAROLA E’ LA
CERTEZZA DELLA RISURREZIONE
21 anni
fa, l’11 febbraio del 1984, nell’Anno Santo della Redenzione, Giovanni Paolo II
firmava la lettera apostolica “Salvifici Doloris”, sul senso cristiano
della sofferenza umana. Il Papa allora 63enne, da 5 anni salito al soglio
pontificio, offriva una intensa meditazione sul mistero del dolore. Oggi vi
riproponiamo la lettura di questo documento. La sintesi è di Sergio Centofanti:
**********
Il Papa parte dalla domanda che
si pone ogni essere umano: perché il male? Perché il dolore? E sottolinea
subito che ogni spiegazione appare insufficiente e inadeguata. “L’uomo, nella
sua sofferenza – scrive – rimane un mistero intangibile” . Ma “Cristo ci fa
entrare nel mistero e ci fa scoprire il perché della sofferenza” rispondendo
dalla Croce. Tuttavia – precisa Giovanni Paolo II - a volte c'è bisogno
“di un lungo tempo, perché questa risposta cominci ad essere … percepibile”. La
sua risposta è innanzitutto una chiamata:
“Cristo non spiega in astratto le ragioni
della sofferenza, ma prima di tutto dice: ‘Seguimi!’. Vieni! prendi parte con
la tua sofferenza a quest'opera di salvezza del mondo, che si compie per mezzo
della mia sofferenza! Per mezzo della mia Croce. Man mano che l'uomo prende la sua croce, unendosi
spiritualmente alla Croce di Cristo, si rivela davanti a lui il senso salvifico
della sofferenza. …E allora l'uomo trova nella sua sofferenza la pace interiore
e perfino la gioia spirituale”.
La risposta – scrive il Papa -
sta quindi nell’amore: Gesù “ benché innocente, si addossa le sofferenze di
tutti gli uomini, perché si addossa i peccati di tutti” e in questo modo,
traendo il bene anche dal male, vince l'artefice del male, che è Satana. “La
Croce di Cristo è diventata una sorgente, dalla quale sgorgano fiumi d'acqua
viva”. Tutti vi possono attingere. Così
“ soffrire significa diventare …particolarmente aperti all'opera
delle forze salvifiche di Dio, offerte all'umanità in Cristo”.
Fonte di gioia – sottolinea il
Pontefice - diventa allora “il superamento del senso d'inutilità della
sofferenza” che “non solo consuma l'uomo dentro se stesso, ma sembra renderlo
un peso per gli altri.... La scoperta del senso salvifico della sofferenza in
unione con Cristo trasforma questa sensazione deprimente”. Il
dolore vissuto con Gesù serve veramente alla salvezza dei fratelli e
delle sorelle.”Non solo quindi è utile agli altri, ma per di più adempie un
servizio insostituibile”. Secondo il Papa è il paradosso del Vangelo:
“le sorgenti della forza divina sgorgano proprio in mezzo all'umana debolezza”.
Quindi aggiunge:
“Allorché questo corpo è profondamente
malato, totalmente inabile e l'uomo è quasi incapace di vivere e di agire,
tanto più si mettono in evidenza l'interiore maturità e grandezza
spirituale, costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e
normali”.
Ma
alla fine – conclude Giovanni Paolo II – è il bene a vincere: è infatti solo
nella certezza della risurrezione che l’uomo trova “una luce completamente
nuova, che lo aiuta a farsi strada attraverso il fitto buio” della sofferenza e
del male.
**********
NOMINA
Il Santo Padre ha nominato
ausiliare dell'arcivescovo di Campo Grande, in Brasile, il sacerdote salesiano
Eduardo Pinheiro da Silva, responsabile dell’animazione pastorale della
Comunità Salesiana in Araçatuba, assegnandogli la sede titolare vescovile di
Gisipa.
Mons. Eduardo Pinheiro da Silva è nato il 20 gennaio 1959 a Lins,
nello Stato brasiliano di San Paolo. E’ stato ordinato sacerdote il 19 gennaio
1991. A Roma si è specializzato in pedagogia pastorale e pastorale giovanile
presso la Pontificia Università Salesiana.
CON UNA MESSA
NEL CARCERE ROMANO DI REGINA COELI SI CONCLUDE OGGI IL SEMINARIO SUI DIRITTI
UMANI DEI CARCERATI,
PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE
- Interviste con il cappellano e un detenuto del
Carcere di Fossombrone -
“Ero carcerato e siete venuti a
trovarmi”: queste parole di Gesù, che ha vissuto in prima persona l’esperienza
della prigione, sono state ricordate durante il seminario organizzato a Roma
dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace sul tema dei diritti umani dei detenuti.
Il seminario apertosi nella mattinata di ieri si conclude oggi pomeriggio con
una celebrazione eucaristica nel carcere di Regina Coeli. Il cardinale Renato
Raffaele Martino, presidente del dicastero, ha denunciato con forza le
persistenti violazioni dei diritti umani dei carcerati che nel mondo
raggiungono quasi i 9 milioni. Al seminario è presente anche un detenuto nel carcere
di Fossombrone, nelle Marche, Carmelo Gallico. Giovanni Peduto gli ha chiesto
quale sia la situazione di un carcerato:
**********
R. – Molto spesso essere
detenuto in un carcere significa, entrando, perdere la speranza e non riuscire
più a sentirsi un uomo, rischiare di perdere la dignità di uomo. Questa è la
condizione dei detenuti oggi, purtroppo, nelle carceri: la perdita di questa
speranza.
D. – Vi sentite capiti da chi
sta fuori?
R. – Le realtà, purtroppo,
bisogna viverle per riuscire a comprenderle perfettamente e credo che la realtà
di un carcere non si possa descrivere.
D. – Non c’è proprio nessuna
speranza?
R. – La speranza, per i
detenuti, è il pane quotidiano, è l’unica forza, la forza propulsiva per poter
continuare a sperare in un giorno, in un futuro, nel domani ... e quindi è
l’unica cosa che ci spinge ad andare avanti.
D. – Il Papa più volte ha
chiesto gesti di clemenza per i detenuti…
R. – Il Papa è molto amato da
tutti i detenuti perché lui è il fratello dei detenuti. Ha sempre dimostrato
questo grande amore, si è sempre ricordato di tutti i detenuti, ha lanciato più
volte questa richiesta di clemenza, che purtroppo è rimasta inascoltata, e
quindi è molto amato da tutti i detenuti e non
soltanto dai detenuti cattolici perché è veramente un fratello che
riesce a trasmettere il suo amore, e quindi questo amore è sentito da tutti i
detenuti ed è ricambiato.
**********
Ascoltiamo ora l’esperienza del
cappellano del carcere di Fossombrone, don Guido Spadoni, sempre al microfono
di Giovanni Peduto:
**********
R. – Questo carcere ha una struttura vecchia. Io non ho
una chiesa dove poter celebrare la Messa. Quindi, ogni domenica debbo andare
con un “cestino” per celebrarla. Forse le cose belle di questo carcere sono che
c’è un buonissimo rapporto fra me, gli operatori, gli agenti di polizia
penitenziaria e il direttore stesso. Questa amicizia si trasforma in un beneficio
per i detenuti. Ho la mia casa parrocchiale e sono riuscito in questi anni ad
ospitare in continuazione, tutti i mesi, qualche detenuto, per i famosi
permessi premio.
D. – Quando il carcerato rientra
nella società quale impatto ha?
R. – E’ proprio questo il
servizio che mi sto permettendo di fare nei confronti dei detenuti: ospitarli a
casa mia e quindi farli incontrare con le famiglie, farli lentamente reinserire
nella società. Sa cosa vuol dire? I figli incominciano a crescere. A 15 anni
una ragazza non accetta un padre che ha tanti anni da scontare in carcere.
Quindi, c’è già questo primo dissidio, questa distanza dalle proprie famiglie.
Poi vedo che per molti, venendo dal sud, è quasi impossibile ritornare a vivere
dopo la carcerazione in quegli ambienti. In tanti mi chiedono se posso trovare
loro una casa, se posso trovare loro un lavoro da queste parti. Abbiamo già
alcune di queste persone che si sono inserite in questo nostro contesto
marchigiano. Ogni volta che chiamano don Guido, state pur tranquilli che don
Guido è presente. Mi viene comunicato a voce, senza la classica domandina. Le
necessità sono quelle più impellenti, di ogni giorno, che sono purtroppo tante,
specialmente quando si ha a che fare con gli extracomunitari che non possono
telefonare e non hanno un familiare che li viene a trovare. Poi, non avendo
denaro, chiedono ogni giorno piccole cose.
**********
=======ooo========
Apre
la prima pagina il titolo "Da Cracovia ad Haifa, da Roma a Cotonou, le
suore di clausura circondano il Papa con il loro affetto": al
"Gemelli" il commosso pellegrinaggio dei giovani
polacchi ed americani.
Nelle
vaticane, un pagina dedicata alle Lettere, ai Messaggi ed alle iniziative quaresimali
nelle Diocesi italiane.
Nelle
estere, Repubblica Democratica del Congo: "Sanguinosa battaglia nell'Ituri
tra 'caschi blu' e bande di miliziani".
Per
la rubrica dell' "Atlante geopolitico", un articolo di Giuseppe Maria
Petrone dal titolo " 'Perestrojka' 20 anni dopo: non riuscì a cambiare
l'Urss".
Nella
pagina culturale, un articolo di Roberto Morozzo Della Rocca sul libro
"Gli internati militari italiani in Germania 1943-45".
Un
articolo di Franco Patruno sul film di Ferzan Ozpetek "Cuore Sacro".
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema del terrorismo.
=======ooo=======
2 marzo 2005
L’AREA
POSTSOVIETICA CHIEDE RIFORME, DEMOCRAZIA, LIBERTÀ:
LO SOTTOLINEA IL PRESIDENTE GEORGIANO, CHIAMANDO
IN CAUSA DIRETTAMENTE L’EUROPA.
OGGI SAAKASHVILI E’ IN MOLDAVIA, DOMANI SARA’ IN
ITALIA
- Il servizio di Fausta Speranza -
L’area postsovietica chiede
riforme, democrazia, libertà. Lo sottolinea, in un’intervista al quotidiano La
Repubblica, il presidente georgiano Saakashvili oggi in Moldavia, Paese che
voterà domenica prossima in un clima che si annuncia da “rivoluzione delle
rose”. L’opposizione democratica, scesa in piazza, chiede con fermezza ma senza
violenza di essere ascoltata. La stessa cosa è successa in Georgia e più di
recente in Ucraina dove, dopo settimane di manifestazioni pacifiche è stato
ottenuto lo svolgimento corretto di nuove elezioni vinte dal capo
dell’opposizione Yushenko. Il colore del suo partito è l’arancione e nella
capitale della Moldavia, Chisinau, in questi giorni, si vedono bandiere
arancioni. Dunque, dopo la Georgia e l’Ucraina anche la Moldavia chiede una
svolta democratica. E il presidente georgiano, che domani sarà in visita in
Italia, lo sottolinea chiamando in causa direttamente l’Europa: ricorda
l’appoggio sempre offerto da Bruxelles alle richieste di sostenere democrazia e
sviluppo. E si spinge a chiedere anche il possibile ingresso nell’Unione
Europea. Per capire come Bruxelles guarda a questa fase di sommovimento
nell’est, ascoltiamo Andrea Bonanni, analista delle questioni europee del quotidiano
La Repubblica:
**********
R. – Sicuramente con speranza, ma anche con una certa preoccupazione
perché questo sommovimento pone all’Europa, in modo sempre più pressante, un problema
di identità. Questi Paesi premono alle frontiere dell’Europa per poter entrare e
quindi l’Europa deve decidere se vuole diventare una specie di organizzazione
delle democrazie consolidate e nascenti o se, invece, vuole avere un’identità e
quindi confini definiti. La questione si è posta nei confronti dell’Ucraina e
si pone adesso nei confronti del Caucaso, ma non dimentichiamo che anche in
Medio Oriente ci sono una serie di fermenti. L’Europa diventa la calamita che
attira questi fermenti di democrazia nascente.
D. – Per come è la situazione
ora, è prevista la possibilità dell’entrata prossimamente della Bulgaria e poi
è previsto un rapporto diverso per gli altri Paesi, come ad esempio Georgia o
Armenia. Si parla di un “rapporto di partenariato e vicinato”. Ma, secondo te,
sarà possibile rivedere queste decisioni?
R. – Diciamo che la situazione
attuale sulla carta prevede possibilità di ingresso per la Bulgaria e la
Romania, e in una prospettiva più lunga anche per i Paesi dei Balcani che sono
stati traumatizzati dalla lunga guerra, la Serbia, la Bosnia. La Croazia è,
invece, un candidato ad entrare in tempi molto più rapidi. Poi c’è la questione
della Turchia e questo dovrebbe in teoria chiudere la fase di espansione. C’è
un vecchio progetto, che risale alla Commissione Prodi, che ribadisce
l’intenzione di stabilire dei confini e intorno a questi confini creare quello
che viene definito un anello degli amici con una serie di accordi di
partenariato molto forte, che prevedono anche cooperazione politica, sostegno
economico, incentivi per uno sviluppo democratico di Paesi come quelli in Medio
Oriente, cioè nel sud del Mediterraneo, o nei Balcani, che si stanno
affrancando da un passato di totalitarismo. Però, come dico, questa è la
dottrina acquisita, ma è una questione tuttora aperta perché poi, per esempio,
i nuovi membri dell’est hanno evidentemente dei legami più forti di quelli dei
Paesi tradizionali dell’Europa verso queste nuove democrazie. Hanno conosciuto,
come loro, il totalitarismo sovietico e hanno meccanismi di solidarietà molto
più intensi.
D. – In ogni caso, il presidente
georgiano chiede l’aiuto dell’Europa. Ma l’aiuto dell’Europa nei confronti di
questi Paesi che si affrancano dalla Russia di Putin significa fare i conti
proprio con Putin …
R. – Sì, sicuramente e anche su
questo fronte bisogna dire che l’Europa è attraversata da due correnti di
pensiero. C’è evidentemente la corrente di pensiero dell’Europa tradizionale,
franco-tredesca, della vecchia Europa occidentale, che è abituata a 50 anni di
convivenza, di realpolitik, per cui si dice cerchiamo di aiutare uno sviluppo
democratico della Russia, ma soprattutto cerchiamo di conviverci, di non
pestarci i piedi a vicenda. Dall’altra parte, c’è tutta la nuova Europa appena
entrata degli ex Paesi, degli ex satelliti del Patto di Varsavia, cioè Polonia,
Ungheria, che - come si diceva – hanno, da una parte, uno storico timore del
gigante russo, dall’altra parte, hanno dei meccanismi di forte solidarietà con
gli ex Stati dell’Unione Sovietica. Hanno anche una fortissima diffidenza verso
l’autocrazia russa, un’autocrazia che discende direttamente dalle strutture del
regime sovietico.
**********
IL MONDO SVILUPPATO SOTTO
ACCUSA PER LA SCARSA ATTENZIONE AI BAMBINI,
SEMPRE PIÙ POVERI NEI PAESI RICCHI, SECONDO UN
RAPPORTO
DEL CENTRO DI RICERCA INNOCENTI DELL’UNICEF,
PRESENTATO IERI A ROMA
- Il servizio di Roberta Gisotti -
**********
Nell’arco
di 10 anni oltre due terzi, 17 su 24, delle Nazioni industrializzate dell’OCSE
hanno registrato peggioramenti nella condizione dell’infanzia. Una classifica
che assolve i Paesi scandinavi del Nord Europa, che registrano un tasso di
povertà infantile sotto il 5 per cento, mentre in fondo alla classifica è il
Messico, con un tasso di quasi il 28 per cento, preceduto dagli Stati Uniti con
il 22 per cento e dall’Italia, ultima in Europa, con oltre il 16 per cento. Il
rapporto evidenzia come i governi dei Paesi sotto accusa abbiano privilegiato
piuttosto politiche sociali a favore degli anziani e della salute, dimenticando
l’infanzia, una grave svista da correggere quanto prima. Jerry Redmond, responsabile
della ricerca:
I THINK IT IS TRUE …
“Si è vero. Nella maggior parte
dei Paesi c’è una grande attenzione alla salute e agli anziani. Penso questo
sia dovuto in parte, forse, ai trend demografici. Ci sono più persone anziane
oggi di quante ce ne fossero 10 anni fa. In alcuni Paesi, non in tutti, ci sono
addirittura meno bambini. Ma oltre a tutto questo penso ci sia una lunga
tradizione, in molti Paesi, che riconosce le persone anziane come
particolarmente vulnerabili alla povertà. Ridurre la povertà tra gli anziani è
una priorità della politica sociale. E’ una cosa positiva. E’ importante
ridurre la povertà per tutti e forse ci dovremmo chiedere se i governi riusciranno
a dare le stesse priorità ai bambini nelle prossime decadi come hanno fatto per
gli anziani negli anni ’80 e ’90.”
Obiettivo
minimo comune da raggiungere secondo l’UNICEF è la soglia del 10 per cento, ma
occorrono provvedimenti seri per invertire una tendenza pericolosa per il
futuro delle società dei Paesi leader. Roberto Salvan, direttore generale
dell’UNICEF-Italia:
“Noi riteniamo che se si fanno
delle politiche, mettendo al centro effettivamente i bambini, gli adolescenti,
i ragazzi, investendo su di loro con poca retorica, ma con fatti veri e
concreti sull’aiuto alla genitorialità, sugli interventi che riguardano le
scuole materne, gli asili nido, sugli assegni di sussidio, qualora il padre
perda il lavoro e quant’altro, con questo tipo di interventi si può fare la
differenza e ridurre quello che è il gap relativo alla povertà infantile”.
**********
=======ooo=======
2 marzo 2005
POSSA VERIFICARSI QUANTO PRIMA UNA PIENA RICONCILIAZIONE TRA LA COREA
DEL NORD E QUELLA DEL SUD,
COSI’
DA PERMETTERE A TANTE FAMIGLIE DI POTERSI RICONGIUNGERE: E’ L’AUSPICIO
DELL’ARCIVESCOVO DI SEUL,
MONS.
CHEONG JIN-SUK, CONTENUTO NEL MESSAGGIO PER LA QUARESIMA
SEUL. = “Vita di perdono e di
riconciliazione”: è il titolo che accompagna il messaggio per la Quaresima
dell’arcivescovo di Seul, mons. Nicholas
Cheong Jin-suk. Nel documento - riferisce l’agenzia Fides - il presule
spiega che la conversione si ottiene mediante atti di digiuno, preghiera e
carità e sottolinea che “condividere quello che si ha con i bisognosi è un buon
mezzo per trascorre il periodo di Quaresima”. Ricordando che quest’anno ricorre
il 60.esimo anniversario della liberazione nazionale, mons. Cheong Kin-suk
auspica, in particolare, la pace e la riconciliazione fra la Corea del Nord e
quella del Sud, che permetterebbe a tante famiglie coreane, divise dalla
“cortina di bambù”, di incontrarsi e di riunirsi nuovamente. “La Quaresima – si
legge, infine, nel messaggio – invita alla conversione le persone e le
comunità. Vista la realtà della società odierna, i cristiani che credono e
seguono il Signore devono prima di tutto offrire un esempio della loro
conversione”. (B.C.)
IL FONDAMENTALISMO INDU’ SI E’
ABBATTUTO ANCORA UNA VOLTA SULLA COMUNITA’ CRISTIANA IN INDIA.
UCCISO SABATO SCORSO UN PASTORE PROTESTANTE IN
ORISSA
BHUBANESWAR. = Ennesima fiammata
di violenza ai danni della comunità cristiana in India. Un pastore pentecostale
è stato ucciso sabato scorso in Orissa, nel nord-est del Paese. Dilip Dalai, 22
anni, membro della comunità “Orissa Follow-Up”, è stato trovato pugnalato nella
sua abitazione a Begunia un villaggio nel distretto di Khurda, a 60 km dalla
capitale Bhubaneswar. I sospetti per l’omicidio sembrano cadere su Satrughan
Pal, un indù di Begonia, che in varie occasioni ha protestato contro la
presenza dei pastori cristiani e la loro predicazione. La polizia ha iniziato
le indagini, ma l’uomo si è già dato alla fuga. L’uccisione di Dalai giunge due
settimane dopo l’omicidio di un pastore battista, Gilbert Raj, ucciso sempre in
Orissa. Secondo il resoconto della polizia, Raj, prima di essere ucciso, è
stato torturato. Banchanidhi Nayak, vescovo della Chiesa dei credenti
dell’Orissa - riferisce l’agenzia Asianews - ha dichiarato che l’omicidio di
Dalai dimostra come “i cristiani non siano al sicuro” nello Stato. L’Orissa è
noto per le campagne dei fondamentalisti indù contro i tribali cristiani e le
cerimonie di riconversione forzata all’Induismo. Padre Marcus Doreng, parroco
di Nayagarh, un villaggio vicino a Begunia, ha chiesto, inoltre, al governo di
“adottare tutte le misure per proteggere i cristiani e il personale
ecclesiastico”, di fronte ai sempre più frequenti attacchi contro la minoranza
cristiana. I gruppi fondamentalisti indù, dal canto loro, hanno ribattuto che
la violenza di questi ultimi tempi in Orissa è “una reazione spontanea della
gente contro i missionari che vogliono fare conversioni”. (B.C.)
ENNESIMO PASSO AVANTI
NELL’EVANGELIZZAZIONE DELLA MONGOLIA.
I SALESIANI OTTENGONO UNA RESIDENZA PERMANENTE A
DAHRAN.
IL PROSSIMO 24 MAGGIO VERRA’ INAUGURATO UN
ORATORIO
ULAN-BATOR. = Successo per la
Chiesa in Mongolia. D’ora in poi una
piccola comunità di salesiani avrà la residenza permanente a Darhan. A
riferirlo l’Agenzia internazionale salesiana di informazione, spiegando che dal
28 febbraio scorso due missionari risiedono in via permanente nella città
situata circa 200 chilometri a nord della capitale Ulan-Bator, vicino al confine con la Russia. L’ANS
sottolinea, inoltre, che i salesiani sono interessati alla terza città della
Mongolia soprattutto per la presenza di giovani. Il lavoro dei sacerdoti a
Darhan inizierà il prossimo 24 maggio con l’apertura di un oratorio. La Chiesa
in Mongolia ha iniziato il suo cammino oltre 12 anni fa: i primi 3 missionari
sono stati l’attuale amministratore apostolico di Ulan-Bator, mons. Wenceslao Padilla, padre Robert Gooseens e
padre Gilbert Sales. Con il tempo i missionari sono diventati 45 e nel 2003 è
stata consacrata la prima cattedrale di Ulan-Bator, dedicata ai santi apostoli Pietro e Paolo. Nella
capitale vivono diversi giovani, poveri e senza famiglia, molti dei quali sono
costretti ad abitare in strada o sottoterra, nei canali d’acqua che attraversano
la città, sopportando temperature proibitive. Il governo accoglie e apprezza
l’intervento delle organizzazioni cattoliche, in particolare delle congregazioni
religiose, ma si stima che tra i suoi 2 milioni e 655 mila abitanti, i
cattolici siano solo circa 200 e 100 i catecumeni. In Mongolia - riferisce
l’agenzia Misna - non esiste una religione ufficiale, mentre le pratiche religiose
tradizionali (buddiste, musulmane, sciamaniche) si sono consistentemente
ridotte negli ultimi decenni. (B.C.)
ULTIMO COMMOSSO RICORDO
OGGI A FIRENZE DEL POETA E SENATORE A VITA MARIO LUZI.
“IL SUO MESSAGGIO – HA DETTO IL CARDINALE ANTONELLI,
DURANTE L’OMELIA – È QUANTO MAI ATTUALE E SALUTARE
COME ANTIDOTO ALLA VERTIGINE E ALL’ANGOSCIA DEL
NULLA, CHE SERPEGGIA NELLA CULTURA DEL NOSTRO TEMPO”.
PRESENTE AI FUNERALI ANCHE IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA CIAMPI
FIRENZE.
= “Mario Luzi è stato testimone di una speranza più forte di ogni dramma e di
ogni caducità. E’ stato profeta di un umanesimo aperto al mistero divino”. Con
queste parole, stamani, il cardinale Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze,
ha ricordato la figura del poeta e senatore a vita, spentosi lunedì scorso
nella sua abitazione fiorentina all’età di 90 anni. “Il suo messaggio – ha
detto il porporato ai duemila fedeli radunati nel Duomo di Santa Maria del
Fiore per i funerali – è quanto mai attuale e salutare come antidoto alla
vertigine e all’angoscia del nulla, che serpeggia nella cultura del nostro
tempo”. Citando diversi brani tratti da poesie di Mario Luzi, il cardinale
Antonelli ha quindi sottolineato come “da parte sua quest’uomo non si sia mai
stancato di cercare la sua via, nella vita e nella poesia, in costante ascolto
degli uomini, delle cose e del Mistero ineffabile”. “Luzi - ha concluso
l’arcivescovo di Firenze - aveva piena consapevolezza che la storia è tutta attraversata
dal bene e dal male e soggetta alla caducità. Tuttavia, amava la vita e non finiva
mai di stupirsi di essa come di un miracolo sempre nuovo che si sviluppa, si
rigenera e si diffonde”. Presenti nel Duomo per rendere l’ultimo commosso
saluto a Mario Luzi, i parenti e gli amici, nonché le autorità civili e
militari. Tra i banchi anche il presidente della Repubblica italiana, Carlo
Azeglio Ciampi. (B.C.)
PLAUSO NEL
MONDO PER LA SENTENZA DELLA CORTE SUPREMA DEGLI STATI UNITI,
CHE IERI HA DEFINITO “CRUDELE E INCOSTITUZIONALE”
LA CONDANNA A MORTE DI MINORENNI
NEW YORK. = Le principali
organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani hanno espresso
soddisfazione per la sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti, che ieri
ha definito incostituzionale l’esecuzione degli autori di omicidi commessi in
età inferiore ai diciotto anni. La decisione mette così fine alla pena di morte
per i minorenni, in vigore in 19 Stati americani. La sentenza ha effetto
immediato per circa 70 detenuti nel braccio della morte e impone agli Stati di
non chiedere più la pena capitale per i minori di 18 anni, perché ritenuta
“crudele” e contro i dettami della Costituzione. “Auspichiamo – ha detto
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International – che questa sentenza possa
essere a breve seguita da analoghe decisioni degli organi giudiziari e legislativi
in Arabia Saudita, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo e Iran, Paese in
cui dal 1990 sono state eseguite almeno 11 condanne a morte di minorenni”. Save
the Children, dal canto suo, si augura “che questo sia il primo, fondamentale
passo verso la ratifica della Convenzione sui Diritti del Fanciullo che gli
Stati Uniti, unico Paese al mondo, ancora non riconosce come documento
normativo vincolante”. Quella della Corte americana, per Sergio D'Elia,
segretario di ‘Nessuno tocchi Caino’, è “una decisione importante, che allinea
gli Stati Uniti al diritto internazionale e apre una breccia nel sistema
americano della pena di morte”. Per celebrare questo importante e significativo
passo, il Colosseo a Roma, in Italia, è stato illuminato a festa ieri sera.
(B.C.)
NATA IN
AUSTRALIA UNA NUOVA TV CATTOLICA.
SI TRATTA DELL’AUSTRALIAN CATHOLIC CHURCH
TELEVISION,
CHE SI PROPONE DI ANNUNCIARE AGLI ANGOLI DEL PAESE
LA PAROLA DI DIO
SYDNEY. = Aperto un nuovo canale
di evangelizzazione in Australia. E’ nata oggi sul canale “Aurora Community
Television”, la Australian Catholic Church Television (CCTVA). La nuova
emittente si rivolge principalmente ad un pubblico di comunità religiose
cristiane, associazioni non profit, organizzazioni non governative e gente comune.
Oltre che ai programmi cattolici, infatti, viene dato spazio nelle trasmissioni
a gruppi come l’Esercito della Salvezza, la Croce Rossa, Unicef, Mission
Australia e l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati. Il “volto” della televisione
cattolica è il gesuita padre Richard Leonard, che è stato nominato direttore.
“Per molti anni – ha dichiarato quest’ultimo all’agenzia Fides – la Chiesa
cattolica ha avuto pochissimo spazio sulla TV australiana. Per questo la Commissione
dei Media, in seno alla Conferenza episcopale, ha deciso di cogliere
l’opportunità delle trasmissioni satellitari per essere presente nell’offerta
televisiva del nostro Paese, per poter diffondere il più possibile la Buona
Novella di Cristo e la visione della Chiesa cattolica”. Attualmente il
palinsesto della Australian Catholic Church Television, accanto a programmi di
spiritualità e cultura, prevede anche la trasmissione della Santa Messa
giornaliera. (B.C.)
=======ooo=======
2 marzo 2005
- A cura
di Fausta Speranza -
Violenti scontri in Congo, nella
turbolenza regione dell’Ituri, dove le forze dell’ONU, dislocate nel Nord-Est
del Paese, sono state attaccate dai ribelli e rispondendo al fuoco avrebbero
ucciso tra i 50 e i 60 guerriglieri, impegnando perfino mezzi blindati ed
elicotteri d’assalto. La battaglia si è svolta ieri a Loga, nei pressi della
città di Bunia, nella stessa zona dove venerdì scorso avevano perso la vita
nove caschi blu del Bangladesh. Sono stati invece soldati ONU del Pakistan ad
ingaggiare ieri la cruenta battaglia, in una provincia ricchissima di
giacimenti minerari, oggetto da tempo di violente dispute fra gruppi armati
ribelli, ai danni della popolazione civile.
Ancora morte a Baghdad: ucciso,
insieme con il figlio, un giudice del Tribunale speciale iracheno (TSI),
impegnato nel processo ai dirigenti dell'ex regime di Saddam Hussein, mentre in
due diverse esplosioni, sempre nella capitale irachena, hanno perso la vita almeno
9 persone. C’è poi il disperato appello video dell'ostaggio cristiano
iracheno-svedese Minas Ibrahim al-Yussufi, leader del Partito democratico
cristiano iracheno, rapito il 28 gennaio. Nel filmato, recapitato ai familiari
dell'ostaggio e diffuso oggi dall'emittente panaraba 'al Arabiya', si appella
nuovamente al re di Svezia e a Giovanni Paolo II, agli ''uomini onesti'' in
Iraq e nel mondo perché gli salvino la vita, affermando di essere ora nel
'braccio della morte' delle Brigate della vendetta irachena. Il servizio di Fausta
Speranza:
**********
Per l'autobomba esplosa
all'ingresso di una base dell'esercito iracheno, sei i morti e 28 i feriti:
persone in fila per il reclutamento. L’altra autobomba è esplosa sempre nelle
prime ore della mattina ad un posto di blocco militare all'uscita Sud-Est di
Baghdad: tra le vittime tre soldati e l’attentatore kamikaze. Prima
dell’esplosione, colpi d'arma da fuoco che hanno distolto l'attenzione dei soldati.
E proprio all'ospedale della
capitale c’è tensione: i medici non lavorano: protestano per le violenze che
affermano di aver subito da parte di militari: senza cure, dunque, i feriti. I
dottori chiedono protezione durante il loro lavoro e la fine della presenza di
soldati armati (nell'ospedale), alcuni dei quali – sostengono - sparano in aria
con il rischio di mettere in pericolo la vita dei malati''. In questo momento,
i medici sono riuniti in un'ala amministrativa dell'ospedale Yarmuk, mentre i
militari, fra i quali c’è inquietudine, sono presenti in diverse aree della
struttura.
Intanto, a Mossul, il figlio di
un capo della polizia della provincia di Ninive è stato rapito mentre due
poliziotti sono stati uccisi. Episodi avvenuti ieri ma di cui si sa solo oggi.
Resta l’apprensione per gli ostaggi ancora in mano dei sequestratori in Iraq:
oltre all’impatto emotivo del video diffuso ieri della giornalista francese che
chiede drammaticamente aiuto, c’è speranza per la dichiarazione sempre ieri del
ministro dell’interno iracheno che ha detto di sperare in buone notizie a breve
per l’italiana Giuliana Sgrena.
**********
Il presidente dell'Autorità
nazionale palestinese, Abu Mazen, ha auspicato ''un maggior ruolo politico
dell'Unione Europea nel quartetto'' di mediatori internazionali per il processo
di pace in Medio Oriente (composto da UE, USA, Russia e ONU): lo ha fatto in un
incontro con la stampa insieme con l'Alto rappresentante UE per la politica
estera, Javier Solana. Abu Mazen ha ribadito la condanna, espressa ieri a
Londra, dell'attentato di venerdì a Tel Aviv e di ''ogni azione che possa
ritardare il processo di pace nella regione'', sottolineando, d'altra parte,
l'importanza dell'assistenza europea in aree quali ''la sicurezza, l'amministrazione
e altri settori di cui hanno bisogno i palestinesi''. Ricordando quanto espresso
ieri nel documento finale della conferenza internazionale di Londra, Solana ha
sottolineato che ''non sarà più accettato nulla che possa pregiudicare il buon
esito dei negoziati''.
L'opposizione libanese si riunirà
questo pomeriggio nel castello del leader druso Walid Jumblatt a Mukhtara,
sulle montagne dello Chouf, per discutere la posizione da assumere nelle consultazioni che il
presidente Emile Lahoud si appresta ad avviare per la designazione del
successore del premier Omar Karami,
dimessosi a sorpresa due giorni fa. Karami aveva sostituito Hariri al momento
in cui lasciava l’incarico per protestare contro la modifica della
Costituzione, approvata nell'ottobre scorso dal Parlamento di Beirut e
appoggiata dalla Siria, che autorizzava l'estensione del mandato presidenziale
per altri tre anni. Intanto, si parla di contatti per il sostegno del movimento
sciita libanese alle richieste dell'opposizione per la creazione di un
''governo transitorio'' che prepari le prossime elezioni di maggio e per il
ritiro dei 14 mila soldati siriani ancora presenti in Libano.
E la Siria,
intanto, continua a ricevere critiche per l’appoggio agli estremisti palestinesi.
Proprio la Jihad islamica basata a Damasco sarebbe responsabile del recente attentato
di Tel Aviv, ha detto ieri il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice,
nella riunione di Londra dedicata alle riforme dell’ANP. Un vertice che ha
ribadito l’importanza del sostegno alle istituzioni dell’Autorità nazionale palestinese
e il riferimento alla Road Map.
In Uruguay
ieri è stato il giorno di Tabaré Vázquez, primo presidente di sinistra nella
storia del Paese. Oltre 40 mila persone, tra cui diversi capi di Stato
stranieri, erano presenti alla sua investitura. Da Montevideo, Maurizio Salvi:
**********
Nelle parole e nei gesti, il presidente, Tabarè Vazquez,
si è attentamente preoccupato nel suo primo giorno di governo di segnare una
svolta e forse addirittura una rottura, con quanto fatto dai suoi predecessori
nei 20 anni trascorsi dalla fine della dittatura. E così, nel discorso di
investitura, ha riaffermato le sue profonde convinzioni sulla fondamentale
importanza della democrazia e, nel contempo, ha annunciato che il suo governo
darà priorità ai problemi dello sviluppo. Vazquez porta la sinistra al potere
per la prima volta nella storia dell’Uruguay, con l’appoggio di tre quarti
della popolazione. E questo costituisce per lui una sfida e allo stesso tempo
una responsabilità. Lo scrittore Eduardo Galeano ha affermato: “Si deve fare
attenzione, perché con le speranze della gente non si scherza”. Come primo atto
della sua gestione, che terminerà nel 2010, Vazquez ha firmato un decreto che
vara un piano nazionale di emergenza contro la povertà, una piaga che affligge
quasi un terzo della popolazione uruguayana.
Da Montevideo, Maurizio Salvi,
per la Radio Vaticana.
**********
Il governo
cinese ha varato ieri i nuovi regolamenti nazionali sulle attività religiose.
Le nuove linee guida assicurano l’impegno dello Stato a garantire la libertà,
ma il controllo rimane strettissimo. Ascoltiamo Bernardo Cervellera:
**********
Le nuove norme affermano che nessuno può essere
discriminato per la sua fede, ma si può praticare la religione solo se si è
registrati presso gli Uffici Affari Religiosi. Chi pratica la religione fuori
da tale controllo in modo sotterraneo è considerato un criminale che attenta
alla sicurezza dello Stato. I nuovi regolamenti verranno attuati a livello
nazionale. Una novità è la precisazione sull’iter burocratico con cui attuare
le domande e soprattutto la condanna di abusi di potere da parte del personale
degli Uffici Affari Religiosi. Molto spesso, infatti, tali membri perseguitano
religioni, chiedono tasse, vendono terreni per i loro fini personali e di
gruppo. Un altro elemento nuovo è che gli organismi religiosi possono possedere
edifici e terreni. Finora era lo Stato che concedeva l’uso di tali beni.
Da molte parti in Cina e
all’estero si chiede una vera e propria legislazione. Invece da Mao in poi il
governo risponde sempre e solo con regolamenti. Tali regolamenti permettono un
controllo dello Stato sulle attività religiose e mostrano che il diritto alla
fede non è innato ma solo una concessione del governo.
Per la Radio Vaticana, Bernardo
Cervellera.
**********
Un gruppo di
parenti di poliziotti russi uccisi in Cecenia da fuoco amico nel 2000 hanno protestato
oggi nelle immediate vicinanze del Cremlino contro la lentezza delle indagini
condotte dalle autorità federali su quell'episodio e contro la blanda punizione
inflitta a ufficiali accusati di negligenza nella vicenda. I manifestanti,
secondo Radio Eco di Mosca, hanno cercato di raggiungere la Piazza Rossa,
tradizionalmente preclusa ai raduni di protesta per ragioni di sicurezza, ma
sono stati bloccati e sono rimasti quindi per circa un'ora nell'adiacente
piazza del Maneggio, malgrado i 12-13 gradi sottozero. Proprio oggi cade il
quinto anniversario del giorno in cui 22 poliziotti russi caddero in Cecenia
sotto il fuoco amico di alcuni reparti che stavano cercando di prevenire
un’imboscata della guerriglia islamico-secessionista cecena. Un episodio che il
Cremlino ha indagato poco e male, secondo i parenti, contrariati in particolare
per il fatto che due alti ufficiali delle forze armate condannati per grave
negligenza siano stati già scarcerati sulla base di una recente amnistia.
Il quotidiano
spagnolo El Mundo rivela che gli autori degli attentati dell’11 marzo 2004 a
Madrid, erano in possesso di piani dettagliati della stazione ferroviaria
centrale di New York. Il materiale è stato rinvenuto in un dischetto trovato
nell’abitazione di Muhammad Almallah, fratello di una delle figure chiave del
terrorismo di Al Qaeda. Almallah era stato arrestato per il suo presunto
coinvolgimento nella strage dell’11 marzo e poi posto in libertà provvisoria.
Sembra che la polizia spagnola abbia trovato il materiale subito dopo gli
attentati a Madrid ma che lo abbia reso noto a FBI e CIA solo nel gennaio
scorso.
Un ragazzo di
17 anni, Edin Dirkedzic, è morto ieri per l'esplosione di una mina nei pressi
di Maglaj, in Bosnia centrale, una delle zone più contaminate della Bosnia. Dalla
fine della guerra (1992-95) ad oggi, secondo i dati dell'Alto commissariato
dell'ONU per i rifugiati (UNHCR), 1.507 persone sono rimaste vittime delle
mine, di cui 512 hanno perso la vita. Numerosi sono i bambini, 319. Per lo sminamento
sono stati finora spesi in Bosnia oltre 130 milioni di dollari.
=======ooo=======